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CONSIGLIO DI STATO Sez. V, 24/07/2007 (c.c. 17/10/2006), Sentenza n. 4136
PROCEDURE E VARIE - Ricorso straordinario al Capo dello Stato - Opposizione -
Trasposizione in sede giurisdizionale. L’articolo 23-bis della legge TAR,
(innovando rispetto al vecchio articolo 19 del decreto legge n. 67/1999)
riguarda solo i processi giurisdizionali in senso stretto e non può trovare
applicazione nel procedimento introdotto con il ricorso straordinario al Capo
dello Stato. Tale esito interpretativo è rafforzato richiamando anche gli
indirizzi più recenti della Corte di Cassazione e della Corte Costituzionale,
che negano il carattere giurisdizionale del ricorso straordinario. Pres.
Iannotta - Est. Lipari - Comune Di Gallipoli (avv. Quinto) c. Soc. De Vizia
Transfer s.p.a. (Avv. Contieri e Macri) ed altri (riforma in parte, TAR Puglia,
Sezione Staccata di Lecce, Seconda Sezione, 25 maggio 2004, n. 3178).
CONSIGLIO DI STATO Sez. V, 24/07/2007 (c.c. 17/10/2006), Sentenza n. 4136
PROCEDURE E VARIE - Passaggio dal ricorso straordinario alla sede
giurisdizionale - Effetti. Il passaggio dal ricorso straordinario alla sede
giurisdizionale segna anche la modifica del regime degli atti. Essi sono
qualificabili come processuali, ma solo nel momento in cui si è realizzata,
definitivamente, la trasposizione dal piano del ricorso straordinario a quello
del ricorso giurisdizionale, senza alcuna irragionevole retroattività delle
regole, che determinerebbe una palese violazione dell’affidamento delle parti.
(Il passaggio all'opposizione al ricorso straordinario e conseguente
trasposizione in sede giurisdizionale, si attua attraverso le seguenti tappe: a)
la notifica dell’atto di opposizione; b) la notifica dell’atto con cui il
ricorrente straordinario dichiara di insistere nel ricorso, davanti al TAR; c)
il deposito, presso la segreteria del tribunale competente, dell’atto notificato
dal ricorrente). Pres. Iannotta - Est. Lipari - Comune Di Gallipoli (avv.
Quinto) c. Soc. De Vizia Transfer s.p.a. (Avv. Contieri e Macri) ed altri
(riforma in parte, TAR Puglia, Sezione Staccata di Lecce, Seconda Sezione, 25
maggio 2004, n. 3178). CONSIGLIO DI STATO Sez. V, 24/07/2007 (c.c.
17/10/2006), Sentenza n. 4136
PROCEDURE E VARIE - Trasposizione dal ricorso straordinario alla sede
giurisdizionale - Dimezzamento dei termini - Esclusione. Il passaggio dal
ricorso straordinario alla sede giurisdizionale, resta sottratto alla regola del
dimezzamento dei termini per la notifica dell’atto, perché riconducibile
indiscutibilmente, alla categoria dei termini per la proposizione del ricorso.
Pres. Iannotta - Est. Lipari - Comune Di Gallipoli (avv. Quinto) c. Soc. De
Vizia Transfer s.p.a. (Avv. Contieri e Macri) ed altri (riforma in parte, TAR
Puglia, Sezione Staccata di Lecce, Seconda Sezione, 25 maggio 2004, n. 3178).
CONSIGLIO DI STATO Sez. V, 24/07/2007 (c.c. 17/10/2006), Sentenza n. 4136
PROCEDURE E VARIE - Notifica e deposito del ricorso - Distinzione
processuale. La distinzione tra notifica e deposito del ricorso, deve
applicarsi anche all’atto con cui l’interessato dichiara la propria volontà di
insistere nel ricorso. Pres. Iannotta - Est. Lipari - Comune Di Gallipoli (avv.
Quinto) c. Soc. De Vizia Transfer s.p.a. (Avv. Contieri e Macri) ed altri
(riforma in parte, TAR Puglia, Sezione Staccata di Lecce, Seconda Sezione, 25
maggio 2004, n. 3178). CONSIGLIO DI STATO Sez. V, 24/07/2007 (c.c.
17/10/2006), Sentenza n. 4136
PROCEDURE E VARIE - Provvedimenti illegittimi - Azione risarcitoria - Termine
di prescrizione. L’azione risarcitoria per il ristoro dei danni derivati da
provvedimenti illegittimi può essere proposta anche indipendentemente dalla
tempestiva impugnazione dei provvedimenti stessi, purché sia rispettato il
termine di prescrizione del diritto al risarcimento del danno. Pres. Iannotta -
Est. Lipari - Comune Di Gallipoli (avv. Quinto) c. Soc. De Vizia Transfer s.p.a.
(Avv. Contieri e Macri) ed altri (riforma in parte, TAR Puglia, Sezione Staccata
di Lecce, Seconda Sezione, 25 maggio 2004, n. 3178). CONSIGLIO DI STATO Sez.
V, 24/07/2007 (c.c. 17/10/2006), Sentenza n. 4136
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
N.4136/07 REG. DEC.
N. 9983 REG. RIC.
ANNO 2004
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta ha pronunciato la seguente
DECISIONE
sul ricorso in appello n. 9983/2004, proposto dal Comune Di Gallipoli
rappresentato e difeso dall’avv. Pietro Quinto con domicilio eletto in Roma Via
Cosseria, 2 presso Studio Placidi
contro
Soc. De Vizia Transfer s.p.a. rappresentata e difesa dagli Avv. Alfredo Contieri
e Gennaro Macri con domicilio eletto in Roma Via Zara 16 presso lo studio De
Cilla - Napolitano;
SE.T.A. EU S.P.A. rappresentata e difesa dall’Avv. Mario Liviello con domicilio
eletto in Roma Via Mantegazza n. 24 presso il sig. Luigi Gardin
ATI GE.SE.NU. SPA non costituitasi;
Interveniente ad Adiuvandum
Consorzio Co.Ge.I rappresentato e difeso dall’Avv. Angelo Vantaggiato con
domicilio eletto in Roma Piazza Crati, 15 presso lo studio Tamburrini
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia, Sezione
Staccata di Lecce, Seconda Sezione, 25 maggio 2004, n. 3178.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del comune di Ancona ;
Esaminate le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti tutti gli atti di causa;
Relatore alla pubblica udienza del 17 ottobre 2006, il Consigliere Marco Lipari;
Uditi gli avvocati L. D’Ambrosio per delega dell’avv.to Quinto per la parte
appellante e gli avvocati Di Paolo per delega dell’avvocato Contieri,
Vantaggiato per delega dell’avv.to Livello per le parti appellate;
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:
FATTO E DIRITTO
1. Il comune di Gallipoli bandì una gara per l’affidamento del servizio di
raccolta rifiuti, raccolta differenziata, pulizia strade, derattizzazione,
disinfestazione e disinfezione. All’esito della procedura, il servizio fu
affidato all’associazione temporanea di imprese composta dalla società De Vizia
Transfer SpA (di seguito “De Vizia”).
2. Successivamente, però, il comune annullò l’affidamento, rilevando che una
delle imprese associate alla De Vizia era priva dei prescritti requisiti di
affidabilità finanziaria. Quindi, l’amministrazione, considerando deserta la
gara (in mancanza di altre valide offerte), stabilì di proseguire la
negoziazione diretta con la sola ATI Gesenu (deliberazione della giunta
municipale n. 394 del 23 luglio 1997 e determinazione dirigenziale n. 695/170
del 20 novembre 1997). Il servizio fu poi consegnato all’affidataria a far data
dal 22 gennaio 1998.
3. La De Vizia impugnò gli atti di aggiudicazione e, con ordinanza del 15 maggio
1998, la Sezione, riformando parzialmente la pronuncia cautelare del tribunale,
ordinò all’amministrazione di rinnovare la gara a trattativa privata, “invitando
ad essa anche la De Vizia”.
4. Con delibera n. 411 del 30 novembre 1998, tuttavia, la giunta comunale
stabilì “il differimento delle procedure per l’espletamento della trattativa
privata disposta dal Consiglio di Stato (…) sino alla decisione del merito
fissata dal TAR Puglia”.
5. Con sentenza 3 maggio 1999, n. 323, il TAR per la Puglia annullò la determina
dirigenziale n. 685 del 20 novembre 1997.
6. Con delibera n. 194 del 9 giugno 1999, il comune affidò il servizio, a
trattativa privata, all’ATI Gesenu.
7. Quindi, con delibera n. 158 del 6 dicembre 2001, il comune stabilì di
assegnare il servizio ad una società mista, annullò la deliberazione n. 194 del
9 giugno 1999, revocò la delibera n. 394 del 1997 e stabilì di avviare una
procedura negoziata per l’affidamento temporaneo del servizio. A tale selezione
fu invitata anche la De Vizia, la quale, peraltro, non presentò alcuna offerta.
8. La De Vizia propose ricorso straordinario al Capo dello Stato contro la
deliberazione n. 158 del 2001, con atto notificato al comune di Gallipoli il 22
aprile 2002.
9. Con atto notificato il 23 maggio 2002, il comune di Gallipoli ha chiesto la
trasposizione in sede giurisdizionale del ricorso straordinario.
10. In data 18 luglio 2002, la De Vizia ha depositato l’atto di costituzione in
giudizio presso la segreteria del TAR, dopo averlo notificato al comune.
11. La sentenza appellata, disattendendo l’eccezione di inammissibilità del
ricorso, lo ha accolto, in parte, con il conseguente annullamento del
provvedimento impugnato. Il Tribunale ha anche condannato il comune al
risarcimento del danno in favore della parte ricorrente, respingendo i motivi
aggiunti presentati dalla ricorrente contro l’atto di affidamento del servizio
alla società mista SE.TA.
12. Il comune di Gallipoli impugna la sentenza.
13. La società De Vizia resiste al gravame e propone un appello incidentale. La
società SE.TA. EU SpA, costituitasi in questo grado, sostiene le ragioni
dell’appellante e resiste all’appello incidentale.
14. A sostegno dell’appello principale, interviene ad adiuvandum il Consorzio
CO.GE.I., nella qualità di socio di minoranza della società SE.TA. e di gestore
di parte consistente dei servizi di igiene urbana del comune di Gallipoli (circa
il 70%), in virtù di contratto di servizio stipulato con la SE.TA.
15. L’amministrazione appellante sostiene, in primo luogo, l’inammissibilità del
ricorso di primo grado, riguardante un provvedimento in materia di affidamento
di servizi pubblici, perché depositato presso la segreteria del tribunale, oltre
i termini perentori indicati dall’articolo 23-bis, comma 2, della legge TAR.
16. Secondo la norma richiamata, le cui disposizioni “si applicano nei giudizi
davanti agli organi di giustizia amministrativa” (comma 1), “i termini
processuali previsti sono ridotti alla metà, salvo quelli per la proposizione
del ricorso.” Non vi è dubbio, poi, che la controversia in oggetto rientra nel
raggio di operatività astratta della norma (comma 1, lettera c), riguardante,
fra l’altro, “i provvedimenti relativi alle procedure di aggiudicazione,
affidamento ed esecuzione di servizi pubblici e forniture, ivi compresi i bandi
di gara e gli atti di esclusione dei concorrenti.”
17. Per stabilire la fondatezza della tesi proposta dal comune, occorre
stabilire se, nel giudizio originato dal ricorso straordinario, poi trasposto in
sede giurisdizionale, il termine per il deposito dell’atto con cui l’interessato
insiste nel proprio ricorso, in seguito all’opposizione del controinteressato:
a) sia qualificabile, o meno, come termine processuale;
b) rientri, o meno, fra i termini riguardanti la “proposizione” del ricorso,
sottratti alla regola del dimezzamento dei termini processuali.
18. Va premesso che, secondo un’opinione al momento incontrastata in
giurisprudenza, l’articolo 23-bis, riguarda solo i processi giurisdizionali in
senso stretto e non può trovare applicazione nel procedimento introdotto con il
ricorso straordinario al Capo dello Stato. Tale esito interpretativo potrebbe
essere rafforzato anche richiamando gli indirizzi più recenti della Corte di
Cassazione e della Corte Costituzionale, che negano il carattere giurisdizionale
del ricorso straordinario.
19. La Sezione condivide questa impostazione interpretativa: nonostante la
formulazione dell’articolo 23-bis, innovando rispetto al vecchio articolo 19 del
decreto legge n. 67/1999 faccia riferimento, in senso ampio, ai giudizi proposti
dinanzi agli organi di giustizia amministrativa e non più solo ai giudizi
dinanzi al Tar e al Consiglio di Stato, risulta evidente che la disciplina
speciale sia stata concepita per i processi giurisdizionali.
20. Occorre considerare, peraltro, la particolare vicenda costituita dalla
opposizione al ricorso straordinario e alla conseguente trasposizione in sede
giurisdizionale.
21. Secondo un isolato orientamento (riferito, peraltro, all’applicazione del
citato articolo 19), intervenuta la trasposizione, tutto il giudizio
acquisterebbe, anche retroattivamente, carattere giurisdizionale, con la
conseguente integrale applicazione delle norme processuali speciali (comprese
quelle relative al dimezzamento dei termini) anche agli atti adottati prima
della trasposizione stessa.
22. Questa opinione non può essere condivisa. A parere della Sezione, il
passaggio dal ricorso straordinario alla sede giurisdizionale segna anche la
modifica del regime degli atti. Essi sono qualificabili come processuali, ma
solo nel momento in cui si è realizzata, definitivamente, la trasposizione dal
piano del ricorso straordinario a quello del ricorso giurisdizionale, senza
alcuna irragionevole retroattività delle regole, che determinerebbe una palese
violazione dell’affidamento delle parti.
23. Dunque, per stabilire l’applicabilità dell’articolo 23-bis, occorre
individuare il momento in cui il procedimento assume la connotazione
propriamente giurisdizionale. Al riguardo, occorre considerare che la
trasposizione, in forza dell’articolo 10 del D.P.R. n. 1199/1971, si svolge
secondo la seguente disciplina: “I controinteressati, entro il termine di
sessanta giorni dalla notificazione del ricorso, possono richiedere, con atto
notificato al ricorrente e all'organo che ha emanato l'atto impugnato, che il
ricorso sia deciso in sede giurisdizionale. In tal caso, il ricorrente, qualora
intenda insistere nel ricorso, deve depositare nella segreteria del giudice
amministrativo competente, nel termine di sessanta giorni dal ricevimento
dell'atto di opposizione, l'atto di costituzione in giudizio, dandone avviso
mediante notificazione all'organo che ha emanato l'atto impugnato ed ai
controinteressati e il giudizio segue in sede giurisdizionale secondo le norme
del titolo III del testo unico delle leggi sul Consiglio di Stato, approvato con
regio decreto 26 giugno 1924, n. 1054, e del regolamento di procedura, approvato
con regio decreto 17 agosto 1907, n. 642.”
24. La norma, quindi, richiede che, dopo la notifica dell’opposizione,
l’interessato, entro il prescritto termine di sessanta giorni, provveda tanto
alla notifica dell’atto, quanto al suo deposito. Secondo il prevalente indirizzo
giurisprudenziale, peraltro, il deposito deve seguire la notifica dell’atto, con
modalità analoghe a quelle riguardanti la proposizione dell’ordinario ricorso
giurisdizionale. È vero, infatti, che la norma non delinea in modo preciso la
sequenza tra i due atti, ma sarebbe privo di senso immaginare un preventivo
deposito di un atto non ancora notificato. La differenza dal modulo ordinario,
quindi, consisterebbe nella previsione di un unico termine finale (pari a
sessanta giorni), entro il quale devono essere compiute entrambe le operazioni
di notifica e di deposito.
25. Il passaggio alla fase giurisdizionale, quindi, si attua attraverso le
seguenti tappe:
a) la notifica dell’atto di opposizione;
b) la notifica dell’atto con cui il ricorrente straordinario dichiara di
insistere nel ricorso, davanti al TAR;
c) il deposito, presso la segreteria del tribunale competente, dell’atto
notificato dal ricorrente.
26. Il primo atto non sembra assumere ancora connotati tipicamente processuali e
giurisdizionali, ma costituisce l’ultimo segmento della fase di svolgimento del
procedimento di trattazione del ricorso straordinario. Infatti, una volta
intervenuta l’opposizione, potrebbe accadere che l’originario ricorrente ometta
di insistere nella propria volontà di impugnazione. In tal caso, l’opposizione
determinerebbe la sola conseguenza di rendere improcedibile il ricorso
straordinario, senza provocare alcuna pronuncia del giudice amministrativo.
27. Il secondo atto (la notifica) presenta invece, natura processuale, perché ha
lo scopo di trasferire davanti al giudice l’intera controversia. Non vale
obiettare che, tuttavia, l’atto di “insistenza”, pur notificato, potrebbe non
essere depositato e, quindi, potrebbe sfuggire, di fatto, alla valutazione del
giudice.
28. Al riguardo, è sufficiente osservare che l’eventualità del mancato deposito
del ricorso ritualmente notificato è verificabile, normalmente, anche
nell’ordinario processo giurisdizionale. Ma nessuno dubita della natura
processuale del ricorso, anche se solo notificato e non depositato. Del resto,
per quanto interessa in questa sede, l’inconveniente pratico derivante dalla
incertezza causata da un’opposizione seguita da un atto non depositato potrebbe
essere agevolmente superato mediante il deposito dell’atto ad iniziativa delle
altre parti, finalizzato alla pronuncia di inammissibilità del ricorso
giurisdizionale, oppure dalla pronuncia di inammissibilità del ricorso
straordinario, per il solo fatto dell’intervenuta opposizione.
29. In ogni caso, la natura processuale dell’atto di deposito deve essere
affermata con certezza. Il rapporto processuale si costituisce sin dalla
notifica dell’atto con cui l’interessato dichiara di insistere nel ricorso. Il
deposito costituisce un atto meramente consequenziale. D’altro canto, la natura
processuale del deposito correlato alla notifica dell’ordinario ricorso
giurisdizionale è costantemente affermata dalla giurisprudenza.
30. Va ora stabilito se i termini per la notifica e per il deposito dell’atto
con cui l’interessato dichiari di insistere nell’originario ricorso
straordinario debbano essere considerati, o meno, inerenti alla “proposizione”
del ricorso, e, quindi, sottratti alla regola del dimezzamento di cui
all’articolo 23-bis.
31. A parere del Collegio, occorre distinguere tra la notifica dell’atto e il
suo deposito, che presentano diversa natura giuridica, anche in coerenza con gli
indirizzi manifestati dall’Adunanza Plenaria di questo Consiglio.
32. È vero, infatti, che una parte della dottrina riguardante il processo
speciale accelerato ha affermato, sinteticamente, che l’intera fase di
insistenza del ricorso dovrebbe ricondursi al concetto di proposizione del
ricorso. Tuttavia, questa opinione si connette alla tesi (non condivisa
dall’Adunanza Plenaria), secondo la quale, in linea generale, il deposito del
ricorso deve sempre qualificarsi come segmento necessario dell’attività,
complessa, di proposizione del ricorso.
33. Ma una volta affermata, nel diritto vivente, la distinzione tra notifica e
deposito del ricorso, questa deve coerentemente applicarsi anche all’atto con
cui l’interessato dichiara la propria volontà di insistere nel ricorso.
34. La notifica dell’atto con cui si insiste nell’impugnazione ha la funzione di
radicare la controversia, per la prima volta, dinanzi al giudice. Se è vero che
tale atto si deve porre in rapporto di stretta connessione con il ricorso
straordinario, resta però indiscutibile che esso esprima la volontà del soggetto
interessato di “proporre” un ricorso, non più al Capo dello Stato, ma davanti al
giudice.
35. Questa circostanza sembra sufficiente per affermare, allora, che il termine
per la notifica dell’atto, pur essendo processuale, resta sottratto alla regola
del dimezzamento dei termini, perché riconducibile, indiscutibilmente, alla
categoria dei termini per la proposizione del ricorso.
36. A diverse conclusioni si deve pervenire con riguardo al termine, successivo,
per il deposito dell’atto. Questo è senz’altro un termine processuale, ma non è
affatto riconducibile alla nozione, pure ampia, di attività di “proposizione del
ricorso”, quanto meno nel contesto dell’articolo 23-bis. A tale riguardo, la
Sezione ritiene che possano essere utilizzati i risultati cui è pervenuta la
prevalente giurisprudenza - nonostante le notevoli perplessità della dottrina -
con riferimento alla disciplina applicabile al termine per il deposito del
ricorso di primo grado: questo non si sottrae alla regola del dimezzamento del
termine, in quanto la formula proposizione del ricorso va intesa con il
significato - più ristretto - di “notificazione”.
37. Secondo il tribunale, invece, anche il termine per il deposito dell’atto
andrebbe escluso dalla regola del dimezzamento, in forza della seguente
argomentazione: “se, in generale, la sequenza introduttiva del giudizio
amministrativo si articola in notifica del ricorso (da effettuare sempre nel
termine decadenziale di 60 giorni) e successivo deposito (da effettuare, in
generale, entro 30 giorni dall’ultima notifica, che si riducono a 15 nelle
controversie ex art. 23-bis), nella fattispecie di cui all’art. 10 DPR n.
1199/71 la sequenza è invertita, in quanto la legge prevede che il ricorrente in
sede straordinaria che voglia proseguire nel giudizio di fronte al giudice
amministrativo a seguito di opposizione notificata dalle controparti, deve
depositare l’atto di costituzione presso la segreteria del TAR entro 60 giorni
dal ricevimento dell’atto di opposizione, dandone avviso mediante notifica
all’amministrazione resistente ed ai controinteressati. Pertanto, il primo atto
della sequenza è il deposito dell’atto di costituzione, che, agli effetti
dell’applicazione dell’art. 23-bis, deve essere equiparato alla notifica e
quindi vale per esso il termine ordinario di 60 giorni. Qualsiasi altra
interpretazione sarebbe da considerare in contrasto con il diritto di difesa
(art. 24 Cost.), in quanto non esiste alcuna valida ragione per penalizzare,
sotto questo profilo, il ricorrente in sede straordinaria che si vede notificare
l’atto di opposizione ex art. 10 DPR n. 1199/71.”
38. La tesi del tribunale non può essere condivisa, perché non considera
l’interpretazione vivente delle modalità di attuazione della fase di
trasposizione, la quale si svolge secondo una diversa successione di atti, nelle
quali la notifica deve precedere il deposito dell’atto, anche per esigenze
pratiche di verifica della concreta realizzazione del contraddittorio
processuale.
39. Oltretutto, nel caso di specie, la notifica ha effettivamente preceduto il
deposito dell’atto.
40. Non sembra persuasivo nemmeno l’ulteriore argomento svolto dal tribunale,
secondo cui “considerato che il termine per la riassunzione del ricorso
straordinario di fronte al TAR è esattamente uguale a quello previsto in
generale per l’impugnazione (il che significa che il Legislatore del 1971 ha
ritenuto che il ricorrente in sede straordinaria, per decidere se proseguire nel
giudizio di fronte al TAR, deve disporre dello stesso termine previsto in
generale per la notifica del ricorso). Pertanto, tale termine non deve ritenersi
soggetto a dimidiazione, anche se si verte in una delle controversie di cui
all’art. 23-bis.” In tal modo, infatti, si dà peso alla circostanza, del tutto
estrinseca, che il termine previsto normativamente per il compimento di un
determinato atto processuale sia uguale a quello stabilito per la notifica del
ricorso, mentre l’eccezione al dimezzamento dei termini è riferita
esclusivamente al compimento di atti riconducibili alla categoria della
“proposizione del ricorso”, indipendentemente dalla loro durata.
41. In definitiva, quindi, deve essere affermato che contrariamente a quanto
ritenuto dal tribunale, il ricorso di primo grado è inammissibile, a causa del
tardivo deposito dell’atto di trasposizione del ricorso straordinario.
42. Tuttavia, a parere della Sezione, la novità e la complessità delle questioni
giuridiche affrontate costituiscono elementi idonei per affermare la sussistenza
di tutti i presupposti per riconoscere all’interessato il beneficio della
rimessione in termini per errore scusabile. Pertanto, l’appello deve essere
esaminato, nel merito, in relazione alle altre censure proposte dal comune di
Gallipoli.
43. Sempre sul piano processuale, l’appellante sostiene che la decisione di
primo grado sia viziata per ultrapetizione. In particolare, il comune deduce che
il ricorso straordinario non contenesse una domanda di risarcimento del danno in
senso stretto, poiché la ricorrente si era limitata a censurare la mancata
previsione, nel provvedimento impugnato, di “un congruo indennizzo che tenga
indenne l’appaltatore dalle conseguenza dello scioglimento unilaterale del
vincolo”.
44. La tesi del comune non è condivisibile. È vero, infatti, che l’impostazione
letterale del ricorso fa leva sull’asserita illegittimità del provvedimento
contestato. Ma ciò deriva, in qualche misura, dalla struttura impugnatoria del
ricorso straordinario e dalla tradizionale inammissibilità - in tale sede - di
domande risarcitorie o di accertamento e non impedisce al giudice di qualificare
la pretesa dell’interessato in funzione del suo effettivo petitum e della sua
ragione giustificativa.
45. Una volta realizzata la trasposizione del ricorso in sede giurisdizionale,
la domanda, formalmente costruita come richiesta di annullamento, deve essere
interpretata nel suo significato sostanziale, senza fermarsi al dato puramente
letterale. Da questo punto di vista, la qualificazione del motivo di ricorso
come richiesta di risarcimento del danno risulta corretta.
46. Con un ulteriore gruppo di censure, l’appellante afferma l’erroneità della
decisione del tribunale nella parte in cui essa ha condannato il comune al
risarcimento del danno.
47. Il motivo è parzialmente fondato.
48. Il comune pone correttamente in luce la circostanza che il provvedimento
impugnato in primo grado, pur nella sua complessità, è basato sulla decisione
essenziale di rimeditare a fondo i contenuti e le modalità di affidamento del
servizio, attraverso una nuova formulazione del capitolato e la costituzione di
un’apposita società mista.
49. Al tempo stesso, però, il provvedimento costituisce l’ultimo segmento delle
determinazioni comunali concernenti l’affidamento temporaneo del servizio a
trattativa privata.
50. In questa prospettiva, quindi, la decisione del tribunale non è
condivisibile nella parte in cui reputa illegittima la decisione di attivare una
nuova trattativa privata per affidare il servizio fino all’avvio dell’attività
della nuova società mista.
51. Infatti, non si riscontra alcuna irragionevolezza nella scelta di ridurre al
minimo la durata dell’affidamento a terzi (mediante trattativa privata), una
volta compiuta l’opzione, che costituisce legittimo esercizio di un potere
discrezionale, di ricorrere al modulo dello svolgimento del servizio attraverso
una società mista.
52. Non vale obiettare che le imprese diverse dalla Ge.Se.NU. (all’epoca del
provvedimento attuale gestrice del servizio) non avrebbero interesse economico
ad assumere l’incarico per un periodo “così breve”, pari a soli quattro mesi.
Per un verso, si tratta di un’affermazione indimostrata, posto che, al
contrario, nulla esclude di ipotizzare che il mercato avrebbe potuto evidenziare
l’interesse di altre imprese a svolgere il servizio in questione. Per altro
verso, poi, la sequenza dei fatti in cui si colloca il provvedimento censurato
in primo grado induce a ritenere che la decisione del comune di procedere ad un
temporaneo affidamento a trattativa privata non sia stata affatto strumentale o
discriminatoria, ed elusiva di precedenti pronunce del giudice, ma sia
perfettamente coerente con il passaggio alla gestione diretta del servizio
mediante l’affidamento dell’attività ad una società mista.
53. Ne deriva, quindi, che, in questa parte, la decisione del tribunale deve
essere riformata: non sussiste la denunciata illegittimità del provvedimento
impugnato e alla Società De Vizia non spetta alcun risarcimento del danno in
relazione al periodo successivo all’indizione della nuova procedura negoziata.
54. Infine, l’appellante svolge una serie di censure riferite alla
determinazione dell’entità del risarcimento del danno liquidato dal tribunale in
favore della Di Vizia, correlato alla durata del servizio e alla perdita di
chance dell’interessata.
55. Anzitutto, è esatta l’affermazione del comune, secondo cui il periodo di
risarcimento del danno deve decorrere dal 22 gennaio 1998 (data di effettiva
consegna del servizio), anziché dal 20 novembre 1997 (data di adozione della
illegittima delibera di affidamento).
56. Il comune sostiene, ancora, che nel periodo considerato per il risarcimento
del danno non dovrebbe essere computato l’intervallo temporale intercorrente tra
la delibera n. 411 del 30 novembre 1998 e la pubblicazione della sentenza del
TAR (3 maggio 1999), in quanto, con la delibera n. 411/1998 era stato disposto
il differimento delle procedure per l’espletamento della trattativa privata.
Analoga tesi sostiene il comune con riguardo al periodo successivo alla delibera
n. 194 del 9 giugno 1999, con cui il comune medesimo aveva disposto un nuovo
affidamento a trattativa privata, fino alla decisione del Consiglio di Stato.
57. Secondo l’appellante, il ricorrente di primo grado avrebbe dovuto
tempestivamente impugnare questi due provvedimenti. In mancanza, nessuna pretesa
risarcitoria potrebbe essere basata sulla loro asserita illegittimità.
58. La tesi prospettata dall’appellante richiede l’approfondimento di alcune
questioni essenziali.
59. Anzitutto, si tratta di stabilire quale sia la sorte di provvedimenti
amministrativi adottati in contrasto con pronunce cautelari o con sentenze di
primo grado, non sospese, del giudice amministrativo.
60. La legge n. 15/2005, con una previsione generalmente ritenuta come meramente
ricognitiva degli indirizzi giurisprudenziali dominanti (quindi utilizzabile
anche in relazione a provvedimenti adottati prima della sua entrata in vigore),
ha introdotto l’articolo 21-septies nel corpo della legge n. 241/1990,
delineando la categoria legislativa del provvedimento amministrativo nullo. In
base al comma 1, “è nullo il provvedimento amministrativo che manca degli
elementi essenziali, che è viziato da difetto assoluto di attribuzione, che è
stato adottato in violazione o elusione del giudicato, nonché negli altri casi
espressamente previsti dalla legge”. Il comma 2 dello stesso articolo, poi,
precisa che “2. Le questioni inerenti alla nullità dei provvedimenti
amministrativi in violazione o elusione del giudicato sono attribuite alla
giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo”.
61. Lo scopo della norma legislativa è quello di codificare il principio
interpretativo secondo cui la nullità del provvedimento amministrativo si
verifica solo in presenza di circostanze tipiche e determinate dalla legge. Di
regola, infatti, la difformità dai parametri normativi di riferimento comporta
la sola annullabilità del provvedimento amministrativo. Si potrebbe affermare,
allora, che, in base al nuovo disegno legislativo, solo il contrasto con
pronunce giurisdizionali qualificabili, in senso stretto, come giudicato
(secondo i principi dell’articolo 324 del codice di procedura civile) possa
determinare la nullità del provvedimento. Negli altri casi, la difformità
rispetto ad altre pronunce giurisdizionali, non assistite dalla forza del
giudicato, provocherebbe la sola annullabilità dell’atto.
62. Questo esito interpretativo non è però convincente. Si può obiettare, in
primo luogo, che, nel contesto della disposizione, il concetto di giudicato
potrebbe essere inteso in senso più ampio, comprensivo di tutte le pronunce
immediatamente esecutive, quanto meno con riferimento alla portata del
cosiddetto “giudicato cautelare”, intesa come stabilità processuale della
decisione non più appellabile (modificabile solo attraverso lo strumento della
revocazione, oppure in presenza di circostanze sopravvenute).
63. Ma vi è di più. Anche la pronuncia cautelare di primo grado e la sentenza
del tribunale non sospesa contengono un “comando giurisdizionale”, che si impone
inderogabilmente alle amministrazioni destinatarie, con il solo limite delle
sopravvenienze di fatto o di diritto. Le innovazioni portate dalla legge n.
205/2000 hanno confermato questa impostazione, regolando in modo puntuale le
modalità esecutive di pronunce, che non presentano i caratteri propri del
giudicato in senso stretto.
64. In tale contesto sistematico, è inevitabile configurare il contrasto con
ogni pronuncia esecutiva del giudice come una forma di patologia del
provvedimento amministrativo certamente più grave della semplice annullabilità.
Del resto, l’inquadramento nella categoria della nullità può essere affermato
non solo per ragioni di ordine sistematico, ma anche con argomenti di tipo
testuale, costituiti sia dalla lettura estensiva del concetto di giudicato, sia
dalla attitudine della pronuncia del giudice a delimitare i confini delle
attribuzioni concrete dell’amministrazione. Quindi, il provvedimento adottato in
antitesi alla pronuncia giurisdizionale potrebbe essere assimilato a quello
emanato in “difetto assoluto di attribuzione”, che determina comunque la
nullità, per espressa previsione legislativa.
65. In definitiva, quindi, a giudizio della Sezione, i provvedimenti
contrastanti con pronunce giurisdizionali sono affetti da nullità e non
richiedono di essere impugnati nel termine di decadenza.
66. In ogni caso, anche aderendo alla tesi dell’annullabilità, la mancata
tempestiva impugnazione dei provvedimenti lesivi non sarebbe idonea a spiegare
effetti preclusivi nei riguardi di un’azione risarcitoria, comunque proposta nel
termine di prescrizione. Va ricordato, infatti, che, in forza del più recente
indirizzo espresso delle Sezioni Unite della Cassazione, l’azione risarcitoria
per il ristoro dei danni derivati da provvedimenti illegittimi può essere
proposta anche indipendentemente dalla tempestiva impugnazione dei provvedimenti
stessi, purché sia rispettato il termine di prescrizione del diritto al
risarcimento del danno.
67. Nel caso di specie, il ricorso straordinario è stato notificato ben prima
della scadenza del termine di cinque anni, decorrente dall’adozione dei
provvedimenti del comune di Gallipoli, in violazione delle pronunce
giurisdizionali. Pertanto, la mancata impugnazione tempestiva di tali atti non
può considerarsi preclusiva dell’azione risarcitoria.
68. Né la mancata impugnazione degli atti potrebbe considerarsi come violazione
del principio di autoresponsabilità, secondo cui il danneggiato deve fare tutto
quanto è in proprio potere per limitare o impedire il danno lamentato. Infatti,
nel caso di specie, la De Vizia aveva contestato tempestivamente il
provvedimento originariamente produttivo della lesione ai propri interessi
patrimoniali. A fronte del chiaro tenore delle pronunce del giudice,
l’amministrazione, adottando provvedimenti di segno contrario, ha assunto la
responsabilità delle conseguenze risarcitorie derivanti da tali comportamenti.
69. A fronte di condotte serbate dall’amministrazione, palesemente contrastanti
con il contenuto delle decisioni cautelari e di primo grado del giudice, non si
potrebbe esigere dal soggetto interessato l’onere di impugnare, uno per uno,
tutti i successivi provvedimenti.
70. Quindi l’appello principale è fondato nei soli limiti indicati in
motivazione.
71. La De Vizia propone, a sua volta, un articolato appello incidentale,
contestando i capi della sentenza ad essa sfavorevoli.
72. Anzitutto, l’appellante incidentale sostiene che il provvedimento impugnato
in primo grado andrebbe annullato per intero, anche nella parte riguardante la
revoca delle precedenti determinazioni riguardanti le modalità di gestione del
servizio.
73. La censura è infondata. In questa parte, la decisione adottata dal comune
non risulta affatto elusiva delle pronunce giurisdizionali relative alla
procedura di gara svolta a trattativa privata, ma rappresenta il legittimo
esercizio delle facoltà discrezionali spettanti all’amministrazione.
74. Come correttamente rilevato dal tribunale, la revoca opera solo per il
futuro e non cancella l’illegittimità degli atti precedenti (riconosciuta dalla
stessa amministrazione nel provvedimento di autotutela), anche in funzione delle
conseguenze risarcitorie derivanti dall’esecuzione degli atti.
75. La limitata salvezza degli effetti prodotti dagli atti annullati e revocati
deve essere circoscritta ai soli rapporti interni con la società Gesenu, senza
precludere la valutazione di illegittimità degli stessi, anche in relazione alla
richiesta di indennizzo e di risarcimento del danno formulata dalla De Vizia.
76. A fronte di una legittima determinazione di svolgere il servizio mediante il
modulo della società mista, a partire dalla data di adozione del provvedimento
(e solo da tale momento), perde di attualità l’obbligo - imposto dalle pronunce
giurisdizionali - “di condurre una seria trattativa” con la società De Vizia.
77. Va precisato, poi, che il dovere di invitare alla trattativa privata la De
Vizia non potrebbe determinare, di per sé, alcuna maturazione del diritto ad
ottenere l’affidamento novennale del servizio. Al riguardo, è sufficiente
osservare che la pronunce giurisdizionali invocate dall’appellante incidentale
non affermavano affatto l’obbligo di affidare il servizio alla De Vizia, e
nemmeno l’obbligo di invitare solo tale soggetto alla rinnovata trattativa, alla
quale avrebbero ben potuto partecipare anche altri soggetti.
78. In ogni caso, poi, anche se alla trattativa privata avesse partecipato la
sola De Vizia, non vi è alcuna certezza che essa avrebbe ottenuto l’affidamento
del servizio, né è possibile stabilire il corrispettivo e la durata concordati
dalle parti all’esito della negoziazione. Infine, anche un eventuale affidamento
del servizio alla De Vizia non avrebbe impedito al comune di adottare successive
decisioni di revoca, riguardanti l’assetto organizzativo del servizio, se del
caso giustificate anche attraverso la previsione di apposite clausole di
scioglimento anticipato del rapporto per motivi di sopravvenuto interesse
pubblico.
79. Per le stesse ragioni è destituito di fondamento anche il secondo motivo
dell’appello incidentale, mediante il quale la De Vizia contesta, per
illegittimità derivata, il provvedimento di affidamento del servizio alla
società SE.TA. Tale atto costituisce l’esito della nuova - e pienamente
legittima - determinazione del comune di Gallipoli di abbandonare lo schema
dell’affidamento a terzi del servizio, scegliendo, invece, lo strumento
giuridico della costituzione di un’apposita società mista.
80. Al riguardo, la Sezione rileva che la società SE.TA., costituitasi in
appello, ha eccepito la nullità della sentenza di primo grado (con il
conseguente annullamento con rinvio al primo giudice), nella parte in cui essa
non ha rispettato i termini dilatori a difesa intercorrenti tra la notifica dei
motivi aggiunti e la discussione del ricorso.
81. Tuttavia, i motivi di nullità della sentenza di primo grado si convertono in
motivi di impugnazione della sentenza e non sono rilevabili d’ufficio in
mancanza di tempestivo appello sul punto.
82. Infine, con un terzo motivo, la De Vizia contesta la misura del risarcimento
del danno liquidato dal tribunale.
83. Anche tale mezzo è privo di pregio. Contrariamente a quanto ritenuto
dall’appellante incidentale, nessuna pronuncia giurisdizionale aveva mai
affermato l’incondizionato diritto della De Vizia ad ottenere l’affidamento del
servizio.
84. Quindi, la pronuncia appellata ha esattamente determinato la misura del
risarcimento del danno, considerando, per un verso, la sola “perdita di chance”
dell’interessato (opportunamente determinata nella metà del presumibile
profitto, pari al 10% del corrispettivo), per altro verso non la durata
novennale del contratto, ma solo il periodo di effettivo illegittimo affidamento
del servizio alla società Gesenu.
85. Conclusivamente, quindi, l'appello principale deve parzialmente accolto, e
deve essere rigettato per il resto, mentre l’appello incidentale deve essere
interamente respinto, con la conseguente parziale riforma della sentenza
impugnata.
86. Sussistono, peraltro, giusti motivi per disporre l'integrale compensazione
tra le parti delle spese di lite.
PER QUESTI MOTIVI
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, accoglie, in
parte, l’appello principale e respinge l'appello incidentale, compensando le
spese;
ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 17 ottobre 2006:
RAFFAELE IANNOTTA Presidente
Chiarenza Millemaggi Cogliani Consigliere
Cesare Lamberti Consigliere
MARCO LIPARI Consigliere Estensore
MARZIO BRANCA Consigliere
L’ESTENSORE
IL PRESIDENTE
f.to Marco Lipari
f.to Raffaele Iannotta
IL SEGRETARIO
f.to Antonietta Fancello
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
il 24/7/2007.
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
IL DIRIGENTE
f.to Antonio Natale
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