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RIFIUTI - AGRICOLTURA - Sansa e acque di vegetazione delle olive - Qualifica
di rifiuti - Condizioni di esclusione dalla categoria di rifiuti - Utilizzazione
agronomica irriguo o fertirriguo - Stoccaggio delle acque di vegetazione -
Preventiva comunicazione al sindaco - Obbligo - Art. 6, L. n.574/96 - artt. 38,
59 c. 11 ter e 2 lett. n bis D.L.vo 152/99; Artt. 112, 137 co. 14 e 74 lett. p)
D.L.vo 152/2006. Tra i rifiuti, -al di fuori dall'utilizzazione agronomica-
va inclusa la sansa di cui non si fa peraltro menzione né negli artt. 38 e 59
comma 11 ter del Divo 152/99, né negli artt. 112 e 137 comma 14 del D.Lvo
152/2006 che li hanno sostituiti. Ma anche le acque di vegetazione possono
senz'altro rientrare tra i rifiuti qualora di esse si faccia una raccolta
finalizzata, come nella specie, all'abbandono, mediante raccolta in contenitori
o in invasi. Né vale, richiamare la disposizione dell'art. 6 della 1. 574/96 che
consente lo stoccaggio delle acque di vegetazione per un termine non superiore
ai trenta giorni in silos, cisterne o vasche interrate o sopraelevate
all'interno del frantoio o in altra località. L'applicazione dell'art. 6 citato
è condizionata, all'uso agronomico dei reflui oleari e, nell'ambito citato, è
comunque subordinata alla preventiva comunicazione al sindaco - di cui nella
specie non vi è menzione. Al di fuori di tale contesto trovano evidentemente
applicazione, come rilevato dal tribunale, le disposizioni sulla raccolta dei
rifiuti. Pres. Onorato Est. Sarno Ric. Conti. CORTE DI CASSAZIONE Penale,
Sez. III, del 5/06/2007 (Ud. 27/03/2007) Sentenza n. 21777
UDIENZA PUBBLICA DEL 27/03/2007
SENTENZA N. 00943/07
REG. GENERALE N. 032291/2006
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.:
Dott. ONORATO PIERLUIGI
PRESIDENTE
1.Dott.MARMO MARGHERITA
CONSIGLIERE
2.Dott.IANNIELLO ANTONIO
3.Dott.MARINI LUIGI
4.Dott.SARNO GIULIO
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da :
1) CONTI CARLO N. IL 01/10/1940 avverso SENTENZA del 15/12/2005 TRIBUNALE di
TIVOLI
visti gli atti, la sentenza ed il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA la relazione fatta dal Consigliere SARNO GIULIO
Udito il Procuratore Generale in persona del dott. D'Angelo Giovanni
che ha concluso per il rigetto del ricorso
Udito, per la parte civile, l'Avv. /
Udit i difensor Avv. /
Con sentenza del 15.12.2005 il tribunale di Tivoli condannava Conti Carlo alla
pena di euro tremila di ammenda ed al risarcimento del danno in favore della
costituita parte civile, con provvisionale fissata in euro 1000, per il reato di
cui all'articolo 51 comma 2 DLvo 22/97 perché, in violazione del divieto di cui
all'articolo 14, quale titolare dell'omonima ditta individuale, abbandonava o
comunque depositava in modo incontrollato un'ingente quantità di acque di
vegetazione derivante dalla macinazione delle olive. Accertato in Licenza,
località Riosecco il 9.12.2003.
Rilevava il tribunale in motivazione che le acque derivate nei processi
produttivi che avevano luogo nello stabilimento erano convogliate mediante una
conduttura privata in alcuni silos installati in un terreno di proprietà del
Conti in località Frainile mentre la sansa residuata dalle medesime lavorazioni
veniva depositata in un cassone concesso dalla società Pragma 89, collocato in
un'area di proprietà del comune di Licenza, ubicata in località Risecco, messa a
disposizione del Conti dall'amministrazione comunale.
Si evidenzia inoltre in motivazione che all'epoca dei sopralluoghi effettuati
dai vigili urbani del comune e dal personale dell'ASL, il fondo ospitante i
silos presentava sul terreno depositi ed acquitrini di liquido maleodorante
fuoriuscito dai contenitori mentre nell'area comunale di Riosecco si trovavano
ammassati, in parte anche fuori dal cassone in uso al Conti, significativi
quantitativi di sansa da cui dipartivano rivoli di acqua confluenti in pozze
putrescenti.
Riteneva dunque il tribunale, sulla base delle emergenze processuali, che sia la
sansa che le acque di vegetazione erano da ricondurre ai processi produttivi del
Conti ma che, nella specie, dovendosi escludere l'uso agronomico del materiale
citato, esso andava considerato come rifiuto speciale non pericoloso
assoggettabile come tale alle disposizione del DLvo n. 22/97. Escludeva inoltre
che nella specie, in relazione alle modalità descritte, potesse essere
ipotizzato un deposito temporaneo del materiale rinvenuto.
Avverso tale decisione ha proposto appello il Conti richiedendo:
1) l'assoluzione per infondatezza della notizia di reato, mancando la
dimostrazione dei fatti e in particolare in assenza di prove in ordine alla
riconducibilità della proprietà del cassone alla sua persona.
2) dichiararsi errata la qualificazione di rifiuto della sansa; l'insussistenza
dell'accertamento sulla natura dei presunti rifiuti e l'omessa valutazione delle
prove documentali.
Trattandosi di sentenza inappellabile ai sensi dell'art. 593 cpp, l'appello
veniva convertito in ricorso per cassazione.
Motivi della decisione
Il ricorso è infondato e va, pertanto, rigettato.
In ordine alle doglianze formulate con il primo ed in parte anche con il secondo
motivo, occorre immediatamente rilevare che non appare in questa sede possibile
una rilettura degli elementi di prova e che, risultando congruamente motivata la
decisione sia in ordine alla provenienza del materiale in esame che alla sua
destinazione finale, non vi è spazio alcuno per porre in discussione la condotta
di smaltimento acclarata in capo alla ditta facente capo al Conti.
Lo sviluppo della motivazione - articolata sotto il profilo probatorio sulle
dichiarazioni del personale di PG intervenuto e sugli accertamenti d'indagine
espletati nell'immediatezza -, pone in evidenza la non decisività
dell'attestazione rilasciata dal Comune, non a conoscenza, evidentemente delle
modalità di smaltimento dei reflui oleari.
Residua, pertanto, in questa sede unicamente l'esame della questione relativa
alla qualificazione della sansa e delle acque di vegetazione come rifiuto.
Anche sul punto la motivazione appare ineccepibile.
Si deve anzitutto affermare, in linea con quanto già affermato in altre
decisioni della Corte, che, come correttamente rilevato dal tribunale, l'ambito
di applicazione della disciplina contenuta nella legge 574/96 deve essere
necessariamente circoscritto ai soli casi in cui i reflui oleari abbiano una
loro utilità a fini agricoli.
Dall'insieme delle disposizioni che riguardano le acque di vegetazione dei
frantoi oleari (menzionate nella legge 574/96; agli artt. 38 e 59 co. 11 ter del
DLvo 152/99; nel Decreto del Ministero delle Politiche Agricole e Forestali
6.7.2005 che dà attuazione all'art. 38, e da ultimo agli artt. 112 e 137 co. 14
del DLvo 152/2006) e delle sanse umide dei frantoi stessi (menzionate nella
legge 574/96 e nel Decreto ministeriale 6.7.2005, citato) si ricava che di tali
sostanze è espressamente consentita unicamente l'utilizzazione agronomica e,
cioè, l'applicazione al terreno... finalizzata all'utilizzo delle sostanze
nutritive ammendanti...ovvero al loro utilizzo irriguo o fertirriguo (art. 2
lett. n bis) DLvo 152/99; 74 lett. p) DLvo 152/2006).
Puntualizza l'art. 1 del Decreto del Ministero delle Politiche Agricole e
Forestali del 6.7.2005 recante "Criteri e norme tecniche generali per la
disciplina regionale dell'utilizzazione agronomica delle acque di vegetazione e
degli scarichi di frantoi oleari, di cui all'art. 38 del decreto legislativo 11
maggio 1999 n.152" che "lo spandimento delle acque di vegetazione e delle sanse
umide deve essere praticato nel rispetto di criteri generali di utilizzazione
delle sostanze nutritive ed ammendanti pedogeomorfologiche, ideologiche ed
agroambientali del sito e che siano rispettosi delle norme igienico - sanitarie,
di tutela ambientale ed urbanistica" (comma 2) e che "l'utilizzazione agronomica
delle acque di vegetazione e della sansa umida disciplinata dalla legge n. 574
del 1996 e dal presente decreto è esclusa ai sensi dell'art. 8 comma 1 del
decreto legislativo 5 febbraio 1997 n. 22 dal campo di applicazione del medesimo
decreto legislativo" (comma 3).
E' da escludere, pertanto, che, come affermato dal tribunale in sentenza, il
legislatore abbia in qualche modo inteso favorire lo spandimento o l'abbandono
sul terreno come mezzo incontrollato di smaltimento dei reflui della lavorazione
delle olive ed anzi è ferma la preoccupazione del legislatore medesimo di
contenere rigidamente il fenomeno come dimostra l'introduzione del comma 11 ter
all'art. 59 con il D.L.vo n. 258/2000 che ha inserito la sanzionabilità penale
dell'utilizzazione agronomica delle acque di vegetazione dei frantoi fuori dei
casi e delle procedure previste dall'art. 38 del DLvo. 152/99.
Correttamente, inoltre, si deve fare riferimento nella specie alla categoria dei
rifiuti sia per la sansa che per le acque di vegetazione.
Tra i rifiuti, infatti, - al di fuori dall'utilizzazione agronomica - va
certamente inclusa la sansa di cui non si fa peraltro menzione né negli artt. 38
e 59 comma 11 ter del D. L.vo 152/99, né negli artt. 112 e 137 comma 14 del
D.Lvo 152/2006 che li hanno sostituiti.
Ma anche le acque di vegetazione possono senz'altro rientrare tra i rifiuti
qualora di esse si faccia una raccolta finalizzata, come nella specie,
all'abbandono, mediante raccolta in contenitori o in invasi.
Né vale, infine, richiamare la disposizione dell'art. 6 della 1. 574/96 che
consente lo stoccaggio delle acque di vegetazione per un termine non superiore
ai trenta giorni in silos, cisterne o vasche interrate o sopraelevate
all'interno del frantoio o in altra località.
L'applicazione dell'art. 6 citato è condizionata, infatti, per le ragioni
esposte, all'uso agronomico dei reflui oleari e, nell'ambito citato, è comunque
subordinata alla preventiva comunicazione al sindaco - di cui nella specie non
vi è menzione. Al di fuori di tale contesto trovano evidentemente applicazione,
come rilevato dal tribunale, le disposizioni sulla raccolta dei rifiuti.
Nella specie il tribunale, dopo avere correttamente ricordato che solo il
deposito temporaneo non richiede autorizzazione, ha comunque escluso, con
motivazione sicuramente adeguata sul piano logico e corretta sotto il profilo
dell'applicazione dei principi di diritto, di poter ravvisare in concreto tale
condizione, sul rilievo che il deposito temporaneo presuppone in ogni caso il
controllo diretto del produttore e l'effettuazione nel luogo di produzione,
condizioni queste non rilevate in concreto. Al rigetto del ricorso consegue la
condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
PQM
La Corte Suprema di Cassazione
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente la pagamento delle spese
processuali.
Così deciso in Roma il 27.3.2007
Deposito in cancelleria il 05/06/2007
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