AmbienteDiritto.it 

Legislazione  Giurisprudenza

 


 AmbienteDiritto.it - Rivista giuridica - Electronic Law Review - Tutti i diritti sono riservati - Copyright © - AmbienteDiritto.it

Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006

CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 22 Febbraio 2007 (Ud. 11/01/2007), Sentenza n. 7283



URBANISTICA E EDILIZIA - Condono, demolizione e sospensione - Condizionale della pena - Rilascio della concessione - Verifica della legittimità. In pendenza della procedura di condono edilizio di opere abusive, la sola determinazione, da parte dell'amministrazione comunale competente, di congruità dell'oblazione versata non è idonea a determinare l'effetto della revoca o anche della sola sospensione dell'esecuzione dell'ordine di demolizione, in quanto solo con il rilascio della concessione sorge, in capo al giudice dell'esecuzione, l'obbligo di verifica della legittimità della stessa e della compatibilità del manufatto con lo strumento urbanistico (Sez. III, 3 dicembre 2003, Dionisi, m. 227.555). Pres. Vitalone Est. Franco Ric. PM in proc. Faralla. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 22 febbraio 2007 (Ud. 11/01/2007), Sentenza n. 7283

URBANISTICA E EDILIZIA - Condono edilizio - Disciplina normativa - Effetto estintivo del reato - Presupposti - C.d. silenzio assenso - L. n.326/2003. La disciplina normativa dell'ultimo condono edilizio, ed in particolare l'art. 32, comma 36, d.l. 30 settembre 2003, n. 269, convertito con modificazioni nella legge 24 novembre 2003, n. 326, prevede che, affinché si determini l'effetto estintivo del reato, non è sufficiente la presentazione della domanda di condono edilizio, anche se accompagnata dalla attestazione di congruità delle somme versate, ma occorre il rilascio effettivo del condono (provvedimento finale) ovvero il verificarsi di tutte le condizioni ivi indicate (presentazione nei termini della istanza di condono, oblazione interamente corrisposta, decorso di trentasei mesi dalla data da cui risulta il suddetto pagamento). Solo il verificarsi di tutte queste condizioni (compreso il decorso del termine) determina il c.d. silenzio assenso, che sostituisce e produce gli stessi effetti del provvedimento positivo (ossia gli effetti di cui all'art. 38, comma 2, della legge 28 febbraio 1985, n. 47), e cioè l'estinzione dei reati indicati, sempre subordinata (ovviamente) all'accertamento da parte del giudice penale della effettiva condonabilità delle opere e della sussistenza di tutti gli altri presupposti e condizioni richiesti dalla legge. Ne deriva che solo il provvedimento definitivo (permesso di costruire in sanatoria o formazione del silenzio assenso) potrà eventualmente, se ne sussistono le condizioni di legge, determinare una situazione di assoluta incompatibilità con l'ordine di demolizione impartito dalla sentenza irrevocabile ed autorizzarne pertanto la revoca da parte del giudice dell'esecuzione. Pres. Vitalone Est. Franco Ric. PM in proc. Faralla. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 22 febbraio 2007 (Ud. 11/01/2007), Sentenza n. 7283

URBANISTICA E EDILIZIA - Mancato adempimento dell'obbligo di demolizione - Domanda di condono edilizio - Sospensione condizionale - Revoca del beneficio - Irrilevanza - Obbligo condizionante. Ai fini della revoca del beneficio della sospensione condizionale, non assume alcuna rilevanza il fatto che sia stata presentata domanda di condono edilizio, e ciò anche qualora il permesso di costruire in sanatoria fosse stato nel frattempo rilasciato, in quanto i1 mancato adempimento dell'obbligo di demolizione determina la revoca della sospensione condizionale della pena, la quale opera di diritto, salvo il caso di sopravvenuta impossibilità. Infatti, il termine per l'adempimento, per il principio di obbligatorietà ed effettività della pena, costituisce elemento essenziale della concessione del beneficio, ed entro tale termine, pena le revoca del beneficio, deve essere assolto l'obbligo condizionante. Pres. Vitalone Est. Franco Ric. PM in proc. Faralla. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 22 febbraio 2007 (Ud. 11/01/2007), Sentenza n. 7283

URBANISTICA E EDILIZIA - Condono edilizio di opere abusive - Ordine di demolizione - Sospensione - Presupposti - Poteri del giudice dell'esecuzione. In materia di condono edilizio di opere abusive, il giudice dell'esecuzione può sospendere una statuizione di demolizione contenuta nella sentenza penale passata in giudicato solo quando sia razionalmente e concretamente prevedibile che, nel giro di brevissimo tempo, sia adottato dall'autorità amministrativa o giurisdizionale un valido provvedimento che si ponga in insanabile contrasto con il detto ordine di demolizione, restando escluso che a tal fine sia sufficiente la semplice pendenza della procedura di sanatoria o la mera presentazione della domanda di condono edilizio, sia pure accompagnata dal versamento della congrua somma dovuta a titolo di oblazione (Sez. III, 30 marzo 2000, Ciconte, m. 216.071; Sez. III, 30 gennaio 2003, Ciavarella, m. 224.347; Sez. III, 28 settembre 2006, Mariani). Pres. Vitalone Est. Franco Ric. PM in proc. Faralla. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 22 febbraio 2007 (Ud. 11/01/2007), Sentenza n. 7283



In materia:


URBANISTICA E EDILIZIA - Immobile abusivo - Ordine di demolizione - Concessione in sanatoria, intervenuta successivamente alla scadenza del termine - Sospensione condizionale della pena - Effetti - Art. 163 cod. pen..
In tema di sospensione condizionale della pena, il mancato adempimento, entro il termine fissato, dell'obbligo di demolizione dell'immobile abusivo - cui sia subordinata la concessione del beneficio di cui all'art. 163 cod. pen. - determina la revoca della sospensione condizionale della pena, la quale opera di diritto, salva l'ipotesi di sopravvenuta impossibilità, con la conseguenza che il giudice dell'esecuzione, al quale non è attribuita alcuna discrezionalità al riguardo, non è tenuto a motivare su questioni diverse dall'adempimento e dalla inesistenza di cause che lo rendano impossibile. Ne deriva che la concessione in sanatoria, intervenuta successivamente alla scadenza del termine fissato per l'adempimento dell'obbligo di demolizione, non ha alcuna efficacia in ordine alla revoca del beneficio di cui all'art. 163 cod. pen. (CORTE DI CASSAZIONE Sez. III, 5 febbraio 2004, Raptus, m. 227.873).

URBANISTICA E EDILIZIA - Immobile abusivo - Ordine di demolizione - Mancato adempimento. In tema di sospensione condizionale della pena, il mancato adempimento, entro il termine fissato, dell'obbligo di demolizione dell'immobile abusivo - cui sia subordinata la concessione del beneficio di cui all'art. 163 cod. pen - determina la revoca della sospensione condizionale della pena, la quale opera di diritto, salva l'ipotesi di sopravvenuta impossibilità non dipendente da atto volontario. Infatti, il termine per l'adempimento, per il principio di obbligatorietà ed effettività della pena, costituisce un elemento essenziale della concessione del beneficio, ed entro tale termine, pena la revoca in sede esecutiva, deve essere assolto l'obbligo condizionante (CORTE DI CASSAZIONE Sez. III, 24 febbraio 2004, Borrello, m. 229.035).

URBANISTICA E EDILIZIA - Costruzioni edilizie abusive - Sentenza di condanna - Sospensione condizionale della pena. In tema di costruzioni edilizie abusive, grava sul soggetto condannato la prova della impossibilità di adempimento, per cause allo stesso non imputabili, della demolizione del manufatto abusivo ordinata con la sentenza di condanna ed alla quale sia subordinata la sospensione condizionale della pena, atteso che compete al giudice dell'esecuzione la sola valutazione sull'adempimento e sulla esistenza o meno di cause che lo abbiano reso impossibile al momento della scadenza dell'adempimento stesso (CORTE DI CASSAZIONE Sez. III, 27 aprile 2004, Gioardina, m. 229.388).

URBANISTICA E EDILIZIA - Demolizione del manufatto abusivo - Inosservanza di obblighi imposti - Revoca della sospensione - Operatività e limiti. La revoca della sospensione condizionale della pena, per inosservanza di obblighi imposti, a norma dell'art. 165 cod. pen., con la sentenza di condanna (nella specie, demolizione del manufatto abusivo), opera di diritto, salva l'ipotesi di sopravvenuta impossibilità, sicché il giudice dell'esecuzione, al quale non è attribuita alcuna discrezionalità al riguardo, nel disporla, non è tenuto a motivare su questioni diverse dall'adempimento e dall'inesistenza di cause che lo rendano impossibile (CORTE DI CASSAZIONE Sez. I, 26 settembre 2000, Scollo, m. 217.610).


Pubblica Udienza del 11.01.2007
SENTENZA N. 27
REG. GENERALE n. 34261/2006


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE


Composta dagli Ill.mi Sigg.:


Dott. Claudio Vitalone Presidente
Dott. Guido De Maio Consigliere
Dott. Amedeo Franco (est.) Consigliere
Dott.ssa Margherita Marmo Consigliere
Dott. Antonio 'annidi° Consigliere


ha pronunciato la seguente


SENTENZA


- sul ricorso proposto dal Procuratore della Repubblica presso il tribunale di Messina;
- avverso l'ordinanza emessa il 3 maggio 2006 dal giudice dell'esecuzione del tribunale di Messina, nei confronti di Faralla Renato;
- udita nella udienza in camera di consiglio dell'11 gennaio 2007 la relazione fatta dal Consigliere Amedeo Franco;
- lette le conclusioni del Procuratore generale con le quali chiede l'annullamento senza rinvio del provvedimento impugnato limitatamente alla conferma della sospensione della pena;


Svolgimento del processo


Con sentenza del 27 ottobre 1999 del tribunale di Messina, divenuta irrevocabile il 15 novembre 2002, Faralla Renato venne condannato per i reati di cui all'art. 20, lett. b), della legge 28 febbraio 1985, n. 47, ed alla legge 2 febbraio 1974, n. 64, con l'ordine di demolizione del manufatto abusivo e la sospensione condizionale della pena subordinata alla demolizione dell'opera.


Il Faralla chiese al giudice dell'esecuzione di pronunciare l'estinzione del reato a seguito della sanatoria per condono edilizio.


Il giudice dell'esecuzione, con il provvedimento impugnato, rilevò che il condono non poteva comportare l'estinzione del reato, ma solo gli effetti di cui all'art. 38 legge 28 febbraio 1985, n. 47, ma comportava invece la revoca dell'ordine di demolizione per incompatibilità con un successivo atto amministrativo. Conseguentemente revocò l'ordine di demolizione del manufatto abusivo e confermò la sospensione della pena irrogata con la sentenza di condanna.


Il Procuratore della Repubblica presso il tribunale di Messina propone ricorso per cassazione deducendo violazione di legge, ed in particolare:


1) che la presentazione da parte del condannato della domanda di condono edilizio giustificava solo la sospensione della esecuzione dell'ordine di demolizione, ma non la sua revoca che poteva essere disposta solo dopo l'esito favorevole della domanda di condono;

2) che non poteva essere confermata la sospensione condizionale della pena, che il giudice di cognizione aveva subordinato alla demolizione del manufatto abusivo entro il termine legale di due anni che era ormai scaduto, sicché la sospensione della pena era caducata. Non aveva poi rilevanza ai fini della revoca della sospensione condizionale della pena il fatto che fosse stata presentata domanda di condono edilizio, perché il mancato adempimento nei termini dell'obbligo di demolizione determina la revoca della sospensione condizionale della pena, che opera di diritto.


Motivi della decisione


Il ricorso del pubblico ministero è fondato sotto tutti i profili e va, quindi, accolto.


In primo luogo, il giudice dell'esecuzione ha errato nel revocare l'ordine di demolizione del manufatto abusivo impartito con la sentenza di condanna irrevocabile per la sola circostanza della presentazione della domanda di condono edilizio da parte dell'interessato. Secondo la costante giurisprudenza di questa Suprema Corte, infatti, il giudice dell'esecuzione può revocare l'ordine di demolizione emesso con la sentenza di condanna o di patteggiamento soltanto se lo stesso risulti assolutamente incompatibile con atti amministrativi legittimi della competente autorità, che abbiano conferito all'immobile altra destinazione o abbiano provveduto alla sanatoria dell'opera abusiva. Orbene, la disciplina normativa dell'ultimo condono edilizio, ed in particolare l'art. 32, comma 36, d.l. 30 settembre 2003, n. 269, convertito con modificazioni nella legge 24 novembre 2003, n. 326, prevede che, affinché si determini l'effetto estintivo del reato, non è sufficiente la presentazione della domanda di condono edilizio, anche se accompagnata dalla attestazione di congruità delle somme versate, ma occorre il rilascio effettivo del condono (provvedimento finale) ovvero il verificarsi di tutte le condizioni ivi indicate (presentazione nei termini della istanza di condono, oblazione interamente corrisposta, decorso di trentasei mesi dalla data da cui risulta il suddetto pagamento). Solo il verificarsi di tutte queste condizioni (compreso il decorso del termine) determina il c.d. silenzio assenso, che sostituisce e produce gli stessi effetti del provvedimento positivo (ossia gli effetti di cui all'art. 38, comma 2, della legge 28 febbraio 1985, n. 47), e cioè l'estinzione dei reati indicati, sempre subordinata (ovviamente) all'accertamento da parte del giudice penale della effettiva condonabilità delle opere e della sussistenza di tutti gli altri presupposti e condizioni richiesti dalla legge. Ne deriva che solo il provvedimento definitivo (permesso di costruire in sanatoria o formazione del silenzio assenso) potrà eventualmente, se ne sussistono le condizioni di legge, determinare una situazione di assoluta incompatibilità con l'ordine di demolizione impartito dalla sentenza irrevocabile ed autorizzarne pertanto la revoca da parte del giudice dell'esecuzione. Nel caso di specie è pacifico che non era stato rilasciato un valido permesso di costruire in sanatoria e che, pertanto, non esisteva un provvedimento amministrativo o giurisdizionale che si ponesse in insanabile contrasto con l'ordine stesso, e di conseguenza il giudice dell'esecuzione non poteva disporne la revoca.


Come esattamente osserva il pubblico ministero ricorrente, la semplice presentazione della domanda di condono edilizio potrà, tutt'al più, giustificare solo la sospensione della esecuzione dell'ordine di demolizione, tenendo peraltro presente, a questo proposito, che secondo la costante giurisprudenza di questa Suprema Corte, il giudice dell'esecuzione può sospendere una statuizione di demolizione contenuta nella sentenza penale passata in giudicato solo quando sia razionalmente e concretamente prevedibile che, nel giro di brevissimo tempo, sia adottato dall'autorità amministrativa o giurisdizionale un valido provvedimento che si ponga in insanabile contrasto con il detto ordine di demolizione, restando escluso che a tal fine sia sufficiente la semplice pendenza della procedura di sanatoria o la mera presentazione della domanda di condono edilizio, sia pure accompagnata dal versamento della congrua somma dovuta a titolo di oblazione (Sez. III, 30 marzo 2000, Ciconte, m. 216.071; Sez. III, 30 gennaio 2003, Ciavarella, m. 224.347; Sez. III, 28 settembre 2006, Mariani). Va invero ribadito il principio secondo cui, in pendenza della procedura di condono edilizio di opere abusive, la sola determinazione, da parte dell'amministrazione comunale competente, di congruità dell'oblazione versata non è idonea a determinare l'effetto della revoca o anche della sola sospensione dell'esecuzione dell'ordine di demolizione, in quanto solo con il rilascio della concessione sorge, in capo al giudice dell'esecuzione, l'obbligo di verifica della legittimità della stessa e della compatibilità del manufatto con lo strumento urbanistico (Sez. III, 3 dicembre 2003, Dionisi, m. 227.555).


Quanto al secondo motivo, va rilevato che nella specie la sentenza irrevocabile di condanna aveva subordinato il beneficio della sospensione condizionale della pena alla demolizione dell'opera abusiva. Poiché il giudice nella sentenza non aveva indicato il termine entro il quale doveva essere adempiuto l'obbligo al quale il beneficio era subordinato, tale termine coincideva con quello legale di cui all'art. 163 cod. pen., per il quale la pena resta sospesa, e cioè di due anni per le contravvenzioni. Nel caso in esame la sentenza è divenuta irrevocabile il 15 novembre 2002 e pertanto il 15 novembre 2004 era scaduto il termine concesso al condannato per adempiere l'obbligo in questione, sicché esattamente il pubblico ministero ha emesso l'ordine di esecuzione della sentenza di condanna. Il giudice dell'esecuzione, quindi, non avrebbe potuto confermare la sospensione condizionale della pena, ma avrebbe dovuto invece dichiarare che si era verificata la revoca del beneficio dal momento che non si era verificata nel termine la condizione alla quale lo stesso era subordinato.


Invero, ai fini della revoca del beneficio, non assume alcuna rilevanza il fatto che sia stata presentata domanda di condono edilizio, e ciò anche qualora il permesso di costruire in sanatoria fosse stato nel frattempo rilasciato, in quanto il mancato adempimento dell'obbligo di demolizione determina la revoca della sospensione condizionale della pena, la quale opera di diritto, salvo il caso di sopravvenuta impossibilità. Infatti, il termine per l'adempimento, per il principio di obbligatorietà ed effettività della pena, costituisce elemento essenziale della concessione del beneficio, ed entro tale termine, pena le revoca del beneficio, deve essere assolto l'obbligo condizionante.


In altri termini, anche - a tutto concedere - nel caso in cui l'istanza di condono sortisse esito positivo, tale esito sarebbe ininfluente perché avverrebbe, a così dire, a tempo scaduto: dopo cioè la scadenza del termine perentorio entro cui la condizione doveva essere adempiuta.


A mettersi nella prospettiva del giudice a quo, invece, si dovrebbe ritenere che la condizione apposta alla sospensione condizionale della pena possa essere soddisfatta in ogni tempo, senza alcun limite temporale preclusivo. Ma in questo modo non sarebbe mai possibile la revoca della sospensione condizionale della pena per mancato adempimento della condizione.


E' appena il caso di ricordare che, sul punto, la giurisprudenza di questa Corte è sempre stata costante nell'affermare i seguenti principi:

- «in tema di sospensione condizionale della pena, il mancato adempimento, entro il termine fissato, dell'obbligo di demolizione dell'immobile abusivo - cui sia subordinata la concessione del beneficio di cui all'art. 163 cod. pen. - determina la revoca della sospensione condizionale della pena, la quale opera di diritto, salva l'ipotesi di sopravvenuta impossibilità, con la conseguenza che il giudice dell'esecuzione, al quale non è attribuita alcuna discrezionalità al riguardo, non è tenuto a motivare su questioni diverse dall'adempimento e dalla inesistenza di cause che lo rendano impossibile. Ne deriva che la concessione in sanatoria, intervenuta successivamente alla scadenza del termine fissato per l'adempimento dell'obbligo di demolizione, non ha alcuna efficacia in ordine alla revoca del beneficio di cui all'art. 163 cod. pen.» (Sez. III, 5 febbraio 2004, Raptus, m. 227.873);


- «In tema di sospensione condizionale della pena, il mancato adempimento, entro il termine fissato, dell'obbligo di demolizione dell'immobile abusivo - cui sia subordinata la concessione del beneficio di cui all'art. 163 cod. pen - determina la revoca della sospensione condizionale della pena, la quale opera di diritto, salva l'ipotesi di sopravvenuta impossibilità non dipendente da atto volontario. Infatti, il termine per l'adempimento, per il principio di obbligatorietà ed effettività della pena, costituisce un elemento essenziale della concessione del beneficio, ed entro tale termine, pena la revoca in sede esecutiva, deve essere assolto l'obbligo condizionante» (Sez. III, 24 febbraio 2004, Borrello, m. 229.035);


- «In tema di costruzioni edilizie abusive, grava sul soggetto condannato la prova della impossibilità di adempimento, per cause allo stesso non imputabili, della demolizione del manufatto abusivo ordinata con la sentenza di condanna ed alla quale sia subordinata la sospensione condizionale della pena, atteso che compete al giudice dell'esecuzione la sola valutazione sull'adempimento e sulla esistenza o meno di cause che lo abbiano reso impossibile al momento della scadenza dell'adempimento stesso» (Sez. III, 27 aprile 2004, Gioardina, m. 229.388);


- «La revoca della sospensione condizionale della pena, per inosservanza di obblighi imposti, a norma dell'art. 165 cod. pen., con la sentenza di condanna (nella specie, demolizione del manufatto abusivo), opera di diritto, salva l'ipotesi di sopravvenuta impossibilità, sicché il giudice dell'esecuzione, al quale non è attribuita alcuna discrezionalità al riguardo, nel disporla, non è tenuto a motivare su questioni diverse dall'adempimento e dall'inesistenza di cause che lo rendano impossibile» (Sez. I, 26 settembre 2000, Scollo, m. 217.610).


In accoglimento del ricorso del pubblico ministero, pertanto, l'ordinanza impugnata deve essere annullata con rinvio al tribunale di Messina.


Per questi motivi
La Corte Suprema di Cassazione


annulla l'ordinanza impugnata con rinvio al tribunale di Messina.


Così deciso in Roma, nella sede della Corte Suprema di Cassazione, l' 11 gennaio 2007.

 Tutti i diritti sono riservati - Copyright © - AmbienteDiritto.it


 Vedi altre: SENTENZE PER ESTESO


Ritorna alle MASSIME della sentenza  -  Approfondisci con altre massime: GIURISPRUDENZA  -  Ricerca in: LEGISLAZIONE  -  Ricerca in: DOTTRINA

www.AmbienteDiritto.it