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registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006
RIFIUTI - Custodia di rifiuti stoccati - Cambio gestore - Responsabilità -
Concorso e continuazione - Legale rappresentante dell'ente - Custodia e prova
del riutilizzo - Fattispecie. La custodia di ogni rifiuto stoccato
-qualsiasi ne sia la provenienza, anche se da precedente gestione, anche per
fatti non inerenti il normale ciclo di produzione o altre evenienze
straordinarie- ricade sotto la personale responsabilità del legale
rappresentante dell'ente che lo detiene attualmente, generandosi una sorta di
traditio da un amministratore all'altro. Nella specie, il deposito dei
rifiuti speciali era da attribuirsi materialmente all'attività svolta dalla
precedente gestione ovvero, per meglio dire, era solo idoneo a indicare, in modo
ormai insuperabile che parte del materiale rinvenuto era stato depositato dalla
precedente società, tuttavia, non si è potuto escludere che altra parte del
materiale sia riferibile all'attività dell'attuale gestione generando, così, una
forma di “concorso” nella responsabilità da un amministratore all'altro. Pres.
Vitalone Est. De Maio Ric. Matticari ed altro. CORTE DI CASSAZIONE Penale,
Sez. III del 27 febbraio 2007 (Ud. 11/01/2007), Sentenza n. 8050
RIFIUTI - Riutilizzo dei rifiuti - Prova della destinazione - Smaltimento
compatibile con la salute e l'ambiente - Necessità - Giurisprudenza. La
prova della destinazione al riutilizzo dei rifiuti deve essere obiettiva,
univoca e completa, non potendosi tener conto solo delle affermazioni o delle
intenzioni dell'interessato, posto che i rifiuti richiedono un corretto e
tempestivo recupero, se possibile e dimostrato, oppure il loro smaltimento in
modo compatibile con la salute e l'ambiente, interessi primari della
collettività (giurisprudenza assolutamente pacifica, fin dalla sent. sez.III,
27.9.1999 n.11007, rv.214453). Pres. Vitalone Est. De Maio Ric. Matticari ed
altro. CORTE DI CASSAZIONE Penale, Sez. III del 27 febbraio 2007 (Ud.
11/01/2007), Sentenza n. 8050
PROCEDURE E VARIE - Assunzione di nuovi mezzi di prova - Ammissione delle
prove a richiesta di parte - Assoluta necessità - Potere di ammissione delle
prove - Apprezzamento del giudice - Art. 507 c.p.p. - Art.190 c.p.p..
L'assoluta necessità di assunzione di nuovi mezzi di prova di cui all'art.507
cpp, lungi da postulare il dovere di assumerli, non esclude -ma, al contrario,
introduce ed esige-l'apprezzamento del giudice, come indica la stessa dizione
della norma laddove evidenzia che "il giudice può disporre anche d'ufficio
l'assunzione", senza dire né deve né, puramente e semplicemente dispone:
trattasi di un apprezzamento rimesso unicamente al giudice e fondato su tutte le
risultanze probatorie dallo stesso adeguatamente valutate e nulla impedisce che
l'apprezzamento stesso sia, nel corso del processo, riveduto da parte dello
stesso giudice. L'esercizio di tale potere-dovere, correlato alle difficoltà che
il giudice ritiene o meno sussistente nel procedere a un compiuto accertamento
dei fatti sulla base delle risultanze già acquisite, può essere sindacato in
sede di legittimità, ma in limiti più ristretti del potere di ammissione delle
prove a richiesta di parte disciplinato dall'art.190 cpp, richiedendosi una
manifesta assoluta necessità. Pres. Vitalone Est. De Maio Ric. Matticari ed
altro. CORTE DI CASSAZIONE Penale, Sez. III del 27 febbraio 2007 (U.p.
11/01/2007), Sentenza n. 8050
PROCEDURE E VARIE - Decreto penale - Mancata revoca prima di procedere al
giudizio relativo all'opposizione - Nullità del procedimento - Esclusione -
Revoca - Fondamento - Principio di tassatività delle nullità - Art.177 c.p..p. -
C.3 art. 464 cpp. La mancata revoca espressa del decreto penale prima di
procedere al giudizio relativo all'opposizione non è causa di nullità del
procedimento, in quanto la revoca è un antecedente indefettibile, che si
verifica per il solo fatto della celebrazione di esso, è cioè ope legis e
non ope iudicis; inoltre, per la violazione del co.3 dell'art.464 cpp,
non è prevista alcuna specifica sanzione processuale, di guisa che, in virtù del
principio di tassatività delle nullità di cui all'art.177 stesso codice e poiché
non è ravvisabile alcuna delle cause generali di nullità stabilite dal
successivo art.178, la mancata revoca non produce alcuna nullità (giurisprudenza
consolidata fin dalle sent. sez. V, 23. 7.1992 n.8259; sez. III, 22.7.97 n.7140;
sez. III, 3.7.98 n.7845). Pres. Vitalone Est. De Maio Ric. Matticari ed altro.
CORTE DI CASSAZIONE Penale, Sez. III del 27 febbraio 2007 (Ud. 11/01/2007),
Sentenza n. 8050
PROCEDURE E VARIE - Sospensione condizionale della pena - Limiti -
Precisazione della lesione concreta e della situazione giuridica più vantaggiosa
- Necessità. La sospensione condizionale della pena non può risolversi in un
pregiudizio per l'imputato in termini di compromissione del carattere
personalistico e rieducativo della pena, per cui l'interesse all'impugnazione,
condizionante l'ammissibilità del ricorso, si configura tutte le volte in cui il
provvedimento di concessione del beneficio sia idoneo a produrre in concreto la
lesione della sfera giuridica dell'impugnante e la sua eliminazione consenta il
conseguimento di una situazione giuridica più vantaggiosa (Cass. sez.
un.16.3.1994 n.6563, Rusconi). In specie, tuttavia, il motivo è infondato, in
quanto il ricorrente non ha precisato né la lesione concreta, né la situazione
giuridica più vantaggiosa, per cui deve riprendere vigore il principio
altrettanto pacifico secondo cui la mera opportunità di riservare il beneficio a
future condanne eventualmente più gravi, non può assumere quella rilevanza
giuridica richiesta per considerare la concessione come pregiudizievole (v., per
tutte, Sez.III, 29. 11.2000 n.12279, rv.217991). Pres. Vitalone Est. De Maio
Ric. Matticari ed altro. CORTE DI CASSAZIONE Penale, Sez. III del 27 febbraio
2007 (U.p. 11/01/2007), Sentenza n. 8050
PROCEDURE E VARIE - Pagamento delle spese processuali in favore della parte
civile - Compensazione totale o parziale - Potestà del giudice di merito -
Censurabilità - Limiti - Fattispecie - Art. 541 c.1 c.p.p.. In tema di
pagamento delle spese processuali in favore della parte civile, la decisione del
giudice di merito circa la compensazione o meno delle spese stesse, essendo
espressione di un potere discrezionale attribuito dalla legge, è incensurabile
in sede di legittimità ("salvo che ritenga di disporre, per giusti motivi la
compensazione totale o parziale", si esprime l'art. 541 co.1 cpp). Va, inoltre,
rilevato che, in specie, detta compensazione non era stata richiesta dai
difensori dell'imputato (per cui non può a nessun titolo parlarsi di carenza di
motivazione al riguardo), essendosi entrambi limitati a richiedere l'assoluzione
dell'imputato. Pres. Vitalone Est. De Maio Ric. Matticari ed altro. CORTE DI
CASSAZIONE Penale, Sez. III del 27 febbraio 2007 (U.p. 11/01/2007), Sentenza n.
8050
PROCEDURE E VARIE - Giudizio di legittimità - Nomina di ulteriori difensori -
Revoca delle nomine precedenti - Necessità - Esclusione. La disposizione
generale di cui all'art.24 disp. att. cpp -secondo la quale la nomina di
ulteriori difensori si considera senza effetto finché la parte non provvede alla
revoca delle nomine precedenti che risultino in eccedenza rispetto al numero
previsto dagli artt. 96, 100 e 101 cpp- non è applicabile nel giudizio di
legittimità, valendo per questo la norma speciale contenuta nell'art. 613 co.2
cpp, la quale prevede che nel procedimento innanzi alla Corte di Cassazione "il
difensore è nominato per la proposizione del ricorso o successivamente" e che
solo "in mancanza di nomina il difensore è quello che ha assistito la parte
nell'ultimo giudizio" (Sez. Un.13.12.1996 n.1282, rv. 206847). Pres. Vitalone
Est. De Maio Ric. Matticari ed altro. CORTE DI CASSAZIONE Penale, Sez. III
del 27 febbraio 2007 (U.p. 11/01/2007), Sentenza n. 8050
UDIENZA PUBBLICA DEL 11/01/2007
SENTENZA N. 00041 /2007
REG. GENERALE n. 034341/2006
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.:
Dott. VITALONE CLAUDIO PRESIDENTE
1.Dott.DE MAIO GUIDO CONSIGLIERE REGISTRO GENERALE
2.Dott.FRANCO AMEDEO N. 034341/2006 3.Dott.MARMO MARGHERITA
4.Dott.IANNIELLO ANTONIO
ha pronunciato la seguente
SENTENZA / ORDINANZA
sul ricorso proposto da :
MATTICARI GIUSEPPE N. IL 27/05/1960
AUGUSTA SRL N. IL 00/00/0000
avverso SENTENZA del 14/06/2005 TRIBUNALE di ORVIETO
visti gli atti, la sentenza ed il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA la relazione fatta dal Consigliere DE MAIO GUIDO
Udito il Procuratore Generale in persona del dott. Vittorio Meloni
che ha concluso per il rigetto dei ricorsi
Udito, per la parte civile, l'Avv. Giardini Luca (Orvieto)
Udito il difensore Avv. Romoli Francesco (Orvieto)
MOTIVAZIONE
Giuseppe Mattichiari fu tratto al giudizio del giudice monocratico del Tribunale
di Orvieto perché rispondesse di due violazioni degli artt.14 e 51 co.1 lett.a e
co.2 d.l.vo 22/97 (a)per avere, nella qualità di amministratore della ditta
Organic Oils srl, esercente un oleificio, versato ed abbandonato nei terreni
adiacenti, in modo incontrollato, rifiuti della lavorazione allo stato liquido e
solido ed altri rifiuti speciali, acc. in Fabro il 5.4.2001; b)perché, quale
legale rappresentante della soc. Organic Oils srl, in assenza delle
prescritte autorizzazioni, depositava in modo incontrollato sul suolo di un'area
artigianale sita in via dei Pini del comune di Fabro..., di proprietà della
ditta Augusta srl e detenuta in locazione, ingenti quantitativi di
materiali vegetali, quali semi oleosi ed altri residui da considerarsi rifiuti
speciali non pericolosi provenienti dal ciclo di produzione della stessa
impresa, acc.in Fabro il 21.5.2001, con la recidiva specifica").
Con sentenza in data 14.6.2005 del predetto giudice il Matticari fu condannato
alla pena di giustizia, oltre che al risarcimento dei danni in favore della
parte civile costituita, perché riconosciuto colpevole "del reato a lui ascritto
al capo di imputazione rispetto ai soli fatti inerenti i rifiuti allo stato
liquido e solido organici, esclusi i solidi non organici"; nella motivazione era
stato precisato che i rifiuti di cui il dibattimento aveva dato contezza erano
distinguibili nelle tre categorie dei rifiuti liquidi organici, solidi organici
(farine) e solidi non organici (materiali vari, spazzature, risulte di
demolizioni).
Avverso tale sentenza hanno proposto appello (poi convertito in ricorso ex artt.
593 co.3 e 568 co.5 cpp) i difensori dell'imputato e, per gli effetti civili, la
P.C.
1) Il ricorso dell'imputato
I difensori denunciano con il primo motivo vizio di motivazione e illegittimità
del provvedimento con cui era stata revocata l'ordinanza ex art.507 cpp –mancata
assunzione di una prova decisiva, in ordine alla revoca dell'ordinanza con cui
era stato disposto l'esame del legale rappresentante della costituita P.C.
Augusta srl, Mario Catana, resosi necessario "stante il continuo riferimento
di moltissimi testi alla sua presenza e alla sua condotta in occasione dei fatti
oggetto di imputazione"; secondo il ricorrente, non vi era "né alcuna
impossibilità oggettiva, né, tanto meno, alcun rischio di prescrizione, posto
che un brevissimo rinvio, anche di una sola settimana, ben avrebbe potuto
superare ogni questione".
Il motivo è infondato, in quanto l'assoluta necessità di assunzione di nuovi
mezzi di prova di cui all'art.507 cpp, lungi da postulare il dovere di
assumerli, non esclude -ma, al contrario, introduce ed esige-l'apprezzamento del
giudice, come indica la stessa dizione della norma laddove evidenzia che "il
giudice può disporre anche d'ufficio l'assunzione", senza dire né deve né,
puramente e semplicemente dispone: trattasi di un apprezzamento rimesso
unicamente al giudice e fondato su tutte le risultanze probatorie dallo stesso
adeguatamente valutate e nulla impedisce che l'apprezzamento stesso sia, nel
corso del processo, riveduto da parte dello stesso giudice. L'esercizio di tale
potere-dovere, correlato alle difficoltà che il giudice ritiene o meno
sussistente nel procedere a un compiuto accertamento dei fatti sulla base delle
risultanze già acquisite, può essere sindacato in sede di legittimità, ma in
limiti più ristretti del potere di ammissione delle prove a richiesta di parte
disciplinato dall'art.190 cpp, richiedendosi una manifesta assoluta necessità
della trascurata assunzione probatoria, emergente dal testo della sentenza
impugnata. Sulla base di tali principi deriva: I) che l'ordinanza ex art.507 cpp
è, al pari di tutte le ordinanze, revocabile, in base al principio, fissato
specificamente in materia di ammissione di prove, nell'art.190 co.3 cpp, per cui
nessuna sanzione può essere collegata, in astratto e in linea generale,
alla revoca verificatasi nel caso in esame; II) il primo giudice ha nella specie
motivato ampiamente (alle pagg.11-14 della sentenza imp.) sul comportamento
tenuto nella circostanza dal Catana (al punto da attribuire allo stesso, come
meglio si vedrà in seguito, un concorso di colpa "pari circa al 50%"),
per cui, nel coerente sviluppo del proprio percorso argomentativo, ha dato
contezza della non necessità dell'esame del Catana (e, di conseguenza, della
giustezza della revoca dell'ordinanza che lo aveva invece ammesso).
Con il secondo motivo viene denunciata la violazione dell'art.464 n.3 cpp per
l'omessa revoca dei decreti penali di condanna.
Il motivo è infondato, essendo pacifico che la mancata revoca espressa del
decreto penale prima di procedere al giudizio relativo all'opposizione non è
causa di nullità del procedimento, in quanto la revoca è un antecedente
indefettibile, che si verifica per il solo fatto della celebrazione di esso, è
cioè ope legis e non ope iudicis; inoltre, per la violazione del
co.3 dell'art.464 cpp, non è prevista alcuna specifica sanzione processuale, di
guisa che, in virtù del principio di tassatività delle nullità di cui
all'art.177 stesso codice e poiché non è ravvisabile alcuna delle cause generali
di nullità stabilite dal successivo art.178, la mancata revoca non produce
alcuna nullità (giurisprudenza consolidata fin dalle sent. sez. V, 23. 7.1992
n.8259; sez. III, 22.7.97 n.7140; sez. III, 3.7.98 n.7845).
Del pari infondati sono tutti gli altri motivi.
Con il terzo motivo viene denunciata violazione degli artt.14 e 51 d.l.vo 22/97
perché, quanto ai rifiuti liquidi organici, si era trattato del trasporto
a mezzo cisterna e del suo svuotamento ad opera e di iniziativa esclusiva del
trasportatore Aldo Ercolani, che a nessun titolo può essere riferito
all'imputato, mentre la rimozione del percolato sarebbe stata impedita dalla
P.C.; quanto ai rifiuti solidi organici, il loro deposito era riferibile
all'attività svolta dalla Chiappino srl, come risultato da sentenza
irrevocabile del Tribunale di Orvieto; inoltre, da molteplici testimonianze era
risultato che detti rifiuti (costituiti dalle farine risultanti dalle
lavorazione delle olive) erano destinati alla vendita; se il loro asporto non
era avvenuto, ciò era dipeso solo dal comportamento del Catana che lo aveva
impedito "fisicamente e materialmente".
Con il quarto motivo viene denunciata l'erronea concessione della sospensione
condizionale della pena in relazione alla condanna alla sola pena pecuniaria,
non richiesta dalla difesa, e alla quale l'imputato rinunciava espressamente
contestualmente al ricorso.
Con l'ultimo motivo viene denunciato vizio di motivazione e violazione
dell'art.541 cpp in relazione all'omessa compensazione totale o parziale delle
spese di costituzione di P.C., alla quale "si addebita un effetto moltiplicatore
della asserita condotta lesiva del Matticari e un concorso di colpa superiore al
50%".
Il terzo motivo non è meritevole di accoglimento. Innanzi tutto, è inammissibile
perché di mero fatto la deduzione secondo cui, quanto ai rifiuti liquidi
organici, il Matticari avrebbe dato incarico "ad una ditta specializzata, dotata
delle necessarie autorizzazioni", la ditta dell'Ercolani, per il trasporto della
cisterna e il suo svuotamento e il trasportatore avrebbe effettuato lo
sversamento "di propria iniziativa ed in totale autonomia, per proprie esigenze;
senza richiedere alcuna autorizzazione e agendo anzi contro la espressa volontà
di Organic Oils".
Del pari di mero fatto sono le deduzioni secondo cui la rimozione sia del
percolato che dei rifiuti soli urbani (peraltro, materialmente accumulati in
quel sito dalla Chiappinoi srl) sarebbe stata impedita dal Catana. La
sentenza di proscioglimento del Chiappini dal reato di cui agli artt.7 co. 3
lett. c) e 51 co. 2 d.l.vo 22/97 non può ritenersi che costituisca giudicato
circa "il fatto storico...che il deposito dei rifiuti speciali era da
attribuirsi materialmente all'attività svolta dalla Chiappini srl ovvero, per
meglio dire, è solo idoneo a indicare, in modo ormai non più superabile che
parte del materiale rinvenuto era stato depositato dalla Chiappini, ma non può
escludere che altra parte del materiale sia riferibile all'attività dell'attuale
imputato. Inoltre, è pienamente allineata con la giurisprudenza di questa Corte
l'argomentazione con la quale il primo giudice ha ritenuto irrilevante la tesi
difensiva in proposito. Infatti, la custodia di ogni rifiuto stoccato -qualsiasi
ne sia la provenienza, anche se da precedente gestione, anche per fatti non
inerenti il normale ciclo di produzione o altre evenienze straordinarie- ricade
sotto la personale responsabilità del legale rappresentante dell'ente che lo
detiene attualmente, generandosi una sorta di traditio da un
amministratore all'altro.
Quanto, poi, alla destinazione alla vendita, essa, con accertamento di fatto
insindacabile in sede di legittimità, è stata esclusa dal giudice di merito, il
quale ha osservato, quanto a quelli solidi, tra l'altro, che lo stoccaggio è
durato da anni..." e che il fatto dispersione "è ancor più qualificabile
come tale...alla luce del fatto che mai furono tenute delle scritture di
stoccaggio dei rifìuti, come invece impone l'art.28 co. 5 d. l.vo 22/97";
quanto a quelli liquidi contenuti nella cisterna, che "la cisterna era piena
da mesi e mesi e il liquido contenuto nella cisterna non può essere in nessun
modo considerato un semilavorato, doveva essere smaltito entro i tre mesi
indicati dalla norma... e questo sicuramente on è avvenuto". In linea di
diritto, va precisato che è del tutto pacifico che la prova della destinazione
al riutilizzo dei rifiuti deve essere obiettiva, univoca e completa, non
potendosi tener conto solo delle affermazioni o delle intenzioni
dell'interessato, posto che i rifiuti richiedono un corretto e tempestivo
recupero, se possibile e dimostrato, oppure il loro smaltimento in modo
compatibile con la salute e l'ambiente, interessi primari della collettività
(giurisprudenza assolutamente pacifica, fin dalla sent. sez.III, 27.9.1999
n.11007, rv.214453).
In ordine al quarto motivo, va osservato che è esatto il principio richiamato
dal ricorrente, secondo cui la sospensione condizionale della pena non può
risolversi in un pregiudizio per l'imputato in termini di compromissione del
carattere personalistico e rieducativo della pena, per cui l'interesse
all'impugnazione, condizionante l'ammissibilità del ricorso, si configura tutte
le volte in cui il provvedimento di concessione del beneficio sia idoneo a
produrre in concreto la lesione della sfera giuridica dell'impugnante e la sua
eliminazione consenta il conseguimento di una situazione giuridica più
vantaggiosa (Cass. sez. un.16.3.1994 n.6563, Rusconi). E, tuttavia, il motivo è
infondato, in quanto il ricorrente non ha precisato né la lesione concreta, né
la situazione giuridica più vantaggiosa, per cui deve riprendere vigore il
principio altrettanto pacifico secondo cui la mera opportunità di riservare il
beneficio a future condanne eventualmente più gravi, non può assumere quella
rilevanza giuridica richiesta per considerare la concessione come
pregiudizievole (v., per tutte, Sez.III, 29. 11.2000 n.12279, rv.217991).
Il quinto motivo è inammissibile, essendo pacifico che, in tema di pagamento
delle spese processuali in favore della parte civile, la decisione del giudice
di merito circa la compensazione o meno delle spese stesse, essendo espressione
di un potere discrezionale attribuito dalla legge, è incensurabile in sede di
legittimità ("salvo che ritenga di disporre, per giusti motivi la compensazione
totale o parziale", si esprime l'art.541 co.1 cpp). Va, inoltre, rilevato che,
comunque, la detta compensazione non era stata richiesta dai difensori
dell'imputato (per cui non può a nessun titolo parlarsi di carenza di
motivazione al riguardo), essendosi entrambi limitati a richiedere l'assoluzione
dell'imputato.
I difensori del Matticari in questa sede hanno depositato memoria illustrativa
con la quale deducono: I) l'inammissibilità della impugnazione per gli effetti
civili proposta dalla parte civile Augusta srl, in quanto "nel corso del
giudizio di primo grado la parte civile si è costituita in giudizio con il
patrocinio dell'avv. Giardini del foro di Orvieto, mentre il ricorso per
cassazione è stato proposto da altro difensore munito di procura speciale
conferita in calce al medesimo ricorso"; II) l'intervenuta prescrizione del
reato, in quanto il reato contestato risale al mese di aprile 2001", per cui da
tale data sarebbero decorsi, all'ottobre 2005, i quattro anni e sei mesi della
prescrizione ex artt.157 n.5 e 160 u.c. cp..
Anche tali motivi sono infondati, dovendosi rilevare quanto al primo, che la
disposizione generale di cui all'art.24 disp. att. cpp -secondo la quale la
nomina di ulteriori difensori si considera senza effetto finchè la parte non
provvede alla revoca delle nomine precedenti che risultino in eccedenza rispetto
al numero previsto dagli artt. 96, 100 e 101 cpp- non è applicabile nel giudizio
di legittimità, valendo per questo la norma speciale contenuta nell'art. 613 co.2
cpp, la quale prevede che nel procedimento innanzi alla Corte di Cassazione "il
difensore è nominato per la proposizione del ricorso o successivamente" e che
solo "in mancanza di nomina il difensore è quello che ha assistito la parte
nell'ultimo giudizio" (Sez. Un.13.12.1996 n.1282, rv. 206847).
Quanto poi al secondo degli indicati motivi, va osservato che il termine di
prescrizione non è ancora decorso, dovendosi aggiungere al normale periodo della
prescrizione ex artt.157 n.5 e 160 u.c. cp ulteriori circa anni uno e mesi due
(per la sospensione del corso della prescrizione conseguente al rinvio del
processo ad istanza dei difensori dal 29.11.02 al 16.1.04 e dal 20.2.04 al
16.3.04), di talchè il periodo della prescrizione sarebbe scaduto solo alla data
del 28.1.07.
2) Il ricorso della parte civile
LA PC censura, con il primo motivo sub A), la pronuncia di assoluzione in
ordine ai rifiuti non organici; in particolare, in ordine ai rifiuti solidi
non organici, viene denunciata carenza della motivazione sotto il profilo
dell'applicazione della 1.178/ 02 e degli artt. 14-6-28 d.l.vo 22/97, in quanto
"i rifiuti abbandonati da Organic Oils srl non erano materiali
semilavorati destinati al riutilizzo, bensì spazzatura e scarti
dell'attività,... e i rifiuti non erano stati stoccati in attesa di diversa
destinazione, bensì abbandonati alla rinfusa sui piazzali e all'interno dei
capannoni". Tale censura (sub A del ricorso) va coordinata con la terza sub C)
pure relativa ai rifiuti solidi non organici, con cui viene denunciata
l'erroneità dell'assoluzione dell'imputato ai fini civili e l'omessa
quantificazione del danno; il ricorrente sostiene che "non si vede come la
sentenza possa aver mandato indenne l'imputato dal fatto"; segue la
quantificazione dei danni "per effetto dell'auspicato annullamento della
impugnata sentenza". Il complesso delle censure sub A) e C) del ricorso è
inammissibile sia per il carattere di mero fatto, che per irrilevanza e
manifesta infondatezza: irrilevante sono le censure sub A), dal momento che il
proscioglimento dell'imputato è avvenuto, come si dirà qui subito di seguito,
per la ritenuta esistenza di una causa di forza maggiore, e, quindi, al di là di
qualsiasi interpretazione della 1.178/02 e degli artt.14-6 e 28 d.l.vo 22/97.
Quanto alle altre censure, va rilevato che il primo giudice ha escluso la
responsabilità dell'imputato sulla base, come premesso, del rilievo della forza
maggiore, "consistita nell'avere il Catana impedito la continuazione delle
misure di trasloco ed asporto dei rifiuti, prima piazzando la propria
autovettura nel bel mezzo dell'unico accesso all'immobile e, successivamente,
chiudendo il cancello in modo che nessun mezzo potesse più accedere". Di mero
fatto e attinenti a una diversa valutazione della risultanze processuali sono le
deduzioni della ricorrente secondo cui: 1) "le risultanze processuali avevano
evidenziato in modo univoco che il blocco dell'ingresso durò per due-tre ore...e
la motivazione non spiega se e in che modo Organic Oils srl avrebbe
potuto completare il lavoro di asporto di circa 200 mc. di rifiuti solidi non
organici rimasti sui piazzali e nei capannoni...nelle due-tre ore di tempo di
quel sabato pomeriggio"; 2) "il cancello non era stato chiuso dal Catana il
sabato 31.3.2000 e, in ogni caso, gli addetti di Organic Olis srl
poterono comunque accedere nel sito fino a lunedì 2.4.2000...". Con tali
proposizioni la ricorrente tende, in questa sede di mera legittimità, una
rivalutazione del merito. Non è, per contro, rilevante la contraddittorietà di
motivazione, astrattamente ravvisabile, tra quanto affermato a pag.14 sent. ("le
conseguenze dannose provocate dai rifiuti solidi non possono essere attribuite
all'imputato se non in misura marginale", al punto che "anche di questo il
Giudice civile dovrà tenere conto nello stabilire l'entità dell'eventuale
risarcimento") e quanto affermato a pag.15 ("la responsabilità civilistica per
il fatto dei rifiuti solidi non organici non può essere attribuita
all'imputato"). Ed invero, la pronuncia di responsabilità, limitata "ai soli
fatti inerenti i rifiuti allo stato liquido e solido organici –esclusi i solidi
non organici" è tale da non consentire dubbi in sede civilistica del
risarcimento dei danni.
Viene inoltre denunciato, quanto ai rifiuti solidi e liquidi organici (motivo
del ric. sub B), in ordine ai quali v'è stata pronuncia di condanna, mancato
esame ed illogica interpretazione delle prove in ordine al danno arrecato alla
P.C. dalla presenza di rifiuti organici preesistenti all'interno dell'opificio
–erronea applicazione della legge civile in tema di responsabilità contrattuale
–carenza e manifesta illogicità della motivazione in ordine alla quantificazione
della corresponsabilità della P.C. in punto danno e alla quantificazione del
danno. La ricorrente sostiene che "non risultano considerate le conseguenze
arrecate alla P.C. dai rifiuti abbandonati in epoca anteriore al trasloco";
mancherebbe la motivazione circa l'imputazione alla P.C. della corresponsabilità
nel verificarsi dell'evento finale dispersione; inoltre, sotto il profilo
contrattuale, la motivazione avrebbe errato nell'applicazione delle norme civili
in materia di buona fede e correttezza nell'esecuzione del contratto, in quanto
la motivazione avrebbe omesso "di indicare quali obblighi di collaborazione
legali e/o contrattuali avrebbe eluso il Catana, presupposto per giungere alla
pronuncia della sua corresponsabilità" ed errati sarebbero "anche i criteri
applicati nell'interpretazione delle norme civilistiche in materia". Così come
la sentenza è "carente in punto di percentualizzazione della corresponsabilità"
e "davvero incredibile sarebbe il passaggio successivo in cui, alla
corresponsabilità pari al 50% del danno, aggiunge l'esclusiva responsabilità
della P.C. nei pregiudizi sopravvenuti per effetto della pioggia ed altro.
Carente e contraria alle norme civili in materia pure la limitazione del
danno... circoscritta alle sole spese di bonifica del terreno sostenute dalla
P.C., escludendo il lucro cessante e i danni morali".
Quanto ai rilievi circa l'obbligo di buona fede e collaborazione, risulta
evidente il riferimento, fatto dal giudicante, agli articoli del codice civile
1175 (comportamento secondo correttezza), 1176 (diligenza nell'adempimento) e
1375 (esecuzione di buona fede) e non ha alcun rilievo che il giudicante non li
abbia espressamente menzionati.
Rilevante è, invece, che le argomentazioni della sentenza, sul punto del
concorso della colpa della P.C., risultino allineate con il principio
fondamentale secondo cui la buona fede nei contratti si sostanzia in un generale
obbligo di solidarietà che impone a ciascuna delle parti di agire in modo da
preservare gli interessi dell'altra a prescindere tanto da specifici obblighi
contrattuali, quanto dal dovere extracontrattuale del neminem laedere,
trovando tale impegno solidaristico il suo limite precipuo soltanto
nell'interesse proprio del soggetto, tenuto, pertanto, al compimento di tutti
gli atti giuridici e/o materiali che si rendano necessari alla salvaguardia
dell'interesse della controparte nella misura in cui essi non comportino un
apprezzabile sacrificio a suo carico (da ultimo, Cass.civ., sez.II1, 11.1.2006
n.264, Bernardi e altro c.Mediovenezie Banca e altro).
Anche qui inammissibili in quanto di mero fatto, oltre che manifestamente
infondate, sono le residue censure, che sono state sopra richiamate in dettaglio
al preciso scopo di evidenziarne il carattere non di legittimità. In questa
sede, quindi, non può che essere rilevato che sono state valutate con corretta
ed adeguata motivazione: a) la condotta della P.C., e di conseguenza la
quantificazione della sua corresponsabilità; b) la limitazione del danno alle
spese di bonifica, così come l'esclusione del lucro cessante e dei danni morali
(pag.13 sent.); c) che l'affermazione di responsabilità ha riguardato il reato
contestato limitatamente "ai soli fatti inerenti i rifiuti allo stato liquido e
solido organici", in ordine alla quale è stato ritenuto che "il contenuto lesivo
della condotta dell'imputato è stato moltiplicato ed amplificato dalla condotta
del Catana, al quale dunque deve essere riconosciuto un concorso di colpa
piuttosto ampio, se non superiore al 50%"; in tale ambito, impregiudicata ogni
altra questione di merito, dovrà essere collocato il giudizio civile attinente
ai danni riportati dalla P.C. e al relativo risarcimento.
Deve, pertanto, concludersi che essendo infondate le censure mosse alla sentenza
impugnata sia dall'imputato che dalla parte civile, entrambi i ricorsi vanno
rigettati, con conseguente condanna in solido delle parti private al pagamento
delle spese processuali. La soccombenza di entrambi i ricorrenti e la
particolare natura della causa inducono alla integrale compensazione delle spese
sostenute nel grado dalle parti stesse.
P . Q . M .
La Corte rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti in solido al pagamento delle
spese processuali; dichiara interamente compensate tra le parti private le spese
dalle stesse sostenute nel grado.
Così deliberato li 11.1.2007
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