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URBANISTICA E EDILIZIA - Costruzione abusiva - Esecutore dei lavori -
Muratore od operaio - Responsabilità - Criteri del concorso di persona ex art.
110 c.p. - Contravvenzioni edilizie - Natura "propria" o "comune" - Art. 44,
lett. b) e c), e 29 1° c. D.P.R. n. 380/2001 - Art. 6 L. n. 47/1985. Il
carattere proprio dei reati di violazione della legge edilizia non impedisce
che, oltre ai soggetti individuati dall'art. 6 della legge n. 47/1985 (ed
attualmente dall'art. 29, 1° comma, del T.U. n. 380/2001), persone diverse si
inseriscano, con la loro condotta, nella consumazione dei reati stessi,
svolgendo un'attività che comunque contribuisca a dare vita al fatto di
costruzione abusiva. (Cass. Sez. III, 26.8.2004, sentenza n. 35084, Barreca).
L'esecutore dei lavori, pertanto, anche se muratore od operaio, ben può
rispondere - in applicazione degli ordinari criteri del concorso di persona ex
art. 110 cod. pen. per ed anche a titolo di colpa quanto alla consapevolezza
dell'abusività dei lavori - delle contravvenzioni di cui all'art. 44, lett. b) e
c), del T.U. n. 380/2001, qualora sia accertata la sua materiale collaborazione
alla realizzazione dell'illecito". Presidente G. De Maio, Relatore A. Fiale -
Ric. Roberto ed altri. CORTE DI CASSAZIONE Penale Sez. III, Dep. 28/02/2007
(Ud. 30/11/2006) Sentenza n. 8407
URBANISTICA E EDILIZIA - Costruzione abusiva - Concorso di soggetti diversi
dai destinatari degli obblighi. In materia di reati edilizi, sussiste una
stretta correlazione tra l'obbligo di condotta imposto dall'art. 6 della legge
28 febbraio 1985, n. 47 ai soggetti in esso indicati e le sanzioni di cui
all'art. 20 sì da configurare il reato di costruzione senza la concessione
edilizia, o in contrasto con le prescrizioni urbanistiche o edilizie, come reato
"proprio"; invero il precetto penale è diretto non a "chiunque", ma soltanto a
coloro che, in relazione all'attività edilizia, rivestono una determinata
posizione giuridica o di fatto. Tale figura di reato non esclude il concorso di
soggetti diversi dai destinatari degli obblighi previsti dall'art. 6 compreso il
sindaco che con la concessione illegittima abbia posto in essere la condizione
operativa della violazione di quegli obblighi. (conforme Cass., Sez. III:
14.6.1999, n. 7626, lacovelli; 12.3.1999, n. 201, Quaranta; 24.8.1988, n. 9053,
Di Santo; 27.3.1980, n. 4216, Tibollo) ed in particolare questa III Sezione -
con la sentenza 15.10A988, n. 9961, Maglione; contra Cass., Sez. III, 1.7.1983,
n. 6181, Tornabene). Presidente G. De Maio, Relatore A. Fiale - Ric. Roberto
ed altri. CORTE DI CASSAZIONE Penale Sez. III, Dep. 28/02/2007
(Ud.30/11/2006) Sentenza n. 8407
URBANISTICA E EDILIZIA - PROCEDURE E VARIE - C.d. "reato proprio" -
Configurabilità - Elementi. Il c.d. "reato proprio" è quello per la cui
sussistenza la legge esige una determinata posizione giuridica o di fatto
dell'agente: esso, pertanto, non può essere commesso da qualunque soggetto, ma
soltanto da determinate persone, che rivestano una data qualità o si trovino in
una certa situazione. Presidente G. De Maio, Relatore A. Fiale - Ric. Roberto
ed altri. CORTE DI CASSAZIONE Penale Sez. III, Dep. 28/02/2007
(UD.30/11/2006) Sentenza n. 8407
URBANISTICA E EDILIZIA - Abuso edilizio - Concorso di persone nel reato -
Responsabilità dei meri prestatori d'opera - Presupposti. I reati edilizi
attualmente previsti dall'art. 44, lett. b) e c), del T.U. n. 380/2001 (il cui
regime era anteriormente posto dall'art. 20 della legge n. 47/1985, dall'art. 17
della legge n. 10/1977 e dall'art. 41 della legge n. 1150/1942) sono per lo più
reati comuni - con peculiari eccezioni - in quanto tali, possono essere commessi
da qualsiasi soggetto. Al riguardo deve osservarsi che se l'atteggiamento
psichico di coloro che collaborano alla realizzazione dell'illecito, fornendo un
contributo morale o materiale alla costruzione abusiva sia pure nella mera
qualità di dipendenti, consiste nella volontà di commettere un abuso edilizio,
stante la consapevolezza che l'attività posta in essere viene effettuata in
assenza o in difformità dal prescritto titolo abilitativo, ciascuno debba
rispondere, a titolo di dolo, della relativa contravvenzione, ricorrendo tutti
gli estremi (oggettivi e soggettivi) del concorso di persone nel reato. In
questo caso neppure può valere ad escludere la responsabilità dei meri
prestatori d'opera il fatto che essi abbiano realizzato la condotta illecita per
ottemperare alle disposizioni impartite dal datore di lavoro, in quanto
l'efficacia scriminante riconducibile alle previsioni dell'art. 51 cod. pen. non
afferisce a rapporti, sia pure gerarchici, di natura privatistica. Presidente G.
De Maio, Relatore A. Fiale - Ric. Roberto ed altri. CORTE DI CASSAZIONE
Penale Sez. III, Dep. 28/02/2007 (UD.30/11/2006) Sentenza n. 8407
URBANISTICA E EDILIZIA - Abuso edilizio - Concorso di persone nel reato -
Responsabilità - Individuazione - Verifica del giudice - Giurisprudenza. Il
semplice fatto di essere proprietario o comproprietario del terreno (o comunque
della superficie) sul quale vengono svolti lavori illeciti di edificazione, pur
potendo costituire un indizio grave, non è sufficiente da solo ad affermare la
responsabilità penale, nemmeno qualora il soggetto che riveste tali qualità sia
a conoscenza che altri eseguano opere abusive sul suo fondo, essendo necessario,
a tal fine, rinvenire altri elementi in base ai quali possa ragionevolmente
presumersi che egli abbia in qualche modo concorso, anche solo moralmente, con
il committente o l'esecutore dei lavori abusivi. Occorre considerare, in
sostanza, la situazione concreta in cui si è svolta l'attività incriminata,
tenendo conto non soltanto della piena disponibilità, giuridica e di fatto,
della superficie edificata e dell'interesse specifico ad effettuare la nuova
costruzione (principio del "cui prodest) bensì pure: dei rapporti di
parentela o di affinità tra l'esecutore dell'opera abusiva ed il proprietario,
dell'eventuale presenza "in loco" di quest'ultimo durante l'effettuazione dei
lavori; dello svolgimento di attività di materiale vigilanza sull'esecuzione dei
lavori; della richiesta di provvedimenti abilitativi anche in sanatoria; del
regime patrimoniale fra coniugi o comproprietari e, in definitiva, di tutte
quelle situazioni e quei comportamenti, positivi o negativi, da cui possano
trarsi elementi integrativi della colpa e prove circa la compartecipazione,
anche morale, all'esecuzione delle opere, tenendo presente pure la destinazione
finale delle stesse [vedi, tra le decisioni più recenti, Cass., Sez. III:
27.9,2000, n. 10284, Cutaia ed altro; 3.5.2001, n. 17752, Zorzi ed altri;
10.8.2001, n. 31130, Gagliardi; 18.4.2003, n. 18756, Capasso ed altro; 2.3.2004,
n. 9536, Mancuso ed altro; 28.5.2004, n. 24319, Rizzuto ed altro; 12.1.2005, n.
216, Fucciolo; 15.7.2005, n. 26121, Rosato; 2.9.2005, n. 32856, Farzone].
Presidente G. De Maio, Relatore A. Fiale - Ric. Roberto ed altri. CORTE DI
CASSAZIONE Penale Sez. III, Dep. 28/02/2007 (UD.30/11/2006) Sentenza n. 8407
URBANISTICA E EDILIZIA - Abuso edilizio - Concorso di persone nel reato -
Responsabilità - Individuazione. Essendo configurabile il concorso colposo
nelle contravvenzioni - stabilendo l'art. 42, 4° comma, cod. pen. la loro
punibilità indifferentemente a titolo di dolo o di colpa [si ricordi che
dottrina e giurisprudenza considerano altresì ammissibile, in linea di
principio, pure il concorso dell'estraneo nel reato proprio] - deve ammettersi
che più persone possano partecipare alla commissione di una contravvenzione
anche se la loro condotta è sorretta da atteggiamenti psichici eterogenei. Nella
fattispecie, in caso di mancanza del permesso di costruire, pertanto anche i
meri esecutori materiali possono rispondere direttamente per colpa con
riferimento alla disciplina posta dall'art. 110 cod. pen. (salvi i casi di
erroneo convincimento scusabile), dovendo essi sottostare all'onere di accertare
l'intervenuto rilascio del provvedimento abilitante, onere che - come si detto -
non incombe soltanto sui soggetti indicati dall'art. 29 del T.U. n. 380/2001.
Non è in questione, pertanto, la individuazione della sussistenza di un obbligo
giuridico di impedimento dei reati ai sensi dell'art. 40 cpv. cod. pen..
Tuttavia, deve escludersi, la responsabilità degli esecutori materiali per il
mancato rispetto colposo delle norme urbanistiche e di piano, laddove si
consideri che da tale responsabilità è esonerato già il direttore dei lavori,
che è organo tecnico ben più qualificato. Resta inteso che, se non è
configurabile la violazione di alcun obbligo di diligenza non può configurarsi
il concorso nella complessiva attività di edificazione abusiva. Presidente G. De
Maio, Relatore A. Fiale - Ric. Roberto ed altri. CORTE DI CASSAZIONE Penale
Sez. III, Dep. 28/02/2007 (UD.30/11/2006) Sentenza n. 8407
URBANISTICA E EDILIZIA - BENI CULTURALI E AMBIENTALI - Costruzione abusiva -
Zona costiera assoggettata a vincolo paesaggistico - Concorso colposo -
ammissibilità - Condizioni - Direttore dei lavori - Mancanza del permesso di
costruire - Esecutori materiali dei lavori. In tema di reati edilizi, gli
esecutori materiali dei lavori, che prestano la loro attività alle dipendenze
del costruttore, possono concorrere, per colpa, nella commissione dell’illecito
per il caso di mancanza del permesso di costruire, se non adempiono all’onere di
accertare l’intervenuto rilascio del provvedimento abilitante, ma vanno esenti
da responsabilità sia in caso di lavori eseguiti in difformità dal titolo, dal
momento che la legge ha attribuito espressamente al direttore dei lavori
l’obbligo di curare la corrispondenza dell’opera al progetto, sia in caso di
mancato rispetto colposo delle nome urbanistiche e di piano, perché dalla
responsabilità è esonerato già il direttore dei lavori, che è organo tecnico ben
più qualificato. Presidente G. De Maio, Relatore A. Fiale - Ric. Roberto ed
altri. CORTE DI CASSAZIONE Penale Sez. III, Dep. 28/02/2007 (UD.30/11/2006)
Sentenza n. 8407
Pubblica Udienza del 30.11.2006
SENTENZA N. 1947
REG. GENERALE n. 25632/2006
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
Composta dagli Ill. mi Signori
1. Dott. Guido De Maio Presidente
2. Dott. Pierluigi Onorato Componente
3. Dott. Aldo Fiale Componente
4. Dott. Antonio Ianniello Componente
5. Dott. Giovani Amoroso Componente
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
1. ROBERTO Beniamino, nato a Tricase il 24.9.1970
2. LECCI Umberto, nato ad Alessano il 4.3.1949
3. PERRONE Donato Natalino, nato a Ticase il 23.12.1972
avverso la sentenza 29.3.2006 della Corte di Appello di Lecce
Visti gli atti, la sentenza impugnata ed il ricorso
Udita in Pubblica udienza la relazione fatta dal Consigliere dr. Aldo Fiale
Udito il Pubblico Ministero, in persona del dr. Vincenzo Geraci, il quale ha
concluso chiedendo l'annullamento con rinvio della sentenza impugnata.
Udito il difensore, Avv.to. Biagio De Francesco, il quale ha concluso chiedendo
l'accoglimento del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La Corte di Appello dì Lecce, con sentenza del 29.3.2006, confermava la sentenza
19.5.2005 del Tribunale di Lecce - Sezione distaccata di Tricase, che aveva
affermato la penale responsabilità penale di Roberto Beniamino, Lecci Umberto e
Perrone Donato Natalino in ordine ai reati di cui:
- all'art. 44, lett. c), D.P.R. n. 380/2001 (per avere - nella qualità di
esecutori dei lavori ed in concorso con la committente degli stessi -
realizzato, in zona costiera assoggettata a vincolo paesaggistico poiché situata
entro i trecento metri dalla linea di battigia, in assenza del prescritto
permesso di costruire, la costruzione di un fabbricato e di un terrazzamento acc.
in Corsano, il 30.6.2002);
- all'art. 163 D.Lgs. n. 490/1999 (per avere eseguito le opere anzidette in
assenza della prescritta autorizzazione paesistica)
e, riconosciute a tutti circostanze attenuanti generiche, unificati i reati nel
vincolo della continuazione ex art. 81 cpv. cod. pen., aveva condannato ciascuno
alla pena complessiva -condizionalmente sospesa - di mesi uno di arresto ed curo
13.000,00 di ammenda, ordinando la demolizione delle opere abusive e la
rimessione in pristino dello stato originario dei luoghi.
Avverso tale sentenza hanno proposto ricorso gli imputati, i quali - sotto i
profili della violazione di legge e del vizio di motivazione - hanno eccepito:
- che essi "sono semplici manovali avventizi con la qualifica di operaio
generico" e che, nella specie, la loro corresponsabilità nell'esecuzione totale
delle opere edilizie abusive era stata incongruamente affermata in base alla
sola circostanza che "erano stati trovati intenti ad eseguire opere di
rivestimento in pietra dell'immobile", sul presupposto che avrebbero dovuto
preventivamente accertarsi della esistenza, in capo al proprietario, del titolo
abilitativo per la realizzazione dell'intero fabbricato.
Il loro intervento si era limitato alla sola fase del rivestimento in pietrame
locale e, con indebita supposizione, priva di qualsiasi riscontro probatorio,
era stato considerato esteso invece "a tutte le fasi della costruzione" medesima
e pure ad attività di completamento degli impianti non rientranti nella loro
competenza specifica.
I giudici del merito, inoltre, non avevano adeguatamente valutato la questione
della sussistenza "della loro piena consapevolezza dell'abusività dei lavori".
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il ricorso è fondato e deve essere accolto.
1. Esso si connette alla dibattuta questione della individuazione della natura
"propria" o "comune" delle contravvenzioni edilizie previste dall'art. 44, lett.
b) e c), del D.P.R. n. 380/2001 (ad eccezione del reato di lottizzazione
abusiva, che pone problematiche diverse quanto ai soggetti che possono
rendersene responsabili).
Questa Sezione - con la sentenza 26.8.2004, n. 35084, Barreca - ha affermato che
"il carattere proprio dei reati di violazione della legge edilizia non impedisce
che, oltre ai soggetti individuati dall'art. 6 della legge n. 47/1985 (ed
attualmente dall'art. 29, 1° comma, del T.U. n. 380/2001), persone diverse si
inseriscano, con la loro condotta, nella consumazione dei reati stessi,
svolgendo un'attività che comunque contribuisca a dare vita al fatto di
costruzione abusiva.
L'esecutore dei lavori, pertanto, anche se muratore od operaio, ben può
rispondere - in applicazione degli ordinari criteri del concorso di persona ex
art. 110 cod. pen. per ed anche a titolo di colpa quanto alla consapevolezza
dell'abusività dei lavori - delle contravvenzioni di cui all'art. 44, lett. b) e
c), del T.U. n. 380/2001, qualora sia accertata la sua materiale collaborazione
alla realizzazione dell'illecito".
Tale principio si conforma all'indirizzo prevalente di questa Corte Suprema
(vedi Cass., Sez. III: 14.6.1999, n. 7626, lacovelli; 12.3.1999, n. 201,
Quaranta; 24.8.1988, n. 9053, Di Santo; 27.3.1980, n. 4216, Tibollo) ed in
particolare questa III Sezione - con la sentenza 15.10A988, n. 9961, Maglione -
ha affermato che "sussiste una stretta correlazione tra l'obbligo di condotta
imposto dall'art. 6 della legge 28 febbraio 1985, n. 47 ai soggetti in esso
indicati e le sanzioni di cui all'art. 20 sì da configurare il reato di
costruzione senza la concessione edilizia, o in contrasto con le prescrizioni
urbanistiche o edilizie, come reato "proprio"; invero il precetto penale è
diretto non a "chiunque", ma soltanto a coloro che, in relazione all'attività
edilizia, rivestono una determinata posizione giuridica o di fatto. Tale figura
di reato non esclude il concorso di soggetti diversi dai destinatari degli
obblighi previsti dall'art. 6 compreso il sindaco che con la concessione
illegittima abbia posto in essere la condizione operativa della violazione di
quegli obblighi".
Diverso orientamento risulta espresso, invece, in una isolata sentenza (Cass.,
Sez. III, 1.7.1983, n. 6181, Tornabene) ove è stato affermato che "in tema di
destinatari del precetto di cui all'art. 17, lett. b), della legge 28 gennaio
1977, n. 10, sull'edificabilità dei suoli, la norma predetta incrimina "i casi
di esecuzione dei lavori in totale difformità o in assenza della concessione
edilizie, senza apposita qualificazione dell'agente. Pertanto deve essere
compreso nella sfera dei destinatari qualunque operatore che comunque esplichi
una condotta causalmente rilevante nella modificazione della realtà proibita
dalla norma, con la consapevolezza della mancanza o della difformità del titolo
legittimativo o con colpevole omissione del relativo accertamento".
2. Trattasi di problematica che impone un più ampio approfondimento.
2.1 "Reato proprio" è quello per la cui sussistenza la legge esige una
determinata posizione giuridica o di fatto dell'agente: esso, pertanto, non può
essere commesso da qualunque soggetto, ma soltanto da determinate persone, che
rivestano una data qualità o si trovino in una certa situazione.
Autorevole dottrina rileva, al riguardo, che "il reato proprio trova la propria
ragione politica in una struttura sociale evoluta, in cui siano differenziate le
funzioni spettanti ai singoli e, quindi, attribuiti particolari doveri e
responsabilità. In base alla sua qualifica il soggetto viene posto in un
particolare rapporto con il bene giuridico tutelato, che gli consente di
arrecare ad esso offesa, onde la norma si rivolge non più a tutti i consociati,
ma soltanto alle persone che rivestono tale qualifica".
2.2 La teoria che riconosce alle contravvenzioni edilizie la natura di "reati
propri" pone le previsioni sanzionatorie dell'art. 44 del T.U. n. 380/2001 (ma
già degli artt.: 41 della legge n, 1150/1942, 17 della legge n. 10/1977, 20
della legge n. 47/1985) in stretta connessione con la disposizione dell'art. 29
dello stesso T.U. (già degli artt.: 31, ultimo comma, della legge n. 1150/1942 e
6 della legge n. 47/1985), che individua nel titolare dei permesso di costruire,
nel committente, nel costruttore e nel direttore dei lavori (con peculiari
specificazioni in relazione a tale ultima figura) i soggetti responsabili della
conformità delle opere alla normativa urbanistica, alle previsioni di piano, al
permesso di costruire ed alle modalità esecutive da esso stabilite.
Solo tali soggetti, individuati per il possesso di particolari qualità,
potrebbero rispondere penalmente dell'esecuzione di un'opera non conforme alla
disciplina urbanistico-edilizia, salvo l'eventuale concorso di altre persone
secondo i principi che regolano la partecipazione dell'extraneus al reato
proprio commesso da chi riveste la qualifica richiesta dalla norma
incriminatrice.
Gli argomenti principali posti a sostegno di tale tesi:
a) si incentrano anzitutto sul presupposto che l'oggetto giuridico tutelato dai
reati edilizi sarebbe da individuarsi nell'interesse formale della pubblica
amministrazione al controllo delle attività che comportano trasformazione
urbanistica ed edilizia del territorio. I reati medesimi, dunque, integrerebbero
fattispecie incriminatrici di comportamenti inosservanti di obblighi
amministrativi e, poiché i soggetti costituiti dal legislatore "garanti" del
rispetto delle modalità di esercizio dell'attività edilizia sarebbero quelli
indicati nell'art. 29 del T.U. dell'edilizia, solamente questi potrebbero essere
considerati soggetti attivi delle contravvenzioni previste dall'art. 44, lett.
a) e b), dello stesso testo unico;
b) si riferiscono, inoltre, alla stessa dogmatica del reato proprio, rilevando
che in esso la norma incriminatrice, attraverso il riferimento al soggetto
qualificato, attribuisce rilevanza ad una situazione che mette detto soggetto
nelle condizioni di aggredire il bene tutelato in modo particolarmente intenso
ovvero secondo modalità che ad altri soggetti non sono accessibili. In
particolare, per le contravvenzioni edilizie, si assume che "il riferimento alla
particolare qualità soggettiva sembra rispondere all'esigenza di individuare un
centro di imputazione di obblighi" finalizzati alla tutela dell'interesse
protetto. Il legislatore sarebbe cosi pervenuto alla delimitazione di specifici
soggetti dotati dei poteri necessari ad assicurare detta tutela effettiva. Si
afferma, altresì, che "il principio di personalità della responsabilità penale,
previsto dall'art. 27 della Costituzione, verrebbe seriamente compromesso
qualora tali obblighi di tutela venissero imposti a chiunque, a prescindere
dalla disponibilità degli effettivi poteri di tutela";
2.3 Trattasi di argomentazioni che questo Collegio non condivide, rilevando che
i reati edilizi attualmente previsti dall'art. 44, lett. b) e c), del T.U. n.
380/2001 (il cui regime era anteriormente posto dall'art. 20 della legge n.
47/1985, dall'art. 17 della legge n. 10/1977 e dall'art. 41 della legge n.
1150/1942) sono per lo più reati comuni - con le eccezioni di seguito indicate -
in quanto tali, possono essere commessi da qualsiasi soggetto.
a) Significativo è, anzitutto, lo stesso testo delle norme incriminatrici,
formulato impersonalmente, ma (non essendo sufficiente arrestarsi alla
espressione della legge) anche un accurato esame del complessivo sistema
sanzionatorio penale porta ad escludere una generalizzata configurazione quali
"reati propri" delle contravvenzioni in esame. Si pensi, ad esempio, che non può
essere considerato "committente" né "costruttore" colui che esegua personalmente
i lavori abusivi (realizzazione monosoggettiva dell'illecito nei casi dì più
modeste trasformazioni urbanistiche).
b) Deve rilevarsi, poi, che l'attuale formulazione dell'art. 29 del T.U. n.
380/2001 - pur individuando nel titolare del permesso di costruire, nel
committente e nel costruttore i soggetti "responsabili... della conformità
delle opere alla normativa urbanistica, alle previsioni di piano..." e,
unitamente al direttore dei lavori, alle previsioni "del permesso di costruire e
alle modalità esecutive stabilite dal medesimo" - limita comunque l'ambito della
loro responsabilità "ai fini e per gli effetti delle norme contenute nel
presente capo" (il capo I del titolo IV), dove non è prevista la disciplina
penale, che è collocata, invece, nel capo II.
c) L'oggetto della tutela penale apprestata dalle norme incriminatrici in esame,
infine, non va individuato esclusivamente nell'interesse strumentale della P.A.
al controllo delle attività che comportano trasformazione urbanistica ed
edilizia del territorio, bensì e principalmente nella "salvaguardia degli usi
pubblici e sociali del territorio" medesimo, e tale bene giuridico può essere
indifferentemente offeso da chiunque compia attività siffatte e non soltanto da
determinati soggetti che si trovino in possesso delle particolari qualità
soggettive indicate dall'art. 29 del T.U. dell'edilizia.
2.4 La natura di "reati propri" (ovvero di "reati a soggettività ristretta",
secondo una prospettazione dottrinaria) non può escludersi, invece:
- per alcune delle molteplici possibili violazioni riconducibili alle previsioni
della lettera a) dell'art. 44 del T.U. n. 380/2001;
- per la contravvenzione di inottemperanza all'ordine di sospensione dei lavori,
di cui alla lettera b), ultima previsione, dell'art. 44 del T.U. n. 380/2001,
che può essere commessa soltanto da colui o da coloro cui il provvedimento
amministrativo è rivolto (con eventuale possibilità di concorso ed applicazione
dei principi di cui all'art. 117 cod. pen.);
- per le violazioni ascrivibili al direttore dei lavori, la cui responsabilità è
limitata alle sole difformità fra l'opera eseguita e le previsioni e le modalità
esecutive stabilite dal permesso di costruire e per il quale la legge ritiene
pienamente scriminante l'effettivo recesso tempestivo e formalmente comunicato.
2.5 Ritiene, inoltre, il Collegio che non possa giungersi ad affermare che la
previsione dell'art. 29 del T.U. n. 380/2001 addirittura estenda l'ambito dei
possibili responsabili dei reati edilizi, configurando, per i soggetti
qualificati ivi indicati, l'obbligo di intervenire quali garanti del bene
tutelato e, conseguentemente, una autonoma forma di responsabilità colposa per
omesso impedimento dei comportamenti descritti nelle fattispecie incriminatrici,
fino a giungere a ravvisare, per essi, un reato omissivo improprio colposo anche
quando non siano consapevoli di concorrere con la propria condotta omissiva alla
condotta altrui integrante gli estremi di una contravvenzione edilizia.
Al riguardo non può mancarsi di rilevare che la giurisprudenza ormai
assolutamente prevalente di questa Corte Suprema è orientata nel senso che il
semplice fatto di essere proprietario o comproprietario del terreno (o comunque
della superficie) sul quale vengono svolti lavori illeciti di edificazione, pur
potendo costituire un indizio grave, non è sufficiente da solo ad affermare la
responsabilità penale, nemmeno qualora il soggetto che riveste tali qualità sia
a conoscenza che altri eseguano opere abusive sul suo fondo, essendo necessario,
a tal fine, rinvenire altri elementi in base ai quali possa ragionevolmente
presumersi che egli abbia in qualche modo concorso, anche solo moralmente, con
il committente o l'esecutore dei lavori abusivi.
Occorre considerare, in sostanza, la situazione concreta in cui si è svolta
l'attività incriminata, tenendo conto non soltanto della piena disponibilità,
giuridica e di fatto, della superficie edificata e dell'interesse specifico ad
effettuare la nuova costruzione (principio del "cui prodest) bensì pure: dei
rapporti di parentela o di affinità tra l'esecutore dell'opera abusiva ed il
proprietario, dell'eventuale presenza "in loco" di quest'ultimo durante
l'effettuazione dei lavori; dello svolgimento di attività di materiale vigilanza
sull'esecuzione dei lavori; della richiesta di provvedimenti abilitativi anche
in sanatoria; del regime patrimoniale fra coniugi o comproprietari e, in
definitiva, di tutte quelle situazioni e quei comportamenti, positivi o
negativi, da cui possano trarsi elementi integrativi della colpa e prove circa
la compartecipazione, anche morale, all'esecuzione delle opere, tenendo presente
pure la destinazione finale delle stesse [vedi, tra le decisioni più recenti,
Cass., Sez. III: 27.9,2000, n. 10284, Cutaia ed altro; 3.5.2001, n. 17752, Zorzi
ed altri; 10.8.2001, n. 31130, Gagliardi; 18.4.2003, n. 18756, Capasso ed altro;
2.3.2004, n. 9536, Mancuso ed altro; 28.5.2004, n. 24319, Rizzuto ed altro;
12.1.2005, n. 216, Fucciolo; 15.7.2005, n. 26121, Rosato; 2.9.2005, n. 32856,
Farzone].
3. Nel contesto dianzi delineato va esaminata la condotta degli esecutori
materiali dei lavori: quei soggetti, cioè, la cui attività si svolga alle
dipendenze dell'imprenditore che abbia assunto la qualifica di costruttore.
Al riguardo deve osservarsi che se l'atteggiamento psichico di coloro che
collaborano alla realizzazione dell'illecito, fornendo un contributo morale o
materiale alla costruzione abusiva sia pure nella mera qualità di dipendenti,
consiste nella volontà di commettere un abuso edilizio, stante la consapevolezza
che l'attività posta in essere viene effettuata in assenza o in difformità dal
prescritto titolo abilitativo, ciascuno debba rispondere, a titolo di dolo,
della relativa contravvenzione, ricorrendo tutti gli estremi (oggettivi e
soggettivi) del concorso di persone nel reato.
In questo caso neppure può valere ad escludere la responsabilità dei meri
prestatori d'opera il fatto che essi abbiano realizzato la condotta illecita per
ottemperare alle disposizioni impartite dal datore di lavoro, in quanto
l'efficacia scriminante riconducibile alle previsioni dell'art. 51 cod. pen. non
afferisce a rapporti, sia pure gerarchici, di natura privatistica.
Più delicata è la questione se l'omesso, negligente accertamento dell'esistenza
del provvedimento edilizio abilitante, anche da parte degli esecutori materiali
dell'opera che non rivestono la qualifica di costruttore, integri gli estremi
della colpa e possa configurare un'ipotesi di concorso colposo nell'illecito
urbanistico.
Rileva al riguardo il Collegio che la giurisprudenza pressoché unanime considera
configurabile il concorso colposo nelle contravvenzioni e - stabilendo l'art.
42, 4° comma, cod. pen. la loro punibilità indifferentemente a titolo di dolo o
di colpa [si ricordi che dottrina e giurisprudenza considerano altresì
ammissibile, in linea di principio, pure il concorso dell'estraneo nel reato
proprio] - deve ammettersi che più persone possano partecipare alla commissione
di una contravvenzione anche se la loro condotta è sorretta da atteggiamenti
psichici eterogenei.
In caso di mancanza del permesso di costruire, pertanto - a giudizio del
Collegio - anche i meri esecutori materiali possono rispondere direttamente per
colpa con riferimento alla disciplina posta dall'art. 110 cod. pen. (salvi i
casi di erroneo convincimento scusabile), dovendo essi sottostare all'onere di
accertare l'intervenuto rilascio del provvedimento abilitante, onere che - come
si detto - non incombe soltanto sui soggetti indicati dall'art. 29 del T.U. n.
380/2001. Non è in questione, pertanto, la individuazione della sussistenza di
un obbligo giuridico di impedimento dei reati ai sensi dell'art. 40 cpv. cod.
pen..
Per i lavori eseguiti in difformità dal titolo, invece, deve rilevarsi che la
legge ha attribuito espressamente al direttore dei lavori l'obbligo dì curare la
corrispondenza dell'opera al progetto, sicché la diligenza richiesta agli operai
non può estendersi alla verifica dell'osservanza puntuale delle previsioni e
prescrizioni assentite (fatti salvi i casi di realizzazione di piani ulteriori o
parti aggiuntive rilevanti, nonché quelli di opere assolutamente non riferibili
a quelle assentite).
Deve escludersi, infine, la responsabilità degli esecutori materiali per il
mancato rispetto colposo delle norme urbanistiche e di piano, laddove si
consideri che da tale responsabilità è esonerato già il direttore dei lavori,
che è organo tecnico ben più qualificato.
4. Alla stregua dei principi dianzi enunciati va rilevato che, nella fattispecie
in esame, gli attuali ricorrenti sono stati condannati perché sorpresi ad
occuparsi del mero "rivestimento in pietra locale" del manufatto abusivo e che i
giudici del merito, con argomentazioni puramente ipotetiche e suppositive, non
ancorate ad alcun elemento probatorio, hanno individuato in essi coloro che
avrebbero proseguito l'attività di ultimazione dell'immobile (consistita nella
messa in opera del pavimento ma anche in interventi normalmente non rientranti
nella competenza dei muratori quali l'apposizione degli infissi e l'ultimazione
dell'impianto elettrico) anche dopo il controllo effettuato dai Carabinieri il
26.6.2002 evidenziante l'abusività della costruzione in atto.
Per la solo attività effettivamente constatata (di carattere estremamente
circoscritte e meramente frammentaria del fatto illecito tipico) non è
configurabile, invece, la violazione di alcun obbligo di diligenza - anche in
relazione alla verifica della sussistenza dell'autorizzazione paesaggistica - e
non può sicuramente configurarsi il ravvisato concorso nella complessiva
attività di edificazione abusiva.
La sentenza impugnata, conseguentemente, deve essere annullata senza rinvio
perché gli imputati non hanno commesso i fatti ad essi contestati.
P.Q.M.
la Corte Suprema di Cassazione,
visti gli artt. 607, 615 e 620 c.p.p.,
annulla senza l'invio la sentenza impugnata, perché gli imputati non hanno
commesso il fatto.
ROMA, 30.11.2006
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