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CORTE DI CASSAZIONE Penale Sez. III, 12 Gennaio 2007 (Ud.
22/11/2006), Sentenza n. 451
Beni culturali e ambientali - Condono edilizio e condono paesaggistico -
Differenza - C.d. "Minicondono" paesaggistico - Reati edilizi - Esclusione - L.
n. 308/2004 - Art. 181 D. L.vo n. 42/2004. In mancanza di esplicita norma di
coordinamento, tra la Legge n. 308/2004 e l’art. 181 decreto legislativo n. 42
del 2004, non è possibile estendere la sanatoria anche al reato edilizio,
(specialmente se commesso dopo il 31 marzo del 2003 e prima del 30 settembre del
2004), giacché il condono edilizio e quello paesaggistico si fondano su
presupposti diversi quanto ai paramenti di valutazione della compatibilità
dell’opera. Invero, per la condonabilità dell’abuso edilizio, è richiesta la
conformità agli strumenti urbanistici vigenti; per quella dell’abuso
paesaggistico la conformità agli strumenti di pianificazione paesaggistica ove
vigenti, o, altrimenti, al cosiddetto contesto paesaggistico”. Sicché, un’opera
può essere conforme ai piani paesaggistici ma non agli strumenti urbanistici e
viceversa, giacché l’interesse paesaggistico è diverso da quello urbanistico,
anche se si sta imponendo la tendenza a fare coincidere i due interessi (ad
esempio l’articolo 145 del codice Urbani). Pres. Vitalone - Est. Petti - Ric.
Ariano. CORTE DI CASSAZIONE Penale Sez. III, 12 gennaio 2007 (Ud.
22/11/2006), Sentenza n. 451
Beni culturali e ambientali - Condono - C.d. "Minicondono" paesaggistico - Reati
edilizi - Esclusione. Per espressa disposizione della norma, la prevista
sanatoria contenuta nella Legge n. 308 del 2004 è limitata al reato di cui
all'articolo 181 decreto legislativo n. 42 del 2004 e comunque ai reati
paesaggistici come ad esempio a quello previsto dall'articolo 734 codice penale,
ma non si estende al reato edilizio per la mancanza di norme di coordinamento.
Pres. Vitalone - Est. Petti - Ric. Ariano. CORTE DI CASSAZIONE Penale Sez.
III, 12 gennaio 2007 (Ud. 22/11/2006), Sentenza n. 451
Beni culturali e ambientali - Urbanistica e edilizia - Condono - Demolizione del
manufatto illecitamente realizzato - Rapporto tra urbanistica e paesaggio -
Differenza. Il rapporto tra urbanistica e paesaggio, va distinto tenuto
conto del diverso interesse pubblico tutelato: l’urbanistica ha infatti come
scopo il raggiungimento di un ordinato assetto del territorio, il paesaggio
tende invece alla conservazione della funzione estetico culturale del
bene-valore, tra l’altro direttamente ed autonomamente tutelato dalla
Costituzione (Cfr Cons. Stato, sez. VI 14 gennaio 1995 n 29, Cass. Sez. III 9
febbraio 1998 n.1492). Quindi, quand’anche si dovesse ottenere la compatibilità
paesaggistica per l’abuso paesaggistico commesso, non si potrebbe evitare la
condanna per l’abuso edilizio e la conseguente demolizione del manufatto
illecitamente realizzato. Pres. Vitalone - Est. Petti - Ric. Ariano. CORTE DI
CASSAZIONE Penale Sez. III, 12 gennaio 2007 (Ud. 22/11/2006), Sentenza n. 451
Urbanistica e edilizia - Illeciti edilizi - Opera non condonabile - Domanda di
condono - Sospensione del procedimento in pendenza dei termini - Esclusione.
In tema di illeciti edilizi, non è possibile la sospensione del procedimento in
pendenza dei termini per la presentazione della domanda di condono allorché si
tratta di opera non condonabile (Cass Sez III 9 luglio del 2004 n 38694;Cass sez
III 6 aprile del 2004 n 21679, Cass 3762 del 2000). Il comma 27 dell’articolo 32
della legge n. 326 del 2003 (Misure Urgenti per favorire lo sviluppo e per la
Correzione dell’andamento dei conti pubblici) prescrive, fermo restando quanto
disposto dagli artt. 32 e 33 della legge n. 47 del 1985, le opere abusive non
sono suscettibili di sanatoria qualora: “a)...b)...c)...d) siano state
realizzate su immobili soggetti a vincoli imposti sulla base di leggi statali e
regionali a tutela degli interessi idrogeologici e delle falde acquifere, dei
beni ambientali e paesistici... qualora istituiti prima dell’esecuzione di dette
opere”. Pres. Vitalone - Est. Petti - Ric. Ariano. CORTE DI CASSAZIONE Penale
Sez. III, 12 gennaio 2007 (Ud. 22/11/2006), Sentenza n. 451
Urbanistica e edilizia - Abusivismo - Sentenza di condanna - Sospensione
condizionale della pena subordinata alla demolizione del manufatto -
Legittimità. In materia edilizia legittimamente il giudice, nel concedere
con la sentenza di condanna la sospensione condizionale della pena, può
subordinare detto beneficio alla eliminazione delle conseguenze dannose del
reato mediante la demolizione dell’opera abusiva disposta con la stessa condanna
ai sensi dell’an. 7 della legge 28 febbraio 1985 n. 47. (cfr. Cass. Sez. Un. n.
714 del 1997; Cass. 15 giugno 1998, n. 7148 Dionisi; Cass. 30 settembre 1998,
10309 Licata; Cass. 7 aprile 2000, 4086, Pagano; Cass. n.18304 del 2003). Pres.
Vitalone - Est. Petti - Ric. Ariano. CORTE DI CASSAZIONE Penale Sez. III, 12
gennaio 2007 (Ud. 22/11/2006), Sentenza n. 451
Udienza Pubblica del 22/11/2006
SENTENZA N.41082/05
REG. GENERALE n.1873
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
TERZA SEZIONE PENALE
Composta dal sigg. magistrati:
Dott. Claudio Vitalone
Presidente
Dott. Ciro Petti
Consigliere
Dott. Vincenzo Tardino
Consigliere
Dott. Alfredo Maria Lombardi
Consigliere
Dotta Amedeo Franco
Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto dal difensore di Ariano Vincenzo, nato a san Pancrazio
Talentino il 22 febbraio del 1953, avverso la sentenza della corte d’appello di
Lecce del 30 marzo del 2005;
udita la relazione svolta del consigliere dott. Ciro Petti;
sentito il sostituto procuratore generale dott. Gioacchino Izzo, il quale ha
concluso per l’annullamento con rinvio limitatamente all‘omessa pronuncia
sull‘applicabilità della continuazione;
letti il ricorso e la sentenza denunciata osserva quanto segue
IN FATTO
Con sentenza del 30 marzo del 2005, la corte d’appello di Lecce confermava
quella pronunciata dal tribunale della medesima città, sezione distaccata di
Nardò, in data 27.11.02, con cui Ariano Vincenzo era stato condannato alla pena
di mesi cinque di arresto ed € 20.000 di ammenda, con la concessione delle
attenuanti generiche e col beneficio della sospensione condizionale della pena
subordinato alla demolizione, entro tre mesi dal passaggio in giudicato della
sentenza, delle opere abusivamente realizzate, per avere, in contravvenzione
all’art. 20 lettera C) della legge n. 47/85 ed all’art. 163 decreto legislativo
n. 490/99, realizzato in località Torre Lapillo di Porto Cesareo, in zona
sottoposta a vincolo paesistico, un manufatto, verosimilmente destinato ad
abitazione, composto da due piani di mq 50 ciascuno, in assenza di concessione
edilizia e di nulla osta dell’autorità preposta alla tutela del vincolo. Fatti
accertati il 19 maggio del 2001.
La corte territoriale, dopo avere premesso che l’Ariano, originariamente
imputato anche di violazione dei sigilli, alla prima udienza aveva patteggiato
la pena limitatamente a tale imputazione, osservava che il giudice, accolta la
richiesta, aveva rinviato il dibattimento ad altra udienza, nel corso della
quale il processo era stato trattato da un magistrato persona fisica diversa, il
quale, ammesse le prove richieste dalle parti, aveva preso atto, pur senza
adottare un formale provvedimento a riguardo, che la difesa non aveva provveduto
alla citazione di tutti i testi che aveva indicato e che erano stati già
ammessi. Precisava in proposito che il giudice di primo grado non aveva adottato
alcun formale provvedimento di decadenza dalla prova essendosi limitato a
dichiarare chiusa l’istruttoria dibattimentale, tra l’altro, senza opposizione
alcuna da parte della difesa e senza che quest’ultima avesse reiterato la
richiesta d’esame dei testi non comparsi perché non citati. Rilevava che una
decadenza a riguardo si era effettivamente verificata, poiché, dopo il rinvio
del processo, il difensore non poteva esimersi dal citare i testi cui aveva
interesse e che non erano comparsi alla precedente udienza. Peraltro la parte
interessata, prima che fosse dichiarata chiusa l’istruttoria dibattimentale, non
aveva insistito nella richiesta di escussione dei testi non comparsi nè aveva
chiesto in appello la rinnovazione parziale del dibattimento. Osservava altresì
che i reati non si erano estinti per la presentazione della domanda di condono e
che non occorreva sospendere il processo trattandosi di opere non suscettibili
di sanatoria: infatti l’art. 32 comma 26 lettera a) della legge relativa
all’ultimo condono edilizio n. 326 del 2003 dichiara suscettibili di sanatoria,
per quanto concerne gli “immobili soggetti a vincolo di cui all’an. 32 della
legge 28 febbraio 1985 n. 47”, le sole tipologie di illecito contemplate dai
numeri 4, 5 e 6 dell’allegato 1 alla stessa legge, ossia le opere di restauro,
risanamento conservativo e manutenzione straordinaria, sempre che, peraltro,
esse siano conformi agli strumenti urbanistici vigenti al momento della domanda.
Invece nel caso in esame si tratta di nuova costruzione. Rilevava infine che la
sospensione del processo non era prevista neppure dalla legge 15 dicembre del
2004 n. 308 sul cosiddetto mini condono ambientale e che legittimamente il
beneficio della sospensione condizionale della pena era stato subordinato alla
demolizione del manufatto abusivo; che la pena prossima al minimo edittale era
congrua.
Ricorre per cassazione l’imputato per mezzo del proprio difensore deducendo:
1) la nullità della sentenza per la violazione dell’articolo 81 c.p., per avere
la corte omesso di pronunciarsi in ordine alla richiesta, ritualmente avanzata
con i motivi d’appello, d’applicazione dell’istituto della continuazione con il
fatto oggetto della sentenza patteggiata;
2) la nullità dell’intero giudizio per la violazione degli artt. 190, 468, 493 e
495 c.p.p. per avere, sia il tribunale che la corte, illegittimamente ritenuto
l’imputato decaduto dalla prova testimoniale richiesta, in quanto non aveva
provveduto a citare tempestivamente i testimoni: ribadisce in proposito che
l’ammissione della prova testimoniale era stata deliberata da altro giudice e
perciò occorreva una nuova autorizzazione alla citazione;
3) violazione di legge e mancanza di motivazione sia nella parte in cui si era
ritenuto di subordinare il beneficio della sospensione condizionale della pena
alla demolizione del manufatto, sia nella parte in cui si era rigettata
l’istanza di sospensione del processo per la presentazione della domanda di
condono, la quale, trattandosi di opera conforme agli strumenti urbanistici
vigenti al momento della presentazione della domanda e non richiedendo la doppia
conformità, poteva legittimamente essere presentata e comportava quindi sia la
sospensione del processo che quella del decorso del termine prescrizionale.
IN DIRITTO
Il ricorso è fondato solo con riferimento al primo motivo che però verrà
esaminato per ultimo giacché riguarda il trattamento sanzionatorio.
Il secondo motivo è infondato.
Il giudice autorizza la citazione dei testimoni indicati dalla difesa con il provvedimento con cui ammette la prova: nell’ipotesi di rinvio del dibattimento per qualsiasi ragione l’autorizzazione alla citazione dei testimoni già disposta dal giudice non perde efficacia. Di conseguenza, una volta che la prova sia stata ammessa, è onere della parte provvedere alla citazione dei propri testimoni o di adoperarsi per ottenere la presenza del teste in udienza.
Nella fattispecie la parte non si è preoccupata di citare i propri testi né,
come risulta dalla sentenza impugnata, ha insistito per la loro audizione sia in
primo grado che in appello.
Del pari infondato è il terzo motivo.
L’effetto sospensivo non si verifica per la semplice presentazione della domanda di condono, bensì soltanto a seguito dell’accertamento compiuto dal giudice ed allo stesso consentito in ordine all’astratta condonabilità dell’opera. Secondo l’orientamento di questa corte, in tema di illeciti edilizi, non è possibile la sospensione del procedimento in pendenza dei termini per la presentazione della domanda di condono allorché si tratta di opera non condonabile (Cass Sez III 9 luglio del 2004 n 38694; Cass sez III 6 aprile del 2004 n 21679, Cass 3762 del 2000).
Nella fattispecie era inutile sospendere il processo perché l’opera non è
condonabile trattandosi di nuova costruzione non consentita nelle zone
vincolate. Invero, il comma 27 dell’articolo 32 della legge n. 326 del 2003
(Misure Urgenti per favorire lo sviluppo e per la Correzione dell’andamento dei
conti pubblici) elenca una serie di fattispecie in cui il condono non è comunque
possibile. Esso prescrive che, fermo restando quanto prescritto dagli artt 32 e
33 della legge n. 47 del 1985, le opere abusive non sono comunque suscettibili
di sanatoria qualora: “a)...b)...C)...D) siano state realizzate su immobili
soggetti a vincoli imposti sulla base di leggi statali e regionali a tutela
degli interessi idrogeologici e delle falde acquifere, dei beni ambientali e
paesistici... qualora istituiti prima dell’esecuzione di dette opere”.
Per comprendere il significato della norma occorre preliminarmente precisare che
i vincoli all’attività edilizia sono di due tipi: vincoli d’inedificabilità
assoluta e vincoli d’inedificabilità relativa. I primi sono previsti da leggi
speciali a tutela di valori di particolare rilevanza. I secondi condizionano
l’ottenimento del condono al conseguimento del nulla osta da parte dell’autorità
titolare del vincolo. Poiché il comma 27 dell’articolo 32 della legge n 326 del
2003 fa salvo il disposto degli artt. 32 e 33 della legge n. 47 del 1985, è
opportuno richiamare il contenuto di tali norme. L’articolo 32 della legge
anzidetta fa salve le fattispecie di cui all’articolo 33 il quale esclude la
sanatoria: a) per i vincoli imposti da leggi statali e regionali nonché dagli
strumenti urbanistici a tutela di interessi storici, artistici ed
architettonici, archeologici, paesistici, ambientali idrogeologici; b) per i
vincoli imposti da norme statali a difesa delle coste marine, lacuali, fluviali;
c) per i vincoli imposti a tutela di interessi della difesa militare e della
sicurezza pubblica; d) per ogni altro vincolo che importi l’inedificabilità
delle aree (ad esempio il vincolo cimiteriale). Si tratta dì vincoli di
inedificabilità assoluta. In base all’articolo 33 sono altresì escluse dalla
sanatoria le opere realizzate su edifici ed immobili assoggettati alla tutela
della legge 1° giugno 1939 a 1089.
L’articolo 32, dopo avere disposto che il rilascio del titolo abilitativo in
sanatoria su immobili sottoposti a vincolo è subordinato al parere favorevole
delle amministrazioni preposte alla tutela del vincolo stessa, con il secondo
comma, stabilisce che sono suscettibili di sanatoria le opere insistenti su aree
vincolate dopo la loro esecuzione alle condizioni indicate nella norma.
Richiamato, per quanto rileva in questa fattispecie, il contenuto degli artt. 32
e 33 della legge n. 47 del 1985 fatto salvo dal comma 27 dell’articolo 32 della
legge n 326 del 2003, tornando a quest’ultimo comma ed in modo particolare alle
zone sottoposte a vincoli, si rileva che il comma 26 per le zone vincolate a
norme dell’articolo 32 legge dianzi citata ammette la possibilità di ottenere la
sanatoria per gli interventi edilizi di minore importanza corrispondenti alle
tipologie di illecito di cui ai punti 4, 5 e 6 dell’allegato 1 corrispondenti
alle tipologie di restauro, risanamento conservativo e manutenzione
straordinaria. Il comma 26 va coordinato con il comma 27 il quale, fatte salve
le esclusioni già previste dagli artt. 32 e 33 dalla legge n. 47 del 1985, non
ammette la sanatoria per gli abusi realizzati su immobili soggetti a vincoli
imposti da leggi statali o regionali a tutela di interesse idrogeologici delle
falde acquifere, dei beni ambientali e paesistici nonché dei parchi e della aree
protette nazionali, regionali e provinciali a condizione che i vincoli siano
stati imposti prima dell’esecuzione delle opere e che le opere non siano
conformi alla prescrizioni urbanistiche. Quindi, se il vincolo è stato imposto
prima della costruzione, gli interventi maggiori ossia quelli di cui ai punti 1,
2 e 3 non sono suscettibili di sanatoria. Siffatta interpretazione più volte
ribadita da questa corte (Cass. nn. 37865 e 48956 del 2004) è anche in linea con
la relazione governativa al D.L. n. 269 del 2003, la quale così si esprime: “E’
fissata la tipologia delle opere assolutamente insanabili tra le quali si
evidenziano... quelle realizzate in assenza o in difformità del titolo
abilitativo edilizio nelle aree sottoposte al vincoli imposti sulla base di
leggi statali e regionali a tutela degli interessi idrogeologici, ambientali e
paesistici.
Per gli interventi di minore rilevanza (restauro e risanamento conservativo) si
ammette la possibilità di ottenere la sanatoria edilizia negli immobili soggetti
a vincolo previo parere favorevole da parte dell’autorità preposta alla tutela.
Per i medesimi interventi, nelle aree diverse da quelle soggetto a vincolo,
l’ammissibilità alla sanatoria è rimessa ad uno specifico provvedimento
regionale”.
Per quanto concerne il condono paesaggistico il comma 37 dell’unico articolo
della legge n. 308 del 2004 ha previsto tre possibilità di sanatoria di cui due
a carattere generale (accertamento di compatibilità paesaggistica e rimessione
in pristino), che sono confluiti nell’articolo 181 della legge n. 42 del 2004,
ed il terzo per i soli lavori compiuti entro e non oltre il 30 settembre del
2004.
Quest’ultima sanatoria, che è quella alla quale allude il ricorrente, non è
applicabile alla fattispecie perché allo stato degli atti mancano le condizioni
richieste dalla legge per l’efficacia estintiva dell’accertamento di conformità.
Inoltre si deve rilevare che tale sanatoria, per espressa disposizione della
norma, è limitata al reato di cui all’articolo 181 decreto legislativo n. 42 del
2004 e comunque ai reati paesaggistici come ad esempio a quello previsto
dall’articolo 734 codice penale, ma non si estende ai reato edilizio per la
mancanza di norme di coordinamento. Invero, mentre la legge n 326 del 2003, con
l’articolo 32 comma 43 n. 1 ha espressamente previsto che “il rilascio del
titolo abilitativo edilizio estingue anche il reato per la violazione del
vincolo”, quella sul condono paesaggistico non contiene alcuna previsione del
genere. In mancanza di esplicita norma di coordinamento non è possibile
estendere la sanatoria anche al reato edilizio, specialmente se commesso dopo il
31 marzo del 2003 e prima del 30 settembre del 2004, giacché il condono edilizio
e quello paesaggistico si fondano su presupposti diversi quanto ai paramenti di
valutazione della compatibilità dell’opera. Invero, per la condonabilità
dell’abuso edilizio, è richiesta la conformità agli strumenti urbanistici
vigenti; per quella dell’abuso paesaggistico la conformità agli strumenti di
pianificazione paesaggistica ove vigenti, o, altrimenti, al cosiddetto contesto
paesaggistico”. Un’opera può essere conforme ai piani paesaggistici ma non agli
strumenti urbanistici e viceversa, giacché l’interesse paesaggistico è diverso
da quello urbanistico, anche se si sta imponendo la tendenza a fare coincidere i
due interessi (cfr ad esempio l’articolo 145 del codice Urbani).
La giurisprudenza analizzando il rapporto tra urbanistica e paesaggio, ha
distinto le due materie tenuto conto del diverso interesse pubblico tutelato:
l’urbanistica ha infatti come scopo il raggiungimento di un ordinato assetto del
territorio, il paesaggio tende invece alla conservazione della funzione estetico
culturale del bene-valore, tra l’altro direttamente ed autonomamente
tutelato dalla Costituzione (Cfr Cons. Stato, sez. VI 14 gennaio 1995 n 29,
Cass. Sez. III 9 febbraio 1998 n.1492). Quindi, quand’anche la prevenuta dovesse
ottenere la compatibilità paesaggistica per l’abuso paesaggistico commesso, non
potrebbe evitare la condanna per l’abuso edilizio e la conseguente demolizione
del manufatto illecitamente realizzato. Questa corte, per evitare tali
conseguenze, in qualche decisione ha adottato un’interpretazione restrittiva
della norma nel senso che l’ha ritenuta applicabile con gli stessi limiti
previsti dall’articolo 32 comma 26 della legge n 326 del 2003 ossia nel senso
che la sanatoria è possibile solo per gli interventi edilizi di minore rilevanza
(cfr Cass n. 33297 del 2005). Siffatta interpretazione contrasta però con la
lettera e la ratio della norma. Invero il legislatore, dopo avere
introdotto con la legge n.308 del 2004 per le zone vincolate una sanatoria a
regime limitata agli abusi minori, ha voluto consentire in via eccezionale una
sanatoria ad amplissimo raggio, posto che quella limitata era stata già prevista
a regime e, d’altra parte la stessa legge n. 326 del 2003, già all’epoca in
vigore, consentiva nelle zone vincolate la sanatoria degli abusi minori commessi
fino a tutto il mese di marzo del 2003. Pertanto una sanatoria limitata ad
interventi minori non avrebbe avuto senso. Tuttavia il problema esiste, ma non
può essere risolto a livello interpretativo, occorrendo un intervento del
legislatore.
Allo stato però la prevenuta non ha chiesto la declaratoria di estinzione del
reato paesaggistico non avendo ancora ottenuto l’attestazione di compatibilità
paesaggistica, ma si è limitata ad avanzare istanza di sospensione del processo
nell’attesa che l’autorità amministrativa si pronunci sulla compatibilità
anzidetta. Siffatta istanza non può essere accolta giacché nulla dispone in
proposito la legge n.308 del 2004. In una situazione del genere, mancando
un’espressa previsione legislativa analoga a quella di cui all’articolo 33 della
legge n. 47 deI 1985, richiamato dalla legge n.326 del 2003, questa corte non
può sospendere sine die il processo con il conseguente fischio di
prescrizione, giacché, non essendo prevista la sospensione del processo, non può
considerarsi sospeso neppure il termine prescrizionale. Questa stessa sezione si
è già pronunciata per la non sospendibilità del processo (Cass 33297 del 2005
già citata; n. 15946 deI 2006). D’altra parte, non si può fare ricorso
all’articolo 479 c.p.p. perché tale norma presuppone l’esistenza di una
controversia in atto da defluire con sentenza mentre alla stato non esiste
alcuna controversia, la quale potrebbe sorgere ove la parte dovesse impugnare un
eventuale provvedimento di rigetto. La mancanza di coordinamento tra la legge n.
326 del 2003 e la 308 del 2004, come già accennato, può essere risolta solo dal
legislatore con un intervento correttivo.
Legittimamente il beneficio della sospensione condizionale della pena è stato
subordinato alla demolizione del manufatto, in quanto, secondo il consolidato
orientamento di questa corte, l’articolo 165 c.p. è applicabile anche a questa
materia. Invero, a seguito dell’intervento delle sezioni unite del 1997 (Cass.
Sez. Un. n. 714 del 1997) in materia edilizia legittimamente il giudice, nel
concedere con la sentenza di condanna la sospensione condizionale della pena,
può subordinare detto beneficio alla eliminazione delle conseguenze dannose del
reato mediante la demolizione dell’opera abusiva disposta con la stessa condanna
ai sensi dell’an. 7 della legge 28 febbraio 1985 n. 47. (cfr, Cass. 15 giugno
1998, n. 7148 Dionisi; Cass. 30 settembre 1998, 10309 Licata; Cass. 7 aprile
2000, 4086, Pagano; Cass. n.18304 del 2003).
Fondato, come anticipato nella premessa, è invece il primo motivo, in quanto la
corte d’appello ha omesso di pronunciarsi sull’esplicita richiesta, contenuta
nei motivi d’appello, d’applicazione della continuazione tra i reati oggetto del
presente procedimento e la violazione dei sigilli, commessa proprio per
completare le opere in questione, oggetto della sentenza di patteggiamento.
L’omessa pronuncia su tale punto determina però la nullità della sentenza
limitatamente a tale punto con conseguente rinvio al giudice del merito. Per il
principio della formazione progressiva del giudicato l’annullamento della
decisione su tale punto non incide sulla validità della sentenza relativamente
agli altri capi e punti. Di conseguenza l’affermazione di responsabilità deve
ritenersi ormai passata in giudicato
P.Q.M.
La Corte
Letto l’articolo 623 c.p.p.
ANNULLA
La sentenza impugnata limitatamente all’omessa pronuncia sulla continuazione con
rinvio ad altra sezione della corte d’appello di Lecce. Rigetta nel resto il
ricorso.
Così deciso in Roma il 22 novembre deI 2006.
Il consigliere estensore
Il Presidente
Ciro Petti
Claudio Vitalone
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