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CORTE DI CASSAZIONE Sezioni Unite Civili, del 05/04/2007,
Sentenza n. 8519
APPALTI - Appalti pubblici Domanda di riconoscimento della revisione
dei prezzi proposta dall'appaltatore - Inapplicabilità dell'art. 1664 1° c.,
c.c. - Giurisdizione Fattispecie. In tema di appalti pubblici, per
effetto dell'art. 3 del decreto-legge 11 luglio 1992, n. 333, convertito con
modificazioni dalla legge 8 agosto 1992, n. 359 (che ha generalizzato
l'esclusione, già prevista dall'art. 33, comma terzo, della legge 28 febbraio
1986, n. 41, della facoltà dell'Amministrazione committente di procedere alla
revisione dei prezzi), e dell'art. 26, comma terzo, della legge 11 febbraio
1994, n. 109 (che ha confermato l'inapplicabilità dell'art. 1664, primo comma,
cod. civ.), il divieto della revisione dei prezzi è divenuto un vero e proprio
principio regolatore degli appalti pubblici, con la conseguenza che non è più
configurabile, al riguardo, una posizione di interesse legittimo
dell'appaltatore, ma si pone soltanto un problema di validità delle clausole
contrattuali che, nel sopravvenuto regime, abbiano riconosciuto il diritto alla
revisione: spetta pertanto al giudice ordinario la giurisdizione in ordine alla
domanda di riconoscimento della revisione dei prezzi proposta dall'appaltatore,
non implicando detto accertamento un sindacato in ordine all'esercizio di poteri
discrezionali dell'Amministrazione, e non essendo la controversia riconducibile
alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo prevista dall'art. 33
del d.lgs. 31 marzo 1998, n. 80, come modificato dall'art. 7 della legge 21
luglio 2000, n. 205, in quanto, indipendentemente dall'attinenza del rapporto ad
un pubblico servizio, non è configurabile un'ipotesi di concessione. Nella
specie, la convenzione era stata stipulata successivamente all'entrata in vigore
del richiamato art.3, per cui non era consentita la revisione prezzi. Presidente
V. Carbone, Relatore E. Altieri. CORTE DI CASSAZIONE Sezioni Unite Civili,
del 05/04/2007, Sentenza n. 8519
Udienza Pubblica del
SENTENZA N.
REG. GENERALE n.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONI UNITE CIVILE
Composta dagli III. mi Signori
omissis
§1. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con citazione notificata il 22 marzo 2004, il Consorzio Centro Energia di
Ferrara conveniva dinanzi al tribunale di Ferrara conveniva in giudizio
l'Azienda USL di Ferrara, la Regione Emilia - Romagna e l'Azienda Ospedaliera S.
Anna, chiedendone la condanna solidale al pagamento della somma di euro
1.484.125,85, ai sensi degli articoli 35 e 36 del d.P.R. 1063/62, a titolo di
revisione prezzi relativo all'appalto, affida togli con convenzione del 29
agosto 1992 per la gestione del calore degli immobili della predetta Unità
Sanitaria.
A seguito della soppressione ex lege delle Unità Sanitarie Locali nel
contratto erano subentrate la ASL di Ferrara e l'Azienda Ospedaliera S. Anna.
Il contratto, che aveva avuto esecuzione dal 31 agosto 1992 fino al 31 agosto
1995 ed era stato prorogato, prevedeva all'art. 3 che la " revisione prezzi è
ammessa qualora non preclusa dalle disposizioni applicative dell'art. 33 L. n.
41/1986 ".
Costituitisi in giudizio, i convenuti eccepivano il difetto di giurisdizione del
giudice ordinario; nel merito deducevano la carenza di legittimazione passiva e
la prescrizione del diritto azionato; chiedevano, inoltre, il rigetto della
domanda.
L'Azienda USL di Ferrara proponeva, quindi, ricorso per regolamento di
giurisdizione. Proponevano controricorso la Regione Emilia - Romagna e l'Azienda
Ospedaliera S. Anna, mentre il Consorzio Centro Energia non svolgeva attività
difensiva in questa sede.
§2. Le ragioni sostenute dalla ricorrente a favore della giurisdizione del
giudice amministrativo.
2.1. Secondo la ricorrente, il giudice ordinario sarebbe sfornito di
giurisdizione, trattandosi di controversia sull'an del diritto a
revisione prezzi, devoluta alla giurisdizione del giudice amministrativo.
Viene richiamato il costante orientamento giurisprudenziale, secondo cui la
posizione dell'appaltatore nei confronti dell'esercizio del potere discrezionale
dell'Amministrazione appaltante al riconoscimento del diritto alla revisione
prezzi ha natura di interesse legittimo, fino a quando non venga esercitato il
riconoscimento, esplicito o implicito, alla revisione.
Nel caso di specie il Consorzio Energia richiederebbe il riconoscimento di
corrispettivi a titolo di revisione prezzi in forza di un diritto non
contrattualmente riconosciuto, e comunque sempre negato dall'Amministrazione
appaltante e dalle altre Amministrazioni convenute.
Inoltre non si comprende come l'attore possa ritenere che nel giudizio de quo si
controverta solo sull'an dei corrispettivi, dal momento che, al momento
di sottoscrizione della convezione, l'istituto della revisione prezzi non era
più operante, anche perché una clausola contrattuale contenente il mero rinvio
alle norme vigenti non fa sorgere alcuna obbligazione contrattuale in deroga al
regime legale, e pertanto non determina un'autonoma e specifica obbligazione
alla revisione a carico dell'amministrazione, diversa ad quella che già deriva
dalla legge.
Infatti, il tenore della clausola contenuta nell'art. 3 della convenzione e
l'espressa previsione di una condizione alla quale era subordinata la sua
operatività escludono che dalla stessa possa ricavarsi un riconoscimento
perfetto ed esplicito di tale diritto.
2.2. Ove si ritenesse sussistente il riconoscimento del diritto alla revisione
prezzi, la controversia sarebbe, comunque, devoluta alla giurisdizione del
giudice amministrativo, ai sensi dell'art. 33 del d.l.vo n.80 / 98, come
modificato dalla legge n. 205/2000. essendo afferente ad un rapporto di pubblico
servizio.
La ricorrente richiama la giurisprudenza del Consiglio di Stato in tema di
nozione di pubblico servizio, e in particolare quelle decisioni le quali hanno
affermato che la pretesa dell'appaltatore alla revisione prezzi rientra tra
quelle afferenti a pubblici servizi, ai sensi dell'art. 33, comma 2°, lett. b),
del d.l.vo 31 marzo 1998, n. 80. Viene, inoltre, richiamata la giurisprudenza
del Consiglio di Stato secondo cui rientrano nell'area del pubblico servizio
anche tutte le attività strumentali, anche se solo indirettamente finalizzate
alla soddisfazione del pubblico interesse.
§ 3. Le ragioni sostenute nei controricorsi
A) Controricorso Azienda Ospedaliera S.Anna
3.1. La controricorrente, dopo aver richiamato la giurisprudenza in materia di
giurisdizione in materia di revisione prezzi, ed aver precisato di aver
espressamente contestato l'esistenza di tale diritto non appena ricevute le
fatture emesse con richiesta dei relativi importi, deduce che la clausola
contrattuale in contestazione conterrebbe un mero rinvio alla disciplina legale,
che all'epoca escludeva in modo assoluto la revisione prezzi. L'art. 33, comma
2°, della legge n.41 del 28 febbraio 1986, nel testo originario, prevedeva che
la facoltà di concedere la revisione era condizionata al riconoscimento, da
parte dell'Amministrazione, che l'importo complessivo della prestazione era
aumentato o diminuito in misura superiore al 10 per cento per effetto di
variazione dei prezzi correnti intervenute successivamente all'aggiudicazione.
Senonchà, in data 11 luglio 1992 era entrato in vigore il d.l. n. 333 del 1992,
convertito nella legge 8 agosto 1992, n. 359, che, modificava la norma sopra
citata nel senso di vietare in modo assoluto la revisione prezzi. In definitiva,
questa era del tutto inibita al momento della conclusione del contratto.
3.2. La giurisdizione apparterrebbe sempre al giudice amministrativo anche in
relazione all'art. 33 del d.l.vo n. 80 del 1998, dopo la sentenza della Corte
Costituzionale n. 204, trattandosi di controversia in materia di pubblici
servizi non limitata a questioni di canoni, indennità o corrispettivi, ma
concernente l'esercizio di un potere discrezionale dell'amministrazione.
Si prospetta, inoltre, al fine di considerare la controversia devoluta alla
giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, che il rapporto in
contestazione potrebbe essere definito come concessione amministrativa di
servizio pubblico.
B) Controricorso della Regione Emilia - Romagna
3.3. La Regione svolge argomentazioni analoghe a quelle dell'altra
controricorrente a favore della giurisdizione del giudice amministrativo.
Sostiene, in particolare, che la clausola della convenzione conteneva un mero rinvio al regime legale in materia di revisione prezzi, che non avrebbe potuto operare se non in quanto prevista dalla legge.
Al tempo della stipulazione della convenzione era già operante il divieto
assoluto previsto dall'art. 3 del d.l. 11 luglio 1992, n. 333, norma ritenuta
dalla giurisprudenza di carattere imperativo, e quindi assolutamente in
derogabile da parte della pubblica amministrazione.
Per quanto riguarda la riconducibilità della controversia alla materia dei
pubblici servizi, e quindi all'ipotesi di giurisdizione esclusiva del giudice
amministrativo, ai sensi dell'art. 33 del d.l.vo n. 80 del 1998, la Regione
ritiene che la questione non possa più prospettarsi, in considerazione della
sentenza della Corte Costituzionale n. 204 del 2005, dovendosi aver riguardo,
non genericamente alla materia, ma alla presenza di una concessione o di
provvedimenti amministrativi.
Motivi della decisione
Le Sezioni Unite ritengono che debba essere dichiarata la giurisdizione del
giudice ordinario.
Il divieto contenuto nell'art.3 del decreto - legge n. 333 del 1992, infatti,
non consente più alcuno spazio all'esercizio di poteri discrezionali
dell'amministrazione, sul quale si fondava la regola enunciata dalla
giurisprudenza delle Sezioni Unite, secondo cui il diritto soggettivo
dell'appaltatore alla revisione prezzi sorgeva soltanto quando l'amministrazione
- ad esito di valutazione discrezionale - aveva espressamente riconosciuto tale
diritto. Si deve osservare che tale divieto è stato ripetuto dall'art. 26, comma
3°, della legge - quadro sui lavori pubblici 11 febbraio 1994, n. 109, il quale
esclude, altresì, l'applicazione dell'art. 1664, primo comma, cod. civ. Il
divieto della revisione prezzi deve, quindi, considerarsi un vero e proprio
principio regolatore degli appalti pubblici.
Venuto meno il potere delle amministrazioni appaltanti di concedere la
revisione, non può, di conseguenza, prospettarsi una corrispondente tutela
d'interesse legittimo in capo all'appaltatore, ma soltanto un problema di
validità delle clausole contrattuali che abbiano - nel sopravvenuto regime di
divieto - riconosciuto il diritto alla revisione. Si tratta, all'evidenza, di un
accertamento che non implica alcun sindacato sull'esercizio di poteri
discrezionali dell'amministrazione ed è quindi, secondo le ordinarie regole di
riparto della giurisdizione, devoluto al giudice ordinario, il quale dovrà
verificare se una clausola che preveda la revisione prezzi sia contraria a una
norma imperativa, e sia pertanto nulla ai sensi dell'art.1418, comma 1°, cod.
civ. Anche se si volesse ricondurre la controversia ad un rapporto di pubblico
servizio, la giurisdizione, in difetto di attività discrezionali - autoritative,
e non potendo configurarsi un'ipotesi di concessione poichè si tratta di
contratto d'appalto, non potrebbe ritenersi devoluta alla giurisdizione
esclusiva del giudice amministrativo ai sensi dell'art.33 del d.l.vo 31 marzo
1998,n. 80, come modificato dall'art. 7 della legge 21 luglio 2000, n.205,
secondo le regole tracciate dalla sentenza n. 204/2005 della Corte
Costituzionale.
Nella specie, la convenzione era stata stipulata successivamente all'entrata in
vigore del richiamato art.3, per cui non era consentita la revisione prezzi.
Non può, pertanto, sostenersi che la clausola in questione contenesse una sorta
di riconoscimento del diritto alla revisione, anche perchè tale tesi era stata
esclusa dalla giurisprudenza della Corte (Sez. Un., 24 aprile 2002, n. 6034)
nella vigenza del regime in cui la revisione poteva essere concessa.
In definitiva, si pone soltanto il problema della validità della clausola, la
quale faceva riferimento ad una disciplina legale, peraltro non più in vigore.
Sarà, pertanto, compito del giudice di merito verificare
se la clausola sia contraria ad una norma imperativa, e debba per conseguenza
esserne dichiarata la nullità ai sensi dell'art.1418 cod. civ.
La novità della questione giustifica una pronuncia di compensazione delle spese
di questo giudizio per regolamento.
P.Q.M.
La Corte di Cassazione a Sezioni Unite;
dichiara la giurisdizione del giudice ordinario e compensa le spese.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio delle Sezioni Unite civili, l'11
gennaio 2007.
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