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Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006



CONSIGLIO DI STATO Sez. IV, 11/04/2007 (C.c. 06.02.2007), Sentenza n. 1613

 

URBANISTICA E EDILIZIA - Atto di approvazione - Piano regolatore generale e sue varianti - Dies a quo termine impugnazione - Notificazione individuale - Art. 21 L. 6 dicembre 1971 n. 1034 - Esclusione - Eccezioni. L’atto di approvazione di piani regolatori generale o loro varianti, che abbiano contenuto generale o riguardino ampie zone o comparti territoriali, deve essere impugnato nel termine di decadenza decorrente dalla data di pubblicazione, non essendo richiesta la notificazione individuale agli interessati, con esclusione delle sole parti contenenti previsione o reiterazione di vincoli preordinati all’espropriazione che, in quanto incidenti in modo immediato e diretto sui soggetti destinatari degli stessi, devono formare oggetto di notifica individuale. Pres. ed Est. Ferrari  - P. A. e altro (avv. Pisapia e Corbo) c. Comune di Piano di Sorrento  (avv. Sasso). (Annulla TAR Lombardia, Brescia  n. 457/2006). CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV 11 aprile 2007 - (C.c. 06 febbraio 2006), Sentenza n. 1613

URBANISTICA E EDILIZIA - Scelte urbanistiche - Discrezionalità dell'amministrazione - Sindacato giurisdizionale - Art. 2 L. 6 dicembre 1971 n. 1034 - Esclusione - Eccezioni. La normativa vigente riserva all’apprezzamento discrezionale dell’Amministrazione le scelte urbanistiche, circa la disciplina del proprio territorio, che possono formare oggetto di sindacato giurisdizionale nei soli casi di arbitrarietà, irrazionalità o irragionevolezza ictu oculi rilevabili ovvero di palese travisamento dei fatti. Pres. ed Est. Ferrari  - P. A. e altro (avv. Pisapia e Corbo) c. Comune di Piano di Sorrento  (avv. Sasso). (Annulla TAR Lombardia, Brescia  n. 457/2006). CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV 11 aprile 2007 - (C.c. 06/02/2006), Sentenza n. 1613


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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

N.1613/2007
Reg.Dec.
N. 10154 Reg.Ric.
ANNO 2006

 


Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) ha pronunciato la seguente:

 

DECISIONE


sul ricorso in appello n. 10154 del 2006 proposto dal Comune di Leffe, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avv.ti Paolo Vaiano e Antonio Di Vita e presso il primo elettivamente domiciliato in Roma, Lungotevere Marzio n. 3;


C O N T R O


il signor Francesco Gallizioli, rappresentato e difeso dagli avv.ti Yvonne Messi e Goffredo Gobbi e presso quest’ultimo elettivamente domiciliato in Roma, Via Maria Cristina n. 8, e


N E I C O N F O N T I


della Regione Lombardia, in persona del Presidente della Giunta regionale pro tempore, non costituita in giudizio,


P E R L’ANNULLAMENTO,


previa sospensione degli effetti, della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia, Sezione staccata di Brescia, 8 maggio 2006 457/06, resa inter partes, con la quale è stato in parte dichiarato improcedibile per sopravvenuto difetto d’interesse e in parte accolto il ricorso proposto dal succitato signor Francesco Gallizioli avverso l’ordinanza del responsabile dell’Ufficio tecnico del Comune di Leffe, recante ingiunzione di demolizione di opere edili da lui realizzate in assenza di permesso di costruzione.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del signor Francesco Gallizioli;
Vista la memoria depositata dal suddetto signor Gallizioli a difesa delle proprie ragioni;
Visti gli atti tutti della causa;
Relatore, nella camera di consiglio del 6 febbraio 2007, il Pres. Gennaro Ferrari; uditi i difensori presenti delle parti in causa, come da verbale;
Considerato che nella stessa camera di consiglio il Presidente ha avvertito gli avvocati presenti che il Collegio si riservava di verificare se sussistevano i presupposti per una immediata definizione del ricorso con sentenza adottata ai sensi dell’art. 26 L. 6 dicembre 1971 n. 1034, come novellato dall’art. 6, co. 1, L. 21 luglio 2000 n. 205;
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:


FATTO e DIRITTO


1. - Con atto (n. 10154/06) notificato in data 30 novembre 2006 e depositato il successivo 12 dicembre il Comune di Leffe ha proposto appello al Consiglio di Stato avverso la sentenza n. 457/2006 dell’8 maggio 2006 con la quale il T.A.R. per la Lombardia, Sezione staccata di Brescia, pronunciando sul ricorso del signor Francesco Gallizioli, lo ha accolto in parte e per l’ effetto ha annullato sia l’ordinanza 22 aprile 2004 n. 18 prot. 2448, con la quale il responsabile del Settore tecnico del Comune aveva ingiunto al suddetto signor Francesco Gallizioli di procedere alla demolizione di opere edilizie da lui realizzate senza il previo rilascio del permesso di costruzione, sia la scheda n. 51, del quadrante n. 4, di cui alla variante n. 1 di P.R.G. relativa al fabbricato di sua proprietà.


Premessa una breve ma puntuale ricostruzione dei fatti che hanno dato origine alla controversia e dell’ iter motivazionale seguito dal primo giudice, ha chiesto l’annullamento della impugnata sentenza, deducendo contro di essa le seguenti censure:

a) Violazione e falsa applicazione dell’ art. 21 L. 6 dicembre 1971 n. 1034 - Erronea individuazione del dies a quo dal quale decorreva il termine per l’impugnazione del P.R.G. - Conseguente irricevibilità delle censure tardivamente dirette avverso la scheda del piano regolatore n. 50 del quadrante n. 4 atteso che, come insegna una consolidata giurisprudenza del giudice amministrativo, l’atto di approvazione di piani regolatori generale o loro varianti, che abbiano contenuto generale o riguardino ampie zone o comparti territoriali, deve essere impugnato nel termine di decadenza decorrente dalla data di pubblicazione, non essendo richiesta la notificazione individuale agli interessati, con esclusione delle sole parti contenenti previsione o reiterazione di vincoli preordinati all’espropriazione che, in quanto incidenti in modo immediato e diretto sui soggetti destinatari degli stessi, devono formare oggetto di notifica individuale;
b) Violazione e falsa applicazione dell’art. 2 L. 6 dicembre 1971 n. 1034 - Conseguente inammissibilità delle censure attinenti al merito dell’azione amministrativa riservato alla Pubblica Amministrazione, atteso che il primo giudice, nel dichiarare sulla base delle sole affermazioni del ricorrente che non sussistevano ragioni giustificative del regime conservativo al quale era stato assoggettato l’immobile di proprietà dello stesso, ha illegittimamente invaso gli spazi che, nella materia riguardante le scelte urbanistiche, la normativa vigente riserva all’apprezzamento discrezionale dell’Amministrazione e che possono formare oggetto di sindacato giurisdizionale nei soli casi, certamente non ricorrenti nella specie, di arbitrarietà, irrazionalità o irragionevolezza ictu oculi rilevabili ovvero di palese travisamento dei fatti;
c) Erronea interpretazione da parte dei giudici di prime cure della scheda n. 51, quadrante n. 4, allegata alla variante n. 1/99 al P.R.G. - Illogicità e contraddittorietà della motivazione atteso che: a) il primo giudice non ha indicato quale è la documentazione, asseritamente versata in atti, dalla quale egli avrebbe desunto “l’insussistenza di ragioni giustificative del regime conservativo” prescritto per l’immobile di proprietà dell’originario ricorrente; b) la variante di P.R.G. consente sul suddetto immobile solo interventi di carattere rigorosamente conservativo, con la conseguenza che “l’ampia libertà distributiva - ricostruzione”, alla quale fa riferimento l’all.to A alla variante di P.R.G. n. 1/99 relativamente alla pianta del fabbricato, deve ragionevolmente intendersi riferito esclusivamente alla possibilità di ridistribuzione degli spazi interni, e non all’ampliamento degli stessi.


2. - Si è costituito in giudizio l’originario ricorrente signor Francesco Gallizioli il quale con un’ampia memoria ha puntualmente contestato la fondatezza dei tre motivi d’impugnazione dedotti dal Comune ed ha concluso per il rigetto dell’appello con vittoria di spese.


3. - Visti gli atti di causa il Collegio rileva la fondatezza del primo motivo di impugnazione, con il quale l’appellante Comune contesta le ragioni in base alle quali il Tribunale ha disatteso l’eccezione di irricevibilità che esso aveva dedotto nel giudizio di primo grado avverso la censura proposta dall’originario ricorrente nei riguardi della scheda (n. 51) relativa al fabbricato di sua proprietà e recante la puntuale indicazione degli interventi edilizi consentiti e di quelli vietati. Ed invero, a prescindere dal fatto che è inverosimile che detto ricorrente, residente in un Comune di ridotte dimensioni, abbia avuto conoscenza dell’esistenza e del contenuto di detta scheda solo in occasione dell’ordinanza che gli ingiungeva di procedere alla demolizione delle opere relative al fabbricato in questione perché realizzate senza aver prima chiesto ed ottenuto il permesso di costruire, è assorbente la considerazione che detta scheda, al pari delle altre compilate dal Comune a seguito del censimento delle costruzioni site in una vasta zona agricola ma con destinazione prevalentemente residenziale, costituisce parte integrante della variante di piano regolatore adottata dal Comune ed approvata dalla Regione. Di conseguenza la suddetta scheda, ove ritenta lesiva, avrebbe dovuto essere impugnata dall’originario ricorrente nel termine di decadenza decorrente dalla data di pubblicazione della variante, atteso che da detta pubblicazione discende una presunzione legale di conoscenza dell’esistenza e del contenuto del nuovo strumento urbanistico.


Non è in grado di contrastare detta conclusione, che risponde a principi pacifici nella giurisprudenza del giudice amministrativo, la circostanza sulla quale il Tribunale ha in effetti fondato il proprio convincimento, e cioè che ciascuna delle schede allegate alla variante e costituenti parte integrante della stessa recasse l’indicazione del proprietario catastale del fabbricato al quale esse si riferivano, atteso che è illogico far discendere da essa un obbligo di notifica individuale, che altrimenti dovrebbe ritenersi esteso a tutte le aree appartenenti a singoli proprietari agevolmente individuabili e oggetto di destinazione d’uso da parte dello strumento urbanistico.


D’altro canto non risulta, né il ricorrente lo ha mai affermato, che il censimento degli edifici ubicati in zona agricola ed utilizzati per scopi non coerenti con detta destinazione sia stato effettuato nel segreto degli uffici, all’insaputa degli interessati, dovendosi al contrario ragionevolmente ritenere che abbia comportato un accesso in loco da parte dei tecnici comunali al fine innanzi tutto di individuare quali e quanti erano i fabbricati realizzati nella suddetta zona e non destinati al servizio di aziende agricole ma come residenza dei rispettivi proprietari o addirittura come seconda casa, e a conclusione dello stesso di predeterminare per ciascuno di essi quali erano gli interventi edilizi consentiti e quelli vietati, registrando gli uni e gli altri nella relativa scheda. D’ altro canto l’esistenza di una preventiva “ricognizione dello stato di ciascun fabbricato” non solo è implicitamente riconosciuta anche dal ricorrente (pag. 5 del controricorso), ma discende dal raffronto effettuato dai tecnici del Comune fra il preesistente da essi già individuato e il quid novi che abusivamente era stato realizzato.


4. - Preme peraltro al Collegio aggiungere che, quand’anche fosse superabile la censura del Comune in ordine alla tardività del motivo di doglianza afferente alla scheda, sarebbe comunque assorbente la censura dedotta con il secondo motivo di gravame e relativa alla verifica che il Tribunale si è ritenuto autorizzato ad effettuare sul contenuto della scheda stessa, nella parte in cui elenca gli interventi edilizi consentiti e quelli vietati. Si tratta infatti di indebita ingerenza del primo giudice in materia riservata alle valutazioni tecnico discrezionali dell’Amministrazione, alla quale spetta dettare la disciplina del proprio territorio a conclusione e in conseguenza di apprezzamenti non suscettibili di sindacato giurisdizionale se non nei casi di manifesta irragionevolezza o di palese travisamento dei fatti che, contrariamente a quanto si afferma nell’impugnata sentenza, nella specie non sussistono affatto. Il T.A.R. ha infatti ravvisato un contrasto non giustificabile sotto il profilo logico fra il severo regime conservativo, al quale la scheda assoggettava il fabbricato, e la “più ampia libertà distributiva e di ricostruzione della pianta del fabbricato” riconosciuta al proprietario del fabbricato dalla stessa scheda. Senonchè, se il Tribunale avesse letto detta proposizione nel contesto più generale relativo ai divieti in detta scheda analiticamente indicati (divieto assoluto di ampliamento della superficie e della volumetria; ammissibilità dei soli interventi di restauro o manutenzione delle murature e dei solai con mantenimento della struttura attuale, delle facciate limitatamente al ripristino e recupero di elementi architettonici, di carattere igienico sanitario ma limitatamente alla creazione di W.C. interno, ecc.), si sarebbe avveduto che la suddetta “libertà distributiva e di ricostruzione” si riferiva alla sola redistribuzione degli spazi interni, come confermato anche dall’architetto autore del progetto di variante.


5. - L’appello del Comune deve pertanto essere accolto.
Le spese e gli onorari del giudizio seguono, come di regola, la soccombenza e vengono liquidati in dispositivo.

 
P.Q.M.


Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quarta, pronunciando sull’appello (n. 10154/2006) proposto, come in epigrafe, dal Comune di Leffe, lo accoglie e per l’effetto, previo annullamento dell’impugnata sentenza del T.A.R.per la Lombardia, Sezione staccata di Brescia, 8 maggio 2006 n. 457/06, rigetta l’originario ricorso del signor Francesco Gallizioli.
Condanna il predetto signor Francesco Gallizioli al pagamento, in favore del Comune di Leffe, delle spese e degli onorari del giudizio, che liquida in € 3.000,00 (tremila/00).
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa.


Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 6 febbraio 2006, con l'intervento dei signori:
 

Presidente
GENNARO FERRARI
Consigliere                                                     Segretario
GENNARO FERRARI                                                GIACOMO MANZO


DEPOSITATA IN SEGRETERIA
il 11/04/2007
(Art. 55, L.27/4/1982, n.186)
Il Dirigente
Dott. Antonio Serrao

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