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registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006
INQUINAMENTO ACUSTICO - Emissioni sonore derivanti dall'esercizio di mestieri
rumorosi - Disturbo delle occupazioni e del riposo delle persone - Art. 659 2°
c. c.p. In tema di disturbo delle occupazioni e del riposo delle persone, la
condotta costituita dal superamento dei limiti di accettabilità di emissioni
sonore derivanti dall'esercizio di mestieri rumorosi (nella specie, attività
industriale - falegnameria) integra gli estremi di un illecito amministrativo ai
sensi dell'art. 10, comma secondo, legge n. 447 del 1995, mentre la rilevanza
penale della condotta prevista dal secondo comma dell'art. 659 cod. pen. è
circoscritta alla violazione di prescrizioni diverse da quelle concernenti i
limiti delle emissioni o immissioni sonore. Pres. Vitalone - Est. Ianniello -
Ric. Roma. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 26 gennaio 2007 (Ud.
21/12/2006), Sentenza n. 2875
INQUINAMENTO ACUSTICO - Emissioni rumorose - Reato di cui all'art. 674 c.p. -
Criterio della “stretta tollerabilità” - Criterio della “normale tollerabilità”
- Differenza - Art. 844 cod. civ. - Responsabilità civile dell'agente.
Nell'ipotesi in cui il reato di cui all'art. 674 c.p. venga realizzato
provocando, nei casi non consentiti dalla legge, emissioni di gas, di vapori o
di fumo atti a offendere o imbrattare o molestare persone, l'emissione avvenga
in violazione delle norme statali o regionali o dell'autorità che fissano i
limiti di tollerabilità delle emissioni per la prevenzione dell'inquinamento
atmosferico e che, in mancanza di tali norme, debba farsi riferimento al
criterio della stretta tollerabilità e non a quello della normale tollerabilità
previsto dall'art. 844 cod. civ., il cui superamento dà luogo unicamente ad una
responsabilità civile dell'agente (cfr., tra le altre, Cass. sez. 3^, sent. nn.
11556/06, 8299/06, 19898/05, 9503/05, 38297/04, 25660/04 e 9757/04). Pres.
Vitalone - Est. Ianniello - Ric. Roma. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III,
26/01/2007 (Ud. 21/12/2006), Sentenza n. 2875
INQUINAMENTO ACUSTICO - Esercizio di un mestiere naturalmente rumoroso - Art.
659 c.p. - Rilevanza della condotta - Limiti delle emissioni o immissioni
sonore. Dalla comparazione tra il primo ed il secondo comma dell'articolo
659 c.p. si desume chiaramente che ogni ipotesi di esercizio di un mestiere
naturalmente rumoroso costituisce l'oggetto della disposizione di cui al secondo
comma, attenuata rispetto a quella di cui al primo comma per il ritenuto
necessario contemperamento tra le esigenze della quiete pubblica con quelle
della produzione. Tuttavia, la rilevanza penale della condotta prevista dal
secondo comma dell'art. 659 c.p. non è stata del tutto eliminata (Cass. sez. 1
^, 8 settembre 1997 n. 4199), ma resta circoscritta alla violazione delle
prescrizioni attinenti il problema della rumorosità ma diverse da quelle
concernenti i limiti delle emissioni o immissioni sonore (nel medesimo senso,
cfr., Cass. 14 gennaio 2005 n. 530). Pres. Vitalone - Est. Ianniello - Ric.
Roma. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 26 gennaio 2007 (Ud. 21/12/2006),
Sentenza n. 2875
Udienza Pubblica del 21.12.2006
SENTENZA N. 02165/2006
REG. GENERALE n. 015568/2005
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
Composta dagli III. mi Signori
Dott. Vitalone
Claudio
Presidente
1. Dott. Onorato Pierluigi
Consigliere
2. Dott. Marmo Margherita
Consigliere
3. Dott. Ianniello Antonio
Consigliere
4. Dott. Sensini Maria Silvia
Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA/ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
1) ROMA PAOLA THABATA N. IL 12/05/1979 avverso SENTENZA del 13/01/2005 CORTE APPELLO di TORINO
visti gli atti, la sentenza ed il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA la relazione fatta dal Consigliere IANNIELLO ANTONIO
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza del 10 gennaio 2005, la Corte d'appello di Torino ha confermato
integralmente la sentenza in data 2 luglio 2003, con la quale il locale
Tribunale aveva dichiarato Paola Thabata Roma responsabile del reato di cui agli
artt. 81 cpv., 674 e 659 comma 1° c.p., per avere determinato in Torino dalla
metà del 2001, nella sua qualità di titolare della Sara Arredamenti, al di fuori
dei casi consentiti dalla legge, emissioni di odori in particolare da vernici e
da solventi nonché rumori, tutti derivanti dall'attività di falegnameria oggetto
dell'impresa, tali da superare oggettivamente i limiti di normale tollerabilità
ex art. 844 c.c. e idonee a molestare i soggetti residenti nella zona limitrofa,
condannandola alla pena di giorni dieci di arresto, coi benefici di legge.
Avverso tale sentenza propone ricorso per cassazione l'imputata, a mezzo del
proprio difensore, deducendo:
1 - la mancata assunzione di una prova decisiva, richiesta dalla parte e
consistente in una consulenza tecnica d'ufficio sia in ordine allo stato dei
luoghi che relativamente all'eventuale superamento dei limiti di legge. La Corte
aveva ritenuto inutile un tale accertamento, anche argomentando dal fatto che la
situazione delle emissioni moleste sarebbe mutata per effetto dell'introduzione
nel gennaio 2003 di nuovi macchinari per la verniciatura, non tenendo conto che
il reato era stato contestato ed accertato dal giudice di prime cure come
permanente e trascurando i risultati di analisi compiute il 26 maggio 2003 dalla
Cooperativa italiana tecnici ambiente, frettolosamente valutati come
unilaterali.
La ricorrente ribadisce infine che il superamento dei limiti di legge di cui
all'art. 674 c.p. deve risultare dalle leggi speciali nella materia, facendo in
particolare riferimento ai valori di cui al D.G.R. 16 ottobre 1995 n. 82-22261.
In ogni caso deduce che tali valori
sono indicativi anche della normale tollerabilità, pur erroneamente assunta dai
giudici di merito, ex art. 844 c.c. come parametro di valutazione del superamento
dei limiti di legge considerati nella norma incriminatrice in parola.
2 - l'erronea applicazione della legge penale per la mancata derubricazione del
secondo reato contestato nella fattispecie di cui al 2° comma dell'art. 659 c.p.,
depenalizzata dall'art. 10, comma 2° della legge 26 ottobre 1995 n. 447. Sarebbe
infatti assurda al riguardo la motivazione della Corte, secondo cui nel caso in
esame sarebbe "ravvisabile l'illegittima violazione della quiete pubblica"
di cui al primo comma dell'art. 659, in ragione della "totale carenza di
adozione di accorgimenti tecnici, volti ad evitare la rumorosità"
3 - la carenza di motivazione della sentenza in ordine all'esatta individuazione
del tempus commissi delicti, nonostante la deduzione e documentazione da
parte dell'imputata che il proprio insediamento nella falegnameria in precedenza
gestita da altri era avvenuto solo a partire dal mese di novembre 2001.
4 - la carenza di motivazione in ordine alla mancata irrogazione della sola pena
pecuniaria: non sarebbero stati al riguardo adeguatamente valutate circostanze
fondamentali come l'incensuratezza della ricorrente, la sua buona condotta
processuale, chiaramente indicativa della volontà di rispettare le regole
vigenti nella materia nonché la sua buona fede.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il ricorso è fondato per quanto di ragione.
Col primo motivo di ricorso, relativo al reato di cui all'art. 674 c.p.,
l'imputata, attraverso la censura relativa alla omessa ammissione di una
consulenza tecnica ritenuta di natura decisiva, investe altresì
l'interpretazione data dai giudici di merito alla norma di cui all'art. 674 c.p.,
laddove questi hanno ritenuto che l'espressione "nei casi non consentiti
dalla legge" rinvii al criterio di cui all'art. 844 c.c.
Al riguardo, viceversa, la giurisprudenza più recente di questa sezione della
Corte, condivisa dal collegio, ritiene necessario che, nell'ipotesi in cui il
reato di cui all'art. 674 c.p. venga realizzato provocando, nei casi non
consentiti dalla legge, emissioni di gas (come nel caso in esame), di vapori o
di fumo atti a offendere o imbrattare o molestare persone, l'emissione avvenga
in violazione delle norme statali o regionali o dell'autorità che fissano i
limiti di tollerabilità delle emissioni per la prevenzione dell'inquinamento
atmosferico e che, in mancanza di tali norme, debba farsi riferimento al
criterio della stretta tollerabilità e non a quello della normale tollerabilità
previsto dall'art. 844 cod. civ., il cui superamento dà luogo unicamente ad una
responsabilità civile dell'agente (cfr., tra le altre, Cass. sez. 3^,
sent. nn. 11556/06, 8299/06, 19898/05, 9503/05, 38297/04, 25660/04 e 9757/04).
Poiché nel caso in esame i giudici di merito hanno esplicitamente adottato il
parametro della normale tollerabilità di cui all'art. 844 cod. civ. nel valutare
se le emissioni moleste fossero avvenute in maniera non consentita dalla legge,
la sentenza impugnata va annullata sul punto, con rinvio ad altra sezione della
Corte d'appello di Torino, che applicherà il principio di diritto enunciato,
tenendo altresì conto che la contestazione e l'accertamento del reato di cui
all'art. 674 c.p., trattandosi di reato giudicato permanente, coprono periodo
fino alla sentenza di primo grado del 2 luglio 2003. Quanto alla fase iniziale
di tale consumazione (terzo motivo di ricorso) la Corte appare avere aderito
alla indicazione dell'appellante (secondo cui non poteva essere antecedente
all'ottobre 2000), riferendo comunque con certezza l'inizio delle emissioni
moleste alla gestione della falegnameria da parte dell'imputata.
Il secondo motivo di ricorso relativo al reato di cui all'art. 659 c.p. è
fondato per quanto di ragione.
La Corte territoriale ha infatti ritenuto che il fatto al riguardo contestato
all'imputata (emissione, nell'esercizio dell'attività di falegnameria, di rumori
molesti) concreti la fattispecie di cui al primo comma dell'art. 659 c.p., in
ragione del fatto che l'attività di impresa "era svolta con inosservanza
delle norme che disciplinano le attività rumorose, non essendo state istallate
barriere fonoassorbenti a ridosso delle pareti e del soffitto".
Sembra al riguardo pertanto di capire che la Corte d'appello di Torino ritenga
che il secondo comma dell'art. 659 c.p. riguardi unicamente l'ipotesi in cui
l'impresa superi i valori limite di emissione e di immissione di rumori di cui
alla legge 26 ottobre 1995 n. 447, ponendo cosi in essere un comportamento ormai
depenalizzato dall'art. 10, comma 2° di tale ultima legge mentre sarebbero
riconducibili alla fattispecie di cui al primo comma anche i casi di emissioni
sonore provenienti da imprese nell'esercizio della loro attività in violazione
di prescrizioni diverse da quelle concernenti i limiti delle emissioni e delle
immissioni sonore.
Tale assunto implica, a giudizio del Collegio, l'erronea interpretazione della
legge penale.
Dalla comparazione tra il primo ed il secondo comma dell'articolo in esame si
desume infatti chiaramente che ogni ipotesi di esercizio di un mestiere
naturalmente rumoroso costituisce l'oggetto della disposizione di cui al secondo
comma, attenuata rispetto a quella di cui al primo comma per il ritenuto
necessario contemperamento tra le esigenze della quiete pubblica con quelle
della produzione.
Esigenze di contemperamento che sono altresì all'origine della disciplina
dettata in materia di contenimento dei rumori fastidiosi, da quella relativa
alle emissioni o immissioni sonore a quelle relative alle cautele da adottare in
sede costruttiva o successivamente per contenere la rumorosità di determinati
impianti produttivi.
Con l'emanazione della legge quadro sull'inquinamento acustico del 26 ottobre
1995 n. 447, la condotta (proveniente non solo da una fonte produttiva) di
superamento dei limiti di accettabilità delle emissioni sonore stabiliti a norma
della legge medesima integra gli estremi di un illecito amministrativo, per cui
la condotta relativa proveniente dall'esercizio di mestieri rumorosi è stata
depenalizzata dalla legge del 1995 citata.
Ne consegue che la rilevanza penale della condotta prevista dal secondo comma
dell'art. 659 c.p. non è stata del tutto eliminata (come ritenuto da Cass. sez.
1 ^, 8 settembre 1997 n. 4199), ma resta circoscritta alla violazione delle
prescrizioni attinenti il problema della rumorosità ma diverse da quelle concernenti i limiti delle emissioni o immissioni sonore (nel medesimo senso,
cfr.,
tra le altre, Cass. 14 gennaio 2005 n. 530).
Nel caso in esame la Corte d'appello di Torino ha riconosciuto l'imputata
colpevole del reato di cui al primo comma dell'art. 659 c.p. avendo accertato la
violazione da parte sua, nell'esercizio di una impresa rumorosa, di prescrizioni
diverse da quelle relative ai limiti di emissione e immissione di rumori e
concernenti l'istallazione di barriere fonoassorbenti all'interno dell'azienda.
Tale condotta va peraltro qualificata, secondo quanto prima rilevato, nei
termini di cui al secondo comma dell'art. 659 c.p., fattispecie punita con la
sola pena dell'ammenda.
Poiché tale reato, anche se ritenuto permanente, si a consumato entro la data
della sentenza di primo grado del 2 luglio 2003, devesi ritenere nel frattempo
intervenuta la prescrizione ai sensi del combinato disposto di cui agli artt.
157, comma 1°, n. 6) e 160 c.p. quantomeno alla data del 2 luglio 2006.
Non apparendo allo stato l'evidenza di una delle situazioni che ai sensi
dell'art. 129, secondo comma c.p.p. consentirebbero l'immediata assoluzione nel
merito dell'imputata in ordine al reato in esame, la sentenza impugnata va al
riguardo annullata senza rinvio, essendo il reato estinto per prescrizione.
Il giudice di rinvio dovrà pertanto determinare la pena unicamente per il primo
reato, ove ritenuto a carico dell'imputato, affrontando in tale sede anche il
tema costituente il quarto motivo del ricorso.
P. Q. M.
La Corte annulla la sentenza impugnata: quanto al capo a) (art. 674 c.p.) con
rinvio ad altra sezione della Corte d'appello di Torino; quanto al capo b),
qualificato il fatto ai sensi dell'art. 659, secondo comma c.p., senza rinvio
perchè il reato è estinto per prescrizione, eliminando la relativa pena di
cinque giorni di arresto.
Così deciso in Roma, il 21 dicembre 2006
L' estensore
Il presidente
Antonio Ianniello
Claudio Vitalone
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