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CONSIGLIO DI STATO
Sez. IV, 8 Giugno 2007, (C.C. 16/01/2007) Sentenza n. 3027
URBANISTICA E EDILIZIA - Permesso di costruire - Natura - Rilascio - Presupposti
e verifiche obbligatorie - Idoneo titolo - Disponibilità dell’area - Relazione
qualificata a contenuto reale con il bene - Art.11 c. 1, D.P.R. n.380/2001.
La disciplina contenuta nell’art.11 comma 1, D.P.R. 06 giugno 2001, n°380,
richiede per edificare la “disponibilità” dell’area e implica una relazione
qualificata a contenuto reale con il bene (come proprietario, superficiario,
affittuario di fondi rustici, usufruttuario), anche se in formazione, non
essendo sufficiente il solo rapporto obbligatorio, in quanto il diritto a
costruire è una proiezione del diritto di proprietà o di altro diritto reale di
godimento che autorizzi a disporre con un intervento costruttivo (Cons. di
Stato, V, 04 febbraio 2004, n°368). In questo senso la giurisprudenza ammette la
richiesta da parte di altro titolare del diritto, reale o anche obbligatorio, ma
ciò quando, per effetto di essi, l’interessato abbia obbligo o facoltà di
eseguire i lavori per cui è chiesta la concessione edilizia (ora permesso di
costruire): in altre parole, quando il richiedente sia autorizzato in base al
contratto o abbia ricevuto espresso consenso da parte del proprietario (Cons.
St., V, 15 marzo 2001, n°1507). Sicché, la verifica del possesso del titolo a
costruire costituisce un presupposto, la cui mancanza impedisce
all’Amministrazione di procedere oltre nell’esame del progetto (V, 12/05/2003,
n°2506; IV, 22/06/2000, n°3525). Pres. Riccio - Rel-Est. Carella - COMUNE di
TRINO (avv.ti Szegö e Contaldi) c. SANTIFER CSP s.r.l. (avv.ti Ranaboldo e
Romanelli) e CONSORZIO dei COMUNI per lo Sviluppo del Vercellese, n.c. (annulla
TAR Piemonte, sez. I^, n°3753 del 23 novembre 2005). CONSIGLIO DI STATO Sez.
IV, 8 Giugno 2007, (C.C. 16/01/2007) Sentenza n. 3027
URBANISTICA E EDILIZIA - Permesso di costruire - Titolo sostanziale idoneo -
Necessità - Acquisizione in via postuma - Ininfluenza - Riscontro di legittimità
- Criterio del “tempus regit actum”. Legittimamente osta al rilascio
del permesso di costruire la mancata avvenuta dimostrazione di un titolo
sostanziale idoneo a costituire in capo all’istante il “diritto” di sfruttare la
potenzialità edificatoria. Nella specie, non assume alcun rilievo, la
circostanza che l’appellata in via postuma sia successivamente diventata
proprietaria dell’area per aver stipulato il contratto di compravendita
definitivo, stante il criterio determinante del “tempus regit actum” nel
riscontro di legittimità. Pres. Riccio - Rel-Est. Carella - COMUNE di TRINO
(avv.ti Szegö e Contaldi) c. SANTIFER CSP s.r.l. (avv.ti Ranaboldo e Romanelli)
e CONSORZIO dei COMUNI per lo Sviluppo del Vercellese, n.c. (annulla TAR
Piemonte, sez. I^, n°3753 del 23 novembre 2005). CONSIGLIO DI STATO Sez. IV,
8 Giugno 2007, (C.C. 16/01/2007) Sentenza n. 3027
URBANISTICA E EDILIZIA - PRG - Integrazione della pianificazione territoriale
ed urbanistica con la programmazione commerciale - Decorrenza del termine -
Effetti - Art.6 D.Lvo n°114/98 - Art.4, c. 1, L.R.Piemonte n°28/99. Il
decorso del termine previsto in 180 giorni per l’adeguamento da parte del Comune
(art.6, comma 5, D.Lvo 114/98 e art.4, comma 1, L.R.Piemonte n°28/99) non può
avere natura decadenziale, essendo la sostituzione nei poteri comunali in
funzione sanzionatoria dell’inerzia acclarata e non avendo la Regione facoltà di
prescinderne; né lo spirare del termine legale ordinatorio, in assenza di
rituale diffida può determinare, come effetto, la ”automatica” liberalizzazione
di ogni attività commerciale nel territorio comunale, in particolare quanto
attinente alle medie e grandi strutture di vendita e, nello specifico, ai
dimensionamenti per il commercio all’ingrosso e al dettaglio. Pres. Riccio -
Rel-Est. Carella - COMUNE di TRINO (avv.ti Szegö e Contaldi) c. SANTIFER CSP
s.r.l. (avv.ti Ranaboldo e Romanelli) e CONSORZIO dei COMUNI per lo Sviluppo del
Vercellese, n.c. (annulla TAR Piemonte, sez. I^, n°3753 del 23 novembre 2005).
CONSIGLIO DI STATO Sez. IV, 8 Giugno 2007, (C.C. 16/01/2007) Sentenza n. 3027
URBANISTICA E EDILIZIA - Pianificazione territoriale ed urbanistica -
Localizzazioni attività produttive - Destinazione d’uso - Art.6 D.Lvo n°114/98.
Il criterio ispiratore dell’art.6 D.Lvo n°114/98 è improntato
all’integrazione della pianificazione territoriale ed urbanistica con la
programmazione commerciale, a tale scopo annoverando - tra i criteri di
programmazione riferiti al settore commerciale - la correlazione tra titolo
edilizio e autorizzazione all’esercizio, eventualmente anche in modo
contestuale: ma ciò esprime la necessità che, anche ai fini del rilascio
dell’autorizzazione commerciale, venga attentamente considerata la conformità
del nuovo insediamento ai vigenti parametri urbanistici, e non vuole significare
che si possa prescindere dalle destinazioni d’uso previste dal P.R.G. e relative
N.T.A. o nei piani attuativi e nei regolamenti edilizi. Pres. Riccio - Rel-Est.
Carella - COMUNE di TRINO (avv.ti Szegö e Contaldi) c. SANTIFER CSP s.r.l.
(avv.ti Ranaboldo e Romanelli) e CONSORZIO dei COMUNI per lo Sviluppo del
Vercellese, n.c. (annulla TAR Piemonte, sez. I^, n°3753 del 23 novembre 2005).
CONSIGLIO DI STATO Sez. IV, 8 Giugno 2007, (C.C. 16/01/2007) Sentenza n. 3027
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
N.3027/2007
Reg. Dec.
N. 804
Reg. Ric.
Anno 2006
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) ha pronunciato la seguente
DECISIONE
sul ricorso in appello n°804 del 2006 proposto dal COMUNE di TRINO, in
persona del Sindaco pro-tempore, rappresentato e difeso dagli avv.ti Ludovico
Szegö e Mario Contaldi, con domicilio eletto in Roma, nello Studio del secondo,
via Pierluigi da Palestrina n°63;
contro
SANTIFER CSP s.r.l., in persona del legale rappresentante pro-tempore,
rappresentata e difesa dagli Avvocati Carlo Ranaboldo e Guido Francesco
Romanelli, elettivamente domiciliata in Roma, nello Studio del secondo, via
Cosseria n°5;
e
CONSORZIO dei COMUNI per lo Sviluppo del Vercellese, non costituito;
per l’annullamento/riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte, sez. I^,
n°3753 del 23 novembre 2005;
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’appellata;
Viste le memorie prodotte dalla parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti gli atti tutti della causa;
Relatore, alla pubblica udienza del 16 gennaio 2007, il Consigliere Vito Carella;
Uditi gli avv.ti Contaldi, Ranabaldo e G.F. Romanelli;
Ritenuto in fatto e in diritto quanto segue.
F A T T O
Nel dicembre 2003 l’appellata “SANTIFER” ha presentato domanda, in applicazione
dell’art.4 del D.P.R. 20 ottobre 1998, n°447, al Servizio Sportello Unico
Imprese del Consorzio di Comuni per lo Sviluppo del Vercellese, ai fini
dell’insediamento di un deposito e di una media struttura di vendita al
dettaglio di articoli di ferramenta, tecnici e per l’edilizia, nell’ambito del
piano esecutivo convenzionato per insediamenti produttivi area “ex Fornace
Piglione” nel Comune di Trino.
Il procedimento relativo si è snodato attraverso una serie nutrita di atti e
anche di interventi del T.A.R. Piemonte, Sezione I^, come da sentenze 08 giungo
2005, n°2007 (inammissibilità per la natura non provvedimentale dell’atto
impugnato) e 21 luglio 2005, n°2591 (accoglimento silenzio), sino al diniego
conclusivo impugnato in primo grado, fondato su due rilievi (carenza del titolo
di proprietà dell’area interessata dal progetto e non conformità urbanistica
dell’insediamento commerciale di vendita al dettaglio di media dimensione perché
struttura prevista con superficie superiore a mq.151).
Il Tribunale Amministrativo Regionale nuovamente adito avverso il suddetto
diniego (23 agosto 2005, n°11 – prot.99) con la gravata sentenza semplificata 23
novembre 2005, n°3753, oggetto del gravame in esame, ha accolto il ricorso
proposto dalla medesima “SANTIFER”, rilevando che:
a. l’insediamento contestato della media struttura commerciale di vendita era
consentito in base alla deliberazione del Consiglio Regionale del Piemonte 29
ottobre 1999, n°563-13414, poi modificata con la successiva delibera 23 dicembre
2003, n°347-42514, non risultando che il vigente piano regolatore di Trino
(approvato con deliberazione G.R. 04 agosto 1997 n°26-21511) sia stato
successivamente adeguato alle prescrizioni di cui al D.Lvo 31 marzo 1998, n°114;
b. la ricorrente aveva provato di avere allegato alla domanda il contratto
preliminare di compravendita dell’area medesima (successivamente acquistata con
atto notarile dell’11 ottobre 2005) da essa stipulata con la ditta proprietaria,
in cui questa la autorizzava espressamente a presentare alle Autorità competenti
tutte le domande necessarie, e tanto era sufficiente a determinare la piena
legittimazione della ricorrente a richiedere in prima persona le autorizzazioni
commerciali ed i permessi di costruire necessari per la realizzazione
dell’intervento.
Di questa sentenza il Comune di Trino ha chiesto la riforma, contestando le
ragioni sulle quali si fonda e, in particolare, in quanto:
i. non può ritenersi che, attraverso la clausola contrattuale che autorizza ”a
presentare domande di progettazioni”, la volontà dei privati possa prevalere
sulla legittimazione richiesta dall’art.4, comma 1, della legge 28 gennaio 1977,
n°10 (ora art.11 D.P.R. 06 giugno ‘01, n°380), mentre l’acquisto dell’area è
avvenuto nell’ottobre 2005, in epoca cioè successiva alla adozione del
provvedimento impugnato;
ii. il piano esecutivo convenzionato (che consente la destinazione commerciale
al dettaglio, purché con superficie non superiore a mq. 150) è stato
sottoscritto il 12 giugno 2000, rep. 398, tra il Comune di Trino e la BASIC
s.r.l. (all’epoca proprietaria dell’intero lotto e, oggi, dante causa della
SANTIFER) e, quindi, adottato dopo l’entrata in vigore del D. Lgs n°114/98 e
delle norme regionali (C.R. 29 ottobre 1999 n°563-13414), costituendo così
normativa comunale assorbente rispetto ad ogni altra precedente disciplina
(art.6, comma 6, D.Lvo n°114/98);
iii. il Comune di Trino, con deliberazione consiliare 29 novembre 2004, ha
adottato variante di P.R.G. attuativa del D.Lvo n°114/98, confermando che “la
destinazione d’uso commerciale è regolata in convenzione, secondo i parametri in
vigore per gli strumenti urbanistici esecutivi, desumibili dal P.R.G.C.”.
Per resistere al gravame si è costituita in giudizio l’appellata “SANTIFER” che
ha concluso nel controricorso, ulteriormente illustrato da memoria del
04/01/2007, con la richiesta di rigetto dell’appello e, in subordine, di
annullamento degli atti impugnati in prime cure per i motivi ritenuti assorbiti.
All’udienza pubblica del 16 gennaio 2007 la causa è stata trattenuta in
decisione.
D I R I T T O
1. Con il provvedimento oggetto del ricorso di primo grado il Servizio Sportello
Unico Imprese del Consorzio per lo Sviluppo del Vercellese ha negato all’odierna
appellata l’insediamento di una media struttura di vendita al dettaglio di
articoli di ferramenta, tecnici e per l’edilizia nell’ambito del piano esecutivo
convenzionato per insediamenti produttivi area “ex Fornace Piglione” nel Comune
di Trino: ciò in quanto la società richiedente, promissaria acquirente, non
aveva dimostrato, benché richiesta, il titolo di proprietà, e stante la
circostanza che la normativa del citato piano particolareggiato consentiva
solamente il commercio all’ingrosso o il commercio connesso al produttivo
(assimilato ad esercizio di vicinato) con superficie massima di mq.150, laddove
nella specie la prevista destinazione commerciale al dettaglio era di mq.371.
Il T.A.R. adito, con la gravata sentenza, ha ritenuto fondati i due motivi di
censura, avversati dal Comune di Trino con l’atto di appello in esame, che pone
all’attenzione del Collegio le questioni seguenti:
a. legittimazione di un promissario acquirente a richiedere la concessione
edilizia a proprio nome a fronte di una clausola contrattuale che autorizza “a
presentare domanda di progettazioni”, cui ha fatto seguito, successivamente al
diniego impugnato in prime cure, atto notarile di acquisto dell’area
nell’ottobre 2005;
b. normativa sulle localizzazioni commerciali da applicare nella fattispecie,
con riguardo al piano esecutivo convenzionato sottoscritto il 12 giugno 2000
rep.398 o in relazione al D.Lvo 31 marzo 1998, n°114, e alle deliberazioni
consiliari di attuazione della Regione Piemonte (29 ottobre 1999, n°563-13414, e
23 dicembre 2003, n°347-42514), ovvero se in diretta applicazione prevalgano
queste ultime prescrizioni rispetto alla specifica regolamentazione del Comune,
che ha adottato variante di P.R.G. attuativa del D.Lvo n°114/98 con la
deliberazione consiliare 29 novembre 2004, n°41.
Così precisati i fatti di causa, in linea preliminare merita osservare che nel
controricorso l’appellata conclude chiedendo il rigetto dell’appello ed in
subordine l’annullamento degli atti in prime cure per i motivi ritenuti
assorbiti: questa subordinata va apprezzata inammissibile, sia perché nella
sentenza gravata non è stato disposto alcun assorbimento, sia perché il
controappello non risulta notificato e nelle forme dell’appello incidentale.
Nel merito l’appello è fondato e va, pertanto, accolto.
2. In punto di legittimazione a svolgere attività edilizia il Collegio osserva
che l’art.4 della legge 28/01/1977, n°10, enuncia che “…..la concessione è data
dal Sindaco al proprietario dell’area o a chi abbia titolo per richiederla….”
(confermato, ora, come permesso di costruire, dall’art.11 comma 1, D.P.R. 06
giugno 2001, n°380).
Questo disposto, secondo l’esegesi consolidata della norma, richiede per
edificare la “disponibilità” dell’area e implica una relazione qualificata a
contenuto reale con il bene (come proprietario, superficiario, affittuario di
fondi rustici, usufruttuario), anche se in formazione, non essendo sufficiente
il solo rapporto obbligatorio, in quanto il diritto a costruire è una proiezione
del diritto di proprietà o di altro diritto reale di godimento che autorizzi a
disporre con un intervento costruttivo (Cons. di Stato, V, 04 febbraio 2004,
n°368).
In questo senso la giurisprudenza ammette la richiesta da parte di altro
titolare del diritto, reale o anche obbligatorio, ma ciò quando, per effetto di
essi, l’interessato abbia obbligo o facoltà di eseguire i lavori per cui è
chiesta la concessione edilizia: in altre parole, quando il richiedente sia
autorizzato in base al contratto o abbia ricevuto espresso consenso da parte del
proprietario (Cons. St., V, 15 marzo 2001, n°1507).
L’appellata replica, al riguardo, che nella specie non si verte in tema di
domanda di concessione edilizia ma di domanda ai sensi dell’art.4 D.P.R. 20
ottobre 1998, n°447, vale a dire di localizzazione di impianto produttivo
(commerciale), ovvero di procedimento speciale che si conclude con un
provvedimento costituente titolo unico per l’intervento.
In proposito è sufficiente notare come la contestualità dell’indicato
procedimento non può costituire valida ragione per discostarsi dal consolidato
orientamento del Consiglio di Stato, secondo cui la verifica del possesso del
titolo a costruire costituisce un presupposto, la cui mancanza impedisce
all’Amministrazione di procedere oltre nell’esame del progetto (V, 12/05/2003,
n°2506; IV, 22/06/2000, n°3525).
Né può trovare condivisione la richiesta avanzata dalla stessa appellata di
rimettere all’Adunanza Plenaria, la risoluzione dell’asserito contrasto tra
precedenti in tema di legittimazione da contratto preliminare (cfr. memoria
pag.12) perché, da un canto, tale diversità di vedute non è percepita e,
dall’altro, in quanto essa non è rilevante e funzionale alla decisione
dell’odierna controversia.
Infatti, sotto il primo aspetto, risulta agevole considerare che queste
“divergenze giurisprudenziali” non investono i principi che presiedono alla
verifica da parte del Sindaco del titolo di disponibilità dell’area interessata
dall’intervento edilizio ed alla conseguente sua valutazione, ma piuttosto vanno
a riguardare - nel concreto - l’apprezzamento dell’indagine svolta
dall’Amministrazione Comunale sulla ricorrenza di tale presupposto: in sintesi,
è questione di determinata fattispecie alla luce dell’attuale tendenziale
frantumazione dell’unitaria figura del diritto di proprietà e con riguardo al
materiale atto dispositivo del godimento, sia pure preliminare o in formazione.
Sotto l’altro aspetto, invece, occorre evidenziare che l’appellata fonda la sua
legittimazione sull’art.7 del contratto preliminare, stipulato il 16/06/2003,
che così recita: “di comune accordo tra le parti, fin dalla data della firma del
presente preliminare, si autorizza il tecnico prescelto dalla Società acquirente
a presentare alle autorità competenti domande di progettazioni ma non a
costruire immobili sul sedime se non dopo la data del rogito notarile di
trasferimento. Si precisa che tutte le spese scaturite dall’incarico
professionale del tecnico progettista sono a carico della società acquirente dei
lotti”.
Orbene, a fronte della situazione di fatto e di diritto appena descritta, la
lite si risolve nell’evidenziare come, oltre alla assorbente genericità e alla
dirimente ambiguità della clausola stessa, detto inciso deve essere interpretato
in senso diametralmente opposto a quello ritenuto dal T.A.R. in quanto la
“Basic” s.r.l. (sottoscrittrice della convenzione territoriale perché
proprietaria dell’intero compendio ed, oggi, dante causa della “Santifer”),
evidentemente consapevole delle relative limitazioni d’uso, non ha consentito a
disporre del terreno per un intervento costruttivo, se non dopo il rogito
notarile di trasferimento, e neanche ha delegato a presentare domanda di
permesso a costruire, espressamente autorizzando il tecnico prescelto e non la
società acquirente procedente, e soltanto per le progettazioni.
Né alcun rilievo può avere, ai fini di causa, la circostanza che l’appellata in
via postuma sia successivamente diventata proprietaria dell’area per aver
stipulato il contratto di compravendita definitivo, stante il criterio
determinante del “tempus regit actum” nel riscontro di legittimità del
provvedimento controverso.
Ne consegue che correttamente il Comune ha escluso nella fattispecie l’avvenuta
dimostrazione di un titolo sostanziale idoneo a costituire in capo all’istante
il “diritto” di sfruttare la potenzialità edificatoria del lotto.
3. In merito alla disciplina normativa sulle localizzazioni produttive da
applicare nel caso in esame, è d’uopo muovere dallo sviluppo argomentativo della
sentenza gravata in ordine alla censura sollevata.
Viene affermato – atteso che il Comune di Trino non ha adeguato la propria
pianificazione al D.Lvo 31/03/1998, n°114 – in esso valgono le norme sostitutive
di cui all’art.6, comma 6, di tale articolato e all’art.30 della deliberazione
di Consiglio della Regione Piemonte 29 ottobre 1999, n°563-13414, come
modificata dalla successiva deliberazione C.R. 23 dicembre 2003, n°347-42514; si
aggiunge che, per l’effetto, tali norme sostitutive prevalgono sulle precedenti
norme urbanistiche locali di contenuto divergente per cui non è configurabile
alcun contrasto con l’art.14.7 della N.T.A. di P.R.G. e la caducazione in questa
parte del P.R.G. stesso travolge anche le specifiche disposizioni attuative del
piano particolareggiato, contrastanti con le sopravvenute norme sostitutive
regionali.
Questa linea deduttiva non può essere seguita.
Innanzitutto, l’art.6, comma 6, del D.Lvo n°114/98 (ripreso nella sostanza
dall’art.4, comma 3, della L.R. Piemonte 12/11/1999, n°28) prescrive: “In caso
di inerzia da parte del Comune, le regioni provvedono in via sostitutiva
adottando le norme necessarie, che restano in vigore fino alla emanazione delle
norme comunali”: ciò comporta che il decorso del termine previsto in 180 giorni
per l’adeguamento da parte del Comune (art.6, comma 5, D.Lvo 114/98 e art.4,
comma 1, L.R. n°28/99) non può avere natura decadenziale, essendo la
sostituzione nei poteri comunali in funzione sanzionatoria dell’inerzia
acclarata e non avendo la Regione facoltà di prescinderne; né lo spirare del
termine legale ordinatorio, in assenza di rituale diffida (che non consta essere
intervenuta a radicare l’impedimento e ad abilitare all’applicazione delle norme
sostitutive), può determinare, come effetto, la ”automatica” liberalizzazione di
ogni attività commerciale nel territorio comunale, in particolare quanto
attinente alle medie e grandi strutture di vendita e, nello specifico, ai
dimensionamenti per il commercio all’ingrosso e al dettaglio.
Inoltre, il criterio ispiratore del ricordato art.6 D.Lvo n°114/98 è improntato
all’integrazione della pianificazione territoriale ed urbanistica con la
programmazione commerciale, a tale scopo annoverando – tra i criteri di
programmazione riferiti al settore commerciale – la correlazione tra titolo
edilizio e autorizzazione all’esercizio, eventualmente anche in modo
contestuale: ma ciò esprime la necessità che, anche ai fini del rilascio
dell’autorizzazione commerciale, venga attentamente considerata la conformità
del nuovo insediamento ai vigenti parametri urbanistici, e non vuole significare
che si possa prescindere dalle destinazioni d’uso previste dal P.R.G. e relative
N.T.A. o nei piani attuativi e nei regolamenti edilizi, che per di più non sono
stati oggetto di contestazione e non suscettibili di essere pretermessi o
disapplicati.
Ancora, la vicenda di causa non è caratterizzata dall’impedimento normativo del
piano particolareggiato convenzionato “ex Fornaci Piglioni” ad accogliere una
media struttura di vendita all’ingrosso, bensì dalla volontà di localizzare in
tale addensamento produttivo una attività commerciale al dettaglio con
superficie superiore ai mq.150, in contrasto alle prescrizioni di piano che
hanno ritenuto non compatibili, in questo ambito unitario e omogeneo, volumi e
dimensionamenti superiori per il dettaglio, se non limitatamente alla
configurazione di un negozio di vicinato: vale a dire, che si controverte di
semplice destinazione d’uso dell’area per talune attività commerciali nel
determinato ambito territoriale, che è regolamentazione locale, efficace in base
al PIP vigente, in disparte dall’avvenuto adeguamento confermativo con la
variante al P.R.G. attuativa del D.Lvo n°114/98, giusta deliberazione consiliare
29 novembre 2004, n°41, anteriore al diniego impugnato in prime cure e che non
risulta allo stato, anche questa, oggetto di impugnazione.
Ne deriva, per tutte le considerazioni suesposte, in assenza di una specifica
normativa regionale sostitutiva, attributiva di diretta ed immediata prevalenza
su tale destinazione d’uso, che la pretesa della ricorrente in primo grado non
poteva trovare accoglimento.
4. In conclusione, l’appello deve essere accolto, e, per l’effetto, in riforma
dell’impugnata sentenza, deve essere respinto il ricorso in primo grado.
Le spese del doppio grado di giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate
come da dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente
pronunciando sull’appello in epigrafe, lo accoglie e, per l’effetto, in riforma
dell’impugnata sentenza, respinge il ricorso di primo grado.
Condanna l’appellata “Santifer” s.r.l. al pagamento delle spese di lite che si
liquidano a favore del Comune di Trino per il doppio grado di giudizio in €
5.000,00 (eurocinquemila/OO), oltre accessori I.V.A. e C.A.P..
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità Amministrativa.
Così deciso in Roma, Palazzo Spada, sede del Consiglio di Stato, nella camera di
consiglio del 16 gennaio 2007, con l’intervento dei signori:
Stenio Riccio - Presidente
Pier Luigi Lodi - Consigliere
Anna Leoni - Consigliere
Eugenio Mele - Consigliere
Vito Carella - Consigliere,rel-est.
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
Vito Carella Stenio Riccio
IL SEGRETARIO
Rosario Giorgio Carnabuci
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