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CORTE DI
GIUSTIZIA DELLE COMUNITA' EUROPEE, Sez. VIII, 08/11/2007, Causa C‑40/07
INQUINAMENTO - Norme in materia ambientale - Valutazione degli effetti di
determinati piani e programmi sull’ambiente - Mancata trasposizione entro il
termine prescritto - Inadempimento di uno Stato - Direttiva 2001/42/CE.
Non avendo messo in vigore, entro il termine prescritto, le disposizioni
legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla
direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 27 giugno 2001, 2001/42/CE,
concernente la valutazione degli effetti di determinati piani e programmi
sull’ambiente, la Repubblica italiana è venuta meno agli obblighi che ad
essa incombono in forza della direttiva medesima. CORTE DI GIUSTIZIA
DELLE COMUNITA' EUROPEE, Sez. VIII, 08/11/2007, Causa C‑40/07
PROCEDURE E VARIE - Mancato recepimento di direttive - Complessità della
materia - Gisutificazione - Esclusione - Fondamento - Giurisprudenza.
L’argomento addotto della complessità della materia ed alla necessità di
riformare il diritto interno, non può essere accolto per non conformarsi
alle direttive. Pertanto, uno Stato membro non può invocare norme, prassi o
situazioni del suo ordinamento giuridico interno per giustificare
l’inosservanza degli obblighi e dei termini derivanti da una direttiva (v.
sentenze 4 luglio 2000, causa C‑387/97, Commissione/Grecia, Racc. pag.
I-5047, punto 70, e 25 aprile 2002, cause riunite C-418/00 e C‑419/00,
Commissione/Francia, Racc. pag. I‑3969, punto 59). Inoltre, non si può
ritenere che la complessità di una normativa comunitaria, alla cui
elaborazione uno Stato membro ha partecipato, costituisca una difficoltà
anormale ed imprevedibile tale da risultare insormontabile per
l’amministrazione dello Stato medesimo, malgrado ogni diligenza che si possa
impiegare (sentenza 5 febbraio 1987, causa 145/85, Denkavit België NV/Belgio,
Racc. pag. 565, punto 13) e, pertanto, tale complessità non può essere fatta
valere da uno Stato membro per differire la trasposizione di una direttiva
oltre i termini previsti. CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITA' EUROPEE,
Sez. VIII, 08/11/2007, Causa C‑40/07
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CORTE DI GIUSTIZIA
delle Comunità Europee,
SENTENZA DELLA CORTE (Ottava Sezione)
8 novembre 2007 (*)
«Inadempimento di uno Stato – Direttiva 2001/42/CE – Valutazione
degli effetti di determinati piani e programmi sull’ambiente – Mancata
trasposizione entro il termine prescritto»
Nella causa C‑40/07,
avente ad oggetto un ricorso per inadempimento ai sensi dell’art. 226
CE, proposto il 1° febbraio 2007,
Commissione delle Comunità europee, rappresentata dalla sig.ra D.
Recchia e dal sig. J.-B. Laignelot, in qualità di agenti, con domicilio
eletto in Lussemburgo,
ricorrente,
contro
Repubblica italiana, rappresentata dall’avv. I.M. Braguglia, in qualità
di agente, assistito dal sig. S. Fiorentino, avvocato dello Stato, con
domicilio eletto in Lussemburgo,
convenuta,
LA CORTE (Ottava Sezione),
composta dalla sig.ra R. Silva de Lapuerta, facente funzione di
presidente dell’Ottava Sezione, dai sigg. E. Juhász e T. von Danwitz
(relatore), giudici,
avvocato generale: sig.ra V. Trstenjak
cancelliere: sig. R. Grass
vista la fase scritta del procedimento,
vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocato generale, di
giudicare la causa senza conclusioni,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
1 Con il ricorso in oggetto la Commissione delle Comunità europee chiede
alla Corte di dichiarare che, non avendo messo in vigore le disposizioni
legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi
alla direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 27 giugno 2001,
2001/42/CE, concernente la valutazione degli effetti di determinati
piani e programmi sull’ambiente (GU L 197, pag. 30; in prosieguo: la
«direttiva»), la Repubblica italiana è venuta meno agli obblighi che ad
essa incombono in forza dell’art. 13, n. 1, della direttiva medesima.
2 Ai sensi dell’art. 13, n. 1, della direttiva, gli Stati membri mettono
in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative
necessarie per conformarsi alla direttiva stessa prima del 21 luglio
2004 e ne informano immediatamente la Commissione.
3 Non essendo stata informata in ordine alle misure adottate dalla
Repubblica italiana per conformarsi alla direttiva e non disponendo di
altri elementi che le consentissero di ritenere che fossero state
adottate le misure necessarie alla trasposizione di tale direttiva
nell’ordinamento giuridico interno di detto Stato membro, la Commissione
avviava il procedimento per inadempimento previsto dall’art. 226 CE.
4 Dopo aver inviato alla Repubblica italiana una lettera di diffida in
data 13 dicembre 2004, il 5 luglio 2005 la Commissione emanava un parere
motivato, invitando tale Stato membro ad adottare le misure necessarie
per conformarsi al medesimo entro un termine di due mesi a decorrere
dalla sua notificazione.
5 Non avendo ricevuto risposta alcuna al parere motivato e in mancanza
di elementi che le consentissero di ritenere che le misure necessarie
alla trasposizione della direttiva nell’ordinamento giuridico interno
fossero state adottate dalla Repubblica italiana, la Commissione
decideva di proporre dinanzi alla Corte un ricorso, registrato presso la
cancelleria con il numero C-81/06.
6 Nel controricorso, in esito al quale la Commissione aveva rinunciato
agli atti nella detta causa, la Repubblica italiana aveva fatto presente
che la direttiva era stata trasposta nel suo ordinamento giuridico
interno con il decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante norme
in materia ambientale (GURI n. 88 del 14 aprile 2006), la seconda parte
del quale conteneva, in particolare, le misure di trasposizione di tale
direttiva.
7 Il 31 agosto 2006, la Corte ordinava la cancellazione della causa
C-81/06 dal ruolo e condannava la Repubblica italiana alle spese.
8 Successivamente, essendo venuta a conoscenza del fatto che la
Repubblica italiana aveva sospeso l’entrata in vigore della seconda
parte del decreto legislativo n. 152, volto a garantire la trasposizione
della direttiva nell’ordinamento giuridico interno, dapprima sino al 31
gennaio 2007 e, in seguito, sino al 31 luglio 2007, la Commissione
decideva di adire nuovamente la Corte e proponeva il presente ricorso.
9 Nel controricorso, la Repubblica italiana dichiara espressamente di
non contestare i fatti esposti nel ricorso, ma fa valere che il
differimento dell’entrata in vigore della seconda parte di detto decreto
legislativo è dovuta, in particolare, alla complessità della materia in
esame ed alla necessità di riformare il proprio diritto interno.
10 Risulta da tutto quanto precede che, alla scadenza del termine
stabilito nel parere motivato, data alla quale dev’essere valutata
l’esistenza di un inadempimento (v., in particolare, sentenze 14
settembre 2004, causa C‑168/03, Commissione/Spagna, Racc. pag. I‑8227,
punto 24, e 27 ottobre 2005, causa C‑23/05, Commissione/Lussemburgo,
Racc. pag. I‑9535, punto 9), le misure necessarie per garantire la
trasposizione della direttiva nell’ordinamento giuridico interno non
erano state adottate.
11 Peraltro, l’argomento addotto dalla Repubblica italiana, attinente
alla complessità della materia in esame ed alla necessità di riformare
il diritto interno, non può essere accolto.
12 Infatti, secondo una giurisprudenza costante, uno Stato membro non
può invocare norme, prassi o situazioni del suo ordinamento giuridico
interno per giustificare l’inosservanza degli obblighi e dei termini
derivanti da una direttiva (v. sentenze 4 luglio 2000, causa C‑387/97,
Commissione/Grecia, Racc. pag. I-5047, punto 70, e 25 aprile 2002, cause
riunite C-418/00 e C‑419/00, Commissione/Francia, Racc. pag. I‑3969,
punto 59). Inoltre, non si può ritenere che la complessità di una
normativa comunitaria, alla cui elaborazione uno Stato membro ha
partecipato, costituisca una difficoltà anormale ed imprevedibile tale
da risultare insormontabile per l’amministrazione dello Stato medesimo,
malgrado ogni diligenza che si possa impiegare (sentenza 5 febbraio
1987, causa 145/85, Denkavit België NV/Belgio, Racc. pag. 565, punto 13)
e, pertanto, tale complessità non può essere fatta valere da uno Stato
membro per differire la trasposizione di una direttiva oltre i termini
previsti.
13 La Repubblica italiana, pertanto, non può legittimamente invocare
difficoltà di trasposizione derivanti dalla complessità della materia in
esame e dalle necessarie modifiche del proprio diritto interno per
sottrarsi agli obblighi che discendono dal diritto comunitario.
14 Di conseguenza, il ricorso della Commissione dev’essere considerato
fondato.
15 Pertanto, si deve dichiarare che, non avendo messo in vigore, entro
il termine prescritto, le disposizioni legislative, regolamentari e
amministrative necessarie per conformarsi alla direttiva, la Repubblica
italiana è venuta meno agli obblighi che ad essa incombono in forza
della direttiva medesima.
Sulle spese
16 Ai sensi dell’art. 69, n. 2, del regolamento di procedura, la parte
soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché
la Commissione ha chiesto la condanna della Repubblica italiana, che è
risultata soccombente, quest’ultima dev’essere condannata alle spese.
Per questi motivi, la Corte (Ottava Sezione) dichiara e statuisce:
1) Non avendo messo in vigore, entro il termine prescritto, le
disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per
conformarsi alla direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 27
giugno 2001, 2001/42/CE, concernente la valutazione degli effetti di
determinati piani e programmi sull’ambiente, la Repubblica italiana è
venuta meno agli obblighi che ad essa incombono in forza della direttiva
medesima.
2) La Repubblica italiana è condannata alle spese.
Firme
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