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URBANISTICA E EDILIZIA - Concessione edilizia o permesso di costruire -
Legittimità del titolo abilitativo - Poteri del giudice penale - Giudicato
amministrativo. Il giudice penale, nel valutare la sussistenza o meno della
liceità di un intervento edilizio, deve verificarne la conformità a tutti i
parametri di legalità fissati dalla legge, dai regolamenti edilizi, dagli
strumenti urbanistici e dal titolo abilitativo edificatorio (vedi Cass., Sez.
Un., 28.11.2001, Salvini). Deve escludersi che - qualora sussista difformità
dell'opera edilizia rispetto a previsioni normative statali o regionali ovvero a
prescrizioni degli strumenti urbanistici - il giudice debba comunque concludere
per la mancanza di illiceità penale qualora sia stata rilasciata concessione
edilizia o permesso di costruire, in quanto detti provvedimenti non sono idonei
a definire esaurientemente lo statuto urbanistico ed edilizio dell'opera
realizzanda. Inoltre, deve escludersi che una qualsiasi pronuncia del giudice
amministrativo, coinvolgente l'atto amministrativo costituente elemento di
fattispecie penalmente rilevante, possa inibire al giudice ordinario la
valutazione dei profili di illegittimità dello stesso. Pres. Grassi Est. Fiale
Ric. Bruno. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 23 gennaio 2007 (c.c.
14/12/2006), Sentenza n. 1894
URBANISTICA E EDILIZIA - Titolo edilizio illegittimo - Esecuzione di lavori
edilizi in assenza di permesso di costruire - Configurazione del reato. Il
reato di esecuzione di lavori edilizi in assenza di permesso di costruire può
ravvisarsi anche in presenza di un titolo edilizio illegittimo, (Cass. Sez. III,
sentenza del 21.3.2006, ric. Di Mauro), salvo che provvedimenti giurisdizionali
del giudice amministrativo passati in giudicato abbiano espressamente affermato
la legittimità della concessione o della autorizzazione edilizia ed il
conseguente diritto del cittadino alla realizzazione dell'opera.. Pres. Grassi
Est. Fiale Ric. Bruno. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 23 gennaio 2007
(c.c. 14/12/2006), Sentenza n. 1894
URBANISTICA E EDILIZIA - Distanze legali minime tra costruzioni - Disciplina
applicabile ai rapporti tra privati - Art. 9 del D.M., n. 1444/1968 - Esclusione
- Disciplina codicistica - Art. 873 segg. cod. civ.. La disciplina delle
distanze legali minime tra costruzioni posta dall'art. 9 del D.M., n. 1444/1968
non è applicabile ai rapporti tra privati, trattandosi di disposizione
esclusivamente dedicata ai Comuni, i quali sono tenuti al rispetto delle
menzionate distanze nella predisposizione degli strumenti urbanistici. Ne
consegue che: a) se lo strumento urbanistico si ponga in contrasto con l'art. 9
del D.M. n 1444/1968, esso può essere finanche disapplicato dal giudice
ordinario, che può riconoscere immediata precettività al predetto art. 9,
divenuto, per inserzione automatica, parte integrante dello strumento
urbanistico in sostituzione della disposizione disapplicata; b) se lo strumento
urbanistico non stabilisca distanze legali minime per le costruzioni in una
determinata area, dall'impossibilità di applicazione dell'art, 9 D.M. n.
1444/1968 nei rapporti interprivati discende che alla costruzioni si applica la
disciplina codicistica, con possibilità di edificazioni sul confine o in
aderenza (artt. 873 segg. cod. civ.)". Pres. Grassi Est. Fiale Ric. Bruno.
CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 23 gennaio 2007 (c.c. 14/12/2006), Sentenza
n. 1894
URBANISTICA E EDILIZIA - PROCEDURE E VARIE - Prescrizioni degli strumenti
urbanistici - Difformità da disposizioni legislative o regolamentari - Poteri
del giudice penale - Elementi di natura extrapenale. Nel caso di accertata
difformità da disposizioni legislative o regolamentari, ovvero dalle
prescrizioni degli strumenti urbanistici, non si configura una non consentita "disapplicazione",
da parte del giudice penale dell'atto amministrativo concessorio (Cass., Sez.
Un., 12.11.1993, Borgia), in quanto lo stesso giudice, qualora come presupposto
o elemento costitutivo di una fattispecie di reato sia previsto un atto
amministrativo ovvero l'autorizzazione del comportamento del privato da parte di
un organo pubblico, non deve limitarsi a verificare l'esistenza ontologica
dell'atto o provvedimento amministrativo, ma deve verificare l'integrazione o
meno della fattispecie penale, "in vista dell'interesse sostanziale che tale
fattispecie assume a tutela, nella quale gli elementi di natura extrapenale
convergono organicamente, assumendo un significato descrittivo" (vedi Cass.,
Sez. Un., 28.11.2001, Salvini; nonché Sez. VI, 18.3.1998, n. 3396, Calisse ed
altro). Pres. Grassi Est. Fiale Ric. Bruno. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez.
III, 23 gennaio 2007 (c.c. 14/12/2006), Sentenza n. 1894
URBANISTICA E EDILIZIA - Illegittimità sostanziale di un titolo abilitativo
edilizio - Poteri del giudice penale - Art. 5 L. n. 2248/1863, all. E). Il
giudice penale, allorquando accerta profili di illegittimità sostanziale di un
titolo abilitativo edilizio, procede ad una identificazione in concreto della
fattispecie sanzionata e non pone in essere alcuna "disapplicazione"
riconducibile all'art. 5 della legge 20 marzo 1863, n. 2248, allegato E), né
incide, con indebita ingerenza, sulla sfera riservata alla Pubblica
Amministrazione, poiché esercita un potere che trova fondamento e
giustificazione nella stessa previsione normativa incriminatrice. (Cass., Sez.
III, 28.9.2006, sentenza n. 40425, Consiglio). Pres. Grassi Est. Fiale Ric.
Bruno. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 23 gennaio 2007 (c.c.
14/12/2006), Sentenza n. 1894
URBANISTICA E EDILIZIA - Non conformità dell'atto amministrativo alla
normativa - Sindacato del giudice penale. La non-conformità dell'atto
amministrativo alla normativa che ne regola l'emanazione alle disposizioni
legislative statali e regionali in materia urbanistico-edilizia ed alle
previsioni degli strumenti urbanistici può essere rilevata non soltanto se
l'atto medesimo sia illecito, cioè frutto di attività criminosa, ed a
prescindere da eventuali collusioni dolose del soggetto privato interessato con
organi dell'amministrazione. Il sindacato del giudice penale, al contrario, è
possibile tanto nelle ipotesi in cui l'emanazione dell'atto sia espressamente
vietata in mancanza delle condizioni previste dalla legge quanto in quelle di
mancato rispetto delle norme che regolano l'esercizio del potere. (Cass., Sez.
III, 28.9.2006, sentenza n. 40425, Consiglio). Pres. Grassi Est. Fiale Ric.
Bruno. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 23 gennaio 2007 (c.c.
14/12/2006), Sentenza n. 1894
URBANISTICA E EDILIZIA - Costruzione edilizia - Conformità alla legge ed agli
strumenti urbanistici - Potere e limiti del giudice penale. Il potere del
giudice penale di accertare la conformità alla legge ed agli strumenti
urbanistici di una costruzione edilizia trova un limite nei provvedimenti
giurisdizionali del giudice amministrativo passati in giudicato che abbiano
espressamente affermato la legittimità della concessione o della autorizzazione
edilizia ed il conseguente diritto del cittadino alla realizzazione dell'opera
(vedi: Cass., Sez. III, 21.10.2003, n. 34707, Luterano di Scorpianello). Pres.
Grassi Est. Fiale Ric. Bruno. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 23/01/2007 (c.c. 14/12/2006), Sentenza n. 1894
PROCEDURE E VARIE - Giudizio di impugnazione - Ricorso proposto da un
pubblico ministero incompetente - Inammissibilità - Deposito come "atto proprio"
dal pubblico ministero competente. E’ inammissibile il ricorso proposto da
un pubblico ministero incompetente che porti la firma di adesione del competente
organo dell'accusa, poiché un gravame originariamente inammissibile non é idoneo
a produrre l'impulso necessario per originare il giudizio di impugnazione (Cass.
Sez. III, 23.3.2004, sentenza n. 13969). Tuttavia, non è configurabile, un
ricorso “per relationem” nè alcuna "inammissibilità originaria", quando,
indipendentemente dalla persona fisica che ha materialmente redatto l'atto di
gravame, questo è stato depositato come "atto proprio" dal pubblico ministero
competente. Pres. Grassi Est. Fiale Ric. Bruno. CORTE DI CASSAZIONE PENALE
Sez. III, 23 gennaio 2007 (c.c. 14/12/2006), Sentenza n. 1894
PROCEDURE E VARIE - Provvedimenti di sequestro - Verifica delle condizioni di
legittimità della misura - Limiti. Nei procedimenti incidentali aventi ad
oggetto provvedimenti di sequestro, la verifica delle condizioni di legittimità
della misura da parte del Tribunale non può tradursi in una anticipata decisione
della questione di merito concernente la responsabilità degli indagati in ordine
al reato o ai reati oggetto di investigazione, ma deve limitarsi al controllo di
compatibilità tra fattispecie concreta e fattispecie legale ipotizzata, mediante
una valutazione prioritaria ed attenta della antigiuridicità penale del fatto
(Cass., Sez. Unite, 7.11.1992, ric. Midolini). Pres. Grassi Est. Fiale Ric.
Bruno. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 23 gennaio 2007 (c.c.
14/12/2006), Sentenza n. 1894
PROCEDURE E VARIE - Misure cautelari reali - Provvedimenti del tribunale del
riesame - Legittimato a ricorrere - P.M. - Art. 325 c.p.p.. In materia di
misure cautelari reali, legittimato a ricorrere contro i provvedimenti del
tribunale del riesame, ai sensi dell'art. 325 c.p.p., è solo il pubblico
ministero presso detto tribunale e non anche quello che aveva richiesto
l'applicazione della misura. Pres. Grassi Est. Fiale Ric. Bruno. CORTE DI
CASSAZIONE PENALE Sez. III, 23 gennaio 2007 (c.c. 14/12/2006), Sentenza n. 1894
PROCEDURE E VARIE - Provvedimenti di sequestro - Verifica di congruità degli
elementi rappresentati - Ruolo di garanzia del Tribunale. Nei procedimenti
incidentali aventi ad oggetto provvedimenti di sequestro, l'accertamento della
sussistenza del "fumus commissi delicti"' va compiuto sotto il profilo
della congruità degli elementi rappresentati, che non possono essere censurati
in punto di fatto, per apprezzarne la coincidenza con le reali risultanze
processuali, ma che vanno valutati così come esposti, al fine di verificare se
essi consentono di sussumere l'ipotesi formulata in quella tipica. Il Tribunale,
non deve instaurare un processo nel processo, ma svolgere l'indispensabile ruolo
di garanzia, tenendo nel debito conto le contestazioni difensive sull'esistenza
della fattispecie dedotta ed esaminando sotto ogni aspetto l'integralità dei
presupposti che legittimano il sequestro" (Cass., Sez. Un., 29.1.1997, n. 23,
ric. P.M. in proc. Bassi e altri). Pres. Grassi Est. Fiale Ric. Bruno. CORTE
DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 23 gennaio 2007 (c.c. 14/12/2006), Sentenza n.
1894
PROCEDURA E VARIE - Riesame di provvedimenti di sequestro - Situazioni di
buona fede e di affidamento incolpevole - Potestà del giudice. Spetta in
ogni caso al giudice del merito, e non certo a quello del riesame di
provvedimenti di sequestro, la individuazione, in concreto, di eventuali
situazioni di buona fede e di affidamento incolpevole. (Cass., Sez. III,
28.9.2006, sentenza n. 40425, Consiglio). Pres. Grassi Est. Fiale Ric. Bruno.
CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 23/01/2007 (c.c. 14/12/2006), Sentenza n.
1894
PROCEDURA E VARIE - Autorità giudiziaria ordinaria - Conformità a legge di un
"arret" di un'altra giurisdizione - Limiti. L'autorità giudiziaria
ordinaria non ha il potere di valutare la conformità a legge di un "arret"
di un'altra giurisdizione: ciò in quanto il cittadino - pena la vanificazione
dei suoi diritti civili - non può essere privato della facoltà di fare
affidamento sugli strumenti della tutela giurisdizionale posti a sua
disposizione dall'ordinamento". (Ric. Ciaburri. Cass. Sez. III, del 3.4.1996,
decisione n. 54). Pres. Grassi Est. Fiale Ric. Bruno. CORTE DI CASSAZIONE
PENALE Sez. III, 23/01/2007 (c.c. 14/12/2006), Sentenza n. 1894
Udienza in
Camera di consiglio del 14.12.2006
SENTENZA N. 1324
REG. GENERALE n. 39113/06
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE III PENALE
Composta dagli III. mi Signori
Omissis
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto dal Procuratore della Repubblica preso il Tribunale di Cosenza
avverso l'ordinanza 19-9-2006, pronunciata dal Tribunale per il riesame di Cosenza nei confronti di :
1 - BRUNO Vittorio, n. a Cosenza il 19-11-1969
2 - BRUNO Paolo, n. a Mottafollone il 26-3-1935
3 - PIRAGINE Anna Maria Carmela, n. ad Altomonte il 22-8-1945
Sentita la relazione fatta dal Consigliere dr.. Aldo Fiale
udito il Pubblico Ministero nella persona del dr. Francesco SALZANO che ha concluso per l'annullamento con rinvio dell'ordinanza impugnata.
Udito il difensore, avv.to. Pierfrancesco BRUNO, anche per delega degli avv.ti. Michele DONADIO e Saverio Rocco CETRARO, il quale ha concluso chiedendo la declaratoria di inammissibilità avverso il rigetto del ricorso del P.M.
FATTO E DIRITTO
Il Tribunale di Cosenza, con ordinanza del 19.9.2006, accoglieva l'istanza di
riesame proposta nell'interesse di Bruno Vittorio, Piragene Anna Maria
Carmela (proprietari della superficie fondiaria oggetto di edificazione) e
Bruno Paolo (legale rappresentante della s.r.l. "MIVI", esecutrice
materiale delle opere edilizie) avverso il decreto 14.7.2006 con il quale il
G.I.P. del Tribunale di Castrovillari aveva disposto il sequestro preventivo di
un corpo di fabbrica a cinque livelli fuori terra, da adibire a parcheggio, in
corso di completamento su
un'area sita in prossimità della cinta muraria del castello di Altomonte in
relazione ad una serie di
ipotizzati reati di edificazione abusiva (art. 44 del T.U. a 380/2001).
Il Tribunale - nel disporre "la restituzione del manufatto in sequestro agli
aventi diritto" - rilevava che, quanto all'attività costruttiva in oggetto:
a) erano stati rilasciati dall'Amministrazione comunale di Altomonte:
- concessione edilizia a 25/2002,
- permesso di costruire n. 8/2003,
- permesso di costruire in variante n. 28/2005 (rilasciato da commissario ad acta];
b) i titoli abilitativi n. 25/2002 e n. 8/2003 erano stati poi annullati in via
di autotutela dal responsabile dell'ufficio tecnico comunale, con ordinanza n.
42/2004, ma il giudice amministrativo aveva annullato detto provvedimento
ablatorio;
c) gli organi di giustizia amministrativa avevano "costantemente concluso nel
senso della legittimità dell'intervento edificatorio in contestazione", sicché
"i titoli edilizi originariamente emessi ed il successivo permesso relativo al
progetto di variante, in forza dei quali i ricorrenti hanno dato inizio
all'esecuzione dei lavori di costruzione del parcheggio appaiono atti legittimi".
Avverso l'anzidetta ordinanza ha proposto ricorso il Procuratore della
Repubblica presso il Tribunale di Cosenza, il quale ha rilevato - sotto il
profilo della violazione di legge - che:
a) secondo la giurisprudenza di legittimità, deve escludersi "che una qualsiasi
pronuncia del giudice amministrativo, coinvolgente l'atto amministrativo
costituente elemento di fattispecie penalmente rilevante, possa inibire al
giudice ordinario la valutazione dei profili di illegittimità dello stesso".
Nella specie, le pronunzie del giudice amministrativo ritenute risolutive dal
Tribunale si riferiscono a vizi attinenti alla motivazione dei provvedimenti
presi in esame o afferiscono a difetti di procedura, sicché non potrebbe
ritenersi preclusa al giudice ordinario la delibazione riguardante elementi
diversi da quelli sui quali si è formato il giudicato amministrativo;
b) la vicenda in esame sarebbe caratterizzata dai seguenti profili di
illegittimità sui quali il Tribunale ha omesso qualsiasi valutazione:
- il fabbricato é ubicato a distanza mediamente pari a mt. 3,40 dalle mura di
cinta del castello di Altomonte, oggetto di tutela speciale in forza del D.M
9.5.1994. Una tale distanza si porrebbe in contrasto con la misura minima di
salvaguardia (10 metri) prescritta dalla legge 12.4.1990, n. 23 della Regione
Calabria, che vieta inoltre interventi edilizi ex novo del tipo di quello
assentito;
- lo stesso fabbricato, di ben cinque piani fuori terra in cemento armato, da
adibirsi a parcheggio, é ubicato in una zona urbanistica ove un intervento
siffatto non sarebbe consentito, poiché le norme tecniche di attuazione del
programma di fabbricazione del Comune di Altomonte la destinano a "verde
privato", consentendovi esclusivamente la posa in opera di attrezzature per
il gioco e lo sport, di percorsi per la ginnastica psicomotoria all'aperto, la
costruzione, previa indagine geologica specifica di piscine di piccole e medie
dimensioni, anche ad uso promiscuo, privato e pubblico, e la messa in opera di
piccole casette in legno prefabbricate, ad un solo livello, a servizio delle
eventuali attività ricreative;
c) il manufatto, pur nella sua destinazione a parcheggio, si porrebbe in
violazione dell'art. 9 della legge 24.3.1989. n 122 (c.d. legge Tognoli);
d) l'edificazione sarebbe stata attuata in violazione delle distanze, prescritte
dai titoli abilitativi, rispetto alla confinante proprietà di tale Giulio
Sciarra;
e) l'accertamento effettuato dal Tribunale si sarebbe dovuto limitare al
controllo di compatibilità tra la fattispecie concreta e quelle legali
ipotizzate, sotto il profilo della congruità degli elementi rappresentati, non
censurabili in punto di fatto. Il giudice del riesame, invece, avrebbe
illegittimamente esteso la propria cognizione agli aspetti fattuali della
vicenda:
f) il Tribunale avrebbe violato, infine, gli artt. 324, comma 7, e 309, comma 9,
c.p.p., disponendo la restituzione del manufatto senza previamente annullare il
decreto di sequestro preventivo.
****************
1. Quanto ai profili di ammissibilità del ricorso, deve preliminarmente
rilevarsi che, per giurisprudenza costante di questa Corte Suprema, in materia
di misure cautelari reali, legittimato a ricorrere contro i provvedimenti del
tribunale del riesame, ai sensi dell'art. 325 c.p.p., è solo il pubblico
ministero presso detto tribunale e non anche quello che aveva richiesto
l'applicazione della misura.
Questa III Sezione - con sentenza n. 13969 del 23.3.2004 - ha affermato che è
inammissibile il ricorso proposto da un pubblico ministero incompetente che
porti la firma di adesione del competente organo dell'accusa, poiché un
gravame originariamente inammissibile non é idoneo a produrre l'impulso
necessario per originare il giudizio di impugnazione.
Nella fattispecie in esame, però, il Procuratore della Repubblica presso il
Tribunale di Castrovillari ha redatto il ricorso e si è limitato a trasmetterlo
esclusivamente ai Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Cosenza,
il quale - dopo averlo sottoscritto - ha provveduto ritualmente a presentarlo,
depositandolo nei modi di legge.
Non è configurabile, pertanto, un ricorso '`per relationem" nè alcuna "inammissibilità
originaria", perché, indipendentemente dalla persona fisica che ha
materialmente redatto l'atto di gravame, questo è stato depositato come "atto
proprio" dal pubblico ministero competente.
Debbono ritenersi casi rispettati i requisiti di forma e di sostanza previsti per tale impugnazione.
2. Tanto premesso sotto l'aspetto procedurale, il ricorso risulta fondato nel
merito e merita accoglimento nei limiti e con le specificazioni di seguito
enunciati.
3. La vicenda in esame è caratterizzata dalle seguenti scansioni fattuali e
procedimentali;
* Il Comune di Altomonte rilasciava a Piragine Anna Maria Carmela:
- in data 29.7.2002, la concessione edilizia n. 25/2002 per l'esecuzione di
lavori "di restauro, consolidamento e ristrutturazione funzionale" del castello
dei Conti di Altomonte (già destinato anche a struttura alberghiera e di
ristorazione), che prevedevano l'aggiunta di nuove camere e la realizzazione di
un'area da destinare a parcheggio;
- in data 1.10.2003, il permesso di costruire n. 8/2003 per l'esecuzione di
lavori di costruzione di un parcheggio multipiano con struttura in cemento
armato.
* Iniziati i lavori per la realizzazione del parcheggio, la Soprintendenza per i
beni architettonici ed ambientali per la Calabria, sul rilievo che l'area
interessata era da sottoporre ad estensione del vincolo gravante sul complesso
monumentale del castello, sollecitava una revisione del progetto del parcheggio
e disponeva la sospensione dei lavori.
La Piragine, uniformandosi a tale sollecitazione, redigeva un progetto di
variante (che prevedeva una diversa pianta dell'edificio, una maggiore altezza
ed una superficie ridotta), in relazione al quale la Soprintendenza rilasciava
il nulla-osta, con provvedimento del 14.4.2004, indicando talune prescrizioni
relative all'uso dei materiali ed alle tecniche costruttive da seguire
nell'esecuzione dell'opera
* Il responsabile dell'ufficio tecnico comunale, invece:
- con ordinanza del 17.6.2004, rigettava la medesima istanza di variante;
- con ordinanza n. 42 del 27.7.2004, nell'esercizio dei poteri di autotutela,
annullava i due titoli abilitativi edilizi dianzi citati ed ordinava la
demolizione delle opere fino a quel momento eseguite.
*
Il TAR Calabria - Catanzaro.
- con ordinanze nn. 558 e 564 del 7.10.2004 (confermate dal Consiglio di Stato,
con ordinanza del 22.2.2005), disponeva rispettivamente, in via cautelare, la
sospensione dell'esecuzione: a) del provvedimento di annullamento della
concessione edilizia n. 25/2002; b) nonché del provvedimento di diniego
dell'approvazione del progetto di variante per la realizzazione del parcheggio,
dichiarando l'obbligo del Comune di riesaminare la relativa istanza della Piragine.
*
Lo stesso TAR Calabria quindi, in sede di merito e facendo seguito alle
anzidette sospensioni cautelari, con sentenza n. 499 del 10.3.2006, Annullava:
- il provvedimento comunale di annullamento in autotutela, rilevando che
l'Amministrazione non aveva compiutamente ed adeguatamente motivato tale
decisione, limitandosi ad invocare un generico e non sufficiente interesse al
ripristino della legalità;
- il diniego di approvazione del progetto di variante, rilevando che esso si basava su asserite illegittimità dei titoli edilizi originari che non era possibile valutare in sede di delibazione sulla variante.
*
Essendo tuttavia rimasta inerte l'Amministrazione comunale sulla richiesta di
variante pure dopo il provvedimento di sospensiva del diniego, il TAR (con
ordinanza del 25.7.2005) procedeva alta nomina di un commissario ad acta
(poi designato dal Prefetto di Cosenza nella persona del vice prefetto aggiunto
dr.ssa Anna Aurora Colosimo), la quale - previa acquisizione di un parere di un
docente universitario di scienze delle costruzioni - approvava il progetto di
variante, rilasciando il permesso di costruire n. 28 del 16.11.2005.
*
Il TAR Calabria, con sentenza n.500 del 10.3.2006. respingeva il ricorso
proposto dal Comune avverso detto provvedimento commissariale.
4. II
TAR Calabria - Catanzaro:
a) Con l'anzidetta ordinanza cautelare a 558 del 7.10.2004, ha disposto
la sospensione del provvedimento (n. 42/2004) di annullamento parziale della
concessione edilizia n. 25/2002, rilevando che il Comune non aveva ottemperato
all'onere "di offrire congrua motivazione a sostegno della misura di
autotutela adottata, con particolare riguardo alla sussistenza di un interesse
pubblico prevalente su quello privato, diverso dalla mera esigenza di
ripristino della legalità e dall'interesse alla protezione del valore
storico-architettonico dell'area interessata, esulante dalle competenze comunali
tanto più in presenza del nulla-osta formulato dalla Soprintendenza per i beni
architettonici e per il passaggio per la Calabria".
b) Con l'anzidetta sentenza n. 499 del 10.3.2006:
ba) ha ribadito tale assunto, considerando "censurabile l'apparato motivazionale
del provvedimento di autotutela, dal quale non traspare né l'indicazione dell'interesse
pubblico, connotato da attualità e concretezza; al ritiro dei due
titoli edilizi, né l'esito dell'obbligatorio giudizio di
comparazione tra detto interesse e quello dei ricorrenti alla
conservazione dei titoli medesimi", nonché evidenziando che "per
giurisprudenza consolidata non può costituire interesse pubblico al ritiro
quello al ripristino, in via di autotutela; della legalità, espressamente
richiamato nel provvedimento oggetto di gravame";
bb) quanto al rigetto dell'istanza di variante, ha affermato il principio
secondo il quale "l'Amministrazione non avrebbe potuto rivalutare profili
urbanistici inerenti il progetto originario, già definiti con il rilascio dei
titoli edilizi, salvi gli effetti conseguenti al legittimo esercizio del potere
di autotutela, in altri termini, dalla natura del procedimento di variante
discende, in linea di principio, che non può essere questa la sede per rivedere
valutazioni già definitivamente espresse nell'ambito del procedimento sfociato
nel titolo edilizio a monte, giacché - diversamente opinando - il procedimento
di variante permetterebbe all'Amministrazione di eludere i principi che
presiedono al legittimo esercizio del potere di autotutela".
c) Con l'anzidetta sentenza n. 500 del 10.3.2006:
ca) ha considerato prive di pregio alcune censure riferite dalla ricorrente
Amministrazione comunale alla pretesa mancata indicazione della posizione
planimetrica del fabbricato negli elaborati del progetto di variante, nonché ad
una presunta non conformità alla situazione reale delle risultanze dì taluni
atti progettatati allegati a sostegno della istanza di variante:
cb) ha affrontato poi la questione dell'edificazione del manufatto a poche
decine di centimetri da un rudere di proprietà di tale Sciarra Giulio, in
eccepita violazione della disciplina sulle distanze legali fissata dall'art. 9
del D.M. n 1444/1968, rilevando anzitutto che il proprietario di quel rudere ha
concesso a Bruno Vittorio, coniuge della Piragine (con contratto di permuta del
4.11.2005), il diritto "ad edificare, aprire affacciate, balconi e finestre sui
confine del terreno".
Ha quindi evidenziato che la disciplina delle distanze legali minime tra
costruzioni posta dall'art. 9 del D.M., n. 1444/1968 (che nella specie si assume
violata) "non è applicabile ai rapporti tra privati, trattandosi di disposizione
esclusivamente dedicata ai Comuni, i quali sono tenuti al rispetto delle
menzionate distanze nella predisposizione degli strumenti urbanistici. Ne
consegue che: a) se lo strumento urbanistico si ponga in contrasto con l'art. 9
del D.M. n 1444/1968, esso può essere finanche disapplicato dal giudice
ordinario, che può riconoscere immediata precettività al predetto art. 9,
divenuto, per inserzione automatica, parte integrante dello strumento
urbanistico in sostituzione della disposizione disapplicata; b) se lo strumento
urbanistico non stabilisca distanze legali minime per le costruzioni in una
determinata area, dall'impossibilità di applicazione dell'art, 9 D.M. n.
1444/1968 nei rapporti interprivati discende che alla costruzioni si applica la
disciplina codicistica, con possibilità di edificazioni sul confine o in
aderenza (artt. 873 segg. cod. civ.)".
Nella specie il giudice amministrativo ha affermato che "gli strumenti
urbanistici vigenti nel Comune di Altomonte non prescrivono distanze minime tra
costruzioni" e ne ha tratto, alla stregua dei principi sopra enunciati, la
conclusione dell'impossibilità di applicazione diretta dell'art. 9 del D.M. n
1444/1968 e della possibilità, invece, di edificazioni sui confine o in
aderenza.
5. Il Tribunale del riesame, con riferimento alle anzidette pronunzie del
giudice amministrativo, nell'ordinanza costituente oggetto del presente ricorso,
ha affermato - come già si è detto - che le stesse decisioni avrebbero "costantemente
concluso nel senso della legittimità dell'intervento edificatorio in
contestazione", sicché "i titoli edilizi originariamente emessi ed il
successivo permesso relativo al progetto di variante, in forza dei quali i
ricorrenti hanno dato inizio all'esecuzione dei lavori di costruzione del
parcheggio, appaiono atti legittimi (né risulta evidente un contrasto con norme
imperative talmente grave da determinare non la mera illegittimità degli atti,
ma la illiceità dei medesimi e, dunque, la loro nullità)".
Ha concluso, pertanto, per l'insussistenza del fumus dei reati
ipotizzati, con argomentazioni che il ricorrente P.M. ha contestato attraverso
la formulazione dei motivi di ricorso dianzi enunciati.
6. A fronte delle contestazioni del P.M. ricorrente, va rilevato che - secondo
la giurisprudenza costante di questa Corte Suprema - nei procedimenti
incidentali aventi ad oggetto provvedimenti di sequestro:
- la verifica delle condizioni di legittimità della misura da parte del
Tribunale non può tradursi in una anticipata decisione della questione di merito
concernente la responsabilità degli indagati in ordine al reato o ai reati
oggetto di investigazione, ma deve limitarsi al controllo di
compatibilità tra fattispecie concreta e fattispecie legale ipotizzata,
mediante una valutazione prioritaria ed attenta della antigiuridicità penale del
fatto (Cass., Sez. Unite, 7.11.1992, ric. Midolini);
- l'accertamento della sussistenza del "fumus commissi delicti"' va
compiuto sotto il profilo della congruità degli elementi rappresentati, che
non possono essere censurati in punto di fatto, per apprezzarne la
coincidenza con le reali risultanze processuali, ma che vanno valutati così come
esposti, al fine di verificare se essi consentono di sussumere l'ipotesi
formulata in quella tipica. Il Tribunale, dunque, non deve instaurare un
processo nel processo, ma svolgere l'indispensabile ruolo di garanzia,
tenendo nel debito conto le contestazioni difensive sull'esistenza della
fattispecie dedotta ed esaminando sotto ogni aspetto l'integralità dei
presupposti che legittimano il sequestro" (Cass., Sez. Un., 29.1.1997, n. 23,
ric. P.M. in proc. Bassi e altri).
7. Per quanto più specificamente riguarda la fattispecie in esame, va poi
ribadito il principio secondo il quale
il giudice penale, nel valutare la
sussistenza o meno della liceità di un intervento edilizio, deve verificarne la
conformità a tutti i parametri di legalità fissati dalla legge, dai regolamenti
edilizi, dagli strumenti urbanistici e dal titolo abilitativo edificatorio
(vedi Cass., Sez. Un., 28.11.2001, Salvini). Deve escludersi infatti che -
qualora sussista difformità dell'opera edilizia rispetto a previsioni normative
statali o regionali ovvero a prescrizioni degli strumenti urbanistici - il
giudice debba comunque concludere per la mancanza di illiceità penale qualora
sia stata rilasciata concessione edilizia o permesso di costruire, in quanto
detti provvedimenti non sono idonei a definire esaurientemente lo statuto
urbanistico ed edilizio dell'opera realizzanda.
Nel caso di accertata difformità da disposizioni legislative o regolamentari,
ovvero dalle prescrizioni degli strumenti urbanistici, non si configura una non
consentita "disapplicazione", da parte del giudice penale dell'atto
amministrativo concessorio (vedi Cass., Sez. Un., 12.11,1993, Borgia), in quanto
lo stesso giudice, qualora come presupposto o elemento costitutivo di una
fattispecie di reato sia previsto un atto amministrativo ovvero l'autorizzazione
del comportamento del privato da parte di un organo pubblico, non deve limitarsi
a verificare l'esistenza ontologica dell'atto o provvedimento amministrativo, ma
deve verificare l'integrazione o meno della fattispecie penale, "in vista
dell'interesse sostanziale che tale fattispecie assume a tutela, nella quale gli
elementi di natura extrapenale convergono organicamente, assumendo un
significato descrittivo" (vedi Cass., Sez. Un., 28,11.2001, Salvini; nonché Sez.
VI, 18.3.1998, n. 3396, Calisse ed altro)
Punto fermo è, dunque, che il reato di esecuzione di lavori edilizi in assenza
di permesso di costruire può ravvisarsi anche in presenza di un titolo edilizia
illegittimo (si vedano le ampie argomentazioni svolte in proposito da questa
Sezione con la sentenza 21.3.2006, ric. Di Mauro ed altro, che il Collegio
integralmente condivide).
Vanno ribaditi altresì i principi (recentemente enunciati da Cass., Sez. III,
28.9.2006, Consiglio) secondo i quali:
a) il giudice penale, allorquando accerta profili di illegittimità
sostanziale di un titolo abilitativo edilizio, procede ad una identificazione in
concreto della fattispecie sanzionata e non pone in essere alcuna
"disapplicazione" riconducibile all'art. 5 della legge 20 marzo 1863, n
2248. allegato E), né incide, con indebita ingerenza, sulla sfera riservata
alla Pubblica Amministrazione, poiché esercita un potere che trova fondamento e
giustificazione nella stessa previsione normativa incriminatrice;
b) la non-conformità dell'atto amministrativo alla normativa che ne regola
l'emanazione alle disposizioni legislative statali e regionali in materia urbanistico-edilizia ed alle previsioni degli strumenti urbanistici può essere
rilevata non soltanto se l'atto medesimo sia illecito, cioè frutto di
attività criminosa, ed a prescindere da eventuali collusioni dolose del soggetto
privato interessato con organi dell'amministrazione. Il sindacato del giudice
penale, al contrario, è possibile tanto nelle ipotesi in cui l'emanazione
dell'atto sia espressamente vietata in mancanza delle condizioni previste dalla
legge quanto in quelle di mancato rispetto delle norme che regolano l'esercizio
del potere,
c) spetta in ogni caso al giudice del merito, e non certo a quello del riesame
di provvedimenti di sequestro, la individuazione, in concreto, di eventuali
situazioni di buona fede e di affidamento incolpevole.
8. Questa Corte ha pure affermato, però, che
il potere del giudice penale
di accertare la conformità alla legge ed agli strumenti urbanistici di una
costruzione edilizia trova un limite nei provvedimenti giurisdizionali del
giudice amministrativo passati in giudicato che abbiano espressamente
affermato la legittimità della concessione o della autorizzazione edilizia ed il
conseguente diritto del cittadino alla realizzazione dell'opera (vedi Cass.,
Sez. III, 21.10.2003, n. 34707, Luterano di Scorpianello).
L'ordinanza impugnata ha fatto riferimento, al riguardo, alla decisione
3.4.1996, n. 54, Ciaburri, di questa III Sezione, massimata nel senso che
"l'autorità giudiziaria ordinaria non ha il potere di valutare la conformità a
legge di un "arret" di un'altra giurisdizione [nella specie, una sentenza
del Tribunale amministrativo regionale coperta da giudicato che affermava la
legittimità di una costruzione: n.d.r.]: ciò in quanto il cittadino -
pena la vanificazione dei suoi diritti civili - non può essere privato della
facoltà di fare affidamento sugli strumenti della tutela giurisdizionale posti a
sua disposizione dall'ordinamento".
Questo Collegio condivide e riafferma detto orientamento, ma rileva che esso non
può trovare applicazione nel caso di specie, in quanto, contrariamente a quanto
sostenuto dal Tribunale del riesame, le anzidette pronunzie definitive
del TAR Calabria - Catanzaro - che hanno di per sè comportato l'automatica
riespansione con efficacia ex tunc della posizione soggettiva caducata
dal provvedimento di autotutela annullato - non hanno affermato la legittimità
della concessione edilizia n. 25/2002 e del permesso di costruire n. 8/2003 per
la insussistenza dei vizi riscontrati dal Comune alla stregua delle previsioni
della legge statale 24.3.1989, n. 122 e della legge 12.4.1990, n. 23 della
Regione Calabria, nonché con riferimento alle prescrizioni fissate dal vigente
programma di fabbricazione del Comune di Altomonte.
Esse si sono limitate, invece, a pronunciare un annullamento, per mero
difetto di motivazione, rilevando che l'Amministrazione comunale,
allorquando intenda adottare, in sede di autotutela, un provvedimento di
annullamento di titoli abilitativi edilizi, non può limitarsi ad indicare i vizi
di detti titoli e le norme urbanistiche con le quali gli stessi si pongono in
contrasto, ma deve esplicare le concrete ragioni di interesse pubblico che
giustificano l'adozione dell'atto di annullamento e compiere un'adeguata
ponderazione di tutti gli interessi implicati, non essendo sufficiente, al
riguardo: il mero richiamo all'opportunità di ripristinare la legalità violata
ed esulando in ogni caso dalle competenze comunali valutazioni sovrapponentisi a
quelle già espresse dalla competente Soprintendenza, istituzionalmente preposta
alla tutela del valore storico-architettonico dell'area interessata.
E' soltanto questa la statuizione passata in giudicato e che resta insindacabile
da parte del giudice penale. L'Amministrazione comunale di Altomonte conserva
intatto, in ogni caso, il potere di effettuare quella comparazione tra
l'interesse pubblico all'adozione dell'atto di annullamento e gli interessi
privati sacrificati, la cui indispensabilità è stata affermata dal giudice
amministrativo.
Detto giudice, in particolare, non ha affrontato i profili di illegittimità
posti a base del provvedimento di sequestro preventivo adottato dal G.I.P. del
Tribunale di Castrovillari riguardanti:
- la prospettata difformità dei titoli edilizi dalle previsioni delle norme
tecniche di attuazione del programma di fabbricazione del Comune di Altomonte,
che destinerebbero la zona in cui sorge il nuovo fabbricato a "verde privato",
ove sarebbero consentite esclusivamente la posa in opera di attrezzature per il
gioco e lo sport, di percorsi "verde vita" per la ginnastica psicomotoria
all'aperto, la costruzione, previa indagine geologica specifica, di piscine di
piccole e medie dimensioni, anche ad uso promiscuo, privato e pubblico, e la
messa in opera di piccole casette in legno prefabbricate, ad un solo livello, a
servizio delle eventuali attività ricreative.
- la prospettata violazione delle misure di salvaguardia imposte dalla legge
regionale n. 23/1990 per i Comuni (come quello di Altomonte) non dotati di piano
regolatore generale, quanto alle distanze dell'erigendo fabbricato dalle mura di
cinta (la cui effettiva esistenza ed i cui elementi di individuazione sono
contestati dagli indagati) del castello di Altomonte, oggetto di tutela speciale
in forza del D.M 9.5.1994;
- la prospettata violazione delle disposizioni poste dalla legge 24.3.1989, n.
122 (c.d. legge Tognoli) in materia di realizzazione di parcheggi, tenuto conto
che, nella specie, il realizzando parcheggio ha natura privata - pure
essendo previsto l'obbligo di "consentirne l'uso gratuito per manifestazioni
indette dal Comune nel centro storico compatibilmente con l'inesistenza di
impegni lavorativi di massa da parte del Castello dei Conti di Altomonte" (vedi
la concessione edilizia n. 25/2002) - e la disciplina dell'utilizzazione di esso
risulta avere costituito oggetto di un protocollo di intesa, stipulato
tra l'Amministrazione comunale e la Piragene (vedi il permesso di costruire n.
8/2003).
Con la sentenza n. 500 del 10.3.2006 il TAR Calabria - Catanzaro ha affrontato
espressamente, invece, la questione delle distanze del manufatto dal contiguo
fondo di proprietà Sciama (pure oggetto di specifica contestazione di reato, ma
non risulta che tale sentenza sia passata in giudicato, mentre
Giulio Sciama, con successiva denuncia del 30.5.2006, ha dato comunicazione di
pretesa invasione, nell'esecuzione dei lavori in oggetto, della corte di un
proprio fabbricato.
Anche la sentenza del TAR n. 499 del 10.3.2006 si è limitata ad affermare il
principio secondo il quale, in sede di delibazione di una istanza di "variante"
a concessione edilizia già rilasciata, l'Amministrazione non può legittimamente
addurre a ragioni di diniego vizi che non attengono alla variante stessa,
procedendo a nuova e diversa valutazione di profili urbanistici riguardanti il
progetto originariamente assentito, già definiti con il rilascio del precedente
titolo edilizio, ma deve provvedere al previo, o contestuale, annullamento
d'ufficio della concessione originaria, da disporsi con specifica e motivata
valutazione dei contrapposti interessi coinvolti.
9. La illegittimità dei titoli abilitativi edilizi, ritenuta dal G.I.P. in
sede cautelare, non si pone quindi, all'evidenza, in contrasto con nessun
giudicato amministrativo.
A fronte delle opposte conclusioni alle quali é pervenuta l'ordinanza impugnata,
deve disporsene, conseguentemente, l'annullamento con rinvio al Tribunale di
Cosenza, che - alla stregua dei principi di diritto dianzi enunciati - dovrà
procedere a nuova delibazione dell'istanza di riesame attraverso la puntuale
valutazione di tutti i profili di illegittimità delineati nel provvedimento
applicativo della misura di cautela reale e contestati dalla difesa.
La questione relativa alla sussistenza dell'elemento psicologico degli
ipotizzati reati, resta demandata, invece, al giudice del merito e non può
essere risolta in sede cautelare.
P. Q. M.
La Corte Suprema di Cassazione,
visti gli artt. 608, 127 e 325 c.p.p.,
annulla l'ordinanza impugnata e rinvia al Tribunale di Cosenza per nuovo esame.
Così deliberato in ROMA, nella camera di consiglio del 14.12.2006
L' estensore
Il presidente
Aldo Fiale Aldo
Grassi
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