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BENI CULTURALI E AMBIENTALI URBANISTICA E EDILIZIA - Difformità
dall’autorizzazione - Violazione paesaggistica - Tutela ambientale
Rapporto tra Art. 44 lett. c) D.P.R. n. 380/2001 e art. 181 D. L.vo n.42/2004.
In materia di violazione paesaggistica, l'articolo 181 del decreto legislativo
del 22 gennaio del 2004 n. 42 punisce con le pene ora previste dall'articolo 44
lettera c) del D.P.R. n. 380 del 2001 chiunque, senza la prescritta
autorizzazione o in difformità da essa, esegue lavori di qualsiasi genere su
beni paesaggistici. La norma, in materia di tutela ambientale, non distingue tra
difformità totale e difformità parziale per cui, escluse le attività consentite,
qualsiasi difformità rispetto all'autorizzazione è idonea a configurare il reato
purché abbia un'oggettiva possibilità d'impatto sul paesaggio. Pertanto è logica
la previsione di un'unica sanzione applicabile sia per la mancanza
dell'autorizzazione che per la difformità da essa. Pres. Papa - Est. Petti -
Ric. Sasso. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 12/03/2007 (Ud. 18/01/2007),
Sentenza n. 10479
URBANISTICA E EDILIZIA - BENI CULTURALI E AMBIENTALI - Rapporto tra
disciplina urbanistica e tutela ambientale - Bene tutelato - Configurabilità del
reato - D.P.R. n. 380/2001 e D. L.vo n.42/2004. Il problema di individuare
se l'indagato ha costruito in difformità dalla concessione e dall'autorizzazione
paesaggistica, si pone solo per la disciplina urbanistica perché per la
configurabilità del reato paesaggistico, è sufficiente una qualsiasi difformità,
purché astrattamente idonea a ledere il bene tutelato. Pres. Papa - Est. Petti -
Ric. Sasso. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 12/03/2007 (Ud. 18/01/2007),
Sentenza n. 10479
URBANISTICA E EDILIZIA - Posizionamento fabbricato - Difformità totale o
parziale Autonoma utilizzabilità e specifica rilevanza - Art.31 del D.P.R.
n. 380/2001 (testo unico sull’edilizia). A i sensi dell'articolo 31 del
D.P.R. n. 380/2001 (testo unico sull’edilizia), si verifica la difformità totale
allorché l'opera realizzata è diversa per caratteristiche topologiche,
planovolumetriche o di utilizzazione da quella oggetto del permesso stesso
ovvero allorché vengono realizzati volumi edilizi oltre i limiti indicati nel
progetto e tali da costituire un organismo edilizio o parte di esso con
specifica rilevanza ed autonomamente utilizzabile. La totale difformità, in
linea di massima sussiste, allorché i lavori riguardino un'opera diversa per
conformazione, struttura, destinazione o ubicazione rispetto a quella assentita
ovvero allorché vengono realizzati volumi oltre i limiti del progetto approvato.
In quest'ultimo caso però l'opera abusiva deve presentare il duplice requisito
dell'autonoma utilizzabilità e della specifica rilevanza. Per l'autonoma
utilizzabilità non si richiede però che la struttura difforme sia separata da
quella assentita, ma solo che sia suscettibile di un uso diverso o indipendente
da quello dell'opera autorizzata (ad esempio trasformazione di un sottotetto in
mansarda Cass. 5891 del 1990). Con riferimento alla specifica rilevanza la
norma si riferisce non ad una qualsiasi difformità ma a quella che abbia una
rilevanza apprezzabile, sia in modo oggettivo, sia con riferimento alla
struttura realizzata (Cfr. Cass. Sez. III 3350 del 2004). Si ha difformità
parziale allorché le opere apportino variazioni circoscritte in senso
qualitativo o quantitativo all'opera assentita. Pres. Papa - Est. Petti - Ric.
Sasso. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 12/03/2007 (Ud. 18/01/2007),
Sentenza n. 10479
URBANISTICA E EDILIZIA Traslazione delle unità abitative -
Presentazione della domanda di condono - Sequestro preventivo Legittimità.
La presentazione della domanda di condono per la traslazione delle unità
abitative non impedisce, il compimento di atti urgenti, quale può essere un
sequestro preventivo (cfr per tutte Cass. sez. III 18 maggio del 2005 n 18426).
Pres. Papa - Est. Petti - Ric. Sasso. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III,
12/03/2007 (Ud. 18/01/2007), Sentenza n. 10479
Udienza Udienza camerale del 18 gennaio del 2007
Registro Gen. N 43733/06
SENTENZA N. 56
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
Composta dai sigg. magistrati:
Dott. Enrico Papa presidente
Dott. Ciro Petti consigliere
Dott. Alfredo Teresi consigliere
Dott. Silvia Sensini consigliere
Dott. Santi Gazzara consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
Sul ricorso proposto dal difensore di Sasso Agostino, nato ad Ostuni il 12
aprile del 1944, avverso l'ordinanza del tribunale del riesame di Brindisi del 4
ottobre del 2006;
sentito il sostituto procuratore generale dott. Mario Fraticelli, il quale ha
concluso per il rigetto del ricorso;
sentito il difensore avv. Donato Musa, il quale ha concluso per l'accoglimento
del ricorso;
letti il ricorso e l'ordinanza denunciata , osserva quanto segue
IN FATTO
Con ordinanza del 4 ottobre del 2006, il tribunale di Brindisi rigettava la
richiesta di riesame avanzata nell'interesse di Sasso Agostino avverso il
provvedimento con cui il giudice per le indagini preliminari presso il medesimo
tribunale aveva disposto il sequestro preventivo di due aree del piano di
lottizzazione " Fratelli Sasso", site in agro di Ostuni contrada Fontanelle
sulle quali insistevano complessivamente 40 unità abitative, 20 per ciascuna
area, ipotizzando i reati di cui all'articolo 44 lettere b) e C) D.P.R. n. 380
del 2001.
Ricorre per cassazione il Sasso per mezzo del proprio difensore denunciando:
la violazione dell'articolo 44 del D.P.R.. n. 380 del 2001 per la non
configurabilità dei reati ipotizzati e difetto assoluto di motivazione sul
punto: assume che illegittimamente il giudice per le indagini preliminari aveva
parlato di violazione del piano di lottizzazione ed aveva omesso di considerare
che i manufatti in questione erano stati autorizzati e che, per la traslazione
degli edifici, era stata presentata domanda di condono; che nella fattispecie le
divergenze riscontrate dai carabinieri configuravano tutt'al più una difformità
parziale;
mancanza di motivazione in ordine alla sussistenza delle esigenze cautelari e
delle finalità probatorie.
IN DIRITTO
Il ricorso è infondato.
Anzitutto va puntualizzato che nell'ordinanza impugnata non si fa alcun
riferimento al reato di lottizzazione abusiva posto che non viene in alcun modo
richiamato l'articolo 30 del D.P.R. n. 380 del 2001 che la prevede. L'articolo
44 lettera c) prevede la sanzione sia per la lottizzazione abusiva che per la
costruzione in zona vincolata senza il nulla osta dell'autorità preposta alla
tutela del vincolo. Nella fattispecie si è richiamata la sanzione di cui alla
lettera c) dell'articolo 44 per la violazione del vincolo paesaggistico e non
per la lottizzazione abusiva. D'altra parte, la lottizzazione abusiva su un
terreno edificato può realizzarsi a condizione che la trasformazione sia in
contrasto con gli strumenti urbanistici ed imponga la necessità di eseguire
nuove opere di urbanizzazione, circostanze queste che non risultano indicate nel
provvedimento.
Quindi i riferimenti all'insussistenza di una lottizzazione abusiva contenuti
nel ricorso non sono conferenti.
Le fattispecie ipotizzate sono la costruzione in totale difformità dal permesso
di costruire e dal nulla osta dell'autorità preposta alla tutela del vincolo,
ipotesi sanzionate rispettivamente dalle lettere b) e c) dell'articolo 44 del
D.P.R. n 380 del 2001.
A proposito della violazione paesaggistica occorre precisare che l'articolo 181
del decreto legislativo del 22 gennaio del 2004 n. 42 punisce con le pene ora
previste dall'articolo 44 lettera c) del D.P.R. n. 380 del 2001 chiunque, senza
la prescritta autorizzazione o in difformità da essa, esegue lavori di qualsiasi
genere su beni paesaggistici. La norma, in materia di tutela ambientale, non
distingue tra difformità totale e difformità parziale per cui, escluse le
attività consentite, qualsiasi difformità rispetto all'autorizzazione è idonea a
configurare il reato purché abbia un'oggettiva possibilità d'impatto sul
paesaggio. Pertanto è logica la previsione di un'unica sanzione applicabile sia
per la mancanza dell'autorizzazione che per la difformità da essa.
Nella fattispecie è pacifico che l'indagato ha costruito in difformità dalla
concessione e dall'autorizzazione paesaggistica ed il problema consiste
nell'individuare la natura di tali difformità. Siffatto problema però si pone
solo per la disciplina urbanistica perché per la configurabilità del reato
paesaggistico, come accennato, è sufficiente una qualsiasi difformità, purché
astrattamente idonea a ledere il bene tutelato. Quindi con riferimento al reato
paesaggistico il sequestro è stato legittimamente disposto giacché il reato è
astrattamente configurabile. Ma nella fattispecie è configurabile allo stato
anche la violazione urbanistica.
Con riguardo a quest'ultima violazione è opportuno premettere che, a norma
dell'articolo 31 del testo unico, si verifica la difformità totale allorché
l'opera realizzata è diversa per caratteristiche topologiche, planovolumetriche
o di utilizzazione da quella oggetto del permesso stesso ovvero allorché vengono
realizzati volumi edilizi oltre i limiti indicati nel progetto e tali da
costituire un organismo edilizio o parte di esso con specifica rilevanza ed
autonomamente utilizzabile. In linea di massima sussiste la totale difformità
allorché i lavori riguardino un'opera diversa per conformazione, struttura,
destinazione o ubicazione rispetto a quella assentita ovvero allorché vengono
realizzati volumi oltre i limiti del progetto approvato. In quest'ultimo caso
però l'opera abusiva deve presentare il duplice requisito dell'autonoma
utilizzabilità e della specifica rilevanza. Per l'autonoma utilizzabilità non si
richiede però che la struttura difforme sia separata da quella assentita, ma
solo che sia suscettibile di un uso diverso o indipendente da quello dell'opera
autorizzata (ad esempio trasformazione di un sottotetto in mansarda - Cass. 5891
del 1990). Con riferimento alla specifica rilevanza la norma si riferisce non ad
una qualsiasi difformità ma a quella che abbia una rilevanza apprezzabile, sia
in modo oggettivo, sia con riferimento alla struttura realizzata (Cfr cass. sez.
III 3350 del 2004).
Si ha difformità parziale allorché le opere apportino variazioni circoscritte in
senso qualitativo o quantitativo all'opera assentita.
Un discorso a parte deve farsi per le variazioni essenziali. In proposito va
rilevato che l'articolo 32 del testo unico affida alle regioni il compito di
definire le variazioni essenziali nel rispetto dei principi direttivi fissati
dalla legge statale. In base a tali direttive non possono comunque considerarsi
variazioni essenziali le situazioni che l'articolo 31 riconduce alle ipotersi di
totale difformità e che l'essenzialità ricorre quando si verificano una o più
delle situazioni indicate nell'articolo 32, tra le quali, per quello che rileva
nella fattispecie, va segnalato l'aumento consistente della cubatura, escluso
quello che incide sui volumi tecnici o sulla distribuzione interna delle singole
unità abitative. La variazione essenziale, a differenza della totale difformità,
è sanzionata a norma dell'articolo 44 lettera a). Se però l'intervento con
variazioni essenziali è effettuato su immobili vincolati, come è avvenuto nella
fattispecie, la violazione essenziale a norma dell'ultimo comma dell'articolo 32
del testo unico sull'edilizia è parificata alla difformità totale.
Sotto il profilo urbanistico il posizionamento del fabbricato ha notevole
rilevanza, poiché dalla sua collocazione in sito diverso possono - tra l'altro -
derivare conseguenze in tema di distanze, di rispetto dei vincoli, di turbamento
degli interessi dei vicini. Ne deriva che la differente collocazione di uno
stabile può, secondo la natura dello spostamento, configurare o una totale
difformità sotto il profilo dell'alterazione delle caratteristiche
planovolumetriche ovvero, nelle ipotesi in cui la modificazione sia di scarsa
rilevanza, una difformità parziale, quale violazione delle modalità esecutive.
L'accertamento della natura della variazione o della difformità richiede spesso
approfondite indagini fattuali che sono riservate al giudice del merito.
Allo stato, premesso che i carabinieri nell'espletamento delle indagini sono
stati coadiuvati da funzionari dell'ufficio tecnico ossia da soggetti in grado
di valutare l'entità delle difformità, si rileva che nell'ordinanza si è fatto
riferimento allo spostamento di tutti e 20 i fabbricati e, quindi ad una
difformità che non sembra di lieve entità nonché a sensibili aumenti di
cubatura. Appare quindi astrattamente configurabile il reato, ferma restando
l'opportunità di approfondire le indagini con una perizia.
La presentazione della domanda di condono per la traslazione delle unità
abitative non impedisce, secondo la giurisprudenza di questa corte, il
compimento di atti urgenti, quale può essere un sequestro preventivo (cfr per
tutte Cass. sez. III 18 maggio del 2005 n 18426).
Nel provvedimento impugnato le esigenze cautelari sono state legittimamente
ravvisate nella necessità di evitare con il completamento dell' opera
l'aggravamento del reato. Non occorreva nella motivazione indicare alcuna
finalità probatoria perché il sequestro preventivo, a differenza di quello
probatorio, non ha finalità istruttorie. La decisione delle Sezioni unite citata
nel ricorso si riferisce al sequestro probatorio e non a quello preventivo.
P.Q.M.
La Corte
Letto l'articolo 616 c.p.p.
RIGETTA
Il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
Così deciso in Roma il 18 gennaio del 2007
Il consigliere estensore
Il Presidente
Ciro IPetti
Enrico Papa
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