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CONSIGLIO DI STATO Sez. V, 11/9/2007 (c.c. 17/10/2006), Sentenza n. 4806
PROCEDURA E VARIE - Memoria difensiva - Ricorso per motivi aggiunti irrituale -
Esame dei profili di illegittimità - Esclusione. Non è possibile esaminare,
in sede di giudizio, i profili di illegittimità dell'atto impugnato censurati in
modo irrituale dall'appellante con la propria memoria difensiva, non notificata,
che non presenti i caratteri propri del ricorso per motivi aggiunti. Pres.
Iannotta - Est. Lipari - ALBERGO BELVEDERE CENTRO VACANZE di CAREGNATO A. & C.
S.A.S. (avv.ti Foletto e Fiorilli) c. COMUNE di TONEZZA DEL CIMONE (avv.ti
Meneguzzo e Sanino) (conferma T.A.R. VENETO – VENEZIA: Sezione II nn. 6711/2002
e 3056/2002). CONSIGLIO DI STATO Sez. V, 11/9/2007 (c.c. 17/10/2006), Sentenza
n. 4806
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
N. 4806/07 REG.DEC.
N. 9270,11891 REG.RIC.
ANNO 2003
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta ha pronunciato la seguente
DECISIONE
sui ricorsi in appello nn. 9270 e 11891 del 2003 proposti dall’ALBERGO
BELVEDERE CENTRO VACANZE di CAREGNATO A. & C. S.A.S. rappresentato e difeso
dagli avv.ti Angelo Foletto e Paolo Fiorilli con domicilio eletto in Roma via
Cola di Rienzo, n. 180, presso l’avv. Paolo Fiorilli;
CONTRO
- il COMUNE di TONEZZA DEL CIMONE rappresentato e difeso dagli avv.ti Dario
Meneguzzo e Mario Sanino con domicilio eletto in Roma Viale Parioli, n. 180
presso l’avv. Mario Sanino;
per la riforma
delle sentenze del T.A.R. VENETO – VENEZIA: Sezione II nn. 6711/2002 e
3056/2002, resa tra le parti, concernente CONTRIBUTO di CONCESSIONE EDILIZIA
RICHIESTA ANNULLAMENTO SANZIONE PECUNIARIA;
Visti i ricorsi con i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Tonezza del Cimone;
Viste le memorie difensive;
Vista la propria decisione interlocutoria n. 3480/2006;
Visti gli atti tutti della causa;
Relatore all’udienza del 17 ottobre 2006, il Consigliere Marco Lipari;
Uditi gli avvocati Pellicanò, per delega dell’avv.to Foletto, e Sanino;
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:
FATTO
1. Il comune di Tonezza, in data 6 maggio 1998, rilasciò alla ditta Albergo
Belvedere la concessione edilizia n. C98/007 per l’ampliamento del proprio
albergo, identificato catastalmente al foglio n. 9, mappali nn. 36 - 37 - 1734 -
1840 - 2086. L’albergo sorge in una zona classificata dal P.R.G. come Z.T.O.
“A”- Centro storico.
2. A causa del mancato accordo con i vicini proprietari, l’iniziale
progettazione autorizzata dal Comune fu successivamente modificata con
concessione edilizia in variante n. C99/008, del 14 aprile 1999.
3. La concessione edilizia originaria e la successiva variante furono rilasciate
sulla base della scheda di progetto, relativa all’Albergo Belvedere, introdotta
con la variante al P.R.G. ai sensi della L. R. n. 11/87, approvata dalla Regione
Veneto con deliberazione di Giunta regionale n. 835 del 11.03.1997. Tale scheda
indica le superfici ed i volumi di ampliamento nonché le superfici e le sezioni
di progetto ammissibili, ammettendo degli scostamenti minimi entro la tolleranza
del 10%.
4. In fase esecutiva, peraltro, la ditta Albergo Belvedere realizzò, in stadi
separati, delle opere difformi da quanto approvato con le predette concessioni.
In particolare, fu abusivamente realizzata, tra le altre opere, la
sopraelevazione parziale dell’edificio, al fine di ricavare un sottotetto,
mediante la costruzione di un piano ulteriore in gran parte eccedente l’altezza
limite della sagoma prevista dalla citata scheda di P.R.G. con la relativa
tolleranza (10%).
5. Le opere abusive furono realizzate su un immobile vincolato ai sensi della
legge n. 1497 del 1939 (“Protezione delle bellezze naturali”), abrogata dal
D.Lgs. 490/1999, a sua volta sostituito dall’entrata in vigore del Codice dei
beni culturali e del paesaggio (D.Lgs. 42/2004).
6. Con ordinanza del Responsabile dall’Ufficio tecnico n. 19/99, prot. 3061,
furono dunque sospesi i lavori e con ordinanza n. 26/99, prot. 3985, fu ordinata
la demolizione delle opere di sopraelevazione “abusivamente realizzate in
difformità della C.E.”.
7. Tuttavia, poiché la rimozione del volume abusivo non poteva avvenire senza
arrecare grave pregiudizio anche alla parte conforme, il Comune, su richiesta
della ditta appellante, convenne nel sostituire l’ordinanza di demolizione n.
26/99, con l’emissione dell’ordinanza n. 24/01, prot. 5293, del 30.11.2001, con
la quale ingiunse il pagamento della sanzione amministrativa prevista dall’art.
93 della legge regionale veneta n. 6 1/1985.
8. Ai sensi del citato art. 93, nel caso di parziale difformità degli interventi
dalla concessione edilizia, la parte difforme va demolita oppure, nel caso in
cui ciò non possa essere fatto senza pregiudizio della parte conforme, va
soggetta ad una sanzione amministrativa che, nel caso di immobili adibiti a usi
diversi da quello residenziale, è pari al doppio del valore venale della parte
realizzata in difformità, determinato dell’Ufficio provinciale per la
Pianificazione e la Gestione del territorio (art. 93, comma 1, LR 61/1985).
9. La sanzione amministrativa fu quindi determinata con perizia della Provincia
in € 136.460,82 (centotrentaseimilaquattrocentosessanta82).
10. Con il ricorso al TAR Veneto n. 442/02, l’odierno appellante impugnò la
citata ordinanza n. 24/01, contestando l’erroneità del calcolo della sanzione
pecuniaria amministrativa determinata dalla Provincia di Vicenza.
11. In parziale accoglimento del ricorso, il TAR Veneto ha emesso la sentenza n.
3056/02, depositata in data 27.06.2002 e resa in forma semplificata, nella quale
viene affermato che l’abuso è stato effettivamente verificato con l’istruttoria
e che “l’ordinanza impugnata è illegittima nella parte in cui determina la
sanzione pecuniaria in misura superiore a € 102.625,36”.
12. La sentenza n. 3056/02 è stata impugnata con ricorso in appello n.
9270/2003, con il quale si contesta l’ammontare della sanzione amministrativa,
rideterminata dal Tribunale Amministrativo sulla base della perizia tecnica
effettuata dal funzionario delegato dal Dirigente dell’Ufficio regionale del
Genio Civile di Vicenza.
13. Nel frattempo, in ottemperanza alla citata sentenza, il Comune di Tonezza ha
emesso l’ordinanza n. 18/02, prot. n. 3864, con la quale ha ingiunto alla ditta
Albergo Belvedere il pagamento della sanzione pecuniaria di € 102.625,36, con
contestuale annullamento della precedente ordinanza n. 24/01.
14. Avverso l’ordinanza n. 18/02, l’Albergo Belvedere ha presentato un ulteriore
ricorso, respinto in primo grado dal TAR del Veneto con la sentenza n.
6711/2002, anch’essa resa in forma semplificata. Tale sentenza ha rigettato il
ricorso con la seguente motivazione: “considerato che – tenuto conto della
pronuncia n. 3056/02, esecutiva ex art. 33 L. n. 1034/71, assunta dalla Sezione,
nei termini in cui accoglie parzialmente le censure proposte con il ricorso n.
442/02 – il provvedimento impugnato costituisce esecuzione di tale pronuncia,
per cui il rimedio idoneo a modificare tale stato di fatto sarebbe dovuto essere
la proposizione di appello avverso la suddetta sentenza e non la riproposizione
di quei motivi di censura che, investendo nuovamente il presupposto della
sanzione irrogata, stante l’annullamento parziale, sono stati già ritenuti
infondati dal giudice di prime cure”.
15. Anche tale sentenza è stata impugnata dall’Albergo Belvedere con ricorso in
appello n. di R. G. 11891/2003.
16. In entrambi i giudizi si è costituito il Comune di Tonezza del Cimone (VI),
che ha chiesto il rigetto dei ricorsi in appello, con ogni conseguenza di legge,
anche in ordine alle spese.
17. Con la decisione interlocutoria n. 3480/2006, i ricorsi sono stati riuniti.
18. Con la stessa pronuncia, la Sezione ha chiesto al Comune di Tonezza del
Cimone una documentata relazione in ordine all’esito della domanda di condono
proposta dall’interessato.
19. L’adempimento istruttorio è stato puntualmente eseguito dal Comune.
DIRITTO
1. In linea preliminare, il collegio osserva che, come documentato dalla
relazione depositata dal Comune di Tonezza del Cimone, in esecuzione della
decisione istruttoria adottata dalla Sezione, l’amministrazione comunale ha
negato definitivamente il provvedimento abilitativo edilizio in sanatoria
richiesto dalla società appellante (atto prot. N. 5392, in data 7 dicembre 2005,
del responsabile dell’area tecnica).
2. Ne deriva, quindi, che permane l’interesse delle parti alla definizione, nel
merito, del presente giudizio.
3. Ciò non impedisce, ovviamente, alla società interessata, di assumere, in
altra sede, le opportune iniziative per contestare il provvedimento di diniego.
4. Non è ovviamente possibile, invece, esaminare, in questo giudizio, nemmeno
incidentalmente, i possibili profili di illegittimità dell’atto di diniego, pure
censurati dalla società appellante, ma in modo del tutto irrituale, con la
propria memoria difensiva.
5. Tale atto, non notificato, non presenta i caratteri propri del ricorso per
motivi aggiunti. Tale circostanza rende superfluo approfondire il tema
concernente la possibilità di utilizzare, in grado di appello, lo strumento dei
motivi aggiunti per impugnare provvedimenti diversi, ma connessi con quello
oggetto dell’originario ricorso proposto davanti al TAR.
6. Considerando l’evidente relazione di consequenzialità tra le due sentenze
appellate, la Sezione deve esaminare preliminarmente l’appello proposto contro
la sentenza n. 3056/2002.
7. Con un primo motivo di gravame, la società appellante ripropone la censura
riguardante l’asserita violazione della legge regionale n. 61/1985 e l’eccesso
di potere per travisamento dei fatti.
8. A dire della società interessata, la norma regionale stabilisce che la misura
della sanzione amministrativa deve essere disposta secondo il doppio del valore
venale delle opere adibite ad usi diversi da quello residenziale. Ciò significa,
a suo dire, che “il valore venale di un’opera deve essere valutato facendo
riferimento alla tipologia di immobile e, conseguentemente, al valore medio
dell’immobile calcolato secondo la zona. Quindi il valore dell’immobile deve
essere determinato secondo il valore medio di uno stabile adibito ad attività
alberghiero ricettiva nella zona di Tonezza.” Da ciò deriverebbe l’illegittimità
dell’operato del comune, che ha effettuato la valutazione “sulla base del
riferimento a fabbricati tipo appartamenti di vacanza villeggiatura piuttosto
che ad attività alberghiero ricettiva.”
9. Inoltre, a dire dell’appellante, “occorre tener presente che la superficie
sanzionabile presenta un’altezza interna notevolmente ridotta da mt. 2,70 a mt.
2,42 con un evidente diffalco del 10% oltre ad un’evidente difficoltà di accesso
al 4° piano.”
10. La censura è infondata. La relazione tecnica effettuata in primo grado ha
delineato in modo preciso e puntuale il corretto percorso logico e valutativo
necessario per calcolare la misura della sanzione. Da tali atti emerge con
assoluta chiarezza che, nel comune di Tonezza, non sono presenti altre strutture
alberghiere. Appare quindi pienamente convincente l’utilizzazione del parametro
costituito dal prezzo medio dei residences di vacanza di recente costruzione.
11. La stessa relazione, poi, ha evidenziato che la determinazione del valore
venale è stata effettuata applicando una riduzione del 10,74%, proprio
considerando la ridotta altezza del piano abusivo.
12. Per il resto, anche in relazione ai profili non contestati dall’appellante,
il percorso logico compiuto per stabilire la misura della sanzione risulta
assolutamente chiaro ed immune da qualsiasi vizio di illogicità.
13. Con un secondo motivo di gravame, l’appellante sostiene la violazione
dell’articolo 81 della legge regionale n. 61/1985, in relazione alla misura del
contributo per il rilascio di concessione, deducendo che l’amministrazione
avrebbe considerato come base di calcolo l’intero edificio e non solo le opere
eseguite in difformità dalla concessione edilizia.
14. La censura, formulata, peraltro, in termini eventuali e dubitativi, è priva
di consistenza.
15. Infatti, nel caso di specie, non è stato affatto rideterminato il contributo
di concessione, così come individuato, correttamente, in occasione del rilascio
della concessione edilizia n. C98/007 e della successiva concessione in variante
C99/008.
16. D’altro canto, l’appellante non indica in quale misura andrebbe
rideterminato il contributo di concessione, né espone, concretamente, i profili
di erroneità degli originari provvedimenti concessori, nella parte relativa alla
misura dei contributi.
17. Con un terzo motivo, l’appellante ripropone l’eccezione di
incostituzionalità degli articoli 81 e 93 della legge n. 61/1985, per asserito
contrasto con gli articoli 3, 5, 7, 9, 128 e 129 della Costituzione.
18. L’appellante afferma che i criteri di determinazione delle sanzioni
pecuniarie edilizie si porrebbero in ingiustificato contrasto con i principi
della legislazione statale in materia di concordato fiscale e tributario.
19. La questione è manifestamente infondata. Non vi è dubbio, infatti, che le
sanzioni edilizie hanno caratteristiche profondamente diverse da quelle fiscali.
Ogni confronto tra i due sistemi risulterebbe privo di qualsiasi giustificazione
razionale.
20. Senza dire, poi, che anche i richiamati istituti fiscali del concordato
esprimono una logica assolutamente peculiare, che mira a definire il potenziale
contenzioso in atto con i contribuenti, anche allo scopo di realizzare
immediatamente alcune entrate “sicure” per l’Erario, eliminando i costi e l’alea
della riscossione. È evidente che, in tale prospettiva, le disposizioni del
concordato presentino alcuni particolari vantaggi per i destinatari. Ben altra è
la logica delle sanzioni pecuniarie edilizie, che presentano, inevitabilmente,
un maggiore tasso di afflittività.
21. In termini generali, poi, non sembra che la sanzione commisurata al doppio
del valore venale del bene, in sé considerata, sia irragionevole, tenuto conto
che essa è alternativa alla rimessione in pristino ed eliminazione dell’abuso,
che costituisce la conseguenza tipica (senz’altro di maggiore afflittività)
dell’accertato abuso edilizio.
22. L’infondatezza dell’appello proposto contro la sentenza n. 3056/2002 si
riflette, automaticamente, sul gravame proposto contro la sentenza n. 6711/2002.
23. Infatti, il secondo atto di appello è ugualmente infondato, nella parte in
cui ripropone, pedissequamente gli stessi motivi di gravame.
24. L’appello è infondato anche nella restante parte (motivo n. 1, articolato
alle pagine 4-6 del ricorso).
25. Non vi è dubbio, infatti, che l’ordinanza n. 18/02 prot. n. 3864, di
rideterminazione della sanzione amministrativa fosse puntualmente esecutiva di
quanto statuito dalla sentenza del TAR n. 3056/2002. Pertanto, la sua
contestazione, per motivi riferiti esclusivamente all’asserita erroneità dei
parametri indicati dal tribunale, era inammissibile, in mancanza di una rituale
e tempestiva impugnazione della pronuncia del TAR.
26. Conclusivamente, quindi, gli appelli devono essere rigettati.
27. Le spese possono essere compensate.
PER QUESTI MOTIVI
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, respinge gli
appelli, compensando le spese;
ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 17 ottobre 2006, con
l'intervento dei signori:
RAFFAELE IANNOTTA Presidente
CHIARENZA MILLEMAGGI COGLIANI Consigliere
CESARE LAMBERTI Consigliere
MARCO LIPARI Consigliere Estensore
MARZIO BRANCA Consigliere
L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
f.to Marco Lipari
f.to Raffaele Iannotta
IL SEGRETARIO
f.to Antonietta Fancello
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
L’ 11-09-07
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
p.IL DIRIGENTE
f.to Livia Patroni Griffi
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