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APPALTI - Reati che non sono iscritti nel casellario giudiziale - Omissione -
Dichiarazione mendace - Esclusione dalla gara - Legittimità. E’ onere dei
concorrenti rendere una dichiarazione veritiera, enunciando anche gli eventuali
reati che non sono iscritti nel casellario giudiziale (sul punto, C.d.S. Sez. VI,
14 ottobre 2003 , n. 6279). Pertanto, è legittimo il provvedimento di esclusione
quale conseguenza agli accertati precedenti penali di cui non era stata fatta
menzione nella apposita dichiarazione resa all’atto della partecipazione alla
gara, con la quale, al contrario, il concorrente aveva dichiarato
l’insussistenza di alcuna delle cause di esclusione di cui all’art. 12
D.Lgs.157/1995. Pres. Elefante - Est. Millemaggi Cogliani - SIRAM s.p.a., in
proprio e nella qualità di mandataria della ATI (Avv.ti Sticchi Damiani, Pascone
ed Annoni) c. COMUNE di BARI (avv. Petrocelli) e nei confronti di ENEL SO.L.E.
s.r.l. in proprio e nella qualità di mandataria della costituenda ATI SO.L.E.
s.pa. (avv. Flascassovitti) (conferma TAR Puglia - Sezione I - n. 561/2006, del
22 febbraio 2006, resa tra le parti). CONSIGLIO DI STATO Sez. V, 20/03/2007
(C.c. 5/12/2006), Sentenza n. 1331
APPALTI - Moralità professionale dell’appaltatore - Reati finanziari.
Rientrano anche i reati finanziari tra quelli che costituiscono una
esemplificazione dei reati che possono incidere sulla “moralità professionale”
dell’appaltatore: essi, sono rivestiti di particolare configurazione in ragione
della loro natura edittale e dalla specialità delle norme che li prevedono e
sanzionano penalmente. Pres. Elefante - Est. Millemaggi Cogliani - SIRAM s.p.a.,
in proprio e nella qualità di mandataria della ATI (Avv.ti Sticchi Damiani,
Pascone ed Annoni) c. COMUNE di BARI (avv. Petrocelli) e nei confronti di ENEL
SO.L.E. s.r.l. in proprio e nella qualità di mandataria della costituenda ATI
SO.L.E. s.pa. (avv. Flascassovitti) (conferma TAR Puglia - Sezione I - n.
561/2006, del 22 febbraio 2006, resa tra le parti). CONSIGLIO DI STATO Sez.
V, 20/03/2007 (C.c. 5/12/2006), Sentenza n. 1331
APPALTI - Sentenza di patteggiamento - Omissione di reati - Dichiarazioni
mendaci - Estinzione del reato per decorso del tempo - Operatività "ipso iure"
- Esclusione - Buona fede del dichiarante - Esclusione. L’estinzione del
reato che ha costituito oggetto di sentenza di patteggiamento, in conseguenza
del verificarsi delle condizioni previste dall'art. 445 comma 2 c.p.p. (cioè la
mancata commissione nel termine previsto - cinque anni, quando la sentenza
concerne un delitto, ovvero due anni, quando la sentenza concerne una
contravvenzione - di un delitto ovvero di una contravvenzione della stessa
indole) non opera "ipso iure", ma richiede una formale pronuncia da parte
del giudice dell'esecuzione ai sensi dell'art. 676 c.p.p., (per tutte, Cass.
penale, Sez. IV, 27 febbraio 2002, n. 11560). Nella specie, emerge l’irrilevanza
del mero decorso del tempo per potersi ritenere estinto il reato oggetto di
patteggiamento. Negando rilevanza alla buona fede del dichiarante in ordine alla
intervenuta estinzione automatica del reato, per decorso del tempo, e della
correlativa mancanza dell’obbligo di dichiarazione, con riferimento allo scarso
spessore rappresentativo del soggetto sul quale gravava la condanna penale,
nonché al fatto che la condanna non comparisse sul certificato del casellario
giudiziario rilasciato alla parte. L’omissione riguardava, un’ammenda, con pena
sospesa, risalente al novembre 1968, per violazione delle norme sulla
prevenzione degli infortuni sul lavoro ed una sentenza patteggiata, risalente
all’1 ottobre 1990, con pena sospesa, per violazione delle norme sulla
repressione dell’evasione fiscale. Pres. Elefante - Est. Millemaggi Cogliani -
SIRAM s.p.a., in proprio e nella qualità di mandataria della ATI (Avv.ti Sticchi
Damiani, Pascone ed Annoni) c. COMUNE di BARI (avv. Petrocelli) e nei confronti
di ENEL SO.L.E. s.r.l. in proprio e nella qualità di mandataria della
costituenda ATI SO.L.E. s.pa. (avv. Flascassovitti) (conferma TAR Puglia -
Sezione I - n. 561/2006, del 22 febbraio 2006, resa tra le parti). CONSIGLIO
DI STATO Sez. V, 20/03/2007 (C.c. 5/12/2006), Sentenza n. 1331
APPALTI - Principio della parità delle condizioni dei concorrenti -
Sussistenza dei requisiti - Estinzione della condanna - Specifico provvedimento
del giudice competente - Necessità. Al decorso del tempo non consegue
automaticamente l’estinzione della condanna, occorrendo, all’uopo uno specifico
provvedimento del giudice competente, con la conseguenza che, nel caso in cui
detto provvedimento interviene quando la procedura concorsuale è già conclusa,
esso non incide sulla sussistenza dei requisiti, che dovevano essere posseduti
al momento della presentazione delle offerte, in ossequio al principio della
parità delle condizioni dei concorrenti (Cons. Stato, Sez. V, 9 giugno 2003,
3241). Pres. Elefante - Est. Millemaggi Cogliani - SIRAM s.p.a., in proprio e
nella qualità di mandataria della ATI (Avv.ti Sticchi Damiani, Pascone ed Annoni)
c. COMUNE di BARI (avv. Petrocelli) e nei confronti di ENEL SO.L.E. s.r.l. in
proprio e nella qualità di mandataria della costituenda ATI SO.L.E. s.pa. (avv.
Flascassovitti) (conferma TAR Puglia - Sezione I - n. 561/2006, del 22 febbraio
2006, resa tra le parti). CONSIGLIO DI STATO Sez. V, 20/03/2007 (C.c.
5/12/2006), Sentenza n. 1331
APPALTI - Tassativià della clausola del bando - Insussistenza delle
condizioni di cui all’art. 12, c. 1, D. Lgs. n. 157/1995 - Formale e solenne
dichiarazione - Effetti. La non menzione nel casellario giudiziale
rilasciato ad istanza di parte non rileva, quando deve tenersi conto della
tassativià della clausola del bando che non ha richiesto, ai concorrenti, un
qualsiasi atto notorio o dichiarazione sostitutiva del certificato del
casellario giudiziale, bensì la formale e solenne dichiarazione che, con i
connotati della dichiarazione sostitutiva ex D.P.R. n. 444/2000 (comportante
assunzione di piena responsabilità del dichiarante) espressamente affermasse
l’insussistenza delle condizioni di cui all’art. 12, comma 1, del D. Lgs. n.
157/1995. Pres. Elefante - Est. Millemaggi Cogliani - SIRAM s.p.a., in proprio e
nella qualità di mandataria della ATI (Avv.ti Sticchi Damiani, Pascone ed Annoni)
c. COMUNE di BARI (avv. Petrocelli) e nei confronti di ENEL SO.L.E. s.r.l. in
proprio e nella qualità di mandataria della costituenda ATI SO.L.E. s.pa. (avv.
Flascassovitti) (conferma TAR Puglia - Sezione I - n. 561/2006, del 22 febbraio
2006, resa tra le parti). CONSIGLIO DI STATO Sez. V, 20/03/2007 (C.c.
5/12/2006), Sentenza n. 1331
APPALTI - Partecipazione a gare di appalto - False dichiarazioni -
Certificato del casellario giudiziale rilasciato ai sensi dell’art. 689 c.p.p.,
e/o dell'art. 688 c.p.p. (certificato integrale) - Differenza - Moralità e
professionalità dell'impresa. Il principio secondo cui non rende false
dichiarazioni sulle condizioni rilevanti per la partecipazione a gare di appalto
il concorrente che produce il certificato del casellario giudiziale
rilasciatogli ai sensi dell'art. 689 c.p.p., anche ove dal certificato integrale
rilasciato all'amministrazione ai sensi dell'art. 688 c.p.p. emergano ulteriori
reati che l'amministrazione ritenga incidenti sulla moralità e professionalità
dell'impresa, cui si riferisce l’appellante, non è applicabile al caso in esame,
in cui il bando di gara ha prescritto, specificamente, la produzione di una
dichiarazione (formale e solenne, con assunzione di responsabilità) in ordine
alla insussistenza di reati incidenti sulla moralità e professionalità del
concorrente. Pres. Elefante - Est. Millemaggi Cogliani - SIRAM s.p.a., in
proprio e nella qualità di mandataria della ATI (Avv.ti Sticchi Damiani, Pascone
ed Annoni) c. COMUNE di BARI (avv. Petrocelli) e nei confronti di ENEL SO.L.E.
s.r.l. in proprio e nella qualità di mandataria della costituenda ATI SO.L.E.
s.pa. (avv. Flascassovitti) (conferma TAR Puglia - Sezione I - n. 561/2006, del
22 febbraio 2006, resa tra le parti). CONSIGLIO DI STATO Sez. V, 20/03/2007
(C.c. 5/12/2006), Sentenza n. 1331
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REPUBBLICA
ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
N.1331/07 REG.DEC.
N. 3691 REG.RIC.
ANNO 2006
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale Quinta Sezione ha pronunciato la
seguente
DECISIONE
sul ricorso in appello n.3691 del 2006, proposto dalla SIRAM s.p.a., con
sede legale in Milano (P.IVA 08786190159) , in persona del legale rappresentante
in carica, Sig,. Mohamed Lasri, in proprio e nella qualità di mandatria della
ATI Siram s.p.a. - Gemmo Impianti s.p.a., nonché da GEMMO s.p.a, con sede legale
in Arcugnano (VI) (P. IVA 00163750243), in persona del legale rappresentante in
carica, Dr. Francesco Ortolani, rappresentate e difese dagli Avv.ti Prof.
Ernesto Sticchi Damiani, Prof. Giovanni Pascone, e Marco Annoni, con domicilio
eletto presso lo studio del primo, in Roma, via Bocca di Leone 78 (studio BDL)
contro
- il COMUNE di BARI, in persona del Sindaco in carica, Dr. Michele Emiliano,
rappresentato e difeso dall’Avv. Maria Petrocelli, con domicilio eletto in Roma,
Via Cosseria n.2, presso il Dr. Alfredo Placidi;
- il DIRIGENTE della Ripartizione Contratti e Appalti del Comune di Bari
-non costituito -;
e nei confronti di
ENEL SO.L.E. s.r.l. società a direzione e coordinamento di ENEL s.p.a., con sede
legale in Roma, (Cod. Fisc. n.02322600641 e REA n. 905977), in persona del
legale rappresentante in carica, Ing. Robertino Brusamolino, in proprio e nella
qualità di mandataria della costituenda ATI SO.L.E. s.pa. - EMILIO ALFANO s.p.a
- SIRET s.r.l. - ELETTROVIT s.r.l. e SMEA s.r.l., rappresentata e difesa
dall’Avv. Francesco Flascassovitti, con domicilio eletto in Roma, via L:
Mantegazza n.24, presso il cav. Luigi Gardin,
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale della Puglia - :Sezione I
- n. 561/2006, del 22 febbraio 2006, resa tra le parti, concernente appalto
servizio gestione impianto di pubblica illuminazione;
Visto l’atto di appello con i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di:
- Comune di Bari
- Enel SO.L.E.. s.r.l. in proprio e nella qualità;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti gli atti tutti della causa;
Relatore, alla pubblica udienza del 5 dicembre 2006, il Consigliere Chiarenza
Millemaggi Cogliani; uditi, altresì, gli avvocati Sticchi Damiani, l’avv.
Segato, su delega degli avv.ti Pascone e Annoni, l’avv. Cerceo, su delega
dell’avv. Petrocelli e l’avv. Flascassovitti;
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:
FATTO E DIRITTO
1.1. Con determinazione n. 2005/1145-20057100/0076 dell’11 marzo 2005, il
dirigente della ripartizione contratti e appalti del Comune di Bari - a
conclusione di apposito procedimento - ha disposto l’esclusione della attuale
appellante dalla gara indetta ex art. 6, comma 1, lett.”a”, D.Lgs. 17 marzo 1995
n. 157, per l’affidamento del servizio integrato di gestione degli impianti di
pubblica illuminazione della città di Bari, alla quale la costituenda ATI aveva
partecipato, formulando l’offerta economicamente più vantaggiosa rispetto a
quella della attuale appellata (unica altra concorrente).
Con la medesima dirigenziale veniva disposta anche l’esclusione dell’unica altra
concorrente (la ATI ENEL SO.L.E. ed altri) e la gara veniva dichiara deserta.
Il provvedimento è stato impugnato davanti al Tribunale Amministrativo Regionale
della Puglia dalla ATI Siram-Gemmo che, successivamente, ha impugnato anche, con
motivi aggiunti:
- a) le informative della Giunta comunale 18 e 21 giugno 2005, contenenti (con
riferimento alla esigenza di ripetere la gara andata deserta) l’attestazione
dell’organo di governo della maggiore convenienza, per l’Amministrazione, di
scindere il servizio di gestione integrata degli impianti di pubblica
illuminazione da quello di manutenzione ordinaria e straordinaria degli impianti
ed i relativi contratti, e di prevedere una durata inferiore per entrambi gli
affidamenti (di cinque piuttosto che di dodici anni);
- b) il bando n. 43/2005 dell’11 luglio 2005 di indizione della gara per lavori
di manutenzione ordinaria e straordinaria degli impianti di pubblica
illuminazione della città di Bari e frazioni per un periodo di anni uno;
- c) la determinazione dirigenziale del 10 maggio 2005 di approvazione e
finanziamento del relativo progetto esecutivo ed autorizzazione ad esperire
pubblico incanto.
La Sezione I del Tribunale Amministrativo Regionale della Puglia, con la
sentenza n. 561/2006, oggetto del presente giudizio di appello, ha respinto il
ricorso principale ed i motivi aggiunti, condannando parte ricorrente al
pagamento delle spese del giudizio nei confronti del Comune e della
controinteressata.
1.2. La sentenza è impugnata, con l’appello in esame, dalla ricorrente in primo
grado, che sottopone al controllo giurisdizionale di 2° grado il procedimento
logico giuridico sulla cui base la sentenza perviene alle proprie conclusioni,
sostenendone l’erroneità ed illegittimità in relazione alle singole censure
proposte in primo grado.
Motivi ed argomenti difensivi possono essere così riassunti:
1°) il giudice di primo grado avrebbe erroneamente e falsamente disatteso
l’omessa esplicitazione dell’iter logico che sorregge il provvedimento di
esclusione, illegittimamente negando che, dal contesto dell’atto di esclusione,
non sia dato comprendere se ad esso si sia pervenuti in base all’art. 12, comma
1, lett, “b” del D.Lgs. n. 157/1995 (in forza della emissione di sentenza di
applicazione della pena su richiesta ai sensi dell’art. 444 c.p.p. a carico del
Presidente del C.d.A. e procuratore della mandante GEMMA Impianti) o degli artt.
75 e 76 deal D.P.R. n. 445/2000. (per decadenza derivante da dichiarazione non
veritiera);
- in ogni caso, indebitamente sarebbe stato negato che, nel caso in esame, non
sarebbero configurabili né l’una né l’altra delle cause di esclusione; non la
prima, perché, per il tempo trascorso, il reato patteggiato si sarebbe
automaticamente estinto (restando una mera formalità la pronuncia giudiziaria di
estinzione, costituente atto dovuto in assenza di commissione di ulteriori
reati); non la seconda, in quanto non vi sarebbe stato alcun obbligo di
dichiarare la condanna non menzionata nel certificato del Casellario giudiziario
rilasciato alla parte;
2°) altrettanto illogica sarebbe la sentenza impugnata nella parte in cui ha
omesso di sindacare la mancata la valutazione del grado di colpevolezza e quella
della gravità e rilevanza del reato, in relazione alla sua incidenza sulla
condotta professionale del concorrente, e la non considerazione delle ragioni
giustificative dalla ATI a propria difesa, falsamente attestando la compiutezza
della istruttoria e della valutazione;
3°) la norma di cui all’art. 12 del D.Lgs. n. 157/1995 non sarebbe applicabile
nei casi di sentenza patteggiate anteriori alla data di entrata in vigore del
decreto legislativo in questione; una differente interpretazione,
contrariamente, a quanto ritenuto nella sentenza impugnata, renderebbe la norma
sospetta di illegittimità costituzionale in relazione agli artt. 3 e 24 Cost.,
cosicché, sul punto, gli atti andrebbero trasmessi alla Corte costituzionale per
il relativo giudizio;
4°) parimenti illegittima ed erronea sarebbe la reiezione dei motivi aggiunti
avverso gli atti sopravvenuti, che sarebbero da un lato viziati da illegittimità
derivata e, d’altro lato, inficiati da autonomi profili di illegittimità, in
quanto:
- poggerebbe sull’erroneo presupposto (non utilizzabile in pendenza di giudizio
impugnatorio) che la gara cui ha partecipato l’interessata fosse andata deserta;
- il frazionamento dell’oggetto della precedente gara in due tronconi
evidenzierebbe la mancata e/o erronea valutazione dell’interesse pubblico alla
ripetizione della gara.
In conclusione, la sentenza appellata andrebbe riformata nel senso
dell’accoglimento del ricorso e dei motivi aggiunti, con annullamento dei
provvedimenti impugnati, la declaratoria del diritto della ricorrente
all’aggiudicazione, e la consequenziale pronuncia di condanna al pagamento delle
spese dei due gradi del giudizio del Comune e del controinteressato appellati.
1.3. Questi ultimi si sono costituiti in giudizio resistendo all’impugnazione.
Successivamente la causa, chiamata alla pubblica udienza del 5 dicembre 2006, è
stata trattenuta in decisione.
2.1. L’appello è infondato.
2.2. In punto di fatto sembra opportuno precisare che l’esclusione dalla gara
della attuale appellante consegue agli accertati precedenti penali a carico del
Presidente del consiglio di amministrazione e procuratore della mandante soc.
Gemmo impianti (fra l’altro, sentenza di condanna ex artt. 444 c.p.p., per la
commissione, di un reato finanziario non dichiarato estinto) di cui non era
stata fatta menzione nella apposita dichiarazione resa all’atto della
partecipazione alla gara, con la quale, al contrario, la concorrente aveva
dichiarato l’insussistenza di alcuna delle cause di esclusione di cui all’art.
12 D.Lgs.157/1995.
Il provvedimento di esclusione, assunto a conclusione di un apposito
subprocedimento (del cui avvio é stata data alla parte tempestiva
comunicazione), é stato preceduto da accertamenti compiuti dall’ufficio a
seguito della favorevole verifica dell’anomalia dell’offerta della ATI
appellante, classificatasi al primo posto.
Ed invero l’Ufficio, aveva invitato la ATI a far pervenire la documentazione
propedeutica alla aggiudicazione ed-emerso (a seguito di acquisizione diretta
d’ufficio del certificato del Casellario giudiziale presso la Procura della
Repubblica di Bari) che a carico del Sig. Franco Gemmo (presidente del Consiglio
di amministrazione e procuratore della mandante Genno Impianti s.p.a.)
sussistevano un’ammenda, con pena sospesa, risalente al novembre 1968, per
violazione delle norme sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro ed una
sentenza patteggiata, risalente all’1 ottobre 1990, con pena sospesa, per
violazione delle norme sulla repressione dell’evasione fiscale - il dirigente
della Ripartizione contratti e appalti del Comune di Bari aveva dapprima
riservatamente invitato l’interessato a far pervenire copia della sentenza
patteggiata nonché copia della eventuale sopravvenuta sentenza di estinzione del
reato e/o riabilitazione e, successivamente, acquista la sentenza patteggiata
(ma non anche formale dichiarazione di estinzione del reato o riabilitazione che
l’interessato affermava essere stata richiesta, ed in via di emissione) aveva
rilevato, dalla lettura dell’atto, che il Gemma aveva riportato condanne per
utilizzo di fatture emesse da altre società per operazioni inesistenti, così
incorrendo nel reato di cui all’art. 4 n. 5 L. n. 516/1982 e per avere, ai fini
della evasione delle imposte, simulato, per effetto degli artifici di cui
innanzi, nelle dichiarazioni dei redditi personali (negli anni 1982/1986)
componenti negative di reddito tali da alterare gli imponibili in maniera
rilevante, incorrendo nel reato di frode fiscale ex art. 4 n. 7 L. n. 516/1992.
Ne è conseguito il provvedimento di esclusione, motivato dall’essere la
dichiarante incorsa nelle fattispecie di cui all’art. 12 D.Lgs. n. 157/1995 ed
in quella di cui agli artt. 75 e 76 del D.P.R. 445/2000, preceduto da rituale
comunicazione all’interessata di avvio del procedimento, e da apposita
istruttoria che si é avvalsa, oltre che dell’apporto partecipativo della attuale
appellante, dei circostanziati contributi consultivi dell’Avvocatura comunale, a
ciò richiesta.
2.3. La lettura degli atti consente di smentire in radice che dal contesto del
provvedimento di esclusione non sarebbe dato comprendere quale sia stata, in
definitiva, la ragione posta a fondamento della esclusione (I motivo del ricorso
di primo grado, prima parte) e che sia mancata, da parte del Comune, la
valutazione del grado di colpevolezza e quella della gravità e rilevanza del
reato, in relazione alla sua incidenza sulla condotta professionale del
concorrente, nonché la considerazione delle ragioni giustificative dalla ATI a
propria difesa, (III motivo di impugnazione).
Il provvedimento di esclusione, infatti, é esplicito e per nulla equivoco o
perplesso nel definire la fattispecie di dichiarazione mendace in relazione agli
effetti che ne vengono fatti derivare dalla norma regolatrice (artt. 75 e 76 del
D.P.R. 28 dicembre 2000 n. 445), con riferimento alla situazione concreta
determinatasi nella gara in cui l’attuale appellante si era collocata in
posizione utile per l’aggiudicazione, in ponderata correlazione al reato per il
quale è intervenuto il patteggiamento (reato finanziario) automamente
considerato, nella sua natura edittale, quale causa di esclusione a norma
dell’art. 12, lett. “b” del D.Lgs. n. 157 del 1995.
Muovendo dalla premessa essenziale - costituita dalla clausola del bando che ha
prescritto, a pena di esclusione, una dichiarazione sostitutiva ex D.P.R. n.
444/ 2000, con la quale il concorrente, assumendosene piena responsabilità
doveva dichiarare, tra l’altro, l’insussistenza delle condizioni di cui all’art.
12, comma 1, del D. Lgs. n. 157/1995 - nessun addebito può essere mosso, per i
profili in esame, al provvedimento con il quale:
- è messo in rilievo che tale dichiarazione é stata resa affermandosi
l’insussistenza (senza eccezioni o precisazioni) di alcuna della cause di
esclusioni di cui alla disposizione normativa citata;
- è stato precisato come, al contrario, a seguito degli accertamenti esperiti
dall’Amministrazione, all’esisto della gara, dal Casellario giudiziario
acquisito dall’Ufficio é risulta la condanna, con sentenza patteggiata risalente
all’1 ottobre 1990 (pena sospesa), per violazione delle norme sulla repressione
della evasione fiscale, a carico del Presidente del consiglio di amministrazione
e procuratore della mandante;
- è stata individuata la riconducibilità del reato in questione nell’ambito dei
reati finanziari per i quali l’art. 12 lett. “b” del decreto legislativo n.
157/1995, prevede l’esclusione dalla gara, considerandosene l’incidenza, in
concreto, sulla moralità professionale della concorrente, sia per la natura del
reato ed alla sua commissione (non contestata) da parte di un organo della
mandante (presidente del consiglio di amministrazione e procuratore) la cui
moralità professionale è idonea a riflettersi direttamente sulla moralità
professionale della mandante e, dunque, della ATI concorrente;
- se ne è tratta, infine, la conclusione che, anche indipendente dalla natura
del reato, non estinto al momento della partecipazione alla gara, la situazione
penale del suddetto presidente e procuratore della mandante dovesse essere
quanto meno dichiarata.
Nella descritta situazione, nessun addebito può essere mosso all’iter
procedimentale (della cui correttezza fanno fede la preliminare richiesta
riservata di documentazione al procuratore della mandante, la comunicazione di
avvio del procedimento, l’accurata istruttoria svolta con l’intervento
partecipativo della ATI interessata, la consulenza dell’avvocatura comunale
appositamente richiesta ed al provvedimento, come correttamente rilevato dal
giudice di primo grado, le cui conclusioni devono essere confermate anche nella
parte, in cui è negata rilevanza alla buona fede della dichiarante in ordine
alla intervenuta estinzione automatica del reato, per decorso del tempo, e della
correlativa mancanza dell’obbligo di dichiarazione, con riferimento allo scarso
spessore rappresentativo del soggetto sul quale gravava la condanna penale,
nonché al fatto che la condanna non comparisse sul certificato del casellario
giudiziario rilasciato alla parte.
Come sarà detto in prosieguo, si tratta di elementi che non incidono sulla
validità della valutazione e che non necessitavano di puntuale confutazione in
relazione alla particolarità della fattispecie, in quanto l’incidenza dei reati
finanziari, sulla moralità professionale del soggetto che aspira ad essere parte
di un contratto di appalto di servizi con l’Amministrazione pubblica, non è
rimessa alla valutazione della stazione appaltante, ma è espressamente definita,
a priori, dalla stesso legislatore, che ascrive alla particolare natura del
reato, sotto l'aspetto sostanziale, una tale lesività degli interessi
collettivi, da non consentire che il servizio sia affidato a coloro che li hanno
commessi.
Erroneo è il convincimento dell’appellante secondo cui i reati finanziari non
costituirebbero che una esemplificazione dei reati che possono incidere sulla
“moralità professionale” dell’appaltatore: essi al contrario, nella formulazione
della norma della quale deve farsi applicazione, sono rivestiti di particolare
configurazione in ragione della loro natura edittale e dalla specialità delle
norme che li prevedono e sanzionano penalmente.
Argomento a contrario non può trarsi dalla formulazione dell’art. 38 del nuovo
codice dei contratti pubblici, non applicabile alla fattispecie, né dalla
decisione della Sezione n. 349 del 31 gennaio 2006.
Il principio desunto dal precedente giurisprudenziale da ultimo citato è
adattabile alla parte dell’art. 12, lett.b) che (come nel caso cui si riferisce
la citata decisione, riguardante propriamente l’interpretazione ed applicazione
dell'art. 75, lett. “b” D.P.R. n. 554/1999,in tema di appalto di opere
pubbliche) manca di indicare, con parametri fissi e predeterminati, quali siano
i reati che incidono sulla moralità professionale dell’appaltatore.
E’ chiaro e condivisibile, in tali ipotesi, che la flessibilità operativa
lasciata all’amministrazione al fine di un equo apprezzamento delle singole,
concrete fattispecie, richieda anche una puntuale considerazione di tutti gli
elementi che posso avere influenza sulla fiducia contrattuale.
Non è così, invece, per i reati finanziari per i quali, l’apprezzamento
normativo è insito nella specificità della indicazione che implica una
valutazione astratta di incidenza, compiuta direttamente dal legislatore con
riferimento a reati aventi una particolare natura ed è vincolante per
l’amministrazione.
Piuttosto, dalla citata, recente decisione della Sezione (n. 349 del 31 gennaio
2006) deve trarsi, in relazione al caso in esame, il differente e dirimente
principio che astringe la stazione appaltante alla applicazione, in modo
incondizionato, delle clausole inserite nella lex specialis, in ordine alle
cause di esclusione dalla gara, in quanto da ciò discende l’obbligo del Comune
di escludere dalla gara la ATI che ha omesso di indicare nella dichiarazione la
particolare situazione penale in cui versava il procuratore della mandante.
2.4. Chiariti tali aspetti, non può che essere condivisa la tesi su cui poggiano
il provvedimento impugnato e la sentenza di primo grado, in ordine alla
irrilevanza del mero decorso del tempo per potersi ritenere estinto il reato
oggetto di patteggiamento.
L’estinzione del reato che ha costituito oggetto di sentenza di patteggiamento,
in conseguenza del verificarsi delle condizioni previste dall'art. 445 comma 2
c.p.p. (cioè la mancata commissione nel termine previsto - cinque anni, quando
la sentenza concerne un delitto, ovvero due anni, quando la sentenza concerne
una contravvenzione - di un delitto ovvero di una contravvenzione della stessa
indole) non opera "ipso iure", ma richiede una formale pronuncia da parte del
giudice dell'esecuzione ai sensi dell'art. 676 c.p.p..
In questo senso è chiaro l’insegnamento della Suprema Corte di Cassazione (per
tutte, Cass. penale, Sez. IV, 27 febbraio 2002, n. 11560, citata anche nella
sentenza appellata), dalla quale la Sezione non ha ragione di discostarsi con
riferimento al caso in esame;
La Sezione, del resto, sia pure esaminando il differente caso di reato espunto
dall’ordinamento per depenalizzazione, ha avuto modo di precisare che ad esso
non consegue automaticamente l’estinzione della condanna, occorrendo, all’uopo
uno specifico provvedimento del giudice competente, con la conseguenza che, nel
caso in cui detto provvedimento interviene quando la procedura concorsuale è già
conclusa, esso non incide sulla sussistenza dei requisiti, che dovevano essere
posseduti al momento della presentazione delle offerte, in ossequio al principio
della parità delle condizioni dei concorrenti (Cons. Stato, Sez. V, 9 giugno
2003, 3241).
2.5. La non menzione nel casellario giudiziale rilasciato ad istanza di parte
non rileva, per quanto riguarda il caso in esame, in cui deve tenersi conto
della tassativià della clausola del bando che non ha richiesto, ai concorrenti,
un qualsiasi atto notorio o dichiarazione sostitutiva del certificato del
casellario giudiziale, bensì la formale e solenne dichiarazione che, con i
connotati della dichiarazione sostitutiva ex D.P.R. n. 444/2000 (comportante
assunzione di piena responsabilità del dichiarante) espressamente affermasse
l’insussistenza delle condizioni di cui all’art. 12, comma 1, del D. Lgs. n.
157/1995.
Il principio secondo cui non rende false dichiarazioni sulle condizioni
rilevanti per la partecipazione a gare di appalto il concorrente che produce il
certificato del casellario giudiziale rilasciatogli ai sensi dell'art.689 c.p.p.,
anche ove dal certificato integrale rilasciato all'amministrazione ai sensi
dell'art. 688 c.p.p. emergano ulteriori reati che l'amministrazione ritenga
incidenti sulla moralità e professionalità dell'impresa, cui si riferisce
l’appellante, non è applicabile al caso in esame, in cui il bando di gara ha
prescritto, specificamente, la produzione di una dichiarazione (formale e
solenne, con assunzione di responsabilità) in ordine alla insussistenza di reati
incidenti sulla moralità e professionalità del concorrente.
Tale specifica ipotesi è stata risolta, da questo giudice di appello, nel senso
che, in tal caso, è onere dei concorrenti rendere una dichiarazione veritiera,
enunciando anche gli eventuali reati che non sono iscritti nel casellario
giudiziale (sul punto, è esplicita e condivisibile la decisione Sez. VI, 14
ottobre 2003 , n. 6279).
Deve dunque ritenersi corretta l’affermazione contenuta in sentenza, secondo cui
la sentenza patteggiata doveva essere dichiarata indipendentemente dalla sua
annotazione nel certificato del casellario giudiziale rilasciato a richiesta
dell’interessato.
2.6. Parte appellante sostiene ancora che la disposizione contenuta nell’art. 12
del decreto legislativo n. 157/1995 non potrebbero trovare applicazione al caso
in esame, in quanto non ancora in vigore al tempo della commissione del reato da
parte del procuratore della soc. Gemma, né alla data del patteggiamento: se il
soggetto in questione avesse saputo dell’incidenza del reato patteggiato sulla
moralità professionale dell’appaltatore, non avrebbe patteggiato. In difetto la
norma sarebbe sospettabile di illegittimità costituzionale sotto il profilo
della violazione degli artt. 3 e 24 della Costituzione.
La tesi è insostenibile sotto vari profili e il dubbio di illegittimità
costituzionale manifestamente inammissibile.
Alle pubbliche gare si applicano le norme vigenti al tempo della loro indizione,
secondo le regole generali.
Nel caso in esame, si applica, prima ancora dell’art. 12, del decreto
legislativo n. 157 del 1995, la disposizione contenuta nelle legge speciale di
gara che faceva espresso obbligo di rendere la dichiarazione nei termini sopra
specificati, cosicché, la lesione della sfera giuridica derivante dalla
esclusione deve essere ricondotta in via immediata e diretta alla regola
concorsuale che non è stata fatta oggetto di impugnazione.
Ne consegue che, come è stato osservato nella sentenza di primo grado, la
soluzione del dubbio prospettato (ove anche favorevole alla tesi
dell’appellante), non sarebbe risolutivo della controversia, che trova, nella
dichiarazione mandace, una delle ragioni di esclusione dalla gara.
2.7. L’appello deve dunque essere respinto in relazione al complesso dei motivi
che ripropongono censure ed argomenti del ricorso principale di primo grado, in
relazione alla negativa decisione di rigetto.
Maggior pregio non hanno i motivi che investono i capi della sentenza appellata
che decidono i motivi aggiunti.
Esclusa in radice l’illegittimità derivata degli atti con i quali
l’Amministrazione si è determinata a frazionare il servizio, e ad indire una
nuova gara per una sola parte delle prestazioni già ricompresse nel precedente
bando, stante la confermata reiezione del ricorso principale, deve esser
ulteriormente precisato che:
- l’impugnazione giurisdizionale non incide sulla esecutività ed efficacia del
provvedimento amministrativo impugnato, fintanto che non vengano sospese in sede
cautelare, cosicché la pendenza del ricorso avverso l’esclusione dalla gara non
vizia i successivi provvedimenti assunti sul presupposto che la precedente gara
fosse andata deserta, né tale effetto invalidante può farsi derivare dalla
mancata menzione, nei suddetti provvedimenti successivi, della pendenza
dell’impugnazione;
- l’eventualità dell’accoglimento del ricorso giurisdizionale assume rilevanza
in termini di rischi che l’amministrazione è disposta a correre, ma non può
bloccare le scelte operative, né richiede alcuna specifica motivazione la scelta
di procedere (malgrado il rischio che il ricorso sia accolto);
- in linea di principio appartiene alla insindacabile discrezionalità
dell’amministrazione la scelta di comprendere in un unico appalto o scindere in
separati lotti un complesso di prestazioni, da conferire mediante pubblica gara,
ancorché riconducibili ad un interesse pubblico unitario;
- nel caso in esame, non si vede sotto quale profilo l’appellante possa
ritenersi titolare di una posizione qualificata che la legittimi a sindacare la
scelta dell’organo di governo, che in ogni caso non appare né illogica né
irrazionale, alla stregua delle motivazioni addotte;
- del tutto priva di fondamento è infine la pretesa della comunicazione
dell’avvio del procedimento, volto alla indizione di una nuova gara, non
potendosi riconoscere, al tale fine, alcuna posizione di interesse -
rilevante,differenziato e meritevole di tutela - nel soggetto escluso da una
precedente gara, che non abbia ottenuto tutela cautelare avverso il
provvedimento di esclusione, ancorché sia pendente il giudizio principale di
impugnazione di tale provvedimento.
3. In definitiva, l’appello deve essere respinto.
A carico dell’appellante ed in favore dei resistenti devono porsi le spese del
presente grado del giudizio, che si liquidano in dispositivo
P. Q. M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta) definitivamente
pronunciando, respinge l’appello;
Condanna l’appellante al pagamento delle spese del presente grado del giudizio
che liquida complessivamente in € 3.000,00, in favore dei resistenti, da
ripartirsi in € 1.500,00 in favore del Comune di Bari ed € 1500,00 in favore
della controinteressata A.T.I.;
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, addì 5 dicembre 2006, dal Consiglio di Stato in s.g. (Sez.
V) riunito in camera di consiglio con l'intervento dei seguenti Magistrati:
Agostino ELEFANTE PRESIDENTE
Corrado ALLEGRETTA CONSIGLIERE
Chiarenza MILLEMAGGI COGLIANI est. CONSIGLIERE
Paolo BUONVINO CONSIGLIERE
Cesare LAMBERTI CONSIGLIERE
L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
f.to Chiarenza Millemaggi Cogliani
f.to Agostino Elefante
IL SEGRETARIO
f.to Agatina MariaVilardo
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
il 20 marzo 2007
(Art. 55 L. 27/4/1982, n. 186)
IL DIRIGENTE
f.to Antonio Natale
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