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Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006
CORTE DI
GIUSTIZIA DELLE COMUNITA' EUROPEE, Sez. III, 07/11/2007, Procedimento
T-374/04
INQUINAMENTO ATMOSFERICO - Ambiente - Sistema per lo scambio di quote di
emissioni dei gas a effetto serra - Piano nazionale di assegnazione di quote
di emissioni della Germania - Misure di adeguamento a posteriori del numero
di quote assegnate agli impianti - Decisione di rigetto della Commissione -
Parità di trattamento - Obbligo di motivazione - Direttiva 2003/87/CE.
L’art. 1 della decisione della Commissione 7 luglio 2004, C (2004) 2515/2
def., concernente il piano nazionale di assegnazione di quote di emissioni
dei gas a effetto serra notificato dalla Repubblica federale di Germania in
conformità alla direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 13 ottobre
2003, che istituisce un sistema per lo scambio di quote di emissioni dei gas
a effetto serra nella Comunità e che modifica la direttiva 96/61/CE del
Consiglio, è annullato. Inoltre, l’art. 2, lett. a)-c), della detta
decisione è annullato nella parte in cui ingiunge alla Repubblica federale
di Germania, da una parte, la soppressione delle misure di adeguamento a
posteriori ivi contemplate e, dall'altra, la comunicazione alla Commissione
della detta soppressione. CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITA' EUROPEE,
Sez. III, 07/11/2007, Procedimento T-374/04
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CORTE DI GIUSTIZIA
delle Comunità Europee,
SENTENZA DEL TRIBUNALE (Terza Sezione ampliata)
7 novembre 2007 (*)
«Ambiente – Direttiva 2003/87/CE – Sistema per lo scambio di quote di
emissioni dei gas a effetto serra – Piano nazionale di assegnazione di
quote di emissioni della Germania – Misure di adeguamento a posteriori
del numero di quote assegnate agli impianti – Decisione di rigetto della
Commissione – Parità di trattamento – Obbligo di motivazione»
Nella causa T-374/04,
Repubblica federale di Germania, rappresentata inizialmente dal sig.
C.-D. Quassowski, dalle sig.re A. Tiemann e C. Schulze-Bahr,
successivamente dalla sig.ra Schulze-Bahr e dal sig. M. Lumma, in
qualità di agenti, assistiti dagli avv.ti D. Sellner e U. Karpenstein,
ricorrente,
contro
Commissione delle Comunità europee, rappresentata dal sig. U. Wölker, in
qualità di agente,
convenuta,
avente ad oggetto una domanda di annullamento parziale della decisione
della Commissione 7 luglio 2004, C (2004) 2515/2 def., concernente il
piano nazionale di assegnazione di quote di emissioni dei gas a effetto
serra notificato dalla Repubblica federale di Germania in conformità
alla direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 13 ottobre 2003,
2003/87/CE, che istituisce un sistema per lo scambio di quote di
emissioni dei gas a effetto serra nella Comunità e che modifica la
direttiva 96/61/CE del Consiglio (GU L 275, pag. 32), nella parte in cui
la Commissione respinge alcune misure di adeguamento a posteriori di
determinate assegnazioni in quanto incompatibili con i criteri nn. 5 e
10 dell’allegato III della citata direttiva,
IL TRIBUNALE DI PRIMO GRADO
DELLE COMUNITÀ EUROPEE (Terza Sezione ampliata),
composta dal sig. M. Jaeger, presidente, dalla sig.ra V. Tiili, dal sig.
J. Azizi, dalla sig.ra E. Cremona e dal sig. O. Czúcz, giudici,
cancelliere: sig.ra K. Andová, amministratore
vista la fase scritta del procedimento e in seguito alla trattazione
orale del 21 giugno 2006,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
Contesto normativo
1 La direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 13 ottobre 2003,
2003/87/CE, che istituisce un sistema per lo scambio di quote di
emissioni dei gas a effetto serra nella Comunità e che modifica la
direttiva 96/61/CE del Consiglio (GU L 275, pag. 32), entrata in vigore
il 25 ottobre 2003, istituisce un sistema per lo scambio di quote di
emissioni dei gas a effetto serra nella Comunità (in prosieguo: il
«sistema per lo scambio di quote»), al fine di promuovere la riduzione
delle emissioni dei gas a effetto serra, in particolare il biossido di
carbonio (in prosieguo il «CO2»), secondo criteri di validità in termini
di costi e di efficienza economica (art. 1 della direttiva 2003/87).
Questa direttiva si fonda sugli obblighi incombenti alla Comunità ai
sensi della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti
climatici e del protocollo di Kyoto. Quest’ultimo è stato approvato con
decisione 25 aprile 2002, 2002/358/CE, riguardante l’approvazione, a
nome della Comunità europea, del protocollo di Kyoto allegato alla
convenzione quadro delle Nazioni unite sui cambiamenti climatici e
l’adempimento congiunto dei relativi impegni (GU L 130, pag. 1). Detto
protocollo è entrato in vigore il 16 febbraio 2005.
2 La Comunità e i suoi Stati membri hanno convenuto di ridurre, nel
periodo 2008-2012, le loro emissioni antropiche aggregate dei gas a
effetto serra elencate nell’allegato A del protocollo di Kyoto, nella
misura dell’8% rispetto al livello del 1990 (quarto ‘considerando’ della
direttiva 2003/87).
3 A tal fine, la direttiva 2003/87 prevede essenzialmente che le
emissioni dei gas a effetto serra da parte degli impianti elencati al
suo allegato I debbano essere sottoposte a previa autorizzazione e ad
un’attribuzione di quote assegnate in conformità a piani nazionali di
assegnazione (in prosieguo: i «PNA»). Se un gestore riesce a ridurre le
sue emissioni, può vendere ad altri gestori le quote in eccesso.
Viceversa, il gestore di un impianto le cui emissioni sono eccessive può
acquistare le quote necessarie presso un gestore che dispone di
eccedenze.
4 La direttiva 2003/87 prevede una prima fase corrispondente al periodo
2005-2007 (in prosieguo: il «primo periodo di assegnazione»), che
precede il primo periodo di impegno previsto dal protocollo di Kyoto,
poi una seconda fase relativa al periodo 2008-2012 (in prosieguo: il
«secondo periodo di assegnazione»), che corrisponde al detto primo
periodo di impegno (art. 11 della direttiva 2003/87).
5 Ai fini del rispetto degli impegni ai sensi della decisione 2002/358 e
del protocollo di Kyoto, il criterio n. 1 dell’allegato III della
direttiva 2003/87 precisa:
«La quantità totale delle quote da assegnare per il periodo interessato
è coerente con l’obbligo degli Stati membri di limitare le proprie
emissioni ai sensi della decisione 2002/358 (…) e del Protocollo di
Kyoto (…). La quantità totale delle quote da assegnare non deve superare
le minime esigenze per la rigorosa applicazione dei criteri del presente
allegato. Fino al 2008, la quantità deve essere conforme ad un
orientamento mirato al raggiungimento o al superamento dell’obiettivo di
ciascuno Stato membro, come previsto dalla decisione 2002/358 (…) e dal
protocollo di Kyoto».
6 Più concretamente, il sistema per lo scambio di quote è fondato, da
una parte, sull’imposizione di una previa autorizzazione ad emettere gas
a effetto serra (artt. 4-8 della direttiva 2003/87) e, dall’altra, su
quote che autorizzano il gestore titolare a emettere una certa quantità
di tali gas, con l’obbligo incombente a quest’ultimo di restituire
annualmente il numero di quote corrispondente alle emissioni totali del
suo impianto (art. 12, n. 3, della direttiva 2003/87).
7 Le condizioni e le procedure secondo le quali le autorità nazionali
competenti assegnano, sulla base di un PNA, quote ai gestori di impianti
sono previste agli artt. 9-11 della direttiva 2003/87.
8 Pertanto, l’art. 9, n. 1, della direttiva 2003/87 precisa:
«Per ciascun periodo di cui all’articolo 11, paragrafi 1 e 2, ciascuno
Stato membro elabora un [PNA] che determina le quote totali di emissioni
che intende assegnare per tale periodo e le modalità di tale
assegnazione. Il [PNA] si fonda su criteri obiettivi e trasparenti,
compresi i criteri elencati nell’allegato III, e tiene nella dovuta
considerazione le osservazioni del pubblico. Fatto salvo il trattato, la
Commissione elabora entro il 31 dicembre 2003 gli orientamenti per
l’attuazione dei criteri elencati nell’allegato III.
Per il periodo di cui all’articolo 11, paragrafo 1, il [PNA] è
pubblicato e notificato alla Commissione e agli altri Stati membri entro
il 31 marzo 2004 (…)».
9 La Commissione ha adottato gli orientamenti sopraccitati nell’ambito
della sua comunicazione 7 gennaio 2004, COM (2003) 830 def., sugli
orientamenti destinati ad assistere gli Stati membri nell’applicazione
dei criteri elencati all’allegato III della direttiva 2003/87 e sulle
circostanze in cui è dimostrata la forza maggiore (in prosieguo: gli
«orientamenti della Commissione»).
10 L’art. 9, n. 3, della direttiva 2003/87 dispone:
«Nei tre mesi successivi alla notificazione da parte di uno Stato membro
di un [PNA] di cui al paragrafo 1, la Commissione può respingerlo, in
tutto o in parte, qualora lo ritenga incompatibile con l’articolo 10 o
con i criteri elencati nell’allegato III. Lo Stato membro prende una
decisione a norma dell’articolo 11, paragrafo 1 o paragrafo 2, solo
previa accettazione da parte della Commissione delle modifiche che esso
propone. La Commissione giustifica ogni decisione di rigetto».
11 A termini dell’art. 10 della direttiva 2003/87, gli Stati membri
devono assegnare almeno il 95% delle quote a titolo gratuito per il
primo periodo di assegnazione e almeno il 90% per il secondo periodo di
assegnazione.
12 L’art. 11 della direttiva 2003/87 che concerne l’assegnazione e il
rilascio delle quote prevede:
«1. Per il triennio che ha inizio il 1° gennaio 2005 ciascuno Stato
membro decide in merito alle quote totali di emissioni che assegnerà in
tale periodo nonché in merito all’assegnazione di aliquote al gestore di
ciascun impianto. Tale decisione è presa almeno tre mesi prima
dell’inizio del suddetto triennio, sulla base del [PNA] di cui
all’articolo 9 e nel rispetto dell’articolo 10, tenendo nella dovuta
considerazione le osservazioni del pubblico.
(…)
3. Le decisioni adottate a norma dei paragrafi 1 e 2 sono conformi alle
disposizioni del trattato, in particolare agli articoli 87 e 88. Nel
decidere in merito all’assegnazione delle quote di emissioni, gli Stati
membri tengono conto della necessità di permettere ai nuovi entranti di
accedere a tali quote.
4. Per ogni anno del periodo di cui al paragrafo 1 (…) l’autorità
competente rilascia una parte delle quote totali di emissioni entro il
28 febbraio di tale anno».
13 L’allegato III della direttiva 2003/87 elenca undici criteri
applicabili ai PNA.
14 Secondo il criterio n. 1 dell’allegato III :
«La quantità totale delle quote da assegnare per il periodo interessato
è coerente con l’obbligo degli Stati membri di limitare le proprie
emissioni ai sensi della decisione 2002/358 (…) e del Protocollo di
Kyoto, tenendo conto, da un lato, della percentuale delle emissioni
complessive che tali quote rappresentano rispetto alle emissioni
prodotte da fonti che non rientrano nel campo di applicazione della
presente direttiva e, dall’altro, delle politiche energetiche nazionali,
e dovrebbe essere coerente con il programma nazionale sui cambiamenti
climatici. La quantità totale delle quote da assegnare non deve superare
le minime esigenze per la rigorosa applicazione dei criteri del presente
allegato. Fino al 2008, la quantità deve essere conforme ad un
orientamento mirato al raggiungimento o al superamento dell’obiettivo di
ciascuno Stato membro, come previsto dalla decisione 2002/358 (…) e dal
protocollo di Kyoto».
15 A termini del criterio n. 5 dell’allegato III:
«Il [PNA] non opera discriminazioni tra imprese o settori per favorire
indebitamente talune imprese o attività, conformemente alle prescrizioni
del trattato, in particolare agli articoli 87 e 88».
16 Secondo il criterio n. 9 dell’allegato III:
«Il [PNA] prevede disposizioni riguardanti le osservazioni che il
pubblico può presentare e contiene informazioni sulle modalità con le
quali si terrà conto delle suddette osservazioni prima di adottare una
decisione in materia di assegnazione delle quote».
17 A questo proposito, i punti 93-96 degli orientamenti della
Commissione precisano in particolare:
«93. Questo criterio è obbligatorio.
94. (…) Gli Stati membri devono fare in modo che il pubblico possa
esprimersi sul [PNA ] in maniera efficace e tempestiva (…)
95. Gli Stati membri devono prevedere termini sufficienti per consentire
al pubblico di formulare le proprie osservazioni e fare in modo che tali
termini siano compatibili con la procedura decisionale nazionale, in
maniera tale che le osservazioni siano tenute nella dovuta
considerazione prima di decidere in merito al [PNA]. Per “dovuta
considerazione” si intende che le osservazioni vengono eventualmente
esaminate in relazione ai criteri elencati nell’allegato III o a
qualsiasi altro criterio obiettivo e trasparente applicato dagli Stati
membri nei [PNA]. Gli Stati membri devono comunicare alla Commissione
qualsiasi modifica che intendono apportare a seguito della consultazione
del pubblico, successivamente alla pubblicazione e alla notifica del [PNA]
e prima dell’adozione della decisione definitiva di cui all’articolo 11
[della direttiva 2003/87]. Il pubblico deve essere informato in termini
generali della decisione adottata e degli elementi principali sui quali
è basata.
96. Si sottolinea che la possibilità offerta al pubblico di esprimersi
sul [PNA] nell’ambito di questo criterio è in realtà una seconda fase di
consultazione: ai sensi dell’articolo 9, paragrafo 1 della direttiva
[2003/87], infatti, le osservazioni formulate dal pubblico nella prima
consultazione sulla proposta di [PNA] devono essere già state inserite,
ove pertinenti, nel [PNA] prima della sua notifica alla Commissione e
agli altri Stati membri. Per garantire l’efficacia dell’intero processo
di partecipazione del pubblico (cioè consultazione e considerazione
delle osservazioni formulate), la prima fase della consultazione del
pubblico è fondamentale; per tale motivo le norme applicabili
nell’ambito di questo criterio devono valere anche per la prima fase di
consultazione.
Gli Stati membri devono comunicare alla Commissione qualsiasi modifica
che intendono apportare successivamente alla pubblicazione e alla
notifica del [PNA] e prima dell’adozione della decisione definitiva di
cui all’articolo 11 [della direttiva 2003/87]».
18 Il criterio n. 10 dell’allegato III precisa che «[i]l [PNA] include
un elenco degli impianti disciplinati dalla presente direttiva con i
valori delle quote che saranno assegnate a ciascuno».
19 Per quanto riguarda il criterio n. 10, i punti 97-100 degli
orientamenti della Commissione espongono quanto segue:
«97. Questo criterio impone la trasparenza dei [PNA]: ciò implica che la
quantità di quote assegnata a ciascun impianto deve essere indicata, e
quindi posta a conoscenza del pubblico, al momento della notifica del
piano alla Commissione e agli altri Stati membri.
(…)
98. Questo criterio si considera rispettato se lo Stato membro adempie
all’obbligo di elencare tutti gli impianti soggetti alla direttiva
[2003/87] (…)
(…)
100. Gli Stati membri devono indicare la quantità totale di quote che
intendono assegnare a ciascun impianto e precisare la quantità
rilasciata ogni anno a ciascun impianto a norma dell’articolo 11,
paragrafo 4 [della direttiva 2003/87]».
20 In conformità ai punti 60-74 degli orientamenti della Commissione,
gli Stati membri possono costituire una riserva di quote (in prosieguo:
la «riserva») alla quale possono in particolare garantire l’accesso
gratuito ai nuovi entranti in base a regole e procedure trasparenti e
oggettive. Il PNA deve indicare l’entità di tale riserva rispetto alla
quantità totale di quote previste.
21 L’art. 12, n. 1, della direttiva 2003/87 prevede che le quote possono
essere trasferite tra persone fisiche o giuridiche all’interno della
Comunità o a persone fisiche o giuridiche nei paesi terzi. In forza
dell’art. 12, n. 3, della direttiva 2003/87, precedentemente al 1°
maggio di ogni anno, il gestore di ciascun impianto deve restituire
all’autorità competente un numero di quote pari alle emissioni totali di
tale impianto nel corso dell’anno civile precedente affinché tali quote
vengano successivamente cancellate.
22 Ai sensi dell’art. 29, n. 1, della direttiva 2003/87:
«(…) gli Stati membri possono chiedere alla Commissione che a
determinati impianti siano assegnate emissioni aggiuntive per cause di
forza maggiore. La Commissione determina la fondatezza della forza
maggiore e, se questa viene dimostrata, autorizza lo Stato membro ad
assegnare emissioni aggiuntive non trasferibili agli operatori di tali
impianti».
23 L’art. 38, n. 2, del regolamento (CE) della Commissione 21 dicembre
2004, n. 2216, relativo ad un sistema standardizzato e sicuro di
registri a norma della direttiva [2003/87] e della decisione n.
280/2004/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 386, pag. 1),
prevede sotto il titolo «Tabella relativa al [PNA] per il [primo]
periodo [di assegnazione]»:
«Ciascuno Stato membro notifica alla Commissione ogni correzione
apportata al proprio [PNA], insieme alla corrispondente correzione
apportata alla tabella. Se la correzione apportata alla tabella è basata
sul [PNA] notificato alla Commissione e non respinto ai sensi
dell’articolo 9, paragrafo 3 della direttiva 2003/87 (…) o in relazione
al quale la Commissione ha accettato le modifiche, ed è conforme alle
metodologie indicate nel [PNA] o è il risultato di un miglioramento dei
dati, la Commissione ordina all’amministratore centrale di inserirla
nella tabella relativa al [PNA] (…). In tutti gli altri casi, lo Stato
membro notifica alla Commissione la correzione apportata al proprio [PNA];
se tale correzione non è respinta secondo la procedura di cui
all’articolo 9, paragrafo 3 della direttiva 2003/87 (…), la Commissione
ordina all’amministratore centrale di inserirla nella tabella relativa
al [PNA] (…)»
Fatti, procedimento e conclusioni delle parti
24 Il 31 marzo 2004, la Repubblica federale di Germania ha notificato
alla Commissione, in conformità all’art. 9, n. 1, della direttiva
2003/87, il suo PNA per il primo periodo di assegnazione (in prosieguo:
il «PNA tedesco»).
25 Il PNA tedesco è costituito da un «piano macro» e da un «piano
micro». Il piano macro riporta la ripartizione del bilancio nazionale di
emissioni e determina la quantità totale di quote da assegnare in
conformità agli impegni di riduzione delle emissioni incombenti alla
Repubblica federale di Germania. Il piano micro disciplina
l’assegnazione di quote ai gestori dei vari impianti e prevede la
costituzione di una riserva di quote destinate ai nuovi entranti.
26 Per stabilire il numero di quote da assegnare ai vari impianti, il
PNA prevede, nella parte corrispondente al piano micro, tre periodi,
ossia tre metodi distinti a seconda della data di avvio della gestione
degli impianti.
27 Per gli impianti la cui attività è stata avviata precedentemente al
31 dicembre 2002, il numero di quote da assegnare gratuitamente è
calcolato sulla base della media annua delle loro emissioni storiche di
CO2 secondo il metodo di calcolo definito «grandfathering». Il numero di
quote da assegnare è determinato tramite una moltiplicazione dei dati di
emissioni storiche per un «fattore di esecuzione» (Erfüllungsfaktor),
stabilito in funzione dell’obiettivo di riduzione delle emissioni da
raggiungere. Pertanto, tale fattore di esecuzione si colloca in generale
sotto l’unità per consentire una riduzione rispetto al livello di
emissioni precedente e, in ultima analisi, di limitare il totale delle
quote da assegnare.
28 Per gli impianti la cui attività è stata avviata tra il 1° gennaio
2003 e il 31 dicembre 2004, il numero di quote da assegnare
gratuitamente è calcolato sulla base dei dati relativi alla media delle
emissioni annue di CO2 notificate dai gestori. Il gestore deve accludere
alla domanda di assegnazione di quote una perizia sulle caratteristiche
determinanti dell’impianto. Sia la domanda che la perizia devono
contenere dati sulla capacità dell’impianto, sulle materie prime che si
prevede di impiegare nonché sul tasso di utilizzo della capacità
dell’impianto. Il fattore di esecuzione applicato a questi impianti per
un periodo di dodici anni è pari all'unità.
29 Per gli impianti la cui attività è iniziata dopo il 1° gennaio 2005,
ovverosia i «nuovi entranti», il totale di quote da assegnare
gratuitamente è determinato, in mancanza di dati storici disponibili,
secondo il metodo di calcolo detto «benchmarking», vale a dire dal
prodotto matematico del volume di produzione annua media previsionale
per gli anni 2005-2007, delle previsioni di emissioni dell’impianto per
unità di produzione, nonché del totale di anni civili durante i quali si
presume venga sfruttato l’impianto nel corso del periodo di
assegnazione. Le previsioni sulle emissioni per unità di produzione sono
valutate tenendo conto come criterio (benchmark) dello stato della
«migliore tecnica disponibile». Per questi nuovi impianti, il fattore di
esecuzione resta immutato e rimane ancorato al fattore 1 durante i primi
quattordici anni di attività.
30 In applicazione dell’art. 11, n. 4, della direttiva 2003/87, il PNA
tedesco prevede che le quote assegnate per il primo periodo di
assegnazione saranno rilasciate annualmente in parti uguali entro il 28
febbraio di ogni anno.
31 Il PNA tedesco, come notificato alla Commissione, prevede misure di
adeguamento a posteriori del numero di quote assegnate nei seguenti
casi:
– Riduzione sostanziale dell’utilizzo della capacità di produzione
dell’impianto e chiusura dello stesso (regola detta della «chiusura di
fatto»): se la gestione di un impianto cessa, il gestore è tenuto a
restituire le quote che gli sono state assegnate nei limiti in cui siano
diventate eccedenti. La gestione di un impianto si considera cessata
qualora le emissioni di quest’ultimo durante l’anno in questione siano
inferiori al 10% della media annua delle emissioni registrate durante il
periodo di riferimento. Se tali emissioni sono inferiori al 60% della
media annua delle emissioni registrate durante il periodo di
riferimento, un adeguamento a posteriori e proporzionale alla
diminuzione dell'utilizzo della capacità di produzione, cioè del livello
di attività, è applicato alla parte di quote emessa per l’anno in causa.
Relativamente agli anni successivi, la parte di quote assegnata
corrisponderà alla decisione di assegnazione iniziale, salvo il caso di
una successiva nuova applicazione della regola dell’adeguamento a
posteriori;
– Trasferimento di quote in caso di chiusura e di sostituzione
dell'impianto (regola detta del «trasferimento»): su richiesta, le quote
assegnate ad un impianto chiuso non sono ritirate qualora il gestore
avvii la gestione di un nuovo impianto entro tre mesi dalla chiusura
dell’impianto precedente. In tal caso, l’assegnazione delle quote è
anzitutto effettuata per quattro anni sulla base delle emissioni
storiche dell’impianto chiuso, per essere in seguito calcolata durante
un periodo di quattordici anni, in base ad un fattore di esecuzione pari
all'unità; questa regola si propone di incentivare il gestore a chiudere
i suoi impianti vetusti e inefficienti. Nondimeno, se la capacità di
produzione del nuovo impianto è minore rispetto alla capacità
dell’impianto chiuso, si presume che lo scarto tra tali capacità
corrisponda a una chiusura d’impianto e la parte delle quote
corrispondenti a tale scarto non sarà più assegnata al momento
dell’assegnazione successiva di quote. Viceversa, in caso di aumento
della capacità produttiva del nuovo impianto, si applica la regola a
beneficio dei nuovi entranti e sono assegnate quote aggiuntive a
copertura dell’esubero di capacità (v. quarto trattino qui di seguito);
– Impianti esistenti la cui attività è stata avviata nel corso del 2003
o del 2004: il numero di quote di emissioni assegnate a tali impianti
sarà adeguato in funzione del fatto che, durante l’attività
dell’impianto in questione, il volume di produzione effettiva sia
inferiore o superiore ai volumi di produzione dichiarati ai fini del
calcolo del numero di quote assegnato inizialmente. A seconda dei casi,
al momento dell’emissione della parte di quote per l’anno successivo, il
numero di quote sarà ridotto o aumentato in proporzione.
Nell’eventualità di un aumento del volume di produzione, le quote
aggiuntive saranno tratte dalla riserva;
– Nuovi entranti la cui attività è stata avviata dopo il 1° gennaio 2005
o aumento della capacità di produzione di impianti esistenti: il numero
di quote di emissione assegnate a tali impianti sarà adeguato in
funzione del fatto che, durante l’esercizio dell’impianto in questione,
il livello di attività effettivo sia inferiore o superiore al livello di
attività dichiarata ai fini del calcolo della quantità di quote
inizialmente assegnata. A seconda dei casi, al momento del rilascio
della parte di quote per l’anno successivo, il numero di quote sarà
ridotto o aumentato in proporzione;
– Impianti di cogenerazione di energia elettrica e termica (Kraft-Wärme-Kopplung):
a questi impianti sono specificamente assegnate determinate quote di
emissione (Sonderzuteilung) e ciò durante il primo anno di assegnazione
secondo il volume effettivo di produzione di energia elettricità.
Tuttavia, il loro numero può essere ulteriormente corretto in funzione
del volume di produzione di energia elettrica stabilito l’anno
successivo.
32 Il PNA tedesco prevede inoltre che le quote di emissioni non
rilasciate o ritirate siano trasferite alla riserva. Infine, le quote in
giacenza nella riserva sono disponibili per i nuovi entranti. La
ricorrente ha precisato, nel corso dell’udienza, che la riserva era
unicamente accessibile ai gestori di impianti stabiliti nel territorio
tedesco (processo verbale dell’udienza, pag. 2).
33 Con lettera dell’8 giugno 2004, le autorità tedesche competenti hanno
risposto ad alcune domande rivolte loro dalla Commissione.
34 In risposta a tali domande, le autorità tedesche hanno in particolare
precisato che, come prevede il Zuteilungsgesetz 2007 (legge tedesca del
26 agosto 2004 sull’assegnazione delle quote di emissioni durante il
primo periodo di assegnazione BGBl. 2004 I, pag. 2211; in prosieguo: la
«legge di assegnazione») e a differenza delle indicazioni contenute nel
PNA tedesco come notificato alla Commissione, gli adeguamenti a
posteriori non possono in alcun caso comportare un aumento della
quantità di quote assegnate agli impianti interessati. Le autorità
tedesche hanno inoltre sottolineato, per quanto riguarda gli impianti di
cogenerazione, che la possibilità di un adeguamento a posteriori verso
il basso consentiva di evitare la creazione di un «incentivo
controproducente» – vale a dire ecologicamente non desiderato – tra i
gestori di impianti di questo tipo, i quali sarebbero altrimenti
incentivati a diminuire il loro livello di produzione di energia
elettrica; pertanto, tale possibilità si proponeva di mantenere la
giustificazione dell’assegnazione speciale di quote di emissione (Sonderzuteilung).
Infatti, se una tale diminuzione di produzione generasse una riduzione
delle emissioni alla stregua di una diminuzione della domanda di quote
di emissioni nell’ambito del sistema per lo scambio di quote, essa
comporterebbe in generale un esubero di emissioni al di fuori di detto
sistema.
35 In conformità alle spiegazioni fornite dalle autorità tedesche (v.
punto 34 supra), la legge di assegnazione prevede solo adeguamenti a
posteriori verso il basso. Questi ultimi sono disciplinati dalle
disposizioni della legge di assegnazione, cioè l’art. 7, n. 9
(assegnazione agli impianti esistenti sulla base di dati storici),
l’art. 8, n. 4 (assegnazione agli impianti esistenti sulla base di
emissioni notificate), l’art. 9, nn. 1 e 4 (chiusure d’impianti), l’art.
10, nn. 2 e 4 (assegnazione ai nuovi impianti in quanto impianti di
sostituzione), l’art. 11, n. 5, in combinato disposto con l’art. 8, n. 4
(assegnazione a nuovi entranti), nonché l’art. 14, n. 5 (assegnazione
speciale agli impianti di cogenerazione). Infine, l’art. 6, n. 2, della
legge di assegnazione prevede che le quote ritirate, in applicazione
delle citate disposizioni, siano trasferite alla riserva.
36 Con decisione della Commissione 7 luglio 2004, C (2004) 2515/2 def.,
relativa al PNA tedesco come notificato dalla ricorrente (in prosieguo:
la «decisione impugnata»), adottata sul fondamento dell’art. 9, n. 3,
della direttiva 2003/87, la Commissione ha respinto il PNA tedesco in
quanto quest’ultimo prevedeva determinate misure di adeguamento a
posteriori di assegnazione di quote di emissioni, dichiarandole
incompatibili con i criteri nn. 5 e 10 dell’allegato III della direttiva
2003/87 (art. 1 della decisione impugnata) e richiedendo alla ricorrente
di sopprimerle (art. 2 della decisione impugnata). La Commissione ha
tuttavia lasciato alla ricorrente la possibilità di assegnare quote
prima dell’attuazione delle modifiche richieste all’art. 2 di tale
decisione (art. 3, n. 4, della decisione impugnata). Gli adeguamenti a
posteriori in questione erano previsti per:
– i nuovi entranti [art. 1, lett. a), della decisione impugnata];
– i nuovi impianti gestiti a seguito di un trasferimento di quote
inizialmente assegnate ad un impianto chiuso [art. 1, lett. b), della
decisione impugnata];
– gli impianti il cui utilizzo della capacità di produzione risulta
inferiore a quello inizialmente previsto [art. 1, lett. c), prima
ipotesi della decisione impugnata];
– gli impianti le cui emissioni annue rappresentano meno del 40% delle
emissioni durante il periodo di riferimento [art. 1, lett. c), seconda
ipotesi della decisione impugnata];
– gli impianti di cogenerazione che producono una quantità di energia di
gran lunga inferiore a quella registrata durante il periodo di
riferimento [art. 1, lett. c), terza ipotesi della decisione impugnata].
37 Al quarto ‘considerando’ della decisione impugnata, la Commissione
dichiara che gli adeguamenti a posteriori applicabili ai nuovi entranti
contrastano con il criterio n. 5 dell’allegato III della direttiva
2003/87, dato che a questi ultimi è stata concessa un’agevolazione
ingiustificata rispetto ai gestori di impianti già contemplati dal PNA
tedesco e per i quali tali adeguamenti non sono ammessi durante il primo
periodo di assegnazione.
38 Al quinto ‘considerando’ della decisione impugnata, la Commissione
rileva che gli adeguamenti al numero di quote assegnate ad un nuovo
impianto, reso operativo a seguito della chiusura di un vecchio
impianto, sono incompatibili con il criterio n. 10 dell’allegato III
della direttiva 2003/87, secondo il quale il valore delle quote da
assegnare durante il periodo di scambio previsto all’art. 11, n. 1,
della direttiva 2003/87 ai differenti impianti elencati nel PNA deve
essere determinato in anticipo.
39 Al sesto ‘considerando’ della decisione impugnata, la Commissione
rileva inoltre che contrastano con il criterio n. 10 dell’allegato III
della direttiva 2003/87 gli adeguamenti previsti: a) per gli impianti il
cui utilizzo della capacità di produzione è inferiore a quello previsto
inizialmente; b) per quelli le cui emissioni annue rappresentano meno
del 40% delle emissioni durante il periodo di riferimento, nonché c) per
gli impianti di cogenerazione che producono una quantità di energia di
gran lunga inferiore a quella registrata durante il periodo di
riferimento.
40 La Commissione ha precisato nel corso dell’udienza che l’art. 1,
lett. c), seconda ipotesi, nonché il sesto ‘considerando’ (v. punto 39,
lett. b), supra) della decisione impugnata riguardavano in realtà gli
impianti le cui emissioni annue rappresentavano meno del 60% delle
emissioni registrate durante il periodo di riferimento e che il
riferimento al 40% in detta decisione era dovuto ad un errore (processo
verbale dell’udienza, pag. 2).
41 Nella sua comunicazione al Consiglio e al Parlamento europeo, COM
(2004) 500 def., sulle decisioni della Commissione del 7 luglio 2004,
relative ai [PNA] notificati in data 7 luglio 2004 da Austria,
Danimarca, Germania, Irlanda, Paesi Bassi, Slovenia, Svezia e Regno
Unito a norma della direttiva 2003/87 (in prosieguo: la «comunicazione
della Commissione 7 luglio 2004»), la Commissione si è pronunciata al
punto 3.2 in tema di adeguamenti a posteriori come segue:
«All’allegato III, criterio [n.] 10 e all’articolo 11, la direttiva
[2003/87] prevede l’obbligo per gli Stati membri di stabilire
anticipatamente (prima cioè dell’inizio del periodo di scambio) la
quantità assoluta di quote assegnate complessivamente e al gestore di
ciascun impianto. Tale decisione non può essere modificata e le quote
non possono essere riassegnate aggiungendole o sottraendole alla
quantità determinata per ciascun gestore in base a una decisione statale
o a una regola prestabilita. La direttiva [2003/87] consente
espressamente adeguamenti a posteriori secondo la procedura di cui
all’articolo 29 in caso di forza maggiore. Inoltre:
– le decisioni oggetto della presente comunicazione consentono di
correggere le assegnazioni previste, in relazione alla qualità dei dati,
in qualsiasi momento prima della decisione di assegnazione a norma
dell’articolo 11, paragrafo 1;
– la direttiva [2003/87] non esclude, nel caso in cui un impianto venga
chiuso nel periodo considerato, la possibilità per gli Stati membri di
stabilire che non vi è più un gestore cui rilasciare le quote;
– laddove l’assegnazione ai nuovi entranti sia effettuata ricorrendo a
una riserva, la quota esatta assegnata a ciascun nuovo entrante sarà
stabilita dopo l’adozione della decisione di assegnazione a norma
dell’articolo 11, paragrafo 1.
In base al criterio [n.] 10, la quantità delle quote da assegnare agli
impianti esistenti deve essere precisata nel [PNA] prima dell’inizio del
periodo di scambio. La Commissione ha valutato l’ammissibilità degli
adeguamenti a posteriori a prescindere dal fatto che un determinato
adeguamento in programma o la sua entità sia imputabile al comportamento
del gestore le cui quote si propone di modificare durante il periodo
considerato o sia, al contrario, indipendente da tale comportamento.
In virtù dell’allegato III, [n.] 5, lo stesso principio si applica ai
nuovi entranti. Dopo avere stabilito durante il periodo di scambio il
numero assoluto di quote da assegnare a un nuovo entrante prendendole da
un’apposita riserva, uno Stato membro non può ritornare su tale
decisione: in caso contrario alcune imprese potrebbero essere
indebitamente favorite o discriminate dall’applicazione di un principio
che non è accettabile per gli impianti esistenti.
Gli adeguamenti a posteriori rischiano di provocare una situazione di
incertezza per i gestori e di avere un effetto negativo sulle decisioni
di investimento e sul mercato degli scambi. Gli adeguamenti a posteriori
sostituiscono con procedure amministrative di difficile attuazione
soluzioni più efficienti offerte dal mercato. Anche le revisioni a
posteriori verso il basso, nelle quali si potrebbe ravvisare un effetto
benefico sull’ambiente, compromettono la certezza di cui le imprese
hanno bisogno per procedere agli investimenti finalizzati alla riduzione
delle emissioni.
Secondo la Commissione, gli adeguamenti a posteriori previsti [nei PNA
tedesco e austriaco] sono in contrasto con i criteri [n.] 5 e/o [n.] 10.
La Commissione ritiene che il [PNA] tedesco contrasti con il criterio
[n.] 10 perché la [Repubblica federale di] Germania intende adeguare, o
avere la possibilità di adeguare, le quote concesse a ciascun impianto
nel [primo] periodo [di assegnazione] nel caso in cui i) gli impianti
esistenti che iniziano l’attività a decorrere dal 1° gennaio 2003
risultino sottoutilizzati; ii) le emissioni annue degli impianti
esistenti siano inferiori al 40% delle emissioni del periodo di
riferimento; iii) gli impianti esistenti ricevano quote aggiuntive a
causa del trasferimento delle quote previste per un impianto chiuso; iv)
gli impianti esistenti o i nuovi entranti che beneficiano di quote
assegnate a titolo di incentivo per la cogenerazione presentino una
produzione energetica in cogenerazione inferiore a quella del periodo di
riferimento. L’intenzione della [Repubblica federale di] Germania di
riservarsi la possibilità di adeguare le quote assegnate ai nuovi
entranti contrasta con il criterio [n.] 5 che, in conformità del
trattato, vieta le discriminazioni, in quanto l’applicazione di tali
adeguamenti a posteriori discriminerebbe i nuovi entranti rispetto ai
gestori degli altri impianti, per i quali la direttiva [2003/87] vieta
adeguamenti a posteriori delle quote assegnate.
(…)».
42 Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale
il 20 settembre 2004, la ricorrente ha proposto il presente ricorso.
43 In forza dell’art. 14 del regolamento di procedura del Tribunale e su
proposta della Terza Sezione, il Tribunale ha deciso, sentite le parti
in conformità all’art. 51 del citato regolamento, di rinviare la causa
dinanzi ad un collegio giudicante ampliato.
44 Su relazione del giudice relatore, il Tribunale (Terza Sezione
ampliata) decideva di passare alla fase orale e, nell’ambito delle
misure di organizzazione del procedimento previste dall’art. 64 del
regolamento di procedura, ha invitato le parti a rispondere a taluni
quesiti scritti e la Commissione a produrre un documento prima
dell’udienza. Le parti hanno risposto a detti quesiti e la Commissione
ha sottoposto tale documento nel termine impartito.
45 Nel corso dell’udienza del 21 giugno 2006 sono state sentite le
difese orali svolte dalle parti e le loro risposte alle domande rivolte
dal Tribunale.
46 La ricorrente conclude che il Tribunale voglia:
– annullare l’art. 1 della decisione impugnata;
– annullare l’art. 2, lett. a)-c), della detta decisione nella parte in
cui ingiunge alla ricorrente di procedere ad alcune modifiche del PNA
tedesco e di comunicarle;
– condannare la Commissione alle spese.
47 La Commissione conclude che il Tribunale voglia:
– respingere il ricorso;
– condannare la ricorrente alle spese.
In diritto
I – Osservazione preliminare
48 A sostegno del suo ricorso, la ricorrente deduce tre motivi, vale a
dire, in primo luogo, la violazione dell’art. 9, n. 3, della direttiva
2003/87, in combinato disposto con l’allegato III della detta direttiva,
in secondo luogo, la violazione dell’art. 176 CE e, in terzo luogo, la
violazione dell’obbligo di motivazione ai sensi dell’art. 253 CE per
quanto riguarda gli artt. 1, lett. a), e 2, lett. a), della decisione
impugnata.
II – Sul primo motivo relativo alla violazione dell’art. 9, n. 3, della
direttiva 2003/87, in combinato disposto con l’allegato III della detta
direttiva.
A – Argomenti delle parti
1. Argomenti della ricorrente
a) Osservazione preliminare
49 Con il suo primo motivo, la ricorrente contesta le constatazioni
effettuate dalla Commissione nella decisione impugnata, ai sensi delle
quali gli adeguamenti a posteriori, come previsti nel PNA tedesco, sono
incompatibili con i criteri nn. 5 e 10 dell’allegato III della direttiva
2003/87. A suo giudizio, tali constatazioni sono in contrasto con l’art.
9, n. 3, della direttiva 2003/87, in combinato disposto con l’allegato
III della detta direttiva, che non vietano agli Stati membri di
procedere a adeguamenti a posteriori. La ricorrente ritiene che la
posizione della Commissione ostacoli l’effettiva attuazione da parte
degli Stati membri della direttiva 2003/87 e in particolare i criteri
elencati al suo allegato III.
b) Sul rispetto del criterio n. 10 dell’allegato III della direttiva
2003/87
50 La ricorrente sostiene che la decisione impugnata è incompatibile con
il criterio n. 10 dell’allegato III della direttiva 2003/87, in quanto
tale decisione non rispetta né il suo dettato né il suo contesto
normativo. Non si potrebbe in particolare dedurre da tale criterio che
il numero di quote da assegnare, durante il periodo di cui all’art. 11,
n. 1, della direttiva 2003/87, ai vari impianti elencati nel PNA deve
essere previamente fissato (quinto ‘considerando’ della decisione
impugnata).
51 Secondo la ricorrente, la formulazione del criterio n. 10
dell’allegato III della direttiva 2003/87 non vieta di procedere ad
adeguamenti a posteriori qualora emerga che certe assegnazioni sono
fondate su valutazioni errate del gestore. A tal proposito, la
ricorrente ricorda che, secondo il detto criterio, il PNA deve includere
l’elenco degli impianti contemplati dalla direttiva 2003/87 con i valori
delle quote che saranno «assegnate a ciascuno». Ne consegue che le
quantità di quote assegnate che figurano su tale elenco
rispecchierebbero solo le quote totali che lo Stato membro «intende»
assegnare ai sensi dell’art. 9, n. 1, della direttiva 2003/87. Secondo
la ricorrente, non risulta dalla versione tedesca, né dalle altre
versioni linguistiche della direttiva 2003/87, che gli impianti
menzionati nel PNA hanno il diritto di ottenere l’esatto numero di quote
che è stato comunicato alla Commissione.
52 Secondo la ricorrente, riguardo al contesto normativo del criterio n.
10 dell’allegato III della direttiva 2003/87, l’art. 9, n. 1, di detta
direttiva dispone che il PNA deve unicamente consentire la conoscenza
«[del]le quote totali di emissioni che [lo Stato membro] intende
assegnare per tale periodo e le modalità di tale assegnazione». Allo
stesso modo, emerge dall’art. 11, n. 1, della direttiva che
l’assegnazione individuale delle quote avviene solo dopo la
partecipazione del pubblico e in seguito alla comunicazione del PNA alla
Commissione e agli altri Stati membri. Di conseguenza, pena svuotare di
contenuto la comunicazione e la partecipazione in parola, dovrebbe
necessariamente poter esistere una differenza tra, da una parte, i
valori delle quote che lo Stato membro «intende assegnare» ai sensi del
criterio n. 10 dell’allegato III della direttiva 2003/87 e, dall’altra,
la quantità effettivamente assegnata ai sensi dell’art. 11, n. 1, della
citata direttiva «sulla base del [PNA]». Pertanto, è errato l’argomento
della Commissione secondo cui il criterio n. 10 dell’allegato III della
direttiva 2003/87 vieta qualsiasi adeguamento a posteriori, da parte
dello Stato membro, delle assegnazioni che figurano nel PNA. La
ricorrente aggiunge che l’opinione della Commissione è anche
incompatibile con l’art. 38, n. 2, del regolamento n. 2216/2004, che
consente, senza imporre specifici controlli, adeguamenti a posteriori
verso il basso delle decisioni di assegnazione, purché tali adeguamenti
si fondino su dati più precisi o siano conformi alle procedure indicate
dal PNA.
53 Quanto all’interpretazione teleologica del criterio n. 10
dell’allegato III della direttiva 2003/87, la ricorrente ritiene che,
come la Commissione medesima ha esposto nei suoi orientamenti,
l’obiettivo di tale criterio consista nel garantire la trasparenza del
PNA affinché le imprese, il pubblico, la Commissione e gli altri Stati
membri possano reagire in funzione delle quantità di quote che lo Stato
membro prevede di assegnare (orientamenti della Commissione, pag. 22).
Questa interpretazione verrebbe confermata dalla giustificazione addotta
per l’adozione del detto criterio nel corso del procedimento di
elaborazione della direttiva 2003/87, giustificazione secondo la quale è
importante «poter disporre di dati che riflettano e quantifichino la
situazione degli scambi delle quote di emissione di gas a effetto serra»
(commissione per l’ambiente, la sanità pubblica e la politica dei
consumatori del Parlamento europeo, documento di seduta A5-0303/2002, I,
pag. 43, emendamento n. 73). La ricorrente ne deduce che il criterio n.
10 dell’allegato III della direttiva 2003/87 prevede solo un requisito
formale secondo il quale lo Stato membro deve notificare alla
Commissione un PNA comprensivo di un elenco di impianti disciplinati
dalla citata direttiva e la previsione dei relativi valori delle quote
che saranno individualmente assegnate a ciascuno di essi. Infine, la
ricorrente fa valere che la Commissione medesima ha rinunciato a
stabilire a questo proposito requisiti supplementari nei suoi propri
orientamenti (orientamenti della Commissione, pagg. 22 e 23).
c) Sul rispetto del criterio n. 5 dell’allegato III della direttiva
2003/87
54 La ricorrente rileva che, contrariamente a quanto sostenuto dalla
Commissione, gli adeguamenti a posteriori previsti dal PNA tedesco sono
compatibili anche con il criterio n. 5 di cui all’allegato III della
direttiva 2003/87, ai sensi del quale, conformemente alle prescrizioni
del Trattato, il PNA non deve favorire indebitamente talune imprese o
attività. La ricorrente precisa a questo proposito che se, al contrario,
gli Stati membri non fossero in grado di ritirare quote e ciò
quand'anche queste ultime si basassero su previsioni di produzione
errate o esagerate, per esempio nel caso dei nuovi entranti, si
produrrebbe un vantaggio concorrenziale indebito a favore del gestore in
questione a causa della possibilità di vendere con profitto le quote
eccedenti sul mercato e che, viceversa, ne risulterebbero indebiti
svantaggi commerciali per gli altri gestori. In una tale ipotesi, gli
adeguamenti a posteriori verso il basso costituirebbero un mezzo idoneo
e necessario per impedire tali distorsioni di concorrenza in contrasto
con il criterio n. 5 e allo stesso tempo compenserebbero l’agevolazione
che i nuovi entranti otterrebbero dal fatto che l’assegnazione di quote
a loro favore è fondata su un tasso di utilizzo della capacità di
produzione risultante dai loro propri calcoli.
55 La ricorrente aggiunge che, se non vi fosse la possibilità di
effettuare tali adeguamenti a posteriori per evitare
«sovra-assegnazioni», non potrebbe conformarsi all’obbligo ad essa
incombente in forza del criterio n. 1 dell’allegato III della direttiva
2003/87, ai sensi del quale essa deve provvedere affinché la quantità
totale delle quote da assegnare non superi le minime esigenze per la
rigorosa applicazione dei criteri fissati al detto allegato. La
ricorrente ritiene a questo proposito che la Commissione ignori la
differenza fondamentale tra gli adeguamenti a posteriori verso il basso
e gli adeguamenti a posteriori al rialzo. Mentre questi ultimi sarebbero
incompatibili con l’allegato III della direttiva 2003/87, in quanto
implicherebbero un superamento della quantità totale da assegnare
(criterio n. 1), gli adeguamenti a posteriori verso il basso non
violerebbero nessuno dei criteri rilevanti. La ricorrente rileva che i
criteri nn. 1 e 5 dell’allegato III della direttiva 2003/87 prescrivono,
al contrario, che assegnazioni eccedenti siano revocate in casi
specifici e giustificati.
56 La ricorrente confuta infine l’argomento della Commissione secondo
cui la possibilità di apportare adeguamenti a posteriori può sminuire la
precisione e la diligenza dei controlli preventivi da effettuare
relativi ai calcoli e alle previsioni presentate dai gestori ai fini
dell’assegnazione iniziale delle quote. Secondo la ricorrente, anche
supponendo che le previsioni si fondino sulla migliore valutazione
possibile della futura utilizzazione della capacità di produzione, non
si potrebbe in realtà ottenere una certezza assoluta quanto a tali
previsioni. Il rischio di assegnazione eccedente di quote, vale a dire
superiore ai bisogni reali del gestore in questione, richiederebbe
pertanto l’applicazione di adeguamenti a posteriori. Le previsioni
iniziali dovrebbero inoltre essere sottoposte a verifica quanto più
completa e accurata possibile, dato che una «sovra-assegnazione»
iniziale potrebbe produrre un’assegnazione insufficiente a detrimento di
altri gestori.
d) Sull’estensione del potere di controllo della Commissione in forza
dell’art. 9, n. 3, della direttiva 2003/87, in combinato disposto con
l’allegato III di quest’ultima e sul margine di manovra conferito agli
Stati in base a tale direttiva.
57 In generale, la ricorrente rimette in discussione la portata del
potere di controllo della Commissione per quanto riguarda il PNA. La
ricorrente precisa che l’art. 9, n. 3, della direttiva 2003/87 limita il
potere di controllo della Commissione ad un esame del PNA sul fondamento
dei soli criteri elencati nell’allegato III e delle sole disposizioni
dell’art. 10 della direttiva. Pertanto, il rigetto del PNA sarebbe
ammissibile solo nei limiti in cui si riveli incompatibile con i detti
criteri e le dette disposizioni. In particolare, il criterio n. 10 non
potrebbe essere estensivamente interpretato alla luce del contesto
generale o del sistema generale della direttiva 2003/87. Se la
Commissione intendeva contestare le disposizioni nazionali di
assegnazione rispetto ad altre considerazioni, avrebbe dovuto esercitare
le sue competenze generali di vigilanza come previste agli artt. 211 CE
e 226 CE.
58 Inoltre, secondo la ricorrente, né la direttiva 2003/87 né il suo
art. 9, n. 3, in combinato disposto con l’allegato III di quest’ultima,
vietano di procedere ad adeguamenti a posteriori, essendo questi ultimi
rimessi alla libera valutazione degli Stati membri. Al contrario,
l’esclusione di una tale possibilità in casi specifici significherebbe
che la ricorrente non potrebbe più rispettare efficacemente i criteri
elencati nell’allegato III. Peraltro, conformemente all’art. 9, n. 1,
seconda frase, della direttiva 2003/87, gli Stati membri possono
prevedere nei loro PNA, oltre ai criteri elencati nell’allegato III,
criteri aggiuntivi, fintantoché siano obiettivi e trasparenti. Secondo
la ricorrente, tutti gli adeguamenti a posteriori del PNA tedesco
soddisfano tali esigenze di obiettività e trasparenza poiché è segnalato
ai gestori, dal momento dell’assegnazione delle quote, a quali
condizioni e in quale misura tali adeguamenti possono essere revocati.
59 La ricorrente contesta peraltro che si possa dedurre dall’art. 29
della direttiva 2003/87 un divieto generale delle misure di adeguamento
a posteriori verso il basso, visto che questa disposizione prevede
unicamente, e in via eccezionale, la possibilità di concedere quote
aggiuntive per cause di forza maggiore. Essa osserva che il fine
dell’art. 29 della direttiva 2003/87 consiste dunque nel restringere
rigorosamente, sin dall’inizio degli scambi, il rilascio da parte degli
Stati membri di quote aggiuntive, cioè un adeguamento a posteriori al
rialzo, al fine di evitare che il quantitativo complessivo assegnato in
uno Stato membro aumenti. Tale disposizione invece non riguarderebbe in
alcun modo la situazione opposta, vale a dire quella degli adeguamenti a
posteriori verso il basso.
60 La ricorrente ne conclude che gli adeguamenti a posteriori previsti
dal PNA tedesco sono conformi agli obiettivi nonché al dettato della
direttiva 2003/87.
e) Sugli argomenti economici avanzati dalla Commissione
61 La ricorrente fa valere che, contrariamente alle affermazioni
avanzate dalla Commissione, la sua tesi è comprovata dagli obiettivi
ambientali nonché economici della direttiva 2003/87, vale a dire la
riduzione delle emissioni dei gas a effetto serra secondo criteri di
validità in termini di costi e di efficienza economica (art. 1 della
direttiva 2003/87), la preservazione dell’integrità del mercato interno
e delle condizioni di concorrenza (settimo ‘considerando’ della
direttiva 2003/87) e la presa in considerazione del potenziale di
riduzione delle emissioni delle attività del processo industriale
(ottavo ‘considerando’ della direttiva 2003/87).
62 Gli adeguamenti a posteriori verso il basso contestati dalla
Commissione si proporrebbero infatti di impedire distorsioni di
concorrenza sul mercato rimediando ad abusi e a «sovra-assegnazioni»
pregiudizievoli ai concorrenti. Consentirebbero inoltre di correggere
previsioni errate nonché cali di produzione che si discostino da tali
previsioni e, nel caso di impianti di cogenerazione, consentirebbero di
correggere le conseguenze inerenti all’utilizzo abusivo di
un’assegnazione speciale di quote in contrasto con la propria finalità
ambientale.
63 La ricorrente confuta a questo proposito l’argomento della
Commissione secondo cui gli adeguamenti a posteriori compromettono la
certezza di cui le imprese hanno bisogno per realizzare investimenti
finalizzati alla riduzione delle emissioni (comunicazione della
Commissione 7 luglio 2004, pag. 8). Tali adeguamenti, infatti, non
dipenderebbero dalla riduzione delle emissioni, bensì dalla riduzione
della concreta produzione dell’impianto, nel caso in cui quest’ultima si
discosti dalla produzione prevista. Secondo la ricorrente, gli
adeguamenti a posteriori facilitano al contrario il corretto
funzionamento del mercato e rafforzano la sicurezza degli investimenti,
quali quelli destinati alla sostituzione dei combustibili che producono
un tasso notevole di CO2. Infatti, tali adeguamenti subordinerebbero la
decisione del gestore di vendere o acquistare quote all’efficienza del
suo impianto e libererebbero le quote non utilizzate in favore di nuovi
impianti. Sarebbe inoltre errato l’argomento della Commissione secondo
il quale gli adeguamenti a posteriori e la restituzione delle quote alla
riserva incidono sulle decisioni d’investimento dei nuovi entranti data
la totale sicurezza di investimento di cui beneficerebbero questi ultimi
grazie all’obbligo di acquisto di quote che il PNA e l’art. 6, n. 3,
della legge di assegnazione imporrebbero allo Stato. L’aumento della
riserva mediante quote reintegrate grazie a tali adeguamenti si
proporrebbe d’altro canto di evitare che detto obbligo di acquisto
assuma un’eccessiva importanza.
64 Per quanto riguarda l’argomento della Commissione ai sensi del quale
gli adeguamenti a posteriori non sono necessari per contrastare gli
abusi e le previsioni errate e la rettifica delle informazioni inesatte
deve intervenire prima della decisione di assegnazione, la ricorrente
rileva che l’erroneità di tali previsioni emerge solo dopo detta
decisione, cioè sulla base di un confronto della produzione effettiva
con quella inizialmente prevista. In una tale situazione, l’adeguamento
a posteriori sarebbe l’unico mezzo per evitare il conseguente rischio di
«sovra-assegnazione» e, pertanto, il solo mezzo per evitare che non
venga colpito il corretto funzionamento del sistema per lo scambio di
quote. Inoltre, la direttiva 2003/87 non opererebbe a tale proposito
distinzioni in funzione del grado di colpevolezza del gestore. Ne
consegue che anche gli errori di previsione commessi per negligenza
dovrebbero essere corretti a posteriori e che, contrariamente a quanto
sostenuto dalla Commissione, la normativa nazionale relativa alla lotta
contro gli illeciti dolosi non è a tal fine sufficiente.
65 La ricorrente aggiunge che la sola misura ritenuta lecita dalla
Commissione nella decisione impugnata, cioè la revoca dell’assegnazione
delle quote in conseguenza della chiusura di un impianto, è a sua volta
un adeguamento a posteriori. La ricorrente confuta a questo proposito
l’argomento della Commissione secondo il quale la chiusura di un
impianto comporta la scomparsa di quest’ultimo e, pertanto, del gestore
in quanto tale. Da una parte, l’esistenza giuridica di un gestore non
cesserebbe per il solo fatto della chiusura di un impianto. D’altra
parte, la normativa tedesca in materia ambientale impone al gestore
importanti obblighi di manutenzione anche dopo tale chiusura (Nachsorgepflichten).
Orbene, in siffatte circostanze il gestore potrebbe trarre profitto dal
trasferimento di quote delle quali non necessiterebbe più. Pertanto, il
ritiro delle quote non contestato dalla Commissione in caso di chiusura
di un impianto costituirebbe in realtà un adeguamento a posteriori verso
il basso.
2. Argomenti della Commissione
a) Sul carattere decisivo della portata dei criteri dell’allegato III
della direttiva 2003/87 nel controllo effettuato dalla Commissione in
forza dell’art. 9, n. 3, della direttiva
66 La Commissione ritiene che il suo potere di controllo sul PNA, come
previsto all’art. 9, n. 3, della direttiva 2003/87, verta in particolare
sui criteri esposti nell’allegato III della medesima direttiva, i quali
sono da leggersi alla luce del contesto generale e del sistema
complessivo della direttiva. Secondo la Commissione, la controversia
verte sulla compatibilità della decisione impugnata con questa direttiva
e, in particolare, con i criteri enunciati nel suo allegato III, il cui
obiettivo generale consiste nell’offrire ai gestori, sulla base di quote
certe e precise, un incentivo economico per ridurre le loro emissioni.
La decisione impugnata sarebbe legittima se il PNA che ne è l’oggetto
non fosse conforme ai criteri in parola. Di conseguenza, la portata dei
detti criteri risulterebbe decisiva ai fini della legittimità della
decisione impugnata nonché del PNA.
b) Sulla conformità del PNA tedesco con il criterio n. 10 dell’allegato
III della direttiva 2003/87
67 La Commissione ritiene che un adeguamento a posteriori, anche qualora
sia effettuato secondo condizioni prestabilite, non sia compatibile con
il criterio n. 10 come interpretato nel contesto generale degli artt.
9-11 della direttiva 2003/87. Essa sostiene che non è più possibile
effettuare un tale adeguamento dopo l’adozione della decisione di
assegnazione ai sensi dell’art. 11, n. 1, della tale direttiva. Ciò
atterrebbe al fatto che le quote assegnate devono essere rilasciate ai
gestori (art. 11, n. 4) e che possono essere trasferite all’interno
della Comunità (art. 12, n. 1). La Commissione precisa che, dal momento
in cui è adottata tale decisione di assegnazione, l’obiettivo generale
della direttiva 2003/87, che consiste nell’offrire ai gestori, sulla
base di quote prestabilite, un incentivo economico per la riduzione
delle loro emissioni, acquista il suo pieno significato.
68 Quanto alla necessità affermata dalla ricorrente di evitare illeciti
e previsioni errate, la Commissione rileva anzitutto che resta sempre
possibile la correzione delle informazioni errate prima di adottare la
decisione di assegnazione in applicazione dell’art. 11, n. 1, della
direttiva 2003/87. Sarebbero propri di un sistema come quello scelto
dalla ricorrente determinati rischi ed un certo margine di errore –
quanto, ad esempio, alle previsioni alle quali si devono affidare i
nuovi entranti – che non potrebbero giustificare il mancato rispetto
delle disposizioni della direttiva 2003/87. D’altronde, eccetto la
ricorrente, solo pochissimi Stati membri ritengono o avevano ritenuto,
in un primo tempo, di non poter rinunciare a adeguamenti a posteriori.
La Commissione aggiunge che ad ogni modo esistono negli Stati membri
disposizioni legislative generali destinate a reprimere gli illeciti
dolosi.
69 Riguardo all’argomento della ricorrente secondo cui gli adeguamenti a
posteriori verso il basso consentono di limitare allo stretto necessario
le emissioni dei gas a effetto serra e secondo cui contribuiscono così
alla lotta contro il cambiamento climatico, la Commissione eccepisce che
questo effetto può essere raggiunto solo se, in mancanza di richiesta,
la riserva non viene esaurita e le quote sono cancellate. In un tal
caso, si tratterebbe solo di un effetto secondario non previsto che
sarebbe da imputarsi alla presenza di un numero di nuovi entranti più
esiguo del previsto. Se la ricorrente avesse inteso perseguire questo
obiettivo ambientale, avrebbe dovuto prevedere, sin dall’inizio, una
quantità totale di quote inferiore al fine di evitare una
«sovra-assegnazione» o, per lo meno, la cancellazione immediata delle
quote revocate a posteriori. La Commissione ne conclude che gli
adeguamenti a posteriori non hanno influenza alcuna sulla tutela
dell’ambiente, poiché la quantità totale delle quote resta immutata.
Essa ritiene che tali adeguamenti possano addirittura disincentivare i
gestori dal ridurre le emissioni, in quanto questi ultimi perdono la
possibilità di trasferire sul mercato di scambio quote ottenute in virtù
delle loro strategie economiche, come quelle che consistono nel ridurre
la loro produzione.
70 La Commissione ritiene che la sua posizione non sia contraria
all’art. 38, n. 2, del regolamento n. 2216/2004, dato che questa
disposizione autorizza solo le correzioni in accordo con il metodo di
assegnazione previsto dal PNA e che tale metodo deve anche essere
conforme ai criteri enunciati nell’allegato III della direttiva 2003/87.
Inoltre, il richiamo di questa disposizione all’art. 9, n. 3, della
direttiva 2003/87 si limiterebbe a confermare il carattere decisivo dei
criteri enunciati nell’allegato III, nonché quello delle altre
disposizioni della direttiva ai fini della valutazione della
compatibilità del PNA.
71 La Commissione aggiunge che, contrariamente alle affermazioni della
ricorrente, la revoca di quote in caso di chiusura di impianti non
costituisce un caso di adeguamento a posteriori, dato che le quote sono
vincolate agli impianti. Secondo la Commissione, un impianto che
scompare non necessita più di quote di emissione. Pertanto, fin dalla
cessazione di tale impianto, l’obiettivo consistente nell'incentivare la
diminuzione delle emissioni per liberare quote non sarebbe più in
discussione e lo Stato membro potrebbe quindi ritirare liberamente le
quote di cui l'impianto chiuso non ha più bisogno. In un caso del
genere, la revoca di quote non costituirebbe pertanto un adeguamento a
posteriori equiparabile agli adeguamenti a posteriori previsti dal PNA
tedesco.
c) Sulla conformità del PNA tedesco con il criterio n. 5 dell’allegato
III della direttiva 2003/87
72 Secondo la Commissione, la decisione impugnata non è neppure
sindacabile sotto il profilo del criterio n. 5. Essa ritiene che la
possibilità di effettuare adeguamenti a posteriori verso il basso possa
dar luogo ad un trattamento preferenziale ingiustificato a favore dei
nuovi entranti, nel senso che questi ultimi possono ottenere subito una
quantità di quote più elevata rispetto a quella che avrebbero potuto
attendersi in assenza di una tale possibilità, il che sfavorisce gli
altri gestori che non dispongono di questa facoltà di correzione
inerente all’assegnazione iniziale. Tenuto conto della necessità per i
nuovi entranti di valutare da sé il livello previsto di utilizzo della
capacità e il volume di produzione stabilito, questi ultimi sarebbero
meno incentivati a fornire valutazioni precise e svolgerebbero controlli
solo nel caso di un’assegnazione stabilita sin dall’inizio in modo
irrevocabile. Orbene, un’assegnazione iniziale troppo elevata potrebbe
indebitamente favorire un nuovo entrante se risultasse che quest’ultimo
può vendere molti più prodotti in ragione di un aumento della domanda
senza incorrere in oneri aggiuntivi per l’acquisizione di quote. Per
contro, il gestore di un impianto esistente dovrebbe acquistare quote
aggiuntive sul mercato per ogni unità supplementare di produzione non
prevista.
73 La Commissione aggiunge che un sistema per lo scambio di quote di
emissioni riferito ad un periodo pluriennale può funzionare
efficacemente solo in base ad un previo esame fondato essenzialmente su
previsioni. Orbene, a prescindere dal fatto che, in presenza della
possibilità di adeguamenti a posteriori, le parti interessate
tenderebbero a comportarsi con minore diligenza al momento
dell’elaborazione del PNA, il che inciderebbe sulla precisione della
decisione di assegnazione, l’assegnazione definitiva può essere
realizzata, nella logica dell'argomentazione della ricorrente, solo al
termine del periodo di assegnazione, quando tutti i dati sulle emissioni
effettivamente prodotte saranno disponibili. Pertanto, gli adeguamenti a
posteriori avrebbero per conseguenza che il rispetto del criterio n. 5
potrebbe essere solo garantito a posteriori. La Commissione ritiene
tuttavia che occorra verificare anticipatamente, ai sensi di tale
criterio, l’esistenza di un’eventuale discriminazione nei confronti di
certi impianti, vale a dire al momento in cui il PNA è definito e la
decisione della Commissione è adottata. Ne risulta a suo giudizio che
gli adeguamenti a posteriori contrastano con la ratio e il funzionamento
del sistema di assegnazione e di scambio di quote. La Commissione
precisa inoltre che è inerente a un sistema basato su previsioni che la
realtà, come si manifesta successivamente, si allontani dalle
previsioni. Orbene, gli andamenti successivi non potrebbero più
rimettere in discussione la decisione di assegnazione adottata sulla
base di un previo esame diretto a creare incentivi economici destinati a
ridurre le emissioni. Prevedere, infatti, la revoca di quote divenute
inutili in ragione delle riduzioni di emissioni realizzate, pur
ammettendo che possano essere vendute, equivarrebbe a sopprimere in
parte l’incentivo a effettuare tali riduzioni. L’efficienza del sistema
per lo scambio di quote sarebbe quindi pregiudicata in modo decisivo.
74 A questo proposito, non vi sarebbero differenze a seconda che gli
adeguamenti a posteriori siano vincolati al tasso di emissioni o al
volume di produzione, poiché, secondo la Commissione, esiste una
correlazione positiva tra questi due parametri ed entrambi influenzano
la decisione economica di ottimizzare l’utile ricavato dalla produzione
dell’impianto. La Commissione ritiene che, vincolando gli adeguamenti a
posteriori al volume di produzione, si introduca un elemento
d’incertezza nel calcolo economico consistente nel determinare
l’eventuale redditività della diminuzione delle emissioni mediante
miglioramenti di efficienza o una riduzione del volume di produzione per
poter vendere quote eccedenti. Tale incertezza creata dagli adeguamenti
a posteriori incentiverebbe, per contro, i gestori degli impianti a
investire in minor misura in tecniche di produzione pulite, nonché a
rinunciare a ridurre più radicalmente la loro produzione. Orbene, questo
è precisamente ciò che la Commissione intenderebbe evitare. La
Commissione aggiunge che tale attribuzione dell’incentivo ai gestori può
anche produrre effetti negativi sull'ambiente, mentre gli eventuali
effetti positivi sostenuti dalla ricorrente si realizzerebbero solo in
circostanze ipotetiche particolari, segnatamente nel caso in cui i nuovi
entranti non raggiungano un numero sufficientemente elevato.
75 Per quanto riguarda l’argomento della ricorrente secondo cui le quote
revocate sono trasferite alla riserva affinché siano rese disponibili ai
nuovi entranti, la Commissione ritiene che se la ricorrente giudica
necessario un aumento della riserva essa dovrebbe prevedere, sin
dall’inizio, una riserva maggiore nel suo PNA. La Commissione sottolinea
inoltre che la quantità di quote ottenute mediante adeguamenti a
posteriori è imprecisa e non garantisce quindi una maggior certezza del
diritto per i nuovi entranti quanto alle loro decisioni di investire.
Peraltro, il fatto che il PNA e l’art. 6, n. 3, della legge di
assegnazione prevedono la possibilità di aumentare la riserva mediante
l’acquisto di quote da parte di un organismo privato e con la loro
consegna gratuita alle autorità cui spetta la sua gestione confermerebbe
che non è necessario alimentare tale riserva mediante adeguamenti a
posteriori. La Commissione ricorda infine che non è indispensabile
prevedere una riserva per i nuovi entranti, dato che questi ultimi
possono procurarsi le quote necessarie sul mercato (v. anche gli
orientamenti della Commissione, punto 56).
76 Per tutte queste ragioni, la Commissione ritiene che la decisione
impugnata sia conforme ai criteri esposti nell’allegato III della
direttiva 2003/87 e che il motivo relativo alla violazione dell’art. 9,
n. 3, della detta direttiva, in combinato disposto con il suo allegato
III, debba essere respinto.
B – Giudizio del Tribunale
1. Sulla ripartizione dei compiti e delle competenze tra la Commissione
e gli Stati membri e sulla portata del controllo giurisdizionale
77 Il Tribunale ricorda in limine che la ricorrente sostiene in via
principale che, contrariamente alle constatazioni della Commissione
nella decisione impugnata, gli adeguamenti a posteriori previsti nel PNA
tedesco non violano né il criterio n. 5 né il criterio n. 10 enunciati
nell’allegato III della direttiva 2003/87. In tale contesto, è in
particolar modo discusso tra le parti se tali adeguamenti a posteriori
ostacolino o meno il corretto funzionamento del sistema per lo scambio
di quote e, pertanto, se gli adeguamenti siano compatibili con gli
obiettivi e con la sistematica complessiva della direttiva 2003/87, alla
luce dei quali i detti criteri devono essere letti. Il Tribunale deve
tenere conto a questo proposito dei limiti che separano, da una parte,
la portata del potere di controllo e del potere decisionale della
Commissione, in particolare ai sensi della direttiva 2003/87 e,
dall’altra, la portata del margine di manovra di cui lo Stato membro
dispone per recepire detta direttiva nel diritto nazionale in conformità
alle prescrizioni del diritto comunitario.
78 Per quanto riguarda la ripartizione dei compiti e delle competenze
tra la Commissione e gli Stati membri sul recepimento di una direttiva
in materia ambientale, occorre ricordare il dettato dell’art. 249, n. 3,
CE, secondo il quale «[l]a direttiva vincola lo Stato membro cui è
rivolta per quanto riguarda il risultato da raggiungere, salva restando
la competenza degli organi nazionali in merito alla forma e ai mezzi».
Ne consegue che qualora la direttiva in questione non prescriva la forma
e i mezzi per raggiungere uno specifico risultato, la libertà di azione
dello Stato membro quanto alla scelta delle forme e dei mezzi idonei al
raggiungimento del detto risultato resta in via di principio totale.
Tuttavia, gli Stati membri sono tenuti, nell’ambito della libertà che
viene loro lasciata dall’art. 249, n. 3, CE, a scegliere le forme e i
mezzi più idonei al fine di garantire l’efficacia pratica delle
direttive (v. sentenza 8 settembre 2005, causa C-40/04, Yonemoto, Racc.
pag. I-7755, punto 58 e la giurisprudenza ivi citata). Ne consegue
inoltre che, in assenza di norme comunitarie che prescrivano in modo
chiaro e preciso la forma e i mezzi che devono essere impiegati dallo
Stato membro, spetta alla Commissione, nell’ambito dell’esercizio del
suo potere di controllo, segnatamente ai sensi degli artt. 211 CE e 226
CE, dimostrare adeguatamente che gli strumenti impiegati dallo Stato
membro sono a tal riguardo in contrasto con il diritto comunitario.
79 Occorre aggiungere che solo mediante l’applicazione di questi
principi può essere garantito il rispetto del principio di sussidiarietà
sancito all’art. 5, n. 2, CE, principio che s’impone alle istituzioni
comunitarie nell’esercizio delle loro funzioni regolamentari e che si
presume sia stato osservato per l’adozione della direttiva 2003/87
(trentesimo ‘considerando’ della direttiva). Ai sensi di tale principio,
la Comunità interviene nelle materie che non rientrano nell’ambito della
sua competenza esclusiva solo e nei limiti in cui gli obiettivi
dell’azione prevista non possano essere sufficientemente realizzati
dagli Stati membri e, in ragione delle dimensioni o degli effetti
dell’azione prevista, possano perciò essere meglio realizzati a livello
comunitario. Pertanto, in una materia come quella ambientale, regolata
dagli artt. 174-176 CE, nella quale le competenze della Comunità e degli
Stati membri sono compartite, spetta alla Comunità, cioè nel caso di
specie alla Commissione,l’onere della prova di dimostrare in che misura
le competenze dello Stato membro e, pertanto, il suo margine di manovra,
sono limitati riguardo alle condizioni previste sopra al punto 78.
80 Per quanto attiene, più in particolare, al potere di controllo della
Commissione ai sensi dell’art. 9, n. 3, della direttiva 2003/87, si deve
precisare che, anche se lo Stato membro dispone di un certo margine di
manovra per il recepimento di questa direttiva, è pur sempre vero che,
da una parte, la Commissione è legittimata a verificare la conformità
delle misure adottate dallo Stato membro con i criteri stabiliti
nell’allegato III e le disposizioni dell’art. 10 della detta direttiva
e, dall’altra, nell’esercizio di tale controllo, la Commissione medesima
gode di un margine di discrezionalità nei limiti in cui tale controllo
implichi valutazioni economiche ed ecologiche complesse, realizzate in
relazione all’obiettivo generale di riduzione delle emissioni dei gas a
effetto serra tramite un sistema per lo scambio di quote valido in
termini di costi e di efficienza economica (art. 1 e quinto
‘considerando’della direttiva 2003/87).
81 Ne consegue che, nell’ambito del suo controllo di legittimità a
questo proposito, il giudice comunitario svolge un pieno controllo di
legittimità quanto alla corretta applicazione da parte della Commissione
delle regole di diritto pertinenti, la cui portata deve essere
determinata secondo i metodi di interpretazione riconosciuti dalla
giurisprudenza. Il Tribunale non può, in compenso, sostituirsi alla
Commissione quando quest’ultima deve svolgere in questo contesto
valutazioni economiche ed ecologiche complesse. Il Tribunale deve per
tale ragione limitarsi a verificare se la misura in questione non sia
inficiata da errore manifesto o da sviamento di potere, se l’autorità
competente non abbia palesemente oltrepassato i limiti del suo potere
discrezionale e se le garanzie processuali, che rivestono un’importanza
ancor più fondamentale in quest'ambito, siano state pienamente
rispettate (v., in tal senso, sentenze 11 settembre 2002, causa T-13/99,
Pfizer Animal Health/Consiglio, Racc. pag. II-3305, punti 166-171, causa
T-70/99, Alpharma/Consiglio, Racc. pag. II-3495, punti 177-182, e 21
ottobre 2003, causa T-392/02, Solvay Pharmaceuticals/Consiglio, Racc.
pag. II-4555, punto 126).
82 Per quanto riguarda la fattispecie del controllo della compatibilità
degli adeguamenti a posteriori controversi con, in particolare, i
criteri nn. 5 e 10 dell’allegato III della direttiva 2003/87, effettuato
dalla Commissione ai sensi dell’art. 9, n. 3, della detta direttiva,
occorre sottolineare che l’esercizio di tale controllo dipende in primo
luogo dalla determinazione della portata delle norme pertinenti e
implica solo in secondo luogo valutazioni economiche ed ambientali
complesse, soprattutto quando si tratta di valutare le conseguenze
pratiche dei detti adeguamenti sul funzionamento del sistema per lo
scambio di quote. Pertanto, occorre esaminare anzitutto se,
nell’esercizio di tale controllo, la Commissione abbia osservato i
limiti delle norme pertinenti quali interpretate dal Tribunale, al fine
di determinare se la decisione impugnata sia viziata da un errore di
diritto. Solo in seguito, qualora si accerti che la Commissione ha
applicato correttamente le norme pertinenti o ha fornito le prove ad
essa incombenti conformemente alle regole relative all’onere della prova
precisate sopra ai punti 78 e 79, si pone la questione se la sua
valutazione sul piano fattuale ed economico sia plausibile o inficiata
da errore manifesto.
83 Si deve precisare a questo proposito che è pacifico tra le parti che
la questione dell’ammissibilità degli adeguamenti a posteriori
controversi non è esplicitamente affrontata dalla direttiva 2003/87. In
tali condizioni, si deve ritenere che i detti adeguamenti rientrino
nella libertà dello Stato membro quanto alle forme e ai mezzi di
recepimento della detta direttiva e spetta pertanto alla Commissione
dimostrare che tali adeguamenti sono in grado di pregiudicare l’effetto
utile delle sue disposizioni.
84 Il Tribunale ritiene opportuno iniziare ad esaminare la legittimità
della decisione impugnata nella parte in cui quest’ultima tratta
dell’ammissibilità di certi adeguamenti a posteriori alla luce del
criterio n. 10 dell’allegato III della direttiva 2003/87, dato che la
portata di questo criterio, come interpretata dalla Commissione, è
intrinsecamente legata alla questione della compatibilità dei detti
adeguamenti con gli obiettivi e la sistematica complessiva del sistema
per lo scambio di quote stabilito dalla detta direttiva.
2. Sulla legittimità della decisione impugnata alla luce del criterio n.
10 dell’allegato III della direttiva 2003/87
a) Sugli adeguamenti a posteriori controversi
85 Si deve in limine ricordare quali sono gli adeguamenti a posteriori
controversi che, a giudizio della Commissione, contravvengono al
criterio n. 10 dell’allegato III della direttiva 2003/87.
86 A questo proposito, si deve rilevare che la Commissione sembra prima
facie constatare, all’art. 1 della decisione impugnata, che l’insieme
degli adeguamenti a posteriori elencati in questo articolo contrastano
con il criterio n. 10 dell’allegato III della direttiva 2003/87. Emerge
nondimeno dal quarto, quinto e sesto ‘considerando’ della decisione
impugnata, alla luce dei quali va letto il dispositivo (v., in tal
senso, sentenze 12 maggio 2005, causa C-415/03, Commissione/Grecia,
Racc. pag. I-3875, punto 41 e 18 gennaio 2005, causa T-93/02,
Confédération nationale du Crédit mutuel/Commissione, Racc. pag. II-143,
punto 74), che tale valutazione non vale per gli adeguamenti a
posteriori previsti per i nuovi entranti di cui all’art. 1, lett. a),
della citata decisione, poiché la Commissione ritiene che contrastino
solo con il criterio n. 5. Pertanto, come ha confermato la Commissione
nel corso dell’udienza (processo verbale dell'udienza, pag. 2), la parte
introduttiva dell’art. 1 della decisione impugnata va letta come segue:
«Gli elementi seguenti del [PNA] tedesco sono incompatibili con i
criteri [n.] 5 e [/o n.] 10 dell’allegato III della direttiva 2003/87
(…)»
87 All’art. 1, lett. b), e al quinto ‘considerando’ della decisione
impugnata, la Commissione constata l’illegittimità degli adeguamenti a
posteriori connessi all’applicazione della regola del trasferimento. Se
la Commissione non contesta la regola del trasferimento in quanto tale,
nella parte in cui consente al gestore di un nuovo impianto di
conservare le quote rilasciate per un impianto chiuso che ha gestito
precedentemente (v., segnatamente, la comunicazione della Commissione 7
luglio 2004, punto 3.3), tuttavia essa rifiuta di riconoscere la
legittimità di tali adeguamenti qualora la capacità di produzione del
nuovo impianto sia inferiore a quella dell’impianto chiuso.
88 Nella prima ipotesi di cui all’art. 1, lett. c), e al sesto
‘considerando’ della decisione impugnata, la Commissione constata
inoltre l’illegittimità degli adeguamenti a posteriori connessi a un
ridotto utilizzo della capacità di produzione dell’impianto sopravvenuta
in contrasto con le previsioni annunciate dal gestore. A termini delle
spiegazioni supplementari fornite nella comunicazione della Commissione
7 luglio 2004 (pag. 8, ultimo capoverso), una tale illegittimità incide
solo sugli adeguamenti a posteriori applicabili agli impianti la cui
attività è stata avviata dopo il 1° gennaio 2003 e non sugli adeguamenti
applicabili ai nuovi entranti. In risposta ad un quesito scritto del
Tribunale, la Commissione ha confermato tale interpretazione pur
precisando comunque che la comunicazione della Commissione 7 luglio 2004
ha limitato erroneamente questa illegittimità agli adeguamenti a
posteriori applicabili agli impianti la cui attività è stata avviata
dopo il 1° gennaio 2003 e che la decisione impugnata riguardava pertanto
anche quegli adeguamenti applicabili agli impianti la cui attività è
stata avviata anteriormente a tale data.
89 La Commissione constata, peraltro, nella seconda ipotesi di cui
all’art. 1, lett. c), e al sesto ‘considerando’ della decisione
impugnata, come rettificati nel corso dell’udienza (v. punto 40 supra),
l’illegittimità degli adeguamenti a posteriori verso il basso previsti
qualora le emissioni annue dell’impianto siano inferiori al 60 %
rispetto a quelle del periodo di riferimento (chiusura di fatto).
90 Nell’ultima ipotesi di cui all’art. 1, lett. c), e al sesto
‘considerando’ della decisione impugnata, la Commissione rileva infine
l’illegittimità degli adeguamenti a posteriori dell’assegnazione
speciale di quote ad un impianto di cogenerazione qualora il volume di
energia elettrica prodotto da quest’ultimo sia inferiore a quello del
periodo di riferimento.
91 Più in generale, emerge dal quarto e quinto ‘considerando’ della
decisione impugnata, nonché dal punto 3.2, prima parte, della
comunicazione della Commissione 7 luglio 2004 (v. punto 41 supra), che
la Commissione ritiene che, in un PNA, il numero di quote da assegnare
ad ogni impianto debba essere stabilito in anticipo per il primo periodo
di assegnazione e non possa essere in ogni caso più modificato dopo
l’adozione da parte dello Stato membro della decisione ai sensi
dell’art. 11, n. 1, della direttiva 2003/87. Viceversa, la ricorrente
afferma sostanzialmente che il criterio n. 10 dell’allegato III della
detta direttiva prevede solo un requisito formale che impone di allegare
al PNA un elenco degli impianti unitamente alla quantità previsionale di
quote che lo Stato membro intende assegnare a questi ultimi e che il
numero delle quote in tal modo individualmente assegnate può variare in
una fase successiva dell’attuazione della decisione di assegnazione
adottata ai sensi dell’art. 11, n. 1, della direttiva 2003/87.
92 Per esaminare la fondatezza degli argomenti presentati dalle parti,
il Tribunale ritiene che sia necessario procedere ad un’interpretazione
letterale, storica, contestuale e teleologica della portata del criterio
n. 10 dell’allegato III della direttiva 2003/87 (v., per quanto riguarda
la metodologia, sentenze 20 novembre 2002, causa T-251/00, Lagardère e
Canal+/Commissione, Racc. pag. II-4825, punti 72 e segg., e 6 ottobre
2005, cause riunite T-22/02 e T-23/02, Sumitomo Chemical e Sumika Fine
Chemicals/Commissione, Racc. pag. II-4065, punti 41 e segg).
b) Sull’interpretazione letterale del criterio n. 10 dell’allegato III
della direttiva 2003/87
93 Si deve anzitutto determinare mediante interpretazione letterale, se
la formulazione del criterio n. 10 dell’allegato III della direttiva
2003/87 osti alle misure di adeguamento a posteriori previste dal PNA
tedesco.
94 Il Tribunale rileva a questo proposito che il criterio n. 10
dell’allegato III della direttiva 2003/87 enuncia che «[i]l [PNA]
include un elenco degli impianti disciplinati dalla presente direttiva
con i valori delle quote che saranno assegnate a ciascuno». Emerge
pertanto dai termini con i quali tale criterio è enunciato, che, da una
parte, il PNA deve includere un elenco degli impianti rientranti
nell’ambito di applicazione della direttiva 2003/87 e, dall’altra, tale
elenco deve indicare il numero di quote «che saranno assegnate» ad ogni
impianto. Quindi, occorre interrogarsi in particolare sulla portata
dell’espressione «che saranno assegnate».
95 Nell’ambito di un’interpretazione letterale, occorre tenere conto del
fatto che le norme comunitarie sono redatte in diverse lingue e che le
varie versioni linguistiche fanno fede nella stessa maniera:
l’interpretazione di una norma comunitaria comporta quindi il raffronto
di tali versioni (sentenza 6 ottobre 1982, 283/81, causa Cilfit, Racc.
pag. 3415, punto 18). L’espressione «que l’on souhaite (…) allouer»
nella versione francese è anche riprodotta nelle versioni spagnola e
portoghese, cioè rispettivamente «que se prevé asignar» e «que se
pretende de atribuir», e tutte queste versioni esprimono pertanto il
medesimo carattere soggettivo, implicante un certo grado di volontà
autonoma, dell’assegnazione individuale delle quote di emissioni ai vari
impianti. Questo carattere viene attenuato e diventa una mera intenzione
nelle versioni inglese (intended to be allocated), danese (hensigten),
finlandese (aiotaan myöntää) e svedese (som avses), nelle quali tale
espressione è stata resa con un senso leggermente diverso, cioè «che lo
Stato membro intende assegnare». Inoltre, nelle versioni tedesca (zugeteilt
werden sollen) e olandese (bestemd om te worden toegewezen), che
significano «destinate ad essere assegnate», l’assegnazione individuale
delle quote di emissioni ai vari impianti presenta un carattere più
neutro e oggettivo. Tale carattere neutro e oggettivo risulta anche
leggermente più accentuato nelle versioni greca (pou prokeitai na
diatethoun) e italiana (saranno assegnate), le quali presentano
l’assegnazione individuale delle quote di emissione come un mero fatto
futuro (saranno assegnate).
96 Alla luce di quanto precede, esistono notevoli sfumature tra le
diverse versioni linguistiche del criterio n. 10 dell’allegato III della
direttiva 2003/87, di cui ciascuna fa fede, in quanto queste ultime
attribuiscono all’assegnazione individuale delle quote di emissione, in
base ai termini impiegati, un carattere invero soggettivo e intenzionale
o, al contrario, un carattere più o meno oggettivo e neutro. Di
conseguenza, tali versioni linguistiche, considerate nel loro insieme,
non possono far prevalere né la posizione della Commissione, secondo cui
il PNA e la decisione di assegnazione devono includere il numero
definitivo di quote da assegnare a ciascuno degli impianti elencati, né
quella della ricorrente secondo la quale, in sostanza, gli Stati membri
dispongono in merito di un ampio margine di discrezionalità. Le
formulazioni sopraccitate non possono però neppure escludere il fatto
che il legislatore comunitario abbia inteso concedere una certa
flessibilità, se non addirittura un certo margine di discrezionalità
agli Stati membri, consentendo loro di modificare, in una fase
successiva all’attuazione della direttiva 2003/87, il numero di quote
come previsto nell’elenco degli impianti allegati al PNA.
97 Occorre quindi completare questa interpretazione letterale e tale
lettura comparata delle distinte versioni linguistiche del criterio n.
10 dell’allegato III della direttiva 2003/87 con un’interpretazione
storica.
c) Sull’interpretazione storica del criterio n. 10 dell’allegato III
della direttiva 2003/87
98 Rievocando la genesi del procedimento legislativo sfociato
nell’adozione della direttiva 2003/87, il Tribunale constata che il
criterio n. 10 dell’allegato III della direttiva 2003/87 compare nei
lavori preparatori di questa direttiva solo in una fase relativamente
tardiva, cioè nell’ambito della posizione comune (CE) n. 28/2003,
emanata dal Consiglio il 18 marzo 2003, in vista dell’adozione della
direttiva in parola (GU C 125E, pag. 72). Come fa valere la ricorrente,
tale criterio è stato incluso nei lavori preparatori della direttiva in
seguito ad un emendamento proposto il 13 settembre 2002 da parte della
commissione per l’ambiente, la sanità pubblica e la politica dei
consumatori del Parlamento europeo, emendamento motivato dal fatto che
«[è] importante poter disporre di dati che riflettano e quantifichino la
situazione degli scambi delle quote di emissione di gas a effetto serra»
(documento di seduta A5-0303/2002, I, pag. 43, emendamento n. 73).
99 Di conseguenza, l’interpretazione storica non fornisce elementi
aggiuntivi in grado di modificare la conclusione di cui al punto 96.
100 Occorre quindi procedere ad un’interpretazione contestuale del
criterio n. 10 dell’allegato III della direttiva 2003/87.
d) Sull’interpretazione contestuale del criterio n. 10 dell’allegato III
della direttiva 2003/87
Sulle disposizioni pertinenti della direttiva 2003/87 e del regolamento
n. 2216/2004
– i) Sugli artt. 9 e 11 della direttiva 2003/87
101 Nell’ambito dell’interpretazione contestuale del criterio n. 10
dell’allegato III della direttiva 2003/87 occorre anzitutto fare
riferimento all’art. 9, n. 1, della direttiva 2003/87, che costituisce
la base giuridica per l’istituzione dei PNA da parte degli Stati membri.
Questa disposizione prevede in particolare che «ciascuno Stato membro
elabora un [PNA] che determina le quote totali di emissioni che intende
assegnare per tale periodo e le modalità di tale assegnazione» e che
«[i]l [PNA] si fonda su criteri obiettivi e trasparenti, compresi i
criteri elencati nell’allegato III, e tiene nella dovuta considerazione
le osservazioni del pubblico».
102 Il Tribunale constata a questo proposito che, per quanto riguarda
l’eventuale carattere definitivo o, al contrario, meramente provvisorio
dell’assegnazione di quote, prevista dal PNA, da parte dello Stato
membro, l’espressione utilizzata all’art. 9, n. 1, della direttiva
2003/87 (intende assegnare) corrisponde essenzialmente, in ogni versione
linguistica esaminata sopra al punto 95, a quella impiegata dal criterio
n. 10 dell’allegato III della direttiva 2003/87 (saranno assegnate).
Tuttavia, tali formulazioni non implicano necessariamente l’esistenza di
un ampio margine di manovra dello Stato membro per il recepimento.
Possono anche essere intese come la conseguenza del fatto che il PNA
sarà sottoposto al controllo della Commissione in forza dell’art. 9, n.
3, della direttiva 2003/87, e che, pertanto, qualsiasi assegnazione di
quote prevista nell’elenco degli impianti allegato a detto PNA – e
dunque «souhaitée» (voluta) dallo Stato membro – resta solo provvisoria
finché la Commissione non la ratifichi o non la respinga richiedendone
modifiche.
103 Si deve in seguito considerare l’art. 9, n. 3, della direttiva
2003/87 secondo cui «la Commissione può respinger[e tale PNA], in tutto
o in parte, qualora lo ritenga incompatibile con l’articolo 10 o con i
criteri elencati nell’allegato III» e che «[l]o Stato membro prende una
decisione a norma dell’articolo 11, paragrafo 1 (…), solo previa
accettazione da parte della Commissione delle modifiche che esso
propone». Occorre inoltre ricordare la formulazione dell’art. 11, n. 1,
della direttiva 2003/87 secondo la quale «ciascuno Stato membro decide
in merito alle quote totali di emissioni che assegnerà (…) nonché in
merito all’assegnazione di aliquote al gestore di ciascun impianto».
Questa disposizione precisa peraltro che «[t]ale decisione è presa
[dallo Stato membro] (…) sulla base del [PNA] (…) tenendo nella dovuta
considerazione le osservazioni del pubblico».
104 In tale contesto, il Tribunale ritiene utile richiamare le varie
fasi della procedura descritta all’art. 9, nn. 1-3, in combinato
disposto con l'art. 11, n. 1, della direttiva 2003/87. Infatti, l’art.
9, n. 3, prevede fasi distinte corrispondenti rispettivamente alla
notifica, alla definizione del PNA e all’adozione da parte dello Stato
membro della decisione di assegnazione. Prevede, inoltre, per lo meno
due occasioni di controllo e di rigetto del PNA da parte della
Commissione. La prima fase, indispensabile, consiste nella notifica
iniziale del PNA da parte dello Stato membro in conformità al n. 1 di
tale disposizione e nell’esame del detto PNA da parte della Commissione.
A questa prima fase si aggiunge eventualmente una seconda fase.
Quest’ultima comporta eventuali modifiche del PNA, su richiesta della
Commissione o su proposta dello Stato membro, e l’accettazione o meno di
tali modifiche da parte della Commissione. Solo se vengono perfezionate
la prima ed, eventualmente, la seconda fase, lo Stato membro è in
diritto di adottare, nell’ambito di una terza fase e sulla base del suo
PNA, la sua decisione di assegnazione di quote ai sensi dell’art. 11, n.
1, della direttiva 2003/87 (sentenza 23 novembre 2005, causa T-178/05,
Regno Unito/Commissione, Racc. pag. II-4807, punto 56). Emerge peraltro
dall’art. 9, n. 1, e dall’art. 11, n. 1, della summenzionata direttiva
l’obbligo per lo Stato membro «[di] tene[re] nella dovuta considerazione
le osservazioni del pubblico», sia nel PNA, vale a dire in seguito ad
una prima consultazione pubblica, che nella decisione di assegnazione
adottata dopo una seconda consultazione pubblica. A questo proposito, il
criterio n. 9 dell’allegato III della direttiva 2003/87 precisa che
«[i]l [PNA] prevede disposizioni riguardanti le osservazioni che il
pubblico può presentare e contiene informazioni sulle modalità con le
quali si terrà conto delle suddette osservazioni prima di adottare una
decisione in materia di assegnazione delle quote».
105 Alla luce di tali considerazioni, il Tribunale rileva, in primo
luogo, che la decisione di assegnazione dello Stato membro prevista
all’art. 11, n. 1, della direttiva 2003/87 non è più sottoposta,
nell’ambito della detta direttiva, ad uno specifico esame da parte della
Commissione alla stregua del controllo previsto dall’art. 9 della tale
direttiva relativo al PNA. Tuttavia, il fatto che l’art. 11, n. 1, della
direttiva 2003/87 obblighi lo Stato membro a fondare la sua decisione di
assegnazione sul proprio PNA, come esaminato dalla Commissione in forza
dell’art. 9 della citata direttiva ed eventualmente modificato su sua
richiesta, non significa necessariamente che una successiva modifica
delle assegnazioni individuali di quote non sia più possibile. Infatti,
secondo l’art. 11, n. 1, seconda frase, in fine, in combinato disposto
con il criterio n. 9 dell’allegato III della direttiva 2003/87, il
contenuto della decisione di assegnazione dipende anche dalla seconda
consultazione pubblica. Orbene, a pena di rendere questa consultazione
inutile e le osservazioni del pubblico puramente teoriche, tale seconda
consultazione pubblica interviene solo dopo l’esame da parte della
Commissione del PNA notificato e deve essere in grado di modificare
l’assegnazione che lo Stato membro si propone di adottare mediante la
sua decisione di assegnazione (sentenza Regno Unito/Commissione, punto
104 supra, punto 57). Ne consegue che se in principio qualsiasi modifica
del quadro sostanziale del PNA a seguito della chiusura della procedura
di esame prevista all’art. 9, n. 3, della direttiva 2003/87 è in grado
di neutralizzare il sistema di controllo preventivo ivi stabilito, un
divieto assoluto di modificare le assegnazioni individuali adottate nel
PNA potrebbe pregiudicare l’effetto utile della seconda consultazione
pubblica, come prevista all’art. 11, n. 1, seconda frase, in fine, in
combinato disposto con il criterio n. 9, dell’allegato III della
direttiva 2003/87 (v., in tal senso, sentenza Regno Unito/Commissione,
punto 104 supra, punto 58). Occorre aggiungere che, come emerge dai
punti 93, 95 e 96 dei suoi orientamenti, la Commissione medesima sembra
basarsi sul principio secondo cui, dato il carattere obbligatorio della
partecipazione del pubblico, eventuali modifiche rivelatesi necessarie
dopo la seconda consultazione del pubblico possono essere integrate
nella decisione di assegnazione a condizione che lo Stato membro ne
informi la Commissione prima dell’adozione della citata decisione.
106 Si deve rilevare in secondo luogo che, nel suo passaggio pertinente
(«ciascuno Stato membro decide in merito alle quote totali di emissioni
che assegnerà (…) nonché in merito all’assegnazione di aliquote al
gestore di ciascun impianto»), l’art. 11, n. 1, della direttiva 2003/87
è formulato in modo piuttosto aperto e orientato al futuro e che tale
disposizione non vieta espressamente una modifica successiva del numero
di quote individualmente assegnate secondo l’elenco allegato al PNA e la
decisione di assegnazione. Allo stesso modo, l’art. 9, n. 1, della
direttiva, che stabilisce i requisiti di legittimità di un PNA, non fa
esclusivamente riferimento ai criteri elencati nell’allegato III della
direttiva 2003/87, ma consente di fondare il PNA su altri criteri di
assegnazione, a condizione che questi ultimi siano «obiettivi e
trasparenti». Ne risulta, da una parte, che, in assenza di esplicito
divieto, all'art. 11, n. 1, di ulteriori modifiche dell'assegnazione
individuale delle quote, il PNA e la decisione di assegnazione possono
espressamente prevedere una tale possibilità di modifica, a condizione
che i criteri della sua attuazione siano stabiliti in modo obiettivo e
trasparente. Ne consegue, d’altra parte, che, poiché tali criteri
aggiuntivi non rientrano tra quelli definiti nell’allegato III della
direttiva 2003/87, il potere di controllo della Commissione ai sensi
dell’art. 9, n. 3, di tale direttiva, è necessariamente ristretto e
limitato alla questione se tali criteri aggiuntivi – introdotti dallo
Stato membro nell’esercizio del suo margine di discrezionalità
conferitogli per il recepimento della detta direttiva – soddisfino i
requisiti di obiettività e trasparenza. Occorre aggiungere che
un’eventuale successiva modifica delle assegnazioni individuali di
quote, che intervenga dopo la decisione di assegnazione a norma
dell’art. 11, n. 1, della direttiva 2003/87, non implica che la
Commissione perda qualsiasi possibilità di controllo data la
sorveglianza costante che quest’ultima esercita grazie agli strumenti di
gestione e accertamento previsti dal regolamento n. 2216/2004, nonché al
compito generale di vigilanza conferita dagli artt. 211 CE e 226 CE, che
le consente di agire in qualsiasi momento in caso di violazione del
diritto comunitario.
– ii) Sull’art. 29 della direttiva 2003/87
107 L’art. 29 della direttiva 2003/87 consente, eccezionalmente e in via
di deroga alla quantità totale di quote prevista, un aumento successivo
del numero di quote individualmente assegnate. Ciò conferma l'ipotesi
che lo Stato membro non è in linea di principio autorizzato ad assegnare
quote aggiuntive. Non esiste tuttavia alcuna disposizione espressa nella
direttiva in parola intesa a limitare il margine di manovra dello Stato
membro nella gestione dell'assegnazione individuale delle quote qualora
quest'ultima non si risolva in un tale aumento, bensì unicamente in
correzioni successive verso il basso. Infatti, in quest'ultima ipotesi,
non esiste il rischio di un'assegnazione che superi la quantità totale
di quote prevista nel PNA, la quale sarebbe in contrasto con l’obbligo
di riduzione delle emissioni incombente allo Stato membro. A questo
proposito, occorre anche rilevare che, in risposta ad un questionario
della Commissione nel corso del procedimento amministrativo, la
ricorrente ha sottolineato che, contrariamente a quanto emergeva dal PNA
come notificato inizialmente, la decisione di assegnazione adottata ai
sensi dell'art. 11, n. 1, della direttiva 2003/87 includeva solamente
adeguamenti a posteriori verso il basso e non misure di aumento di
assegnazioni individuali (v. punto 34 supra).
– iii) Sull’art. 38, n. 2, del regolamento n. 2216/2004
108 Come fa valere la Commissione, l'art. 38, n. 2, del regolamento n.
2216/2004 rappresenta solo una norma procedurale di natura tecnica,
destinata alla corretta amministrazione e all'amministrazione
centralizzata, a livello europeo, del sistema di registri standardizzato
e sicuro che include in particolare le tabelle PNA relative ai dati dei
distinti PNA come notificati dagli Stati membri. Questa norma stabilisce
le condizioni alle quali possono essere notificate e apportate
correzioni alla tabella PNA, ma queste ultime sono comunque soggette al
rispetto della procedura di notifica e di controllo da parte della
Commissione ai sensi dell'art. 9, n. 3, della direttiva 2003/87. Ne
consegue che tali possibilità di modifica non pregiudicano in alcun modo
la legittimità o la fondatezza delle correzioni in questione e che non
sono ad ogni modo in grado di modificare la portata delle varie
disposizioni pertinenti della direttiva n. 2003/87. Per contro, la
formulazione impiegata dall'art. 38, n. 2, seconda frase, del
regolamento n. 2216/2004, secondo cui «[tale correzione] è conforme alle
metodologie indicate nel [PNA]», conferma per lo meno indirettamente la
possibilità di correggere a posteriori il numero di quote assegnate,
purché il PNA in quanto tale preveda espressamente il metodo applicabile
a una tale correzione. Infatti, detta norma implica perciò che lo Stato
membro può prevedere nel PNA meccanismi di correzione, a condizione che
siano obiettivi e trasparenti a norma dell'art. 9, n. 1, della direttiva
2003/87.
Sulla portata degli orientamenti della Commissione
– i) Sull’effetto di autolimitazione degli orientamenti della
Commissione
109 Nei limiti in cui gli orientamenti della Commissione possono far
parte del contesto normativo rilevante, occorre valutarne la portata e
analizzarne le disposizioni pertinenti per l'interpretazione del
criterio n. 10 dell'allegato III della direttiva 2003/87.
110 A questo proposito, occorre rilevare, relativamente alla natura
giuridica di questi orientamenti, che pur essendo fondati su una base
giuridica espressa prevista all'art. 9, n. 1, primo comma, ultima frase,
della direttiva 2003/87, ai sensi del quale «la Commissione elabora (…)
gli orientamenti per l'attuazione dei criteri elencati nell'allegato III»,
i detti orientamenti non corrispondono a nessuno degli atti di diritto
comunitario previsti all'art. 249 CE (v., per analogia, sentenze 6
aprile 2000, causa C-443/97, Spagna/Commissione, Racc. pag. I-2415,
punti 28 e segg., Pfizer Animal Health/Consiglio, punto 81 supra, punto
119, e Alpharma/Consiglio, punto 81 supra, punto 140). Ne risulta
nondimeno il potere della Commissione di elaborare e rendere pubblico,
sotto forma di tali orientamenti, innanzitutto il contenuto e la portata
che a suo giudizio caratterizzano i criteri figuranti nell'allegato III
della detta direttiva, nonché il modo in cui intende svolgere il suo
controllo ai sensi dell'art. 9, n. 3, della direttiva 2003/87, quanto
alla compatibilità con i detti criteri dei provvedimenti di recepimento
adottati dallo Stato membro. Gli orientamenti rientrano pertanto nella
categoria delle disposizioni che in quanto tali non sono, in via di
principio, autonomamente vincolanti nei confronti di terzi e dei quali
la Commissione fa ampio uso nell'ambito della sua prassi amministrativa,
al fine di strutturare e rendere più trasparente l'esercizio del suo
potere discrezionale e di controllo.
111 Occorre richiamare a questo proposito la giurisprudenza secondo la
quale l'istituzione in questione, adottando norme di condotta
amministrativa dirette a produrre effetti esterni e annunciando con la
loro pubblicazione che essa le applicherà da quel momento in avanti ai
casi ad essa relativi, si autolimita nell'esercizio del suo potere
discrezionale e non può discostarsi da tali norme, pena vedersi, se del
caso, sanzionata per violazione dei principi giuridici generali, quali i
principi di parità di trattamento, di certezza del diritto o di tutela
del legittimo affidamento. Non si può quindi escludere che, in presenza
di talune condizioni e a seconda del loro contenuto, siffatte norme di
comportamento dotate di una portata generale possano produrre effetti
giuridici e che, in particolare, l'amministrazione non possa in un caso
specifico discostarsene senza fornire ragioni compatibili con il
principio di parità di trattamento (v., relativamente agli orientamenti
della Commissione per il calcolo delle ammende in materia di
concorrenza, sentenza della Corte 28 giugno 2005, cause riunite C-189/02
P, C-202/02 P, C-205/02 P, C-208/02 P e C-213/02 P, Dansk Rørindustri e
a./Commissione, Racc. pag. I-5425, punti 209-211; v. anche, per quanto
riguarda gli orientamenti adottati dalla Commissione in materia di aiuti
di Stato, sentenza 30 aprile 1998, causa T-16/96, Cityflyer
Express/Commissione, Racc. pag. II-757, punto 57), a condizione che un
tale approccio non sia contrario ad altre norme superiori di diritto
comunitario. In particolar modo in materia di agricoltura, di salute e
di ambiente, il Tribunale ha riconosciuto che le istituzioni comunitarie
possono imporsi indirizzi per l'esercizio dei loro poteri discrezionali
mediante atti non previsti dall'art. 249 CE, in particolare con
comunicazioni, nei limiti in cui queste ultime contengano regole
indicative sulla condotta che tali istituzioni devono tenere e non
deroghino alle norme del Trattato (v. sentenze Pfizer Animal Health/Consiglio,
punto 81 supra, punto 119, e Alpharma/Consiglio, punto 81 supra, punto
140 e la giurisprudenza ivi citata).
112 Ne deriva che, nell'ambito dell'esercizio del suo potere di
controllo a norma dell'art. 9 della direttiva 2003/87, la Commissione si
è autolimitata con i suoi orientamenti in modo da non potersene
discostare pena violare, all'occorrenza, certi principi generali di
diritto comunitario quali i principi di parità di trattamento, di tutela
del legittimo affidamento e di certezza del diritto. Di conseguenza, la
Commissione può vedersi opporre i suoi orientamenti in particolare dagli
Stati membri che ne sono i destinatari, qualora essa adotti misure
contrastanti con i detti orientamenti.
– ii) Sull’interpretazione del criterio n. 10 dell’allegato III della
direttiva 2003/87 alla luce degli orientamenti della Commissione
113 Il Tribunale ricorda che, per quanto riguarda il criterio n. 10
dell'allegato III della direttiva 2003/87, la Commissione si è
pronunciata come segue ai punti 97-100 dei suoi orientamenti:
«97. Questo criterio impone la trasparenza dei [PNA]: ciò implica che la
quantità di quote assegnata a ciascun impianto deve essere indicata, e
quindi posta a conoscenza del pubblico, al momento della notifica del
piano alla Commissione e agli altri Stati membri
(…)
98. Questo criterio si considera rispettato se lo Stato membro adempie
all’obbligo di elencare tutti gli impianti soggetti alla direttiva
[2003/87]
(....)
100. Gli Stati membri devono indicare la quantità totale di quote che
intendono assegnare a ciascun impianto e precisare la quantità
rilasciata ogni anno a ciascun impianto a norma dell'articolo 11,
paragrafo 4 [della direttiva 2003/87] (…)».
114 Il Tribunale ritiene che il punto 97 degli orientamenti della
Commissione rispecchi la medesima ratio legis sottesa alla motivazione
fornita dalla commissione parlamentare che ha proposto l'inclusione del
criterio n. 10 nella direttiva 2003/87 (v. punto 98 supra). Infatti,
questa motivazione intende in sostanza garantire al pubblico e alle
autorità coinvolte nella gestione del sistema per lo scambio di quote la
trasparenza nel PNA della quantità di quote assegnata per ogni impianto.
Allo stesso modo, l'espressione «[q]uesto criterio si considera
rispettato», impiegata al punto 98 degli orientamenti della Commissione,
indica che anche quest'ultima ha inteso affermare che la portata
dell'obbligo contenuto al criterio n. 10 dell’allegato III della
direttiva 2003/87 si limitava ad un obbligo formale di notifica
dell'«elenco degli impianti disciplinati dalla (…) direttiva [2003/87]».
Peraltro, il punto 100 degli orientamenti della Commissione si limita a
prescrivere, analogamente al dettato del criterio n. 10, che gli Stati
membri «indica[no] la quantità totale di quote che intendono assegnare a
ciascun impianto». La formulazione scelta per esprimere il margine di
manovra di cui gli Stati membri dispongono per l'assegnazione delle
quote (che intendono assegnare) non differisce quindi dalla formulazione
del criterio n. 10 (che saranno assegnate a ciascuno), né da quella
impiegata nelle altre disposizioni rilevanti della direttiva 2003/87 (v.
punti 101-106 supra).
115 Il Tribunale conclude che, nei suoi orientamenti, la Commissione non
fornisce alcuna precisazione aggiuntiva rispetto al dettato delle
disposizioni pertinenti della direttiva 2003/87 per quanto riguarda la
portata del criterio n. 10 dell'allegato III della direttiva 2003/87,
precisazione che potrebbe sostenere la fondatezza della sua
interpretazione secondo la quale le misure di adeguamento a posteriori
controverse contrastano con il detto criterio. Gli orientamenti della
Commissione non contengono neanche indizi risolutivi riguardo alla
questione se lo Stato membro sia in grado di modificare l'assegnazione
individuale delle quote dopo l'adozione del suo PNA o della decisione di
assegnazione ai sensi dell'art. 11, n. 1, della direttiva 2003/87.
116 Tuttavia, dato che gli orientamenti della Commissione sono
considerati atti a concretizzare la prassi amministrativa e di controllo
di quest'ultima, nonché a specificare l'estensione del margine di
manovra di cui dispone lo Stato membro per il recepimento dei criteri
previsti nell'allegato III della direttiva 2003/87, la Commissione è
tenuta a stabilire i detti orientamenti, in particolare per quanto
riguarda gli aspetti principali, con la maggiore chiarezza e precisione
possibili. Ciò è tanto più vero in quanto il potere di controllo e di
rigetto dei PNA, esercitato dalla Commissione ai sensi dell'art. 9, n.
3, della direttiva 2003/87, è assai circoscritto, essendo limitato
all'esame della compatibilità dei PNA con i soli criteri dell'allegato
III e con le sole disposizioni dell'art. 10 della direttiva 2003/87.
Pertanto, in assenza di qualsiasi riferimento negli orientamenti della
Commissione in merito alla questione della legittimità degli adeguamenti
a posteriori verso il basso del numero di quote individualmente
assegnate e del margine di manovra dello Stato membro in quest'ambito,
la Commissione non può validamente opporre allo Stato membro il divieto
dei detti adeguamenti, pena la violazione dei principi di certezza del
diritto e di tutela del legittimo affidamento ma, al contrario, a
quest'ultima deve essere opponibile da parte dello Stato membro tale
omesso riferimento, a meno che ciò non risulti in contrasto con altre
disposizioni di diritto comunitario, in particolare disposizioni
comunitarie di rango superiore.
– iii) Sulla portata della comunicazione della Commissione del 7 luglio
2004
117 Il Tribunale aggiunge che la comunicazione della Commissione del 7
luglio 2004, che ribadisce e completa la motivazione della decisione
impugnata adottata lo stesso giorno e, segnatamente, le ragioni per le
quali la Commissione ritiene gli adeguamenti a posteriori controversi
incompatibili con il criterio n. 10 dell'allegato III della direttiva
2003/87, non è idonea a modificare l'interpretazione degli orientamenti
della Commissione esposta sopra ai punti 114 e 116. Detta comunicazione
certamente costituisce un elemento significativo rientrante nell'ambito
del contesto immediato nel quale la decisione impugnata è stata adottata
e, pertanto, un completamento di motivazione rispetto alla motivazione
contenuta in detta decisione, di cui il giudice comunitario è tenuto a
tenere conto nel corso del suo controllo di legittimità (v., in tal
senso, sentenza 8 luglio 2003, causa T-374/00, Verband der freien
Rohrwerke e a./Commissione, Racc. pag. II-2275, punti 122-124). Questa
comunicazione non è però né anteriore all'elaborazione del PNA tedesco,
il che avrebbe potuto contribuire al rispetto da parte della Repubblica
federale di Germania dei criteri figuranti nell'allegato III, né fondata
sull'art. 9, n. 1, primo comma, ultima frase, della direttiva 2003/87 e,
pertanto, non è in grado di modificare la portata degli orientamenti
della Commissione elaborati in applicazione di questa disposizione.
Conclusione sull'interpretazione contestuale del criterio n. 10
dell'allegato III della direttiva 2003/87
118 Considerato quanto precede, il Tribunale conclude che
un'interpretazione contestuale del criterio n. 10 dell'allegato III
della direttiva 2003/87, alla luce delle altre disposizioni di tale
direttiva e degli orientamenti della Commissione, non è in grado di
fornire una risposta chiara e precisa sulla questione se lo Stato membro
disponga o meno, in seguito all'approvazione del suo PNA da parte della
Commissione e all'adozione della decisione di assegnazione, della
possibilità di adeguare verso il basso l'assegnazione individuale delle
quote agli impianti.
e) Sull’interpretazione teleologica del criterio n. 10 dell'allegato III
della direttiva 2003/87
Osservazione preliminare
119 Per quanto riguarda l'interpretazione teleologica del criterio n. 10
dell'allegato III della direttiva 2003/87, occorre in particolare
riferirsi agli obiettivi e alla sistematica complessiva di tale
direttiva, alla realizzazione e al funzionamento dei quali sono intesi a
contribuire i criteri dell'allegato III. In un tale contesto ci si deve
in particolare domandare se l'effettiva l'attuazione degli obiettivi di
questa direttiva e, pertanto, l'effetto utile delle disposizioni
pertinenti che intendono perseguire tali obiettivi, tra i quali figurano
i criteri previsti nell'allegato III, ostino al riconoscimento della
legittimità degli adeguamenti a posteriori verso il basso delle quote
assegnate (v. punti 93-118 supra).
120 Occorre pertanto iniziare col definire la portata degli obiettivi di
cui alla direttiva 2003/87, la cui attuazione sarebbe eventualmente
ostacolata dal riconoscimento della legittimità degli adeguamenti a
posteriori controversi.
Sugli obiettivi della direttiva 2003/87
121 Ai sensi dell'art. 1 della direttiva 2003/87, il principale
obiettivo della direttiva consiste nell'«istitui[re] un sistema per lo
scambio di quote di emissioni di gas a effetto serra nella Comunità (…),
al fine di promuovere la riduzione di dette emissioni secondo criteri di
validità in termini di costi e di efficienza economica». A tal fine, il
criterio n. 1, in fine, dell'allegato III della direttiva dispone che la
quantità totale delle quote da assegnare per il periodo considerato «non
deve superare le minime esigenze per la rigorosa applicazione dei
criteri del presente allegato» e «[f]ino al 2008 (…) deve essere
conforme ad un orientamento mirato al raggiungimento o al superamento
dell'obiettivo di ciascuno Stato membro, come previsto dalla decisione
2002/358 (…) e dal protocollo di Kyoto». Il quarto ‘considerando’ della
direttiva 2003/87 cita parimenti gli impegni assunti dalla Comunità e
degli Stati membri per ridurre le loro emissioni antropiche dei gas a
effetto serra in forza del protocollo di Kyoto.
122 Il quinto ‘considerando’ della direttiva 2003/87 precisa che «[l]a
presente direttiva è intesa a contribuire ad un più efficace adempimento
degli impegni da parte della Comunità europea e dei suoi Stati membri
mediante un efficiente mercato europeo delle quote di emissione dei gas
a effetto serra, con la minor riduzione possibile dello sviluppo
economico e dell'occupazione». Il settimo ‘considerando’ enuncia inoltre
la necessità di «disposizioni comunitarie sull'assegnazione di quote di
emissioni da parte degli Stati membri onde contribuire a preservare
l'integrità del mercato interno ed evitare distorsioni della
concorrenza».
123 Il ventesimo ‘considerando’ sottolinea che «[l]a presente direttiva
incoraggerà l'utilizzo di tecnologie energetiche più efficaci, compresa
la tecnologia della cogenerazione di energia termica ed elettrica, in
quanto produce meno emissioni per unità di emissione». Inoltre, il
venticinquesimo ‘considerando’ enuncia che «[l]e politiche e le misure
dovrebbero essere attuate a livello di Comunità e di Stati membri in
tutti i settori dell'economia (…), così da generare sostanziali
riduzioni delle emissioni».
124 Ne risulta che l'obiettivo principale dichiarato dalla direttiva
2003/87 consiste nel ridurre sostanzialmente le emissioni dei gas a
effetto serra per poter rispettare gli impegni della Comunità e degli
Stati membri alla luce del protocollo di Kyoto. Questo obiettivo deve
essere perseguito nel rispetto di una serie di «sotto-obiettivi» e
mediante il ricorso a determinati strumenti. Lo strumento principale a
questo fine è costituito dal sistema comunitario per lo scambio di quote
di emissioni dei gas a effetto serra (art. 1 e secondo ‘considerando’
della direttiva 2003/87), il cui funzionamento è determinato da certi
«sotto-obiettivi», cioè il mantenimento di criteri di validità in
termini di costi e di efficienza economica, la preservazione dello
sviluppo economico e dell'occupazione nonché dell'integrità del mercato
interno e delle condizioni di concorrenza (art. 1, quinto e settimo
‘considerando’ della tale direttiva). La direttiva 2003/87 promuove
peraltro l'utilizzo di un tipo di strumento particolare, cioè il ricorso
a tecnologie energetiche più efficaci che consentono di ottenere una
riduzione delle emissioni per unità di emissione (ventesimo
‘considerando’ della detta direttiva).
125 Occorre inoltre precisare che il criterio n. 10 dell'allegato III
della direttiva 2003/87, che riguarda l'assegnazione di quote agli
impianti elencati nel PNA, costituisce per l'appunto una disposizione
comunitaria relativa all'assegnazione di quote da parte degli Stati
membri ai sensi del settimo ‘considerando’ della citata direttiva e il
suo oggetto consiste nel «contribuire a preservare l'integrità del
mercato interno ed evitare distorsioni della concorrenza». Quindi,
nell'ambito dell'interpretazione teleologica del criterio n. 10 e,
pertanto, del controllo della legittimità della decisione impugnata, i
«sotto-obiettivi» rappresentati dalla preservazione dell'integrità del
mercato interno e dalle condizioni di concorrenza rivestono
un'importanza significativa.
126 È quindi rispetto a questi «sotto-obiettivi» che occorre procedere
ad un'interpretazione teleologica del criterio n. 10 dell'allegato III
della direttiva 2003/87.
Sull'interpretazione del criterio n. 10 dell'allegato III della
direttiva 2003/87 alla luce degli obiettivi della direttiva
– i) Principali argomenti delle parti
127 A questo proposito e nell'ambito dei suoi argomenti relativi al
criterio n. 5, la Commissione fa valere che gli adeguamenti a posteriori
incidono sull'incentivo dei gestori a conformarsi agli obiettivi della
direttiva 2003/87 e, in definitiva, a ridurre i loro tassi di emissioni.
A sostegno della sua tesi, afferma sostanzialmente che tale riduzione
delle emissioni potrebbe essere realizzata, a libera scelta dei gestori,
con investimenti in tecnologie energetiche più efficaci che comportino
un tasso di emissioni minore per unità prodotta, oppure mediante una
mera riduzione della produzione, il che implicherebbe una riduzione
proporzionale delle emissioni. Gli adeguamenti a posteriori
provocherebbero, per contro, incertezza o addirittura dissuaderebbero i
gestori dall'investire, con la conseguenza che i miglioramenti delle
tecniche di produzione e i cali di produzione risulterebbero meno
significativi rispetto alla mancanza di adeguamenti.
128 La ricorrente eccepisce che un meccanismo di adeguamenti a
posteriori, che dissuade i gestori dal sopravvalutare le loro necessità
di quote e, pertanto, che impedisce le «sovra-assegnazioni», rappresenta
una condizione sine qua non per realizzare gli obiettivi della direttiva
2003/87, cioè, ridurre sostanzialmente le emissioni dei gas a effetto
serra secondo criteri di validità in termini di costi e di efficienza
economica. Il fatto che l'applicazione degli adeguamenti a posteriori
sia vincolata alle differenze constatate tra la produzione effettiva e
quella prevista, e non alla riduzione dei tassi di emissioni, avrebbe
come precisa conseguenza che le decisioni economiche del gestore quanto
all'acquisto o alla vendita di quote dipenderebbero dall'efficienza del
suo impianto. Pertanto, né l'incentivo dei gestori a ridurre le loro
emissioni, né la sicurezza degli investimenti realizzati a tal fine
sarebbero pertanto colpiti dagli adeguamenti a posteriori, ma accadrebbe
invece l’opposto.
– ii) Sui criteri pertinenti di analisi
129 Ai fini dell'interpretazione teleologica del criterio n. 10
dell'allegato III della direttiva 2003/87 e della sua applicazione agli
adeguamenti a posteriori controversi, occorre in particolare tenere
conto, in quanto criteri pertinenti di analisi, in primo luogo, della
relazione esistente tra il volume di produzione e il tasso di emissioni
rispetto all'obiettivo di riduzione delle emissioni, in secondo luogo,
della relazione esistente tra tale obiettivo e l'obiettivo di preservare
criteri di validità in termini di costi e di efficienza economica (art.
1 della direttiva 2003/87), in terzo luogo, dell'obiettivo di riduzione
delle emissioni mediante migliorie tecniche (ventesimo ‘considerando’
della detta direttiva) e, in quarto luogo, dell'obiettivo di
preservazione del mercato interno e delle condizioni di concorrenza
(settimo ‘considerando’ della direttiva).
– Sulla relazione esistente tra il volume di produzione e il tasso di
emissioni alla luce dell'obiettivo di riduzione delle emissioni
130 Si deve in limine rilevare che le parti non contestano che gli
adeguamenti a posteriori controversi siano collegati in via principale a
variazioni del volume di produzione, vale a dire del numero di unità
prodotte e non ad una variazione del tasso di emissioni di un impianto.
Come la ricorrente ha chiarito in risposta ad un quesito scritto del
Tribunale, senza essere stata smentita dalla Commissione, ciò vale anche
per la regola detta della «chiusura di fatto» prevista nel PNA tedesco
(v. punto 31, primo trattino, supra), come recepita all'art. 7, n. 9,
prima frase, della legge di assegnazione, la cui applicazione dipende,
nel merito, da una riduzione del volume di produzione, dal momento che
la riduzione delle emissioni dell'impianto ad un tasso inferiore al 10%
o al 60% della media annua di emissioni durante il periodo di
riferimento rileva solo affinché l'amministrazione proceda a uno
specifico esame a questo proposito.
131 Riguardo agli elementi esposti dalla Commissione nella decisione
impugnata, è sufficiente quindi esaminare, nell'ambito
dell'interpretazione teleologica del criterio n. 10 dell'allegato III
della direttiva 2003/87, se tale criterio osti a misure di adeguamento a
posteriori delle quote assegnate, connesse a una diminuzione del volume
di produzione.
132 Occorre constatare che, come ha sostenuto la Commissione in risposta
ad un quesito scritto del Tribunale, in caso di riduzione del volume di
produzione, le emissioni dell'impianto diminuiscono e, di conseguenza,
il gestore dispone di quote che può o collocare sul mercato di scambio
oppure mantenere fintantoché non debbano essere restituite e cancellate.
Per contro, in un caso del genere, il tasso di emissioni non si riduce
per unità prodotta ma unicamente in termini assoluti, e ciò
proporzionalmente alla riduzione del volume di produzione. Ne risulta
anche che, in seguito ad una tale riduzione di produzione, il tasso di
emissioni complessivo dei settori industriali contemplati dall'allegato
I della direttiva 2003/87 non diminuisce necessariamente, dato che le
quote liberate possono essere impiegate successivamente o dallo stesso
gestore oppure da altri gestori che le hanno acquisite sul mercato di
scambio. Se la riduzione del volume della produzione rappresenta quindi
un mezzo indispensabile per alimentare in termini di quote di emissioni
il mercato di scambio, essa non garantisce di per sé la realizzazione
dell'obiettivo ultimo e principale della direttiva 2003/87 che consiste
nel ridurre sostanzialmente la quantità totale delle emissioni dei gas a
effetto serra nella Comunità.
133 Come fa però valere la Commissione, quando il gestore è consapevole
che qualsiasi calo della produzione che diverga dalle proprie previsioni
sarà sanzionato dall'applicazione di adeguamenti a posteriori,
l'incentivo a ridurre la sua produzione per liberare quote viene
colpito, se non addirittura annullato, e ciò anche nell'ipotesi di un
aumento della domanda sul mercato di scambio, proveniente da altri
gestori che intendono ottenere quote aggiuntive. Supponendo che il
corretto funzionamento del sistema per lo scambio di quote implichi la
possibilità di soddisfare tale domanda, appare importante preservare la
libera scelta del gestore di ridurre il volume della sua produzione e di
collocare sul mercato di scambio le quote in tal modo liberate, al fine
di consentirgli di reagire a breve temine ad un tale incremento della
domanda proveniente da altri gestori. Infine, se è vero che gli
adeguamenti a posteriori, la cui applicazione presuppone un
notevolissimo calo della produzione come nel caso della «chiusura di
fatto» (v. punto 31, primo trattino, supra), possono difficilmente
incidere in maniera sostanziale sull'incentivo a procedere a riduzioni
occasionali e limitate del volume produttivo in reazione a variazioni
della domanda sul mercato di scambio, la situazione è diversa per quanto
riguarda gli adeguamenti a posteriori gia applicabili nell'ipotesi di un
calo relativamente contenuto della produzione, come nel caso degli
impianti operativi dal 2003 e dei nuovi entranti (v. punto 31, terzo e
quarto trattino, supra).
134 Di conseguenza, la Commissione ha dimostrato che certi adeguamenti a
posteriori controversi, in quanto dissuadono i gestori dal diminuire il
volume di produzione dei loro impianti, possono alterare la
realizzazione dell'obiettivo del funzionamento efficiente del mercato di
scambio ai sensi dell'art. 1 e del quinto ‘considerando’ della direttiva
2003/87. La Commissione non ha però fornito elementi idonei a stabilire
che detti adeguamenti pregiudicano l'obiettivo principale della
direttiva 2003/87, cioè la riduzione della globalità delle emissioni dei
gas a effetto serra ai sensi di questa disposizione.
135 Si deve pertanto verificare se gli adeguamenti a posteriori
controversi siano compatibili con i «sotto-obiettivi» della direttiva
2003/87 di cui sopra ai punti 124-126, con i quali deve essere
conciliata la realizzazione dell'obiettivo principale di riduzione della
globalità delle emissioni dei gas a effetto serra.
– Sulla conciliazione dell'obiettivo di riduzione delle emissioni con
l'obiettivo di preservare criteri di validità in termini di costi e di
efficienza economica
136 Conformemente al suo art. 1, la direttiva 2003/87 intende promuovere
l'obiettivo della riduzione delle emissioni secondo criteri di validità
in termini di costi e di efficienza economica. Come la Commissione ha
riconosciuto nel corso dell'udienza, i criteri di validità in termini di
costi e di efficienza economica non si applicano unicamente al
funzionamento del mercato di scambio in quanto tale, ma anche ai settori
di attività di cui all'allegato I della direttiva 2003/87, i quali, come
il settore della produzione di acciaio o il settore dell'energia, sono
soggetti all'obiettivo di riduzione delle emissioni. Tale constatazione
è confermata per lo meno indirettamente, da una parte, dal quinto
‘considerando’, in fine, della direttiva 2003/87, secondo cui il mercato
di scambio deve pregiudicare nella minor misura possibile lo sviluppo
economico e l'occupazione e, dall'altra, dal settimo ‘considerando’
della detta direttiva, che impone l'adozione di disposizioni comunitarie
sull'assegnazione di quote da parte degli Stati membri onde contribuire
a preservare l'integrità del mercato interno ed evitare distorsioni
della concorrenza.
137 Conviene ricordare a questo proposito che se un calo del volume di
produzione può consentire di approvvigionare il mercato di scambio in
termini di quote di emissioni, esso non si traduce necessariamente in
una riduzione del tasso di emissioni complessivo (v. punto 132 supra).
Questo calo di produzione rischia inoltre di comportare un
approvvigionamento insufficiente del mercato dei beni in questione in
quanto la produzione non è più in grado di soddisfare la domanda su tali
mercati, situazione che può prodursi in particolare nell'ipotesi di un
disavanzo strutturale dell'offerta di quote sul mercato di scambio e di
prezzi delle quote che eccedono largamente il beneficio che il gestore
potrebbe trarre dallo smaltimento di beni prodotti esaurendo le quote a
sua disposizione. Se una tale situazione deriva dalla logica economica
del mercato di scambio, essa appare difficilmente conciliabile con
l'obiettivo di preservare criteri di validità in termini di costi e di
efficienza economica per quanto riguarda i settori di attività e dei
mercati dei beni in questione contemplati nell'allegato I della
direttiva 2003/87. Pertanto, contrariamente a quanto sostenuto dalla
Commissione, in considerazione degli effetti positivi sul funzionamento
dei mercati dei beni in questione, gli adeguamenti a posteriori non
possono essere ritenuti in contrasto con l'obiettivo di cui all'art. 1
della direttiva 2003/87 in quanto dissuadono i gestori dal diminuire il
loro volume di produzione.
138 Ne risulta che la Commissione non ha dimostrato che l'effetto
dissuasivo degli adeguamenti a posteriori connessi alle riduzioni del
volume di produzione contrasta con l'obiettivo di preservare criteri di
validità in termini di costi e di efficienza economica per quanto
riguarda i settori di attività e i mercati dei beni in questione
contemplati dall'allegato I della direttiva 2003/87.
– Sull'obiettivo di riduzione delle emissioni mediante migliorie
tecniche
139 Si deve anche verificare se gli adeguamenti a posteriori controversi
siano compatibili con il «sotto-obiettivo» di cui al ventesimo
‘considerando’ della direttiva 2003/87, secondo il quale la presente
direttiva «incoraggerà l'utilizzo di tecnologie energetiche più efficaci
(…) in quanto produc[ono] meno emissioni per unità di emissione». A
questo proposito, il Tribunale ritiene che la Commissione abbia a torto
affermato, nel corso dell'udienza, che il ‘considerando’ in parola si
limitava a «constatare» un effetto auspicabile e futuro dell'attuazione
della direttiva 2003/87 e che, ad ogni modo, si trattava solo di un mero
«obiettivo subordinato». Infatti, anche se il ‘considerando’ è formulato
al futuro (incoraggerà) e sotto forma di constatazione di un fatto, è
pur sempre vero che l'impiego di nuove tecnologie di produzione
ecologicamente più efficaci, in quanto riducono le emissioni per unità
prodotta, può da una parte contribuire sostanzialmente all'obiettivo
principale di riduzione delle emissioni e, dall'altra, preservare
criteri di validità in termini di costi e di efficienza economica tanto
sul mercato di scambio che sui mercati dei beni in questione, dal
momento che tale impiego non implica alcuna riduzione del volume di
produzione eventualmente pregiudizievole al corretto funzionamento di
tali mercati (v. punto 137 supra). Questo dimostra anche che
l'investimento in tecnologie energetiche più efficaci costituisce uno
strumento per lo meno equivalente se non superiore a quello della
riduzione del volume di produzione, al fine di riuscire a conciliare
l'obiettivo di ridurre sostanzialmente le emissioni e quello di
preservare criteri di validità in termini di costi e di efficienza
economica sul mercato di scambio come sul mercato dei beni in questione.
140 Inoltre, se è vero che gli adeguamenti a posteriori controversi
possono dissuadere i gestori dal diminuire il volume della loro
produzione per ridurre le emissioni, non recano, contrariamente a quanto
sostenuto dalla Commissione, alcun pregiudizio all'obiettivo di
incoraggiare i gestori ad investire nello sviluppo di tecnologie
energetiche più efficaci, né alla sicurezza di tali investimenti. Al
contrario, poiché gli adeguamenti a posteriori controversi dissuadono i
gestori dal diminuire la loro produzione in contrasto con le loro
previsioni, tali adeguamenti, tenuto conto della quantità limitata di
quote di emissioni disponibili, possono rafforzare l'incentivo a ridurre
le emissioni mediante investimenti realizzati nel miglioramento
dell'efficienza energetica della tecnologia di produzione.
141 Per tale ragione, la Commissione non può validamente sostenere che
gli adeguamenti a posteriori controversi non sono idonei a promuovere
l'obiettivo di riduzione delle emissioni, poiché le quote liberate non
sono immediatamente cancellate bensì trasferite alla riserva per restare
accessibili ai nuovi entranti, con la conseguenza che la quantità totale
di quote disponibili rimane invariata. Da una parte, tale affermazione
non tiene conto del fatto che il risultato non sarebbe necessariamente
differente nel caso di una liberazione di quote conseguente a un calo
del volume di produzione al fine di consentire la vendita di quote di
emissioni non utilizzate (v. punto 132 supra). D'altra parte, proprio in
quest'ultima ipotesi, l'incentivo a investire nello sviluppo di una
tecnologia più efficace risulterebbe per lo meno sminuito poiché i
gestori beneficerebbero di un'altra possibilità, meno onerosa a breve
temine, per ridurre le loro emissioni. Pertanto, non è fondato
l'argomento della Commissione secondo il quale gli adeguamenti a
posteriori sono privi di conseguenze, se non addirittura pregiudizievoli
per la tutela dell'ambiente. La Commissione sembra inoltre contraddire
le proprie affermazioni formulate a questo proposito nella sua
comunicazione 7 luglio 2004 (pag. 8), nella quale è indicato che si
«potrebbe ravvisare» negli adeguamenti a posteriori verso il basso un
«effetto benefico sull'ambiente». Occorre precisare nondimeno che
l'effetto positivo degli adeguamenti a posteriori riguardo all'obiettivo
di riduzione sostanziale delle emissioni sarebbe molto più significativo
nel caso in cui, invece di essere trasferite alla riserva, le quote
ritirate fossero oggetto di una cancellazione immediata.
142 Di conseguenza, contrariamente alle affermazioni della Commissione,
gli adeguamenti a posteriori controversi non contravvengono
all'obiettivo di riduzione delle emissioni mediante investimenti
realizzati in tecnologie energetiche più efficaci ai sensi del ventesimo
‘considerando’ della direttiva 2003/87.
– Sull'obiettivo di preservare l'integrità del mercato interno e di
mantenere le condizioni di concorrenza
143 Il Tribunale ritiene peraltro che sia necessario esaminare la
questione se gli adeguamenti a posteriori controversi contribuiscano o
meno a preservare l'integrità del mercato interno e a evitare
distorsioni di concorrenza ai sensi del settimo ‘considerando’ della
direttiva 2003/87, obiettivi che rivestono una particolare importanza
nell'ambito dell'interpretazione del criterio n. 10 della detta
direttiva (v. punto 125 supra).
144 Come sottolinea la ricorrente, esiste una tendenza naturale dei
gestori a cercare di ottenere un massimo di quote, il che implica da
parte loro una forte motivazione a sopravvalutare – se non altro per
negligenza – la loro necessità di quote di emissioni. Ne consegue un
rischio di «sovra-assegnazione» a beneficio di alcuni gestori, in
particolare coloro per i quali la verifica oggettiva sulla base di dati
storici di produzione si riveli difficile o impossibile (v. punto 31,
terzo e quarto trattino, supra). Il Tribunale ritiene a questo proposito
che, salvo il suo postulato generale relativo alla necessità di
determinare il numero di quote in anticipo, la Commissione non presenti
alcun elemento concreto diretto a contraddire l'argomento della
ricorrente secondo il quale gli adeguamenti a posteriori contribuiscono
per l'appunto alla preservazione e al ripristino delle condizioni di
concorrenza evitando che alcuni gestori ottengano, mediante una
«sovra-assegnazione» di quote, vantaggi ingiustificati rispetto ad altri
gestori.
145 Si deve precisare inoltre che la Commissione stessa sembra partire
dal principio, evocato nella sua lettera indirizzata agli Stati membri
il 17 marzo 2004, relativa all'applicazione delle disposizioni
comunitarie in materia di aiuti ai PNA, secondo cui tali
«sovra-assegnazioni» possono violare l'art. 87, n. 1, CE e falsare o
minacciare di falsare seriamente il gioco della concorrenza. In tali
condizioni, l'affermazione estremamente imprecisa della Commissione
secondo la quale il sistema per lo scambio di quote si fonda su
previsioni ed implica meccanismi di autocorrezione che garantiscono pari
opportunità ai gestori, il che escluderebbe a priori distorsioni di
concorrenza, non è comprensibile e non può essere pertanto accolta.
146 Allo stesso modo, la Commissione non ha presentato né nel corso del
procedimento amministrativo, né nella decisione impugnata, né nella sua
comunicazione 7 luglio 2004 e neppure nel corso della fase scritta del
procedimento dinanzi al Tribunale, elementi sufficienti per rimettere in
discussione la legittimità degli adeguamenti a posteriori controversi
rispetto all'obiettivo di preservare l'integrità del mercato interno.
Così come riconosce la stessa Commissione, le sue osservazioni,
presentate solo all'udienza in risposta a un preciso quesito in merito
del Tribunale, per quanto riguarda una inammissibile restrizione del
libero scambio intracomunitario delle quote di emissioni – in ragione
del ritiro di quote dal mercato di scambio e del trasferimento di queste
ultime alla riserva unicamente accessibile ai gestori di impianti
insediati sul territorio tedesco – non trovano alcun riferimento nella
motivazione della decisione impugnata, né negli atti del fascicolo
relativi allo svolgimento del procedimento amministrativo. Il Tribunale
ritiene ad ogni modo che i riferimenti molto generici, effettuati al
punto 2 del controricorso, alla possibilità di trasferire, ai sensi
dell'art. 12, n. 1, della direttiva 2003/87, le quote di emissioni
all'interno della Comunità, nonché i riferimenti, figuranti ai punti 5 e
6 della controreplica, alla necessità di salvaguardare l'efficacia del
sistema per lo scambio di quote, non possono essere qualificati come
contestazioni sufficienti a questo proposito. Il Tribunale rileva
tuttavia che questa valutazione non pregiudica un eventuale esame degli
adeguamenti a posteriori controversi rispetto alle libertà fondamentali
sancite nel Trattato, in particolare rispetto alla libera circolazione
delle merci e alla libertà di stabilimento ai sensi degli artt. 28 CE e
43 CE, esame che risulta totalmente assente sia nella decisione
impugnata che nella comunicazione 7 luglio 2004. Orbene, tenuto conto
dell'assenza di eccezioni chiare e precise a questo proposito da parte
della Commissione e della necessità di salvaguardare la ripartizione
delle funzioni e l'equilibrio istituzionale tra i poteri amministrativo
e giudiziario, il Tribunale non può sostituirsi nel caso di specie alla
Commissione per quanto riguarda l'accertamento, nella fase
amministrativa, della conformità delle disposizioni pertinenti del PNA
tedesco alle libertà fondamentali del Trattato.
147 Il Tribunale conclude che la Commissione non ha adeguatamente
dimostrato che gli adeguamenti a posteriori controversi contravvengono
agli obiettivi di preservazione dell'integrità del mercato interno e di
mantenimento delle condizioni di concorrenza.
Conclusione sull'interpretazione teleologica del criterio n. 10
dell'allegato III della direttiva 2003/87
148 Alla luce delle considerazioni che precedono, il Tribunale ritiene
che la Commissione abbia erroneamente applicato la portata del criterio
n. 10 dell'allegato III della direttiva 2003/87, letto alla luce degli
obiettivi di questa direttiva ed in particolare di quelli formulati al
suo settimo ‘considerando’, in quanto ha qualificato gli adeguamenti a
posteriori controversi come misure contrarie al sistema e alla
sistematica complessiva della direttiva. A tale proposito, il solo fatto
che gli adeguamenti a posteriori siano in grado di dissuadere i gestori
dal ridurre il loro volume di produzione e, pertanto, i loro tassi di
emissioni, non è sufficiente a rimettere in discussione la loro
legittimità alla luce dell'insieme degli obiettivi della direttiva
2003/87. Inoltre, dall'effetto di autolimitazione determinato dagli
orientamenti della Commissione risulta che quest'ultima è tenuta ad
accettare di vedersi opporre da parte della ricorrente l'assenza di
chiarezza e precisione dei detti orientamenti quanto ad un eventuale
divieto degli adeguamenti a posteriori controversi rispetto agli
obiettivi della detta direttiva (v. punti 112-116 supra).
f) Conclusione sulla legittimità della decisione impugnata alla luce del
criterio n. 10 dell'allegato III della direttiva 2003/87
149 Si deve pertanto concludere, alla luce di un'interpretazione
letterale, storica, contestuale e teleologica, che la Commissione non ha
dimostrato che il criterio n. 10 dell'allegato III della direttiva
2003/87 riduceva il margine di manovra dello Stato membro quanto alle
forme e ai mezzi di recepimento della detta direttiva in diritto
nazionale nel senso di vietare l'applicazione degli adeguamenti a
posteriori controversi. Di conseguenza, la decisione impugnata è
inficiata al riguardo da un errore di diritto.
150 Ne consegue che la Commissione ha commesso un errore di diritto
nell'applicazione del criterio n. 10 dell'allegato III della direttiva
20003/87 e che la prima parte del primo motivo della ricorrente deve
essere accolta.
3. Sulla legittimità della decisione impugnata alla luce del criterio n.
5 dell'allegato III della direttiva 2003/87
a) Considerazioni generali
151 Al quarto ‘considerando’ della decisione impugnata, la Commissione
in sostanza ritiene che gli adeguamenti a posteriori relativi al numero
di quote assegnate ai nuovi entranti contrastino con il criterio n. 5
dell'allegato III della direttiva 2003/87, dato che i nuovi entranti
risultano ingiustificatamente avvantaggiati rispetto ai gestori di
impianti già contemplati dal PNA tedesco, che non beneficiano di tali
adeguamenti. Allo stesso modo, nella sua comunicazione 7 luglio 2004, la
Commissione precisa che «[l]'intenzione della [ricorrente] (…) di
adeguare le quote assegnate ai nuovi entranti contrasta con il criterio
[n.] 5 che, in conformità del trattato, vieta le discriminazioni, in
quanto l'applicazione di tali adeguamenti a posteriori discriminerebbe i
nuovi entranti rispetto ai gestori degli altri impianti, per i quali la
direttiva [2003/87] vieta adeguamenti a posteriori delle quote
assegnate».
152 Si deve a questo proposto ricordare la formulazione del criterio n.
5 dell'allegato III della direttiva 2003/87 secondo cui «[i]l [PNA] non
opera discriminazioni tra imprese o settori per favorire indebitamente
talune imprese o attività, conformemente alle prescrizioni del trattato,
in particolare agli articoli 87 [CE] e 88 [CE]». In relazione al divieto
di discriminazione, il punto 51 degli orientamenti della Commissione,
relativo al criterio n. 6, che riguarda in particolare i nuovi entranti,
precisa inoltre che il principio di parità di trattamento costituisce il
principio informatore inerente all'accesso dei nuovi entranti alle
quote. Il punto 61 dei detti orientamenti stabilisce infine che «[p]er
garantire il rispetto del principio della parità di trattamento, il
metodo di assegnazione delle quote ai nuovi entranti deve essere per
quanto possibile uguale a quello applicato per i gestori già presenti
sul mercato in situazioni comparabili» e ciò, pur riconoscendo che «[p]er
motivi giustificati è tuttavia possibile apportare adeguamenti».
153 Emerge da ciò che precede che la Commissione giustamente ritiene che
il criterio n. 5, la cui formulazione cita espressamente la nozione di
discriminazione, rappresenti la specifica applicazione del principio
generale di parità di trattamento nell'ambito dell'attuazione da parte
degli Stati membri della direttiva 2003/87 e, più in particolare,
nell'ambito dell'assegnazione delle quote effettuata sul fondamento dei
PNA. Inoltre, nei suoi orientamenti, la Commissione fa del pari
giustamente riferimento nei suoi orientamenti alle condizioni di
applicazione del principio di parità di trattamento, quali riconosciute
dalla giurisprudenza, cioè in particolare la necessità di effettuare un
confronto delle situazioni delle persone implicate («situazioni
comparabili») e la possibilità di giustificare oggettivamente una
discriminazione («(…) adeguamenti [per motivi giustificati]»). Infatti,
in base a tale giurisprudenza, il principio in parola impone che
situazioni analoghe non siano trattate in modo differente e che
situazioni differenti non siano trattate in modo identico, salvo che ciò
non risulti obiettivamente giustificato (v. sentenza 12 luglio 2005,
cause riunite C-154/04 e C-155/04, Alliance for Natural Health e a.,
Racc. pag. I-6451, punto 115, e la giurisprudenza ivi citata).
b) Sul confronto delle rispettive situazioni dei gestori interessati
154 Per determinare se la Commissione abbia correttamente applicato il
principio di parità di trattamento nel caso di specie, si deve
cominciare ad esaminare la questione se abbia debitamente verificato se
i nuovi entranti risultino o meno in una situazione comparabile a quella
di altri gestori di impianti in merito all'applicazione degli
adeguamenti a posteriori.
155 Si deve a questo proposito ricordare che, contrariamente a quanto
sembra ritenere la Commissione, il PNA tedesco prevede l'applicazione di
adeguamenti a posteriori non solo per i nuovi entranti ma anche per
alcuni gestori di impianti già presenti sul mercato e contemplati dal
PNA tedesco.
156 Infatti, da una parte, il PNA tedesco consente l'applicazione di
adeguamenti a posteriori nei confronti di tutti i gestori nel caso di
una riduzione sostanziale della produzione o di una «chiusura di fatto»
(v. punto 31, primo trattino, e punto 89 supra). Pertanto, a questo
proposito, senza aver esaminato l'esistenza di una situazione distinta o
analoga di tali diversi gestori, soggetti anche alle disposizioni di
adeguamento a posteriori, la Commissione non può validamente sostenere
in modo così generico che il PNA tedesco prevede un trattamento
differenziato di altri gestori rispetto ai nuovi entranti.
157 D'altra parte, il PNA tedesco prevede l'applicazione di adeguamenti
a posteriori analoghi a quelli applicabili ai nuovi entranti nel caso
specifico degli impianti la cui attività è stata avviata nel 2003 o nel
2004 (v. punto 31, terzo trattino, e punto 88 supra). Quanto detto è
confermato dalla legge di assegnazione che stabilisce meccanismi di
revoca identici per i nuovi entranti e per i gestori che hanno avviato
la loro produzione dopo il 2002 (v., da una parte, l'art. 8, n. 4, della
legge di assegnazione e, dall'altra, e il suo art. 11, n. 5, in
combinato disposto con l'art. 8, n. 4,). Occorre a questo proposito
rilevare che, analogamente alla spiegazione fornita per gli adeguamenti
a posteriori relativi ai nuovi entranti, la ricorrente giustifica
l'applicazione degli adeguamenti riguardanti gli impianti la cui
gestione sia iniziata nel 2003 o nel 2004 essenzialmente con un rischio
di «sovra-assegnazione» risultante dal fatto che i gestori interessati
potrebbero essere indotti a fornire, nell'ambito della procedura di
assegnazione basata sul metodo di calcolo detto «benchmarking», una
sopravalutazione delle previsioni di produzione. Infatti, secondo la
ricorrente, un tale rischio non esiste nel caso degli impianti operativi
almeno dal 2002, per i quali è applicabile il metodo di calcolo detto «grandfathering»,
che consente di generare dati relativamente affidabili quanto ai volumi
di produzione realizzati in passato.
158 Alla luce di quanto precede, gli argomenti della Commissione
avanzati a sostegno della sua conclusione generale sul quarto
‘considerando’ della decisione impugnata, secondo la quale gli
adeguamenti a posteriori applicabili ai nuovi entranti contrastano con
il criterio n. 5 nella misura in cui sono in grado di avvantaggiare tali
nuovi entranti rispetto ad altri gestori non soggetti alle norme di
adeguamento a posteriori, non sono né comprovati in fatto né fondati in
diritto.
159 In primo luogo, non emerge né dalla decisione impugnata né dalle
comunicazioni della Commissione per quale ragione e in che misura i
nuovi entranti si troverebbero in una situazione analoga o differente
rispetto agli altri gestori riguardo all'applicazione degli adeguamenti
a posteriori. Al contrario, la decisione impugnata non tiene
manifestamente conto del fatto che adeguamenti analoghi, se non
addirittura identici, a quelli relativi ai nuovi entranti, sono
applicabili nel caso dei gestori di impianti che hanno avviato la loro
produzione dopo il 2002.
160 In secondo luogo, come fa valere la ricorrente nell'ambito del suo
terzo motivo, l'argomento avanzato dalla Commissione in corso di causa,
secondo il quale è vantaggioso per i nuovi entranti disporre di una
possibilità di correzione successiva del numero di quote assegnate, dato
che ciò consente loro di procedere a sopravalutazioni del volume di
produzione al momento della presentazione della domanda di assegnazione
e dà luogo a controlli meno rigorosi da parte delle autorità tedesche, è
manifestamente contraddittorio ed errato sotto diversi aspetti.
161 Infatti, da una parte, l'argomento secondo cui una correzione
posteriore verso il basso delle quote assegnate ad un gestore – vale a
dire un provvedimento di revoca attuato a detrimento del gestore
interessato in quanto viene privato di un «bene» di valore commerciale –
è idonea a costituire un «vantaggio» per quest'ultimo rispetto ad altri
gestori non soggetti a un tale meccanismo di correzione, è
contraddittorio. Questo argomento implica d'altra parte che gli altri
gestori, supponendo che risultino in una situazione analoga, non
dispongano del medesimo «vantaggio», il che ad ogni modo non si applica
ai gestori entrati sul mercato dopo il 2002, che sono soggetti allo
stesso meccanismo di correzione.
162 Allo stesso modo, l'affermazione secondo la quale l'incentivo dei
nuovi entranti a effettuare previsioni sovrastimate è maggiore in
presenza della possibilità di un adeguamento a posteriori piuttosto che
in assenza di un tale meccanismo, risulta assai teorica e parimenti
contraddittoria. Infatti, essa implica la conclusione contraria, tenuto
conto del fatto che qualsiasi gestore che è consapevole, al momento
della presentazione della sua domanda, del rischio di un adeguamento a
posteriori, è piuttosto propenso a evitarlo. Infine, non è nemmeno
convincente l'argomento secondo cui le autorità competenti sono meno
diligenti qualora dispongano di una possibilità di correzione a
posteriori, dal momento che è nell'interesse di qualsiasi
amministrazione efficiente evitare anzitutto l'insorgere di qualsiasi
complicazione successiva e, in particolare, misure di revoca costose in
termini di tempo e che implicano l'investimento di notevoli risorse
amministrative.
163 Alla luce di quanto precede, il quarto ‘considerando’ della
decisione impugnata è manifestamente contraddittorio, errato e
costituisce una violazione manifesta delle condizioni di applicazione
del principio di parità di trattamento. Si deve aggiungere che,
nell'ambito del suo controllo, ai sensi dell'art. 9 della direttiva
2003/87, del rispetto da parte dello Stato membro del criterio n. 5, la
Commissione non può limitarsi ad affermare l'esistenza di una disparità
di trattamento senza aver previamente esaminato con tutta la diligenza
necessaria gli elementi a questo proposito pertinenti, come precisati
dalla citata giurisprudenza sopra al punto 153 e senza averne
debitamente tenuto conto per giustificare la sua conclusione.
164 Ne consegue che la Commissione ha commesso un errore di diritto
nell'applicazione del criterio n. 5 dell'allegato III della direttiva
2003/87 e che anche la seconda parte del primo motivo deve essere
accolta.
165 Il Tribunale ritiene tuttavia opportuno esaminare il terzo motivo
considerata la sua stretta correlazione con il primo motivo.
III – Sul terzo motivo relativo a una violazione dell'obbligo di
motivazione ai sensi dell'art. 253 CE
A – Argomenti delle parti
166 La ricorrente osserva che l’art. 1, lett. a), e l’art. 2, lett. a),
della decisione impugnata sono basati su una violazione dell'obbligo di
motivazione ai sensi dell'art. 253 CE dal momento che al quarto
‘considerando’ della decisione in parola si constata, in modo
manifestamente erroneo, sulla base del criterio n. 5 dell'allegato III
della direttiva 2003/87, che gli adeguamenti a posteriori favoriscono
indebitamente i nuovi entranti rispetto ai gestori degli altri impianti.
Secondo la ricorrente, la Commissione non tiene al riguardo in debita
considerazione il fatto che, da un lato, il PNA non prevede che i nuovi
entranti possano ottenere quote supplementari, ma esclusivamente che
questi ultimi siano soggetti ad adeguamenti a posteriori verso il basso
e che, d'altro lato, la revoca delle quote in seguito a un tale
adeguamento costituisce un onere e non un vantaggio. La ricorrente non
ravvisa nemmeno alcun vantaggio nel fatto che, contrariamente al caso
degli impianti esistenti, l’assegnazione per i nuovi entranti viene
effettuata sulla base di previsioni di produzione, dal momento che ciò è
per l'appunto compensato dalla possibilità di adeguamenti a posteriori
verso il basso. Pertanto, l’art. 1, lett. a), e l’art. 2, lett. a),
della decisione impugnata dovrebbero essere annullati anche per questo
motivo.
167 La Commissione rinvia alle sue osservazioni relative
all'infondatezza dell'addebito relativo una violazione del criterio n. 5
dell’allegato III della direttiva 2003/87 e conclude che la decisione
impugnata non viola l'art. 253 CE.
B – Valutazione del Tribunale
168 Occorre rammentare, in via preliminare, che il rispetto dell'obbligo
di motivazione ai sensi dell'art. 253 CE, come ribadito all'art. 9, n.
3, ultima frase, della direttiva 2003/87, relativo alle decisioni con
cui la Commissione respinge completamento o parzialmente un PNA, riveste
un’importanza tanto più fondamentale in quanto, nel caso di specie,
l'esercizio del potere di controllo della Commissione ai sensi dell'art.
9, n. 3, della direttiva in questione implica complesse valutazioni
economiche ed ambientali e che il controllo relativo alla legittimità e
alla fondatezza di tali valutazioni da parte del giudice comunitario è
limitato (v., in tale senso, sentenza della Corte 21 novembre 1991,
causa C-269/90, Technische Universität München, Racc. pag. I-5469, punto
14).
169 A tal riguardo, si deve rilevare che gli argomenti della ricorrente
presentati a sostegno di tale motivo rientrano piuttosto nell’ambito
della legittimità intrinseca della decisione impugnata quanto
all'applicazione del criterio n. 5 dell'allegato III della direttiva
2003/87. Tuttavia, dal momento che il motivo riguardante la violazione
dell'obbligo di motivazione in ogni caso può essere rilevato d'ufficio
dal giudice comunitario (sentenze della Corte 20 febbraio 1997, causa
C-166/95 P, Commissione/Daffix, Racc. pag. I-983, punto 24, e 3 luglio
2003, causa C-457/00, Belgio/Commissione, Racc. pag. I-6931, punto 102),
occorre esaminarne la fondatezza.
170 Alla luce delle considerazioni formulate supra ai punti 158-164, il
Tribunale reputa che la Commissione abbia violato il suo dovere di
motivazione previsto all’art. 253 CE non avendo fornito la minima
spiegazione in merito all'applicazione del principio di parità di
trattamento né nella decisione impugnata né nella comunicazione della
Commissione 7 luglio 2004 né nel contesto dell'adozione di tali atti.
Tale mancanza di motivazione riguarda, in particolare, il motivo della
decisione impugnata ai sensi del quale i nuovi entranti godono di un
trattamento più favorevole e diverso rispetto a quello degli altri
gestori per quanto riguarda l'applicazione degli adeguamenti a
posteriori, il mancato raffronto nella decisione in parola tra la
situazione dei nuovi entranti e quella dei gestori soggetti ad analoghi,
se non addirittura identici adeguamenti a posteriori e la mancata
valutazione da parte della Commissione di un’eventuale oggettiva
giustificazione per un’eventuale differenza di trattamento.
171 Di conseguenza, il presente motivo deve essere accolto e l’art. 1,
lett. a), e l’art. 2, lett. a), della decisione impugnata devono essere
annullati anche su tale fondamento.
IV – Conclusione
172 Dato che il primo e il terzo motivo sono fondati e sufficienti per
accogliere le istanze di annullamento della ricorrente, non si deve
pertanto statuire sul secondo e terzo motivo, relativi rispettivamente
alla violazione dell'art. 176 CE e alla carenza di motivazione ai sensi
dell'art. 253 CE.
Sulle spese
173 Ai sensi dell’art. 87, n. 2, del regolamento di procedura, la parte
soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché
la Commissione è rimasta soccombente, occorre condannarla alle spese
conformemente alla domanda formulata in tal senso dalla ricorrente.
Per questi motivi,
IL TRIBUNALE (Terza Sezione ampliata)
dichiara e statuisce:
1) L’art. 1 della decisione della Commissione 7 luglio 2004, C (2004)
2515/2 def., concernente il piano nazionale di assegnazione di quote di
emissioni dei gas a effetto serra notificato dalla Repubblica federale
di Germania in conformità alla direttiva del Parlamento europeo e del
Consiglio 13 ottobre 2003, che istituisce un sistema per lo scambio di
quote di emissioni dei gas a effetto serra nella Comunità e che modifica
la direttiva 96/61/CE del Consiglio, è annullato.
2) L’art. 2, lett. a)-c), della detta decisione è annullato nella parte
in cui ingiunge alla Repubblica federale di Germania, da una parte, la
soppressione delle misure di adeguamento a posteriori ivi contemplate e,
dall'altra, la comunicazione alla Commissione della detta soppressione.
3) La Commissione è condannata alle spese.
Jaeger
Tiili
Azizi
Cremona
Czúcz
Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 7 novembre 2007.
Il cancelliere
Il presidente
Indice
Contesto normativo
Fatti, procedimento e conclusioni delle parti
In diritto
I – Osservazione preliminare
II – Sul primo motivo relativo alla violazione dell’art. 9, n. 3, della
direttiva 2003/87, in combinato disposto con l’allegato III della detta
direttiva.
A – Argomenti delle parti
1. Argomenti della ricorrente
a) Osservazione preliminare
b) Sul rispetto del criterio n. 10 dell’allegato III della direttiva
2003/87
c) Sul rispetto del criterio n. 5 dell’allegato III della direttiva
2003/87
d) Sull’estensione del potere di controllo della Commissione in forza
dell’art. 9, n. 3, della direttiva 2003/87, in combinato disposto con
l’allegato III di quest’ultima e sul margine di manovra conferito agli
Stati in base a tale direttiva.
e) Sugli argomenti economici avanzati dalla Commissione
2. Argomenti della Commissione
a) Sul carattere decisivo della portata dei criteri dell’allegato III
della direttiva 2003/87 nel controllo effettuato dalla Commissione in
forza dell’art. 9, n. 3, della direttiva
b) Sulla conformità del PNA tedesco con il criterio n. 10 dell’allegato
III della direttiva 2003/87
c) Sulla conformità del PNA tedesco con il criterio n. 5 dell’allegato
III della direttiva 2003/87
B – Giudizio del Tribunale
1. Sulla ripartizione dei compiti e delle competenze tra la Commissione
e gli Stati membri e sulla portata del controllo giurisdizionale
2. Sulla legittimità della decisione impugnata alla luce del criterio n.
10 dell’allegato III della direttiva 2003/87
a) Sugli adeguamenti a posteriori controversi
b) Sull’interpretazione letterale del criterio n. 10 dell’allegato III
della direttiva 2003/87
c) Sull’interpretazione storica del criterio n. 10 dell’allegato III
della direttiva 2003/87
d) Sull’interpretazione contestuale del criterio n. 10 dell’allegato III
della direttiva 2003/87
Sulle disposizioni pertinenti della direttiva 2003/87 e del regolamento
n. 2216/2004
– i) Sugli artt. 9 e 11 della direttiva 2003/87
– ii) Sull’art. 29 della direttiva 2003/87
– iii) Sull’art. 38, n. 2, del regolamento n. 2216/2004
Sulla portata degli orientamenti della Commissione
– i) Sull’effetto di autolimitazione degli orientamenti della
Commissione
– ii) Sull’interpretazione del criterio n. 10 dell’allegato III della
direttiva 2003/87 alla luce degli orientamenti della Commissione
– iii) Sulla portata della comunicazione della Commissione del 7 luglio
2004
Conclusione sull'interpretazione contestuale del criterio n. 10
dell'allegato III della direttiva 2003/87
e) Sull’interpretazione teleologica del criterio n. 10 dell'allegato III
della direttiva 2003/87
Osservazione preliminare
Sugli obiettivi della direttiva 2003/87
Sull'interpretazione del criterio n. 10 dell'allegato III della
direttiva 2003/87 alla luce degli obiettivi della direttiva
– i) Principali argomenti delle parti
– ii) Sui criteri pertinenti di analisi
– Sulla relazione esistente tra il volume di produzione e il tasso di
emissioni alla luce dell'obiettivo di riduzione delle emissioni
– Sulla conciliazione dell'obiettivo di riduzione delle emissioni con
l'obiettivo di preservare criteri di validità in termini di costi e di
efficienza economica
– Sull'obiettivo di riduzione delle emissioni mediante migliorie
tecniche
– Sull'obiettivo di preservare l'integrità del mercato interno e di
mantenere le condizioni di concorrenza
Conclusione sull'interpretazione teleologica del criterio n. 10
dell'allegato III della direttiva 2003/87
f) Conclusione sulla legittimità della decisione impugnata alla luce del
criterio n. 10 dell'allegato III della direttiva 2003/87
3. Sulla legittimità della decisione impugnata alla luce del criterio n.
5 dell'allegato III della direttiva 2003/87
a) Considerazioni generali
b) Sul confronto delle rispettive situazioni dei gestori interessati
III – Sul terzo motivo relativo a una violazione dell'obbligo di
motivazione ai sensi dell'art. 253 CE
A – Argomenti delle parti
B – Valutazione del Tribunale
IV – Conclusione
Sulle spese
* Lingua processuale: il tedesco.
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