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CONSIGLIO DI STATO
Sez. IV, 11/04/2007 (C.c. 30.01.2007), Sentenza n. 1590
URBANISTICA E EDILIZIA - Condono - Effetti -
Mutamento ex novo di destinazione difforme da quella in atto - Esclusione.
L’istituto del condono edilizio mira ad adeguare la situazione di fatto a quella
di diritto, col rilascio di un titolo che consenta l’ulteriore utilizzazione di
un edificio realizzato in tutto o in parte sine titulo ovvero di un edificio
avente la destinazione difforme da quella consentita, ma non può ex se
legittimare lo svolgimento di ulteriori lavori o attività, eccedenti la
situazione in atto e dunque non riconducibili al concetto di condono. Il
rilascio del permesso a titolo di condono non può consentire ex novo il
mutamento di una destinazione difforme da quella in atto (cfr. Sez. V, 1 ottobre
2002, n. 5117). Pres. ed Est. Maruotti, - Condomino Palazzo Martella e altri
(avv. Manzi e Quadrucci) c. Comune di l'Aquila (avv. Giuliani) e altri (n.c.)
(Riforma TAR
Abruzzo,
Aquila, n. 70/2006). CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV 11 aprile 2007 - (C.c. 30
gennaio 2007), Sentenza n. 1590
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
N.1590/2007
Reg.Dec.
N. 4893 Reg.Ric.
ANNO 2006
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) ha pronunciato la
seguente
DECISIONE
sul ricorso in appello n. 4893 del 2006, proposto dal Condominio Palazzo
Martella, in persona del legale rappresentante pro tempore, nonché dai signori
Arnaldo Foresti, Maria Novella Giampellegrini, Silvia Marini Di Loreto, Lucilla
Del Giudice Pignatelli, Luigi Fidecicchi, Alfredo Marzano, Vittorio Tonus, Maria
Grazia Baliva, Luigi Bignardi, Adele Melchiorre, rappresentati e difesi dagli
avvocati Andrea Manzi e Paolo Quadruccio, ed elettivamente domiciliati in Roma,
alla via Federico Confalonieri n. 5, presso lo studio dell’avvocato Andrea
Manzi;
contro
il Comune di l’Aquila, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e
difeso dall’avvocato Paola Giuliani;
e nei confronti
dei signori Livio Del Guzzo e Bruno Coletti, non costituitisi nella presente
fase del giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per l’Abruzzo, Sede
dell’Aquila, 20 febbraio 2006, n. 70, e per l’accoglimento del ricorso di primo
grado n. 130 del 2005;
Visto il ricorso in appello, con i relativi allegati;
Vista la memoria di costituzione in giudizio del Comune di l’Aquila, depositata
in data 19 novembre 2006;
Visti gli atti tutti del giudizio;
Data per letta la relazione del Consigliere di Stato Luigi Maruotti alla udienza
del 30 gennaio 2007;
Uditi l’avvocato Andrea Manzi per l’appellante e l’avvocato Paola Giuliani per
il Comune appellato;
Considerato in fatto e in diritto quanto segue:
1. Gli appellati hanno acquistato un capannone industriale sito nel Comune di
l’Aquila e lo hanno utilizzato come discoteca.
In data 17 giugno 1996, il Comune ha rilasciato la concessione edilizia in
sanatoria di tale trasformazione.
Con la sentenza n. 225 del 1997 (confermata dal Consiglio di Stato con la
decisione n. 3975 del 2003), il TAR per l’Abruzzo ha annullato tale concessione
edilizia, in accoglimento di un ricorso proposto dagli odierni appellanti.
In data 12 novembre 1997, il Comune ha emesso l’ordinanza di riduzione in
pristino, in esecuzione della sentenza del TAR.
Con la sentenza n. 1097 del 2004, il TAR per l’Abruzzo (dopo aver accolto la
domanda cautelare) ha dichiarato improcedibile per sopravvenuta carenza di
interesse il ricorso n. 111 del 1998, proposto da uno dei comproprietari
dell’edificio in questione avverso l’ordinanza di riduzione in pristino.
In data 9 febbraio 2005, il Comune ha accolto l’istanza di uno degli appellati
ed ha rilasciato il permesso di costruire in sanatoria, ‘per la trasformazione
in discoteca’, in applicazione della normativa sul condono edilizio di cui
all’art. 32 della legge n. 326 del 2003.
2. Col ricorso di primo grado n. 130 del 2005 (proposto al TAR per l’Abruzzo),
gli appellanti:
- hanno chiesto l’esecuzione del giudicato formatosi con la sentenza n. 1097 del
2004, affinché venga materialmente eseguita l’ordinanza di riduzione in pristino
di data 12 novembre 1997;
- hanno impugnato il permesso di costruire in sanatoria, emesso il 9 febbraio
2005.
Il TAR, con la sentenza n. 70 del 2006, ha dichiarato inammissibile il ricorso,
in ragione della contestuale proposizione di una domanda di esecuzione del
giudicato e di una domanda di annullamento di un provvedimento.
3. Col gravame in esame, gli appellanti hanno chiesto che, in riforma della
sentenza del TAR, il ricorso di primo grado sia dichiarato ammissibile e sia
accolto. Essi, col quinto motivo, hanno in particolare dedotto che il TAR
avrebbe potuto decidere il ricorso proposto contro il permesso in sanatoria del
9 febbraio 2005, in base ai principi sulla cd conversione del procedimento.
Il Comune di l’Aquila si è costituito in giudizio ed ha depositato una memoria
difensiva, con cui ha illustrato le questioni controverse ed ha concluso per la
reiezione del gravame.
4. Così ricostruite le vicende che hanno condotto alla presente fase del
giudizio, per il suo carattere preliminare va esaminato il quinto motivo del
gravame, con cui gli appellanti hanno dedotto che il TAR avrebbe dovuto
dichiarare ammissibile il ricorso avverso il permesso in sanatoria del 9
febbraio 2005.
5. Ad avviso della Sezione, la censura risulta fondata e va accolta.
5.1. Va premesso che, col ricorso di primo grado, oltre all’istanza di
annullamento del permesso in sanatoria, è stata formulata una domanda di
esecuzione del giudicato (e di esecuzione dell’ordinanza di riduzione in
pristino del 12 novembre 1997), basata sulle statuizioni contenute nella
sentenza del TAR per l’Abruzzo n. 1097 del 2004.
Rispetto a tale domanda non sussistono ragioni per riformare la impugnata
statuizione di inammissibilità, poiché la medesima sentenza del TAR non ha
accolto un ricorso di legittimità, essendosi limitata a dichiarare l’improcedibilità
del ricorso per sopravvenuto difetto di interesse.
5.2. Ciò posto, contrariamente a quanto rilevato dalla sentenza gravata, il
ricorso di primo grado risulta ammissibile nella parte in cui esso è stato
proposto avverso il permesso di costruire in sanatoria, di data 9 febbraio 2005.
Da un lato, non rileva che - col medesimo ricorso - sia stata formulata la
domanda irrituale di esecuzione della precedente sentenza n. 1097 del 2004,
avente un contenuto meramente processuale.
Dall’altro, è decisivo considerare che il permesso di costruire è stato
impugnato con un ricorso notificato sia al Comune che ai controinteressati, ed
entro il termine decadenziale di impugnazione, nel pieno rispetto delle regole
processuali riguardanti il giudizio di legittimità.
Tale circostanza, oltre a non essere stata contestata nel corso del giudizio,
risulta comunque per tabulas, poiché il ricorso di primo grado è stato
notificato a distanza di pochi giorni dall’emanazione del permesso in sanatoria
(nel mese di febbraio 2005).
Sussistevano, dunque, tutti i presupposti per la cd conversione del rito,
ammessa da tempo in giurisprudenza in un’ottica di effettività della tutela (cfr.
Sez. VI, 27 marzo 2001, n. 1774; Sez. IV, 10 agosto 2000, n. 4459; Sez. IV, 20
novembre 1998, n. 1615), quando non vi sia alcuna lesione - come nella specie -
del principio del doppio grado del giudizio (cfr. Sez. IV, 31 maggio 2003, n.
3006).
6. L’accoglimento del quinto motivo del gravame comporta l’esame delle censure
di primo grado, proposte avverso il permesso in sanatoria.
7. Ritiene la Sezione che, per il suo carattere preliminare ed assorbente, vada
esaminato con priorità il terzo motivo d’appello, secondo cui il permesso in
sanatoria è illegittimo poiché si è basato sull’erroneo presupposto della
destinazione a discoteca dell’immobile in questione.
Tale motivo risulta fondato e va accolto.
7.1. In punto di fatto, emerge dalla documentazione acquisita che il medesimo
immobile non è stato più utilizzato come discoteca dopo l’emanazione
dell’ordinanza di riduzione in pristino del 12 novembre 1997 (emessa dopo che il
TAR aveva annullato la concessione in sanatoria, con la sentenza n. 225 del
1997).
Tale circostanza:
- emerge dal contenuto degli atti comunali depositati nel corso del giudizio (in
particolare dalla diffida sindacale del 13 novembre 1997, dall’ordinanza
sindacale del 26 novembre 1997 di inibizione della attività e dalla
documentazione che ha dato atto delle modifiche materiali dell’edificio e non
anche dell’ulteriore svolgimento Rileva dunque il principio per il quale il
rilascio del permesso a titolo di condono non può consentire ex novo il
mutamento di una destinazione difforme da quella in atto (cfr. Sez. V, 1 ottobre
2002, n. 5117).
L’istituto del condono edilizio mira infatti ad adeguare la situazione di fatto
a quella di diritto, col rilascio di un titolo che consenta l’ulteriore
utilizzazione di un edificio realizzato in tutto o in parte sine titulo ovvero
di un edificio avente la destinazione difforme da quella consentita, ma non può
ex se legittimare lo svolgimento di ulteriori lavori o attività, eccedenti la
situazione in atto e dunque non riconducibili al concetto di condono.
8. Per le ragioni che precedono, in accoglimento dell’appello e in riforma della
sentenza gravata, va accolto il ricorso di primo grado nella parte in cui ha
chiesto l’annullamento del permesso di costruire in sanatoria del 9 febbraio
2005 (con assorbimento delle ulteriori censure proposte).
Sussistono giusti motivi per compensare tra le parti costituite le spese e gli
onorari dei due gradi del giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) accoglie
l’appello n. 4893 del 2006 e, in riforma della sentenza del TAR per l’Abruzzo n.
70 del 2006, accoglie il ricorso di primo grado n. 130 del 2005 nei sensi
indicati in motivazione ed annulla il permesso di costruire in sanatoria n. 23
del 9 febbraio 2005.
Compensa tra le parti le spese e gli onorari dei due gradi del giudizio.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dalla Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio tenutasi il giorno 30 gennaio
2007, presso la sede del Consiglio di Stato, Palazzo Spada, con l’intervento dei
signori:
Presidente
LUIGI MARUOTTI
Consigliere
Segretario
LUIGI MARUOTTI ROSARIO
GIORGIO CARNABUCI
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
il 11/04/2007
(Art. 55, L.27/4/1982, n.186)
Il Dirigente
Dott. Antonio Serrao
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