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RIFIUTI - Piazzole comunali ecologiche o ecopiazzole destinate alla raccolta
differenziata dei rifiuti urbani - Natura di centri di stoccaggio - Gestione dei
rifiuti - Autorizzazione - Necessità - D.Lgs. n. 22/1997 ora D. lgs. 3 n.
152/2006. In tema di gestione dei rifiuti, le piazzole comunali destinate
alla raccolta differenziata dei rifiuti urbani, cosiddette piazzole ecologiche o
ecopiazzole, hanno natura di centri di stoccaggio ai sensi dell'art. 6, comma
primo, del D.Lgs. 5 febbraio 1997 n. 22, atteso che nelle stesse si effettuano
attività di smaltimento, consistente nel deposito preliminare in vista di altre
operazioni di smaltimento definitive ex punto D15 dell'allegato B D. L.vo n.
22/97, o attività di recupero, consistente nella messa in riserva ex punto R13
dello stesso allegato B» (Sez. III, 21 aprile 2005, Zumino, m. 231.938» e che
«conseguentemente si verte in tema di stoccaggio quale fase preliminare alle
attività di smaltimento o recupero, e come tale necessitante la prevista
autorizzazione» (Cass. Sez. III, 26 ottobre 2005, Marino, m. 232.353). Pres.
Vitalone, Est. Franco, Ric. PM in proc. Noto. CORTE DI CASSAZIONE PENALE sez.
III, del 22 febbraio 2007 (c.c. 11 gen. 2007), Sentenza n.7285
RIFIUTI - Ammasso dei rifiuti - C.d. ecopiazzole o isole ecologiche -
Definizione - Funzioni - Disciplina - Attività di gestione dei rifiuti - D. lgs.
n. 152/2006. La c.d. «ecopiazzola» è un luogo dove viene effettuata attività
di gestione dei rifiuti, e precisamente un centro di stoccaggio, ai sensi
dell’art. 183, lett. l), d. lgs. 3 aprile 2006, n. 152, nel quale i rifiuti
vengono accumulati lontano da luogo di produzione in attesa dello smaltimento o
del recupero definitivi. In tale luogo, pertanto, si effettua attività di
smaltimento, consistente nel deposito preliminare in vista di altre operazioni
di smaltimento definitive o di attività di recupero, di modo che la gestione
della piazzola doveva essere preventivamente autorizzata. La sua gestione senza
la necessaria autorizzazione, quindi, lede l'interesse tutelato dalla norma di
un controllo preventivo della pubblica amministrazione sulla gestione dei
rifiuti. Pres. Vitalone, Est. Franco, Ric. PM in proc. Noto. CORTE DI
CASSAZIONE PENALE sez. III, del 22/02/2007 (c.c. 11 gen. 2007), Sentenza n.7285
Udienza in Camera di Consiglio
dell'11 gennaio 2007
SENTENZA N. 30
REG. GENERALE n. 40539/2006
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.:
1. Dott. Claudio Vitalone
Presidente
2. Dott. Guido De Maio
Consigliere
3. Dott. Amedeo Franco (est.)
Consigliere
4. Dott.ssa Margherita Marmo
Consigliere
5. Dott. Antonio Ianniello
Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
- sul ricorso proposto dal Procuratore della Repubblica presso il tribunale di
Sassari;
- avverso l'ordinanza emessa il 23 settembre 2006 dal tribunale di Sassari,
quale giudice del riesame, nei confronti di Noto La Diega Rosario Carlo;
- udita nella udienza in camera di consiglio dell'11 gennaio 2007 la relazione
fatta dal Consigliere Amedeo Franco;
- udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore Generale
dott. Vittorio Meloni, che ha concluso per l'annullamento senza rinvio
dell'ordinanza impugnata;
Svolgimento del processo
Con provvedimento del 14 agosto 2006 il giudice per le indagini preliminari del
tribunale di Sassari dispose il sequestro preventivo di un piazzale nel quale
erano collocati gli scarrabili adibiti a deposito e stoccaggio di rifiuti
speciali derivanti dalla raccolta differenziata, in relazione al reato di cui
all'art. 256 comma 1, lett. a) e b), d. lgs. 3 aprile 2006, n. 152, per cui è
indagato Noto La Diega Rosario Carlo, per avere effettuato lo stoccaggio di
detti rifiuti senza autorizzazione.
Il tribunale del riesame di Sassari, con l'ordinanza in epigrafe, annullò il
decreto di sequestro per mancanza del fumus del reato ipotizzato
osservando:
- che la società si era limitata ad esercitare il deposito temporaneo dei rifiuti provenienti dalla raccolta ed alla loro destinazione ai siti di smaltimento;
- che questa attività, purché non superi il limite di 30 giorni, per indicazione regionale costituisce la parte terminale della procedura di raccolta dei rifiuti, sicché per essa è sufficiente la autorizzazione per la raccolta dei rifiuti che la ditta possedeva;
- che non vi era prova che il deposito eccedesse il limite temporale;
- che quindi non di stoccaggio si trattava ma di mero deposito temporaneo conseguente al raggruppamento dei rifiuti prima della loro destinazione presso i siti finali, e perciò non era necessaria una ulteriore autorizzazione.
Il Procuratore della Repubblica presso il tribunale di Sassari propone ricorso
per cassazione osservando che le c.d. ecopiazzole, come è in realtà quella
adibita dal prevenuto per l'ammasso dei rifiuti, sono soggette ad
autorizzazione, in quanto costituiscono una fase della gestione dei rifiuti. Né
può ritenersi che l'amministrazione comunale abbia facoltà di derogare a norme
di legge, sicché è incomprensibile il richiamo della ordinanza impugnata a
«direttive della regione Sardegna». Nella specie, l'ecopiazzola deve
qualificarsi come centro di stoccaggio in cui i rifiuti vengono accumulati
lontano dal luogo di produzione in attesa di smaltimento e recupero definitivi.
In esso si effettua perciò attività di smaltimento, consistente nel deposito
preliminare in vista di altre operazioni di smaltimento definitive o attività di
recupero, e quindi la gestione della piazzola deve essere preventivamente
autorizzata. In ogni caso, trattandosi di attività imprenditoriale e quindi
continuativa, non può sostenersi che l'attività di raccolta non abbia superato i
30 giorni.
Motivi della decisione
Il ricorso del pubblico ministero è fondato e va, quindi, accolto.
Il tribunale del riesame, invero, ha ritenuto che nella specie si trattasse di
un semplice deposito temporaneo o controllato e che pertanto non vi fosse
bisogno di una specifica autorizzazione. Questa tesi è infondata essendo
evidente che nel caso in esame non ricorre l'ipotesi del deposito temporaneo di
cui all'art. 183, primo comma, lett. m), d. lgs. 3 aprile 2006, n. 152 (in cui è
stato trasfuso l'art. 6, primo comma, lett. m), d. lgs. 5 febbraio 1997, n. 22),
se non altro perché - anche a prescindere dalla sussistenza o meno di tutte le
altre condizioni previste da detta disposizione, ivi compresa quella della
quantità e della durata - il deposito temporaneo è costituito comunque dal
«raggruppamento dei rifiuti effettuato, prima della raccolta, nel luogo in cui
gli stessi sono prodotti» mentre nella specie è pacifico sia che i rifiuti non
venivano depositati nel luogo di produzione, sia che il deposito avveniva non
prima, bensì dopo la raccolta.
In realtà, come esattamente rileva il pubblico ministero ricorrente, dagli
stessi elementi di fatto emergenti dalla ordinanza impugnata risulta che nella
specie si tratta di una c.d. «ecopiazzola», ossia di un luogo dove viene
effettuata attività di gestione dei rifiuti, e precisamente di un centro di
stoccaggio ai sensi del citato art. 183, lett. l), nel quale i rifiuti vengono
accumulati lontano da luogo di produzione in attesa dello smaltimento o del
recupero definitivi. In tale luogo, pertanto, si effettua attività di
smaltimento, consistente nel deposito preliminare in vista di altre operazioni
di smaltimento definitive o di attività di recupero, di modo che la gestione
della piazzola doveva essere preventivamente autorizzata. La sua gestione senza
la necessaria autorizzazione, quindi, lede l'interesse tutelato dalla nonna di
un controllo preventivo della pubblica amministrazione sulla gestione dei
rifiuti.
Sul punto, del resto, la giurisprudenza di questa Suprema Corte, ha più volte
affermato che «in tema di gestione dei rifiuti, le piazzole comunali destinate
alla raccolta differenziata dei rifiuti urbani, cosiddette piazzole ecologiche o
ecopiazzole, hanno natura di centri di stoccaggio ai sensi dell'art. 6, comma
primo, del D.Lgs. 5 febbraio 1997 n. 22, atteso che nelle stesse si effettuano
attività di smaltimento, consistente nel deposito preliminare in vista di altre
operazioni di smaltimento definitive ex punto D15 dell'allegato B al citato
decreto n. 22, o attività di recupero, consistente nella messa in riserva ex
punto R13 dello stesso allegato B» (Sez. III, 21 aprile 2005, Zumino, m.
231.938» e che «conseguentemente si verte in tema di stoccaggio quale fase
preliminare alle attività di smaltimento o recupero, e come tale necessitante la
prevista autorizzazione» (Sez. III, 26 ottobre 2005, Marino, m. 232.353).
L'ordinanza impugnata deve pertanto essere annullata.
Conformemente alla richiesta del Procuratore generale, l'annullamento deve
essere pronunciato senza rinvio in quanto il fatto è stato compiutamente
accertato dal tribunale del riesame, il quale ha però errato nella sua
qualificazione giuridica, ossia nel ritenere che esso non configuri il fumus
del reato ipotizzato. Di conseguenza, a seguito della presente decisione, si
determina la reviviscenza del provvedimento di sequestro preventivo del giudice
per le indagini preliminari, erroneamente annullato dal tribunale del riesame.
Per questi motivi
La Corte Suprema di Cassazione
annulla senza rinvio l'ordinanza impugnata.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte Suprema di Cassazione, l'11 gennaio
2007.
Deposito in Cancelleria il 22/02/2007
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