Tutti i diritti sono riservati - Copyright © - AmbienteDiritto.it
BENI CULTURALI E AMBIENTALI - Beni mobile di interesse storico, artistico
archeologico - Omessa denuncia all’autorità - Confisca - Annullamento -
Restituzione dei beni allo Stato - Onere della prova. L'annullamento della
confisca, in materia beni mobili di interesse storico, artistico archeologico,
non comporta, anche l'annullamento dell'ordine di restituzione dei beni allo
Stato ed è comunque possibile per la parte ottenere la revoca o la modifica di
esso in sede di esecuzione fornendo la dimostrazione della sussistenza delle
condizioni che legittimano la detenzione dei beni medesimi. Pres. Vitalone -
Est. Sarno - Ric. Tempesta. CORTE DI CASSAZIONE Sez. III, 12 gennaio 2007 (Ud.
23/11/2006), Sentenza n. 458
BENI CULTURALI E AMBIENTALI - Ritrovamento o scoperta dei beni di interesse
storico, artistico archeologico - Amministrazione statale - Azione di revindica
di beni archeologici - Possessore - Onere della prova - L. n. 364/1909.
Nell'azione di revindica di beni archeologici promossa dall'amministrazione
statale, il ritrovamento o la scoperta dei beni stessi in data anteriore
all'entrata in vigore della L. n. 364 del 1909, non é fatto costitutivo negativo
del diritto azionato, ma fatto impeditivo che deve essere provato da chi
l'eccepisce: dal complesso delle disposizioni, contenute nel codice civile e
nella legislazione speciale, regolante i ritrovamenti e le scoperte
archeologiche, ed il relativo regime di appartenenza, si ricava il principio
generale della proprietà statale delle cose d'interesse archeologico, e della
eccezionalità delle ipotesi di dominio privato sugli stessi oggetti, onde
qualora l'amministrazione intenda rientrare in possesso dei beni detenuti da
soggetti privati, incombe al possessore l'onere della prova della dedotta
scoperta e appropriazione anteriormente all'entrata in vigore della L. n. 364
del 1909, a partire dalla quale le cose ritrovate nel sottosuolo appartengono
allo Stato". Cass. Sez. 1 civile, n. 2995 del 10.2.2006). Pres. Vitalone - Est.
Sarno - Ric. Tempesta. CORTE DI CASSAZIONE Sez. III, 12 gennaio 2007 (Ud.
23/11/2006), Sentenza n. 458
BENI CULTURALI E AMBIENTALI - Codice dei beni culturali d.lgs. n. 42/04 -
Verifica di "culturalità" di un bene - Riconoscimento - Atto di certazione -
Disciplina. In materia di tutela dei beni culturali, anche con riferimento
al Codice dei beni culturali, di cui al d.lgs. n. 42/04, resta il principio
fondamentale per cui, fino al compimento della verifica di "culturalità"
(qualora questa dovesse avere esito negativo), le cose sono comunque sottoposte
alla legislazione di tutela" e che "la verifica concernente i beni di proprietà
pubblica, non si estrinseca in una formale "dichiarazione" (art. 13, comma 2,
Codice) in quanto il riconoscimento di culturalità non è provvedimento
costitutivo, che si basi sull'esercizio della discrezionalità amministrativa, ma
solo atto di certazione, che rivela prerogative che il bene possiede per le sue
caratteristiche e che, ove l'atto di certazione non sia intervenuto, ciò non
significa che il bene sia di proprietà privata, od oggetto di libera apprensione
ed usucapione". Pres. Vitalone - Est. Sarno - Ric. Tempesta. CORTE DI
CASSAZIONE Sez. III, 12 gennaio 2007 (Ud. 23/11/2006), Sentenza n. 458
BENI CULTURALI E AMBIENTALI - PROCEDURE E VARIE - Rapporto di continuità
normativa tra l’art. 48 della legge 1089/39 e quelle degli articoli 87 del d.
Ivo n. 490/99 e 90 del d.lvo n. 42/2004 - C.d. successione di leggi nel tempo ex
art, 2 cod. pen.. Sussiste un rapporto di continuità normativa tra l’art. 48
della legge 1089/39 e quelle degli articoli 87 del d. Ivo n. 490/99 e 90 del
d.lvo n. 42/2004 ad essa rispettivamente succedute costituendo queste ultime,
per l'oggetto della tutela, la sostanziale riproposizione della norma
precedentemente in vigore. Infatti, gli articoli 87 d. Ivo n. 490/99 e 90 d.lvo
n. 42/2004, pur introducendo il termine di ventiquattro ore per la denuncia
della scoperta delle cose immobili o mobili che presentano interesse
archeologico, riproducono per il resto in maniera pressoché identica il testo
dell'art. 48 della legge 1089/39. Pres. Vitalone - Est. Sarno - Ric. Tempesta.
CORTE DI CASSAZIONE Sez. III, 12 gennaio 2007 (Ud. 23/11/2006), Sentenza n. 458
PROCEDURE E VARIE - Prescrizione del reato - Causa estintiva - Obbligo del
giudice di immediata declaratoria ex art. 129 cod. proc. pen.. In presenza
della causa estintiva della prescrizione del reato, l'obbligo del giudice di
immediata declaratoria ex art. 129 cod. proc. pen. postula che le circostanze
idonee ad escludere l'esistenza del fatto, la rilevanza penale di esso e la non
commissione del medesimo da parte dell'imputato emergano dagli atti in modo
assolutamente non contestabile, senza necessità di ulteriore accertamento,
sicché la valutazione che in proposito deve essere compiuta appartiene più al
concetto di constatazione che a quello di apprezzamento e che, pertanto, qualora
le risultanze processuali sono tali da condurre a diverse ed alternative
interpretazioni, senza che risulti evidente la prova dell'estraneità
dell'imputato al fatto criminoso, non può essere applicata la regola di giudizio
ex art. 530, comma secondo, cod. proc. pen. la quale equipara la prova
incompleta, contraddittoria od insufficiente alla mancanza di prova, ma deve
essere dichiarata la causa estintiva della prescrizione (Sez. 6, n. 48527 del
18/11/2003 Rv. 228505). Pres. Vitalone - Est. Sarno - Ric. Tempesta. CORTE DI
CASSAZIONE Sez. III, 12 gennaio 2007 (Ud. 23/11/2006), Sentenza n. 458
458/07
UDIENZA PUBBLICA DEL 23/11/2006
SENTENZA n. 18891
REGISTRO GENERALE
N. 009945/2006
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.
Dott. VITALONE CLAUDIO
PRESIDENTE
1.Dott. SOUASSONI CLAUDIA
CONSIGLIERE
2. Dott. GENTILE MARIO
“
1.Dott. FRANCO AMEDEO
“
4.Dott. SARDO GIULIO
“ REL.
ha pronunciato la Seguente
SENTENZA / ORDINANZA
sul ricorso proposto da
1) TEMPESTA NICOLA N. il 28/06/1935 avverso SENTENZA del 01/06/2005 TRIB. SEZ.
DIST. di AMALFI
visti gli atti, la sentenza ed il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA la relazione fatta dal Consigliere SARNO GIULIO
Udito il Procuratore Generale in persona deL dott. Baglioni T.
che ha concluso per rigetto del ricorso
Udito, per la parte civile, l'Avv. //
Udito il difensore Avv. Mario Farace (Minori)
Tempesta Nicola, per il tramite del suo difensore, propone ricorso per
cassazione avverso la sentenza emessa dal giudice del tribunale di Salerno,
sezione distaccata di Amalfi, con la quale veniva prosciolto per intervenuta
prescrizione dal reato di cui all'articolo 48 della legge 1089/39 - concernente
la omessa denuncia all'autorità di cose mobili di interesse storico artistico
archeologico (anfore, frammenti marmorei, ecc.) allocate presso l'albergo di cui
era proprietario - e disposta la confisca e l'acquisizione dei beni sequestrati
in favore dello Stato.
Il ricorrente eccepisce:
I) L'abrogazione dell'art. 48 della legge 1089/39;
2) la violazione e la erronea interpretazione della legge penale mancando
elementi probatori dai quali desumere la scoperta fortuita dei beni e risultando
per contro che i beni si trovavano nell'albergo già al momento dell'acquisto di
esso avvenuto nel 1981:
3) assoluzione per non aver commesso il fatto o perché il fatto non costituisce
reato;
4) violazione delle norme processuali non emergendo la prova che il PM di
udienza avesse prodotto documentazione giustificante la richiesta di
prescrizione e non essendo stata assunta la prova decisiva richiesta
dell'imputato;
5) annullamento della sentenza nella parte in cui è stata disposta la confisca.
Motivi della decisione
Appaiono infondati i primi quattro motivi di ricorso.
1) Per quanto concerne l'art. 48 della legge 1089/39, effettivamente abrogato
per effetto dell'art. 166 del d.lvo n. 490/99, osserva il Collegio che si verte
non già in ipotesi di "abolitio criminis", bensì di successione di leggi nel
tempo ex art, 2 cod. pen.
E' riscontrabile, infatti, certamente un rapporto di continuità normativa tra la
predetta disposizione e quelle degli articoli 87 del d. Ivo n. 490/99 e 90 del
d.lvo n. 42/2004 ad essa rispettivamente succedute costituendo queste ultime,
per l'oggetto della tutela, la sostanziale riproposizione della norma
precedentemente in vigore.
Gli articoli 87 d. Ivo n. 490/99 e 90 d.lvo n. 42/2004, infatti, pur
introducendo il termine di ventiquattro ore per la denuncia della scoperta delle
cose immobili o mobili che presentano interesse archeologico, riproducono per il
resto in maniera pressoché identica il testo dell'art. 48 della legge 1089/39.
2 - 3. 4) Per quanto concerne il secondo, il terzo ed il quarto motivo di
ricorso correttamente il giudice di merito si conforma in premessa
all'orientamento di questa Corte secondo cui in presenza della causa estintiva
della prescrizione del reato, l'obbligo del giudice di immediata declaratoria ex
art. 129 cod. proc. pen. postula che le circostanze idonee ad escludere
l'esistenza del fatto, la rilevanza penale di esso e la non commissione del
medesimo da parte dell'imputato emergano dagli atti in modo assolutamente non
contestabile, senza necessità di ulteriore accertamento, sicché la valutazione
che in proposito deve essere compiuta appartiene più al concetto di
constatazione che a quello di apprezzamento e che, pertanto, qualora le
risultanze processuali sono tali da condurre a diverse ed alternative
interpretazioni, senza che risulti evidente la prova dell'estraneità
dell'imputato al fatto criminoso, non può essere applicata la regola di giudizio
ex art. 530, comma secondo, cod. proc. pen. la quale equipara la prova
incompleta, contraddittoria od insufficiente alla mancanza di prova, ma deve
essere dichiarata la causa estintiva della prescrizione (Sez. 6, n. 48527 del
18/11/2003 Rv. 228505).
Non può in questa sede essere peraltro riproposta una valutazione di merito
sugli elementi che hanno indotto il giudicante ad escludere la possibilità di
pervenire ad una pronuncia più favorevole all'imputato, ne appare censurabile
sono l profilo della legittimità la decisione del tribunale che, in presenza
della già maturata causa estintiva, ha ritenuto di non potere procedere ad
ulteriori accertamenti istruttori.
5) Per quanto concerne il quinto motivo di ricorso, dall'esame della motivazione
si rileva che il tribunale ha disposto la confisca e l'acquisizione al
patrimonio dello Stato dei beni in sequestro sul rilievo che nell'ipotesi di
scoperta di cose di interesse artistico o storico esse appartengono allo Stato
sin dal loro rinvenimento entrando a far parte del patrimonio indisponibile
dello Stato in quanto il loro materiale rinvenimento coincide con la formazione
di un titolo originario di acquisto per lo Stato medesimo.
Il ricorrente eccepisce: a) che le cose mobili in questione non rientrano nel
patrimonio dello Stato per difetto dei requisiti sostanziali e di
identificazione formale non essendo intervenuta la notifica nelle modalità di
legge e b) che, comunque, il provvedimento di confisca è inammissibile a seguito
della decisione di proscioglimento.
Ciò premesso ritiene il Collegio che vadano separatamente trattati i due aspetti
della confisca e della restituzione dei beni stante l'autonomia dei due
provvedimenti costantemente ribadita da questa Corte.
Ciò posto ritiene il Collegio che la confisca non poteva comunque essere
disposta nella specie.
Ed, invero, a prescindere dal rilievo che ai sensi dell'art. 240 cp essa può in
caso di proscioglimento essere ordinata solo se obbligatoria, va considerato
che, rispetto ai beni in sequestro, si rendono in astratto prospettabili due
ipotesi: a) l'accertamento della loro legittima acquisizione e detenzione da
pane dell'imputato - evenienza questa che di per se stessa esclude la
possibilità della misura ablatoria - ovvero, in alternativa, b) la mancata prova
della legittimità del loro acquisto.
In quest'ultimo caso i beni si devono necessariamente ritenere ancora nella
proprietà dello Stato e, quindi, secondo il consolidato orientamento di questa
Corte, proprio la considerazione che i beni in questione appartengono a titolo
originano allo Stato determina "a monte", l'inapplicabilità della misura di
sicurezza della confisca ex art. 240 cp, anche in caso di condanna, sul rilievo
che non è possibile acquisire la proprietà di una cosa già propria (da ultimo
Sez. 3 n. 2395 del 2004 rv 229427 che richiama sul punto i precedenti).
La statuizione della confisca va, pertanto, annullata.
Residua, pertanto, il problema della restituzione dei beni.
Rileva il Collegio che la decisione assunta al riguardo dal tribunale in quanto
coerente con le premesse sviluppate in motivazione e conforme alle conclusioni
cui è pervenuta, anche di recente, la giurisprudenza civile della Corte, debba
trovare sul punto conferma.
Sul piano l'attuale va anzitutto premesso che la tesi del ricorrente si fonda in
sostanza unicamente sulla inesistenza di un provvedimento formale di notifica
dei beni e sulla considerazione che, al momento dell'acquisto dell'albergo -
asseritamene risalente al 1981 - i beni erano già nella struttura.
E, dunque, nulla si dice nei motivi di ricorso sull'origine dei reperti e sulla
legittimità della loro acquisizione a seguito del rinvenimento.
Ciò posto, per rispondere alle doglianze dell'imputato, ritiene utile il
Collegio richiamare le motivazioni espresse da Sez. 1 civile, n. 2995 del
10.2.2006. In tale decisione si è infatti ribadito che "nell'azione di revindica
di beni archeologici promossa dall'amministrazione statale, il ritrovamento o la
scoperta dei beni stessi in data anteriore all'entrata in vigore della L. n. 364
del 1909, non é fatto costitutivo negativo del diritto azionato, ma fatto
impeditivo che deve essere provato da chi l'eccepisce: dal complesso delle
disposizioni, contenute nel codice civile e nella legislazione speciale,
regolante i ritrovamenti e le scoperte archeologiche, ed il relativo regime di
appartenenza, si ricava il principio generale della proprietà statale delle cose
d'interesse archeologico, e della eccezionalità delle ipotesi di dominio privato
sugli stessi oggetti, onde qualora l'amministrazione intenda rientrare in
possesso dei beni detenuti da soggetti privati, incombe al possessore l'onere
della prova della dedotta scoperta e appropriazione anteriormente all'entrata in
vigore della L. n. 364 del 1909, a partire dalla quale le cose ritrovate nel
sottosuolo appartengono allo Stato".
Si è anche precisato nell'occasione che la circostanza che "dopo il compimento
dei necessari rilievi e l'inventario degli oggetti rinvenuti, parte di essi
possa essere scartata, ed eventualmente ceduta a terzi, non toglie che in linea
di principio la cosa debba appartenere allo Stato, al fine di impedire che
attraverso la libera occupazione da parte dei privati, si distrugga la
stratificazione di dati conoscitivi, accumulati nei secoli", e si è aggiunto
che, "anche con riferimento al Codice dei beni culturali, di cui al d.lgs.
42/04, resta il principio fondamentale per cui, fino al compimento della
verifica di "culturalità" (qualora questa dovesse avere esito negativo), le cose
sono comunque sottoposte alla legislazione di tutela" e che "la verifica
concernente i beni di proprietà pubblica, non si estrinseca in una formale
"dichiarazione" (art. 13, comma 2, Codice) in quanto il riconoscimento di
culturalità non è provvedimento costitutivo, che si basi sull'esercizio della
discrezionalità amministrativa, ma solo atto di certazione, che rivela
prerogative che il bene possiede per le sue caratteristiche e che, ove l'atto di
certazione non sia intervenuto, ciò non significa che il bene sia di proprietà
privata, od oggetto di libera apprensione ed usucapione".
Ne, come peraltro già affermato da questa Sezione (sentenza n. 23295 del 2004,
citata), si può sostenere la necessità di apposita istanza di restituzione dei
beni da parte dell'organo statale.
Va ancora una volta richiamata Sez. I n. 2995 citata, la quale in proposito
rileva che già la denuncia da cui è scattata la misura probatorio-cautelare del
sequestro, dimostra di per se stessa che l'amministrazione, ha agito per riavere
la disponibilità dei reperti, nella convinzione che il possesso dei medesimi da
parte del privato sia illecita.
L'annullamento della confisca non comporta, pertanto, anche l'annullamento
dell'ordine di restituzione dei beni allo Stato ed è comunque possibile per la
parte ottenere la revoca o la modifica di esso in sede di esecuzione fornendo la
dimostrazione della sussistenza delle condizioni che legittimano la detenzione
dei beni medesimi.
PQM
La Corte Suprema di Cassazione
Annulla la sentenza impugnata limitatamente alla statuizione sulla confisca che
elimina.
Rigetta nel resto il ricorso.
Così deciso in Roma il 23.11.2006
AmbienteDiritto.it - Rivista giuridica - Electronic Law Review - Tutti i diritti sono riservati - Copyright © - AmbienteDiritto.it
Testata
registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006
Ritorna alle
MASSIME della sentenza - Approfondisci
con altre massime:
GIURISPRUDENZA -
Ricerca in:
LEGISLAZIONE - Ricerca
in:
DOTTRINA
www.AmbienteDiritto.it