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CORTE DI CASSAZIONE Penale, Sez. III del 27 Febbraio 2007 (Ud. 11/01/2007), Sentenza n. 8050



RIFIUTI - Custodia di rifiuti stoccati - Cambio gestore - Responsabilità - Concorso e continuazione - Legale rappresentante dell'ente - Custodia e prova del riutilizzo - Fattispecie. La custodia di ogni rifiuto stoccato -qualsiasi ne sia la provenienza, anche se da precedente gestione, anche per fatti non inerenti il normale ciclo di produzione o altre evenienze straordinarie- ricade sotto la personale responsabilità del legale rappresentante dell'ente che lo detiene attualmente, generandosi una sorta di traditio da un amministratore all'altro. Nella specie, il deposito dei rifiuti speciali era da attribuirsi materialmente all'attività svolta dalla precedente gestione ovvero, per meglio dire, era solo idoneo a indicare, in modo ormai insuperabile che parte del materiale rinvenuto era stato depositato dalla precedente società, tuttavia, non si è potuto escludere che altra parte del materiale sia riferibile all'attività dell'attuale gestione generando, così, una forma di “concorso” nella responsabilità da un amministratore all'altro. Pres. Vitalone Est. De Maio Ric. Matticari ed altro. CORTE DI CASSAZIONE Penale, Sez. III del 27 febbraio 2007 (Ud. 11/01/2007), Sentenza n. 8050

RIFIUTI - Riutilizzo dei rifiuti - Prova della destinazione - Smaltimento compatibile con la salute e l'ambiente - Necessità - Giurisprudenza. La prova della destinazione al riutilizzo dei rifiuti deve essere obiettiva, univoca e completa, non potendosi tener conto solo delle affermazioni o delle intenzioni dell'interessato, posto che i rifiuti richiedono un corretto e tempestivo recupero, se possibile e dimostrato, oppure il loro smaltimento in modo compatibile con la salute e l'ambiente, interessi primari della collettività (giurisprudenza assolutamente pacifica, fin dalla sent. sez.III, 27.9.1999 n.11007, rv.214453). Pres. Vitalone Est. De Maio Ric. Matticari ed altro. CORTE DI CASSAZIONE Penale, Sez. III del 27 febbraio 2007 (Ud. 11/01/2007), Sentenza n. 8050

PROCEDURE E VARIE - Assunzione di nuovi mezzi di prova - Ammissione delle prove a richiesta di parte - Assoluta necessità - Potere di ammissione delle prove - Apprezzamento del giudice - Art. 507 c.p.p. - Art.190 c.p.p.. L'assoluta necessità di assunzione di nuovi mezzi di prova di cui all'art.507 cpp, lungi da postulare il dovere di assumerli, non esclude -ma, al contrario, introduce ed esige-l'apprezzamento del giudice, come indica la stessa dizione della norma laddove evidenzia che "il giudice può disporre anche d'ufficio l'assunzione", senza dire né deve né, puramente e semplicemente dispone: trattasi di un apprezzamento rimesso unicamente al giudice e fondato su tutte le risultanze probatorie dallo stesso adeguatamente valutate e nulla impedisce che l'apprezzamento stesso sia, nel corso del processo, riveduto da parte dello stesso giudice. L'esercizio di tale potere-dovere, correlato alle difficoltà che il giudice ritiene o meno sussistente nel procedere a un compiuto accertamento dei fatti sulla base delle risultanze già acquisite, può essere sindacato in sede di legittimità, ma in limiti più ristretti del potere di ammissione delle prove a richiesta di parte disciplinato dall'art.190 cpp, richiedendosi una manifesta assoluta necessità. Pres. Vitalone Est. De Maio Ric. Matticari ed altro. CORTE DI CASSAZIONE Penale, Sez. III del 27 febbraio 2007 (U.p. 11/01/2007), Sentenza n. 8050

PROCEDURE E VARIE - Decreto penale - Mancata revoca prima di procedere al giudizio relativo all'opposizione - Nullità del procedimento - Esclusione - Revoca - Fondamento - Principio di tassatività delle nullità - Art.177 c.p..p. - C.3 art. 464 cpp. La mancata revoca espressa del decreto penale prima di procedere al giudizio relativo all'opposizione non è causa di nullità del procedimento, in quanto la revoca è un antecedente indefettibile, che si verifica per il solo fatto della celebrazione di esso, è cioè ope legis e non ope iudicis; inoltre, per la violazione del co.3 dell'art.464 cpp, non è prevista alcuna specifica sanzione processuale, di guisa che, in virtù del principio di tassatività delle nullità di cui all'art.177 stesso codice e poiché non è ravvisabile alcuna delle cause generali di nullità stabilite dal successivo art.178, la mancata revoca non produce alcuna nullità (giurisprudenza consolidata fin dalle sent. sez. V, 23. 7.1992 n.8259; sez. III, 22.7.97 n.7140; sez. III, 3.7.98 n.7845). Pres. Vitalone Est. De Maio Ric. Matticari ed altro. CORTE DI CASSAZIONE Penale, Sez. III del 27 febbraio 2007 (Ud. 11/01/2007), Sentenza n. 8050

PROCEDURE E VARIE - Sospensione condizionale della pena - Limiti - Precisazione della lesione concreta e della situazione giuridica più vantaggiosa - Necessità. La sospensione condizionale della pena non può risolversi in un pregiudizio per l'imputato in termini di compromissione del carattere personalistico e rieducativo della pena, per cui l'interesse all'impugnazione, condizionante l'ammissibilità del ricorso, si configura tutte le volte in cui il provvedimento di concessione del beneficio sia idoneo a produrre in concreto la lesione della sfera giuridica dell'impugnante e la sua eliminazione consenta il conseguimento di una situazione giuridica più vantaggiosa (Cass. sez. un.16.3.1994 n.6563, Rusconi). In specie, tuttavia, il motivo è infondato, in quanto il ricorrente non ha precisato né la lesione concreta, né la situazione giuridica più vantaggiosa, per cui deve riprendere vigore il principio altrettanto pacifico secondo cui la mera opportunità di riservare il beneficio a future condanne eventualmente più gravi, non può assumere quella rilevanza giuridica richiesta per considerare la concessione come pregiudizievole (v., per tutte, Sez.III, 29. 11.2000 n.12279, rv.217991). Pres. Vitalone Est. De Maio Ric. Matticari ed altro. CORTE DI CASSAZIONE Penale, Sez. III del 27 febbraio 2007 (U.p. 11/01/2007), Sentenza n. 8050

PROCEDURE E VARIE - Pagamento delle spese processuali in favore della parte civile - Compensazione totale o parziale - Potestà del giudice di merito - Censurabilità - Limiti - Fattispecie - Art. 541 c.1 c.p.p.. In tema di pagamento delle spese processuali in favore della parte civile, la decisione del giudice di merito circa la compensazione o meno delle spese stesse, essendo espressione di un potere discrezionale attribuito dalla legge, è incensurabile in sede di legittimità ("salvo che ritenga di disporre, per giusti motivi la compensazione totale o parziale", si esprime l'art. 541 co.1 cpp). Va, inoltre, rilevato che, in specie, detta compensazione non era stata richiesta dai difensori dell'imputato (per cui non può a nessun titolo parlarsi di carenza di motivazione al riguardo), essendosi entrambi limitati a richiedere l'assoluzione dell'imputato. Pres. Vitalone Est. De Maio Ric. Matticari ed altro. CORTE DI CASSAZIONE Penale, Sez. III del 27 febbraio 2007 (U.p. 11/01/2007), Sentenza n. 8050

PROCEDURE E VARIE - Giudizio di legittimità - Nomina di ulteriori difensori - Revoca delle nomine precedenti - Necessità - Esclusione. La disposizione generale di cui all'art.24 disp. att. cpp -secondo la quale la nomina di ulteriori difensori si considera senza effetto finché la parte non provvede alla revoca delle nomine precedenti che risultino in eccedenza rispetto al numero previsto dagli artt. 96, 100 e 101 cpp- non è applicabile nel giudizio di legittimità, valendo per questo la norma speciale contenuta nell'art. 613 co.2 cpp, la quale prevede che nel procedimento innanzi alla Corte di Cassazione "il difensore è nominato per la proposizione del ricorso o successivamente" e che solo "in mancanza di nomina il difensore è quello che ha assistito la parte nell'ultimo giudizio" (Sez. Un.13.12.1996 n.1282, rv. 206847). Pres. Vitalone Est. De Maio Ric. Matticari ed altro. CORTE DI CASSAZIONE Penale, Sez. III del 27 febbraio 2007 (U.p. 11/01/2007), Sentenza n. 8050


UDIENZA PUBBLICA DEL 11/01/2007
SENTENZA N. 00041 /2007
REG. GENERALE n. 034341/2006


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE


Composta dagli Ill.mi Sigg.:


Dott. VITALONE CLAUDIO PRESIDENTE
1.Dott.DE MAIO GUIDO CONSIGLIERE REGISTRO GENERALE
2.Dott.FRANCO AMEDEO N. 034341/2006 3.Dott.MARMO MARGHERITA
4.Dott.IANNIELLO ANTONIO


ha pronunciato la seguente


SENTENZA / ORDINANZA


sul ricorso proposto da :


MATTICARI GIUSEPPE N. IL 27/05/1960
AUGUSTA SRL N. IL 00/00/0000


avverso SENTENZA del 14/06/2005 TRIBUNALE di ORVIETO
visti gli atti, la sentenza ed il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA la relazione fatta dal Consigliere DE MAIO GUIDO
Udito il Procuratore Generale in persona del dott. Vittorio Meloni
che ha concluso per il rigetto dei ricorsi
Udito, per la parte civile, l'Avv. Giardini Luca (Orvieto)
Udito il difensore Avv. Romoli Francesco (Orvieto)


MOTIVAZIONE


Giuseppe Mattichiari fu tratto al giudizio del giudice monocratico del Tribunale di Orvieto perché rispondesse di due violazioni degli artt.14 e 51 co.1 lett.a e co.2 d.l.vo 22/97 (a)per avere, nella qualità di amministratore della ditta Organic Oils srl, esercente un oleificio, versato ed abbandonato nei terreni adiacenti, in modo incontrollato, rifiuti della lavorazione allo stato liquido e solido ed altri rifiuti speciali, acc. in Fabro il 5.4.2001; b)perché, quale legale rappresentante della soc. Organic Oils srl, in assenza delle prescritte autorizzazioni, depositava in modo incontrollato sul suolo di un'area artigianale sita in via dei Pini del comune di Fabro..., di proprietà della ditta Augusta srl e detenuta in locazione, ingenti quantitativi di materiali vegetali, quali semi oleosi ed altri residui da considerarsi rifiuti speciali non pericolosi provenienti dal ciclo di produzione della stessa impresa, acc.in Fabro il 21.5.2001, con la recidiva specifica").


Con sentenza in data 14.6.2005 del predetto giudice il Matticari fu condannato alla pena di giustizia, oltre che al risarcimento dei danni in favore della parte civile costituita, perché riconosciuto colpevole "del reato a lui ascritto al capo di imputazione rispetto ai soli fatti inerenti i rifiuti allo stato liquido e solido organici, esclusi i solidi non organici"; nella motivazione era stato precisato che i rifiuti di cui il dibattimento aveva dato contezza erano distinguibili nelle tre categorie dei rifiuti liquidi organici, solidi organici (farine) e solidi non organici (materiali vari, spazzature, risulte di demolizioni).


Avverso tale sentenza hanno proposto appello (poi convertito in ricorso ex artt. 593 co.3 e 568 co.5 cpp) i difensori dell'imputato e, per gli effetti civili, la P.C.


1) Il ricorso dell'imputato


I difensori denunciano con il primo motivo vizio di motivazione e illegittimità del provvedimento con cui era stata revocata l'ordinanza ex art.507 cpp –mancata assunzione di una prova decisiva, in ordine alla revoca dell'ordinanza con cui era stato disposto l'esame del legale rappresentante della costituita P.C. Augusta srl, Mario Catana, resosi necessario "stante il continuo riferimento di moltissimi testi alla sua presenza e alla sua condotta in occasione dei fatti oggetto di imputazione"; secondo il ricorrente, non vi era "né alcuna impossibilità oggettiva, né, tanto meno, alcun rischio di prescrizione, posto che un brevissimo rinvio, anche di una sola settimana, ben avrebbe potuto superare ogni questione".


Il motivo è infondato, in quanto l'assoluta necessità di assunzione di nuovi mezzi di prova di cui all'art.507 cpp, lungi da postulare il dovere di assumerli, non esclude -ma, al contrario, introduce ed esige-l'apprezzamento del giudice, come indica la stessa dizione della norma laddove evidenzia che "il giudice può disporre anche d'ufficio l'assunzione", senza dire né deve né, puramente e semplicemente dispone: trattasi di un apprezzamento rimesso unicamente al giudice e fondato su tutte le risultanze probatorie dallo stesso adeguatamente valutate e nulla impedisce che l'apprezzamento stesso sia, nel corso del processo, riveduto da parte dello stesso giudice. L'esercizio di tale potere-dovere, correlato alle difficoltà che il giudice ritiene o meno sussistente nel procedere a un compiuto accertamento dei fatti sulla base delle risultanze già acquisite, può essere sindacato in sede di legittimità, ma in limiti più ristretti del potere di ammissione delle prove a richiesta di parte disciplinato dall'art.190 cpp, richiedendosi una manifesta assoluta necessità della trascurata assunzione probatoria, emergente dal testo della sentenza impugnata. Sulla base di tali principi deriva: I) che l'ordinanza ex art.507 cpp è, al pari di tutte le ordinanze, revocabile, in base al principio, fissato specificamente in materia di ammissione di prove, nell'art.190 co.3 cpp, per cui nessuna sanzione può essere collegata, in astratto e in linea generale, alla revoca verificatasi nel caso in esame; II) il primo giudice ha nella specie motivato ampiamente (alle pagg.11-14 della sentenza imp.) sul comportamento tenuto nella circostanza dal Catana (al punto da attribuire allo stesso, come meglio si vedrà in seguito, un concorso di colpa "pari circa al 50%"), per cui, nel coerente sviluppo del proprio percorso argomentativo, ha dato contezza della non necessità dell'esame del Catana (e, di conseguenza, della giustezza della revoca dell'ordinanza che lo aveva invece ammesso).


Con il secondo motivo viene denunciata la violazione dell'art.464 n.3 cpp per l'omessa revoca dei decreti penali di condanna.


Il motivo è infondato, essendo pacifico che la mancata revoca espressa del decreto penale prima di procedere al giudizio relativo all'opposizione non è causa di nullità del procedimento, in quanto la revoca è un antecedente indefettibile, che si verifica per il solo fatto della celebrazione di esso, è cioè ope legis e non ope iudicis; inoltre, per la violazione del co.3 dell'art.464 cpp, non è prevista alcuna specifica sanzione processuale, di guisa che, in virtù del principio di tassatività delle nullità di cui all'art.177 stesso codice e poiché non è ravvisabile alcuna delle cause generali di nullità stabilite dal successivo art.178, la mancata revoca non produce alcuna nullità (giurisprudenza consolidata fin dalle sent. sez. V, 23. 7.1992 n.8259; sez. III, 22.7.97 n.7140; sez. III, 3.7.98 n.7845).


Del pari infondati sono tutti gli altri motivi.


Con il terzo motivo viene denunciata violazione degli artt.14 e 51 d.l.vo 22/97 perché, quanto ai rifiuti liquidi organici, si era trattato del trasporto a mezzo cisterna e del suo svuotamento ad opera e di iniziativa esclusiva del trasportatore Aldo Ercolani, che a nessun titolo può essere riferito all'imputato, mentre la rimozione del percolato sarebbe stata impedita dalla P.C.; quanto ai rifiuti solidi organici, il loro deposito era riferibile all'attività svolta dalla Chiappino srl, come risultato da sentenza irrevocabile del Tribunale di Orvieto; inoltre, da molteplici testimonianze era risultato che detti rifiuti (costituiti dalle farine risultanti dalle lavorazione delle olive) erano destinati alla vendita; se il loro asporto non era avvenuto, ciò era dipeso solo dal comportamento del Catana che lo aveva impedito "fisicamente e materialmente".


Con il quarto motivo viene denunciata l'erronea concessione della sospensione condizionale della pena in relazione alla condanna alla sola pena pecuniaria, non richiesta dalla difesa, e alla quale l'imputato rinunciava espressamente contestualmente al ricorso.

Con l'ultimo motivo viene denunciato vizio di motivazione e violazione dell'art.541 cpp in relazione all'omessa compensazione totale o parziale delle spese di costituzione di P.C., alla quale "si addebita un effetto moltiplicatore della asserita condotta lesiva del Matticari e un concorso di colpa superiore al 50%".


Il terzo motivo non è meritevole di accoglimento. Innanzi tutto, è inammissibile perché di mero fatto la deduzione secondo cui, quanto ai rifiuti liquidi organici, il Matticari avrebbe dato incarico "ad una ditta specializzata, dotata delle necessarie autorizzazioni", la ditta dell'Ercolani, per il trasporto della cisterna e il suo svuotamento e il trasportatore avrebbe effettuato lo sversamento "di propria iniziativa ed in totale autonomia, per proprie esigenze; senza richiedere alcuna autorizzazione e agendo anzi contro la espressa volontà di Organic Oils".

Del pari di mero fatto sono le deduzioni secondo cui la rimozione sia del percolato che dei rifiuti soli urbani (peraltro, materialmente accumulati in quel sito dalla Chiappinoi srl) sarebbe stata impedita dal Catana. La sentenza di proscioglimento del Chiappini dal reato di cui agli artt.7 co. 3 lett. c) e 51 co. 2 d.l.vo 22/97 non può ritenersi che costituisca giudicato circa "il fatto storico...che il deposito dei rifiuti speciali era da attribuirsi materialmente all'attività svolta dalla Chiappini srl ovvero, per meglio dire, è solo idoneo a indicare, in modo ormai non più superabile che parte del materiale rinvenuto era stato depositato dalla Chiappini, ma non può escludere che altra parte del materiale sia riferibile all'attività dell'attuale imputato. Inoltre, è pienamente allineata con la giurisprudenza di questa Corte l'argomentazione con la quale il primo giudice ha ritenuto irrilevante la tesi difensiva in proposito. Infatti, la custodia di ogni rifiuto stoccato -qualsiasi ne sia la provenienza, anche se da precedente gestione, anche per fatti non inerenti il normale ciclo di produzione o altre evenienze straordinarie- ricade sotto la personale responsabilità del legale rappresentante dell'ente che lo detiene attualmente, generandosi una sorta di traditio da un amministratore all'altro.


Quanto, poi, alla destinazione alla vendita, essa, con accertamento di fatto insindacabile in sede di legittimità, è stata esclusa dal giudice di merito, il quale ha osservato, quanto a quelli solidi, tra l'altro, che lo stoccaggio è durato da anni..." e che il fatto dispersione "è ancor più qualificabile come tale...alla luce del fatto che mai furono tenute delle scritture di stoccaggio dei rifìuti, come invece impone l'art.28 co. 5 d. l.vo 22/97"; quanto a quelli liquidi contenuti nella cisterna, che "la cisterna era piena da mesi e mesi e il liquido contenuto nella cisterna non può essere in nessun modo considerato un semilavorato, doveva essere smaltito entro i tre mesi indicati dalla norma... e questo sicuramente on è avvenuto". In linea di diritto, va precisato che è del tutto pacifico che la prova della destinazione al riutilizzo dei rifiuti deve essere obiettiva, univoca e completa, non potendosi tener conto solo delle affermazioni o delle intenzioni dell'interessato, posto che i rifiuti richiedono un corretto e tempestivo recupero, se possibile e dimostrato, oppure il loro smaltimento in modo compatibile con la salute e l'ambiente, interessi primari della collettività (giurisprudenza assolutamente pacifica, fin dalla sent. sez.III, 27.9.1999 n.11007, rv.214453).


In ordine al quarto motivo, va osservato che è esatto il principio richiamato dal ricorrente, secondo cui la sospensione condizionale della pena non può risolversi in un pregiudizio per l'imputato in termini di compromissione del carattere personalistico e rieducativo della pena, per cui l'interesse all'impugnazione, condizionante l'ammissibilità del ricorso, si configura tutte le volte in cui il provvedimento di concessione del beneficio sia idoneo a produrre in concreto la lesione della sfera giuridica dell'impugnante e la sua eliminazione consenta il conseguimento di una situazione giuridica più vantaggiosa (Cass. sez. un.16.3.1994 n.6563, Rusconi). E, tuttavia, il motivo è infondato, in quanto il ricorrente non ha precisato né la lesione concreta, né la situazione giuridica più vantaggiosa, per cui deve riprendere vigore il principio altrettanto pacifico secondo cui la mera opportunità di riservare il beneficio a future condanne eventualmente più gravi, non può assumere quella rilevanza giuridica richiesta per considerare la concessione come pregiudizievole (v., per tutte, Sez.III, 29. 11.2000 n.12279, rv.217991).


Il quinto motivo è inammissibile, essendo pacifico che, in tema di pagamento delle spese processuali in favore della parte civile, la decisione del giudice di merito circa la compensazione o meno delle spese stesse, essendo espressione di un potere discrezionale attribuito dalla legge, è incensurabile in sede di legittimità ("salvo che ritenga di disporre, per giusti motivi la compensazione totale o parziale", si esprime l'art.541 co.1 cpp). Va, inoltre, rilevato che, comunque, la detta compensazione non era stata richiesta dai difensori dell'imputato (per cui non può a nessun titolo parlarsi di carenza di motivazione al riguardo), essendosi entrambi limitati a richiedere l'assoluzione dell'imputato.


I difensori del Matticari in questa sede hanno depositato memoria illustrativa con la quale deducono: I) l'inammissibilità della impugnazione per gli effetti civili proposta dalla parte civile Augusta srl, in quanto "nel corso del giudizio di primo grado la parte civile si è costituita in giudizio con il patrocinio dell'avv. Giardini del foro di Orvieto, mentre il ricorso per cassazione è stato proposto da altro difensore munito di procura speciale conferita in calce al medesimo ricorso"; II) l'intervenuta prescrizione del reato, in quanto il reato contestato risale al mese di aprile 2001", per cui da tale data sarebbero decorsi, all'ottobre 2005, i quattro anni e sei mesi della prescrizione ex artt.157 n.5 e 160 u.c. cp..

Anche tali motivi sono infondati, dovendosi rilevare quanto al primo, che la disposizione generale di cui all'art.24 disp. att. cpp -secondo la quale la nomina di ulteriori difensori si considera senza effetto finchè la parte non provvede alla revoca delle nomine precedenti che risultino in eccedenza rispetto al numero previsto dagli artt. 96, 100 e 101 cpp- non è applicabile nel giudizio di legittimità, valendo per questo la norma speciale contenuta nell'art. 613 co.2 cpp, la quale prevede che nel procedimento innanzi alla Corte di Cassazione "il difensore è nominato per la proposizione del ricorso o successivamente" e che solo "in mancanza di nomina il difensore è quello che ha assistito la parte nell'ultimo giudizio" (Sez. Un.13.12.1996 n.1282, rv. 206847).


Quanto poi al secondo degli indicati motivi, va osservato che il termine di prescrizione non è ancora decorso, dovendosi aggiungere al normale periodo della prescrizione ex artt.157 n.5 e 160 u.c. cp ulteriori circa anni uno e mesi due (per la sospensione del corso della prescrizione conseguente al rinvio del processo ad istanza dei difensori dal 29.11.02 al 16.1.04 e dal 20.2.04 al 16.3.04), di talchè il periodo della prescrizione sarebbe scaduto solo alla data del 28.1.07.


2) Il ricorso della parte civile


LA PC censura, con il primo motivo sub A), la pronuncia di assoluzione in ordine ai rifiuti non organici; in particolare, in ordine ai rifiuti solidi non organici, viene denunciata carenza della motivazione sotto il profilo dell'applicazione della 1.178/ 02 e degli artt. 14-6-28 d.l.vo 22/97, in quanto "i rifiuti abbandonati da Organic Oils srl non erano materiali semilavorati destinati al riutilizzo, bensì spazzatura e scarti dell'attività,... e i rifiuti non erano stati stoccati in attesa di diversa destinazione, bensì abbandonati alla rinfusa sui piazzali e all'interno dei capannoni". Tale censura (sub A del ricorso) va coordinata con la terza sub C) pure relativa ai rifiuti solidi non organici, con cui viene denunciata l'erroneità dell'assoluzione dell'imputato ai fini civili e l'omessa quantificazione del danno; il ricorrente sostiene che "non si vede come la sentenza possa aver mandato indenne l'imputato dal fatto"; segue la quantificazione dei danni "per effetto dell'auspicato annullamento della impugnata sentenza". Il complesso delle censure sub A) e C) del ricorso è inammissibile sia per il carattere di mero fatto, che per irrilevanza e manifesta infondatezza: irrilevante sono le censure sub A), dal momento che il proscioglimento dell'imputato è avvenuto, come si dirà qui subito di seguito, per la ritenuta esistenza di una causa di forza maggiore, e, quindi, al di là di qualsiasi interpretazione della 1.178/02 e degli artt.14-6 e 28 d.l.vo 22/97.


Quanto alle altre censure, va rilevato che il primo giudice ha escluso la responsabilità dell'imputato sulla base, come premesso, del rilievo della forza maggiore, "consistita nell'avere il Catana impedito la continuazione delle misure di trasloco ed asporto dei rifiuti, prima piazzando la propria autovettura nel bel mezzo dell'unico accesso all'immobile e, successivamente, chiudendo il cancello in modo che nessun mezzo potesse più accedere". Di mero fatto e attinenti a una diversa valutazione della risultanze processuali sono le deduzioni della ricorrente secondo cui: 1) "le risultanze processuali avevano evidenziato in modo univoco che il blocco dell'ingresso durò per due-tre ore...e la motivazione non spiega se e in che modo Organic Oils srl avrebbe potuto completare il lavoro di asporto di circa 200 mc. di rifiuti solidi non organici rimasti sui piazzali e nei capannoni...nelle due-tre ore di tempo di quel sabato pomeriggio"; 2) "il cancello non era stato chiuso dal Catana il sabato 31.3.2000 e, in ogni caso, gli addetti di Organic Olis srl poterono comunque accedere nel sito fino a lunedì 2.4.2000...". Con tali proposizioni la ricorrente tende, in questa sede di mera legittimità, una rivalutazione del merito. Non è, per contro, rilevante la contraddittorietà di motivazione, astrattamente ravvisabile, tra quanto affermato a pag.14 sent. ("le conseguenze dannose provocate dai rifiuti solidi non possono essere attribuite all'imputato se non in misura marginale", al punto che "anche di questo il Giudice civile dovrà tenere conto nello stabilire l'entità dell'eventuale risarcimento") e quanto affermato a pag.15 ("la responsabilità civilistica per il fatto dei rifiuti solidi non organici non può essere attribuita all'imputato"). Ed invero, la pronuncia di responsabilità, limitata "ai soli fatti inerenti i rifiuti allo stato liquido e solido organici –esclusi i solidi non organici" è tale da non consentire dubbi in sede civilistica del risarcimento dei danni.


Viene inoltre denunciato, quanto ai rifiuti solidi e liquidi organici (motivo del ric. sub B), in ordine ai quali v'è stata pronuncia di condanna, mancato esame ed illogica interpretazione delle prove in ordine al danno arrecato alla P.C. dalla presenza di rifiuti organici preesistenti all'interno dell'opificio –erronea applicazione della legge civile in tema di responsabilità contrattuale –carenza e manifesta illogicità della motivazione in ordine alla quantificazione della corresponsabilità della P.C. in punto danno e alla quantificazione del danno. La ricorrente sostiene che "non risultano considerate le conseguenze arrecate alla P.C. dai rifiuti abbandonati in epoca anteriore al trasloco"; mancherebbe la motivazione circa l'imputazione alla P.C. della corresponsabilità nel verificarsi dell'evento finale dispersione; inoltre, sotto il profilo contrattuale, la motivazione avrebbe errato nell'applicazione delle norme civili in materia di buona fede e correttezza nell'esecuzione del contratto, in quanto la motivazione avrebbe omesso "di indicare quali obblighi di collaborazione legali e/o contrattuali avrebbe eluso il Catana, presupposto per giungere alla pronuncia della sua corresponsabilità" ed errati sarebbero "anche i criteri applicati nell'interpretazione delle norme civilistiche in materia". Così come la sentenza è "carente in punto di percentualizzazione della corresponsabilità" e "davvero incredibile sarebbe il passaggio successivo in cui, alla corresponsabilità pari al 50% del danno, aggiunge l'esclusiva responsabilità della P.C. nei pregiudizi sopravvenuti per effetto della pioggia ed altro. Carente e contraria alle norme civili in materia pure la limitazione del danno... circoscritta alle sole spese di bonifica del terreno sostenute dalla P.C., escludendo il lucro cessante e i danni morali".


Quanto ai rilievi circa l'obbligo di buona fede e collaborazione, risulta evidente il riferimento, fatto dal giudicante, agli articoli del codice civile 1175 (comportamento secondo correttezza), 1176 (diligenza nell'adempimento) e 1375 (esecuzione di buona fede) e non ha alcun rilievo che il giudicante non li abbia espressamente menzionati.

Rilevante è, invece, che le argomentazioni della sentenza, sul punto del concorso della colpa della P.C., risultino allineate con il principio fondamentale secondo cui la buona fede nei contratti si sostanzia in un generale obbligo di solidarietà che impone a ciascuna delle parti di agire in modo da preservare gli interessi dell'altra a prescindere tanto da specifici obblighi contrattuali, quanto dal dovere extracontrattuale del neminem laedere, trovando tale impegno solidaristico il suo limite precipuo soltanto nell'interesse proprio del soggetto, tenuto, pertanto, al compimento di tutti gli atti giuridici e/o materiali che si rendano necessari alla salvaguardia dell'interesse della controparte nella misura in cui essi non comportino un apprezzabile sacrificio a suo carico (da ultimo, Cass.civ., sez.II1, 11.1.2006 n.264, Bernardi e altro c.Mediovenezie Banca e altro).

Anche qui inammissibili in quanto di mero fatto, oltre che manifestamente infondate, sono le residue censure, che sono state sopra richiamate in dettaglio al preciso scopo di evidenziarne il carattere non di legittimità. In questa sede, quindi, non può che essere rilevato che sono state valutate con corretta ed adeguata motivazione: a) la condotta della P.C., e di conseguenza la quantificazione della sua corresponsabilità; b) la limitazione del danno alle spese di bonifica, così come l'esclusione del lucro cessante e dei danni morali (pag.13 sent.); c) che l'affermazione di responsabilità ha riguardato il reato contestato limitatamente "ai soli fatti inerenti i rifiuti allo stato liquido e solido organici", in ordine alla quale è stato ritenuto che "il contenuto lesivo della condotta dell'imputato è stato moltiplicato ed amplificato dalla condotta del Catana, al quale dunque deve essere riconosciuto un concorso di colpa piuttosto ampio, se non superiore al 50%"; in tale ambito, impregiudicata ogni altra questione di merito, dovrà essere collocato il giudizio civile attinente ai danni riportati dalla P.C. e al relativo risarcimento.


Deve, pertanto, concludersi che essendo infondate le censure mosse alla sentenza impugnata sia dall'imputato che dalla parte civile, entrambi i ricorsi vanno rigettati, con conseguente condanna in solido delle parti private al pagamento delle spese processuali. La soccombenza di entrambi i ricorrenti e la particolare natura della causa inducono alla integrale compensazione delle spese sostenute nel grado dalle parti stesse.


P . Q . M .


La Corte rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti in solido al pagamento delle spese processuali; dichiara interamente compensate tra le parti private le spese dalle stesse sostenute nel grado.

Così deliberato li 11.1.2007


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