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CONSIGLIO DI STATO Sez. IV, 10/12/2007 (C.C. 30/10/2007) Sentenza n. 6337
ACQUA - URBANISTICA E EDILIZIA - Salvaguardia qualitativa delle acque
destinate al consumo umano - Diniego di concessione edilizia - Zona di rispetto
della sorgente - Art. 94, D. L.vo n. 152/2006. Le aree situate nella zona di
rispetto delle risorse idriche non possono essere utilizzate a scopo
edificatorio, in applicazione della normativa contenuta nel D.P.R. 24 maggio
1988, n. 236 e successive modifiche, normativa, (oggi contenuta nel D.L.vo n.
152/2006) essenzialmente finalizzata alla salvaguardia qualitativa delle acque
destinate al consumo umano, in stretta conformità alle vigenti disposizioni
dettate in sede europea su tale materia.(Cons. Stato, Sez. IV, 18/02/1992, n.
132). Pres. Salvatore - Est. Lodi - S.R.L. Immobiliare degli Aurunci (avv.
Scipione) c. Comune di Formia (avv. Battaglia) e nei confronti della Regione
Lazio (n.c.) (conferma Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio - Sezione
staccata di Latina, n. 34 del 19/01/1999). CONSIGLIO DI STATO Sez. IV,
10/12/2007 (C.C. 30/10/2007) Sentenza n. 6337
URBANISTICA E EDILIZIA - Iniziative edificatorie - Limitazione del diritto di
proprietà subordinata alla necessità di un adempimento preventivo (Piano
attuativo) - L. n. 1150/1942. La limitazione delle facoltà connesse al
diritto di proprietà, derivante dalla necessità di un adempimento preventivo
(nella specie piano attuativo), risulta giustificata da preminenti esigenze di
interesse pubblico alla corretta realizzazione di iniziative edificatorie specie
in zone che siano del tutto od in parte prive di adeguate opere di
urbanizzazione (Cons. Stato, Sez. IV, 15/05/1995, n. 336). Pres. Salvatore -
Est. Lodi - S.R.L. Immobiliare degli Aurunci (avv. Scipione) c. Comune di Formia
(avv. Battaglia) e nei confronti della Regione Lazio (n.c.) (conferma Tribunale
Amministrativo Regionale del Lazio - Sezione staccata di Latina, n. 34 del
19/01/1999). CONSIGLIO DI STATO Sez. IV, 10/12/2007 (C.C. 30/10/2007)
Sentenza n. 6337
URBANISTICA E EDILIZIA - ESPROPRIAZIONE - Vincolo espropriativo imposto dal
PRG - Reviviscenza di una precedente destinazione - Limiti - Fattispecie: ex
cava di argilla esclusa per le caratteristiche del sito dalla localizzazione del
PEEP. La decadenza del vincolo espropriativo imposto dal PRG, non comporta
necessariamente la reviviscenza di una precedente destinazione edificatoria,
tenuto anche conto delle peculiari caratteristiche della zona (nella specie ex
cava di argilla esclusa proprio per le caratteristiche del sito dalla
localizzazione del PEEP). Pres. Salvatore - Est. Lodi - S.R.L. Immobiliare degli
Aurunci (avv. Scipione) c. Comune di Formia (avv. Battaglia) e nei confronti
della Regione Lazio (n.c.) (conferma Tribunale Amministrativo Regionale del
Lazio - Sezione staccata di Latina, n. 34 del 19/01/1999). CONSIGLIO DI STATO
Sez. IV, 10/12/2007 (C.C. 30/10/2007) Sentenza n. 6337
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
N.6337/2007
Reg. Dec.
N. 8139
Reg. Ric.
Anno 1999
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) ha pronunciato la
seguente
DECISIONE
sul ricorso iscritto al NRG 8139/1999 proposto da S.R.L. IMMOBILIARE
DEGLI AURUNCI, in persona del legale rappresentante in carica, rappresentata e
difesa in giudizio dall’avvocato Aldo Scipione ed elettivamente domiciliata
presso lo studio dell’avvocato Salvatore Napoli in Roma, Via Costantino Morin,
n. 1;
contro
il COMUNE DI FORMIA, in persona del Sindaco in carica, rappresentato e difeso
dall'avvocato Maria Rosaria Battaglia ed elettivamente domiciliato presso lo
studio dell’avvocato Sergio Rossi in Roma, Via Sora, n. 47;
e nei confronti della
REGIONE LAZIO, in persona del Presidente in carica, non costituita in giudizio;
per l'annullamento
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio - Sezione
staccata di Latina, n. 34 del 19 gennaio 1999.
Visto il ricorso in appello;
visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Formia;
viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
visti gli atti tutti della causa;
relatore alla pubblica udienza del 30 ottobre 2007 il consigliere Pier Luigi
Lodi e uditi, per le parti, gli avvocati Scipione e Battaglia;
ritenuto e considerato quanto segue:
FATTO
Con atto notificato il 16 settembre 1999, ritualmente depositato, la S.r.l.
Immobiliare degli Aurunci ha proposto appello avverso la sentenza del T.A.R.
Lazio - Sezione di Latina, n. 34/1999, che aveva respinto il ricorso della
medesima società inteso all’annullamento del provvedimento del Comune di Formia,
datato 28 aprile 1997, relativo al diniego di concessione edilizia, nonché
all’annullamento della prescrizione di P.R.G. che subordina l’edificazione nella
zona B3 (167) in questione alla preventiva approvazione di un piano di zona per
l’edilizia economica e popolare.
Il primo giudice, disattese le eccezioni pregiudiziali sollevate dalla difesa
del Comune, aveva ritenuto che l’impugnato diniego fosse congruamente motivato
mediante il riferimento alla circostanza, preclusiva per l’edificazione, che le
aree della società ricorrente risultavano ubicate nella zona di rispetto della
sorgente “Mazzoccolo”, ai sensi del d.P.R. 24 maggio 1988, n. 236, per cui si
rendeva superfluo l’esame della questione concernente la specifica destinazione
urbanistica della aree stesse.
Nell’atto di appello la società interessata sostiene, invece, con il primo
motivo, che l’anzidetta zona di rispetto non escluderebbe la possibilità di
edificazione, sia pure con talune cautele. Ripropone, poi, con il secondo
motivo, le doglianze dedotte in primo grado nei confronti della previsione dello
strumento urbanistico affermando che, essendo stato revocato, per motivi di
ordine geologico, il provvedimento di localizzazione nelle aree in discorso dei
previsti interventi di edilizia residenziale pubblica convenzionata, si sarebbe
determinata la reviviscenza della precedente previsione di piano di zona ad uso
residenziale; ed alla stessa conclusione si perverrebbe anche nell’ipotesi che
le indicazioni del P.R.G. riguardassero un vincolo preordinato
all’espropriazione, il quale avrebbe comunque perduto efficacia per il decorso
di un quinquennio senza l’approvazione dei piani attuativi. Prospetta, infine,
con il terzo motivo, il contrasto con i principi generali posti a tutela della
proprietà privata, di cui all’art. 42 della Costituzione, della prescrizione di
piano regolatore che subordini il diritto di edificare alla previa formazione di
un piano particolareggiato.
Si è costituito il Comune di Formia il quale, con memoria, controdeduce alle
tesi della ricorrente, prospettando l'infondatezza del gravame in fatto e
diritto.
La causa è passata in decisione all’udienza pubblica del 30 ottobre 2007.
DIRITTO
1. - Rileva preliminarmente la Sezione che l’impugnato provvedimento di diniego
di concessione edilizia si basa su una duplice motivazione: da un lato, relativa
alla circostanza che trattasi di area posta nella zona di rispetto di una
sorgente, ai sensi del d.P.R. 24 maggio 1988, n. 236; dall’altro lato, attinente
alla prescrizione del Piano regolatore generale (anch’essa oggetto di specifica
impugnativa) che subordina l’edificazione nella zona alla preventiva
approvazione di un piano di zona per l’edilizia economica e popolare.
2. - La Sezione ritiene condivisibile l’assunto posto a base della sentenza di
primo grado in ordine alla impossibilità della utilizzazione a scopo
edificatorio di aree situate nella zona di rispetto delle risorse idriche, in
applicazione della normativa succitata, apparendo infondate le obiezioni in
proposito della società appellante, formulate con il primo motivo di gravame, in
aderenza ad una isolata precedente pronuncia giurisprudenziale sull’argomento
(Cons. Stato, Sez. IV, 18 febbraio 1992, n. 132).
In base alla disciplina di cui all’art. 6 del citato d.P.R. n. 236/1988, nel
testo all’epoca vigente, nelle zone di rispetto era previsto in modo esplicito
il divieto di una serie di attività potenzialmente inquinanti e pregiudizievoli
per la buona qualità delle acque del sottosuolo destinate al consumo umano.
Osserva il Collegio che, anche se tra le opere vietate la norma non comprendeva
espressamente la realizzazione di edifici residenziali per uso abitativo, la
preclusione alla edificazione nelle zone di rispetto può indirettamente dedursi,
come argomenta la difesa del Comune resistente, dalla previsione del terzo comma
del citato art. 6, relativa al divieto di insediamento di “fognature e pozzi
perdenti” e relativa altresì all’allontanamento, ove possibile, per quelle
esistenti.
Secondo il Comune, escludendo le suddette fognature il legislatore avrebbe
lasciato chiaramente intendere che sarebbe comunque vietata la edificazione di
nuovi fabbricati abitativi, comportanti necessariamente la realizzazione di una
rete fognaria.
In altri termini, secondo tale argomentazione, che fa ricorso alla figura
retorica della “sineddoche”, il legislatore invece di fare riferimento espresso
dall’oggetto del divieto, avrebbe fatto menzione di una sola parte
dell’eventuale progetto costruttivo per individuare il tutto, ovvero l’intero
contenuto della progettazione edificatoria.
Il Collegio deve rilevare che l’orientamento del Comune, evidentemente ispirato
ad apprezzabili ragioni di più efficace salvaguardia delle risorse naturali,
risulta coerente con una interpretazione “teleologica” della normativa in
discorso, precipuamente finalizzata alla salvaguardia qualitativa delle acque
destinate al consumo umano, in stretta conformità alle vigenti disposizioni
dettate in sede europea su tale materia.
Sembra opportuno aggiungere che tale assunto può ritenersi confortato anche dai
successivi interventi del legislatore il quale, proprio in sede di
riformulazione dell’art. 6 ora in esame, con l’art. 21 del decreto legislativo
11 maggio 1999, n. 152, ha bensì previsto la possibilità di inserire, nelle zone
di rispetto in parola, strutture di edilizia residenziale e relative opere di
urbanizzazione, ma solo previa introduzione di apposita disciplina da parte
delle regioni e delle province autonome, rendendosi comunque necessaria la
previa adozione di specifiche ed opportune cautele al riguardo.
3. - Tanto premesso, la Sezione è a dell’avviso che l’impugnato provvedimento di
diniego di concessione edilizia risulti, altresì, adeguatamente sorretto
dall’altra causa giustificativa addotta dal Comune attinente, come sopra
ricordato, alla specifica destinazione urbanistica dell’area con la previa
necessità di un piano attuativo, oggetto delle censure riproposte in questa sede
con il secondo mezzo di gravame che, per completezza, va anch’esso sottoposto
all’esame della Sezione.
Non appare condivisibile, infatti, l’assunto prospettato dalla società
appellante secondo cui la destinazione ad edilizia residenziale B3, con
indicazione 167, da attuarsi mediante piani di zona a cura dell’Amministrazione
comunale, impressa all’area interessata, non avrebbe precluso la edificazione
diretta da parte dei privati, secondo gli indici di fabbricazione fondiaria per
le sottozone di completamento B3.
Ciò conseguirebbe, sostiene la detta appellante, dal venir meno del vincolo
espropriativo a seguito della revoca (per ragioni geologiche) del provvedimento
di localizzazione del PEEP, ovvero dall’avvenuto decorso del quinquennio dalla
adozione del PRG, ove le relative previsioni si sostanziassero in un vincolo di
tipo espropriativo rimasto concretamente inattuato.
Osserva in proposito il Collegio che, come puntualmente precisato dalla difesa
comunale, la destinazione di zona discendeva direttamente dal PRG ancora in
vigore, e non già dalle successive determinazioni attuative, relative alla
localizzazione del piano di edilizia popolare, oggetto di revoca, come si è
accennato, per la riscontrata pericolosità del sito.
La decadenza del vincolo espropriativo imposto dal PRG, inoltre, contrariamente
a quanto postulato dalla società interessata, non poteva comportare la
reviviscenza di una precedente destinazione edificatoria, tenuto anche conto
delle peculiari caratteristiche della zona in questione. Per la stessa può
intendersi che si verrebbe semmai a formare, invece, una zona priva di concreta
disciplina urbanistica, con conseguente assoggettamento alla disciplina
dell’art. 4, ultimo comma, della legge 28 gennaio 1977, n. 10, e dell’art. 1
della legge Regione Lazio 21 novembre 1990, n. 86, che ha sostituito l’art. 1
della legge regionale 6 luglio 1977, n. 24, i quali dettano specifici limiti
alla possibilità di edificazione.
A ciò può aggiungersi, con riferimento al terzo motivo di gravame, che appare
comunque manifestamente priva di fondamento la doglianza relativa alla
previsione urbanistica che, senza alcun limite temporale, subordini la
edificazione ad un previo piano attuativo. Al riguardo si osserva che la
limitazione delle facoltà connesse al diritto di proprietà, derivante dalla
necessità di un simile adempimento preventivo - che costituisce la regola
generale cui l’Amministrazione deve attenersi nella pianificazione urbanistica
secondo l’art. 13 della legge 17 agosto 1942, n. 1150 - risulta chiaramente
giustificata da preminenti esigenze di interesse pubblico alla corretta
realizzazione di iniziative edificatorie specie in zone che siano del tutto od
in parte prive di adeguate opere di urbanizzazione (cfr. in particolare: Cons.
Stato, Sez. IV, 15 maggio 1995, n. 336).
In detta situazione è ragionevole presumere, appunto, che versino anche le aree
di cui ora si discute, tenuto conto del fatto che si tratta di una ex cava di
argilla e che proprio per tali caratteristiche del sito si è infine esclusa la
localizzazione del PEEP; neppure la società ricorrente, d’altronde, ha fornito
elementi di valutazione in senso contrario.
4. - Tenuto conto, pertanto, della accertata legittimità delle anzidette cause
giustificative poste a base del provvedimento di diniego impugnato, l’appello
della società interessata non può trovare accoglimento, dovendosi confermare la
reiezione, per i motivi sopra esposti, del ricorso proposto in primo grado.
5. - Le spese del giudizio seguono, come di regola, la soccombenza, e sono
liquidate come indicato in dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente
pronunciando sul ricorso meglio specificato in epigrafe:
- respinge l’appello e, per l’effetto, conferma la sentenza impugnata;
- condanna l’appellante a rifondere in favore del Comune resistente le spese del
presente grado di giudizio, liquidate in complessivi euro 3.000,00 (tremila/00).
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 30 ottobre 2007, con la
partecipazione di:
Costantino SALVATORE - Presidente f.f.
Luigi MARUOTTI - Consigliere
Pier Luigi LODI Rel. Estensore - Consigliere
Vito POLI - Consigliere
Salvatore CACACE - Consigliere
L’ESTENSORE
IL PRESIDENTE, f.f.
Pier Luigi Lodi
Costantino Salvatore
IL SEGRETARIO
Giacomo Manzo
Depositata in Segreteria
Il 10/12/2007
(Art. 55, L. 27.4.1982, n. 186)
Il Dirigente
dott. Antonio Serrao
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