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Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006
CORTE DI
GIUSTIZIA DELLE COMUNITA' EUROPEE, Sez. II, 5 luglio 2007, causa C‑255/05
V.I.A. - RIFIUTI - Valutazione dell'impatto ambientale di determinati
progetti - Recupero dei rifiuti - Realizzazione della “terza linea”
dell’inceneritore di rifiuti di Brescia - Pubblicità della domanda di
autorizzazione - Inadempimento di uno Stato (Repubblica italiana) -
Direttive 75/442/CEE, 85/337/CEE e 2000/76/CE. Non avendo sottoposto,
prima della concessione dell'autorizzazione alla costruzione, il progetto di
una «terza linea» dell’inceneritore appartenente alla società ASM Brescia
Spa alla procedura di valutazione di impatto ambientale prevista dagli artt.
da 5 a 10 della direttiva del Consiglio 27 giugno 1985, 85/337/CEE,
concernente la valutazione dell’impatto ambientale di determinati progetti
pubblici o privati, come modificata dalla direttiva del Consiglio 3 marzo
1997, 97/11/CE, la Repubblica italiana è venuta meno agli obblighi ad essa
derivanti dagli artt. 2, n. 1, e 4, n. 1, di tale direttiva. CORTE DI
GIUSTIZIA DELLE COMUNITA' EUROPEE, Sez. II, 5 luglio 2007, causa C‑255/05
PUBBLICA AMMINISTRAZIONE - DANNO AMBIENTALE - URBANISTICA E EDILIZIA -
Inizio attività della «terza linea» di un inceneritore - Pubblicità della
domanda di autorizzazione - Comunicazione - Osservazioni - Inadempimento di
uno Stato (Repubblica italiana) - Direttive 75/442/CEE, 85/337/CEE e
2000/76/CE. Non avendo reso accessibile in uno o più luoghi aperti al
pubblico la comunicazione di inizio attività della «terza linea» del detto
inceneritore per un adeguato periodo di tempo affinché il pubblico potesse
esprimere le proprie osservazioni prima della decisione dell’autorità
competente e non avendo messo a disposizione del pubblico stesso le
decisioni relative a tale comunicazione insieme ad una copia
dell’autorizzazione, la Repubblica italiana è venuta meno agli obblighi ad
essa incombenti in forza dell’art. 12, n. 1, della direttiva del Parlamento
europeo e del Consiglio 4 dicembre 2000, 2000/76/CE, sull’incenerimento dei
rifiuti. CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITA' EUROPEE, Sez. II, 5/07/2007,
causa C‑255/05
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CORTE DI GIUSTIZIA
delle Comunità Europee,
Nella causa C‑255/05,
avente ad oggetto un ricorso per inadempimento ai sensi dell’art. 226
CE, proposto il 16 giugno 2005,
Commissione delle Comunità europee, rappresentata dal sig. M.
Konstantinidis, in qualità di agente, assistito dagli avv.ti F. Louis e
A. Capobianco, avocats, con domicilio eletto in Lussemburgo,
ricorrente,
contro
Repubblica italiana, rappresentata dal sig. I.M. Braguglia, in qualità
di agente, assistito dal sig. M. Fiorilli, avvocato dello Stato, con
domicilio eletto in Lussemburgo,
convenuta,
sostenuta da
Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda du Nord, rappresentato dal sig.
T. Harris, in qualità di agente, assistito dal sig. J. Maurici,
barrister,
interveniente,
LA CORTE (Seconda Sezione),
composta dal sig. C.W.A. Timmermans, presidente di sezione, dai sigg. P.
Kūris, J. Makarczyk (relatore), L. Bay Larsen e J.‑C. Bonichot, giudici,
avvocato generale: sig. M. Poiares Maduro
cancelliere: sig. R. Grass
vista la fase scritta del procedimento,
vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocato generale, di
decidere la causa senza conclusioni,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
1 Con il suo ricorso, la Commissione chiede che la Corte voglia
dichiarare che:
- non avendo sottoposto, prima della concessione dell’autorizzazione
alla costruzione, il progetto di «terza linea» dell’inceneritore della
società ASM Brescia SpA (in prosieguo: la «terza linea
dell’inceneritore»), impianto di cui all’allegato I della direttiva del
Consiglio 27 giugno 1985, 85/337/CEE, concernente la valutazione
dell’impatto ambientale di determinati progetti pubblici o privati (GU L
175, pag. 40), come modificata dalla direttiva del Consiglio 3 marzo
1997, 97/11/CE (GU L 73, pag. 5; in prosieguo: la «direttiva 85/337»),
ad una valutazione di impatto ambientale a norma degli artt. da 5 a 10
della citata direttiva, e
- non avendo reso accessibile al pubblico, in uno o più luoghi aperti al
pubblico, per un adeguato periodo di tempo affinché esso potesse
esprimere le proprie osservazioni prima della decisione dell’autorità
competente, la domanda di autorizzazione all’esercizio della «terza
linea» dell’inceneritore di Brescia, e non avendo messo a disposizione
del pubblico la decisione relativa a tale domanda e una copia
dell’autorizzazione,
la Repubblica italiana è venuta meno agli obblighi ad essa derivanti
dagli artt. 2, n. 1, e 4, n. 1, della direttiva 85/337 nonché dall’art.
12, n. 1, della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 4
dicembre 2000, 2000/76/CE, sull’incenerimento dei rifiuti (GU L 332,
pag. 91).
Contesto normativo
La normativa comunitaria
La direttiva 75/442/CEE
2 L’art. 1 della direttiva del Consiglio 15 luglio 1975, 75/442/CEE (GU
L 194, pag. 47), relativa ai rifiuti, come modificata dalla decisione
della Commissione 24 maggio 1996, 96/350/CE (GU L 135, pag. 32; in
prosieguo: la «direttiva 75/442»), ha il seguente tenore:
«Ai sensi della presente direttiva, si intende per:
a) “rifiuto”: qualsiasi sostanza od oggetto che rientri nelle categorie
riportate nell’allegato I e di cui il detentore si disfi o abbia deciso
o abbia l’obbligo di disfarsi;
(…)
d) “gestione”: la raccolta, il trasporto, il recupero e lo smaltimento
dei rifiuti, compreso il controllo di queste operazioni nonché il
controllo delle discariche dopo la loro chiusura;
e) “smaltimento”: tutte le operazioni previste nell’allegato II A;
f) “recupero”: tutte le operazioni previste nell’allegato II B;
(…)»
3 L’art. 4 di tale direttiva dispone quanto segue:
«Gli Stati membri adottano le misure necessarie per assicurare che i
rifiuti siano recuperati o smaltiti senza pericolo per la salute
dell’uomo e senza usare procedimenti o metodi che potrebbero recare
pregiudizio all’ambiente e in particolare:
- senza creare rischi per l’acqua, l’aria, il suolo e per la fauna e la
flora;
- senza causare inconvenienti da rumori od odori;
- senza danneggiare il paesaggio e i siti di particolare interesse.
(…)»
4 L’art. 9, n. 1, della detta direttiva è formulato nei seguenti
termini:
«Ai fini dell’applicazione degli articoli 4, 5 e 7 tutti gli
stabilimenti o imprese che effettuano le operazioni elencate
nell’allegato II A debbono ottenere l’autorizzazione dell’autorità
competente di cui all’articolo 6.
(…)».
5 L’art. 10 della medesima direttiva così dispone:
«Ai fini dell’applicazione dell’articolo 4, tutti gli stabilimenti o
imprese che effettuano le operazioni elencate nell’allegato II B devono
ottenere un’autorizzazione a tal fine».
6 L’art. 11, n. 1, della direttiva 75/442 prevede quanto segue:
«Fatto salvo il disposto della direttiva 78/319/CEE (…) possono essere
dispensati dall’autorizzazione di cui all’articolo 9 o all’articolo 10:
(…)
b) gli stabilimenti o le imprese che recuperano rifiuti.
Tale dispensa si può concedere solo:
- qualora le autorità competenti abbiano adottato per ciascun tipo di
attività norme generali che fissano i tipi e le quantità di rifiuti e le
condizioni alle quali l’attività può essere dispensata
dall’autorizzazione
e
- qualora i tipi o le quantità di rifiuti ed i metodi di smaltimento o
di ricupero siano tali da rispettare le condizioni imposte all’articolo
4».
7 L’allegato II A della direttiva 75/442, intitolato «Operazioni di
smaltimento», è inteso a ricapitolare le operazioni di smaltimento così
come esse sono effettuate in pratica. In esso si afferma che,
conformemente all’art. 4 di tale direttiva, i rifiuti devono essere
smaltiti senza pericolo per la salute dell’uomo e senza usare
procedimenti o metodi che possano recare pregiudizio all’ambiente.
8 L’allegato II B della medesima direttiva, intitolato «Operazioni che
comportano una possibilità di ricupero», mira a ricapitolare le
operazioni di recupero così come esse sono effettuate in pratica. Anche
in tale allegato si afferma che, conformemente all’art. 4 della stessa
direttiva, i rifiuti devono essere recuperati senza pericolo per la
salute dell’uomo e senza usare procedimenti o metodi che possano recare
pregiudizio all’ambiente.
La direttiva 85/337
9 L’art. 1, nn. 2 e 3, della direttiva 85/337 prevede:
«2. Ai sensi della presente direttiva si intende per
progetto:
- la realizzazione di lavori di costruzione o di altri impianti od
opere,
- altri interventi sull’ambiente naturale o sul paesaggio, compresi
quelli destinati allo sfruttamento delle risorse del suolo;
committente:
il richiedente dell’autorizzazione relativa ad un progetto privato o la
pubblica autorità che prende l’iniziativa relativa a un progetto;
autorizzazione:
decisione dell’autorità competente, o delle autorità competenti, che
conferisce al committente il diritto di realizzare il progetto stesso.
3. L’autorità o le autorità competenti sono quelle che gli Stati membri
designano per assolvere i compiti derivanti dalla presente direttiva».
10 Ai sensi dell’art. 2, nn. 1, 2, e 3, primo comma, della stessa
direttiva:
«1. Gli Stati membri adottano le disposizioni necessarie affinché, prima
del rilascio dell’autorizzazione, per i progetti per i quali si prevede
un notevole impatto ambientale, in particolare per la loro natura, le
loro dimensioni o la loro ubicazione, sia prevista un’autorizzazione e
una valutazione del loro impatto. Detti progetti sono definiti
nell’articolo 4.
2. La valutazione dell’impatto ambientale può essere integrata nelle
procedure esistenti di autorizzazione dei progetti negli Stati membri
ovvero, in mancanza di queste, in altre procedure o nelle procedure da
stabilire per raggiungere gli obiettivi della presente direttiva.
(…)
3. Fatto salvo l’articolo 7, gli Stati membri, in casi eccezionali,
possono esentare in tutto o in parte un progetto specifico dalle
disposizioni della presente direttiva».
11 L’art. 3 della detta direttiva stabilisce quanto segue:
«La valutazione dell’impatto ambientale individua, descrive e valuta, in
modo appropriato, per ciascun caso particolare e conformemente agli
articoli da 4 a 11, gli effetti diretti e indiretti di un progetto sui
seguenti fattori:
- l’uomo, la fauna e la flora;
- il suolo, l’acqua, l’aria, il clima e il paesaggio;
- i beni materiali ed il patrimonio culturale;
- l’interazione tra i fattori di cui al primo e secondo trattino».
12 L’art. 4, n. 1, della medesima direttiva prevede quanto segue:
«Fatto salvo l’articolo 2, paragrafo 3, i progetti appartenenti alle
classi elencate nell’allegato I formano oggetto di valutazione ai sensi
degli articoli da 5 a 10».
13 Al punto 10 dell’allegato I della direttiva 85/337 vengono citati gli
impianti di smaltimento dei rifiuti non pericolosi mediante
incenerimento o trattamento chimico, quali definiti nell’allegato II A,
punto D 9, della direttiva 75/442, con capacità superiore a 100
tonnellate al giorno.
La direttiva 2000/76
14 Ai sensi dell’art. 3, punto 12, della direttiva 2000/76, ai fini di
questa, si intende per:
«“autorizzazione”: la decisione o più decisioni scritte da parte
dell’autorità competente che autorizzano l’esercizio dell’impianto a
determinate condizioni che devono garantire che l’impianto sia conforme
ai requisiti della presente direttiva. Un’autorizzazione può valere per
uno o più impianti o parti di essi, che siano localizzati sullo stesso
sito e gestiti dal medesimo gestore».
15 L’art. 4, n. 1, di tale direttiva è redatto come segue:
«Fatto salvo l’articolo [11] della direttiva 75/442/CEE, o l’articolo 3
della direttiva 91/689/CEE, il funzionamento di qualunque impianto di
incenerimento o di coincenerimento è subordinato al rilascio di
un’autorizzazione a svolgere l’attività».
16 L’art. 12, n. 1, della direttiva 2000/76, relativo all’accesso alle
informazioni e partecipazione del pubblico, è redatto come segue:
«Fatte salve la direttiva 90/313/CEE del Consiglio e la direttiva
96/61/CE del Consiglio, le domande di nuove autorizzazioni per impianti
di incenerimento e di coincenerimento sono accessibili in uno o più
luoghi aperti al pubblico, quali le sedi di istituzioni locali (...),
per un periodo adeguato di tempo affinché possa esprimere le proprie
osservazioni prima della decisione dell’autorità competente. La
decisione, comprendente almeno una copia dell’autorizzazione e di
qualsiasi suo successivo aggiornamento, è parimenti accessibile al
pubblico».
La normativa nazionale
17 L’art. 6 della legge 8 luglio 1986, n. 349, istitutiva del Ministero
dell’Ambiente (GURI n. 59 del 15 luglio 1986), ha recepito la direttiva
85/337 nell’ordinamento italiano. Successivamente, l’art. 40 della legge
22 febbraio 1994, n. 146, recante disposizioni in materia di valutazione
di impatto ambientale (Supplemento ordinario alla GURI n. 52 del 4 marzo
1994), ha affidato al governo italiano il compito di definire, con
apposito atto di indirizzo e di coordinamento, condizioni, criteri e
norme tecniche per l’applicazione della procedura di valutazione di
impatto ambientale ai progetti inclusi nell’allegato II della direttiva
85/337.
18 L’art. 1, n. 3, del decreto del presidente della Repubblica 12 aprile
1996, intitolato «Atto di indirizzo e coordinamento per l’attuazione
dell’art. 40, comma 1, della L. 22 febbraio 1994, n. 146, concernente
disposizioni in materia di valutazione di impatto ambientale» (GURI n.
210, pag. 28; in prosieguo: il «DPR») dispone:
«Sono assoggettati alla procedura di valutazione di impatto ambientale i
progetti di cui all’allegato A».
19 L’art. 3, n. 1, del decreto del presidente del Consiglio dei ministri
3 settembre 1999 intitolato «Atto di indirizzo e coordinamento che
modifica ed integra il precedente atto di indirizzo e coordinamento per
l’attuazione dell’art. 40, comma 1, della legge 22 febbraio 1994, n.
146, concernente disposizioni in materia di valutazione dell’impatto
ambientale» (GURI n. 302 del 27 dicembre 1999, pag. 17; in prosieguo: il
«DPCM»), che ha modificato la versione iniziale dell’Allegato A del DPR,
è redatto come segue:
«Nell’allegato A al decreto del Presidente della Repubblica in data 12
aprile 1996 le lettere i), l) (...) sono sostituite dalle seguenti:
i) Impianti di smaltimento e recupero di rifiuti pericolosi, mediante
operazioni di cui all’allegato B ed all’allegato C, lettere da R1 a R9,
del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22 [GURI n. 38 del 15
febbraio 1997; in prosieguo: il «decreto legislativo»], ad esclusione
degli impianti di recupero sottoposti alle procedure semplificate di cui
agli articoli 31 e 33 del medesimo decreto legislativo (…).
l) Impianti di smaltimento e recupero di rifiuti non pericolosi, con
capacità superiore a 100 t/giorno, mediante operazioni di
[incenerimento] o di trattamento di cui all’allegato B, lettere D2 e da
D8 a D11, ed all’allegato C, lettere da R1 a R9, del [decreto
legislativo], ad esclusione degli impianti di recupero sottoposti alle
procedure semplificate di cui agli articoli 31 e 33 del medesimo decreto
legislativo (...)».
20 Le disposizioni del decreto legislativo, che descrivono le
caratteristiche dei rifiuti e le attività che permettono di beneficiare
della procedura semplificata, sono state adottate ai fini del
recepimento dell’art. 11 della direttiva 75/442.
21 Risulta, in particolare, dall’art. 33, n. 1, del decreto legislativo,
che, fatto salvo il rispetto di talune norme tecniche, le operazioni di
recupero dei rifiuti possono essere intraprese decorsi 90 giorni dalla
comunicazione di inizio di attività alla provincia territorialmente
competente.
22 L’art. 33, n. 2, del citato decreto specifica, tanto per i rifiuti
non pericolosi, quanto per i rifiuti pericolosi, il contenuto delle
norme tecniche.
23 Ai termini dell’art. 33, n. 3, di tale decreto legislativo, la
provincia iscrive in un apposito registro le imprese che effettuano la
comunicazione di inizio attività e, entro il termine di cui al n. 1,
verifica d’ufficio la sussistenza dei presupposti e dei requisiti
richiesti.
24 Infine, risulta dall’art. 33, n. 4, del decreto legislativo che,
qualora la provincia accerti il mancato rispetto delle norme tecniche e
delle condizioni di cui al n. 1, dispone con provvedimento motivato il
divieto di inizio ovvero di prosecuzione dell’attività, salvo che
l’interessato non provveda a conformare dette attività ed i suoi effetti
alla normativa vigente entro il termine prefissato dall’amministrazione.
Il procedimento precontenzioso
25 Con lettera del 28 aprile 2003, la Commissione richiedeva
informazioni alla Repubblica italiana, in particolare sull’applicazione
alla «terza linea» dell’inceneritore delle procedure previste dalle
direttive 85/337 e 2000/76.
26 Tale Stato membro precisava, da un lato, di aver escluso il progetto
di «terza linea» dell’inceneritore dal procedimento di valutazione
dell’impatto ambientale, in quanto esso rientrava nell’eccezione di cui
all’allegato A, lett. l), del DPR, come modificato dal DPCM, e,
dall’altro, di aver proceduto a diversi atti di pubblicità e a misure di
consultazione conformemente all’art. 12 della direttiva 2000/76.
27 Alla luce delle risposte così fornite dalla Repubblica italiana,
giudicate insoddisfacenti, la Commissione avviava il procedimento
precontenzioso con l’invio di una lettera di diffida datata 19 dicembre
2003.
28 Con lettera dell’8 giugno 2004, le autorità italiane competenti
rendevano nota la volontà del gestore della «terza linea»
dell’inceneritore di sottoporre quest’ultima, la cui messa in servizio
era stata autorizzata nel dicembre 2003, ad una valutazione d’impatto
ambientale.
29 In seguito, con parere motivato del 9 luglio 2004, la Commissione
invitava la Repubblica italiana ad adottare le misure necessarie per
conformarsi, in particolare, agli obblighi derivanti dalla direttiva
85/337 entro un termine di due mesi dalla data di ricevimento di detto
parere.
30 In una lettera del 31 gennaio 2005, la Repubblica italiana confermava
che il gestore della «terza linea» dell’inceneritore aveva presentato
formale richiesta di valutazione dell’impatto ambientale, pubblicata in
data 11 dicembre 2004. In seguito, con lettera del 3 maggio 2005, essa
produceva taluni documenti sullo stato di avanzamento del procedimento
di valutazione in corso e indicava che quest’ultimo era in via di
completamento.
31 La Commissione, avendo ritenuto insoddisfacente la posizione adottata
dal governo italiano nelle summenzionate lettere di risposta, ha
proposto il presente ricorso ai sensi dell’art. 226 CE, secondo comma.
Sul ricorso
Sulla ricevibilità
Argomenti delle parti
32 La Repubblica italiana sostiene che il ricorso della Commissione è
irricevibile per mancanza di interesse ad agire da parte di
quest’ultima. La Commissione non avrebbe, infatti, alcun interesse ad
esigere l’adempimento di un obbligo già adempiuto. Pertanto, in ragione
del giudizio positivo circa la compatibilità ambientale della «terza
linea» dell’inceneritore che risulterebbe dal decreto interministeriale
3 giugno 2005, adottato a conclusione del procedimento di valutazione
avviato nelle condizioni ricordate al punto 30 della presente sentenza,
il ritardo nell’effettuazione della valutazione dell’impatto ambientale
non avrebbe provocato alcun pregiudizio all’ambiente. Vi sarebbe stata
esclusivamente una situazione di illegittimità formale connessa
all’assenza di valutazione dell’impatto ambientale, cui sarebbe stato
posto rimedio.
33 La Repubblica italiana aggiunge che la Commissione esige il rispetto
di obblighi illogici e pertanto ha commesso un eccesso di potere agendo
in violazione dei principi di buona amministrazione e di
proporzionalità.
34 La Commissione osserva che essa mantiene un interesse diretto,
specifico e concreto nella presente causa. A tale proposito, riguardo
all’interesse a proseguire l’azione a seguito della violazione della
direttiva 85/337, essa sostiene che poco importa che le autorità
competenti abbiano effettuato una valutazione dell’impatto sull’ambiente
della «terza linea» dell’inceneritore, poiché ciò non risponde agli
obblighi della detta direttiva in quanto è prima del rilascio
dell’autorizzazione che i progetti che possono avere un notevole impatto
ambientale, in particolare per la loro natura, le loro dimensioni e la
loro ubicazione, devono essere sottoposti ad un procedimento di
autorizzazione e ad una valutazione di tale impatto.
35 Secondo la Commissione, la sola volontà del gestore della «terza
linea» dell’inceneritore di sollecitare la sottoposizione di tale
impianto ad una valutazione di impatto ambientale, mentre tale impianto
era già stato realizzato e messo in funzione, è, di conseguenza,
indifferente, in quanto la domanda di valutazione è stata presentata
solo il 7 dicembre 2004 e si è proceduto a tale valutazione solo dopo la
scadenza del termine impartito nel parere motivato.
36 Peraltro, la Commissione fa osservare che, secondo una giurisprudenza
costante della Corte, nell’esercizio delle competenze di cui è investita
in forza dell’art. 226 CE, la Commissione non è tenuta a dimostrare il
proprio specifico interesse ad agire.
Giudizio della Corte
37 Risulta da costante giurisprudenza che, nell’esercizio delle
competenze di cui è investita in forza dell’art. 226 CE, la Commissione
non è tenuta a dimostrare il proprio interesse ad agire. La Commissione
ha, infatti, il compito di vigilare d’ufficio e nell’interesse generale,
sull’applicazione, da parte degli Stati membri, del diritto comunitario
e di far dichiarare l’esistenza di eventuali inadempimenti degli
obblighi che ne derivano, allo scopo di farli cessare (v. sentenze 1º
febbraio 2001, causa C‑333/99, Commissione/Francia, Racc. pag. I‑1025,
punto 23; 2 giugno 2005, causa C‑394/02, Commissione/Grecia, Racc. pag.
I‑4713, punti 14 e 15 nonché giurisprudenza ivi citata, e 8 dicembre
2005, causa C‑33/04, Commissione/Lussemburgo, Racc. pag. I‑10629, punto
65).
38 Peraltro, spetta alla Commissione valutare l’opportunità di agire
contro uno Stato membro, determinare le disposizioni che esso avrebbe
violato e scegliere il momento in cui inizierà il procedimento per
inadempimento nei suoi confronti, mentre le considerazioni sulle quali
si fonda tale decisione non possono avere alcuna incidenza sulla
ricevibilità del ricorso (v. sentenze 18 giugno 1998, causa C‑35/96,
Commissione/Italia, Racc. pag. I‑3851, punto 27, e
Commissione/Lussemburgo, cit., punto 66).
39 A tale riguardo, la Corte è tenuta ad accertare se l’inadempimento
contestato sussista o meno, senza che le spetti pronunciarsi
sull’esercizio del potere discrezionale della Commissione (v., in
particolare, sentenza 13 giugno 2002, causa C‑474/99,
Commissione/Spagna, Racc. pag. I‑5293, punto 25, e
Commissione/Lussemburgo, cit., punto 67).
40 In ogni caso, anche supponendo che la realizzazione di una
valutazione a posteriori dell’impatto sull’ambiente della «terza linea»
dell’inceneritore sia di natura tale da far cessare l’inadempimento
censurato, è giocoforza constatare che una valutazione di tal genere non
era stata avviata alla scadenza del termine stabilito nel parere
motivato, data in relazione alla quale la situazione dello Stato membro
deve essere esaminata per valutare l’esistenza di un inadempimento (v.,
in particolare, sentenza 14 luglio 2005, causa C‑433/03,
Commissione/Germania, Racc. pag. I‑6985, punto 32).
41 Dalle considerazioni che precedono risulta che l’eccezione di
irricevibilità relativa alla mancanza di interesse ad agire della
Commissione deve essere respinta.
Nel merito
42 A sostegno del proprio ricorso la Commissione fa valere due censure.
Sulla prima censura, relativa alla violazione degli artt. 2, n. 1, e 4,
n. 1, della direttiva 85/337
- Argomenti delle parti
43 Secondo la Commissione, la «terza linea» dell’inceneritore,
classificata come impianto che effettua operazioni di ricupero ai sensi
dell’allegato II B della direttiva 75/442, con capacità superiore a 100
tonnellate al giorno, ricade nell’ambito di applicazione dell’allegato
I, punto 10, della direttiva 85/337 e, di conseguenza, avrebbe dovuto
essere sottoposta al procedimento di valutazione di impatto ambientale
prima di essere autorizzata e poi costruita. La Commissione rileva che,
se il progetto non è stato oggetto di una valutazione di impatto
ambientale, è a causa della normativa italiana stessa, che non prevede
l’assoggettamento ad una tale valutazione degli impianti di trattamento
dei rifiuti sottoposti alle procedure semplificate.
44 La Commissione aggiunge che, escludendo dalle procedure di
valutazione di impatto ambientale gli impianti che effettuano operazioni
di recupero dei rifiuti grazie ad un’autorizzazione concessa con
procedura semplificata, il DPCM viola gli obblighi che derivano dalla
direttiva 85/337.
45 La Repubblica italiana nega l’esistenza dell’inadempimento censurato
e ribadisce, a sua difesa, gli argomenti da essa esposti nella causa che
ha dato luogo alla sentenza 23 novembre 2006, causa C‑486/04,
Commissione/Italia (Racc. pag. I‑11025).
46 Così, essa sostiene, in via principale, che, in quanto la «terza
linea» dell’inceneritore procede al recupero dei rifiuti ed è sottoposta
alle procedure semplificate di cui agli artt. 31 e 33 del decreto
legislativo, adottati per recepire l’art. 11 della direttiva 75/442,
essa è sottratta alla procedura di valutazione di impatto ambientale.
Stabilendo, da un lato, un collegamento tra la direttiva 85/337 e la
direttiva 75/442 riguardo ai termini tecnici usati in materia di rifiuti
e riferendosi, dall’altro, al testo stesso dell’allegato I, punto 10, e
a quello dell’allegato II, punto 11, lett. b), della direttiva 85/337,
che menzionano solo la nozione di smaltimento dei rifiuti, la Repubblica
italiana ritiene che tale ultima direttiva escluda dal suo ambito di
applicazione gli impianti che procedono al recupero di questi ultimi.
47 La Repubblica italiana sostiene anche che la finalità delle modifiche
apportate dalla direttiva 91/156 alla direttiva 75/442 era quella di
stabilire una terminologia comune e una definizione armonizzata dei
rifiuti che permettesse di ravvicinare, sia sul piano comunitario sia su
quello nazionale, le differenti norme che concernono i rifiuti. Ne
conseguirebbe che, quando la direttiva 97/11 menziona la nozione di
rifiuti, i termini e le definizioni che essa impiega debbono essere
mutuati dalla disciplina propria di settore, cioè dalla direttiva
91/156.
48 Tale Stato membro aggiunge che, dal momento che in materia di
recupero dei rifiuti le emissioni non oltrepassano i limiti autorizzati
dalla normativa comunitaria, non è necessario procedere all’applicazione
del procedimento di valutazione in quanto il recupero dei rifiuti ha
esso stesso l’obiettivo di proteggere l’ambiente.
49 Con memoria di intervento del 7 aprile 2006, il Regno Unito di Gran
Bretagna e Irlanda del Nord sostiene le conclusioni della Repubblica
italiana in merito alla prima censura.
- Giudizio della Corte
50 A titolo preliminare, occorre rilevare che, nella citata sentenza 23
novembre 2006, Commissione/Italia, la Corte ha dichiarato che la
Repubblica italiana è venuta meno agli obblighi che le incombono in
forza degli artt. 2, n. 1, e 4, nn. 1, 2 e 3, della direttiva 85/337,
avendo adottato l’art. 3, n. 1, del DPCM, il quale consente che i
progetti di impianti di recupero di rifiuti pericolosi e i progetti di
impianti di recupero di rifiuti non pericolosi con capacità superiore a
100 tonnellate al giorno, rientranti nell’allegato I della stessa
direttiva e che sono oggetto di una procedura semplificata ai sensi
dell’art. 11 della direttiva 75/442, siano sottratti alla procedura di
valutazione di impatto ambientale prevista ai detti artt. 2, n. 1, e 4,
n. 1.
51 L’inadempimento contestato dalla Commissione nella presente censura è
solo la conseguenza dell’applicazione ad un caso particolare della
normativa nazionale che, come è stato esposto al precedente punto, è già
stata considerata contraria al diritto comunitario.
52 Infatti, l’applicazione di tale normativa, che esclude
l’assoggettamento alla procedura di valutazione di impatto ambientale
degli impianti per il recupero dei rifiuti rientranti nell’ambito di
applicazione delle procedure semplificate previste agli artt. 31 e 33
del decreto legislativo, ha avuto il risultato di dispensare dallo
studio sull’impatto ambientale la «terza linea» dell’inceneritore,
mentre quest’ultima rientra nella categoria degli impianti di
smaltimento dei rifiuti non pericolosi mediante incenerimento o
trattamento chimico con capacità superiore a 100 tonnellate al giorno,
previsti all’allegato I, punto 10, della direttiva 85/337. In quanto
tale, la «terza linea» dell’inceneritore avrebbe dovuto essere
assoggettata, prima di essere autorizzata, alla procedura di valutazione
del suo impatto ambientale, posto che i progetti rientranti nel detto
allegato I devono essere sottoposti ad una valutazione sistematica a
norma degli artt. 2, n. 1, 4, n. 1, e da 5 a 10 di tale direttiva (v.
sentenza 23 novembre 2006, Commissione/Italia, cit., punto 45).
53 Tenuto conto di quanto precede, occorre dichiarare che, non avendo
sottoposto, prima della concessione dell’autorizzazione alla
costruzione, il progetto di «terza linea» dell’inceneritore alla
procedura di valutazione di impatto ambientale prevista dagli artt. da 5
a 10 della direttiva 85/337, la Repubblica italiana è venuta meno agli
obblighi ad essa derivanti dagli artt. 2, n. 1, e 4, n. 1, di tale
direttiva.
Sulla seconda censura, relativa ad una violazione dell’art. 12, n. 1,
della direttiva 2000/76
- Argomenti delle parti
54 La Commissione contesta alla Repubblica italiana il fatto di non aver
proceduto alla pubblicazione della domanda di autorizzazione
all’esercizio della «terza linea» dell’inceneritore, né a quella del
relativo provvedimento d’autorizzazione, e ciò in violazione delle
disposizioni dell’art. 12 della direttiva 2000/76.
55 La Repubblica italiana ha sostenuto durante il procedimento
precontenzioso che l’art. 12 non si applica alla presente fattispecie in
quanto non è stata presentata alcuna domanda di autorizzazione
all’esercizio per la detta «terza linea». Quest’ultima è stata oggetto
solo di una comunicazione di inizio attività il 24 luglio 2003, in
conformità alla procedura stabilita dal decreto legislativo.
- Giudizio della Corte
56 Risulta dall’art. 33, n. 1, del decreto legislativo che l’esercizio
delle operazioni di recupero dei rifiuti può essere intrapreso decorsi
90 giorni dalla comunicazione di inizio attività alla provincia
territorialmente competente. Entro tale termine, ai sensi del n. 3 dello
stesso articolo, le autorità provinciali interessate verificano
d’ufficio la sussistenza dei presupposti e dei requisiti richiesti
perché possa procedersi al recupero.
57 Nella fattispecie, la «terza linea» dell’inceneritore ha formato
oggetto, nell’ambito della procedura semplificata istituita dal decreto
legislativo, di una comunicazione di inizio attività in data 24 luglio
2003. Tale comunicazione è stata seguita da due decisioni adottate dalle
autorità provinciali competenti: un divieto di inizio attività il 21
ottobre 2003 e, successivamente, un’autorizzazione, il 19 dicembre 2003.
58 Risulta peraltro dall’art. 12, n. 1, della direttiva 2000/76 che le
domande di nuove autorizzazioni devono essere rese accessibili in luoghi
aperti al pubblico per un adeguato periodo di tempo al fine di
consentire al pubblico di esprimere le proprie osservazioni prima della
decisione dell’autorità competente. Tale decisione, comprendente almeno
una copia dell’autorizzazione e di qualsiasi suo successivo
aggiornamento, deve essere parimenti accessibile al pubblico.
59 Lo scopo di tale disposizione, come risulta in particolare dal
trentunesimo ‘considerando’ della direttiva 2000/76, è quello di
assicurare la trasparenza del processo di autorizzazione, permettendo al
pubblico di essere coinvolto nelle decisioni da prendere in seguito alle
domande relative a nuove autorizzazioni.
60 Pertanto si deve ritenere che la nozione di domanda di nuova
autorizzazione debba ricevere un’accezione tale da rispondere pienamente
alla finalità perseguita dall’art, 12, n. 1, della direttiva 2000/76.
Pertanto, tale nozione deve essere intesa in senso lato come
comprendente ogni procedimento assimilabile ad un procedimento per la
concessione del permesso o dell’autorizzazione.
61 La comunicazione di inizio attività menzionata al punto 56 della
presente sentenza, cui ha dato luogo la «terza linea» dell’inceneritore,
alla luce delle sue caratteristiche e in particolare del ruolo riservato
alle autorità provinciali, deve essere assimilata ad una domanda di
nuova autorizzazione ai sensi della direttiva 2000/76.
62 In quanto tale, la citata comunicazione avrebbe dovuto essere resa
accessibile, in uno o più luoghi aperti al pubblico, per un adeguato
periodo di tempo affinché il pubblico potesse esprimere le proprie
osservazioni dirette alle autorità provinciali competenti prima della
scadenza del termine di 90 giorni impartito a queste ultime per
verificare se sono soddisfatte le condizioni di legge richieste per
poter procedere al recupero. Orbene, è accertato che, in violazione
delle disposizioni dell’art. 12, n. 1, della direttiva 2000/76, la
comunicazione di cui trattasi non è stata oggetto di alcuna misura di
pubblicità.
63 Inoltre, neanche le differenti decisioni adottate dall’autorità
provinciale interessata per quanto riguarda la «terza linea»
dell’inceneritore, cioè il divieto di inizio attività e
l’autorizzazione, menzionati al precedente punto 57, sono state messe a
disposizione del pubblico, contrariamente alle prescrizioni dello stesso
articolo.
64 Alla luce di quanto precede, occorre dichiarare che, non avendo reso
accessibile in uno o più luoghi aperti al pubblico la comunicazione di
inizio attività della «terza linea» dell’inceneritore per un adeguato
periodo di tempo affinché il pubblico potesse esprimere le proprie
osservazioni prima della decisione dell’autorità competente e non avendo
messo a disposizione del pubblico stesso le decisioni relative a tale
comunicazione insieme ad una copia dell’autorizzazione, la Repubblica
italiana è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza
dell’art. 12, n. 1, della direttiva 2000/76.
Sulle spese
65 Ai sensi dell’art. 69, n. 2, del regolamento di procedura, il
soccombente è condannato alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché
la Commissione ha chiesto la condanna della Repubblica italiana, che è
rimasta soccombente, quest’ultima dev’essere condannata alle spese.
66 Conformemente all’art. 69, n. 4, dello stesso regolamento, il Regno
Unito sopporta le proprie spese.
Per questi motivi, la Corte (Seconda Sezione) dichiara e statuisce:
1) Non avendo sottoposto, prima della concessione dell’autorizzazione
alla costruzione, il progetto di una «terza linea» dell’inceneritore
appartenente alla società ASM Brescia Spa alla procedura di valutazione
di impatto ambientale prevista dagli artt. da 5 a 10 della direttiva del
Consiglio 27 giugno 1985, 85/337/CEE, concernente la valutazione
dell’impatto ambientale di determinati progetti pubblici o privati, come
modificata dalla direttiva del Consiglio 3 marzo 1997, 97/11/CE, la
Repubblica italiana è venuta meno agli obblighi ad essa derivanti dagli
artt. 2, n. 1, e 4, n. 1, di tale direttiva.
2) Non avendo reso accessibile in uno o più luoghi aperti al pubblico la
comunicazione di inizio attività della «terza linea» del detto
inceneritore per un adeguato periodo di tempo affinché il pubblico
potesse esprimere le proprie osservazioni prima della decisione
dell’autorità competente e non avendo messo a disposizione del pubblico
stesso le decisioni relative a tale comunicazione insieme ad una copia
dell’autorizzazione, la Repubblica italiana è venuta meno agli obblighi
ad essa incombenti in forza dell’art. 12, n. 1, della direttiva del
Parlamento europeo e del Consiglio 4 dicembre 2000, 2000/76/CE,
sull’incenerimento dei rifiuti.
3) La Repubblica italiana è condannata alle spese.
4) Il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord sopporta le
proprie spese.
Firme
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