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RIFIUTI - Obbligo di rimozione da parte del proprietario - Abbandono o
concorso nell’abbandono del rifiuto - Necessità - Ordinanza sindacale - Assenza
dei presupposti normativi - Illegittimità - Fattispecie - Art. 14 d. lgs. n.
22/1997 ora art. 192 d. lgs. n. 152/2006. L’ordinanza sindacale di rimozione
dei rifiuti abbandonati e di ripristino dei luoghi emessa ex art. 14 del d. lgs.
n. 22 del 1997, sost. dall’art. 192 del d. lgs. n. 152 del 2006, nei confronti
del proprietario che non abbia abbandonato o concorso nell’abbandono del rifiuto
è illegittima. Sicché, in assenza dei presupposti di legge, non è configurabile
nei confronti del proprietario del rifiuto il reato di cui all’art. 50, comma 2,
del decreto n. 22 del 1977, sost. dall’art. 255, comma 2, del decreto n. 152 del
2006. (Nella specie, la Corte ha confermato la sentenza assolutoria del
proprietario di una autovettura abbandonata, successivamente ad un furto, in
terreno di terzi). Pres. Onorato, Est. Franco, Ric. Salamò. CORTE DI
CASSAZIONE PENALE Sez. III, 04/05/2007 (Ud. 14/03/2007), Sentenza n. 16957
RIFIUTI - Reato - Abbandono di rifiuto - Destinatario dell'ordinanza del
sindaco - Proprietario del rifiuto abbandonato da altri - Inconfigurabilità - Presupposti - Art. 50 D.Lgs. n. 22/97 (ora art. 255 D.Lgs. n. 152/06). Il reato di cui
all'art. 50, comma 2, del D.Lgs. n.22/1997 (ora trasfuso nel D.Lgs. 3 aprile
2006, n. 152, art. 255, comma 3) non è configurabile nei confronti di chi, non
essendo colui che ha abbandonato i rifiuti, o non avendo concorso materialmente
o moralmente con questi, e non essendo il proprietario o titolare di diritto di
godimento sull'area ove i rifiuti sono stati abbandonati, sia stato destinatario
di una ordinanza del sindaco emessa nei suoi confronti esclusivamente perché
proprietario del rifiuto abbandonato da altri, attesa la illegittimità e la
conseguente disapplicabilità di siffatto provvedimento. (Nella specie, la Corte
ha confermato la sentenza assolutoria del proprietario di una autovettura
abbandonata, successivamente ad un furto, in terreno di terzi). Pres. Onorato, Est.
Franco, Ric. Procura Generale della Repubblica presso la Corte d' Appello di
Genova. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 04/05/2007 (Ud. 14/03/2007), Sentenza n. 16957
PROCEDURE E VARIE - Ricorso per cassazione avverso la sentenza di primo grado -
Motivi attinenti al merito - Esclusione - Ricorso per
saltum - Conversione del ricorso in appello -
Art. 569 c.p.p.. Secondo quanto disposto dall'art. 569 del c.p.p. il ricorso
per cassazione può essere proposto direttamente avverso la sentenza di primo
grado, da parte del del titolare del diritto ad appellare la suddetta sentenza.
Tale possibilità è esclusa qualora i motivi del ricorso attengono al merito
(nella fattispecie si contesta la legittimità della motivazione della sentenza
di prime cure), conseguentemente il ricorso eventualmente proposto si converte
in appello. Pres. Onorato, Est. Franco, Ric. Procura Generale della Repubblica
presso la Corte d' Appello di Genova. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III,
04/05/2007 (Ud. 14/03/2007), Sentenza n. 16957
Udienza camerale del 14 marzo del 2007
SENTENZA N. 16957
REG. GENERALE n
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ONORATO Pierluigi - Presidente -
Dott. TERESI Alfredo - Consigliere -
Dott. FRANCO Amedeo - est. Consigliere -
Dott. IANNIELLO Antonio - Consigliere -
Dott. GAZZARA Santi - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
PROCURATORE GENERALE DELLA REPUBBLICA PRESSO LA CORTE D'APPELLO DI GENOVA;
avverso la sentenza emessa il 12 maggio 2006 dal giudice del tribunale di
Sanremo;
nei confronti di:
S.P.;
udita nella Pubblica udienza del 14 marzo 2007 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. Amedeo Franco; udito il Pubblico Ministero in persona del
Sostituto Procuratore Generale Dott. SALZANO Francesco, che ha concluso per la
conversione del ricorso in appello e la trasmissione degli atti alla
corte d'appello di Genova.
FATTO
S.P. venne rinviato a giudizio per rispondere del reato di cui al D.Lgs. 5
febbraio 1997, n. 22, art. 50, comma 2, perchè, in qualità di proprietario di
un'auto rinvenuta abbandonata su una pubblica via di Sanremo, non aveva
ottemperato alla ordinanza del dirigente comunale in data 20.5.2005
(notificatagli il 27.5.2005) che gli ingiungeva di provvedere entro dieci giorni
alla rimozione della stessa.
Il giudice del tribunale di Sanremo, con la sentenza in epigrafe, osservò:
- che il veicolo era stato parcheggiato in pessimo stato di conservazione;
- che il 7 giugno 2005 l'imputato, residente in (Omissis), aveva
denunziato il furto del veicolo in questione, che era stato parcheggiato dal
figlio a (Omissis), senza alcuna intenzione di abbandonarlo;
- che ciò rendeva plausibile che l'imputato non avesse alcuna intenzione di
disfarsi della propria auto, abbandonandola, e quindi la stessa non poteva
considerarsi rifiuto, sicchè veniva meno il presupposto su cui si basava
l'ordinanza comunale.
Di conseguenza assolse l'imputato perché il fatto non sussiste.
Il Procuratore generale della Repubblica presso la corte d'appello di Genova
propone ricorso per cassazione deducendo inosservanza ed erronea applicazione
del D.Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22, art. 50, e mancanza o manifesta illogicità
della motivazione, in ordine alla esclusione della responsabilità, essendo
risultato che il veicolo, in pessimo stato d'uso, non era più minimamente idoneo
alla circolazione ed era irrecuperabile, ed andava quindi qualificato come
rifiuto, sicché la eventuale mancanza di intenzione del S. di disfarsene era
implausibile e comunque irrilevante.
Deduce inoltre, che il reato di cui al D.Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22, art. 50, è
un reato omissivo che è integrato dalla mancata osservanza dell'ordinanza
sindacale emanata ai sensi dell'art. 14, comma 3, con la quale si intima al
proprietario la rimozione, senza che rilevi il fatto che l'accumulo di rifiuti
non sia ascrivibile al comportamento del destinatario dell'intimazione. E'
quindi irrilevante che il S. avesse sporto denuncia di furto dell'auto, posto
che del suo ritrovamento e della sua giacenza nella strada di Sanremo aveva
avuto rituale notizia con la notificazione dell'ordinanza in questione.
DIRITTO
Rileva preliminarmente il Collegio che la facoltà di proporre direttamente
ricorso per cassazione per la parte che ha diritto di appellare la sentenza di
primo grado, prevista dalla disposizione contenuta nell'art. 569 c.p.p., comma
1, è soggetta alle limitazioni stabilite dal terzo comma, sicchè in tali casi
(art. 606 c.p.p., comma 1, lett. d) ed e)), il ricorso si converte in appello.
Nella specie il reato contestato è punito con la sola pena dell'arresto e,
quindi - a seguito della declaratoria di illegittimità costituzionale della L.
20 febbraio 2006, n. 46, art. 1 (nella parte in cui, sostituendo l'art. 593
c.p.p., esclude che il pubblico ministero possa appellare contro le sentenze di
proscioglimento) intervenuta con la sentenza n. 26 del 2007 della Corte
costituzionale - la sentenza de qua era appellabile da parte del pubblico
ministero, sicché il ricorso proposto deve qualificarsi come ricorso per
saltum.
Nella specie il ricorrente censura la sentenza impugnata anche sotto il profilo
della mancanza o manifesta illogicità della motivazione (accertamento dello
stato di conservazione del veicolo di proprietà dell'imputato e sua
qualificazione come rifiuto) sollecitando la rivalutazione del merito.
Pertanto, essendo stata sollevata questione attinente al fatto, l'impugnazione
va convertita in appello e va disposta la trasmissione degli atti alla corte
d'appello di Genova.
Peraltro, questa Corte deve anche porsi il problema se dagli atti emerga in modo
evidente una causa di proscioglimento nel merito con conseguente obbligo della
sua immediata declaratoria ai sensi dell'art. 129 cod. proc. pen..
Ed invero, all'imputato è stato contestato il reato in questione perché, nella
sua qualità di proprietario dell'auto abbandonata, non aveva ottemperato
all'ordinanza di rimozione del dirigente comunale. Senonché, contrariamente a
quanto sostiene il ricorrente Procuratore generale - secondo il quale
l'ordinanza D.Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22, ex art. 14, comma 3, potrebbe essere
intimata anche al proprietario del rifiuto e quindi il reato di cui all'art. 50,
comma 2, potrebbe essere commesso da chiunque non la ottemperi e "sia stato
nella stessa individuato come responsabile dell'abbandono o proprietario"
(peraltro citando in modo incompleto alcune massime di questa Corte) - va
precisato che, invece, l'art. 14, comma 3, cit. (ora trasfuso nel D.Lgs. 3
aprile 2006, n. 152, art. 192, comma 3) prevede che l'ordinanza del sindaco con
l'ordine di rimozione, smaltimento e ripristino dei luoghi, può essere emessa
solo nei confronti dei soggetti che violino le disposizioni di cui ai commi 1 e
2, ossia dei soggetti che hanno abbandonato i rifiuti e, in solido, nei
confronti del proprietario dell'area sulla quale i rifiuti sono stati
abbandonati (o del titolare di diritti di godimento sulla stessa) e non anche
(come sembra sostenere il ricorrente) nei confronti del proprietario, in quanto
tale, del rifiuto abbandonato da altri, a meno che, ovviamente, questi non sia
colui che l'ha abbandonato o non abbia concorso, materialmente o moralmente, con
chi l'ha abbandonato.
Orbene, una ordinanza del sindaco che imponesse ad un soggetto diverso da quelli
espressamente indicati una prestazione personale non prevista da una
disposizione posta da un atto avente forza di legge, sarebbe illegittima per
violazione dell'art. 23 Cost., con conseguente obbligo del giudice di
disapplicarla. Il reato di cui all'art. 50, comma 2, cit. (ora trasfuso nel
D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, art. 255, comma 3) non è quindi configurabile nei
confronti di chi, non essendo colui che ha abbandonato i rifiuti, o non avendo
concorso materialmente o moralmente con questi, e non essendo il proprietario o
titolare di diritto di godimento sull'area ove i rifiuti sono stati abbandonati,
sia stato destinatario di una ordinanza del sindaco emessa nei suoi confronti
esclusivamente perché proprietario del rifiuto abbandonato da altri, attesa la
illegittimità e la conseguente disapplicabilità di siffatto provvedimento.
Nel caso di specie l'ordinanza comunale sembra essere stata emessa nei confronti
dell'odierno imputato appunto solo nella "qualità di proprietario della
autovettura", mentre l'imputato ha eccepito espressamente di non avere
abbandonato, o concorso ad abbandonare, l'auto, che sarebbe stata invece
abbandonata da ignoti ladri che l'avrebbero sottratta in (Omissis) al
figlio cui sarebbe stata affidata.
Tuttavia, poiché la sentenza impugnata non ha preso in considerazione e valutato
questa eccezione, dalla stessa e dagli atti non emerge in modo evidente che
l'imputato non sia stato anche colui che abbia abbandonato l'auto o non abbia
concorso, materialmente o moralmente, con chi l'ha abbandonata, sicché allo
stato questa possibilità non può escludersi con assoluta certezza sulla base di
una semplice lettura della sentenza impugnata.
Ne consegue che non può in questa sede pronunciarsi sentenza di proscioglimento
ex art. 129 cod. proc. pen., dovendo il relativo accertamento essere compiuto
dal giudice competente sulla proposta impugnazione, fermo restando che per un
riconoscimento di responsabilità penale occorrerà che sussista la prova
(ovviamente anche presuntiva) che l'imputato rivestiva una delle qualifiche
necessarie per la legittimità dell'emissione nei suoi confronti dell'ordinanza
sindacale in questione.
P.Q.M.
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Converte il ricorso in appello e dispone
trasmettersi gli atti alla corte d'appello di Genova.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte Suprema di Cassazione, il 14 marzo
2007.
Depositato in Cancelleria il 4 maggio 2007
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