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BENI CULTURALI E AMBIENTALI - Fascia di trecento metri dal mare -
Realizzazione di parcheggio - Preventiva autorizzazione - Necessità - Art. 163
D.Lgs. n. 490/1999 ora art. 181 D.Lgs. n. 42/2004. Configura il reato di cui
all'art. 163 del D.Lgs. n. 490 del 1999 (ora sostituito dall'art. 181 del D.Lgs.
22 gennaio 2004 n. 42), il livellamento del terreno e lo spandimento sullo
stesso di materiale per la realizzazione di un parcheggio all'interno della
fascia di trecento metri dal mare ed in difetto della preventiva autorizzazione
dell'autorità preposta alla tutela del vincolo paesaggistico. Presidente De Maio,
Estensore Ianniello, Imputato Mascello ed altro. (Rigetta, App. Lecce, 28
settembre 2005). CORTE DI CASSAZIONE Penale Sez. III, del 9/1/2007 (Ud.
30/11/2007), Sentenza n. 159
BENI CULTURALI E AMBIENTALI - URBANISTICA E EDILIZIA - Aree sottoposte a
vincoli - Condono - Interventi edilizi di minore rilevanza (restauro,
risanamento conservativo e manutenzione straordinaria) - L. n. 326/2003.
Nelle aree sottoposte a vincoli imposti sulla base di leggi statali e regionali
a tutela degli interessi idrogeologici, ambientali e paesaggistici, la L. n. 326
del 2003, art. 32, comma 26, lett. a) di conversione del D.L. n. 269 del 2003
ammette la possibilità di ottenere il condono unicamente per gli interventi
edilizi di minore rilevanza relativi alle tipologie di illecito di cui ai nn. 4,
5 e 6 dell'allegato 1 alla legge (restauro, risanamento conservativo e
manutenzione straordinaria), previo parere favorevole dell'autorità preposta
alla tutela del vincolo (sull'argomento, cfr. la recente sentenza n. 33297/05 di
questa sezione). Presidente De Maio, Estensore Ianniello, Imputato Mascello ed
altro. (Rigetta, App. Lecce, 28 settembre 2005). CORTE DI CASSAZIONE Penale
Sez. III, del 9/1/2007 (Ud. 30/11/2007), Sentenza n. 159
BENI CULTURALI E AMBIENTALI - URBANISTICA E EDILIZIA - Tutela del paesaggio -
C.d. mini-condono ambientale e condono edilizio - Differenza giuridica. In
tema di tutela del paesaggio, il cd. mini-condono ambientale non contiene norme
analoghe a quelle di cui alle leggi sul condono edilizio succedutesi nel tempo
con riguardo alla sospensione del processo penale nel tempo utile per la
presentazione della domanda di sanatoria e/o dopo la proposizione di questa.
Presidente De Maio, Estensore Ianniello, Imputato Mascello ed altro. (Rigetta,
App. Lecce, 28 settembre 2005). CORTE DI CASSAZIONE Penale Sez. III, del
9/1/2007 (Ud. 30/11/2007), Sentenza n. 159
Udienza pubblica del 30/11/2006
SENTENZA N. 1944
REG. GENERALE N. 013348/2006
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
CComposta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DE MAIO Guido - Presidente -
Dott. ONORATO Pierluigi - Consigliere -
Dott. FIALE Aldo - Consigliere -
Dott. IANNIELLO Antonio - Consigliere -
Dott. AMOROSO Giovanni - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
1) MASCELLO ANNA RITA, N. IL 10/09/1964;
2) SIMIONE LUCIANO LUIGI, N. IL 21/02/1959;
avverso SENTENZA del 28/09/2005 CORTE APPELLO di LECCE;
visti gli atti, la sentenza ed il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA la relazione fatta dal Consigliere Dott. IANNIELLO
ANTONIO;
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. GERACI Vincenzo che ha
concluso per rigetto del ricorso.
Udito il difensore Avv. SPIGARELLI Valerio.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza del 28 settembre 2005, la Corte d'appello di Lecce ha confermato
integralmente la sentenza in data 30 settembre 2004, con la quale il locale
Tribunale - sezione distaccata di Maglie - aveva condannato Anna Rita Mascello e
Luciano Luigi Simione alla pena di mesi due di arresto ed Euro 13.000,00 di
ammenda ciascuno (pena sospesa subordinata al ripristino dello stato dei
luoghi), avendoli riconosciuti colpevoli del reato di cui all'art. 81 c.p.,
comma 1, D.Lgs. 29 ottobre 1999, n. 490, art. 163 e art. 734 c.p., per avere
realizzato abusivamente, in concorso tra di loro, la prima in qualità di
amministratrice e il secondo di gestore della società a r.l. "Games and fun",
che gestisce lo stabilimento balneare "Balnarea", una modificazione dell'assetto
urbanistico del territorio mediante livellamento del terreno sabbioso e
spandimento di materiale tufaceo al fine di ottenere un piazzale per parcheggio
di circa mq. 600 in zona ricadente nella fascia di profondità di 300 metri dalla
linea della battigia, coperta da pineta di macchia mediterranea e pertanto
sottoposta a vincolo ambientale paesaggistico e idrogeologico. Come accertato in
località Alimini di Otranto il 29 giugno 2002.
Avverso tale sentenza propongono un unico ricorso per cassazione gli imputati
personalmente, deducendo:
1 - la violazione o l'erronea applicazione del D.Lgs. n. 490 del 1999, art. 163
e dell'art. 734 c.p., per erroneità del giudizio relativamente alla natura
dell'opera contestata. Si era trattato di una leggera coltre di tufo, ecologico
e con funzione ignifuga, per cui non sarebbe stata necessaria la concessione
edilizia (rectius, l'autorizzazione). Secondo i ricorrenti si tratterebbe
infatti di mera manutenzione del terreno, per cui difetterebbe la concretezza
del danno. In ogni caso, i ricorrenti invocano la normativa del condono edilizio
di cui al D.L. n. 269 del 2003, art. 32, comma 26 e deducono di aver altresì
presentato domanda di accertamento della compatibilità ambientale dell'opera, ai
sensi della L. 15 dicembre 2004, n. 380, tuttora in corso di istruttoria da
parte degli organi competenti.
2 - la violazione e falsa applicazione dell'art. 192 c.p.p. per difetto di prova
circa la responsabilità degli imputati, in particolare del Simione, nella
realizzazione dell'opera.
3 - la violazione o falsa
applicazione del D.Lgs n. 490 del 1999, art. 164, per mancanza assoluta di danno
ambientale da eliminare:
nessuna perizia lo avrebbe accertato e nessuna motivazione i giudici avrebbero
fornito in ordine alla sua esistenza. E poi, in fase di indagini preliminari,
buona parte del tufo sarebbe stata eliminata dagli imputati, tanto che secondo
il teste Masi, era rinata la vegetazione tagliata. Per tale ragione chiedono
anche l'applicazione dell'attenuante ex art. 62 c.p., n. 6) e la sospensione
condizionale della pena.
4 - l'omessa verifica da parte della Corte delle condizioni per il rilascio
della sanatoria della L. n. 47 del 1985, ex art. 38 nonché dell'accertamento di
compatibilità ambientale con conseguente sospensione del processo per attendere
l'esito delle due procedure. L'opera sarebbe stata infatti condonabile e
compatibile paesaggisticamente, trattandosi di mera manutenzione del suolo.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il ricorso è infondato.
I giudici di merito hanno infatti accertato che nella località Climini di
Otranto, all'interno di un'area adibita a pineta costiera e quindi in zona
sottoposta a vincolo paesaggistico ed idrogeologico, il cui suolo era
naturalmente composto da sabbia e piante di sottobosco, era stato cosparso sul
terreno, senza alcuna autorizzazione, materiale tufaceo in guisa da formare uno
spiazzo carrozzabile di circa 600 mq., verosimilmente destinato al parcheggio di
veicoli.
I giudici hanno ravvisato come autori dell'opera gli attuali imputati, sulla
base della considerazione, che essendo essi coniugi, soci di una piccolissima
società che gestiva l'unico chiosco con stabilimento balneare esistente nelle
vicinanze e adiacente alla pineta, erano gli unici ad avere interesse alla
trasformazione del territorio accertata. Inoltre il giudice di primo grado aveva
accertato che i due erano stati rintracciati sul posto nell'immediatezza del
sopralluogo, che ambedue avevano presentato istanza di dissequestro dell'area
per effettuare lavori di ripristino (di fatto consistenti nello stendere una
leggera coltre di sabbia sopra il materiale tufaceo, mai asportato) e sulla base
del complesso di tali circostanze anche la Corte territoriale aveva confermato
la responsabilità di ambedue i coniugi, ancorché il Simione non rivestisse
alcuna carica sociale, pur operando insieme alla moglie nella gestione dello
stabilimento.
Alla luce di tali accertamenti sono anzitutto infondati i motivi 1) e 3) del
ricorso, avendo i giudici accertato la riferita consistenza dell'opera
attraverso la ritenuta esauriente testimonianza della guardia forestale, alla
quale i ricorrenti, con richiami peraltro del tutto generici e meramente
assertivi, vorrebbero attribuire un significato diverso da quello ritenuto nella
sentenza impugnata. Anche la deduzione relativa all'assenza di un pericolo
concreto per l'ambiente appare palesemente infondata in ragione del tipo di
opera accertata, non limitata, come invece dichiarato dai ricorrenti, alla mera
manutenzione dell'area, ma determinante, secondo l'espressa valutazione del
giudice di prime cure, confermata dalla Corte territoriale, un danno ambientale
praticamente irreversibile nonché in considerazione della verosimile
destinazione di essa al parcheggio di autovetture.
Altrettanto infondato è il secondo motivo di ricorso, laddove si contesta che i
ricorrenti siano gli autori dell'abuso, avendo i giudici di merito analizzato
compiutamente gli elementi indiziari al riguardo raccolti, tutti ragionevolmente
ritenuti cospiranti in maniera precisa ed univoca nel senso dell'attribuibilità
dell'opera agli imputati.
Quanto poi alla invocazione dell'attenuante di cui all'art. 62 c.p., n. 6) e
della sospensione condizionale della pena in ragione della parziale eliminazione
del tufo da parte degli imputati, la Corte ha ribadito che in fatto si era
trattato del mero spargimento di un po' di sabbia sopra la coltre di tufo, di
poco momento, anche alla luce della valutazione del giudice di prime cure
relativamente alla produzione di un danno praticamente irreversibile o
difficilmente reversibile.
Infine appare infondato l'ultimo motivo di ricorso, sia con riguardo alla
proposta domanda di condono ex D.L. n. 269 del 2003 che alla richiesta di
accertamento della compatibilità ambientale di cui alla L. 14 dicembre 2004, n.
380, art. 1, comma 37.
Quanto alla prima deduzione, va ribadito che nelle aree sottoposte a vincoli
imposti sulla base di leggi statali e regionali a tutela degli interessi
idrogeologici, ambientali e paesaggistici, la L. n. 326 del 2003, art. 32, comma
26, lett. a) di conversione del D.L. n. 269 del 2003 ammette la possibilità di
ottenere il condono unicamente per gli interventi edilizi di minore rilevanza
relativi alle tipologie di illecito di cui ai nn. 4, 5 e 6 dell'allegato 1 alla
legge (restauro, risanamento conservativo e manutenzione straordinaria), previo
parere favorevole dell'autorità preposta alla tutela del vincolo
(sull'argomento, cfr. la recente sentenza n. 33297/05 di questa sezione),
tipologie non ricorrenti nel caso in esame sulla base di quanto accertato dai
giudici di merito. Quanto poi alla seconda deduzione, è sufficiente rilevare
che la legge che prevede tale forma di cd. mini-condono ambientale non contiene
norme analoghe a quelle di cui alle leggi sul condono edilizio succedutesi nel
tempo con riguardo alla sospensione del processo penale nel tempo utile per la
presentazione della domanda di sanatoria e/o dopo la proposizione di questa.
Concludendo, sulla base delle considerazioni svolte, il ricorso va respinto, con
la conseguente condanna dei ricorrenti, in via tra di loro solidale, al
pagamento delle spese di giudizio.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti in solido al pagamento delle
spese processuali.
Così deciso in Roma, il 30 novembre 2006.
Depositato in Cancelleria il 9 gennaio 2007
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