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registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006
RIFIUTI - Gestione dei rifiuti urbani non domestici - Violazione
dell'autorizzazione - Responsabilità del gestore - Principi - Art. 7, D. L.vo,
n. 22/1977 - D. L.vo n. 36/2003. I rifiuti urbani non domestici e, comunque,
diversi da quelli urbani previsti dall'art. 7 del decreto legislativo n 22/1977,
si configurano automaticamente speciali indipendentemente da ogni deliberazione
di conferma e la loro gestione deve essere penalmente sancita. Nella specie, è
stata riscontrata la responsabilità del gestore che, in violazione
dell'autorizzazione ha versato in discarica rifiuti, come i pneumatici usati,
non compresi tra quelli "assimilati" dal regolamento comunale e neanche inseriti
nella deliberazione interministeriale del 27 luglio 1984 [GU n. 253/1884], come
materiali inerti da demolizione, nonché rifiuti assimilati a quelli urbani in
quantità superiore a quella giornaliera autorizzata e fanghi diversi da quelli
autorizzati. Pres. Papa - Est. Teresi - Ric. Rando. CORTE DI CASSAZIONE
PENALE Sez. III, 25 gennaio 2007 (Ud. 18/12/2006), Sentenza n. 2871
RIFIUTI - Rifiuti speciali assimilati agli urbani - Comuni - Potere di
assimilazione - Disciplina - Principi "d'efficienza, efficacia ed economicità" -
Tassabilità delle superficie - Conferimento in discarica di rifiuti speciali -
Procedura d'ammissione - Necessità - Del. interm. 27 luglio 1984 - D. L.vo, n.
22/1977 - D. L.vo n. 36/2003. In materia di rifiuti, è stato, riconosciuta
ai Comuni la facoltà di attivare il potere di assimilazione, ripristinato con
l'art. 21, comma 2 lettera g) del decreto legislativo n. 22/1997 ed esercitabile
sulla base di norme regolamentari tecniche vigenti [deliberazione
interministeriale 1984] e delle nuove disposizioni di cui agli art. 18, comma 2
lettera d) e 57, comma 1, del d. lgs. n. 22/1997. Pertanto, i rifiuti speciali
assimilati agli urbani sono soltanto quelli che per qualità e quantità siano
previsti dai regolamenti comunali, sicché il Comune, tenuto a rispettare, nella
gestione dei rifiuti urbani, i principi "d'efficienza, efficacia ed economicità",
nel concedere l'autorizzazione [che comporta necessariamente la tassabilità
delle superficie in cui si producono i rifiuti], ha il potere, quanto alla
qualità, di stabilire quali, tra i rifiuti inseriti nella delibera
interministeriale del 27 luglio 1984 [GU n. 253/1884], siano assimilabili e,
quindi, escluderne altri, nonché d'individuare le quantità conferibili. Ne
consegue che, per versare rifiuti speciali in discarica, il richiedente o il
gestore deve seguire la procedura d'ammissione stabilita dai regolamenti
comunali ed osservate le prescrizioni imposte nell'autorizzazione. Pres. Papa -
Est. Teresi - Ric. Rando. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 25 gennaio
2007 (Ud. 18/12/2006), Sentenza n. 2871
RIFIUTI - Gestione e smaltimento dei rifiuti - Criterio dell'assimilabilità -
Disciplina vigente - D. M. 2/5/2006 - Dir. 75/442/CE; 91/689/CE; 75/442/CE - Dec.
2000/532/CE - D. L.vo n. 36/2003 - Ignoranza dell'illiceità della condotta -
Esclusione - Art. 5 c. p.. In materia di gestione e smaltimento dei rifiuti,
il criterio dell'assimilabilità è stato mantenuto anche nella Direttiva del
Ministero dell'ambiente del 9 aprile 2002, in relazione alla spedizione dei
rifiuti e al nuovo elenco dei rifiuti, che - al n. 20 dell'allegato A - riporta
i "rifiuti urbani (rifiuti domestici e assimilabili prodotti da attività
commerciali e industriali nonché dalla istituzioni) inclusi i rifiuti della
raccolta differenziata", classificazione confermata dal Decreto Ministeriale 2
maggio 2006 sull'elenco dei rifiuti in conformità dell'art. 1, comma 1 lettera A
della Direttiva 75/442/CE e dell'art. 1, paragrafo 4, della Direttiva 91/689/CE,
di cui alla decisione della Commissione 2000/532/CE del 3 maggio 2000. Conforme
alla direttiva n. 31 è il decreto legislativo d'attuazione 13 gennaio 2003 n. 36
che consente l'ammissione nelle discariche dei "rifiuti urbani" e dei "rifiuti
non pericolosi di qualsiasi altra origine che soddisfino i criteri di ammissione
dei rifiuti previsti dalla normativa vigente ". Nella specie, i reati non sono
stati esclusi sotto il profilo soggettivo per errore sull'ignoranza
dell'illiceità della condotta perché nemmeno in virtù del criterio
dell'ignoranza inevitabile teorizzato nella sentenza Corte Cost. n. 364/1988 è
possibile scusare il gestore di attività che comportino la gestione di rifiuti
senza informarsi delle leggi penali che disciplinano la materia, incombendo
all'interessato l'onere di approfondire la conoscenza della normativa di
settore, complessa ma di chiara precettività, di cui è presunta la conoscenza ex
art. 5 cod. pen.. Pres. Papa - Est. Teresi - Ric. Rando. CORTE DI CASSAZIONE
PENALE Sez. III, 25 gennaio 2007 (Ud. 18/12/2006), Sentenza n. 2871
PROCEDURE E VARIE - Nuovo sistema processuale - Integrazione del materiale
probatorio insufficiente o mancante ex art. 507 c.p.p. - Ammissione di prove -
Contestazione suppletiva ed a modificazione dell'imputazione ex art. 516 c.p.p.
- Poteri conferiti al giudice - Principio iura novit curia. In
considerazione della centralità del dibattimento, dei poteri conferiti al
giudice sia in materia d'integrazione del materiale probatorio insufficiente o
mancante ex art. 507 c.p.p., che in tema di ammissione di prove, e della
possibilità di procedere a contestazione suppletiva ed a modificazione
dell'imputazione ex art. 516 c.p.p., non è necessaria una dettagliata
imputazione. Ciò, aderendo alle novità del nuovo sistema processuale,
disancorato da visioni formalistiche e da valori epistemologici delle radici
letterali e teso a considerare l'imputazione nel suo complesso ed il
fondamentale principio iura novit curia (Cassazione Sezione I, n. 382/1999,
Piccioni, RV. 215140). Pres. Papa - Est. Teresi - Ric. Rando. CORTE DI
CASSAZIONE PENALE Sez. III, 25 gennaio 2007 (Ud. 18/12/2006), Sentenza n. 2871
Pubblica Udienza 18.12.2006
SENTENZA N. 2122
REG. GENERALE n. 29426/2005
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
Composta dagli III. mi Signori
Omissis
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da Rando Francesco, nato a Genova il 12.08.1937, avverso la sentenza pronunciata dal Tribunale di Roma in data 15.03.2005 con cui è stato condannato alla pena di €. 7.000 d'ammenda per i reati di cui all'art. 51, comma 1 lettera a) e comma 4 D. Lgs. n. 22/1997;
Visti gli atti, la sentenza denunciata, il ricorso e la memoria difensiva;
Sentita in pubblica udienza la relazione del Consigliere dott. Alfredo Teresi;
Sentito il PM nella persona del PG dott. Vittorio Meloni, il quale ha chiesto il
rigetto del ricorso;
Sentito il difensore del ricorrente, avv. Gian Michele Gentile, il quale ha
chiesto l'accoglimento del ricorso;
osserva
Con sentenza in data 15.03.2005 il Tribunale di Roma condannava Rando Francesco
alla pena di €. 7.000 d'ammenda perché, quale legale responsabile della s. r. I.
Giovi [gestore della discarica di Malagrotta] e della s. r.
I. Secor [società d'intermediazione per rifiuti conferiti alla discarica
da soggetti privati], non aveva osservato le prescrizioni dell'autorizzazione
12.12.2001,
con cui si consentiva lo smaltimento in discarica dei rifiuti provenienti dai
Comuni di Roma, Ciampino,
Fiumicino e dalla Città del Vaticano limitatamente a 4.500 t/giorno di RSU; 150
t/giorno di rifiuti assimilati
agli urbani secondo quanto stabilito dai regolamenti comunali emanati ai sensi
dell'art. 21, comma 2 lettera g), d. lgs. n. 22/1997; 400 t/giorno
di fanghi da depurazione, accettando e smaltendo nella discarica
anche rifiuti speciali non assimilati (per qualità i quantità) agli urbani con
provvedimenti comunali,
superando costantemente il
limite giornaliero di 150 t/giorno ed inoltre perché aveva effettuato attività
di smaltimento
di rifiuti speciali [non assimilabili a quelli urbani] senza la prescritta
autorizzazione.
Rilevava il Tribunale che, a seguito dell'abrogazione di una norma comunitaria
[art. 39 legge n. 146/1994] che disponeva l'assimilazione ope legis ai
rifiuti urbani dei rifiuti speciali propri delle attività economiche
riconducibili alla delibera del Comitato interministeriale 27 luglio 1984, il
Comune di Roma - con delibera n. 119 del 15 giugno 1998 - aveva dichiarato
assimilabili ai rifiuti urbani, per qualità e quantità, i rifiuti speciali non
pericolosi provenienti da attività economiche; in particolare, quelli aventi una
composizione merceologica analoga a quella dei rifiuti urbani d'origine
domestica o, comunque, costituiti da manufatti e materiali simili a quelli
compresi nell'elenco allegato (aspetto qualitativo), elenco riportante i rifiuti
assimilabili alla Tabella 1.1.1.
della citata Delibera interministeriale, fatta eccezione per la voce "gomma e
caucciù e manufatti composti prevalentemente da tali materiali, come camere
d'aria e copertoni" e la voce "rifiuti ingombranti" sino ad un
conferimento massimo espresso in kg. per mq. l'anno, individuato per ciascuna
tipologia di rifiuto (aspetto quantitativo).
La suddetta delibera stabiliva, quindi, la categoria dei rifiuti assimilati a
quelli urbani ai soli fini dello smaltimento in discarica, sicché i rifiuti
speciali, se non assimilati ai sensi del regolamento comunale [come previsto
dall'art. 7 n. 2 lettera b) e 21, comma 2 lettera g) del d. lgs.
n. 22/1997], restavano tali e sottoposti al relativo regime.
Pertanto, i rifiuti speciali assimilati agli urbani dovevano intendersi soltanto
quelli compresi nella delibera del Comitato interministeriale ed espressamente
richiamati nel Regolamento comunale nel rispetto delle quantità conferibili
predeterminate.
La categoria dei rifiuti assimilabili a quelli urbani non era sostanzialmente
venuta meno, come sostenuto dalla difesa, con la Direttiva 1999/31/CE del 26
aprile 1999, relativa alle discariche di rifiuti, perché la stessa aveva
incluso, tra i rifiuti destinati alle discariche per rifiuti non pericolosi i
rifiuti urbani di natura domestica e quelli ad essi equiparabili, nonché i
rifiuti non pericolosi di qualsiasi altra origine non contemplati dalla
Direttiva 91/689/CE sui rifiuti pericolosi (art. 2 e 6), tra i quali rientrano
anche quelli assimilabili (quelli speciali non pericolosi).
Inoltre, il d. lgs. 13.01.2003 n. 36, d'attuazione della suddetta Direttiva, e
il successivo decreto ministeriale 13.03.2003 avevano incluso espressamente tra
i rifiuti da smaltire in discariche per rifiuti non pericolosi anche i rifiuti
urbani per la cui individuazione l'art. 2 lettera b) del decreto
legislativo n. 36 rinvia all'art. 7, comma 2, del d. lgs. n. 22/1997 che
comprende anche i rifiuti assimilati, come individuati dall'autorità comunale.
Peraltro, le discariche già autorizzate alla data d'entrata in vigore del
decreto n. 36, come quella de qua, potevano continuare a ricevere, fino
al 16 luglio 2005, i rifiuti per cui erano state autorizzate (art. I7), sicché
fino a tale data vigeva l'autorizzazione n. 115 del 12.12.2001.
Ciò premesso, il Tribunale riteneva, alla stregua degli accertamenti eseguiti,
che la società Secor avesse conferito in discarica rifiuti non rientranti
tra quelli assimilati individuati nel Regolamento comunale n. 119/98 [pneumatici
usati, parti d'autoveicoli, abbigliamenti, lenzuola, indumenti monouso
provenienti da reparti ospedalieri di maternità o legati a diagnosi o al
trattamento e prevenzione di malattie d'essere umani; rifiuti di filtrazione e
vagli primari delle acque ad uso industriale] e neppure tra quelli assimilabili
di cui al decreto interministeriale [il materiale inerte da demolizione e
costruzione], nonché rifiuti assimilati in quantitativi giornalieri superiori a
quelli consentiti dall'autorizzazione e fanghi diversi da quelli autorizzati.
Proponeva ricorso per cassazione l'imputato eccependo la nullità del decreto di
citazione e dell'intero dibattimento per "violazione o errata applicazione
dell'art. 552 c.p.p. in riferimento alla chiarezza della contestazione, intesa
come enunciazione del fatto in forma chiara e precisa; genericità del capo
d'imputazione per impossibilità di ricostruzione del fatto. Nullità
conseguenziale".
Nel capo d'imputazione non era stato specificato quali fossero i rifiuti
speciali non assimilati conferiti in discarica, né erano state indicate le date
del superamento giornaliero di t. 150/giorno, stabilite solo presuntivamente.
Inoltre, l'indeterminatezza e genericità del primo capo d'imputazione si
rifletteva in quello successivo, laddove si fa riferimento, come descrizione
della condotta illecita ad attività di smaltimento di rifiuti speciali in
mancanza della prescritta autorizzazione.
Denunciava, poi, violazione o errata applicazione dell'art. 21 d. lgs. n.
22/1997, della delibera del Comitato interministeriale 27.07.1984, della
direttiva rifiuti 1999/31/CE, del d. lgs. n. 36/1993 esponendo che erroneamente
il Tribunale aveva ritenuto che i Comuni possano stabilire, discrezionalmente,
quali rifiuti non pericolosi possano essere assimilati a quelli urbani e, quindi
lecitamente essere conferiti in discarica stante che "i rifiuti assimilati,
ai fini del ricovero, sono quelli indicati nella delibera del Comitato
interministeriale del 1984"
Richiamate le norme succedutesi nel tempo in ordine all'assimilabilità dei
rifiuti non pericolosi a quelli urbani, ai fini del conferimento in discarica,
rilevava che, a seguito dell'abrogazione dell'art. 60 del d. lgs. n. 507/1993,
l'art. 39 della legge 22.02.1994 n. 146 aveva disposto l'assimilazione ope
legis
ai rifiuti urbani di tutti i rifiuti speciali indicati al punto 1.1.1 lettera a)
della delibazione del 1984, citata, eliminando qualsiasi discrezionalità dei
comuni al riguardo.
Il d. lgs. n. 22/1997 aveva introdotto, all'art. 7, una nuova classificazione dei
rifiuti e ripristinato, con l'art. 21 comma 2 lettera g), il potere dei Comuni
di prevedere con propri regolamenti l'assimilazione per qualità e quantità dei
rifiuti speciali non pericolosi ai rifiuti urbani ai fini della raccolta e dello smaltimento sulla base dei criteri fissati ai sensi dell'art.
18, comma 2 lettera d).
L'abrogazione con la legge n. 128/1998 dell'art. 39 della legge n. 146/1994,
citata, i Comuni avevano riacquistato "la possibilità di individuare, nell'ambito
delle tipologie di assimilabilità di cui alla delibera C.I. del 1984, quei
rifiuti non urbani per i quali prevedere l'applicazione delle tasse di
smaltimento al pari di quelli urbani".
Invece, la direttiva 1999/31/CE, nel classificare, all'art. 2, i rifiuti,
innovativa rispetto al d. lgs. n. 22/1997, aveva eliminato "la categoria dei
rifiuti speciali di cui alla lettera b) art. 7 e quindi la categoria dei rifiuti
assimilati agli urbani in virtù delle delibere comunali, ricomprendendo questi
nella categoria dei rifiuti urbani; la stessa avrebbe dovuto essere messa in
vigore da parte degli Stati membri, a norma dell'art. 18, entro due anni e
quindi in vigore il 16 luglio 2001"
La direttiva però, era stata recepita dal d. lgs. 13 gennaio 2003 n. 36, che
aveva reintrodotto, in difformità della normativa comunitaria, la categoria dei
rifiuti speciali assimilabili ad assimilati, sicché non operava per i fatti
accertati fino al 23 settembre 2002.
Peraltro, la decisione della Commissione della comunità europea del 16 gennaio
2001, modificativa dell'elenco dei rifiuti istituito dalla decisione
2000/532/CE, al capitolo 20 aveva classificato come rifiuti urbani i rifiuti
domestici e assimilabili prodotti da attività commerciali e industriali nonché
dalle istituzioni, inclusi i rifiuti della raccolta differenziata, così ricomprendendo tutti i rifiuti speciali indicati nella delibera del Comitato interministeriale 1984 che fornisce i criteri generali per
l'assimilabilità dei
rifiuti speciali ai rifiuti urbani.
Il decorso il biennio, decorrente dal 16 luglio 2001, aveva comportato
l'automatico recepimento della direttiva 1999/31/CE nell'ordinamento giuridico
italiano con "la scomparsa di rifiuti speciali, e quindi la scomparsa di rifiuti assimilabili, ricompresi tutti nel concetto di rifiuto urbano"
Denunciava, altresì, l'imputato
. mancanza e manifesta illogicità della motivazione in ordine alla configurabilità dei reati non essendo provato lo sforamento delle quantità consentita
[150 tonnellate al giorno per i rifiuti assimilati agli urbani] perché rilevato
con valutazione statistica media mai legata ai quantitativi della singola
giornata, ma ricavata da un periodo d'osservazione ultramensile che non
considerava che la discarica era aperta tutti i giorni. Inoltre, essendo venuta
meno la categoria dei rifiuti speciali assimilabili, la
ricezione giornaliera andava calcolata in ragione delle 4.500 tonnellate
giornaliere di rifiuti urbani e non era rilevante che per tali rifiuti la
società Secor pagasse la tariffa stabilita per i rifiuti speciali;
. violazione di legge e della delibera 1984, citata, in ordine all'esclusione
come rifiuti speciali assimilabili a quelli urbani dei pneumatici e dei
materiali di costruzione e di demolizione, espressamente indicati nella
delibera, nonché degli abbigliamenti, lenzuola monouso rientranti tra i rifiuti
urbani ai sensi dei nuovi codici CER entrati in vigore il 1.01.2002;
. violazione di legge e mancanza di motivazione in ordine ala ritenuta
sussistenza dell'elemento psicologico del reato che andava, invece esclusa, per
l'equivocità del quadro normativo, per la giurisprudenza oscillante e per il
comportamento della PA tali da generare una presunzione di legittimità della
condotta.
Chiedeva l'annullamento della sentenza.
In data 24.11.2006 il ricorrente depositava memoria difensiva.
L'eccezione di rito, concernente la nullità del decreto di citazione per
indeterminatezza del fatto, è infondata poiché non si ha insufficiente
enunciazione qualora siano individuati e dotati di adeguata specificità i tratti
essenziali del fatto di reato attribuito, sicché l'imputato possa apprestare la
sua difesa.
Infatti, in considerazione della centralità del dibattimento, dei poteri
conferiti al giudice sia in materia d'integrazione del materiale probatorio
insufficiente o mancante ex art. 507 c.p.p., che in tema di ammissione di
prove, e della possibilità di procedere a contestazione suppletiva ed a
modificazione dell'imputazione ex art. 516 c.p.p., non è necessaria una
dettagliata imputazione.
Ciò, aderendo alle novità del nuovo sistema processuale, disancorato da visioni
formalistiche e da valori epistemologici delle radici letterali e teso a
considerare l'imputazione nel suo complesso ed il fondamentale principio iura
novit curia (Cassazione Sezione I, n. 382/1999, Piccioni, RV. 215140).
Nella specie, nella contestazione, considerata nella sua interezza, anche in
riferimento alle disposizioni violate, sono contenuti tutti gli elementi del
fatto costitutivo del reato ritenuto in sentenza che ha legittimamente
utilizzato i dati, acquisiti in contraddittorio nel dibattimento, di
specificazione del fatto stesso.
Infatti, è stato contestato all'imputato, nella qualità, di non avere osservato
le prescrizioni stabilite nell'autorizzazione comunale 12.12.2001 per la gestione
della discarica di Malagrotta consentendo il versamento di rifiuti speciali che
i regolamenti comunali non assimilavano a quelli urbani in quantità superiore al
limite giornaliero imposto, nonché di avere, con tale condotta, effettuato
attività di smaltimento di rifiuti speciali senza autorizzazione.
Il fatto enunciato contiene, quindi, la specificazione della condotta,
all'evidenza ritenuta non conforme al provvedimento autorizzativo, quanto al
superamento del limite quantitativo e illegittima relativamente al conferimento
di rifiuti non pericolosi non inseriti nell'autorizzazione tra quelli
assimilabili agli urbani.
*** *** ***
Nel resto il ricorso non è puntuale perché censura con erronee argomentazioni
giuridiche e in punto di fatto la decisione fondata, invece, su congrue
argomentazioni esenti da vizi logico-giuridici, essendo stati esaminati gli
elementi probatori emersi a carico dell'imputato e confutata ogni obiezione
difensiva.
In materia di smaltimento di rifiuti urbani e assimilati va osservato che con
l'art. 17, comma 3, della legge 24 aprile 1998 n. 128 sono stati abrogati i
commi 1 e 2 dell'art. 39 della legge comunitaria 22 febbraio 1994 n. 146 che
disponevano, ad ogni effetti, l'assimilazione legale ai rifiuti urbani dei
rifiuti propri delle attività economiche compresi o suscettibili di essere
compresi per similarità nell'elenco di cui al punto 1.1.1. della delibera interministeriale del 27 luglio 1984
[GU n. 253/1884] con l'eliminazione del previgente potere discrezionale di assimilazione
riconosciuto ai comuni dal d.P.R. 10 settembre 1982 n. 915.
Tale regime, pienamente operante soltanto dall'8 gennaio 1996 per la mancata
reiterazione e conversione della diversa disciplina adotta per gli anni 1994 e
1995 con decreti legge [i cui effetti sono stati confermati dalla legge 11
novembre 1996 n. 575], era rimasto in vigore per la mancata emanazione del
regolamento di cui all'art. 56, comma 2, del d. lgs. n. 22/1997 che avrebbe
dovuto dichiarare l'incompatibilità dell'art. 39 con la nuova classificazione
dei rifiuti di cui all'art. 7 dello stesso decreto legislativo.
Però, l'intervenuta abrogazione dell'art. 39 ha fatto venir meno la
sopraindicata assimilazione legale, sicché i rifiuti delle attività economiche
di cui all'art. 7, comma 3 del decreto n. 22/1997, in precedenza ritenuti urbani
sono da qualificare speciali.
E' stata così, riconosciuta ai Comuni la facoltà di attivare il potere di
assimilazione, ripristinato con l'art. 21, comma 2 lettera g) del decreto
legislativo n. 22/1997 ed esercitabile sulla base di norme regolamentari tecniche
vigenti [la deliberazione interministeriale 1984] e delle nuove disposizioni di
cui agli art. 18, comma 2 lettera d) e 57, comma 1, del d. lgs. n. 22, citato.
Mentre la previgente normativa [art. 2 e 8 del d.P.R. n. 915/1982] nulla
disponeva sulle modalità di assimilazione, la nuova disciplina di cui all'art.
21, comma 2, lettera g) del d. lgs. n. 22/1997, prescrive che appositi
regolamenti stabiliscano espressamente l'assimilazione dei rifiuti non
pericolosi delle varie attività economiche per i quali valgono i interi e i
limiti di cui alle delibera interministeriale 1984.
Pertanto, come correttamente ritenuto in sentenza, i rifiuti speciali assimilati
agli urbani sono soltanto quelli che per qualità e quantità siano previsti dai
regolamenti comunali, sicché il Comune, tenuto a rispettare, nella gestione dei
rifiuti urbani, i principi "d'efficienza, efficacia ed economicità", nel
concedere l'autorizzazione [che comporta necessariamente la tassabilità delle
superficie in cui si producono i rifiuti], ha il potere, quanto alla qualità, di
stabilire quali, tra i rifiuti inseriti nella delibera interministeriale 1984,
siano assimilabili e, quindi, escluderne altri, nonché d'individuare le quantità
conferibili.
Ne consegue che, per versare rifiuti speciali in discarica, il richiedente o il
gestore deve seguire la procedura d'ammissione stabilita dai regolamenti
comunali ed osservate le prescrizioni imposte nell'autorizzazione.
La direttiva comunitaria 1999/31/CE del 26 aprile 1999, nelle "definizioni" di
cui all'art. 2, ha indicato,
. alla lettera b) i rifiuti urbani;
. alla lettera c) i rifiuti pericolosi,
. alla lettera d) i "rifiuti non pericolosi: i rifiuti non contemplati dalla
lettera c)"
e nei "rifiuti ammissibili nelle varie categorie di discariche", di cui all'art.
6, ha specificato che le discariche per i rifiuti non pericolosi possono essere
utilizzate
. i) "per i rifiuti urbani";
. ii) "per i rifiuti non pericolosi di qualsiasi altra origine conformi ai
criteri di ammissione dei
rifiuti nelle discariche per rifiuti non pericolosi fissati a norma dell'allegato
II",
[con espresso divieto d'inserimento nell'elenco di quelli contemplati nella
direttiva 91/689/CE], sicché è erroneo l'assunto difensivo secondo cui sarebbe
stata eliminata la categoria dei rifiuti assimilati agli urbani di cui all'art. 7,
comma 2 lettera b), del d. lgs. n. 22/1997, tuttora regolata dall'art. 21 dello
stesso decreto, che stabilisce che i comuni disciplinano la gestione dei rifiuti
urbani con appositi regolamenti che stabiliscono "l'assimilazione per qualità e
quantità dei rifiuti speciali non pericolosi ai rifiuti urbani ai fini della
raccolta e dello smaltimento sulla base dei criteri fissati dall'art. 18 comma
2 lettera d) [determinazione dei criteri qualitativi e quantitativi per
l'assimilazione ... dei rifiuti speciali a quelli urbani]".
Il criterio dell'assimilabilità è stato mantenuto anche nella Direttiva del
Ministero dell'ambiente del 9 aprile 2002, in relazione alla spedizione dei
rifiuti e al nuovo elenco dei rifiuti, che - al n. 20 dell'allegato A - riporta
i "rifiuti urbani (rifiuti domestici e assimilabili prodotti da attività
commerciali e industriali nonché dalla istituzioni) inclusi i rifiuti della
raccolta differenziata", classificazione confermata dal Decreto Ministeriale
2 maggio 2006 sull'elenco dei rifiuti in conformità dell'art. 1, comma 1 lettera
A della Direttiva 75/442/CE e
dell'art. 1, paragrafo 4, della Direttiva 91/689/CE, di cui alla decisione della
Commissione 2000/532/CE del 3 maggio 2000.
Conforme alla direttiva n. 31 è il decreto legislativo d'attuazione 13 gennaio
2003 n. 36 [peraltro non operante nel caso in esame perché "le discariche già
autorizzate alla data di entrata in vigore del presente decreto possono
continuare a ricevere, fino al 16 luglio 2005, i rifiuti per cui sono state
autorizzate" (art. 17 n. 1)] che consente l'ammissione nelle discariche dei
"rifiuti urbani" e dei "rifiuti non pericolosi di qualsiasi altra origine che
soddisfino i criteri di ammissione dei rifiuti previsti dalla normativa vigente
".
Alla stregua del delineato quadro normativi è, quindi, corretta l'affermazione
di responsabilità essendo stato accertato, con motivazione logica e aderente ai
richiamati principi giuridici, che il gestore, in violazione dell'autorizzazione
n. 119/1998, ha versato nella discarica rifiuti, come i pneumatici usati, non
compresi tra quelli "assimilati" dal regolamento comunale ovvero neanche
inseriti nella deliberazione interministeriale del 1984, come i materiali inerti
da demolizione, nonché rifiuti assimilati a quelli urbani in quantità superiore
a quella giornaliera autorizzata con la deliberazione n. 155/2001 e fanghi
diversi da quelli autorizzati.
Ne consegue che i rifiuti urbani non domestici e, comunque, diversi da quelli
urbani previsti dall'art. 7 del decreto legislativo n 22/1977, si configurano
automaticamente speciali indipendentemente da ogni deliberazione di conferma e
che la loro gestione debba essere penalmente sancita.
Inammissibile perché in fatto è la censura relativa al ritenuto superamento delle
quantità autorizzata per i mesi marzo, aprile, maggio e giugno 2002 [150
tonnellate al giorno per i rifiuti assimilati agli urbani] perché il superamento
del limite è stato rilevato attraverso l'analisi a campione dei registri di
carico e scarico, la tipologia e la quantità dei rifiuti conferiti all'ente di
gestione dalla Secor (società d'intermediazione per i rifiuti conferiti alla
discarica da soggetti privati, esclusi i rifiuti presi in carico dal gestore
pubblico AMA e dagli altri gestori del servizio pubblico di raccolta), i
formulari d'accettazione della società Giovi con i codici CER e con la
descrizione sintetica dei rifiuti.
Anche il quarto motivo non è puntuale perché la non assimilabilità ai rifiuti
urbani dei pneumatici, dei materiali inerti e degli abbigliamenti monouso, anche
se compresi nella delibera interministeriale del 1984, conseguiva dal mancato
inserimento nel regolamento comunale e quindi nella concessa autorizzazione n.
119/1998.
I reati non possono essere esclusi sotto il profilo soggettivo per errore
sull'ignoranza dell'illiceità della condotta perché nemmeno in virtù del
criterio dell'ignoranza inevitabile teorizzato nella sentenza Corte Cost. n.
364/1988 è possibile scusare il gestore di attività che comportino la gestione
di rifiuti senza informarsi delle leggi penali che disciplinano la materia,
incombendo all'interessato l'onere di approfondire la conoscenza della normativa
di settore, complessa ma di chiara precettività, di cui è presunta la conoscenza
ex art. 5 cod. pen..
Il rigetto del ricorso comporta condanna al pagamento delle spese del
procedimento.
P Q M
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.
Così deciso in Roma, nella pubblica udienza del 18.12.2006.
Il consigliere estensore
Il presidente
Alfredo Teresi
Enrico Papa
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