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RIFIUTI - Deposito
temporaneo e stoccaggio - Differenza - Attività di smaltimento - Condizioni -
Deposito di rifiuti effettuato dopo la raccolta e in un luogo diverso da quello
di produzione - Reato di smaltimento non autorizzato - Configurabilità - Art. 6
D.L.vo n. 22/1997 (ora, art. 183 D.Lgs. n. 152/2006). Ai sensi del D.Lgs. 5
febbraio 1997, n. 22, art. 6, lett. m, (ora, dal D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152,
art. 183, lett. M) il deposito temporaneo è costituito dal "raggruppamento dei
rifiuti effettuato, prima della raccolta, nel luogo in cui gli stessi sono
prodotti", mentre, nel caso di deposito effettuato dopo la raccolta e in un
luogo diverso da quello in cui i rifiuti sono stati prodotti, si configura
l’ipotesi di stoccaggio destinato al futuro smaltimento o recupero dei rifiuti,
che ai sensi della lett. l) dei citati artt. 6 e 183, costituisce una fase della
"attività di smaltimento", integrando, peraltro, l’ipotesi dello smaltimento non
autorizzato. Pres. Onorato, Est. Franco, Ric.
B.G.C.. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 04/05/2007 (Ud. 14/03/2007),
Sentenza n. 16955
RIFIUTI - Materiali di risulta delle attività di demolizione e di ricostruzione
- Volontà di destinarli al riutilizzo e alla vendita - Perdita della qualità di
"rifiuto" - Esclusione. Affinchè i materiali di risulta delle attività di
demolizione e di ricostruzione possano perdere la loro natura di rifiuti non è
certamente sufficiente una generica volontà di destinarli al riutilizzo ed alla
vendita, ma occorre una loro effettiva ed oggettiva riutilizzazione nel medesimo
o in analogo o diverso ciclo produttivo o di consumo, senza subire alcun
intervento preventivo di trattamento e senza recare pregiudizio all'ambiente. Pres. Onorato, Est. Franco,
Ric.
B.G.C..
CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III,
04/05/2007 (Ud. 14/03/2007), Sentenza n. 16955
Udienza camerale del 14 marzo del 2007
SENTENZA N. 16955
REG. GENERALE n
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ONORATO Pierluigi - Presidente -
Dott. TERESI Alfredo - Consigliere -
Dott. FRANCO Amedeo - est. Consigliere -
Dott. IANNIELLO Antonio - Consigliere -
Dott. GAZZARA Santi - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
B.G.C., nato a ***;
avverso la sentenza emessa il 24 aprile 2006 dal giudice del tribunale di
Napoli, sezione distaccata di Ischia;
udita nella pubblica udienza del 14 marzo 2007 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. Amedeo Franco;
udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
SALZANO Francesco, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
FATTO
Con la sentenza in epigrafe il giudice del tribunale di Napoli, sezione
distaccata di Ischia, dichiarò B.G.C. colpevole del reato di cui all'art. 51,
comma 1, in relazione al D.Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22, art. 30, per avere
effettuato una attività di raccolta, trasporto e smaltimento di rifiuti non
pericolosi prodotti da terzi, e precisamente di rifiuti misti della attività di
demolizione e ricostruzione, in assenza della prescritta autorizzazione, e lo
condannò alla pena dell'ammenda.
L'imputato propone ricorso per cassazione deducendo:
1) violazione degli artt. 521 e 516 cod. proc. pen.; nullità della sentenza.
Lamenta che è stato ritenuto responsabile del reato ascritto sulla base della
deposizione del vigile acceduto sui luoghi solo il 26.3.2002, in un giorno e per
fatti che non sono oggetto di contestazione, la quale riguarda solo i fatti
accertati l'8.3.2002.
Lo stesso pubblico ministero di udienza ha rinunciato alla contestazione
suppletiva per non allungare il processo. Quindi l'imputato è stato condannato
per fatti non contestati.
2) violazione dell'art. 546 cod. proc. pen. e del D.Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22,
art. 30; manifesta illogicità e mancanza della motivazione in relazione alle
prove acquisite.
Lamenta la mancanza di motivazione anche in relazione ai
rilievi che aveva operato il tribunale del riesame che aveva annullato il
sequestro preventivo per mancanza di fumus del reato. In particolare, la
sentenza impugnata non ha tenuto in nessun conto che si era in presenza di una
attività di vendita di materiali edili e che quindi i materiali depositati erano
destinati alla vendita. Manca qualsiasi prova che l'imputato compisse le
ritenute attività di raccolta, trasporto e smaltimento dei rifiuti misti, in
quanto l'unico teste escusso a conoscenza di quanto avvenuto fino all'8.3.2002,
non era entrato nell'area, e non aveva visto persone che effettuassero la
raccolta ed il trasporto, nè automezzi a ciò destinati. Al contrario, dalle foto
utilizzate dal tribunale del riesame emerge che si trattava di materiale
destinato alla vendita e che le pietre miste a terreno, provenienti anche dalla
demolizione, ben potevano essere utilizzati per essere frantumati ed impastati
nell'edilizia. Non vi è quindi nessuna prova di una attività di trasporto e di
smaltimento di rifiuti . Le dichiarazioni del vigile D.M., invero, si
riferiscono al 26.3.2002, e cioè a fatti non contestati.
DIRITTO
Il primo motivo è chiaramente infondato, perchè l'imputato è stato condannato
non per un fatto nuovo o diverso, ma esattamente per il fatto contestato
dell'attività non autorizzata di gestione (raccolta, smaltimento, trasporto) dei
rifiuti misti di demolizioni e ricostruzioni prodotti da terzi e rinvenuti
nell'area di sua pertinenza l'8 marzo 2002. Il fatto che il teste D.M. abbia
reso dichiarazioni su un suo sopralluogo effettuato pochi giorni dopo, il
23.3.2002 (a parte ogni considerazione sulla eventuale permanenza del reato),
non significa affatto che la condanna sia intervenuta per le violazioni
accertate in quest'ultima data (anziché solo per quelle accertate l'8 marzo
2002) ma soltanto che il giudice, con congrua ed adeguata motivazione, ha
ritenuto, con un apprezzamento di fatto sicuramente non manifestamente illogico,
che le dichiarazioni e gli accertamenti compiuti da questo teste costituissero
una conferma di quale ero lo stato dei luoghi all'epoca del primo accertamento
dell'8.3.2002, in considerazione della natura e quantità del materiale
depositato nell'area e del poco tempo trascorso.
E' chiaramente infondato anche il secondo motivo. Non è infatti in contestazione
che si trattava di rifiuti , e precisamente di materiali di risulta delle
attività di demolizione e di ricostruzione. Il ricorrente peraltro sostiene che
nella specie tale qualità verrebbe meno perché i materiali erano destinati alla
vendita nel settore dell'edilizia mentre le pietre frammiste a terreno,
provenienti anche dalle demolizioni, ben potevano essere frantumate ed impastate
nell'edilizia. Senonché - contrariamente a quanto sostiene il ricorrente e
conformemente invece alle disposizioni in materia costantemente interpretate
dalla giurisprudenza di questa Corte in conformità con i principi della
normativa e della giurisprudenza europea - affinchè i materiali in questione
potessero perdere la loro natura di rifiuti non era certamente sufficiente una
generica, ed indimostrata, volontà di destinarli al riutilizzo ed alla vendita,
ma occorreva, tra l'altro, una loro effettiva ed oggettiva riutilizzazione nel
medesimo o in analogo o diverso ciclo produttivo o di consumo, senza subire
alcun intervento preventivo di trattamento e senza recare pregiudizio
all'ambiente. Nella specie, invece, nel giudizio di merito non è emersa alcuna
prova di una effettiva ed oggettiva riutilizzazione dei suddetti materiali
nell'edilizia.
E' pacifico che i materiali provenivano da attività di demolizioni e
ricostruzioni compiute in luoghi diversi e non erano invece prodotti sull'area
di pertinenza dell'imputato dove erano stati accumulati. E' quindi evidente la
sussistenza di una attività di raccolta e di trasporto (dal luogo di produzione
all'area in questione) dei materiali stessi.
E' altrettanto evidente che non vi erano le condizioni previste dal D.Lgs. 5
febbraio 1997, n. 22, art. 6, lett. m), (ora, dal D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152,
art. 183, lett. M)) per aversi un deposito temporaneo, perchè (a parte la
mancata prova della sussistenza delle necessarie condizioni volumetriche e
temporali), ai sensi di tale disposizione il deposito temporaneo è costituito
dal "raggruppamento dei rifiuti effettuato, prima della raccolta, nel luogo in
cui gli stessi sono prodotti", mentre nella specie il deposito era effettuato
dopo la raccolta e in un luogo diverso da quello in cui i rifiuti erano stati
prodotti.
Si trattava pertanto di uno stoccaggio destinato al futuro smaltimento o
recupero dei rifiuti in questione, stoccaggio che, ai sensi della lett. L) dei
citati artt. 6 e 183, costituisce una fase della "attività di smaltimento",
sicchè correttamente il giudice di merito ha ritenuto sussistente anche la
contestata ipotesi dello smaltimento non autorizzato.
Il ricorso deve pertanto essere rigettato con conseguente condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali.
E' appena il caso di ricordare che la prescrizione non si è ancora maturata
perchè ai quattro anni e mezzo del periodo normale di prescrizione, scadenti l'8
settembre 2006, va aggiunto il periodo di sospensione della prescrizione di un
anno e tre mesi (per rinvii delle udienze per astensione dal 24.1.05 al 19.9.05,
al 16.1.06, ed al 24.4.06).
P.Q.M.
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al
pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte Suprema di Cassazione, il 14 marzo
2007.
Depositato in Cancelleria il 4 maggio 2007
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