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CORTE DI
GIUSTIZIA DELLE COMUNITA' EUROPEE, Sez. II,
20/09/2007, causa C-304/05
VIA - AREE PROTETTE - ZPS - FAUNA E FLORA - Valutazione della loro
incidenza - Conservazione degli habitat naturali e della flora e della fauna
selvatiche - Conservazione degli uccelli selvatici - Valutazione
dell’impatto ambientale di lavori di adattamento di piste da sci» -
Inadempimento di uno Stato - Direttiva 92/43/CEE - Direttiva 79/409/CEE -
Parco Nazionale dello Stelvio. La Repubblica italiana, avendo
autorizzato misure suscettibili di avere un impatto significativo sulla zona
di protezione speciale IT 2040044, Parco Nazionale dello Stelvio, senza
assoggettarle ad un’opportuna valutazione della loro incidenza alla luce
degli obiettivi di conservazione della detta zona; avendo autorizzato
siffatte misure senza rispettare le disposizioni che consentono la
realizzazione di un progetto, in caso di conclusioni negative risultanti
dalla valutazione dell’incidenza sull’ambiente e in mancanza di soluzioni
alternative, solo per motivi imperativi di rilevante interesse pubblico, e
solo dopo avere adottato e comunicato alla Commissione delle Comunità
europee ogni misura compensativa necessaria per garantire che la coerenza
globale di Natura 2000 sia tutelata, e avendo omesso di adottare misure per
evitare il deterioramento degli habitat naturali e degli habitat delle
specie nonché la perturbazione delle specie per le quali la zona di
protezione speciale IT 2040044, Parco Nazionale dello Stelvio, è stata
designata, è venuta meno agli obblighi ad essa imposti dall’art. 6, nn. 2-4,
della direttiva del Consiglio 21 maggio 1992, 92/43/CEE, relativa alla
conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della
fauna selvatiche, nel combinato disposto con l’art. 7 della medesima
direttiva, nonché dall’art. 4, nn. 1 e 2, della direttiva del Consiglio 2
aprile 1979, 79/409/CEE, concernente la conservazione degli uccelli
selvatici. La Repubblica italiana è condannata alle spese. CORTE DI
GIUSTIZIA DELLE COMUNITA' EUROPEE, Sez. II, 20/09/2007, causa C-304/05
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CORTE DI GIUSTIZIA
delle Comunità Europee,
SENTENZA DELLA CORTE (Quarta Sezione)
20 settembre 2007
«Inadempimento di uno Stato - Direttiva 92/43/CEE - Conservazione degli
habitat naturali e della flora e della fauna selvatiche - Direttiva
79/409/CEE - Conservazione degli uccelli selvatici - Valutazione
dell’impatto ambientale di lavori di adattamento di piste da sci»
Nella causa C‑304/05,
avente ad oggetto un ricorso per inadempimento, ai sensi dell’art. 226
CE, proposto il 29 luglio 2005,
Commissione delle Comunità europee, rappresentata dal sig. M. van Beek e
dalla sig.ra D. Recchia, in qualità di agenti, con domicilio eletto in
Lussemburgo,
ricorrente,
contro
Repubblica italiana, rappresentata dai sigg. I.M. Braguglia e G. Fiengo,
in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo,
convenuta,
LA CORTE (Quarta Sezione),
composta dal sig. K. Lenaerts, presidente di sezione, dal sig. E. Juhász,
dalla sig.ra R. Silva de Lapuerta (relatore), dai sigg. J. Malenovský e
T. von Danwitz, giudici,
avvocato generale: sig.ra J. Kokott
cancelliere: sig. R. Grass
vista la fase scritta del procedimento,
sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza
del 19 aprile 2007,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
1 Con il ricorso in esame, la Commissione delle Comunità europee chiede
alla Corte di dichiarare che, nell’ambito del progetto relativo
all’ampliamento e all’adattamento della zona sciistica di Santa Caterina
Valfurva (piste denominate «Bucaneve» e «Edelweiss») e alla
realizzazione delle correlate infrastrutture, in vista dei campionati
mondiali di sci alpino del 2005, nella zona di protezione speciale IT
2040044, Parco Nazionale dello Stelvio (in prosieguo: il «Parco»), la
Repubblica italiana:
- avendo autorizzato misure suscettibili di avere un impatto
significativo su tale zona senza assoggettarle ad un’appropriata
valutazione della loro incidenza sul sito alla luce degli obiettivi di
conservazione dello stesso e, in ogni caso, senza rispettare le
disposizioni che permettono di realizzare un progetto, in caso di
conclusioni negative della valutazione dell’incidenza e in mancanza di
soluzioni alternative, solo per motivi imperativi di rilevante interesse
pubblico e solo dopo avere adottato e comunicato alla Commissione ogni
misura compensativa necessaria per garantire che la coerenza globale di
Natura 2000 sia tutelata;
- avendo omesso di adottare misure per evitare il degrado degli habitat
naturali e degli habitat delle specie nonché la perturbazione delle
specie per cui la zona è stata designata, e
- avendo omesso di conferire alla zona uno status giuridico di
protezione che possa garantire, in particolare, la sopravvivenza e la
riproduzione delle specie di uccelli menzionate nell’allegato I della
direttiva del Consiglio 2 aprile 1979, 79/409/CEE, concernente la
conservazione degli uccelli selvatici (GU L 103, pag. 1; in prosieguo:
la «direttiva 79/409»), e la riproduzione, la muta e lo svernamento
delle specie migratorie non considerate nell’allegato I che ivi giungono
regolarmente,
è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza dell’art. 6, nn.
2-4, e dell’art. 7 della direttiva del Consiglio 21 maggio 1992,
92/43/CEE, relativa alla conservazione degli habitat naturali e
seminaturali e della flora e della fauna selvatiche (GU L 206, pag. 7;
in prosieguo: la «direttiva 92/43»), nonché dell’art. 4, nn. 1 e 2,
della direttiva 79/409.
Contesto normativo comunitario
2 Scopo della direttiva 92/43 è contribuire a salvaguardare la
biodiversità mediante la conservazione degli habitat naturali, nonché
della flora e della fauna selvatiche nel territorio europeo degli Stati
membri al quale si applica il Trattato CE.
3 Il decimo ‘considerando’ della direttiva così recita:
«considerando che qualsiasi piano o programma che possa avere incidenze
significative sugli obiettivi di conservazione di un sito già designato
o che sarà designato deve formare oggetto di una valutazione
appropriata».
4 L’art. 3, n. 1, della direttiva prevede quanto segue:
«È costituita una rete ecologica europea coerente di zone speciali di
conservazione, denominata Natura 2000. Questa rete, formata dai siti in
cui si trovano tipi di habitat naturali elencati nell’allegato I e
habitat delle specie di cui all’allegato II, deve garantire il
mantenimento ovvero, all’occorrenza, il ripristino, in uno stato di
conservazione soddisfacente, dei tipi di habitat naturali e degli
habitat delle specie interessati nella loro area di ripartizione
naturale.
La rete “Natura 2000” comprende anche le zone di protezione speciale
classificate dagli Stati membri a norma della direttiva [79/409]».
5 L’art. 4 della direttiva 92/43 disciplina il procedimento per la
costituzione della detta rete Natura 2000, nonché per la designazione
delle zone speciali di conservazione da parte degli Stati membri.
6 L’art. 6 della direttiva, che stabilisce i provvedimenti di
conservazione per tali zone, così recita:
«(...)
2. Gli Stati membri adottano le opportune misure per evitare nelle zone
speciali di conservazione il degrado degli habitat naturali e degli
habitat di specie nonché la perturbazione delle specie per cui le zone
sono state designate, nella misura in cui tale perturbazione potrebbe
avere conseguenze significative per quanto riguarda gli obiettivi della
presente direttiva.
3. Qualsiasi piano o progetto non direttamente connesso e necessario
alla gestione del sito ma che possa avere incidenze significative su
tale sito, singolarmente o congiuntamente ad altri piani e progetti,
forma oggetto di una opportuna valutazione dell’incidenza che ha sul
sito, tenendo conto degli obiettivi di conservazione del medesimo. Alla
luce delle conclusioni della valutazione dell’incidenza sul sito e fatto
salvo il paragrafo 4, le autorità nazionali competenti danno il loro
accordo su tale piano o progetto soltanto dopo aver avuto la certezza
che esso non pregiudicherà l’integrità del sito in causa e, se del caso,
previo parere dell’opinione pubblica.
4. Qualora, nonostante conclusioni negative della valutazione
dell’incidenza sul sito e in mancanza di soluzioni alternative, un piano
o progetto debba essere realizzato per motivi imperativi di rilevante
interesse pubblico, inclusi motivi di natura sociale o economica, lo
Stato membro adotta ogni misura compensativa necessaria per garantire
che la coerenza globale di Natura 2000 sia tutelata. Lo Stato membro
informa la Commissione delle misure compensative adottate.
Qualora il sito in causa sia un sito in cui si trovano un tipo di
habitat naturale e/o una specie prioritari, possono essere addotte
soltanto considerazioni connesse con la salute dell’uomo e la sicurezza
pubblica o relative a conseguenze positive di primaria importanza per
l’ambiente ovvero, previo parere della Commissione, altri motivi
imperativi di rilevante interesse pubblico».
7 L’art. 7 della direttiva dispone quanto segue:
«Gli obblighi derivanti dall’articolo 6, paragrafi 2, 3 e 4 della
presente direttiva sostituiscono gli obblighi derivanti dall’articolo 4,
paragrafo 4, prima frase, della direttiva [79/409] per quanto riguarda
le zone classificate a norma dell’articolo 4, paragrafo 1, o
analogamente riconosciute a norma dell’articolo 4, paragrafo 2 di detta
direttiva a decorrere dalla data di entrata in vigore della presente
direttiva o dalla data di classificazione o di riconoscimento da parte
di uno Stato membro a norma della direttiva [79/409] qualora essa sia
posteriore».
8 La direttiva 79/709 si prefigge la protezione, la gestione e la
regolazione di tutte le specie di uccelli viventi naturalmente allo
stato selvatico nel territorio europeo degli Stati membri al quale si
applica il Trattato.
9 L’art. 4 di tale direttiva prevede, per le specie di uccelli elencate
nell’allegato I, misure speciali di conservazione per quanto riguarda
l’habitat, per garantire la sopravvivenza e la riproduzione di dette
specie nella loro area di distribuzione. Tale articolo così dispone:
«1. Per le specie elencate nell’allegato I sono previste misure speciali
di conservazione per quanto riguarda l’habitat, per garantire la
sopravvivenza e la riproduzione di dette specie nella loro area di
distribuzione.
A tal fine si tiene conto:
a) delle specie minacciate di sparizione;
b) delle specie che possono essere danneggiate da talune modifiche del
loro habitat;
c) delle specie considerate rare in quanto la loro popolazione è scarsa
o la loro ripartizione locale è limitata;
d) di altre specie che richiedono una particolare attenzione per la
specificità del loro habitat.
Per effettuare le valutazioni si terrà conto delle tendenze e delle
variazioni dei livelli di popolazione.
Gli Stati membri classificano in particolare come zone di protezione
speciale i territori più idonei in numero e in superficie alla
conservazione di tali specie, tenuto conto delle necessità di protezione
di queste ultime nella zona geografica marittima e terrestre in cui si
applica la presente direttiva.
2. Analoghe misure vengono adottate dagli Stati membri per le specie
migratrici non menzionate nell’allegato I che ritornano regolarmente,
tenuto conto delle esigenze di protezione nella zona geografica
marittima e terrestre in cui si applica la presente direttiva per quanto
riguarda le aree di riproduzione, di muta e di svernamento e le zone in
cui si trovano le stazioni lungo le rotte di migrazione. A tale scopo,
gli Stati membri attribuiscono una importanza particolare alla
protezione delle zone umide e specialmente delle zone d’importanza
internazionale.
(...)
4. Gli Stati membri adottano misure idonee a prevenire, nelle zone di
protezione di cui ai paragrafi 1 e 2, l’inquinamento o il deterioramento
degli habitat, nonché le perturbazioni dannose agli uccelli che abbiano
conseguenze significative tenuto conto degli obiettivi del presente
articolo. Gli Stati membri cercheranno inoltre di prevenire
l’inquinamento o il deterioramento degli habitat al di fuori di tali
zone di protezione».
Il Parco
Lo status del Parco nel diritto nazionale
10 Il Parco fu istituito con legge 24 aprile 1935, n. 740, inizialmente
nel solo territorio delle Province di Trento e di Bolzano, allo scopo di
tutelare e migliorare la flora, di incrementare la fauna, e di
conservare le speciali formazioni geologiche, nonché le bellezze del
paesaggio.
11 Con decreto del presidente della Repubblica 23 aprile 1977, il
territorio del Parco venne esteso alle zone di Cancano e di Livigno,
nonché ai monti Sobretta, Gavia e Serottini, situati nelle province di
Sondrio e di Brescia, nel territorio della Regione Lombardia.
12 Il Parco è un’area protetta ai sensi della legge 6 dicembre 1991, n.
394, legge quadro sulle aree protette. Tale legge detta i principi
fondamentali che disciplinano le zone di cui trattasi, al fine di
garantire e di promuovere, in forma coordinata, la conservazione e la
valorizzazione del patrimonio naturale del paese.
13 Con decreto del presidente del Consiglio 23 novembre 1993 è stato
costituito il Consorzio del Parco Nazionale dello Stelvio (in prosieguo:
il «Consorzio»). Uno statuto definisce le competenze e le funzioni
assegnate al Consorzio.
14 Ai sensi dell’art. 4 del detto statuto, il Consorzio ha il compito di
garantire, nella gestione del Parco, la tutela della natura e la
conservazione dei paesaggi.
Lo status del Parco nel diritto comunitario
15 Nel 1998 il Parco è stato classificato quale zona di protezione
speciale ai sensi dell’art. 4 della direttiva 79/409. Esso è stato
indicato, nel capitolo «Regione Lombardia», con il codice IT 2040044.
16 Come emerge dal formulario compilato dalla Repubblica italiana nel
1998, ai sensi della decisione della Commissione 18 dicembre 1996,
97/266/CE, concernente un formulario informativo sui siti proposti per
l’inserimento nella rete Natura 2000 (GU L 107, pag. 1), il Parco ospita
numerose specie di uccelli tutelate nell’allegato I della direttiva
79/409: l’aquila reale (Aquila chrysaetos), il falco pellegrino (Falco
peregrinus), il falco pecchiaiolo (Pernis apivorus), la bonasia (Bonasa
bonasia), la pernice bianca (Lagopus mutus helvetica), il fagiano di
monte (Tetrao tetrix), il gallo cedrone (Tetrao urogallus) ed il picchio
nero (Dryocopus martius) - nonché tre specie d’uccelli migratori: lo
sparviero (Accipiter nisus), la poiana (Buteo buteo) e il picchio
muraiolo (Tichodroma muraria).
17 Un altro formulario, del 14 maggio 2004, menziona la presenza, nella
detta zona, di altre specie figuranti nell’allegato I della direttiva
79/409, ossia l’avvoltoio degli agnelli (Gypaetus barbatus), il nibbio
reale (Milvus milvus), il piviere tortolino (Charadrius morinellus), la
civetta capogrosso (Aegolius funereus), la civetta nana (Glaucidium
passerinum), il gufo reale (Bubo bubo), il picchio cenerino (Picus canus)
e la coturnice (Alectoris graeca saxatilis).
Fatti
18 Il 4 ottobre 1999 veniva depositato presso le autorità regionali, in
vista dei campionati mondiali di sci alpino del 2005, un progetto
relativo a lavori di ristrutturazione della zona sciistica di Santa
Caterina Valfurva e delle connesse infrastrutture.
19 Tale progetto prevedeva la realizzazione di un corridoio per piste da
sci in una zona di foresta. Esso verteva altresì sulla costruzione di
una cabinovia che, dall’ingresso di Santa Caterina, doveva raggiungere
la località di Plaghera e, con un secondo tratto, la Valle dell’Alpe.
Esso prevedeva inoltre un collegamento tra la Valle dell’Alpe e Costa
Sobretta con una seggiovia monofune a quattro posti. Al progetto erano
strettamente collegate ulteriori opere: la realizzazione di una stazione
di partenza, dello stadio dello sci, di un parcheggio in prossimità
della stazione di partenza, della variante della pista «Edelweiss», di
un ponte sul fiume Frodolfo, di un rifugio in Valle dell’Alpe, oltre che
di strade di servizio, di un impianto di neve programmata e di un
magazzino veicoli.
20 Con decreto 30 maggio 2000, n. 13879, la Regione Lombardia, in base
ad uno studio effettuato da un architetto per conto delle società
Montagne di Valfurva e Santa Caterina Impianti, esprimeva un giudizio
positivo di compatibilità ambientale del progetto, subordinato al
rispetto di una serie di prescrizioni di carattere generale nonché di
carattere specifico relative all’esecuzione dei singoli interventi
previsti dal progetto. Il detto decreto precisava che, nell’ambito dei
successivi iter autorizzativi, sarebbe stato necessario verificare
l’osservanza delle dette condizioni, nonché di taluni divieti e
compensazioni previste in materia ambientale.
21 Nella premessa dello studio cui fa riferimento il detto decreto si
indicava che lo stato degli impianti sciistici e delle infrastrutture
della zona in questione era divenuto carente e che il loro
ammodernamento risultava necessario, e ciò anche al fine di ottenere una
sovvenzione per il progetto in esame.
22 Secondo tale studio, non erano stati presi in considerazione
l’effetto dell’aumento della pressione antropica sulle specie con
attività riproduttiva sensibile alla presenza umana, in particolare la
pernice bianca e la marmotta, né le possibili conseguenze sugli
invertebrati e sugli anfibi, né gli effetti sui flussi migratori di
uccelli limicoli.
23 In tale studio si sosteneva che l’incidenza sull’ambiente e le
questioni relative alle misure di mitigazione, di monitoraggio e di
compensazione degli effetti delle opere previste sulle varie componenti
ambientali sarebbero stati affrontati in maniera sommaria e che la
componente «flora, vegetazione e habitat» sarebbe stata analizzata solo
in modo frammentario. Tale studio concludeva quindi che era necessario
predisporre un progetto di ripristino morfologico/ambientale che
affrontasse la tematica del rinverdimento dei luoghi una volta terminati
i lavori.
24 Il detto studio conteneva le seguenti conclusioni:
«(…)
La mancata realizzazione dell’intervento potrebbe avviare una lenta ma
inesorabile decadenza [economica] non solo dell’area di S. Caterina ma
dell’intero bacino sciabile. Pertanto, la proposta di potenziamento
degli impianti di risalita e di realizzazione di nuove piste, con le
infrastrutture connesse, risulta, per le sue valenze socio-economiche e
con particolare riguardo agli aspetti turistici, meritoria di
realizzazione.
(…)
Gli interventi progettati si possono ritenere ambientalmente compatibili
alle seguenti condizioni:
- l’intero progetto di riqualificazione impiantistica e conseguente
attivazione dei nuovi impianti/servizi è subordinato alla realizzazione
del parcheggio a valle dell’abitato di Santa Caterina quale logico
supporto alla costruzione dei nuovi impianti. Considerata la natura ed
entità economica del progetto del parcheggio, fermi restando i limiti
contributivi autorizzati in sede comunitaria, si rileva l’opportunità
che lo stesso sia prevalentemente autofinanziato dai richiedenti;
(…)
- per contenere il taglio del bosco, ridurre i movimenti di terra e
limitare la larghezza del ponte sul torrente Frodolfo, la pista di
raccordo (…) originariamente prevista con larghezza minima pari a 40
metri, dovrà essere ridotta in larghezza a 20 metri lineari (…);
(…)
- le infrastrutture di valle (tribune, cabine telecronisti e
cronometristi) dovranno essere oggetto di specifica progettazione (…);
- la larghezza della fascia da disboscare per la realizzazione
dell’impianto di risalita dovrà essere strettamente limitata a quella
imposta dalle norme di sicurezza degli impianti (…);
- la pista di raccordo fra le piste da sci esistenti e la nuova stazione
di arrivo/partenza di località Plaghera dovrà essere ridimensionata
nell’ampiezza per ridurre i movimenti di terra;
(…)
- per ridurre i movimenti di terra e la conseguente alterazione dei
luoghi non dovranno essere realizzati [né] il corsello di collegamento
tra la stazione di arrivo e il rifugio di Valle dell’Alpe [né] il
previsto magazzino per il deposito delle cabine (…);
- la nuova strada carrabile prevista per la cantierizzazione della
seggiovia Vallalpe-Costa Sobretta, considerata l’eccessiva alterazione
dei luoghi che comporterà, non dovrà essere realizzata (…);
- considerato l’alto grado di naturalità dei luoghi (copertura vegetale
di praterie naturali, cespugli e ambienti floristici rupicoli e di
morena, rilevanze paesistiche del complesso articolarsi dei massicci
delle linee verticali delle pareti rocciose e delle frastagliate linee
di cresta), e le varie potenziali criticità sopra evidenziate per tale
ambito territoriale, la progettazione esecutiva (...) dovrà essere
comprensiva di tutte quelle indicazioni settoriali (flora, fauna,
ecosistemi, geologia, idrogeologia, stabilità dei versanti etc.) per
consentire una valutazione degli interventi previsti coerentemente con i
livelli di tutela della massima espressione della naturalità alpina dei
luoghi in esame.
Nel caso di sostenibilità delle opere, la progettazione esecutiva
[conterrà] anche (…) le seguenti prescrizioni: (…)
- la perdita di patrimonio forestale dovuta al taglio piante dovrà
essere compensata mediante idonee ripiantumazioni pari a due volte le
essenze abbattute (…);
- tutti i movimenti di terra dovranno essere sistemati ed inerbiti (…);
- le linee di servizio (acquedotto, fognatura, elettricità, impianti per
l’innevamento programmato) dovranno essere interrati. È vietata la posa
di elettrodotti aerei a fianco degli impianti di risalita;
- risulta necessaria ed indispensabile la predisposizione di un progetto
di ripristino morfologico ambientale dei luoghi interessati dai lavori,
che affronti a livello esecutivo la tematica del rinverdimento dei
luoghi ad operazioni di cantierizzazione ultimate (…).
Per il prosieguo della progettazione esecutiva sarà necessario che
risultino adempiuti i seguenti aspetti:
- sotto il profilo idrogeologico, siano trattate le problematiche
connesse alle interferenze indotte dalla realizzazione delle piste da
sci e dei previsti cantieri sull’assetto idrogeologico del territorio in
località “Vallalpe” e sul versante sud della Costa Sobretta;
- esecuzione di specifiche indagini relative all’assetto idrogeologico e
geomeccanico, con studi sulla circolazione delle acque sotterranee (…);
- verifica delle alterazioni degli assetti geostrutturali delle
formazioni affioranti sulle pareti rocciose interessate dai lavori (…).
Per quanto concerne la componente ambientale fauna risulta
indispensabile riparametrare l’effetto dell’opera nel suo contesto
globale (…)».
25 Successivamente, nel settembre 2000, la Regione Lombardia incaricava
l’Istituto di Ricerca per l’Ecologia e l’Economia applicate alle Aree
Alpine (in prosieguo: l’«IREALP») di redigere una relazione sulla
valutazione dell’impatto ambientale del progetto in esame.
26 Questa relazione era intesa quale studio di fattibilità comprendente
gli aspetti connessi con il recupero ambientale, le azioni di
mitigazione, le opere di ingegneria naturalistica e la riqualificazione
ambientale ritenute necessaire per l’avvio di una progettazione
preliminare e, poi, definitiva.
27 Il progetto controverso veniva poi modificato, per inserire in
particolare un allargamento della pista «Edelweiss», la cui larghezza
veniva portata da 20 a quasi 50 metri.
28 Nel settembre 2002 l’IREALP rendeva pubblica la relazione sulla
valutazione dell’incidenza delle misure progettate. Tale relazione
descriveva in modo sintetico l’area del sito interessata dal progetto
come una «pecceta con poche specie rare, ma elevata diversità specifica
propria della foresta subalpina; fragilità alta e rigenerazione in tempi
lunghi».
29 La detta relazione constatava la «presenza di animali di rilevante
interesse […], nidificanti nel bosco: astore, picchio nero, picchio
rosso maggiore, picchio verde». Tale relazione menzionava, tra i
principali fattori di impatto del detto progetto in fase di cantiere, la
«riduzione di habitat forestale idoneo alla nidificazione di specie di
interesse conservazionistico».
30 Dalle conclusioni della relazione dell’IREALP risulta che le linee
direttrici che lo studio aveva potuto considerare non erano ancora
completamente definite, ma subivano una progressiva evoluzione anche
sulla base delle conoscenze e delle precisazioni che via via emergevano
nel corso del processo di realizzazione del progetto. Veniva parimenti
osservato che la relazione costituiva l’occasione per presentare
ulteriori proposte di miglioramento del bilancio ambientale della
gestione dell’intero comprensorio sciistico, che non poteva essere visto
come separato dalle più generali istanze di sviluppo sostenibile del
territorio.
31 La relazione precisava altresì quanto segue:
«Se il processo indicato può essere considerato positivo, esso mostra
peraltro anche aspetti meno positivi nel momento in cui riflette la
necessità di ulteriori determinazioni di alcuni aspetti tecnici anche
importanti, che richiederanno probabilmente precisazioni tecniche nelle
prossime fasi. Anche il presente studio riflette evidentemente tale
limite, e deve pertanto essere considerato come uno strumento di
orientamento delle decisioni, che evidenzia rischi e fornisce
suggerimenti per risolvere i problemi, piuttosto che come una misura
precisa degli impatti ambientali che gli interventi previsti
produrranno. Stime più precise di tali impatti (...) potranno essere
fornite in futuro in studi di impatto ambientale che accompagnino
l’evoluzione delle attuali linee progettuali (…)».
32 Le conclusioni della relazione contenevano una serie di valutazioni
relative alla fattibilità, sotto il profilo ambientale, delle linee
direttrici del progetto studiato. Esse rilevavano ciò che segue:
«In ogni caso la prosecuzione delle attività di progettazione dovrà
prevedere un significativo contenimento delle interferenze sull’ambiente
rispetto alle ipotesi iniziali, obiettivo [per il cui conseguimento si
potranno] anche utilizzare i suggerimenti al riguardo contenuti nella
presente relazione. Tal[e] obiettiv[o] dovr[à] essere perseguit[o] con
maggior forza per quanto riguarda gli interventi in Valle dell’Alpe, per
i quali potrà essere opportuno un ulteriore specifico studio di impatto
ambientale una volta precisato l’insieme degli interventi ipotizzati».
33 Il 3 ottobre 2002 il Consorzio dichiarava di approvare le misure e
gli orientamenti raccomandati dalla relazione dell’IREALP, nonché le
proposte ivi contenute.
34 Il 14 febbraio 2003 il Consorzio rilasciava un’autorizzazione
relativa al progetto di ampliamento e adattamento delle piste da sci
alpino «Bucaneve» e «Edelweiss», nonché delle infrastrutture correlate
in località Santa Caterina Valfurva (in prosieguo: «l’autorizzazione del
14 febbraio 2003»). Il Consorzio considerava i lavori previsti conformi
al contenuto di tale relazione, precisando, tuttavia, che tale
autorizzazione veniva concessa subordinatamente alla sussistenza di tale
conformità. La detta autorizzazione veniva inoltre subordinata
all’osservanza di una serie di condizioni e prescrizioni.
35 A partire dal febbraio 2003, circa 2 500 alberi venivano abbattuti,
su un’area di 50 metri di larghezza per 500 metri di lunghezza, a quote
comprese fra 1 700 e 1 900 metri di altitudine. Inoltre, l’adattamento
delle piste e delle infrastrutture sciistiche a Santa Caterina Valfurva,
all’interno della zona di protezione speciale IT 2040044, causava la
completa perdita di continuità degli habitat delle specie di uccelli
presenti nel sito.
36 Il 19 giugno 2003, sulla scorta delle indicazioni contenute nella
relazione dell’IREALP, veniva pubblicato un nuovo progetto, corredato da
uno studio complementare del comune di Valfurva relativo all’impatto
ambientale. Nel luglio 2003 veniva avviata la procedura di valutazione
dell’impatto ambientale, finalizzata al parere relativo alla parte del
progetto localizzata tra Plaghera, Costa Sobretta e Valle dell’Alpe.
37 Il 20 agosto 2003 il Consorzio emetteva parere negativo sulla
compatibilità del progetto con l’ambiente, a causa dell’inosservanza
delle indicazioni fornite nella relazione dell’IREALP.
38 Il 16 ottobre 2003 veniva sottoscritto un documento d’intesa tra la
Regione Lombardia, il Consorzio, il comitato organizzatore dei
campionati mondiali di sci ed il responsabile del programma quadro
relativo al progetto, al fine di mettere a punto gli elementi
controversi del progetto. Tale intesa prevedeva:
- l’individuazione delle modalità di acquisizione dei pareri per portare
a termine le procedure regionali di valutazione;
- l’adozione di una visione d’insieme degli interventi sottoposti ad
istruttoria, coordinando per quanto possibile le relative procedure;
- la garanzia del rispetto delle condizioni fissate dal consiglio
direttivo del Consorzio;
- la conferma della localizzazione della stazione intermedia a Plaghera
e del rifugio in Valle dell’Alpe;
- il riesame e l’adattamento dei progetti riferiti agli interventi
nell’ambito del sito di Santa Caterina-Plaghera in funzione delle
esigenze di tutela espresse dal Consorzio.
39 Con decreto 28 novembre 2003, n. 20789, la Regione Lombardia
dichiarava che il progetto di ristrutturazione degli impianti di
risalita e dei servizi correlati nel territorio del comune di Valfurva
era compatibile con l’ambiente della zona di protezione speciale IT
2040044.
40 Il detto decreto, che recepisce anche le conclusioni di una
valutazione di incidenza della competente Direzione generale Agricoltura
della Regione Lombardia, affidava la vigilanza sul rispetto delle
condizioni poste, in fase sia di approvazione dei progetti sia della
loro esecuzione, al Comune di Valfurva. Esso stabiliva inoltre che i
progetti definitivi avrebbero dovuto essere integrati con una serie di
prescrizioni, tra cui la presentazione di uno studio di incidenza delle
opere.
Fase precontenziosa del procedimento
41 Conformemente all’art. 226 CE, la Commissione, con lettera 19
dicembre 2003, invitava la Repubblica italiana a trasmetterle le proprie
informazioni in merito alla situazione della zona di protezione speciale
IT 2040044.
42 Non avendo ricevuto risposta a tale lettera, la Commissione inviava
alla Repubblica italiana un parere motivato in data 9 luglio 2004.
43 La Repubblica italiana rispondeva alle censure formulate dalla
Commissione nel parere motivato con diverse comunicazioni ministeriali.
44 La Commissione, ritenendo tali risposte insoddisfacenti, proponeva il
ricorso in esame.
Sul ricorso
45 La Commissione deduce quattro addebiti a carico della Repubblica
italiana: i primi tre si riferiscono alla direttiva 92/43 ed il quarto
riguarda la direttiva 79/409.
Sul primo addebito, vertente sulla violazione del combinato disposto
degli artt. 6, n. 3, e 7 della direttiva 92/43
- Argomenti delle parti
46 La Commissione ritiene che l’autorizzazione del 14 febbraio 2003 non
fosse fondata su un’adeguata valutazione dell’impatto ambientale della
decisione di ampliare le piste da sci «Bucaneve» e «Edelweiss» e di
allestire varie infrastrutture correlate.
47 La Commissione sottolinea che la relazione dell’IREALP non contiene
un’adeguata valutazione degli effetti delle opere progettate sulla zona
di protezione speciale IT 2040044.
48 Essa rileva che la detta zona ospita numerose specie di uccelli
protette, come emerge dalle indicazioni contenute nell’Atlas of European
Breeding Birds, pubblicazione che raccoglie gli studi di oltre 10 000
ornitologi di tutta Europa e considerata quale opera estremamente
attendibile in materia di uccelli nidificanti in Europa.
49 La Commissione osserva inoltre che, sebbene la relazione dell’IREALP
contenga utili raccomandazioni, di esse non si è tenuto debitamente
conto nell’ambito dell’autorizzazione del 14 febbraio 2003.
50 La Commissione giunge alla conclusione che la detta autorizzazione è
stata accordata senza che le autorità nazionali avessero acquisito la
certezza che le opere previste fossero prive di effetti pregiudizievoli
per l’integrità della zona di protezione speciale in questione.
51 La Repubblica italiana deduce che occorre distinguere tra due tipi di
lavori, ossia, da un lato, quelli per cui è stata effettuata la
procedura di valutazione dell’impatto ambientale e sono state indicate
le misure da adottare per limitare tale impatto e, dall’altro, quelli
per cui, in base alla relazione dell’IREALP, sono state previste talune
modifiche.
52 La Repubblica italiana osserva che per la prima categoria di lavori,
che comprende le opere realizzate tra Plaghera e la Valle dell’Alpe,
occorre determinare se le competenti autorità abbiano proceduto ad una
valutazione degli interessi ambientali presenti nella zona di protezione
speciale IT 2040044. Per gli altri lavori, ossia le opere realizzate tra
Santa Caterina e Plaghera, occorrerebbe verificare se la stessa
procedura abbia avuto corso e se il rinvio ad una fase successiva di
affinamento progettuale delle misure di mitigazione delle ripercussioni
sull’ambiente sia conforme alla direttiva 92/43.
53 La Repubblica italiana sostiene che il decreto regionale 30 maggio
2000, n. 13879, pur non facendo espressamente riferimento alla
valutazione dell’incidenza ambientale, è stato emanato previa analisi
degli elementi di riferimento stabiliti da tale direttiva.
54 Secondo la Repubblica italiana, ne consegue che la valutazione alla
base di tale decreto costituisce un vincolo imprescindibile per ogni
successivo provvedimento autorizzativo.
- Giudizio della Corte
55 In via preliminare occorre rilevare che le parti sono concordi sul
fatto che i lavori di adattamento delle piste da sci e l’allestimento
delle connesse infrastrutture erano tali da far sorgere l’obbligo di
effettuare una previa valutazione d’incidenza ambientale, in conformità
all’art. 6, n. 3, della direttiva 92/43.
56 Tale disposizione prevede un procedimento di valutazione diretto a
garantire, mediante un controllo preventivo, che un piano o un progetto
non direttamente connesso o necessario alla gestione del sito
interessato, ma idoneo ad avere incidenze significative sullo stesso,
possa essere autorizzato solo se non pregiudicherà l’integrità di tale
sito (v. sentenze 7 settembre 2004, causa C‑127/02, Waddenvereniging e
Vogelbeschermingsvereniging, Racc. pag. I‑7405, punto 34, in prosieguo:
la «sentenza Waddenzee»; nonché 26 ottobre 2006, causa C‑239/04,
Commissione/Portogallo, Racc. pag. I‑10183, punto 19, in prosieguo: la
«sentenza Castro Verde»).
57 Per quanto riguarda la nozione di «opportuna valutazione» ai sensi
dell’art. 6, n. 3, della direttiva 92/43, occorre rilevare che
quest’ultima non definisce alcun metodo particolare per lo svolgimento
di siffatta valutazione.
58 Tuttavia, la Corte ha dichiarato che tale valutazione dev’essere
concepita in modo tale che le autorità competenti possano acquisire la
certezza che un piano o un progetto non pregiudicherà l’integrità del
sito di cui trattasi, dato che, quando sussiste un’incertezza quanto
alla mancanza di tali effetti, le dette autorità sono tenute a negare
l’autorizzazione richiesta (v., in tal senso, le citate sentenze
Waddenzee, punti 56 e 57, e Castro Verde, punto 20).
59 Quanto agli elementi in base ai quali le competenti autorità possono
acquisire la certezza necessaria, la Corte ha precisato che dev’essere
escluso qualsiasi ragionevole dubbio da un punto di vista scientifico,
fermo restando che le dette autorità devono fondarsi sulle migliori
conoscenze scientifiche in materia (v. citate sentenze Waddenzee, punti
59 e 61, e Castro Verde, punto 24).
60 Occorre pertanto verificare se, nel caso di specie, gli effetti dei
lavori controversi sull’integrità del sito interessato siano stati
esaminati prima del rilascio dell’autorizzazione del 14 febbraio 2003 in
modo conforme ai suddetti parametri.
61 Dagli atti di causa risulta che talune riflessioni preparatorie erano
state svolte prima del rilascio della detta autorizzazione. Le
valutazioni possibilmente idonee ai sensi dell’art. 6, n. 3, della
direttiva 92/43 sono costituite, da una parte, da uno studio
dell’impatto sull’ambiente realizzato nel 2000 e, dall’altra, da una
relazione presentata nel 2002 (v. supra, punti 21-24 nonché 25-32).
62 Per quanto attiene, da un lato, al suddetto studio, realizzato da un
architetto per conto di due imprese di lavori pubblici, occorre
osservare che, sebbene esso affronti la questione degli effetti delle
opere progettate sulla fauna e sulla flora della zona, esso stesso
evidenzia il carattere sommario e frammentario dell’analisi delle
ripercussioni ambientali prodotte dall’allargamento delle piste da sci e
dalla costruzione delle correlate infrastrutture.
63 Si deve altresì sottolineare che il medesimo studio rileva un numero
considerevole di elementi che non sono stati presi in considerazione. In
particolare, esso raccomanda ulteriori analisi morfologiche e
ambientali, nonché un nuovo esame degli effetti delle opere, nel loro
contesto globale, sulla fauna selvatica in generale e sulla situazione
di talune specie tutelate, in particolare nella zona di foresta da
disboscare.
64 Secondo il detto studio, inoltre, dal punto di vista economico la
realizzazione delle opere progettate è auspicabile, ma deve avvenire nel
rispetto di un elevato numero di prescrizioni a fini di tutela.
65 È d’obbligo concludere che il detto studio non costituisce una
valutazione opportuna ai sensi dell’art. 6, n. 3, della direttiva 92/43
sulla quale le autorità nazionali potessero fondarsi per autorizzare i
lavori controversi.
66 Per quanto concerne, dall’altro lato, la relazione dell’IREALP
presentata nel 2002, va osservato che anch’essa descrive i lavori
previsti, esaminandone l’incidenza sul regime idrogeologico e sulla
geomorfologia, nonché sulla vegetazione della zona. Quanto agli uccelli
per i quali il sito è stato classificato zona di protezione speciale,
tale relazione non contiene un elenco esaustivo degli uccelli selvatici
ivi presenti.
67 Se è pur vero che la relazione dell’IREALP spiega che i principali
elementi di disturbo che minacciano la fauna provengono dalla
distruzione dei nidi durante la fase di disboscamento e dalla
frammentazione dell’habitat, tale relazione è tuttavia caratterizzata da
una serie di rilievi di carattere preliminare e dall’assenza di
conclusioni definitive. Essa sottolinea, infatti, l’importanza di
valutazioni da effettuarsi progressivamente, in particolare in base a
conoscenze e precisazioni che possono emergere nel corso del processo di
realizzazione del progetto. La detta relazione è stata peraltro
concepita come un’occasione per presentare ulteriori proposte di
miglioramento del bilancio ambientale degli interventi previsti.
68 Da tali elementi si evince che neppure la relazione dell’IREALP può
essere considerata quale valutazione opportuna dell’incidenza dei lavori
controversi sulla zona di protezione speciale IT 2040044.
69 Da tutte le suesposte considerazioni risulta che sia lo studio del
2000 sia la relazione del 2002 sono caratterizzati da lacune e
dall’assenza di rilievi e di conclusioni completi, precisi e definitivi
atti a dissipare qualsiasi ragionevole dubbio scientifico in merito agli
effetti dei lavori previsti sulla zona di protezione speciale in
questione.
70 Orbene, rilievi e conclusioni di tale natura erano indispensabili
affinché le competenti autorità fossero in grado di acquisire la
certezza necessaria per adottare la decisione che autorizza i detti
lavori.
71 Pertanto, l’autorizzazione del 14 febbraio 2003 non era conforme
all’art. 6, n. 3, della direttiva 92/43.
72 Quanto agli altri studi, è sufficiente osservare che essi non possono
essere considerati pertinenti, dato che sono stati svolti o nel corso
dei lavori, o dopo la loro realizzazione, ossia dopo il rilascio
dell’autorizzazione del 14 febbraio 2003.
73 Pertanto, l’inadempimento dell’art. 6, n. 3, della direttiva 92/43
dev’essere considerato dimostrato.
Sul secondo addebito, vertente sulla violazione del combinato disposto
degli artt. 6, n. 4, e 7 della direttiva 92/43
- Argomenti delle parti
74 La Commissione ritiene che fosse evidente come i lavori previsti
rischiassero di pregiudicare gravemente l’integrità della zona in
questione. Ebbene, a suo avviso non è stata presa seriamente in
considerazione nessuna alternativa. Il decreto regionale 30 maggio 2000,
n. 13879, avrebbe evocato la possibilità di non modificare le piste da
sci «Bucaneve» e «Edelweiss», ma piuttosto di mantenere, nei limiti del
possibile, il tracciato attuale, per poi scostarsene in seguito.
75 La Commissione ne deduce che il progetto è stato autorizzato sebbene
esistessero altre soluzioni meno dannose per l’ambiente della detta
zona, le quali tuttavia non sono state prese in considerazione dalle
autorità nazionali.
76 La Commissione fa inoltre valere che la realizzazione dei lavori non
era giustificata da motivi imperativi di rilevante interesse pubblico.
Essa afferma, inoltre, che non è stata adottata alcuna misura
compensativa.
77 La Repubblica italiana sostiene che i lavori controversi sono stati
oggetto di una doppia procedura di autorizzazione. La parte iniziale dei
tracciati e degli impianti tra Santa Caterina e Plaghera sarebbe stata
considerata compatibile con l’ambiente in forza del decreto regionale 30
maggio 2000, n. 13879, integrato dal successivo parere favorevole del
Consiglio regionale della Lombardia. Per quanto riguarda la parte del
progetto da realizzarsi tra Plaghera e la Valle dell’Alpe, essa afferma
che è stata avviata una fase di revisione del progetto in seguito alle
indicazioni contenute nella relazione dell’IREALP, al fine di dar corso
alla procedura di valutazione dell’impatto ambientale.
78 La Repubblica italiana fa presente che la Regione Lombardia aveva
imposto, quale condizione prevista dal decreto regionale 28 novembre
2003, n. 20789, contenente una valutazione d’incidenza ambientale
relativa alla zona situata tra Plaghera e Valle dell’Alpe, che fosse
presentato uno studio sull’impatto complessivo delle opere, riguardante
anche la zona situata tra Santa Caterina e Plaghera.
79 La Repubblica italiana aggiunge che le competenti autorità hanno
acquisito la certezza che fosse necessario assoggettare a valutazione
d’incidenza ambientale la totalità delle opere, comprese quelle
autorizzate dal detto decreto regionale.
- Giudizio della Corte
80 Per quanto riguarda la fondatezza dell’addebito vertente sulla
violazione dell’art. 6, n. 3, della direttiva 92/43, occorre acclarare
se l’autorizzazione del 14 febbraio 2003 fosse conforme ai requisiti
stabiliti dall’art. 6, n. 4, della direttiva.
81 Tale disposizione prevede che, qualora, nonostante conclusioni
negative della valutazione dell’incidenza effettuata in conformità
all’art. 6, n. 3, primo periodo, di tale direttiva, un piano o progetto
debba essere comunque realizzato per motivi imperativi di rilevante
interesse pubblico, inclusi motivi di natura sociale o economica, e in
mancanza di soluzioni alternative, lo Stato membro può adottare ogni
misura compensativa necessaria per garantire che la coerenza globale di
Natura 2000 sia tutelata.
82 Come la Corte ha sottolineato ai punti 35 e 36 della citata sentenza
Commissione/Portogallo, l’art. 6, n. 4, della detta direttiva, in quanto
disposizione derogatoria rispetto al criterio di autorizzazione previsto
dal secondo periodo del n. 3 del citato articolo, dev’essere
interpretato restrittivamente.
83 Occorre inoltre rilevare che l’art. 6, n. 4, della direttiva 92/43
può essere applicato solo dopo che l’incidenza di un piano o di un
progetto sia stata valutata ai sensi dell’art. 6, n. 3, della direttiva
medesima. La conoscenza di tale incidenza con riferimento agli obiettivi
di conservazione relativi al sito in questione costituisce un
presupposto imprescindibile ai fini dell’applicazione del detto art. 6,
n. 4, dato che, in assenza di tali elementi, non può essere valutato
alcun requisito di applicazione di tale disposizione di deroga. L’esame
di eventuali motivi imperativi di rilevante interesse pubblico e quello
dell’esistenza di alternative meno dannose richiedono, infatti, una
ponderazione con riferimento ai danni che il piano o il progetto in
questione cagiona al sito. Inoltre, per determinare la natura di
eventuali misure compensative, i danni al detto sito devono essere
individuati con precisione.
84 Orbene, dalle considerazioni che precedono risulta che le autorità
nazionali non disponevano di tali dati al momento dell’adozione della
decisione di concedere l’autorizzazione del 14 febbraio 2003. Ne
consegue che tale autorizzazione non può essere fondata sull’art. 6, n.
4, della direttiva 92/43.
85 Pertanto, l’autorizzazione del 14 febbraio 2003 dal Consorzio non era
conforme all’art. 6, n. 4, della direttiva 92/43.
86 Di conseguenza, anche sotto tale profilo il ricorso della Commissione
è fondato.
Sul terzo addebito, vertente sulla violazione del combinato disposto
degli artt. 6, n. 2, e 7 della direttiva 92/43
- Argomenti delle parti
87 La Commissione afferma che le autorità nazionali non erano
autorizzate a concedere l’autorizzazione per i lavori di ampliamento e
adattamento della zona sciistica alpina, dato che tali lavori erano
suscettibili di arrecare grave pregiudizio all’integrità del parco.
88 La Commissione sottolinea che la zona in questione ha subìto un
notevole degrado in seguito ai lavori autorizzati dal Consorzio. Essa
ricorda che l’adattamento delle piste da sci alpino «Bucaneve» e
«Edelweiss» ha comportato l’abbattimento di circa 2 500 alberi che
costituivano un habitat importante per numerose specie tutelate di
uccelli.
89 Secondo la Repubblica italiana, la circostanza che la realizzazione
dell’opera controversa abbia comportato alcuni aspetti critici cui non è
ancora stato posto rimedio non significa che gli interventi considerati
non siano stati correttamente valutati. Quando lavori pubblici
comportanti impatti negativi sull’ambiente risultano necessari, le
disposizioni della direttiva 92/43 non implicano, a suo avviso, il
divieto di realizzare tali lavori, bensì l’obbligo di adottare opportune
misure compensative.
90 La Repubblica italiana ritiene che siffatte misure debbano essere
adottate, secondo le possibilità, prima, durante e dopo la realizzazione
dei lavori in questione.
- Giudizio della Corte
91 Per accertare la fondatezza dell’addebito occorre esaminare se
attività che incidono su una zona di protezione speciale possano violare
l’art. 6, nn. 3 e 4, della direttiva 92/43 - come rilevato, nella
specie, ai punti 73 e 85 della presente sentenza - nonché,
contemporaneamente, il n. 2 dello stesso articolo.
92 A tale proposito occorre osservare che quest’ultima disposizione
stabilisce l’obbligo di adottare opportune misure di tutela, dirette ad
evitare il degrado nonché le perturbazioni che possano avere effetti
significativi per quanto riguarda gli obiettivi della direttiva 92/43.
93 Tale obbligo corrisponde all’obiettivo enunciato al settimo
‘considerando’ di tale direttiva, secondo il quale ogni zona di
protezione speciale deve integrarsi in una rete ecologica europea
coerente.
94 Quando un’autorizzazione sia stata accordata per un piano o progetto
in modo non conforme all’art. 6, n. 3, della direttiva 92/43 - come
emerge nella specie dall’esame della prima censura -, può essere
rilevata una violazione del n. 2 del detto articolo con riferimento ad
una zona di protezione speciale se risultino dimostrati il degrado di un
habitat ovvero perturbazioni che colpiscono le specie per le quali la
zona in questione è stata designata.
95 Per quanto riguarda la causa in esame, occorre ricordare che
all’interno della zona interessata - che costituisce l’habitat di specie
di uccelli protetti, in particolare dell’astore, della pernice bianca,
del picchio nero e del fagiano di monte - sono stati abbattuti circa 2
500 alberi. Di conseguenza, i lavori controversi hanno annientato i siti
di riproduzione delle dette specie.
96 È giocoforza concludere che i detti lavori, e le ripercussioni sulla
zona di protezione speciale IT 2040044 che ne sono derivate, erano
incompatibili con lo status giuridico di tutela di cui avrebbe dovuto
beneficiare la detta zona in forza dell’art. 6, n. 2, della direttiva
92/43.
97 Di conseguenza, il ricorso della Commissione dev’essere accolto anche
sotto tale profilo.
Sul quarto addebito, vertente sulla violazione dell’art. 4, nn. 1 e 2,
della direttiva 79/409
- Argomenti delle parti
98 La Commissione ritiene che l’analisi delle misure adottate dalle
autorità nazionali dimostri come la zona di protezione speciale IT
2040044 non abbia beneficiato di uno status giuridico di protezione nel
diritto nazionale atto a garantire, in particolare, la sopravvivenza e
la riproduzione delle specie di uccelli menzionate nell’allegato I della
direttiva 79/409 e la riproduzione, la muta e lo svernamento delle
specie migratorie non considerate dal detto allegato che ivi ritornano
regolarmente.
99 Ad avviso della Commissione, i lavori intrapresi in seguito
all’autorizzazione del 14 febbraio 2003 sarebbero tali da nuocere
gravemente alle specie di uccelli presenti in tale zona di protezione
speciale, in particolare durante il periodo riproduttivo.
100 La Commissione precisa che, sebbene la detta zona sia soggetta a
regolamentazione, la decisione del 14 febbraio 2003 dimostrerebbe come
le autorità nazionali non abbiano preso le misure necessarie per
istituire un regime giuridico atto ad assicurare non solo la tutela di
tale zona, ma anche l’effettiva protezione delle specie di uccelli ivi
presenti.
101 La Repubblica italiana replica che la zona controversa costituisce
uno spazio intensamente regolamentato.
102 Essa spiega che dalla normativa istitutiva del Parco risulta che
tale zona gode di uno status di tutela idoneo a garantire gli obiettivi
previsti dalla normativa comunitaria. A suo avviso, la creazione del
Parco ha lo scopo di proteggere la fauna instaurando un regime di
gestione incentrato sulla conservazione di specie animali o vegetali.
- Giudizio della Corte
103 In via preliminare si deve rammentare che la zona oggetto del
ricorso in esame è stata classificata zona di protezione speciale ai
sensi delle disposizioni dell’art. 4 della direttiva 79/409.
104 Occorre altresì rilevare che, se è pur vero che l’art. 7 della
direttiva 92/43 produce l’effetto di sostituire gli obblighi imposti
dall’art. 6, nn. 2-4, della detta direttiva a quelli derivanti dall’art.
4, n. 4, della direttiva 79/409, gli obblighi dettati dai nn. 1 e 2 del
citato art. 4 rimangono integralmente applicabili. Questi ultimi
obblighi presentano infatti carattere autonomo e perseguono obiettivi
diversi da quelli stabiliti all’art. 6, nn. 2-4, della direttiva 92/43.
105 Ai fini della determinazione della fondatezza della censura va
sottolineato che, per giurisprudenza costante, incombe alla Commissione
provare la sussistenza dell’asserito inadempimento. Spetta infatti
all’istituzione fornire alla Corte tutti gli elementi necessari affinché
quest’ultima accerti l’esistenza dell’inadempimento, senza potersi
basare su alcuna presunzione (v., in particolare, sentenze 6 novembre
2003, causa C‑434/01, Commissione/Regno Unito, Racc. pag. I‑13239, punto
21; 29 aprile 2004, causa C‑117/02, Commissione/Portogallo, Racc. pag.
I‑5517, punto 80, e 26 aprile 2007, causa C‑135/05, Commissione/Italia,
non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 20).
106 A tale proposito occorre osservare, come ha fatto la stessa
Commissione, che la gestione della zona di protezione speciale in
questione è disciplinata da diversi strumenti giuridici dell’ordinamento
italiano.
107 Incombeva quindi alla Commissione produrre la prova che il contesto
giuridico delineato da tali diversi strumenti non è idoneo a conferire
alla detta zona un adeguato status di tutela.
108 Ebbene, la Commissione non ha dimostrato sotto quale profilo il
detto contesto giuridico sia insufficiente alla luce delle disposizioni
dell’art. 4, nn. 1 e 2, della direttiva. Essa si è infatti limitata ad
eccepire l’adozione, da parte dell’autorità amministrativa, di una
decisione di autorizzazione contraria all’art. 6 della direttiva 92/43,
il che tuttavia non basta a dimostrare l’incompatibilità del detto
contesto giuridico con l’art. 4 della direttiva 79/409.
109 Conseguentemente, il quarto addebito della Commissione dev’essere
respinto.
Sulle spese
110 A norma dell’art. 69, n. 2, del regolamento di procedura, la parte
soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché
la Commissione ne ha fatto domanda, la Repubblica italiana, rimasta
sostanzialmente soccombente, va condannata alle spese.
Per questi motivi, la Corte (Quarta Sezione) dichiara e statuisce:
1) La Repubblica italiana,
- avendo autorizzato misure suscettibili di avere un impatto
significativo sulla zona di protezione speciale IT 2040044, Parco
Nazionale dello Stelvio, senza assoggettarle ad un’opportuna valutazione
della loro incidenza alla luce degli obiettivi di conservazione della
detta zona;
- avendo autorizzato siffatte misure senza rispettare le disposizioni
che consentono la realizzazione di un progetto, in caso di conclusioni
negative risultanti dalla valutazione dell’incidenza sull’ambiente e in
mancanza di soluzioni alternative, solo per motivi imperativi di
rilevante interesse pubblico, e solo dopo avere adottato e comunicato
alla Commissione delle Comunità europee ogni misura compensativa
necessaria per garantire che la coerenza globale di Natura 2000 sia
tutelata, e
- avendo omesso di adottare misure per evitare il deterioramento degli
habitat naturali e degli habitat delle specie nonché la perturbazione
delle specie per le quali la zona di protezione speciale IT 2040044,
Parco Nazionale dello Stelvio, è stata designata,
è venuta meno agli obblighi ad essa imposti dall’art. 6, nn. 2-4, della
direttiva del Consiglio 21 maggio 1992, 92/43/CEE, relativa alla
conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e
della fauna selvatiche, nel combinato disposto con l’art. 7 della
medesima direttiva, nonché dall’art. 4, nn. 1 e 2, della direttiva del
Consiglio 2 aprile 1979, 79/409/CEE, concernente la conservazione degli
uccelli selvatici.
2) Il ricorso è respinto quanto al resto.
3) La Repubblica italiana è condannata alle spese.
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