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CORTE DI
GIUSTIZIA DELLE COMUNITA' EUROPEE, Sez. I, 04/10/2007, Procedimento C‑429/05
CONSUMATORI - Credito al consumo - Diritto del consumatore di procedere
contro il creditore nell’ipotesi di mancata esecuzione o di esecuzione non
conforme del contratto relativo ai beni o ai servizi finanziati dal credito
- Presupposti - Menzione del bene o del servizio finanziato nell’offerta di
credito - Apertura di credito con possibilità di far uso del credito
concesso in momenti differenti - Possibilità, per il giudice nazionale, di
rilevare d’ufficio il diritto del consumatore di procedere contro il
creditore - Direttiva 87/102/CEE - Dir. 98/7/CE. Gli artt. 11 e 14 della
direttiva del Consiglio 22 dicembre 1986, 87/102/CEE, relativa al
ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e
amministrative degli Stati membri in materia di credito al consumo, come
modificata dalla direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 16
febbraio 1998, 98/7/CE, devono essere interpretati nel senso che ostano a
che il diritto del consumatore di procedere contro il creditore, previsto
dall’art. 11, n. 2, della direttiva medesima, come modificata, sia
subordinato alla condizione che la previa offerta di credito rechi menzione
del bene o della prestazione di servizi finanziati. Inoltre, la direttiva
87/102/ CEE, come modificata dalla direttiva 98/7/CE, dev’essere
interpretata nel senso che consente al giudice nazionale di applicare
d’ufficio le disposizioni che traspongono nel diritto interno il suo art.
11, n. 2. CORTE DI GIUSTIZIA DELLE C.E., Sez. I, 04/10/2007, Procedimento
C‑429/05
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CORTE DI GIUSTIZIA
delle Comunità Europee,
SENTENZA DELLA CORTE (Prima Sezione)
4 ottobre 2007
«Direttiva 87/102/CEE - Credito al consumo - Diritto del consumatore di
procedere contro il creditore nell’ipotesi di mancata esecuzione o di
esecuzione non conforme del contratto relativo ai beni o ai servizi
finanziati dal credito - Presupposti - Menzione del bene o del servizio
finanziato nell’offerta di credito - Apertura di credito con possibilità
di far uso del credito concesso in momenti differenti - Possibilità, per
il giudice nazionale, di rilevare d’ufficio il diritto del consumatore
di procedere contro il creditore»
Nel procedimento C‑429/05,
avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla
Corte, ai sensi dell’art. 234 CE, dal Tribunal d’instance de Saintes
(Francia) con decisione 16 novembre 2005, pervenuta in cancelleria il 2
dicembre 2005, nella causa
Max Rampion,
Marie-Jeanne Godard Rampion
contro
Franfinance SA,
K par K SAS,
LA CORTE (Prima Sezione),
composta dal sig. P. Jann (relatore), presidente di sezione, dai sigg.
A. Tizzano, A. Borg Barthet, M. Ilešič e E. Levits, giudici,
avvocato generale: sig. P. Mengozzi
cancelliere: sig. M.-A. Gaudissart, capo unità
vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza dell’8
febbraio 2007,
considerate le osservazioni presentate:
- per la Franfinance SA, dal sig. B. Soltner, avocat;
- per il governo francese, dal sig. G. de Bergues e dalla sig.ra R.
Loosli‑Surrans, in qualità di agenti;
- per il governo tedesco, dai sigg. M. Lumma e A. Dittrich, in qualità
di agenti;
- per il governo spagnolo, dal sig. F. Díez Moreno, in qualità di
agente;
- per il governo italiano, dal sig. I. M. Braguglia, in qualità di
agente, assistito dalla sig.ra W. Ferrante, avvocato dello Stato;
- per il governo austriaco, dalla sig.ra C. Pesendorfer, in qualità di
agente;
- per la Commissione delle Comunità europee, dai sigg. A. Aresu e J.‑P.
Keppenne, in qualità di agenti,
sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza
del 29 marzo 2007,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
1 La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione della
direttiva del Consiglio 22 dicembre 1986, 87/102/CEE, relativa al
ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e
amministrative degli Stati membri in materia di credito al consumo (GU
1987, L 42, pag. 48), come modificata dalla direttiva del Parlamento
europeo e del Consiglio 16 febbraio 1998, 98/7/CE (GU L 101, pag. 17; in
prosieguo: la «direttiva 87/102»), segnatamente dei suoi artt. 11 e 14.
2 Tale domanda è stata sollevata nel contesto di una controversia tra il
sig. Rampion e la sig.ra Godard Rampion (nel prosieguo: i «coniugi
Rampion»), da una parte, e le società Franfinance SA (in prosieguo: la «Franfinance»)
e K par K SAS (in prosieguo: la «K par K»), dall’altra, con riguardo ad
un contratto di vendita di finestre e ad un’apertura di credito ai fini
del finanziamento di tale contratto.
Contesto normativo
Normativa comunitaria
3 La direttiva 87/102 tende al ravvicinamento delle disposizioni
legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri in
materia di credito al consumo.
4 L’art. 11 di tale direttiva così recita:
«1. Gli Stati membri provvedono affinché l’esistenza di un contratto di
credito non pregiudichi in alcun modo i diritti del consumatore nei
confronti del fornitore di beni o di servizi acquisiti in base a tale
contratto qualora i beni o servizi non siano forniti o non siano
comunque conformi al contratto di fornitura.
2. Quando:
a) per l’acquisto di beni o la fornitura di servizi il consumatore
conclude un contratto di credito con una persona diversa dal fornitore,
e
b) tra il creditore e il fornitore dei beni o dei servizi esiste un
precedente accordo in base al quale il credito è messo esclusivamente da
quel creditore a disposizione dei clienti di quel fornitore per
l’acquisto di merci o di servizi di tale fornitore, e
c) il consumatore di cui alla lettera a) ottiene il credito in
conformità al precedente accordo, e
d) i beni o i servizi considerati dal contratto di credito non sono
forniti o sono forniti soltanto in parte, o non sono conformi al
relativo contratto di fornitura,
e) il consumatore ha proceduto contro il fornitore, ma non ha ottenuto
la soddisfazione cui aveva diritto,
il consumatore ha il diritto di procedere contro il creditore.
Gli Stati membri stabiliranno entro quali limiti e a quali condizioni il
diritto è esercitabile.
3. Il paragrafo 2 non è applicabile quando la singola operazione è di un
valore inferiore a un importo pari a 200 [euro]».
5 L’art. 14 della direttiva 87/102 prevede quanto segue:
«1. Gli Stati membri provvedono affinché i contratti di credito non
deroghino, a detrimento del consumatore, alle disposizioni del diritto
nazionale che danno esecuzione o che corrispondono alla presente
direttiva.
2. Gli Stati membri adottano inoltre le misure necessarie per impedire
che le norme emanate in applicazione della presente direttiva siano
eluse mediante una speciale formulazione dei contratti e in particolare
attraverso la distribuzione dell’importo del credito in più contratti».
Diritto interno
6 L’art. L. 311-20 del Code de la consommation prevede, ai fini
dell’applicazione dell’art. 11 della direttiva 87/102, che, «[q]ualora
la previa offerta menzioni il bene o la prestazione di servizi
finanziati, gli obblighi del mutuatario prendono effetto solo dal
momento della consegna del bene o dalla fornitura della prestazione
(…)».
7 A tal riguardo, l’art. L. 311-21 del codice medesimo precisa che,
«[i]n caso di contestazione circa l’esecuzione del contratto principale,
il Tribunale potrà, fino alla risoluzione della controversia, sospendere
l’esecuzione del contratto di credito. Quest’ultimo è risolto o
annullato di pieno diritto quando il contratto per il quale è stato
concluso è, a sua volta, giudizialmente risolto o annullato (…)».
Causa principale e questioni pregiudiziali
8 Il 5 settembre 2003, dopo una visita a domicilio da parte del
venditore, i coniugi Rampion ordinavano alla K par K alcune finestre,
per un prezzo totale di EUR 6150. In forza del contratto di vendita
concluso a tal fine, le finestre dovevano essere consegnate entro un
termine da sei ad otto settimane a decorrere dalle misurazioni
effettuate dal tecnico addetto.
9 Secondo il giudice del rinvio, da tale contratto di vendita risulta un
finanziamento totale dell’acquisto realizzato mediante credito concesso
dalla Franfinance.
10 In pari data, i coniugi Rampion sottoscrivevano con la Franfinance
un’apertura di credito per un tetto massimo pari all’importo della
vendita. L’offerta di credito indica l’identità del venditore con la
menzione «compte plate-forme K par K», ma non specifica il bene
finanziato.
11 Alla consegna delle finestre ordinate, il 27 novembre 2003, i coniugi
Rampion appuravano che i davanzali e gli infissi erano infestati da
parassiti. I lavori non venivano proseguiti e, con lettera del 5 gennaio
2004, gli interessati dichiaravano di voler risolvere il contratto di
vendita.
12 Non avendo ricevuto risposta per loro soddisfacente alla richiesta di
risoluzione del contratto, con atti del 29 ottobre e del 2 novembre 2004
i coniugi Rampion citavano in giudizio la K par K e la Franfinance
chiedendo che il contratto di vendita fosse dichiarato nullo, con
conseguente risoluzione del contratto di credito, argomentando che il
contratto di vendita non recava l’indicazione precisa del termine di
consegna dei beni di cui trattasi, in contrasto con il requisito
previsto dal Code de la consommation.
13 In subordine, i coniugi Rampion chiedevano la risoluzione per
inadempimento del contratto di vendita, deducendo che la K par K, avendo
proposto la fornitura e la posa degli elementi di carpenteria quando il
relativo supporto era difettoso, era venuta meno all’«obbligo di
consigliare» («obligation de conseil») gravante sulla stessa.
14 Le convenute nella causa principale facevano valere, segnatamente,
che non sussisteva alcuna interdipendenza tra i due contratti, dal
momento che, contrariamente a quanto previsto dall’art. L. 311-20 del
Code de la consommation, l’indicazione del bene finanziato non risultava
dall’offerta di credito. Inoltre, si sarebbe trattato di un’apertura di
credito e non di un credito vincolato al finanziamento della vendita.
15 Il giudice del rinvio, nell’ambito del dibattimento dinanzi al
medesimo svoltosi, sollevava d’ufficio diversi motivi attinenti a
disposizioni del Code de la consommation relative al credito al consumo
ed alla vendita a domicilio.
16 In tale contesto, il Tribunal d’instance de Saintes decideva di
sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti
questioni pregiudiziali:
«1) Se gli artt. 11 e 14 della direttiva (…) 87/102/CEE vadano
interpretati nel senso che consentono al giudice di applicare le norme
sull’interdipendenza tra il contratto di credito ed il contratto di
fornitura di beni o di servizi, finanziato grazie a tale credito, quando
il contratto di credito non menziona il bene il cui acquisto è
finanziato o è stato concluso nella forma di apertura di credito senza
menzione del bene finanziato.
2) Se la direttiva (…) 87/102/CEE abbia una finalità più ampia della
mera tutela del consumatore, che si estenda all’organizzazione del
mercato consentendo al giudice di applicare d’ufficio le disposizioni
che ne derivano».
Sulle questioni pregiudiziali
Sulla prima questione
Sulla ricevibilità
17 In primo luogo, la Franfinance fa valere che non spetta alla Corte
pronunciarsi in ordine alla prima questione, dal momento che essa, in
realtà, riguarda esclusivamente l’applicazione di disposizioni del
diritto nazionale relative ai requisiti necessari ai fini della
sussistenza di un credito vincolato. La direttiva 87/102, infatti, si
limiterebbe a disciplinare un’armonizzazione minima e il suo art. 11
preciserebbe che gli Stati membri stabiliscono, in particolare, a quali
condizioni il consumatore può esercitare il diritto di procedere contro
il creditore.
18 A tal riguardo, si deve riconoscere che la direttiva 87/102, come
emerge dal suo art. 15 e dal suo venticinquesimo ‘considerando’, a norma
dei quali tale direttiva non impedisce agli Stati membri di mantenere o
adottare disposizioni più rigorose a tutela dei consumatori, si limita
ad un’armonizzazione minima delle disposizioni nazionali relative al
credito al consumo.
19 Tuttavia, la prima questione sottoposta concerne espressamente
l’interpretazione dell’art. 11 della detta direttiva; è pacifico che
tale disposizione sia stata trasposta nel diritto francese, in
particolare, dagli artt. L. 311-20 e L. 311-21 del Code de la
consommation che consentono al debitore, a talune condizioni, di
ottenere la sospensione, la risoluzione o l’annullamento del contratto
di credito.
20 Orbene, la questione se e, eventualmente, in qual misura il diritto
di agire in giudizio, previsto dall’art. 11, n. 2, della direttiva
87/102 a favore del consumatore nei confronti del creditore, possa
essere subordinato dal diritto nazionale a condizioni diverse rispetto a
quelle elencate da tale disposizione, riguarda l’analisi nel merito
della prima questione sottoposta. L’aggiunta di qualsivoglia requisito
supplementare, infatti, comporta il rischio di collocare le disposizioni
di diritto nazionale al di là del livello di armonizzazione perseguito
da questa direttiva e non si può, pertanto, ritenere immediatamente che
rientri unicamente in tale diritto.
21 In secondo luogo, secondo la Franfinance, la Corte è tanto meno
competente a esprimersi in ordine a tale questione dal momento che il
giudice del rinvio, in realtà, non intende acclarare che, nella causa
principale, i debitori possano effettivamente agire in giudizio nei
confronti del creditore ai sensi dell’art. 11 della direttiva 87/102,
bensì che sia riconosciuta l’interdipendenza tra i contratti in oggetto
per fini del tutto diversi. Il giudice del rinvio intenderebbe, in
realtà, applicare norme del diritto francese aventi una natura ed un
oggetto differenti, in quanto non sarebbero attinenti a tale diritto di
agire in giudizio, bensì prevedrebbero la decadenza automatica del
creditore dal proprio diritto agli interessi qualora nell’offerta di
credito non ricorrano talune menzioni relative a tale interdipendenza.
22 La Commissione delle Comunità europee esprime, con riguardo alla
ricevibilità delle questioni pregiudiziali ovvero alla competenza della
Corte quanto alla loro soluzione, una riserva attinente al fatto che il
giudice del rinvio non indica con precisione la ragione per la quale una
risposta è necessaria ai fini della soluzione della causa principale.
23 A tal riguardo, si deve ricordare che le questioni relative
all’interpretazione del diritto comunitario proposte dal giudice
nazionale nell’ambito del contesto di diritto e di fatto che egli
individua sotto la propria responsabilità, del quale non spetta alla
Corte verificare l’esattezza, godono di una presunzione di rilevanza (v.
sentenze 15 maggio 2003, causa C‑300/01, Salzmann, Racc. pag. I‑4899,
punti 29 e 31, nonché 5 dicembre 2006, cause riunite C‑94/04 e C‑202/04,
Cipolla e a., Racc. pag. I‑11421, punto 25).
24 Il rigetto, da parte della Corte, di una domanda proposta da un
giudice nazionale è possibile soltanto qualora appaia in modo manifesto
che l’interpretazione del diritto comunitario richiesta non ha alcun
rapporto con l’effettività o l’oggetto della causa principale, qualora
la questione sia di tipo ipotetico o, ancora, qualora la Corte non
disponga degli elementi di fatto e di diritto necessari per rispondere
in modo utile alle questioni che le sono sottoposte (v., in particolare,
sentenze 13 marzo 2001, causa C‑379/98, PreussenElektra, Racc. pag.
I‑2099, punto 39; 15 giugno 2006, causa C‑466/04, Acereda Herrera, Racc.
pag. I‑5341, punto 48, e Cipolla e a., cit., punto 25).
25 Orbene, è giocoforza rilevare che non risulta in modo manifesto che
l’interpretazione delle norme comunitarie richiesta dal giudice del
rinvio non abbia alcun rapporto con l’effettività o l’oggetto della
causa principale, né che le questioni relative all’interpretazione di
tali norme siano di tipo ipotetico. Se è pur vero che la prima questione
sottoposta menziona, in termini estremamente generici, l’applicazione
delle «norme sull’interdipendenza tra il contratto di credito ed il
contratto di fornitura di beni o di servizi», dalla decisione di rinvio
non risulta che tale questione riguardi esclusivamente, in realtà,
l’applicazione di disposizioni di diritto nazionale diverse da quelle di
trasposizione dell’art. 11 della direttiva 87/102, ovvero ricomprese
nella sua sfera di applicazione.
26 Ciò premesso, la presunzione di rilevanza della prima questione
sottoposta non viene meno.
27 Tuttavia, dal momento che, nell’ambito della procedura di
collaborazione istituita dall’art. 234 CE, spetta alla Corte fornire al
giudice nazionale una soluzione utile che gli consenta di dirimere la
controversia con cui è adito, spetta alla Corte stessa, se del caso,
riformulare le questioni ad essa deferite (v., segnatamente, sentenze 28
novembre 2000, causa C‑88/99, Roquette Frères, Racc. pag. I‑10465, punto
18; 20 maggio 2003, causa C‑469/00, Ravil, Racc. pag. I‑5053, punto 27,
e 4 maggio 2006, causa C‑286/05, Haug, Racc. pag. I‑4121, punto 17).
28 Così, la prima questione sottoposta dev’essere intesa come volta a
chiarire se gli artt. 11 e 14 della direttiva 87/102 vadano interpretati
nel senso che ostano a che il diritto di agire in giudizio, previsto
dall’art. 11, n. 2, della direttiva 87/102, di cui gode il consumatore
nei confronti del creditore, sia subordinato al requisito che la previa
offerta di credito menzioni il bene o la prestazione di servizio
finanziati.
29 Alla luce delle suesposte considerazioni, la prima questione
sottoposta dev’essere ritenuta ricevibile.
Sul merito
30 Tutti i governi che hanno presentato osservazioni alla Corte, al pari
della Commissione, ritengono che il diritto di agire in giudizio, di cui
gode il consumatore ai sensi dell’art. 11, n. 2, della direttiva 87/102,
non possa essere subordinato alla menzione espressa del bene finanziato
nel contratto di credito. A tal riguardo, si fondano sia sul tenore
letterale di tale disposizione, sia sulla finalità della direttiva, e
cioè la tutela del consumatore.
31 La Franfinance, per contro, fa valere che il contratto che ha
concluso con i coniugi Rampion costituisce un’autentica apertura di
credito, che potrebbe avere molteplici impieghi. A differenza di un
credito vincolato, che servirebbe al finanziamento di un’unica
operazione, una siffatta apertura di credito non sarebbe assoggettata
alla regola di interdipendenza di cui all’art. 11 della direttiva
87/102, dal momento che il creditore non può assumersi tutti i rischi
economici connessi con ogni acquisto. Eventuali abusi o frodi dovrebbero
essere valutati caso per caso.
- Sulla sfera di applicazione ratione materiae della direttiva 87/102 e,
segnatamente, del suo art. 11, n. 2
32 In limine, occorre ricordare che, ai sensi dell’art. 1, n. 1, della
direttiva 87/102, la direttiva medesima si applica ai contratti di
credito, i quali sono definiti al n. 2, lett. c), primo comma, dello
stesso articolo, come contratti in base ai quali «il creditore concede o
promette di concedere al consumatore un credito sotto forma di dilazione
di pagamento, di prestito o di altra analoga facilitazione finanziaria».
Tale definizione ampia del concetto di «contratto di credito» trova
conferma, come dedotto dalla Commissione all’udienza, nel decimo
‘considerando’ della direttiva 87/102, ai termini del quale «si può
ottenere una migliore protezione del consumatore prescrivendo
determinate condizioni da applicare a tutte le forme di credito».
33 Tuttavia, come risulta dall’art. 1, n. 2, lett. c), secondo comma, e
dall’art. 2 della direttiva 87/102 nonché dai suoi ‘considerando’
dall’undicesimo al quattordicesimo, alcuni contratti di credito o tipi
di transazioni sono o possono essere, in ragione della loro natura
specifica, del tutto o in parte esclusi dalla sfera di applicazione
della direttiva stessa. Tra le ipotesi previste da tali disposizioni non
ricorre l’apertura di credito.
34 Un’apertura di credito il cui unico scopo consista nel mettere a
disposizione del consumatore un credito utilizzabile in momenti
differenti non è nemmeno esclusa, quantomeno parzialmente, dalla sfera
di applicazione della direttiva 87/102 in forza dell’art. 2, n. 1, lett.
e), della direttiva medesima.
35 Occorre infatti ricordare che, ai termini di tale disposizione, la
direttiva 87/102 non si applica «al credito concesso da un istituto di
credito o da un istituto finanziario sotto forma di apertura di credito
in conto corrente, diversi dai conti coperti da una carta di credito».
Tuttavia, ai sensi del detto art. 2, n. 1, lett. e), le disposizioni
previste dall’art. 6 della direttiva 87/102 si applicano a siffatti
crediti.
36 Orbene, la nozione di «conto corrente» ai sensi del detto art. 2, n.
1, lett. e), che, costituendo un’eccezione, va interpretato in senso
stretto, presuppone, come risulta dall’espressione «credito concesso
sotto forma di apertura di credito in conto corrente», che l’obiettivo
di tale conto non si limiti a mettere a disposizione del cliente un
credito. Un siffatto conto costituisce, al contrario, una piattaforma
più o meno generale che consente al cliente di effettuare operazioni
finanziarie, caratterizzata dal fatto che gli importi versati su tale
conto, dal cliente stesso o da un terzo, non sono necessariamente
finalizzati a rinnovare un credito concesso sul conto stesso. In altre
parole, un saldo negativo per il cliente, autorizzato nella forma di
un’apertura di credito, non è che uno dei possibili stati in cui può
trovarsi quel conto, che può presentare anche un saldo positivo per il
cliente.
37 Peraltro, né la struttura né l’obiettivo della direttiva 87/102, che
è volta, in particolare, a tutelare il consumatore, depongono nel senso
dell’esclusione dalla sfera di applicazione della direttiva medesima dei
contratti di credito concessi nella forma di un’apertura di credito, il
cui unico scopo consiste nel mettere a disposizione del consumatore un
credito utilizzabile in momenti differenti.
38 Con riguardo, più precisamente, alla sfera di applicazione dell’art.
11, n. 2, della direttiva 87/102, dal disposto di tale disposizione non
risulta, contrariamente a quanto sostenuto dalla Franfinance, che essa
trova applicazione limitatamente al contratto di credito volto al
finanziamento di un solo contratto di vendita o di servizi.
39 Come sottolineato dall’avvocato generale al paragrafo 58 delle sue
conclusioni, nessun elemento tratto dalla lettera di tale disposizione
sembra deporre nel senso che essa non si applichi alle aperture di
credito. In particolare, l’uso del termine «contratto» al singolare alla
fine dell’art. 11, n. 2, lett. d), della direttiva 87/102, che, tra le
condizioni richieste per l’esercizio del diritto di agire in giudizio,
prevede la circostanza che «i beni o i servizi considerati dal contratto
di credito non [siano] forniti o [siano] forniti soltanto in parte, o
non [siano] conformi al relativo contratto di fornitura», non giustifica
la lettura riduttiva di tale disposizione operata dalla Franfinance.
40 Inoltre, l’art. 11, n. 3, della stessa direttiva prevede
espressamente un’eccezione all’applicazione del n. 2 di tale articolo.
Tuttavia, non sono le aperture di credito ad esserne escluse in termini
generali.
41 Quanto all’argomento della Franfinance secondo cui l’art. 11 della
direttiva 87/102 non può applicarsi ad un’apertura di credito, dal
momento che il creditore non può assumersi tutti i rischi economici
connessi con ogni acquisto, occorre rilevare che tali rischi sono
considerevolmente ridotti per il fatto che il n. 2 di tale articolo
conferisce al consumatore il diritto di procedere contro il creditore
solo quando sussiste, conformemente al requisito previsto dal detto n.
2, lett. b), «tra il creditore e il fornitore dei beni o dei servizi (…)
un precedente accordo in base al quale il credito è messo esclusivamente
da quel creditore a disposizione dei clienti di quel fornitore per
l’acquisto di merci o di servizi di tale fornitore» e il consumatore,
conformemente al requisito previsto allo stesso n. 2, lett. c), ha
ottenuto «il credito in conformità al precedente accordo».
42 L’obiettivo perseguito dall’art. 11, n. 2, della direttiva 87/102 può
essere conseguito solo se tale disposizione si applica anche quando il
credito consente una molteplicità di impieghi. Tale disposizione,
infatti, dev’essere letta alla luce del ventunesimo ‘considerando’ della
direttiva 87/102, ai termini del quale, in particolare, «per quanto
riguarda i beni e servizi che il consumatore ha sottoscritto per
contratto di acquistare a credito, il consumatore, almeno nelle
circostanze sotto definite, deve godere, nei confronti del creditore, di
diritti che si aggiungono ai suoi normali diritti contrattuali nei
riguardi di questo e del fornitore di beni o servizi».
43 Peraltro, il fatto che un acquisto tra altri finanziati mediante la
medesima apertura di credito possa, in forza dell’art. 11, n. 2, della
direttiva 87/102, consentire al consumatore di procedere contro il
creditore non significa necessariamente che tale azione incida
sull’apertura di credito complessivamente intesa. Infatti, come
sottolineato dall’avvocato generale ai paragrafi 65 e segg. delle sue
conclusioni, tale disposizione della direttiva 87/102 consente di
modulare in maniera differenziata la tutela che dev’essere offerta al
consumatore per poter tener conto delle specificità di un siffatto
credito rispetto ad un credito concesso per un singolo acquisto.
44 Pertanto, si deve ritenere che l’art. 11, n. 2, della direttiva
87/102 si applichi sia ad un credito inteso a finanziare una singola
operazione sia ad un’apertura di credito che consenta al consumatore di
utilizzare il credito in momenti differenti.
Sul diritto di procedere contro il creditore previsto dall’art. 11, n.
2, della direttiva 87/102
45 Quanto alla questione se l’art. 11, n. 2, della direttiva 87/102 osti
a che il diritto di agire in giudizio che esso prevede sia subordinato
alla condizione che la previa offerta di credito rechi menzione del bene
o della prestazione di servizi finanziati, occorre rilevare che tale
condizione non è prevista tra le cinque condizioni cumulativamente
richieste al primo comma di tale disposizione.
46 È pur vero che, ai sensi del secondo comma della detta disposizione,
«[g]li Stati membri stabiliranno entro quali limiti e a quali condizioni
il diritto è esercitabile». Tuttavia, come ha osservato il governo
tedesco ed ha rilevato l’avvocato generale al paragrafo 71 delle sue
conclusioni, tale disposizione non può essere interpretata nel senso che
consente agli Stati membri di assoggettare il diritto di agire in
giudizio di cui gode il consumatore a condizioni ulteriori oltre a
quelle esaustivamente indicate dall’art. 11, n. 2, primo comma, della
direttiva 87/102.
47 Infatti, da un canto, il secondo comma dell’art. 11, n. 2, della
direttiva 87/102, come emerge dal suo disposto, presuppone l’esistenza
del diritto di agire in giudizio previsto dal primo comma della
disposizione medesima. D’altro canto, sarebbe in contrasto con
l’obiettivo perseguito da tale direttiva, che consiste, in particolare,
nel garantire in tutti gli Stati membri il rispetto di una norma di
tutela minima del consumatore in materia di credito al consumo, il fatto
di consentire che il diritto del consumatore di procedere contro il
creditore, in forza dell’art. 11, n. 2, primo comma, della detta
direttiva, sia assoggettato ad una condizione di forma come quella
oggetto della causa principale.
48 Tale interpretazione è corroborata dall’art. 14, n. 1, della
direttiva 87/102, ai termini del quale «[g]li Stati membri provvedono
affinché i contratti di credito non deroghino, a detrimento del
consumatore, alle disposizioni del diritto nazionale che danno
esecuzione o che corrispondono alla presente direttiva», nonché dallo
stesso art. 14, n. 2, ai sensi del quale «[g]li Stati membri adottano
inoltre le misure necessarie per impedire che le norme emanate in
applicazione della presente direttiva siano eluse mediante una speciale
formulazione dei contratti (…)».
49 Il detto art. 14, infatti, sottolinea in termini generali
l’importanza accordata dal legislatore comunitario alle disposizioni di
tutela poste dalla direttiva 87/102 ed alla loro stretta
interpretazione. Inoltre, come è stato dedotto dai governi francese,
tedesco, spagnolo ed italiano, nonché dalla Commissione, il n. 2 di
questo stesso articolo osta, in particolare, a che una normativa
nazionale possa consentire al creditore di evitare, mediante la semplice
omissione della menzione dei beni o dei servizi finanziati, che il
consumatore proceda nei suoi confronti in forza dell’art. 11, n. 2,
della direttiva 87/102.
50 Alla luce di tutte le suesposte considerazioni, la prima questione
sottoposta dev’essere risolta dichiarando che gli artt. 11 e 14 della
direttiva 87/102 devono essere interpretati nel senso che ostano a che
il diritto del consumatore di procedere contro il creditore, previsto
dall’art. 11, n. 2, della direttiva medesima, sia subordinato alla
condizione che la previa offerta di credito rechi menzione del bene o
della prestazione di servizi finanziati.
Sulla seconda questione
Sulla ricevibilità
51 La Franfinance fa valere che la seconda questione sottoposta, che non
è utile ai fini della soluzione della controversia di cui alla causa
principale, è irricevibile. Il giudice del rinvio, infatti, non avrebbe
necessità di sollevare d’ufficio la questione dell’interdipendenza
sussistente tra il contratto principale ed il contratto di credito,
poiché tale questione è stata direttamente sollevata dai coniugi Rampion,
avendo essi domandato al giudice del rinvio di dichiarare la nullità del
contratto di vendita e, «di conseguenza», la risoluzione del contratto
accessorio di finanziamento.
52 Il governo francese ha sostenuto, all’udienza, che i coniugi Rampion
hanno chiesto al giudice del rinvio che il contratto di vendita fosse
dichiarato nullo, con conseguente risoluzione del contratto di credito,
invocando diversi motivi, senza peraltro far valere la sussistenza di
un’interdipendenza tra i due contratti in esame. Il giudice del rinvio,
se tuttavia si è interrogato in ordine a tale punto, non lo ha realmente
fatto d’ufficio, dal momento che, nelle loro rispettive difese, sia la K
par K sia la Franfinance avrebbero fatto valere che, in assenza di
menzione del bene venduto sull’offerta di credito, il contratto di
credito non costituiva un contratto di credito vincolato.
53 La Commissione ha rilevato, all’udienza, che nella causa principale
non risulta con certezza che il giudice del rinvio sia stato indotto a
sollevare d’ufficio la questione relativa a tale interdipendenza.
Infatti, chiedendo conseguentemente alla nullità del contratto di
vendita la risoluzione del contratto di credito, gli stessi coniugi
Rampion si sarebbero fondati sull’interdipendenza sussistente tra i due
detti contratti. Inoltre, alla luce degli argomenti svolti in difesa
della K par K e della Franfinance nella causa principale, si potrebbe
porre la questione se il giudice del rinvio non fosse stato già adito
con riguardo al motivo attinente a tale interdipendenza.
54 Occorre ricordare che, secondo la giurisprudenza citata al precedente
punto 24, il rigetto, da parte della Corte, di una domanda proposta da
un giudice nazionale è possibile soltanto qualora appaia in modo
manifesto che l’interpretazione del diritto comunitario richiesta non ha
alcun rapporto con l’effettività o l’oggetto della causa principale,
qualora la questione sia di tipo ipotetico o, ancora, qualora la Corte
non disponga degli elementi di fatto e di diritto necessari per
rispondere in modo utile alle questioni che le sono sottoposte.
55 Orbene, nei motivi della sua decisione attinenti alla seconda
questione sottoposta, il giudice del rinvio rileva esplicitamente che le
disposizioni di cui agli artt. L. 311‑20 e L. 311‑21 del Code de la
consommation non sono state fatte valere dai coniugi Rampion. Ciò
premesso, non appare in modo manifesto che tale questione, relativa alla
possibilità, per il giudice, di applicare d’ufficio tali disposizioni di
diritto nazionale, non abbia alcun rapporto con l’effettività o
l’oggetto della causa principale o che la questione posta sia di tipo
ipotetico.
56 La seconda questione sottoposta, pertanto, dev’essere ritenuta
ricevibile.
Sul merito
57 Con la sua seconda questione il giudice del rinvio chiede, in
sostanza, se la direttiva 87/102 debba essere interpretata nel senso che
essa consente al giudice nazionale di applicare d’ufficio le
disposizioni che traspongono nel diritto nazionale il suo art. 11, n. 2,
in particolare in considerazione del fatto che tale direttiva ha una
finalità più ampia della mera tutela del consumatore, che si estende
all’organizzazione del mercato.
58 La questione relativa alla finalità della direttiva 87/102 si pone
nel contesto specifico della giurisprudenza della Cour de cassation
(Francia) che opera, come emerge dalla decisione di rinvio e, in
particolare, dalle osservazioni del governo francese, una distinzione
tra le norme di «ordre public de direction» (ordine pubblico di
direzione) - adottate nell’interesse generale e rilevabili d’ufficio dal
giudice - e quelle di «ordre public de protection» (ordine pubblico di
protezione), adottate nell’interesse di una categoria di soggetti e di
cui possono avvalersi solo i soggetti appartenenti a tale categoria. La
disciplina del credito al consumo sarebbe ricompresa tra queste ultime
norme.
59 Orbene, la Corte ha più volte rilevato che, come emerge dai suoi
‘considerando’, la direttiva 87/102 è stata adottata al duplice scopo di
assicurare, da un canto, la realizzazione di un mercato comune del
credito al consumo (terzo-quinto ‘considerando’) e, d’altro canto, di
proteggere i consumatori che ottengono tali crediti (sesto, settimo e
nono ‘considerando’) (sentenze 23 marzo 2000, causa C‑208/98, Berliner
Kindl Brauerei, Racc. pag. I‑1741, punto 20, e 4 marzo 2004, causa
C‑264/02, Cofinoga, Racc. pag. I‑2157, punto 25).
60 Del resto, il giudice del rinvio chiede se la giurisprudenza della
Corte relativa alla possibilità, per il giudice, di rilevare d’ufficio
le disposizioni di cui alla direttiva del Consiglio 5 aprile 1993,
93/13/CEE, concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i
consumatori (GU L 95, pag. 29), quale risulta, in particolare, dalle
sentenze 27 giugno 2000, cause riunite da C‑240/98 a C‑244/98, Océano
Grupo Editorial e Salvat Editores (Racc. pag. I‑4941), e 21 novembre
2002, causa C‑473/00, Cofidis (Racc. pag. I‑10875), sia trasponibile
alla direttiva 87/102.
61 Al punto 26 della menzionata sentenza Océano Grupo Editorial e Salvat
Editores, la Corte ha dichiarato che l’obiettivo perseguito dall’art. 6
della direttiva 93/13, che obbliga gli Stati membri a prevedere che le
clausole abusive non vincolino i consumatori, non potrebbe essere
conseguito se questi ultimi fossero tenuti a eccepire essi stessi
l’illiceità di tali clausole. In controversie di valore spesso limitato,
gli onorari dei legali possono essere superiori agli interessi in gioco,
il che può dissuadere il consumatore dall’opporsi all’applicazione di
una clausola abusiva. Sebbene in controversie del genere le norme
processuali di molti Stati membri consentano ai singoli di difendersi da
soli, esiste un rischio non trascurabile che, soprattutto per ignoranza,
il consumatore non faccia valere l’illiceità della clausola oppostagli.
Ne discende che una tutela effettiva del consumatore può essere ottenuta
solo se il giudice nazionale ha facoltà di valutare d’ufficio tale
clausola.
62 Richiamandosi a tale punto della menzionata sentenza Océano Grupo
Editorial e Salvat Editores, la Corte, al punto 33 della sentenza
Cofidis, citata, ha confermato che la facoltà così riconosciuta al
giudice di valutare d’ufficio il carattere abusivo di una clausola è
stata ritenuta necessaria per garantire al consumatore una tutela
effettiva, tenuto conto in particolare del rischio non trascurabile che
questi ignori i suoi diritti o incontri difficoltà per esercitarli (v.,
del pari, sentenza 26 ottobre 2006, causa C‑168/05, Mostaza Claro, Racc.
pag. I‑10421, punto 28).
63 Come hanno fatto valere i governi spagnolo e italiano, nonché la
Commissione, e come osservato dall’avvocato generale ai paragrafi 102 e
seguenti delle sue conclusioni, tali rilievi sono parimenti validi con
riguardo alla tutela dei consumatori prevista dall’art. 11, n. 2, della
direttiva 87/102.
64 A tal riguardo, occorre ricordare che il detto art. 11, n. 2, pur
perseguendo la duplice finalità richiamata al precedente punto 59, è
volto a conferire al consumatore, in circostanze ben definite, taluni
diritti nei confronti del creditore che si aggiungono ai suoi normali
diritti contrattuali nei riguardi di questo e del fornitore di beni o
servizi (v. supra, punto 42).
65 Tale finalità non potrebbe essere effettivamente perseguita se il
consumatore stesso fosse costretto a far valere il proprio diritto di
agire in giudizio, di cui gode nei confronti del creditore in forza
delle disposizioni del diritto nazionale che traspongono l’art. 11, n.
2, della direttiva 87/102, in particolare in ragione del rischio non
trascurabile che il consumatore ignori i suoi diritti o incontri
difficoltà per esercitarli. Come ha rilevato l’avvocato generale al
paragrafo 107 delle sue conclusioni, il fatto che la causa principale è
stata attivata dai coniugi Rampion e che essi vi sono rappresentati da
un avvocato non giustifica una conclusione diversa, dal momento che il
problema va risolto facendo astrazione dalle circostanze concrete del
singolo procedimento.
66 La Franfinance, tuttavia, fa valere che la seconda questione
sottoposta, in realtà, è volta a consentire che venga irrogata d’ufficio
la sanzione prevista dal diritto francese nell’ipotesi in cui non
ricorrano talune menzioni che, secondo tale diritto, devono ricorrere
nella previa offerta relativa ad un credito vincolato, vale a dire la
decadenza del creditore dal proprio diritto agli interessi. Orbene, si
tratterebbe di una vera e propria «sanzione privata», che non potrebbe
mai essere irrogata d’ufficio senza violare il principio dispositivo e
il diritto all’equo processo, sancito dall’art. 6 della Convenzione
europea di salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà
fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950.
67 Nello stesso senso, il governo francese ha rilevato, all’udienza,
richiamandosi alla sentenza 14 dicembre 1995, cause riunite C‑430/93 e
C‑431/93, van Schijndel e van Veen (Racc. pag. I‑4705), che se un
consumatore non invoca dinanzi al giudice la decadenza degli interessi
che deve al creditore, tale giudice non può sollevare d’ufficio
l’assenza di menzione, nella offerta previa di credito, del bene o del
servizio finanziati, senza decidere ultra petita.
68 A tal riguardo, occorre rilevare che la seconda questione sottoposta
riguarda esclusivamente, come emerge dai precedenti punti 55 e 57,
l’art. 11, n. 2, della direttiva 87/102 nonché le disposizioni che ne
garantiscono la trasposizione nel diritto interno, nella specie, secondo
il giudice del rinvio, gli artt. L. 311-20 e L. 311‑21 del Code de la
consommation. Nella decisione del giudice del rinvio non risulta, in
alcun modo, un’eventuale sanzione consistente nella decadenza del
creditore dal proprio diritto agli interessi. Né si è sostenuto dinanzi
alla Corte che tali disposizioni del Code de la consommation prevedano
una sanzione siffatta. Così, gli argomenti ripresi al punto precedente
non sono pertinenti nel contesto della presente analisi, che non
comprende la questione se il giudice nazionale possa pronunciare
d’ufficio una sanzione come quella fatta valere dalla Franfinance.
69 Pertanto, la seconda questione sottoposta va risolta dichiarando che
la direttiva 87/102 dev’essere interpretata nel senso che consente al
giudice nazionale di applicare d’ufficio le disposizioni che traspongono
nel diritto interno il suo art. 11, n. 2.
Sulle spese
70 Nei confronti delle parti nella causa principale il presente
procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice
nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da
altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar
luogo a rifusione.
Per questi motivi, la Corte (Prima Sezione) dichiara:
1) Gli artt. 11 e 14 della direttiva del Consiglio 22 dicembre 1986,
87/102/CEE, relativa al ravvicinamento delle disposizioni legislative,
regolamentari e amministrative degli Stati membri in materia di credito
al consumo, come modificata dalla direttiva del Parlamento europeo e del
Consiglio 16 febbraio 1998, 98/7/CE, devono essere interpretati nel
senso che ostano a che il diritto del consumatore di procedere contro il
creditore, previsto dall’art. 11, n. 2, della direttiva medesima, come
modificata, sia subordinato alla condizione che la previa offerta di
credito rechi menzione del bene o della prestazione di servizi
finanziati.
2) La direttiva 87/102, come modificata dalla direttiva 98/7, dev’essere
interpretata nel senso che consente al giudice nazionale di applicare
d’ufficio le disposizioni che traspongono nel diritto interno il suo
art. 11, n. 2.
Firme
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