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Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006
CORTE DI
GIUSTIZIA DELLE COMUNITA' EUROPEE, Sez. II,
20/09/2007, causa C-388/05
FAUNA E FLORA - AREE PROTETTE - ZPS - Conservazione degli habitat
naturali - Fauna e flora selvatiche - Zona di protezione speciale “Valloni e
steppe pedegarganiche" - Inadempimento di uno Stato - Art. 4, n. 4,
Direttiva 79/409/CEE - Art. 6, n. 2, Direttiva 92/43/CEE. La Repubblica
italiana, non avendo adottato i provvedimenti adeguati per evitare, nella
zona di protezione speciale «Valloni e steppe pedegarganiche», il degrado
degli habitat naturali e degli habitat di specie nonché la perturbazione
delle specie per cui tale zona è stata creata, è venuta meno, nel periodo
precedente al 28 dicembre 1998, agli obblighi ad essa incombenti ai sensi
dell’art. 4, n. 4, della direttiva del Consiglio 2 aprile 1979, 79/409/CEE,
concernente la conservazione degli uccelli selvatici, e, nel periodo
successivo a tale data, agli obblighi ad essa incombenti ai sensi dell’art.
6, n. 2, della direttiva del Consiglio 21 maggio 1992, 92/43/CEE, relativa
alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e
della fauna selvatiche. La Repubblica italiana è condannata alle spese.
CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITA' EUROPEE, Sez. II, 20/09/2007, causa
C-388/05
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CORTE DI GIUSTIZIA
delle Comunità Europee,
SENTENZA DELLA CORTE (Seconda Sezione)
20 settembre 2007
«Inadempimento di uno Stato - Conservazione degli habitat naturali -
Fauna e flora selvatiche - Zona di protezione speciale “Valloni e steppe
pedegarganiche"»
Nella causa C‑388/05,
avente ad oggetto un ricorso per inadempimento ai sensi dell’art. 226
CE, proposto il 24 ottobre 2005,
Commissione delle Comunità europee, rappresentata dal sig. A. Aresu e
dalla sig.ra D. Recchia, in qualità di agenti, con domicilio eletto in
Lussemburgo,
ricorrente,
contro
Repubblica italiana, rappresentata dal sig. I.M. Braguglia, in qualità
di agente, assistito dal sig. G. Fiengo, avvocato dello Stato, con
domicilio eletto in Lussemburgo,
convenuta,
LA CORTE (Seconda Sezione),
composta dal sig. C.W.A. Timmermans, presidente di sezione, dai sigg. K.
Schiemann, J. Makarczyk, L. Bay Larsen (relatore) e dalla sig.ra C.
Toader, giudici,
avvocato generale: sig.ra E. Sharpston
cancelliere: sig. R. Grass
vista la fase scritta del procedimento,
sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza
del 3 maggio 2007,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
1 Con il presente ricorso la Commissione delle Comunità europee chiede
alla Corte di dichiarare che la Repubblica italiana,
- prima del 28 dicembre 1998, data di designazione della zona di
protezione speciale (in prosieguo: la «ZPS») «Valloni e steppe
pedegarganiche», è venuta meno agli obblighi derivanti dall’art. 4, n.
4, della direttiva del Consiglio 2 aprile 1979, 79/409/CEE, concernente
la conservazione degli uccelli selvatici (GU L 103, pag. 1; in
prosieguo: la «direttiva sugli uccelli»), nella misura in cui ha omesso
di adottare misure idonee a prevenire l’inquinamento o il deterioramento
degli habitat, nonché le perturbazioni dannose agli uccelli selvatici
che abbiano conseguenze significative, in riferimento al piano
denominato «patto d’area» ed ai progetti ivi previsti, i quali erano
suscettibili di avere un impatto sugli habitat e sulle specie
all’interno della zona importante per la conservazione degli uccelli,
detta Important Bird Area (in prosieguo: la «IBA») n. 94 del catalogo
IBA 1989, «Promontorio del Gargano» e n. 129 del catalogo IBA 1998,
«Promontorio del Gargano», e hanno effettivamente causato il
deterioramento degli habitat, nonché le perturbazioni dannose agli
uccelli selvatici presenti all’interno della suddetta zona;
- dopo il 28 dicembre 1998, data di designazione della ZPS «Valloni e
steppe pedegarganiche», è venuta meno agli obblighi derivanti dagli
artt. 6, nn. 2‑4, e 7 della direttiva del Consiglio 21 maggio 1992,
92/43/CEE, relativa alla conservazione degli habitat naturali e
seminaturali e della flora e della fauna selvatiche (GU L 206, pag. 7;
in prosieguo: la «direttiva sugli habitat»), nella misura in cui:
in violazione dell’art. 6, n. 2, della direttiva in questione, ha omesso
di adottare le opportune misure per evitare nella ZPS «Valloni e steppe
pedegarganiche» il degrado degli habitat naturali e degli habitat di
specie nonché la perturbazione delle specie per cui tale ZPS è stata
designata, in riferimento ai progetti previsti dal «patto d’area», allo
stato attuale già realizzati, che hanno causato il degrado degli habitat
naturali e degli habitat di specie nonché la perturbazione delle specie
all’interno di tale zona;
in violazione dell’art. 6, n. 3, della stessa direttiva, ha omesso di
effettuare una valutazione di incidenza ex ante conforme ai requisiti di
cui al suddetto articolo, in riferimento ai progetti previsti dal «patto
d’area», allo stato attuale già realizzati, che erano suscettibili di
avere incidenze significative sulla ZPS «Valloni e steppe pedegarganiche».
in violazione dell’art. 6, n. 4, della medesima direttiva, ha omesso di
applicare la procedura che permette di realizzare un progetto anche in
caso di conclusioni negative della valutazione dell’incidenza sul sito e
in mancanza di soluzioni alternative, per motivi imperativi di rilevante
interesse pubblico, inclusi motivi di natura sociale o economica o
considerazioni connesse con la salute dell’uomo e la sicurezza pubblica
o relative a conseguenze positive di primaria importanza per l’ambiente
ovvero, previo parere della Commissione, altri motivi imperativi di
rilevante interesse pubblico, e di comunicare alla Commissione le misure
compensative adottate necessarie per garantire che la coerenza globale
di Natura 2000 fosse tutelata, in riferimento ai progetti inseriti nel
«patto d’area» che sono stati approvati, nonostante la loro rilevante
incidenza sulla ZPS «Valloni e steppe pedegarganiche», per fronteggiare
la situazione di crisi socio-economica ed occupazionale dell’area di
Manfredonia.
Contesto normativo
La normativa comunitaria
2 L’art. 4 della direttiva sugli uccelli così prevede:
«1. Per le specie elencate nell’allegato I sono previste misure speciali
di conservazione per quanto riguarda l’habitat, per garantire la
sopravvivenza e la riproduzione di dette specie nella loro area di
distribuzione.
(…)
Gli Stati membri classificano in particolare come zone di protezione
speciale i territori più idonei in numero e in superficie alla
conservazione di tali specie, tenuto conto delle necessità di protezione
di queste ultime nella zona geografica marittima e terrestre in cui si
applica la presente direttiva.
2. Analoghe misure vengono adottate dagli Stati membri per le specie
migratrici non menzionate nell’allegato I che ritornano regolarmente,
tenuto conto delle esigenze di protezione nella zona geografica
marittima e terrestre in cui si applica la presente direttiva per quanto
riguarda le aree di riproduzione, di muta e di svernamento e le zone in
cui si trovano le stazioni lungo le rotte di migrazione. A tale scopo,
gli Stati membri attribuiscono una importanza particolare alla
protezione delle zone umide e specialmente delle zone d’importanza
internazionale.
(…)
4. Gli Stati membri adottano misure idonee a prevenire, nelle zone di
protezione di cui ai paragrafi 1 e 2, l’inquinamento o il deterioramento
degli habitat, nonché le perturbazioni dannose agli uccelli che abbiano
conseguenze significative tenuto conto degli obiettivi del presente
articolo. Gli Stati membri cercheranno inoltre di prevenire
l’inquinamento o il deterioramento degli habitat al di fuori di tali
zone di protezione».
3 L’art. 6, n. 2, della direttiva sugli habitat dispone quanto segue:
«2. Gli Stati membri adottano le opportune misure per evitare nelle zone
speciali di conservazione il degrado degli habitat naturali e degli
habitat di specie nonché la perturbazione delle specie per cui le zone
sono state designate, nella misura in cui tale perturbazione potrebbe
avere conseguenze significative per quanto riguarda gli obiettivi della
presente direttiva».
4 L’art. 6, n. 3, della direttiva sugli habitat istituisce una procedura
di valutazione degli effetti sulle zone tutelate dei piani o progetti
che possano avere incidenze sulle stesse, mentre l’art. 6, n. 4, della
medesima direttiva prevede l’adozione, qualora ricorrano talune
condizioni, di misure compensative nel caso in cui un piano o progetto
debba essere realizzato nonostante le conclusioni negative della
valutazione dell’incidenza sul sito in questione.
5 L’art. 7 della direttiva sugli habitat prevede che gli obblighi
derivanti dall’art. 6, nn. 2‑4, della stessa «sostituiscono gli obblighi
derivanti dall’articolo 4, paragrafo 4, prima frase, della direttiva
[sugli uccelli] per quanto riguarda le zone classificate a norma
dell’articolo 4, paragrafo 1, o analogamente riconosciute a norma
dell’articolo 4, paragrafo 2 di detta direttiva a decorrere dalla data
di entrata in vigore della presente direttiva o dalla data di
classificazione o di riconoscimento da parte di uno Stato membro a norma
della [direttiva sugli uccelli], qualora essa sia posteriore».
Fatti e procedimento precontenzioso
6 Nel febbraio 2001 la Lega Italiana Protezione Uccelli ha presentato
alla Commissione una denuncia secondo la quale l’area geografica
denominata «Valloni e steppe pedegarganiche», classificata come ZPS il
28 dicembre 1998, era oggetto di numerosi interventi industriali ed
immobiliari, già ultimati o in corso di esecuzione, dannosi per
l’habitat naturale e la conservazione di numerose specie di uccelli
selvatici che vivevano o transitavano nella zona.
7 Con lettera del 22 agosto 2001, la Commissione ha chiesto alla
Repubblica italiana informazioni circa gli interventi realizzati e
previsti all’interno di tale area, con particolare riferimento a quelli
di cui al «patto d’area» per lo sviluppo industriale dell’area di
Manfredonia, concluso dalla Regione Puglia e dal Comune di Manfredonia.
8 Le autorità italiane hanno risposto con lettere della Rappresentanza
permanente della Repubblica italiana presso l’Unione europea del 6
dicembre 2001 e del 15 febbraio 2002, nonché con lettera della Regione
Puglia del 13 febbraio 2003.
9 Con lettera del 19 dicembre 2003, la Commissione ha intimato alla
Repubblica italiana di presentare osservazioni entro un termine di due
mesi dalla notifica di tale lettera.
10 Poiché tale Stato membro non ha risposto alla lettera, in data 9
luglio 2004 la Commissione gli ha inviato un parere motivato.
11 La Repubblica italiana ha risposto al parere con lettera del 9
novembre 2004, affermando che avrebbe presto dato risposta alle
contestazioni della Commissione.
12 Non avendo ricevuto altre risposte, la Commissione ha deciso di
proporre il presente ricorso.
13 Dal momento che la Commissione ha tuttavia rinunciato ai punti del
ricorso relativi alla violazione dell’art. 6, nn. 3 e 4, della direttiva
sugli habitat, gli stessi non devono più essere esaminati.
Sul ricorso
Argomenti delle parti
14 La Commissione sostiene che il «patto d’area» per lo sviluppo
industriale dell’area di Manfredonia è stato approvato nel marzo 1998 e
che i relativi progetti sono stati avviati immediatamente, con
pregiudizio per la tutela di numerose specie di uccelli protetti che
vivevano o transitavano nell’area geografica denominata «Valloni e
steppe pedegarganiche», classificata come ZPS in data 28 dicembre 1998.
Tali progetti sarebbero peraltro tuttora in corso di realizzazione.
15 Tale «patto d’area» sarebbe stato approvato senza l’adozione di
misure volte a prevenire l’inquinamento e il degrado degli habitat,
nonché la perturbazione degli uccelli all’interno dell’area «Valloni e
steppe pedegarganiche», e senza una valutazione preliminare delle
incidenze su tale area.
16 La Repubblica italiana riconosce che il «patto d’area» è stato
approvato nel marzo 1998 senza alcuna procedura preliminare di
valutazione della sua incidenza sull’area «Valloni e steppe
pedegarganiche». Essa riconosce che gli impianti industriali hanno avuto
un effetto diretto sulla scomparsa di un habitat naturale di interesse
comunitario in tale zona.
Giudizio della Corte
Sulla situazione precedente alla classificazione dell’area geografica
denominata «Valloni e steppe pedegarganiche» come ZPS
17 L’art. 4, n. 4, della direttiva sugli uccelli impone agli Stati
membri di adottare misure idonee a prevenire nelle ZPS l’inquinamento o
il deterioramento degli habitat, nonché le perturbazioni dannose agli
uccelli che abbiano conseguenze significative tenuto conto degli
obiettivi di tale articolo.
18 Emerge dalla giurisprudenza della Corte che gli Stati membri devono
rispettare gli obblighi che derivano in particolare dall’art. 4, n. 4,
della direttiva sugli uccelli, anche nel caso in cui la zona interessata
non sia stata classificata come ZPS dal momento in cui doveva esserlo
(v. sentenza 18 marzo 1999, causa C‑166/97, Commissione/Francia, Racc.
pag. I‑1719, punto 38).
19 A questo proposito la Corte ha affermato che l’elenco delle IBA, per
quanto non sia giuridicamente vincolante per gli Stati membri
interessati, contiene elementi di prova scientifica che consentono di
valutare l’osservanza da parte di uno Stato membro dell’obbligo di
classificare come ZPS i territori più appropriati per numero e
superficie per la conservazione delle specie protette (v., in
particolare, sentenza 7 dicembre 2000, causa C‑374/98,
Commissione/Francia, Racc. pag. I‑10799, punto 25).
20 Ebbene, è pacifico che l’area geografica denominata «Valloni e steppe
pedegarganiche», situata nella Regione Puglia, e più precisamente nel
Comune di Manfredonia, ospita alcune rare specie di uccelli selvatici,
cosicché essa è stata classificata nel 1989 quale IBA, con la
denominazione di «Promontorio del Gargano», da parte di BirdLife
International. Essa è stata altresì classificata come IBA nel catalogo
IBA 1998.
21 Risulta pertanto che tale area avrebbe dovuto essere classificata
come ZPS prima del 28 dicembre 1998.
22 Inoltre, non è contestato che la realizzazione dell’area industriale
nell’ambito del «patto d’area» ha comportato la distruzione di una parte
della zona «Valloni e steppe pedegarganiche», prima in buono stato di
conservazione, pregiudicando la conservazione di numerose specie di
uccelli protetti che frequentavano tale area.
23 Si deve pertanto rilevare che, prima del 28 dicembre 1998, la
Repubblica italiana è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti ai
sensi dell’art. 4, n. 4, della direttiva sugli uccelli, e che il ricorso
della Commissione deve essere accolto su tale punto.
Sulla situazione successiva alla classificazione dell’area geografica
denominata «Valloni e steppe pedegarganiche» come ZPS
24 Occorre osservare che, per quanto riguarda le zone classificate come
ZPS, l’art. 7 della direttiva sugli habitat prevede che gli obblighi
derivanti dall’art. 4, n. 4, della direttiva sugli uccelli siano
sostituiti, segnatamente, dagli obblighi derivanti dall’art. 6, n. 2,
della direttiva sugli habitat, a decorrere dalla data di entrata in
vigore di quest’ultima direttiva o dalla data di classificazione a norma
della direttiva sugli uccelli, qualora tale ultima data sia posteriore
(v. sentenza 13 giugno 2002, causa C‑117/00, Commissione/Irlanda, Racc.
pag. I‑5335, punto 25).
25 Dal momento che l’area «Valloni e steppe pedegarganiche» è stata
classificata come ZPS il 28 dicembre 1998, nella fattispecie l’art. 6,
n. 2, della direttiva sugli habitat deve applicarsi a detta area a
partire da tale data.
26 A tal riguardo si deve ricordare che l’art. 6, n. 2, della direttiva
sugli habitat, al pari dell’art. 4, n. 4, prima frase, della direttiva
sugli uccelli, impone agli Stati membri di adottare le misure idonee ad
evitare, nelle ZPS classificate conformemente al n. 1 di quest’ultimo
articolo, il degrado degli habitat nonché le perturbazioni dannose che
pregiudichino in modo significativo le specie per le quali le ZPS sono
state classificate (v., in tal senso, sentenza Commissione/Irlanda,
cit., punto 26).
27 Risulta dagli atti di causa che, dopo il 28 dicembre 1998, la
situazione descritta al punto 22 della presente sentenza ha continuato a
sussistere. Si deve in proposito ricordare che la Regione Puglia ha
affermato, per rispondere alle contestazioni sollevate dalla Commissione
con nota del 7 luglio 2004, di aver preso in considerazione la necessità
di adottare misure compensative adeguate prevedendo l’estensione della
ZPS in esame o l’individuazione di una nuova ZPS avente una fauna ed una
vegetazione comparabili a quelle dell’habitat danneggiato.
28 È di conseguenza fondata la censura secondo la quale la Repubblica
italiana è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti ai sensi
dell’art. 6, n. 2, della direttiva sugli habitat. Pertanto, il ricorso
della Commissione deve essere accolto anche su tale punto.
29 Si deve dunque dichiarare che la Repubblica italiana, non avendo
adottato i provvedimenti adeguati per evitare, nella ZPS «Valloni e
steppe pedegarganiche», il degrado degli habitat naturali e degli
habitat di specie nonché la perturbazione delle specie per cui tale zona
è stata creata, è venuta meno, nel periodo precedente al 28 dicembre
1998, agli obblighi ad essa incombenti ai sensi dell’art. 4, n. 4, della
direttiva sugli uccelli e, nel periodo successivo a tale data, agli
obblighi ad essa incombenti ai sensi dell’art. 6, n. 2, della direttiva
sugli habitat.
Sulle spese
30 Ai sensi dell’art. 69, n. 2, del regolamento di procedura, la parte
soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché
la Commissione ne ha fatto domanda, la Repubblica italiana, rimasta
soccombente, deve essere condannata alle spese.
Per questi motivi, la Corte (Seconda Sezione) dichiara e statuisce:
1) La Repubblica italiana, non avendo adottato i provvedimenti adeguati
per evitare, nella zona di protezione speciale «Valloni e steppe
pedegarganiche», il degrado degli habitat naturali e degli habitat di
specie nonché la perturbazione delle specie per cui tale zona è stata
creata, è venuta meno, nel periodo precedente al 28 dicembre 1998, agli
obblighi ad essa incombenti ai sensi dell’art. 4, n. 4, della direttiva
del Consiglio 2 aprile 1979, 79/409/CEE, concernente la conservazione
degli uccelli selvatici, e, nel periodo successivo a tale data, agli
obblighi ad essa incombenti ai sensi dell’art. 6, n. 2, della direttiva
del Consiglio 21 maggio 1992, 92/43/CEE, relativa alla conservazione
degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna
selvatiche.
2) La Repubblica italiana è condannata alle spese.
Firme
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