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Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006

CORTE DI CASSAZIONE Penale Sez. III, del 9/1/2007 (Ud. 30/11/2007), Sentenza n. 159



BENI CULTURALI E AMBIENTALI - Fascia di trecento metri dal mare - Realizzazione di parcheggio - Preventiva autorizzazione - Necessità - Art. 163 D.Lgs. n. 490/1999 ora art. 181 D.Lgs. n. 42/2004. Configura il reato di cui all'art. 163 del D.Lgs. n. 490 del 1999 (ora sostituito dall'art. 181 del D.Lgs. 22 gennaio 2004 n. 42), il livellamento del terreno e lo spandimento sullo stesso di materiale per la realizzazione di un parcheggio all'interno della fascia di trecento metri dal mare ed in difetto della preventiva autorizzazione dell'autorità preposta alla tutela del vincolo paesaggistico. Presidente De Maio, Estensore Ianniello, Imputato Mascello ed altro. (Rigetta, App. Lecce, 28 settembre 2005). CORTE DI CASSAZIONE Penale Sez. III, del 9/1/2007 (Ud. 30/11/2007), Sentenza n. 159

BENI CULTURALI E AMBIENTALI - URBANISTICA E EDILIZIA - Aree sottoposte a vincoli - Condono - Interventi edilizi di minore rilevanza (restauro, risanamento conservativo e manutenzione straordinaria) - L. n. 326/2003. Nelle aree sottoposte a vincoli imposti sulla base di leggi statali e regionali a tutela degli interessi idrogeologici, ambientali e paesaggistici, la L. n. 326 del 2003, art. 32, comma 26, lett. a) di conversione del D.L. n. 269 del 2003 ammette la possibilità di ottenere il condono unicamente per gli interventi edilizi di minore rilevanza relativi alle tipologie di illecito di cui ai nn. 4, 5 e 6 dell'allegato 1 alla legge (restauro, risanamento conservativo e manutenzione straordinaria), previo parere favorevole dell'autorità preposta alla tutela del vincolo (sull'argomento, cfr. la recente sentenza n. 33297/05 di questa sezione). Presidente De Maio, Estensore Ianniello, Imputato Mascello ed altro. (Rigetta, App. Lecce, 28 settembre 2005). CORTE DI CASSAZIONE Penale Sez. III, del 9/1/2007 (Ud. 30/11/2007), Sentenza n. 159

BENI CULTURALI E AMBIENTALI - URBANISTICA E EDILIZIA - Tutela del paesaggio - C.d. mini-condono ambientale e condono edilizio - Differenza giuridica. In tema di tutela del paesaggio, il cd. mini-condono ambientale non contiene norme analoghe a quelle di cui alle leggi sul condono edilizio succedutesi nel tempo con riguardo alla sospensione del processo penale nel tempo utile per la presentazione della domanda di sanatoria e/o dopo la proposizione di questa. Presidente De Maio, Estensore Ianniello, Imputato Mascello ed altro. (Rigetta, App. Lecce, 28 settembre 2005). CORTE DI CASSAZIONE Penale Sez. III, del 9/1/2007 (Ud. 30/11/2007), Sentenza n. 159


 Udienza pubblica del 30/11/2006
SENTENZA N. 1944
REG. GENERALE N. 013348/2006


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE


CComposta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:


Dott. DE MAIO Guido - Presidente -
Dott. ONORATO Pierluigi - Consigliere -

Dott. FIALE Aldo - Consigliere -
Dott. IANNIELLO Antonio - Consigliere -
Dott. AMOROSO Giovanni - Consigliere -


ha pronunciato la seguente:


SENTENZA


sul ricorso proposto da:
1) MASCELLO ANNA RITA, N. IL 10/09/1964;
2) SIMIONE LUCIANO LUIGI, N. IL 21/02/1959;
avverso SENTENZA del 28/09/2005 CORTE APPELLO di LECCE;
visti gli atti, la sentenza ed il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA la relazione fatta dal Consigliere Dott. IANNIELLO ANTONIO;
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. GERACI Vincenzo che ha concluso per rigetto del ricorso.
Udito il difensore Avv. SPIGARELLI Valerio.


SVOLGIMENTO DEL PROCESSO


Con sentenza del 28 settembre 2005, la Corte d'appello di Lecce ha confermato integralmente la sentenza in data 30 settembre 2004, con la quale il locale Tribunale - sezione distaccata di Maglie - aveva condannato Anna Rita Mascello e Luciano Luigi Simione alla pena di mesi due di arresto ed Euro 13.000,00 di ammenda ciascuno (pena sospesa subordinata al ripristino dello stato dei luoghi), avendoli riconosciuti colpevoli del reato di cui all'art. 81 c.p., comma 1, D.Lgs. 29 ottobre 1999, n. 490, art. 163 e art. 734 c.p., per avere realizzato abusivamente, in concorso tra di loro, la prima in qualità di amministratrice e il secondo di gestore della società a r.l. "Games and fun", che gestisce lo stabilimento balneare "Balnarea", una modificazione dell'assetto urbanistico del territorio mediante livellamento del terreno sabbioso e spandimento di materiale tufaceo al fine di ottenere un piazzale per parcheggio di circa mq. 600 in zona ricadente nella fascia di profondità di 300 metri dalla linea della battigia, coperta da pineta di macchia mediterranea e pertanto sottoposta a vincolo ambientale paesaggistico e idrogeologico. Come accertato in località Alimini di Otranto il 29 giugno 2002.


Avverso tale sentenza propongono un unico ricorso per cassazione gli imputati personalmente, deducendo:
1 - la violazione o l'erronea applicazione del D.Lgs. n. 490 del 1999, art. 163 e dell'art. 734 c.p., per erroneità del giudizio relativamente alla natura dell'opera contestata. Si era trattato di una leggera coltre di tufo, ecologico e con funzione ignifuga, per cui non sarebbe stata necessaria la concessione edilizia (rectius, l'autorizzazione). Secondo i ricorrenti si tratterebbe infatti di mera manutenzione del terreno, per cui difetterebbe la concretezza del danno. In ogni caso, i ricorrenti invocano la normativa del condono edilizio di cui al D.L. n. 269 del 2003, art. 32, comma 26 e deducono di aver altresì presentato domanda di accertamento della compatibilità ambientale dell'opera, ai sensi della L. 15 dicembre 2004, n. 380, tuttora in corso di istruttoria da parte degli organi competenti.
2 - la violazione e falsa applicazione dell'art. 192 c.p.p. per difetto di prova circa la responsabilità degli imputati, in particolare del Simione, nella realizzazione dell'opera.

3 - la violazione o falsa applicazione del D.Lgs n. 490 del 1999, art. 164, per mancanza assoluta di danno ambientale da eliminare:
nessuna perizia lo avrebbe accertato e nessuna motivazione i giudici avrebbero fornito in ordine alla sua esistenza. E poi, in fase di indagini preliminari, buona parte del tufo sarebbe stata eliminata dagli imputati, tanto che secondo il teste Masi, era rinata la vegetazione tagliata. Per tale ragione chiedono anche l'applicazione dell'attenuante ex art. 62 c.p., n. 6) e la sospensione condizionale della pena.
4 - l'omessa verifica da parte della Corte delle condizioni per il rilascio della sanatoria della L. n. 47 del 1985, ex art. 38 nonché dell'accertamento di compatibilità ambientale con conseguente sospensione del processo per attendere l'esito delle due procedure. L'opera sarebbe stata infatti condonabile e compatibile paesaggisticamente, trattandosi di mera manutenzione del suolo.


MOTIVI DELLA DECISIONE


Il ricorso è infondato.


I giudici di merito hanno infatti accertato che nella località Climini di Otranto, all'interno di un'area adibita a pineta costiera e quindi in zona sottoposta a vincolo paesaggistico ed idrogeologico, il cui suolo era naturalmente composto da sabbia e piante di sottobosco, era stato cosparso sul terreno, senza alcuna autorizzazione, materiale tufaceo in guisa da formare uno spiazzo carrozzabile di circa 600 mq., verosimilmente destinato al parcheggio di veicoli.


I giudici hanno ravvisato come autori dell'opera gli attuali imputati, sulla base della considerazione, che essendo essi coniugi, soci di una piccolissima società che gestiva l'unico chiosco con stabilimento balneare esistente nelle vicinanze e adiacente alla pineta, erano gli unici ad avere interesse alla trasformazione del territorio accertata. Inoltre il giudice di primo grado aveva accertato che i due erano stati rintracciati sul posto nell'immediatezza del sopralluogo, che ambedue avevano presentato istanza di dissequestro dell'area per effettuare lavori di ripristino (di fatto consistenti nello stendere una leggera coltre di sabbia sopra il materiale tufaceo, mai asportato) e sulla base del complesso di tali circostanze anche la Corte territoriale aveva confermato la responsabilità di ambedue i coniugi, ancorché il Simione non rivestisse alcuna carica sociale, pur operando insieme alla moglie nella gestione dello stabilimento.


Alla luce di tali accertamenti sono anzitutto infondati i motivi 1) e 3) del ricorso, avendo i giudici accertato la riferita consistenza dell'opera attraverso la ritenuta esauriente testimonianza della guardia forestale, alla quale i ricorrenti, con richiami peraltro del tutto generici e meramente assertivi, vorrebbero attribuire un significato diverso da quello ritenuto nella sentenza impugnata. Anche la deduzione relativa all'assenza di un pericolo concreto per l'ambiente appare palesemente infondata in ragione del tipo di opera accertata, non limitata, come invece dichiarato dai ricorrenti, alla mera manutenzione dell'area, ma determinante, secondo l'espressa valutazione del giudice di prime cure, confermata dalla Corte territoriale, un danno ambientale praticamente irreversibile nonché in considerazione della verosimile destinazione di essa al parcheggio di autovetture.


Altrettanto infondato è il secondo motivo di ricorso, laddove si contesta che i ricorrenti siano gli autori dell'abuso, avendo i giudici di merito analizzato compiutamente gli elementi indiziari al riguardo raccolti, tutti ragionevolmente ritenuti cospiranti in maniera precisa ed univoca nel senso dell'attribuibilità dell'opera agli imputati.


Quanto poi alla invocazione dell'attenuante di cui all'art. 62 c.p., n. 6) e della sospensione condizionale della pena in ragione della parziale eliminazione del tufo da parte degli imputati, la Corte ha ribadito che in fatto si era trattato del mero spargimento di un po' di sabbia sopra la coltre di tufo, di poco momento, anche alla luce della valutazione del giudice di prime cure relativamente alla produzione di un danno praticamente irreversibile o difficilmente reversibile.


Infine appare infondato l'ultimo motivo di ricorso, sia con riguardo alla proposta domanda di condono ex D.L. n. 269 del 2003 che alla richiesta di accertamento della compatibilità ambientale di cui alla L. 14 dicembre 2004, n. 380, art. 1, comma 37.


Quanto alla prima deduzione, va ribadito che nelle aree sottoposte a vincoli imposti sulla base di leggi statali e regionali a tutela degli interessi idrogeologici, ambientali e paesaggistici, la L. n. 326 del 2003, art. 32, comma 26, lett. a) di conversione del D.L. n. 269 del 2003 ammette la possibilità di ottenere il condono unicamente per gli interventi edilizi di minore rilevanza relativi alle tipologie di illecito di cui ai nn. 4, 5 e 6 dell'allegato 1 alla legge (restauro, risanamento conservativo e manutenzione straordinaria), previo parere favorevole dell'autorità preposta alla tutela del vincolo (sull'argomento, cfr. la recente sentenza n. 33297/05 di questa sezione), tipologie non ricorrenti nel caso in esame sulla base di quanto accertato dai giudici di merito. Quanto poi alla seconda deduzione, è sufficiente rilevare che la legge che prevede tale forma di cd. mini-condono ambientale non contiene norme analoghe a quelle di cui alle leggi sul condono edilizio succedutesi nel tempo con riguardo alla sospensione del processo penale nel tempo utile per la presentazione della domanda di sanatoria e/o dopo la proposizione di questa.


Concludendo, sulla base delle considerazioni svolte, il ricorso va respinto, con la conseguente condanna dei ricorrenti, in via tra di loro solidale, al pagamento delle spese di giudizio.


P.Q.M.


La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti in solido al pagamento delle spese processuali.


Così deciso in Roma, il 30 novembre 2006.
Depositato in Cancelleria il 9 gennaio 2007


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