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CORTE DI CASSAZIONE Sezioni Unite Penali, 8 gennaio 2007
(Ud.19/12/2006), Sentenza n. 57
Procedure e varie - Confisca - Revocabilità - Sussistenza - Limiti misure di
prevenzione ed antimafia - Espropriazione per pubblico interesse identificato
nella generale finalità di prevenzione penale. La misura di prevenzione
della confisca è soggetta soltanto alla revoca con effetti ex tunc, su
iniziativa di quanti abbiano partecipato al procedimento di prevenzione o siano
stati messi in condizione di prendervi parte, per il caso in cui si accerti,
sulla base di elementi nuovi sopravvenuti, l’invalidità genetica del
provvedimento per difetto di uno o più dei presupposti di legge, dati dalla
pericolosità del proposto, dalla disponibilità diretta o indiretta del bene da
parte di questi, dalla sproporzione del valore del bene rispetto al reddito
dichiarato o all’attività economica svolta, dall’essere il bene frutto di
attività illecite o del reimpiego di profitti illeciti. In ordine ai limiti
soggettivi di proponibilità la Corte ha altresì precisato che la revoca non può
essere richiesta da chi, pur dovendo intervenire perché formalmente titolare dei
beni sequestrati, non sia stato chiamato a partecipare al procedimento e
comunque non vi abbia partecipato; in questo caso, l’esistenza delle condizioni
per la dichiarazione dell’inefficacia del provvedimento può e deve farsi valere
mediante il ricorso ad incidente di esecuzione. Presidente V. Carbone, Relatore
A. S. Agrò, Ric. Adduino ed altri. CORTE DI CASSAZIONE Sezioni Unite Penali,
8 gennaio 2007 (Ud.19/12/2006), Sentenza n. 57
Procedure e varie - Confisca - Richiesta di rimozione del provvedimento
definitivo - Rivedibilità del giudicato - Artt. 630 e ss. c.p.p. - Prove nuove
sopravvenute - Elementi dedotti. La richiesta di rimozione del provvedimento
definitivo di confisca deve muoversi nello stesso ambito della rivedibilità del
giudicato di cui agli artt. 630 e ss. c.p.p., con postulazione dunque di prove
nuove sopravvenute alla conclusione del procedimento, Cass. sez.VI,17 settembre
2004, n.46449, Cerchia e altro, (e sono tali anche quelle non valutate nemmeno
implicitamente: S.U., 26 settembre 2001, Pisano), ovvero di inconciliabilità di
provvedimenti giudiziari, ovvero di procedimento di prevenzione fondato su atti
falsi o su un altro reato. Gli elementi dedotti saranno diretti a dimostrare
l'insussistenza di uno o più dei presupposti del provvedimento reale e pertanto
in primo luogo la pericolosità del proposto, ma anche, unitamente o
separatamente, la disponibilità diretta o indiretta del bene in capo al proposto
medesimo, il valore sproporzionato della cosa al reddito dichiarato o
all'attività economica svolta, il frutto di attività illecite o il reimpiego di
profitti illeciti. Presidente V. Carbone, Relatore A. S. Agrò, Ric. Adduino ed
altri. CORTE DI CASSAZIONE Sezioni Unite Penali, 8 gennaio 2007 (Ud.19/12/2006),
Sentenza n. 57
Udienza Pubblica del
SENTENZA N.
REG. GENERALE n.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
PENALI
SEZIONI UNITE
Composta dagli III. mi Signori
omissis
Ritenuto in fatto
1. Con incidente di esecuzione - istanza di revoca del 17 febbraio 2005,
Concetta Auddino, Francesco Auddino, Cesarina Auddino, Lucia Auddino, Raffaele
Auddino, Nicola Auddino e Teresa Scriva chiedevano al Tribunale di Reggio
Calabria la revoca parziale del provvedimento di confisca di immobili, confisca
disposta, con decreto depositato l'8 marzo 1995, nel procedimento di prevenzione
a carico di Michele Auddino, figlio della Scriva e fratello degli altri
richiedenti.
Sostenevano, quanto a un magazzino, che la confisca era stata deliberata in
assenza di previo sequestro e senza che ai richiedenti, proprietari del bene,
fosse stata data la possibilità di intervenire nel procedimento e, quanto ad un
alloggio di edilizia economica e popolare, che anch'esso era stato confiscato
senza un previo sequestro e senza che sussistessero i presupposti della misura
di prevenzione, dato che non era stato effettuato alcun raffronto fra i redditi
leciti dei soggetti assegnatari - acquirenti (Teresa Scriva e Rocco Auddino,
padre degli altri richiedenti) e il prezzo del riscatto.
2. Il Tribunale, con provvedimento del 6 maggio 2005, respingeva l'istanza di
revoca sui rilievi che la mancata partecipazione dei terzi al procedimento di
confisca non rileva come vizio del provvedimento; che, pur a prescindere
dall'influenza del giudicato su eventuali vizi in procedendo, esisteva un
provvedimento di sequestro dell'intero patrimonio aziendale dell'Auddino; che
non risultava provata l'effettiva disponibilità dei beni da parte degli istanti,
inerti per ben dieci anni dinanzi alla confisca; che la madre della persona
pericolosa, Teresa Scriva, aveva partecipato al procedimento conclusosi con la
confisca; che in ogni modo non venivano prospettati elementi di novità tali da
integrare l'ipotesi di cui all'art.7 legge 27 dicembre 1956, n.1423.
3. Sull'appello dei richiedenti, la Corte d'Appello di Reggio Calabria, con
decreto del primo marzo 2006, dichiarava inammissibile l'impugnazione.
Riteneva. infatti, conformemente a quanto affermato da Cass. sez. V, 15 gennaio
2004, n.5738., P.G. in proc. D'Agata, che la revoca della misura patrimoniale di
prevenzione costituita dalla confisca non è prevista dalla legge e che non
sarebbe applicabile analogicamente l'art. 7 della legge 27 dicembre 1956, n.1423,
riguardante le misure personali di prevenzione.
4. Contro questa pronunzia gli istanti propongono ricorso in Cassazione. Nel
richiamare l'orientamento interpretativo espresso da Cass. sez. VI 17 settembre
2004, n.46449, Cerchia e altro, denunziano violazione di legge perché è stata
esclusa l'operatività della revoca ai sensi dell'art. 7 della legge 1423 del
1956, nonostante si fosse rappresentata una situazione in cui erano inesistenti
ab origine i presupposti della confisca (beni di lecita provenienza e di
legittima proprietà dei richiedenti).
5. La prima sezione penale di questa Corte, assegnataria del ricorso, rilevato
il contrasto giurisprudenziale sul punto dell'applicabilità della revoca
prevista dall'art. 7 della legge 27 dicembre 1956, n.1423, alla misura di
prevenzione della confisca, su conforme richiesta del Procuratore Generale,
disponeva la remissione del procedimento alle Sezioni Unite.
Considerato in diritto
1. Come si è esposto in narrativa, le Sezioni Unite, per risolvere il contrasto
tuttora perdurante nella giurisprudenza di legittimità (cfr. da ultime in senso
positivo Cass. Sez.VI, 18 ottobre 2005, n.44985, Buda e altri, e in senso
negativo Cass. sez.I, 27 giugno 2006, n.33056, Mandaglio e altri), sono state
chiamate a decidere se la misura della confisca di cui all'art.2 ter, terzo
comma, della legge 31 maggio 1965, n.575, sia revocabile ai sensi dell'art.7,
secondo comma, della legge 27 dicembre 1956, n.1423, al pari delle misure
personali di prevenzione.
2. Questa revoca, a una prima lettura della disposizione, appare come atto di
ritiro di una misura di prevenzione, su istanza dell'interessato, da parte della
stessa autorità che ebbe ad emanarla. Essa suppone l'intervenuta definitività
della misura, potendosi altrimenti ottenere la cessazione della sua efficacia
attraverso gli ordinari mezzi di impugnazione (Cass. sez.I, 21 gennaio 2000,
Russo); è improntata a discrezionalità ("può"); è condizionata dall'esaurirsi o
dal mutamento sopravvenuti della causa originaria ("quando sia cessata o mutata
la causa che lo ha determinato"); ha pertanto efficacia ex nunc.
Ed è in base a questa possibilità senza termine di ritiro che si è osservato
come, per le misure di prevenzione cui è applicabile, si debba parlare di un
principio di giudicato provvisorio, dato che la preclusione che deriva da un
simile giudicato opera sempre rebus sic stantibus e non impedisce una
rivalutazione dei presupposti, sulla base di nuove evenienze.
3. Un maggior approfondimento interpretativo dell'art.7 è tuttavia intervenuto
in relazione al dubbio della compatibilità delle misure di prevenzione con
l'istituto della revisione contemplato negli art.629 ss. c.p.p., ferma restando
l'esigenza logico - sistematica di coprire anche simili provvedimenti con uno
strumento in grado di riparare ad errori giudiziari.
In questa linea, a cominciare da Cass. sez.I 6 marzo 1992, n.1071, Santapaola,
si è valorizzato il valore polisemantico dell'espressione "sia cessata la causa
che lo ha determinato" e si è affermato che tale cessazione è riferibile tanto a
un fatto sopravvenuto, quanto a una nuova e più attenta valutazione
retrospettiva della situazione iniziale.
Con il risultato di ritenere che il secondo comma dell'art.7 preveda anche la
possibilità di una revoca ex tunc, priva, questa, di ogni connotazione
discrezionale e determinata dal riconoscimento, oggi per allora,
dell'inesistenza originaria dei presupposti della misura di prevenzione.
Una tale lettura, consacrata dalla decisione delle Sezioni Unite 10 dicembre
1997, Pisco, fa sì che la disposizione in esame svolga, per i partecipanti al
procedimento di prevenzione, altrimenti privi di diverso rimedio (e in
particolare dell'incidente di esecuzione cfr. Cass. sez.VI 5 novembre 2002, n.37025,
Diana e altro), anche una funzione vicariante quella riservata, per le sentenze
e per i decreti penali di condanna, alla revisione.
La quale ultima, nelle forme di cui agli artt. 629 e ss. c.p.p., è stata invece
ritenuta inapplicabile ai provvedimenti di prevenzione, sempre dalla pronunzia
delle Sezioni Unite appena citata.
4. Va poi ancora ricordato, quanto alla confisca disposta ai sensi dell'art. 2
ter della legge 31 maggio 1965, n.575, che questa, conformemente
all'insegnamento di S.U. 3 luglio 1996, P.G. in proc. Simonelli, non è di per sé
provvedimento di prevenzione in senso stretto, ma piuttosto sanzione
amministrativa di carattere ablatorio, equiparabile alla misura di sicurezza
prescritta dal secondo comma dell'art.240 cod. pen.
Simile sanzione accede comunque a una misura personale di prevenzione ed è
applicabile nel relativo procedimento di cui "segue, in linea di massima, le
regole" (giurisprudenza uniforme, cfr., da ultima, Cass. sez. II, 31 gennaio
2005, n.19914, P.G. in proc. Bruno e altri).
5. Ora gli argomenti addotti dai fautori della soluzione dell'irrevocabilità
della confisca, compiutamente espressi da Cass. sez.V, 15 gennaio 2004, n.5738,
P.G. in proc. D'Agata e da ultimo rivisitati dalla già citata Cass. sez.I, 27
giugno 2006, n.33056, Mandaglio e altri, sono in primo luogo di carattere
letterale.
Secondo canoni ermeneutici di questo tipo si evidenzia in primo luogo che l'art.
2 ter, quarto comma della legge, n. 575 del 1965 prevede la revoca del
sequestro, ma non anche della confisca ("il sequestro è revocato dal Tribunale
quando è respinta la proposta di applicazione della misura di prevenzione o
quando risulta che essa ha per oggetto beni di legittima provenienza o dei quali
l'indiziato poteva disporre direttamente o indirettamente"). Inoltre l'art. 3
ter, anch'esso attinente alle misure di prevenzione reali, nel fare rinvio
per il regime delle impugnazioni (in tema, tra l'altro, di confisca e
comprensivo, si assume di ogni tipo di gravame) ad altre disposizioni della
legge n. 1423 del 1956 (art. 4, commi ottavo, nono, decimo, undicesimo), non
richiama l'art. 7 della suddetta legge, che disciplina specificamente l'istituto
della revoca.
Si aggiunge, sotto un profilo strutturale, che l'intangibilità della misura
troverebbe la sua ragione di essere nel fatto che, al momento del passaggio in
giudicato della sentenza che la dispone, alla confisca consegue un istantaneo
trasferimento a titolo originario in favore del patrimonio dello Stato del bene
che ne costituisce l'oggetto, con conseguente esaurimento ed irreversibilità
della situazione giuridica considerata.
Sul piano logico- sistematico viene, infine, sottolineata la differenza dei beni
giuridici, la cui tutela è sottesa rispettivamente alle misure di prevenzione
personali e reali e la conseguente diversità di ratio ispiratrice, la cui
identità giustificherebbe invece il ricorso all'analogia.
6. Tali ragioni non paiono tuttavia risolutive.
Muovendo da quelle di ordine letterale va intanto premesso il rilievo della
scarsa affidabilità, quanto meno sotto il profilo della coerenza terminologica,
delle formulazioni impiegate in tema di misure di prevenzione, trattandosi di
produzione normativa confusa, cresciuta, come ben noto, per accumulazioni
successive e sulla spinta di esigenze contingenti.
Ed anzi è proprio questa disordinata successione di interventi che conduce a non
caricare di significato (come invece ha fatto Cass. sez.VI, 3 ottobre 2005, n.465,
Sollima e altri) la circostanza che il legislatore, a seguito dell'introduzione
delle misure reali, non abbia contestualmente modificato il tenore del secondo
comma dell'art.7 in esame, testualmente riferibile soltanto alle misure
personali di cui all'art.3.
D'altronde, questa omissione, ove si valorizzi l'origine storica della
disposizione (dettata quando ancora non esistevano misure reali di prevenzione),
può sì leggersi come esclusione della applicabilità della revoca alla confisca.
Ma, valorizzando invece il rilievo della norma nell'ambito di un'interpretazione
sistematica, può anche leggersi nel senso della superfluità di una espressa
menzione della confisca, dato che, come pure si è visto, il terzo comma dell'art.2
ter della legge n.575 del 1965 concepisce questo provvedimento reale come
accessorio a quello personale di prevenzione, provvedimento accessorio il cui
regime giuridico (comprensivo della revocabilità) è dunque regolato allo stesso
modo di quello dettato per il principale.
7. A quanto detto va poi aggiunto che nessuna conclusione in ordine alla
revocabilità della confisca può trarsi dall'osservazione che all'art.2 ter
quarto comma della legge n.575 del 1965 si menzioni una revoca soltanto per il
sequestro.
Con l'indicare per il sequestro questa forma di ritiro, nonostante l'identità
lessicale, ci si riferisce in realtà a un rimedio giuridico eterogeneo rispetto
a quello introdotto nell'art.7 della legge n.1423 del 1956.
La revoca della legge n.575, conseguenza automatica del diniego di una misura
personale o del riconoscimento dell'assenza dei presupposti per l'applicazione
della confisca, agisce infatti, con pieni risultati ripristinatori, su un
provvedimento tuttora in esecuzione e comunque destinato ad esaurirsi con il
compimento del procedimento di prevenzione. La revoca della cui operatività si
discute riguarda invece (e con diverse e graduate conseguenze) provvedimenti già
definitivi, altrimenti destinati a perdurare dopo la conclusione di tale
procedimento.
Per dirla con diverse parole, la previsione dell'art.2 ter, relativa al
sequestro, in nessun modo esaurisce le possibilità di ritiro di altri
provvedimenti reali e quindi non toglie la possibilità che il legislatore
predisponga, sia pure utilizzando un termine eguale, ma che, per ampio spettro
semantico, è appropriato a disegnare fenomeni relativamente eterogenei, uno
strumento ulteriore e di diversa natura per la cessazione dell'efficacia di
misure patrimoniali definitive. Strumento la cui qualità consiglia una
collocazione sistematica separata da quella in cui si prevede la revoca
dell'ordine di sequestro.
8. Ancor meno appropriato è poi basarsi sul regime delle impugnazioni delle
misure di prevenzione, sia o non sia totalmente esaustivo di ogni possibilità di
gravame, per considerare significativo il fatto che, nella parte in cui questo
regime ha riguardo alla confisca, non v' è menzione della revoca prevista dal
secondo comma dell'art.7. In primo luogo questa revoca, come più volte si è
avuto già modo di osservare, è provvedimento di ritiro e non atto conclusivo o
procedimento di gravame, sicché, già per tale ragione, sarebbe stato fuori luogo
richiamarla nella parte relativa alle impugnazioni delle misure di prevenzione.
Conclusione che deve mantenersi ferma pure con riguardo a quella che si può
definire la revoca - revisione, riconosciuta da S.U. 10 dicembre 1997, Pisco,
posto che la revisione è nella tradizione processuale strumento straordinario di
impugnazione, meritevole quindi di autonoma sede normativa.
9. Un limitato fondamento ha per contro l'obbiezione alla revocabilità tratta
dagli esiti irreversibili della confisca, descritti, per la misura di sicurezza
omonima, da S.U. 28 gennaio 1998, Maiolo.
Secondo questa pronunzia, la confisca è collocata dalla legge nel novero degli
effetti istantaneamente prodotti dalla decisione definitiva che l'ha disposta,
effetti cioè non attinenti al rapporto esecutivo, ma conseguenti alla
statuizione giudiziale nel momento stesso del passaggio in giudicato della
medesima.
Dato dunque simile carattere istantaneo e non permanente (uno actu perficitur),
la confisca si connota come irrevocabile, cosa sottolineata da autorevole
dottrina anche sulla base della considerazione che la misura in questione
rappresenta, in sostanza, una sorta di espropriazione per pubblico interesse,
identificato, quest'ultimo, nella generale finalità di prevenzione penale.
Infatti, al provvedimento che la ordina consegue un trasferimento a titolo
originario del bene sequestrato nel patrimonio dello Stato. Con il che si pone
un suggello finale a una situazione che deve ritenersi ormai "esaurita".
10. Se simili considerazioni appaiono in sé fuori discussione, sembra tuttavia
che per una sorta di equivoco esse siano state trasposte senza distinzioni di
sorta nella problematica riguardante la revoca della confisca accessoria a una
misura personale di prevenzione, prevista dall'art.7, secondo comma, della legge
27 dicembre 1956, n.1423. Più in particolare è vero che l'irreversibile
risultato ablatorio, conseguente alla definitività del provvedimento, rende
anche la confisca in esame insensibile a successivi mutamenti della situazione
che abbiano recato modificazioni alla pericolosità del soggetto inciso o che
abbiano addirittura fatto cessare la sua pericolosità.
Risultato questo già derivante dal carattere istantaneo e non permanente di ogni
disposizione di confisca in quanto tale, ma nella specie rafforzato dalla natura
di sanzione patrimoniale, riconosciuta alla nostra confisca, risposta a una
acquisizione illecita di beni, situazione per sua natura insuscettiva di
evoluzione (giurisprudenza costante, cfr. ex plurimis Cass. sez.II, 28
marzo 1996, n.1438. Olivieri).
Non è però egualmente vero che l'irreversibilità dell'ablazione impedisca di
accertare, oggi per allora, e nello spazio non precluso dalla definitività dei
provvedimento, l'originaria insussistenza dei presupposti che hanno condotto
alla sua emanazione. Infatti la dimostrazione dell'insussistenza non è tanto
diretta a far cessare gli effetti di una confisca legittimamente imposta, quanto
a farne palese un vizio d'origine. Talché, una volta riconosciuta l'invalidità
del titolo, la ritenuta irreversibilità dell'ablazione non esclude la
possibilità di una restituzione, per determinazione discrezionale della Pubblica
Amministrazione, e, quanto meno, provoca l'insorgenza di un obbligo riparatorio
della perdita patrimoniale, priva di giustificazione sin dal momento in cui si è
verificata.
Di qui dunque la possibilità di una revoca in funzione di revisione, per la
persistenza di un concreto interesse e in conformità alla ratio di questo
istituto che, al di là di ogni effetto di pratico ripristino, comprende il
superamento del degrado sociale, con l'affermazione dell'ingiustizia del
provvedimento sanzionatorio.
11. Per rispondere poi all'ultimo argomento contrario alla revocabilità,
formulato in considerazione della distinzione tra gli interessi sottesi alle
diverse misure di prevenzione, personali o reali, va infine sottolineato che,
attraverso la revoca in funzione di revisione, si tratta, come si è appena
osservato, di porre rimedio ad un errore giudiziario.
E in vista di questo fine è allora inconferente parlare di eterogeneità degli
interessi tutelati, dato che anche la lesione del diritto di proprietà appare
quale violazione di bene costituzionalmente protetto, al pari
dell'ingiustificata limitazione di libertà. Con la conseguenza che nulla
impedisce di ritenere accomunati il regime di revoca delle misure di prevenzione
personali a quello reale della confisca, nell'identità dell'interesse a
predisporre un mezzo per la riparazione dell'ingiustizia.
Osservazione che mostra ancora come sia priva di fondamento l'opinione di chi
ammette una perdita di efficacia ex tunc della confisca solo quale
conseguenza secondaria e automatica della revoca della misura personale di
prevenzione, per riconosciuta originaria inesistenza della pericolosità del
soggetto proposto, ma non su specifica richiesta diretta a questo unico fine e
in base alla postulata insussistenza degli altri presupposti della misura (Cass.
sez. VI, 4 giugno 1997, n.2244, Scuderi).
12 . In conclusione può dunque affermarsi che vi è un'incompatibilità
strutturale tra la revoca ex nunc e Ia misura della confisca, essendo
questa revoca ex nunc ipotizzabile soltanto per le misure di prevenzione
di cui è costante l'esecuzione al momento in cui viene avanzata la relativa
istanza.
Tale incompatibilità è invece inesistente, quando venga avanzata una richiesta
di revoca con effetti ex tunc, in contemplazione di una invalidità
genetica del provvedimento.
In questi limiti deve dunque ritenersi applicabile l'art.7 secondo comma alla
misura prevista dall'art.2 ter terzo comma della legge 31 maggio 1965, n.575,
identificandosi nella revoca in esame un mezzo predisposto dal legislatore per
adempiere all'obbligo riparatorio prefigurato dall'ultimo comma dell'art.24
della Costituzione.
13. Ci si deve però soffermare ancora su questa revoca, per tornare ad osservare
che essa si riferisce ad un provvedimento definitivo. Carattere, questo, che
preclude di rimettere in discussione con l'istanza atti o elementi già
considerati nel procedimento di prevenzione o in esso deducibili.
Come correttamente rileva Cass. sez.VI,17 settembre 2004, n.46449, Cerchia e
altro, la richiesta di rimozione del provvedimento definitivo deve muoversi
nello stesso ambito della rivedibilità del giudicato di cui agli artt.630 e ss.
c.p.p., con postulazione dunque di prove nuove sopravvenute alla conclusione del
procedimento (e sono tali anche quelle non valutate nemmeno implicitamente: S.U.,
26 settembre 2001, Pisano), ovvero di inconciliabilità di provvedimenti
giudiziari, ovvero di procedimento di prevenzione fondato su atti falsi o su un
altro reato.
Gli elementi dedotti saranno diretti a dimostrare l'insussistenza di uno o più
dei presupposti del provvedimento reale e pertanto in primo luogo la
pericolosità del proposto, ma anche, unitamente o separatamente, la
disponibilità diretta o indiretta del bene in capo al proposto medesimo, il
valore sproporzionato della cosa al reddito dichiarato o all'attività economica
svolta, il frutto di attività illecite o il reimpiego di profitti illeciti.
14. In ordine ai limiti soggettivi di esperibilità della revoca, sono
legittimati a proporla quanti abbiano partecipato al procedimento di prevenzione
o siano stati messi in grado di parteciparvi.
In tal modo simile richiesta non è in tesi proponibile da chi, pur dovendo
intervenire perché formalmente titolare dei beni sequestrati, non sia stato
chiamato a partecipare al procedimento e comunque non vi abbia partecipato,
secondo quanto invece prescritto dal quinto comma dell'art. 2 ter legge n.575
del 1965.
In questo caso, l'esistenza delle condizioni per la dichiarazione
dell'inefficacia del provvedimento (esecutivo anche nei confronti del terzo non
intervenuto) può e deve farsi valere, secondo pacifica giurisprudenza, mediante
il ricorso ad incidente di esecuzione (cfr., da ultima, Cass. sez.VI, 29
settembre 2005, n.41195, Cristaldi e altri). Incidente nel quale il terzo
formalmente titolare, senza preclusioni derivanti dal procedimento di
prevenzione cui non ha partecipato, potrà svolgere le sue deduzioni e chiedere
l'acquisizione di ogni elemento utile.
Rispetto ai terzi di cui non risultava l'appartenenza dei beni, durante il
procedimento di prevenzione, il provvedimento di confisca è irrevocabile e
prevale su eventuali acquisti in buona fede o sulla titolarità di diritti reali
di garanzia, per i quali e se del caso residua una tutela risarcitoria in sede
civile (Cass. sez.VI, 4 giugno 2003, n.38294, Carotenuto).
15. Applicando ora i principi fin qui esposti al caso di specie, si deve
immediatamente rilevare come a torto la Corte d'Appello abbia negato
l'ammissibilità della richiesta di revoca della confisca avanzata da Teresa
Scriva, la quale, ai sensi del quinto comma dell'art. 2 ter della legge 31
maggio 1965, n.575, era stata parte del procedimento di prevenzione da Teresa
Scriva infatti intendeva valersi della revoca-revisione di cui al secondo comma
dell'art.7 della legge 27 dicembre 1956, n.1423, deducendo l'emergere di prove
che assumeva mai esaminate e dimostrative dell'inesistenza del presupposto del
valore sproporzionato fra i redditi leciti dei soggetti assegnatari - acquirenti
(Teresa Scriva e Rocco Auddino, padre degli altri richiedenti) e il prezzo del
riscatto di un alloggio di edilizia economica-popolare, oggetto della misura
ablatoria.
16. Nei confronti poi degli altri ricorrenti, non ci si è avveduti che essi,
assumendo di non aver mai partecipato al procedimento conclusosi con la
confisca, non proponevano un'istanza di revoca di questa, ma un incidente di
esecuzione avverso il provvedimento ablatorio, come del resto era anche fatto
palese dall'intitolazione della richiesta avanzata al Tribunale. il 17 febbraio
2005.
Di qui la distonia della decisione adottata dalla Corte d'Appello di dichiarare
inammissibile una domanda di revoca, in realtà mai proposta, e il precedente
errore da parte del Tribunale di ritenere preclusi alcuni temi di prova sulla
disponibilità di un bene, perché privi del carattere di novità rispetto agli
elementi considerati e alle valutazioni fatte nel procedimento di prevenzione.
17. Ne deriva l'annullamento del decreto della Corte d'Appello di Reggio
Calabria nei confronti di tutti i ricorrenti, con rinvio alla Corte medesima
perché proceda a una nuova deliberazione sulla revoca proposta da Teresa Scriva,
e anche l'annullamento del provvedimento emanato dal Tribunale nel confronti
degli Auddino per una nuova deliberazione del Tribunale medesimo sull'incidente
di esecuzione proposto da costoro.
P.Q.M.
La Corte di Cassazione
annulla il decreto impugnato e rinvia alla Corte d'Appello di Reggio Calabria
per una nuova deliberazione nei confronti di Scriva Teresa;
annulla inoltre il provvedimento del Tribunale di Reggio Calabria in data 6
maggio 2005 nei confronti degli altri ricorrenti con rinvio allo stesso
Tribunale per nuova deliberazione.
Così deciso in Roma il 19 dicembre 2006
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