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Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006

CORTE DI CASSAZIONE Sez. III Penale, 18/07/2007 (Ud. 29/05/2007), Sentenza n. 28514



RIFIUTI - Attività siderurgiche e metallurgiche - Materie prime secondarie - Artt. 183, lett. q) e 181 lett. u) D.Lgs. n. 152/2006. In tema di rifiuti, la definizione delle materie prime secondarie e delle materie prime secondarie per attività siderurgiche e metallurgiche è contenuta all'art. 183, lett. q) in relazione all'art. 181 e lett. u) del D.Lgs. 3 aprile 2006 n. 152, in ciò anticipato dai commi 25° e 29° dell'articolo unico della legge 15 dicembre 2004 n. 308. Pres. Lupo, Est. Ianniello, Ric. Livieri. (conferma Sentenza del 01/03/2006 Trib. Sez. Dist. di Castelfranco Veneto). CORTE DI CASSAZIONE Sez. III Penale, 21/06/2007 (Ud. 15/05/2007), Sentenza n. 24471

RIFIUTI - Residuo di produzione - Sottoprodotto - Elemento di valutazione del giudice - Dir. 75/442 (oggi 2006/12/CE). In base alla direttiva 75/442 (oggi 2006/12/CE), il fatto che una sostanza utilizzata sia un residuo di produzione costituisce, in via di principio, un indizio dell'esistenza di un'azione, di un intenzione o di un obbligo di disfarsene. Ciò non esclude, peraltro, che si tratti di un sottoprodotto o di una materia prima secondaria, che il detentore intende sfruttare o commercializzare, purché "il riutilizzo di un bene, di un materiale o di una materia prima non sia solo eventuale, ma certo, senza previa trasformazione...". Questa esigenza di certezza del riutilizzo o della commercializzazione immediati del residuo viene recepita anche dalla normativa italiana e costituisce l'elemento di valutazione sul quale il giudice deve fondare la propria qualificazione del materiale. Pres. Lupo, Est. Ianniello, Ric. Livieri. (conferma Sentenza del 01/03/2006 Trib. Sez. Dist. di Castelfranco Veneto). CORTE DI CASSAZIONE Sez. III Penale, 21/06/2007 (Ud. 15/05/2007), Sentenza n. 24471


UDIENZA PUBBLICA DEL 15/05/2007

SENTENZA N. 01464/07
REG. GENERALE N.039937/06


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO


LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE



Composta dagli Ill.mi Sigg.:


Dott. LUPO ERNESTO PRESIDENTE
1.Dott.ONORATO PIERLUIGI CONSIGLIERE REGISTRO GENERALE
2.Dott.MANCINI FRANCO N. 039937/2006 3.Dott.PETTI CIRO
4.Dott.IANNIELLO ANTONIO


ha pronunciato la seguente


SENTENZA


sul ricorso proposto da :
1) LIVIERI BRUNO N. IL 14/10/1942 avverso SENTENZA del 01/03/2006 TRIB. SEZ. DIST. di CASTELFRANCO VENETO
visti gli atti, la sentenza ed il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA la relazione fatta dal Consigliere IANNIELLO ANTONIO
Udito il Procuratore Generale in persona del dott. Del Popolo Angelo
che ha concluso per il rigetto del ricorso
Udito, per la parte civile, l'Avv. //
Udit i difensor Avv. Appella Paolo (sost. proc.)


SVOLGIMENTO DEL PROCESSO


Con sentenza del l'marzo 2006, il Tribunale di Treviso - sezione distaccata di Castelfranco Veneto - ha dichiarato Bruno Livieri, quale legale rappresentante della s.n.c. Livieri di Livieri Bruno & C., iscritta al registro delle imprese che effettuano il recupero di rifiuti non pericolosi, colpevole del reato di cui all'art. 51, comma 4° del D. Lg. 5 febbraio 1997 n. 22, per non avere osservato le condizioni previste in materia dal decreto ministeriale 5 febbraio 1998, specificatamente richiamate nelle comunicazioni inviate all'Amministrazione provinciale, stoccando rifiuti costituiti da materiali ferrosi a diretto contatto col suolo, senza alcuna protezione dalle acque meteoriche e senza che le stesse fossero convogliate in vasche di raccolta. Come accertato in Riese Pio X° il 10 febbraio 2003.


Il Tribunale ha pertanto condannato l'imputato, riconosciute le attenuanti generiche, alla pena di euro 3.000,00 di ammenda, assolvendolo da altro reato contestato ai sensi dell'art. 51, comma 2°, in relazione al comma 1°, lett. b) del medesimo decreto legislativo, perché il fatto non sussiste.


Avverso la sentenza, nel suo capo di condanna, propone ricorso per cassazione l'imputato personalmente, deducendo:
1 - l'inosservanza della legge e l'illogicità della motivazione, laddove il Tribunale ha ritenuto il materiale accantonato in azienda come rifiuti da recuperare anziché come residui di lavorazione da acquistare e rivendere e quindi materia prima secondaria.


Il Tribunale aveva infatti affermato che si trattava di scarti di lavorazione provenienti da una impresa ferriera di Cittadella e dall'istruttoria è risultato che tali montagne di materiale, "a seconda della richiesta della fonderia o dell'andamento del mercato" veniva portati via (teste Toffanin) in quanto commerciabili (teste Frasson).

Inoltre il Tribunale avrebbe erroneamente ritenuto che il materiale fotografato come giacente non fosse necessariamente quello indicato in bolla di consegna come materia prima secondaria da Fasson.


2 - il vizio di motivazione in relazione alla valutazione della rilevanza degli elementi emersi in giudizio, a proposito del "contatto col suolo" dei pretesi rifiuti, non emergente con sicurezza alla stregua dell'istruttoria svolta.


Il giudice era infine caduto in una palese contraddizione, affermando che se anche i rifiuti avessero poggiato su di una pavimentazione, questa sarebbe stata inadeguata, in quanto non impermeabilizzata;


3 - l'errata applicazione dell'art. 6, lett. c) del D.M. 5.2.98 e vizio di motivazione sul punto. La valutazione del giudice secondo la quale la pavimentazione avrebbe dovuto essere impermeabilizzata si fonda sulla norma citata, la quale peraltro richiede tale connotato solo "qualora richiesto dalle caratteristiche del rifiuto". Il giudice non avrebbe in alcun modo motivato sul punto, solo richiamando il giudizio espresso da un teste.


Il ricorrente conclude chiedendo l'annullamento della sentenza impugnata.


MOTIVI DELLA DECISIONE


Il ricorso è infondato.


Col primo motivo di ricorso, l'imputato contesta anzitutto la qualificazione del materiale ferroso giacente nell'azienda della società come rifiuto, deducendo che trattavasi di materia prima secondaria, come tale sottratta alla disciplina dei rifiuti a norma prima del D.L. 8 luglio 2002 n. 138, convertito nella legge 8 agosto 2002 n. 178 e comunque materia prima secondaria per attività siderurgiche e metallurgiche ai sensi dei commi 25, 26 e 29 dell'art. 1 della legge 15 dicembre 2004 n. 308.


In proposito, la disciplina applicabile all'epoca del fatto era quella di cui al D. Lgs. n. 22/97 che all'art. 6, comma 1, lett. a) definiva rifiuto "qualsiasi sostanza od oggetto che rientra nelle categorie riportate nell'allegato A e di cui il detentore si disfi o abbia deciso o abbia l'obbligo di disfarsi".


Secondo l'interpretazione autentica di tale definizione contenuta nell'art. 14 del cit. D. L. n. 138/2002 la seconda e la terza situazione "non ricorrono... per beni o sostanze e materiali residuali di produzione o di consumo ove sussista una delle seguenti condizioni:  se gli stessi possono essere e sono effettivamente e oggettivamente riutilizzati nel medesimo o analogo o diverso ciclo produttivo o di consumo senza subire alcun intervento preventivo di trattamento e senza recare pregiudizio all'ambiente" ovvero "dopo aver subito un trattamento preventivo senza che si renda necessaria alcuna operazione di recupero fra quelle individuate nell'allegato C del D. Lgs. n. 22".


Attualmente la definizione delle materie prime secondarie e delle materie prime secondarie per attività siderurgiche e metallurgiche è contenuta all'art. 183, lett. q) in relazione all'art. 181 e lett. u) del D.Lgs. 3 aprile 2006 n. 151, in ciò anticipato dai commi 25° e 29° dell'articolo unico della legge 15 dicembre 2004 n. 308.


In particolare il comma 12° dell'art. 181 stabilisce che "La disciplina in materia di gestione dei rifiuti si applica fino al completamento delle operazioni di recupero, che si realizza quando non sono necessari ulteriori trattamenti perché le sostanze, i materiali e gli oggetti ottenuti possono essere usati in un processo industriale o commercializzati come materia prima secondaria, combustibile o come prodotto da collocare, a condizione che il detentore non se ne disfi o abbia deciso o abbia l'obbligo di disfarsene".


Il comma 13° aggiunge che "La disciplina in materia di gestione di rifiuti non si applica ai materiali, alle sostanze e agli oggetti, che, senza necessità di operazioni di trasformazione, già presentino le caratteristiche sensi del presente articolo, a meno che il detentore se ne disfi o abbia deciso o abbia l'obbligo di disfarsene".


Infine, secondo la lett. u) dell'art. 183 si definisce "materia prima secondaria per attività siderurgiche e metallurgiche la cui utilizzazione è certa e non eventuale: 1) i rottami ferrosi e non ferrosi derivanti da operazioni di recupero completo e rispondenti a specifiche CECA, AISI, CAEF, UNI, EURO, ...2) i rottami o scarti di lavorazione industriali o artigianali o provenienti da cicli produttivi o di consumo ...che possiedono in origine le stesse caratteristiche riportate nelle specifiche di cui al numero 1".


Secondo la giurisprudenza della Corte di giustizia della Comunità Europea, alla stregua della direttiva 75/442 (oggi 2006/12/CE), alla luce della quale è necessario interpretare anche il diritto italiano, il fatto che una sostanza utilizzata sia un residuo di produzione costituisce, in via di principio, un indizio dell'esistenza di un'azione, di un intenzione o di un obbligo di disfarsene (cfr., tra le alte, Corte di giustizia 11 novembre 2004, causa C-457/02, Niselli).


Ciò non esclude peraltro che si tratti di un sottoprodotto o di una materia prima secondaria, che il detentore intende sfruttare o commercializzare, purché "il riutilizzo di un bene, di un materiale o di una materia prima non sia solo eventuale, ma certo, senza previa trasformazione ..."


Questa esigenza di certezza del riutilizzo o della commercializzazione immediati del residuo viene recepita anche dalla normativa italiana come sopra riportata e costituisce l'elemento di valutazione sul quale il giudice ha fondato la propria qualificazione del materiale ferroso accantonato nell'azienda del ricorrente come rifiuto.


Il Tribunale ha innanzitutto dichiarato correttamente di prescindere dalla unilaterale qualificazione di tale materiale contenuta nella documentazione di accompagnamento dall'impresa Ferriera alla s.n.c. F.11i Livieri.


Ciò premesso, il Tribunale ha poi efficacemente contrapposto alle incerte e non sufficientemente precise affermazioni dei testi Toffanin e Frasson riportate nell'atto di impugnazione, il rilievo - attraverso le dichiarazioni del testimone Vincenti (del settore ecologico della provincia) nonché le fotografie prodotte - del tipo di materiale accumulato, dello stato in cui lo stesso si trovava nell'azienda e della circostanza che l'impresa dei Livieri fosse autorizzata, con procedura semplificata ai sensi dell'art. 33 del D. Lgs. n. 22/97, proprio a svolgere, secondo quanto dalla stessa dichiarato alla provincia di Treviso, attività "di recupero di rifiuti non pericolosi costituiti da barre, lamiere, profili grezzi lavorati, sfidi e ritagli per la produzione di materia prima secondaria mediante messa in riserva e successiva selezione e adeguamento volumetrico".


Alla luce di ciò la sentenza ha ragionevolmente escluso, con giudizio di fatto pertanto incensurabile in questa sede, la certezza che i residui altrui lì stoccati fossero destinati al riutilizzo o alla commercializzazione.


Il primo motivo di ricorso è pertanto infondato.


Altrettanto infondati sono il secondo e il terzo motivo di ricorso, coi quali si contesta che il materiale fosse depositato a contatto col suolo e che comunque fosse necessaria una permeabilizzazione dello stesso nonché un sistema di convogliamento delle acque piovane e di vasche di raccolta delle acque stesse.


Al riguardo il Tribunale ha fondato la propria valutazione relativamente alla inesistenza di una pavimentazione su cui poggiasse il materiale ferroso sulla base delle fotografie, prodotte, della testimonianza del Vincenti nonché del fatto che questi aveva riferito in giudizio di avere, nell'immediatezza del sopralluogo effettuato, contestato l'assenza di pavimentazione senza essere in proposito contraddetto.

Elementi che il giudice di merito ha ritenuto non irragionevolmente sufficienti a provare l'assunto accusatorio.


Quanto infine alla necessità comunque anche di una impermeabilizzazione della pavimentazione e di un sistema di convogliamento e di raccolta delle acque piovane, sicuramente inesistente, il giudice ha in proposito condiviso le valutazione del teste Vincenti, evidentemente alla luce delle fotografie prodotte, che mostravano che l'accumulo disordinato era a cielo aperto, per cui le caratteristiche del rifiuto ferroso imponevano maggiori cautele, compresa quella prescritta dall'art. 6 lett. c) del D.M. 5 febbraio 1998 "qualora richiesto dalle caratteristiche del rifiuto", quali denotate anche dal rapporto di questo con un ambiente determinato.


Sulla base delle considerazioni svolte, il ricorso va respinto e il ricorrente va condannato al pagamento delle spese processuali.


P. Q. M.


La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.


Così deciso Roma, il 15 maggio 2007
Deposito in cancelleria il 21/06/2007
 

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