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Beni culturali e ambientali - Cave e torbiere - Piano Paesaggistico
Ambientale Regionale Marche (P.P.A.R.) - Attività estrattive - Trasformazione
del territorio Compatibilità paesistico-ambientale. L’art. 45 delle norme
tecniche di attuazione (N.T.A.) del Piano Paesaggistico Ambientale Regionale (P.P.A.R.),
approvato con Delibera del Consiglio Regionale delle Marche n.198 del 3 novembre
1989, ha ricompreso le attività estrattive e le opere connesse tra gli
interventi di rilevante trasformazione del territorio la cui realizzazione è
subordinata alla preventiva dichiarazione di compatibilità paesistico-ambientale
da parte della Giunta regionale, ai sensi di quanto espressamente stabilito
dall’art.63/ter dello stesso P.P.A.R.. Peraltro, con la stessa disposizione è
precisato che non sono da considerarsi interventi di rilevante trasformazione
del territorio, quelli di modesta entità, tali da non modificare i caratteri
costitutivi del contesto paesistico ambientale o della singola risorsa. Pres.
Varrone - Est. Chieppa - Mei (avv.ti Buonassisi e Colantoni) c. Regione Marche
(avv. Coen) (conferma TAR Marche, Sezione I, n. 989/2005). CONSIGLIO DI STATO
Sez. VI, 31/01/2007 (C.C. 14/11/2006), Sentenza n. 370
Valutazione impatto ambientale - Rinnovazione del giudizio di compatibilità -
Intervento in più fasi - Intervento significativamente diverso - Necessità.
La rinnovazione del giudizio di compatibilità ambientale si impone allorché le
varianti progettuali determinino la costruzione di un intervento
significativamente diverso da quello già esaminato. Nel caso di
un’autorizzazione alla realizzazione di un intervento in più fasi, è necessaria
una valutazione dell’impatto ambientale se nel corso della seconda fase (e,
quindi, anche in sede di variante) il progetto può avere un impatto ambientale
importante, in particolare per la sua natura, le sue dimensioni o la sua
ubicazione (in tal senso, Cons. Stato, VI, n. 2694/2006; principio conforme a
Corte Giust., 4 maggio 2006, C-290/2003). Pres. Varrone - Est. Chieppa - Mei
(avv.ti Buonassisi e Colantoni) c. Regione Marche (avv. Coen) (conferma TAR
Marche, Sezione I, n. 989/2005). CONSIGLIO DI STATO Sez. VI, 31/01/2007 (C.C.
14/11/2006), Sentenza n. 370
Cave - Zona agricola con attività estrattiva - Fascia di tutela fluviale -
Soluzione tecnica migliorativa - Incremento del materiale ghiaioso-sabbioso -
Pretesto per esercitare un’attività estrattiva - Illegittimità. Necessita
della rinnovazione del giudizio di compatibilità ambientale, anche
l’introduzione significativa di una soluzione tecnica migliorativa, in quanto
non può costituire il pretesto per ottenere l’incremento del materiale
ghiaioso-sabbioso da asportare all’interno della fascia di tutela fluviale con
il conseguente abbassamento del piano di campagna. A nulla rilevando il fatto
che il Piano regolatore comunale avesse dato ai terreni interessati dall’area di
cava una destinazione di zona agricola con attività estrattiva, perché è
comunque necessario il rispetto dei regimi di vincolo paesaggistico ed
ambientale presenti nella zona ed imposti dal P.P.A.R.. Nella specie, il
progetto interessava porzioni della fascia di rispetto fluviale sottoposta a
vincolo di tutela integrale, con un notevole incremento delle asportazioni di
materiale ghiaioso e sabbioso all’interno della fascia di tutela, in conseguenza
del previsto rimodellamento morfologico dell’area, attraverso la realizzazione
di un’unica scarpata. Pres. Varrone - Est. Chieppa - Mei (avv.ti Buonassisi e
Colantoni) c. Regione Marche (avv. Coen) (conferma TAR Marche, Sezione I, n.
989/2005). CONSIGLIO DI STATO Sez. VI, 31/01/2007 (C.C. 14/11/2006), Sentenza
n. 370
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REPUBBLICA
ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
N. 370/07
Reg.Dec.
N. 10270 Reg.Ric.
ANNO 2005
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) ha pronunciato la
seguente
DECISIONE
sul ricorso in appello proposto da Mei Gualtiero, titolare dell’omonima
ditta Mei Gualtiero Ghiaia, rappresentato e difeso dagli avv.ti Franco
Buonassisi e Luciana Colantoni, ed elettivamente domiciliato presso
quest’ultima, in Roma, via G.G. Belli, n. 60;
contro
Regione Marche, in persona del Presidente pro tempore della Giunta regionale,
costituitosi in giudizio, rappresentato e difeso dall' avv.to Simonella Coen, ed
elettivamente domiciliato presso l’Avv. Sergio Del Vecchio, in Roma, viale
Angelico, n. 38;
e nei confronti
Comune di Saltara, non costituitosi in giudizio;
per l’annullamento
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per le Marche, Sezione I,
n. 989/2005;
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio della Regione Marche;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti gli atti tutti della causa;
Alla pubblica udienza del 14-11-2006 relatore il Consigliere Roberto Chieppa.
Uditi l'Avv. Colantoni e l'Avv. Del Vecchio per delega dell’Avv. Coen;
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:
F A T T O E D I R I T T O
1. Con l’impugnata sentenza il Tar ha respinto il ricorso proposto dalla ditta
Mei Gualtiero Ghiaia e Sabbia avverso la deliberazione della Giunta regionale
delle Marche,con la quale è stata negata la compatibilità paesistico ambientale
di cui agli artt. 43 e 63/ter delle norme tecniche di attuazione (N.T.A.) del
Piano Paesaggistico Ambientale della Regione Marche - P.P.A.R. e
l’autorizzazione paesaggistica di cui all’art. 7 della legge n. 1497 del 1939,
relativamente al progetto presentato dalla stessa ditta ricorrente, recante
variante al progetto di ampliamento e recupero della cava di materiale
ghiaioso-sabbioso, sita in località Piano dei Laghi del Comune di Saltara.
A seguito di una verificazione disposta in corso di giudizio, il giudice di
primo grado ha ritenuto che:
- il progetto di variante di un precedente intervento di recupero di cava
dovesse essere ricompreso tra quelli di rilevante trasformazione del territorio,
assoggettabili a dichiarazione di valutazione di impatto ambientale;
- la valutazione negativa, effettuata dalla Regione, era corretta e logica,
tenuto conto che il progetto interessava porzioni della fascia di rispetto
fluviale sottoposta a vincolo di tutela integrale, con un notevole incremento
delle asportazioni di materiale ghiaioso e sabbioso all’interno della fascia di
tutela, in conseguenza del previsto rimodellamento morfologico dell’area,
attraverso la realizzazione di un’unica scarpata alta 12 metri, in sostituzione
delle due scarpate alte tra i 5 e i 7 metri previste nell’originario progetto
approvato nell’anno 1996;
- la circostanza che il Piano regolatore comunale avesse dato ai terreni
interessati dall’area di cava una destinazione di zona agricola con attività
estrattiva non faceva comunque venire meno la necessità del rispetto dei regimi
di vincolo paesaggistico ed ambientale presenti nella stessa zona ed imposti dal
P.P.A.R..
La ditta Mei Gualtiero Ghiaia e Sabbia ha impugnato tale decisione, deducendo:
1) la violazione dell’art. 45 del III comma del P.P.A.R., e dell’art. 3 della
legge n. 241 del 1990, in quanto le attività estrattive e le opere connesse in
base alle norme invocate non sono da considerare come intervento di rilevante
trasformazione del territorio e, come tali, non sono soggette a dichiarazione di
compatibilità paesistico-ambientale, soprattutto allorché risultano di modesta
entità, come quelle interessate dalla variante del progetto di cava di cui si
controverte; con l’impugnata deliberazione, invece, è stato ingiustificatamente
sottoposto a tale giudizio di compatibilità con il P.P.A.R. il progetto di
variante, per giunta senza fornire alcuna giustificazione in ordine alle
caratteristiche tecniche dell’intervento progettuale, tali da ricomprenderlo tra
quelli individuati dall’art. 43 delle N.T.A. del suddetto Piano Paesaggistico
Ambientale Regionale.
2) eccesso di potere sotto i diversi profili dell’erroneità, della carenza di
istruttoria e di violazione del principio di buona amministrazione, in quanto,
come emerso dalla stessa verificazione, la richiesta variante, oltre ad essere
compatibile con le previsioni urbanistiche comunali, risulta essere migliorativa
sotto il profilo della tutela ambientale e comporta una limitata modificazione
del progetto di cava già assentito dall’Autorità regionale.
La Regione Marche si è costituita in giudizio, chiedendo la reiezione del
ricorso in appello.
All’odierna udienza la causa è stata trattenuta in decisione.
2. Il primo motivo del ricorso, relativo all’asserita assenza del requisito
della rilevante trasformazione del territorio, è infondato.
L’art. 45 delle norme tecniche di attuazione (N.T.A.) del Piano Paesaggistico
Ambientale Regionale (P.P.A.R.), approvato con Delibera del Consiglio Regionale
delle Marche n.198 del 3 novembre 1989, ha ricompreso le attività estrattive e
le opere connesse tra gli interventi di rilevante trasformazione del territorio
la cui realizzazione è subordinata alla preventiva dichiarazione di
compatibilità paesistico-ambientale da parte della Giunta regionale, ai sensi di
quanto espressamente stabilito dall’art.63/ter dello stesso P.P.A.R..
Con la stessa disposizione è precisato che non sono da considerarsi interventi
di rilevante trasformazione del territorio, quelli di modesta entità, tali da
non modificare i caratteri costitutivi del contesto paesistico ambientale o
della singola risorsa.
Nell’impugnata deliberazione della Giunta regionale è presente un ampia
descrizione dell’intervento richiesto in variante con conseguente accertamento
che lo stesso rientra tra le opere di rilevante trasformazione del territorio,
di cui al citato art. 45 del P.P.A.R..
Non è quindi vero che l’amministrazione non abbia verificato la ricorrenza del
presupposto per l’esercizio della sua funzione, come sostenuto dal ricorrente.
Né tale valutazione risulta insufficientemente motivata, in quanto la
giustificazione del predetto accertamento si ricava dalla descrizione
dell’intervento e dal richiamo della precedente valutazione di compatibilità e
delle modifiche apportate nel corso della precedente istruttoria, in cui a
seguito di contatti con l’ufficio urbanistica la ricorrente aveva modificato
l’originario progetto, che prevedeva soluzioni simili a quelle poi richieste
nuovamente in sede di variante.
La verificazione, disposta dal Tar, non ha costituito, quindi, una motivazione
postuma dell’assoggettabilità dell’intervento alla menzionata valutazione, ma ha
rappresentato un accertamento istruttorio idoneo a confermare la correttezza
della valutazione, contenuta nell’impugnato provvedimento.
Non è neanche corretto limitare la valutazione sull’entità dell’intervento al
solo dato del nuovo materiale movimentato, in quanto la rilevanza del progetto
non può prescindere dal fatto che si tratta di una variante ad un precedente
intervento, già autorizzato a seguito di positiva valutazione di impatto.
Costituisce principio pacifico quello secondo cui la rinnovazione del giudizio
di compatibilità ambientale si impone allorché le varianti progettuali
determinino la costruzione di un intervento significativamente diverso da quello
già esaminato.
Nel caso di un’autorizzazione alla realizzazione di un intervento in più fasi, è
necessaria una valutazione dell’impatto ambientale se nel corso della seconda
fase (e, quindi, anche in sede di variante) il progetto può avere un impatto
ambientale importante, in particolare per la sua natura, le sue dimensioni o la
sua ubicazione (in tal senso, Cons. Stato, VI, n. 2694/2006; principio conforme
a Corte Giust., 4 maggio 2006, C-290/2003).
Nel caso di specie, le modifiche apportate al progetto approvato in precedenza,
pur non delineando un’opera sostanzialmente diversa, non sono certo costituite
da marginali variazioni, ma integrano importanti modifiche incidenti anche
sull’aspetto ambientale, come emerso a seguito della verificazione, in relazione
alle nuove movimentazioni previste, alla quantità del materiale da asportare,
alle caratteristiche morfologiche dell’intervento ed alla sua incidenza su beni
specificatamente tutelati.
Non può, peraltro, essere trascurato il fatto che il progetto in variante, pur
non ricalcando fedelmente l’originario progetto inizialmente presentato dalla
ricorrente e poi sostituito con quello autorizzato nel 1996, presenta aspetti
simili ad un intervento, che proprio a seguito della precedente istruttoria era
stato modificato al fine di ottenere la valutazione positiva.
Sarebbe elusivo della precedente autorizzazione consentire che in sede di
variante possano essere riproposte soluzioni simili a quelle già esaminate in
precedenza, senza “passare” da una nuova valutazione di impatto.
3. E’ infondato anche l’ulteriore motivo, con cui l’appellante contesta la
correttezza e la logicità della valutazione negativa, contenuta nell’impugnato
provvedimento.
Innanzitutto, come rilevato dal Tar, non rileva il fatto che il Piano regolatore
comunale avesse dato ai terreni interessati dall’area di cava una destinazione
di zona agricola con attività estrattiva, perché era comunque necessario il
rispetto dei regimi di vincolo paesaggistico ed ambientale presenti nella stessa
zona ed imposti dal P.P.A.R., tanto più che, come certificato dal verificatore,
l’Autorità regionale, in sede di approvazione del P.R.G. del Comune di Saltara
(delibera G.R. n.452 del 19.12.1994) aveva espressamente prescritto che la
destinazione urbanistica suddetta comportava comunque il mantenimento
dell’ambito di tutela integrale imposto dal P.P.A.R. sulle fasce di rispetto
della sponda del fiume Metauro, da verificare di volta in volta in sede di
valutazione della compatibilità paesistico-ambientale dei progetti singoli di
intervento di trasformazione del territorio incidenti su tale zona di rispetto.
In sede di verificazione è stato, inoltre, confermato che la variante interessa
la fascia di rispetto fluviale sottoposta a vincolo di tutela integrale, con un
notevole incremento delle asportazioni di materiale ghiaioso e sabbioso
all’interno della fascia di tutela.
L’appellante valorizza alcune delle conclusioni del soggetto incaricato della
verificazione, per cercare di dimostrare come la variante fosse migliorativa del
precedente progetto e dovesse, quindi, essere autorizzata.
Viene, in particolare sottolineato come, in sede di verificazione sia emerso
che:
- la soluzione della doppia scarpata, presente nel precedente progetto e
sostituita da una unica scarpata in variante, non fosse da considerare
essenziale ai fini della compatibilità paesistico ambientale;
- la variante non ricalca fedelmente l’originario progetto, poi sostituito dalla
stessa ditta;
- il progetto respinto era migliorativo rispetto a quello già autorizzato.
Al riguardo, va evidenziato che tale ultimo giudizio è riferito al fatto che
l’intervento già autorizzato prevede una doppia scarpata in prossimità del fiume
Metauro, mentre quello richiesto in variante comporta un rimodellamento
morfologico dell’area, attraverso la realizzazione di un’unica scarpata alta 12
metri, in sostituzione delle due scarpate alte tra i 5 e i 7 metri previste
nell’originario progetto approvato nell’anno 1996.
Il soggetto verificatore ritiene migliorativa la soluzione dell’unica scarpata,
considerando la doppia scarpata un “terrazzo antropico, che poco ha a che fare
con le caratteristiche geomorfologiche naturali preesistenti”.
Tuttavia, la valutazione negativa non è stata espressa per un giudizio negativo
sulla soluzione dell’unica scarpata, ma per una maggiore escavazione nella
fascia di tutela del fiume Metauro.
Tale valutazione è corretta e logica, in quanto l’introduzione di una soluzione
tecnica migliorativa (unica scarpata) non può costituire il pretesto per
ottenere necessariamente l’incremento del materiale ghiaioso-sabbioso da
asportare all’interno della fascia di tutela fluviale con il conseguente
abbassamento del piano di campagna.
Nella relazione del verificatore è, infatti, indicato che tale ulteriore
asportazione andrebbe a ridurre “il piano di campagna dalla locale superficie
piezometrica, riducendo il fianco di protezione e di conseguenza aumentando la
vulnerabilità della falda sotterranea”.
Del resto, l’amministrazione regionale, con la nota del 23-4-2002, ha spiegato
che con la relazione di sopralluogo del 7-7-2000 erano state espresse
valutazioni positive in ordine alla soluzione dell’unica scarpata, ma era stato
precisato che tale proposta non dovesse fornire il pretesto per una
continuazione dell’attività estrattiva.
Deve, quindi, ritenersi che il progetto di variante, pur presentando alcuni
aspetti migliorativi, sia stato legittimamente respinto dall’amministrazione
regionale in ragione delle menzionate considerazioni inerente l’aumento del
materiale da asportare.
La ditta ricorrente avrebbe potuto, e può, eventualmente presentare un progetto
di variante che mantenga le soluzioni migliorative e le renda compatibili con le
esigenze di tutela, rappresentate dall’amministrazione sulla base di
valutazioni, non scalfite dalla disposta verificazione.
4. In conclusione, l’appello deve essere respinto.
Ricorrono giusti motivi per compensare integralmente tra le parti le spese di
giudizio.
P. Q. M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Sesta, respinge il
ricorso in appello indicato in epigrafe.
Compensa tra le parti le spese del giudizio.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, il 14-11-2006 dal Consiglio di Stato in sede
giurisdizionale - Sez.VI -, riunito in Camera di Consiglio, con l'intervento dei
Signori:
Claudio Varrone Presidente
G.Paolo Cirillo Consigliere
Luciano Barra Caracciolo Consigliere
Giuseppe Minicone Consigliere
Roberto Chieppa Consigliere Est.
Presidente
f.to Claudio Varrone
Consigliere
Segretario
f.to Roberto Chieppa
f.to Glauco Simonini
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
il 31/01/2007
(Art. 55, L.27/4/1982, n.186)
Il Direttore della Sezione
f.to Maria Rita Oliva
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