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CORTE DI
GIUSTIZIA DELLE COMUNITA' EUROPEE, Tribunale Sez. III, 13/09/2007, Sentenza
C‑439/05 P e C‑454/05 P
AGRICOLTURA - Deliberata emissione nell'ambiente di organismi
geneticamente modificati - Art. 95, n. 5, CE - Disposizioni nazionali che
derogano a una misura di armonizzazione giustificate da nuove prove
scientifiche nonché da uno specifico problema di uno Stato membro -
Principio del contraddittorio - Ricorso contro una pronuncia del Tribunale
di primo grado - Direttiva 2001/18/CE - Decisione 2003/653/CE. Sono
respinti i ricorsi diretti all'annullamento della decisione della
Commissione 2 settembre 2003, 2003/653/CE, relativa alle disposizioni
nazionali sul divieto di impiego di organismi geneticamente modificati
nell'Austria Superiore, notificate dalla Repubblica d'Austria a norma
dell'articolo 95, paragrafo 5, del Trattato CE. CORTE DI GIUSTIZIA DELLE
COMUNITA' EUROPEE, Tribunale Sez. III, 13/09/2007, Sentenza C‑439/05 P e
C‑454/05 P
www.AmbienteDiritto.it
CORTE DI GIUSTIZIA
delle Comunità Europee,
SENTENZA DELLA CORTE (Terza Sezione)
13 settembre 2007 (*)
«Ricorso contro una pronuncia del Tribunale di primo grado -
Direttiva 2001/18/CE - Decisione 2003/653/CE - Deliberata emissione
nell'ambiente di organismi geneticamente modificati - Art. 95, n. 5, CE
- Disposizioni nazionali che derogano a una misura di armonizzazione
giustificate da nuove prove scientifiche nonché da uno specifico
problema di uno Stato membro - Principio del contraddittorio»
Nelle cause riunite C‑439/05 P e C‑454/05 P,
aventi ad oggetto due ricorsi contro una pronuncia del Tribunale di
primo grado, proposti a norma dell'art. 56 dello Statuto della Corte di
giustizia, rispettivamente, in data 7 e 16 dicembre 2005,
Land Oberösterreich, rappresentato dal sig. G. Hörmanseder, in qualità
di agente, assistito dall'avv. F. Mittendorfer, Rechtsanwalt,
Repubblica d'Austria, rappresentata dal sig. H. Dossi e dalla sig.ra A. Hable, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo,
ricorrenti,
procedimento in cui l'altra parte è:
Commissione delle Comunità europee, rappresentata dal sig. U. Wölker e
dalla sig.ra M. Patakia, in qualità di agenti, con domicilio eletto in
Lussemburgo,
convenuta in primo grado,
LA CORTE (Terza Sezione),
composta dal sig. A. Rosas, presidente di sezione, dai sigg. J. Klučka
(relatore), J.N. Cunha Rodrigues, U. Lõhmus e A. Ó Caoimh, giudici,
avvocato generale: sig.ra E. Sharpston
cancelliere: sig. B. Fülöp, amministratore
vista la fase scritta del procedimento e in seguito alla trattazione
orale del 24 gennaio 2007,
sentite le conclusioni dell'avvocato generale, presentate all'udienza
del 15 maggio 2007,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
1 Con i presenti ricorsi, il Land Oberösterreich e la Repubblica
d'Austria chiedono l'annullamento della sentenza del Tribunale di primo
grado delle Comunità europee 5 ottobre 2005, cause riunite T‑366/03 e
T‑235/04, Land Oberösterreich e Repubblica d'Austria/Commissione (Racc.
pag. II‑4005; in prosieguo: la «sentenza impugnata»), con cui sono stati
respinti i loro ricorsi diretti all'annullamento della decisione della
Commissione 2 settembre 2003, 2003/653/CE, relativa alle disposizioni
nazionali sul divieto di impiego di organismi geneticamente modificati
nell'Austria Superiore, notificate dalla Repubblica d'Austria a norma
dell'articolo 95, paragrafo 5, del Trattato CE (GU L 230, pag. 34; in
prosieguo: la «decisione controversa»).
Il contesto normativo
2 Il trattato di Amsterdam, entrato in vigore il 1° maggio 1999, ha
modificato sostanzialmente l'art. 100 A del Trattato CE attribuendogli
la nuova numerazione di art. 95 CE. L'art. 95, nn. 4‑6, così recita:
«4. Allorché, dopo l'adozione da parte del Consiglio o della Commissione
di una misura di armonizzazione, uno Stato membro ritenga necessario
mantenere disposizioni nazionali giustificate da esigenze importanti di
cui all'articolo 30 o relative alla protezione dell'ambiente o
dell'ambiente di lavoro, esso notifica tali disposizioni alla
Commissione precisando i motivi del mantenimento delle stesse.
5. Inoltre, fatto salvo il paragrafo 4, allorché, dopo l'adozione da
parte del Consiglio o della Commissione di una misura di armonizzazione,
uno Stato membro ritenga necessario introdurre disposizioni nazionali
fondate su nuove prove scientifiche inerenti alla protezione
dell'ambiente o dell'ambiente di lavoro, giustificate da un problema
specifico a detto Stato membro insorto dopo l'adozione della misura di
armonizzazione, esso notifica le disposizioni previste alla Commissione
precisando i motivi dell'introduzione delle stesse.
6. La Commissione, entro sei mesi dalle notifiche di cui ai paragrafi 4
e 5, approva o respinge le disposizioni nazionali in questione dopo aver
verificato se esse costituiscano o no uno strumento di discriminazione
arbitraria o una restrizione dissimulata nel commercio tra gli Stati
membri e se rappresentino o no un ostacolo al funzionamento del mercato
interno.
In mancanza di decisione della Commissione entro detto periodo, le
disposizioni nazionali di cui ai paragrafi 4 e 5 sono considerate
approvate.
Se giustificato dalla complessità della questione e in assenza di
pericolo per la salute umana, la Commissione può notificare allo Stato
membro interessato che il periodo di cui al presente paragrafo può
essere prolungato per un ulteriore periodo di massimo sei mesi».
3 La direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 12 marzo 2001,
2001/18/CE, sull'emissione deliberata nell'ambiente di organismi
geneticamente modificati e che abroga la direttiva 90/220/CEE (GU L 106,
pag. 1), è stata emanata sulla base dell'art. 95 CE. Essa mira, a
termini del suo art. 1, al ravvicinamento delle disposizioni
legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri e alla
tutela della salute umana e dell'ambiente, da un lato, quando vengono
deliberatamente emessi nell'ambiente organismi geneticamente modificati
(in prosieguo: gli «OGM») a scopo diverso dall'immissione in commercio
all'interno della Comunità europea e, dall'altro, quando vengono immessi
in commercio all'interno della Comunità OGM come tali o contenuti in
prodotti.
4 La detta direttiva istituisce un regime di notificazioni e di
autorizzazioni, precedute, a termini dell'art. 4, n. 3, della medesima,
da una valutazione, caso per caso, dei potenziali effetti negativi, sia
diretti che indiretti, sulla salute umana e sull'ambiente, eventualmente
provocati dal trasferimento di un gene dall'OGM ad un altro organismo.
5 Le autorizzazioni concesse, anteriormente al 17 ottobre 2002, sulla
base della direttiva del Consiglio 23 aprile 1990, 90/220/CE,
sull'emissione deliberata nell'ambiente di organismi geneticamente
modificati (GU L 117, pag. 15), ai fini dell'immissione in commercio di
OGM come tali o contenuti in prodotti possono essere rinnovate, prima
del 17 ottobre 2006, in base alla procedura semplificata di cui all'art.
17, nn. 2‑9, della direttiva 2001/18.
Fatti
6 Il 13 marzo 2003 la Repubblica d'Austria notificava alla Commissione
un progetto di legge del 2002 del Land Oberösterreich sul divieto di
utilizzo delle tecniche di ingegneria genetica (Oberösterreichisches
Gentechnik-Verbotsgesetz; in prosieguo: la «misura notificata»). Tale
progetto di legge mirava a vietare la coltivazione di sementi e di
materiale di propagazione contenenti OGM o costituiti da essi nonché la
riproduzione e l'emissione nell'ambiente di animali transgenici a fini
di caccia o pesca. La notifica era volta alla concessione di una deroga
ex art. 95, n. 5, CE alle disposizioni della direttiva 2001/18. Essa si
fondava su una relazione intitolata «GVO-freie Bewirtschaftungsgebiete:
Konzeption und Analyse von Szenarien und Umsetzungsschritten» (Zone
agricole esenti da OGM: concezione e analisi degli scenari e delle fasi
di realizzazione), redatta dal sig. W. Müller (in prosieguo: la
«relazione Müller»).
7 L'autorità europea per la sicurezza alimentare (in prosieguo: l'«EFSA»),
cui la Commissione aveva chiesto di esaminare il carattere probatorio
degli elementi scientifici prodotti dalla Repubblica d'Austria, emanava
in data 4 luglio 2003 un parere nel quale giungeva alla conclusione,
sostanzialmente, che tali elementi non racchiudevano alcuna nuova prova
scientifica idonea a giustificare il divieto di OGM nel Land
Oberösterreich.
8 Ciò premesso, la Commissione emanava la decisione controversa, ai
sensi della quale la Repubblica d'Austria non ha fornito nuove prove
scientifiche né ha dimostrato che, nel Land Oberösterreich, si fosse
posto un problema specifico, sorto successivamente all'adozione della
direttiva 2001/18, che rendesse necessaria l'introduzione della misura
notificata. Ritenendo non soddisfatti i requisiti prescritti dall'art.
95, n. 5, CE, la Commissione respingeva la domanda di deroga presentata
dalla Repubblica d'Austria.
Il procedimento dinanzi al Tribunale e la sentenza impugnata
9 Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale
il 3 novembre 2003, il Land Oberösterreich proponeva ricorso diretto
all'annullamento della decisione controversa. Tale ricorso veniva
registrato con il numero di ruolo T‑366/03.
10 Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria della Corte il
13 novembre seguente, la Repubblica d'Austria proponeva ricorso
parimenti diretto all'annullamento della decisione controversa. Tale
ricorso veniva registrato con il numero di ruolo C‑492/03.
11 Con ordinanza della Corte 8 giugno 2004, la causa C‑492/03 veniva
rinviata dinanzi al Tribunale, presso il quale veniva registrata con il
numero di ruolo T‑235/04.
12 Con decisione del presidente della Quarta Sezione del Tribunale 22
febbraio 2005, sentite le parti, le cause T‑366/03 e T‑235/04 venivano
riunite ai fini della fase orale e della sentenza, conformemente
all'art. 50 del regolamento di procedura del Tribunale.
13 Con la sentenza impugnata il Tribunale ha, in primo luogo,
considerato ricevibile il ricorso proposto dal Land Oberösterreich,
ritenendo che il detto Land fosse individualmente interessato dalla
decisione controversa, atteso che questa pregiudicava un atto che
promanava dal Land stesso, impedendo al medesimo di esercitare a sua
discrezione le competenze proprie attribuitegli dall'ordinamento
costituzionale austriaco. Il Tribunale affermava parimenti che il Land
Oberösterreich era direttamente interessato dalla decisione controversa,
sulla base del rilievo che, sebbene la decisione stessa fosse stata
indirizzata alla Repubblica d'Austria, lo Stato membro medesimo non
aveva esercitato alcun potere discrezionale al momento della sua
comunicazione al Land medesimo.
14 In secondo luogo, il Tribunale respingeva i quattro motivi dedotti
dai ricorrenti sulla base del seguente ragionamento.
15 Quanto al primo motivo, relativo alla violazione del principio del
contraddittorio, il Tribunale ha ritenuto, segnatamente, che il
ragionamento accolto dalla Corte nella sentenza 20 marzo 2003, causa
C‑3/00, Danimarca/Commissione (Racc. pag. I‑2643), per giustificare la
mancata applicazione del principio del contraddittorio alla procedura
prevista dall'art. 95, n. 4, CE, potesse essere trasposto alla procedura
di cui al n. 5 del medesimo articolo. Il Tribunale ha affermato che
quest'ultima procedura è parimenti applicabile alla domanda di uno Stato
membro diretta all'approvazione di disposizioni nazionali di deroga a
una misura di armonizzazione adottata a livello comunitario. Il
Tribunale ha aggiunto che le due procedure previste all'art. 95, nn. 4 e
5, CE vengono avviate dallo Stato membro notificante, che ha libertà di
esprimersi sulla decisione di cui richieda l'adozione, e che le
procedure medesime devono essere concluse rapidamente, nell'interesse
sia dello Stato membro notificante sia del buon funzionamento del
mercato interno.
16 Ai punti 41‑44 della sentenza impugnata, il Tribunale ha precisato
quanto segue:
«41 Contrariamente a quanto sostenuto dai ricorrenti, il fatto che la
procedura di cui all'art. 95, n. 5, CE riguardi misure nazionali ancora
allo stadio di progetto non consente di differenziarla dalla procedura
prevista dal n. 4 dello stesso articolo al punto di considerare ad essa
applicabile il principio del contraddittorio. Al riguardo, i ricorrenti
non possono validamente sostenere che le esigenze imperative di celerità
sarebbero minori nel caso di esame di una misura nazionale non ancora
entrata in vigore, dimodoché la Commissione possa agevolmente prorogare
il termine di sei mesi previsto dall'art. 95, n. 6, CE al fine di
procedere ad un contraddittorio.
42 Innanzi tutto, tale argomento contrasta con la lettera dell'art. 95,
n. 6, CE. Da un lato, questo si applica indistintamente alle domande di
deroga relative a misure nazionali vigenti, previste dall'art. 95, n. 4,
CE, e alle domande relative a misure allo stadio di progetto, alle quali
si applica l'art. 95, n. 5, CE. Dall'altro, la facoltà di prorogare il
termine semestrale per la decisione previsto dal n. 3 di tale
disposizione può essere esercitata dalla Commissione solo se richiesto
dalla complessità della questione sottoposta e in assenza di pericolo
per la salute umana. Risulta quindi che l'art. 95, n. 6, terzo comma, CE
non consente alla Commissione di prorogare il termine semestrale per la
decisione al solo scopo di poter sentire lo Stato membro che l'ha
investita di una domanda di deroga ai sensi dell'art. 95, n. 5, CE.
43 In secondo luogo, l'argomento dei ricorrenti non è conforme alla ratio dell'art. 95, n. 5, CE. La circostanza che tale disposizione
riguardi una misura nazionale non ancora in vigore non diminuisce
l'interesse a che la Commissione statuisca rapidamente sulla domanda di
deroga di cui è stata investita. Infatti, la rapida conclusione di tale
procedimento è stata voluta dagli autori del Trattato al fine di
tutelare l'interesse dello Stato membro richiedente all'individuazione
delle norme ad esso applicabili nonché nell'interesse del buon
funzionamento del mercato interno.
44 Relativamente a quest'ultimo punto, occorre sottolineare che, per
evitare di pregiudicare il carattere vincolante e l'applicazione
uniforme del diritto comunitario, le procedure di cui all'art. 95, nn. 4
e 5, CE sono entrambe intese a garantire che nessuno Stato membro
applichi una normativa nazionale che deroga alle regole armonizzate
senza avere ottenuto la previa autorizzazione della Commissione. Ora, da
tale punto di vista, il regime applicabile alle misure nazionali
notificate ai sensi dell'art. 95, n. 4, CE non si differenzia
significativamente da quello applicabile alle misure nazionali ancora
allo stadio di progetto e notificate ai sensi dell'art. 95, n. 5, CE. In
entrambe le procedure, infatti, le misure in questione sono
inapplicabili fintantoché la Commissione non ha adottato la sua
decisione relativamente alla concessione di una deroga. Nell'ambito
dell'art. 95, n. 5, CE, tale situazione deriva dalla natura stessa delle
misure di cui trattasi, ancora allo stadio di progetto. Per quanto
riguarda l'art. 95, n. 4, CE, tale situazione deriva dall'oggetto della
procedura da esso prevista. Infatti, la Corte ha ricordato che le misure
relative al ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari
e amministrative degli Stati membri finalizzate all'instaurazione e al
funzionamento del mercato interno verrebbero rese inoperanti se gli
Stati membri conservassero la facoltà di applicare unilateralmente una
disciplina nazionale derogatoria. Pertanto, uno Stato membro è
autorizzato ad applicare le disposizioni nazionali notificate ai sensi
dell'art. 95, n. 4, CE solo dopo aver ottenuto una decisione di
approvazione da parte della Commissione (v., per analogia con la
procedura di cui all'art. 100 A, n. 4, del Trattato CE, sentenze della
Corte 17 maggio 1994, causa C‑41/93, Francia/Commissione, Racc. pag.
I‑1829, punti 29 e 30, e 1º giugno 1999, causa C‑319/97, Kortas, Racc.
pag. I‑3143, punto 28)».
17 Per quanto attiene al secondo motivo, relativo alla violazione
dell'obbligo di motivazione, il Tribunale ha rilevato, in particolare,
che la Commissione aveva sviluppato il proprio ragionamento in maniera
particolareggiata e circostanziata, consentendo al destinatario della
decisione controversa di prendere conoscenza della sua motivazione in
fatto e in diritto e al Tribunale di esercitare il suo sindacato di
legittimità.
18 A tal riguardo, al punto 56 della sentenza impugnata, il Tribunale ha
aggiunto quanto segue:
«56 Infatti, la Commissione si è fondata su tre elementi principali per
respingere la domanda della Repubblica d'Austria. Innanzi tutto, essa ha
dichiarato che tale Stato membro non aveva dimostrato che la misura
notificata era giustificata alla luce di nuove prove scientifiche
inerenti alla protezione dell'ambiente (‘considerando' 63-68 della
decisione [controversa]). Inoltre, la Commissione ha ritenuto che la
misura notificata non fosse giustificata da un problema specifico alla
Repubblica d'Austria (‘considerando' 70 e 71 della decisione
[controversa]. Infine, la Commissione ha respinto le argomentazioni
delle autorità austriache dirette a giustificare le misure nazionali
tramite il ricorso al principio di precauzione, ritenendole troppo
generiche e prive di consistenza (‘considerando' 72 e 73 della decisione
[controversa])».
19 Per quanto attiene al terzo motivo, relativo alla violazione
dell'art. 95, n. 5, CE, ai punti 65‑67 della sentenza impugnata il
Tribunale ha affermato quanto segue:
«65 Nella decisione [controversa], la Commissione ha respinto gli
argomenti addotti dalla Repubblica d'Austria diretti a provare
l'esistenza di un problema specifico, ai sensi dell'art. 95, n. 5, CE,
in quanto dalla notifica emergeva chiaramente che le piccole dimensioni
delle aziende agricole, lungi dall'essere specifiche al Land
Oberösterreich, erano una caratteristica comune, presente in tutti gli
Stati membri. La Commissione ha anche fatto proprie le conclusioni dell'AESA,
in particolare quelle secondo cui, da un lato, “le prove scientifiche
presentate non contengono informazioni scientifiche nuove o di carattere
specificamente locale riguardanti l'impatto sull'ambiente o sulla salute
umana di colture o animali geneticamente modificati già esistenti o che
potranno esistere in futuro”, e, dall'altro, non sono state fornite
“prove scientifiche che dimostrino che questa zona dell'Austria
[presentasse] ecosistemi particolari o eccezionali, tali da richiedere
un'apposita valutazione dei rischi, distinta da quella effettuata per
l'Austria nel suo insieme o per altre analoghe regioni europee”
(‘considerando' 70 e 71 della decisione [controversa]).
66 È giocoforza constatare che i ricorrenti non hanno prodotto elementi
probatori che consentano di dubitare della fondatezza di tali
valutazioni relative all'esistenza di un problema specifico, ma si sono
limitati a sottolineare le piccoli dimensioni delle aziende agricole e
l'importanza dell'agricoltura biologica nel Land Oberösterreich.
67 In particolare, i ricorrenti non hanno addotto elementi diretti a
confutare le conclusioni dell'AESA secondo le quali la Repubblica
d'Austria non ha provato che il territorio del Land Oberösterreich
contiene ecosistemi particolari o eccezionali, tali da richiedere
un'apposita valutazione dei rischi, distinta da quella effettuata per
l'Austria nel suo insieme o per altre analoghe regioni europee. I
ricorrenti, invitati in udienza a pronunciarsi sulla portata del
problema posto dagli OGM nel territorio del Land Oberösterreich, non
sono stati neppure in grado di affermare se la presenza di tali
organismi fosse stata quanto meno rilevata. Il Land Oberösterreich ha
precisato che l'adozione della misura notificata era dovuta al timore di
dover subire la presenza di OGM a causa dell'annunciata scadenza di un
accordo in forza del quale gli Stati membri si erano temporaneamente
impegnati a non concedere più autorizzazioni relative a tali organismi.
Tali considerazioni, a causa del loro carattere di ordine generale, non
sono idonee a infirmare le valutazioni concrete figuranti nella
decisione [controversa]».
20 Al successivo punto 69 della sentenza impugnata il Tribunale ha
precisato quanto segue:
«69 Essendo le condizioni previste dall'art. 95, n. 5, CE cumulative,
basta che una sola di esse non sia soddisfatta perché la domanda di
deroga sia respinta (…). Poiché i ricorrenti non sono riusciti a provare
la sussistenza di uno dei presupposti prescritti dall'art. 95, n. 5, CE,
si deve respingere il terzo motivo, senza che occorra statuire sulle
altre censure e sugli ulteriori argomenti».
21 Per quanto attiene al quarto motivo, relativo alla violazione del
principio di precauzione, il Tribunale ha rilevato che tale motivo era
ininfluente, atteso che la Commissione era stata adita con domanda ex
art. 95, n. 5, CE e aveva ritenuto che non sussistessero i requisiti
necessari ai fini dell'applicazione di tale disposizione. Il Tribunale,
avendo rilevato, in esito all'esame del terzo motivo, che la decisione
controversa non era viziata da errori, ha quindi ritenuto, al punto 71
della sentenza impugnata, che la Commissione non potesse che respingere
la domanda di cui era stata investita.
Sulle impugnazioni
22 Con ordinanza del presidente della Corte 29 giugno 2006, i due
ricorsi sono stati riuniti ai fini della fase orale del procedimento e
della sentenza.
23 A sostegno dei ricorsi, il Land Oberösterreich e la Repubblica
d'Austria deducono due motivi di annullamento attinenti,
sostanzialmente, l'uno al mancato rispetto del principio del
contraddittorio e, l'altro, alla violazione dell'art. 95, n. 5, CE.
Sul motivo relativo alla portata del principio del contraddittorio
Argomenti delle parti
24 I ricorrenti contestano al Tribunale di aver ripreso la soluzione
accolta dalla Corte nella sentenza Danimarca/Commissione, cit. supra,
con riguardo all'art. 95, n. 4, CE, secondo la quale non si applica il
principio del contraddittorio, laddove la controversia in esame
riguarderebbe, invece, il n. 5 di tale articolo. Vi sarebbe una
differenza tra una disposizione nazionale per la quale venga richiesta
una deroga ai sensi del n. 4 del detto articolo - disposizione già in
vigore e, quindi, quantomeno potenzialmente, pregiudizievole per il
mercato interno - e quella ancora allo stadio di progetto, per la quale
venga richiesta una deroga ai sensi del successivo n. 5.
25 Da un lato, i ricorrenti osservano che, al punto 44 della sentenza
impugnata, il Tribunale rinvia a una giurisprudenza riguardante l'art.
100 A del Trattato CE. Essi precisano che tale norma non opererava
distinzioni tra il mantenimento di disposizioni nazionali esistenti e
l'adozione di disposizioni nazionali nuove, laddove una siffatta
distinzione viene ormai operata ai nn. 4 e 5 dell'art. 95 CE.
26 I ricorrenti sottolineano, d'altro canto, che la fattispecie
contemplata dall'art. 95, n. 5, CE differisce da quella oggetto del
precedente n. 4, considerato che, trattandosi di una misura nazionale
allo stato di progetto, l'interesse al buon funzionamento del mercato
interno non richiederebbe alcuna rapidità particolare del procedimento,
ragion per cui la Commissione potrebbe agevolmente prorogare il termine
di sei mesi previsto dall'art. 95, n. 6, CE e procedere ad un dibattito
in contraddittorio.
27 La Commissione replica che, con il rinvio alla giurisprudenza
indicata al punto 44 della sentenza impugnata, il Tribunale ha solamente
richiamato un aspetto di tale giurisprudenza, riguardante i nn. 4 e 5
dell'art. 95 CE, vale a dire che, nei due casi ivi contemplati, uno
Stato membro non può derogare a una misura di armonizzazione senza
previa autorizzazione della Commissione. Inoltre, la Commissione ritiene
che, anche quando una legge non abbia oltrepassato lo stadio di
progetto, possa sussistere un interesse a che un chiarimento intervenga
il più rapidamente possibile.
Giudizio della Corte
28 A termini dell'art. 95 CE, successivamente all'adozione di misure di
ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri, questi hanno
l'obbligo di notificare alla Commissione le disposizioni nazionali
derogatorie alle misure medesime ai fini della loro approvazione. Il n.
4 del detto articolo contempla l'ipotesi del mantenimento di
disposizioni nazionali preesistenti alle misure di armonizzazione e il
successivo n. 5, l'ipotesi di disposizioni nazionali derogatorie che lo
Stato membro intenda adottare.
29 Le procedure previste al detto articolo s'iniziano con la notifica da
parte dello Stato membro alla Commissione delle disposizioni nazionali
derogatorie, continuano con una fase nel corso della quale la
Commissione procede ad una valutazione degli elementi del fascicolo
destinata ad accertare se siano soddisfatte le condizioni richieste e si
concludono con la decisione finale che autorizza o vieta le dette
disposizioni nazionali. La Commissione ha il compito di decidere solo
dopo aver verificato che le disposizioni nazionali non costituiscano uno
strumento di discriminazione arbitraria o una restrizione dissimulata
del commercio tra Stati membri (v. sentenza 21 gennaio 2003, causa
C‑512/99, Germania/Commissione, Racc. pag. I‑845, punto 44).
30 Inoltre, dalla giurisprudenza della Corte emerge che, alla luce delle
specificità della procedura prevista dall'art. 95, n. 4, CE, il
principio del contraddittorio non si applica alla medesima (v. sentenza
Danimarca/Commissione, cit. punto 50).
31 Per quanto attiene alla procedura prevista al n. 5 del medesimo
articolo, l'introduzione di disposizioni nazionali nuove deve essere
fondata su nuove prove scientifiche inerenti alla protezione
dell'ambiente o dell'ambiente di lavoro, giustificate da un problema
specifico a detto Stato membro sorto dopo l'adozione della misura di
armonizzazione (v., in tal senso, sentenza Danimarca/Commissione, cit.,
punto 57).
32 L'esigenza di apportare nuove prove scientifiche a sostegno della
domanda può conseguentemente indurre la Commissione, nell'ambito della
valutazione della fondatezza della domanda stessa, a ricorrere a periti
esterni al fine di raccogliere il loro parere in ordine a tali prove,
parere che costituirà il fondamento della decisione finale.
33 In tal senso, la Commissione stessa ha riconosciuto di non essere
stata in grado, nella specie, di procedere da sola alla valutazione
degli elementi scientifici contenuti nella relazione Müller e ha fatto
presente di aver dovuto conseguentemente richiede un parere all'EFSA
prima di poter decidere ai sensi dell'art. 95, n. 5, CE.
34 Orbene, occorre verificare se, in un caso di tal genere, il principio
del contraddittorio avrebbe dovuto essere applicato, come sostengono i
ricorrenti, ovvero se, come affermato nella citata sentenza
Danimarca/Commissione, con riguardo all'art. 95, n. 4, CE, il principio
del contraddittorio non trovasse applicazione.
35 A tal proposito, il principio del contraddittorio, di cui la Corte
garantisce il rispetto, impone all'autorità pubblica di sentire gli
interessati prima dell'adozione di una decisione che li riguarda
(sentenze 10 luglio 2001, causa C-315/99 P, Ismeri Europa/Corte dei
conti, Racc. pag. I-5281, punto 28, e Danimarca Commissione, cit., punto
45).
36 Secondo la giurisprudenza della Corte, il principio del rispetto del
diritto di difesa, al quale il principio del contraddittorio è
strettamente connesso, si applica non soltanto agli amministrati, ma
anche agli Stati membri. Per quanto riguarda questi ultimi, il detto
principio è stato riconosciuto nell'ambito di procedimenti avviati da
un'istituzione comunitaria avverso lo Stato membro interessato (v.,
segnatamente, sentenza Danimarca/Commissione, cit., punto 46). È stato
affermato che il rispetto del diritto di difesa, in qualsiasi
procedimento promosso nei confronti di una persona e che possa sfociare
in un atto per essa lesivo, costituisce un principio fondamentale del
diritto comunitario e dev'essere garantito anche in mancanza di una
specifica normativa (v., segnatamente, sentenze 12 febbraio 1992, cause
riunite C‑48/90 e C‑66/90, Paesi Bassi e a./Commissione, Racc. pag.
I‑565, punto 44; 5 ottobre 2000, causa C‑288/96, Germania/Commissione,
Racc. pag. I‑8237, punto 99, e 9 giugno 2005, causa C‑287/02,
Spagna/Commissione, Racc. pag. I‑5093, punto 37).
37 Tuttavia, dal tenore dell'art. 95, n. 5, CE non emerge, anzitutto,
che la Commissione sia tenuta a sentire lo Stato membro notificante
prima di decidere in merito all'approvazione o al rigetto delle
disposizioni nazionali di cui trattasi. Alla luce delle peculiarità di
tale procedura, il legislatore comunitario ha solamente indicato,
all'art. 95 CE, i requisiti necessari per ottenere una decisione della
Commissione, i termini entro i quali l'istituzione deve emanare la
propria decisione di approvazione o di rigetto nonché le eventuali
proroghe dei termini.
38 Inoltre, la procedura prevista all'art. 95, n. 5, CE, al pari
d'altronde di quella prevista al precedente n. 4, viene avviata, come
già esposto supra al punto 29, non da un'istituzione comunitaria o
nazionale, bensì da uno Stato membro, ove la decisione della Commissione
viene adottata solamente a fronte di tale iniziativa. Con la sua domanda
lo Stato membro ha piena facoltà di esprimere la propria posizione in
ordine alle disposizioni nazionali di cui chiede l'introduzione, come
emerge espressamente dall'art. 95, n. 5, CE, che obbliga lo Stato membro
a indicare i motivi che giustificano la sua domanda.
39 Inoltre, la Commissione dev'essere in grado, nei termini che le sono
impartiti, di ottenere le informazioni che si rivelino necessarie, senza
essere obbligata a interpellare, prima di adottare la propria decisione,
lo Stato membro notificante (v., per quanto riguarda la procedura
prevista dall'art. 95, n. 4, CE, soggetta agli stessi termini
applicabili alla procedura di cui al n. 5 del medesimo articolo,
sentenza Danimarca/Commissione, cit., punto 48).
40 Si deve sottolineare che, a termini dell'art. 95, n. 6, secondo
comma, CE, in mancanza di decisione della Commissione entro un
determinato termine, le disposizioni nazionali derogatorie si
considerano approvate. Inoltre, ai sensi del successivo terzo comma, la
proroga di tale termine resta esclusa qualora la questione non sia
complessa e in caso di pericolo per la salute umana.
41 Il legislatore del Trattato ha voluto che, tanto nell'interesse dello
Stato membro notificante quanto nell'interesse del buon funzionamento
del mercato interno, la procedura prevista dal detto articolo venga
conclusa rapidamente. Tale obiettivo sarebbe difficilmente conciliabile
con un obbligo di scambio prolungato di tesi e di informazioni.
42 Si deve infine aggiungere che il Tribunale, laddove al punto 44 della
sentenza impugnata ha menzionato la giurisprudenza relativa alla
procedura ex art. 100 A, n. 4, del Trattato CE, ha solamente inteso
porre l'accento sull'esistenza del requisito incombente sullo Stato
membro per poter derogare a una misura di armonizzazione adottata a
livello comunitario, vale a dire l'obbligo di ottenere la previa
approvazione della Commissione. Tale requisito permane nell'ambito delle
disposizioni dell'art. 95, nn. 4 e 5, CE, in quanto grava tanto sullo
Stato membro che notifichi una normativa già in vigore ai sensi
dell'art. 95, n. 4, CE quanto su quello che notifichi un progetto di
legge ai sensi del n. 5 del medesimo articolo. Le misure contemplate
dalle due dette disposizioni sono quindi disciplinate, sotto tale
profilo, dagli stessi principi, come rilevato dall'avvocato generale al
paragrafo 85 delle proprie conclusioni.
43 In definitiva, tenuto conto delle peculiarità della procedura
prevista dall'art. 95, n. 5, CE, delle analogie tra tale procedura e
quella contemplata dal precedente n. 4, nonché dello scopo comune delle
due disposizioni, consistente nel consentire agli Stati membri di
ottenere deroghe alle misure di armonizzazione, non vi è motivo per
accogliere una soluzione differente da quella già accolta con riguardo
all'art. 95, n. 4, CE. Pertanto, la Commissione non è tenuta a
rispettare il principio del contraddittorio prima di adottare la propria
decisione ai sensi dell'art. 95, n. 5, CE (v. in tal senso, per quanto
attiene all'art. 95, n. 4, CE, sentenza Danimarca/Commissione, cit.,
punto 50).
44 Correttamente il Tribunale ha quindi ritenuto che il principio del
contraddittorio non dovesse trovare applicazione alla procedura prevista
dall'art. 95, n. 5, CE.
45 Il motivo relativo al mancato rispetto del principio del
contraddittorio dev'essere conseguentemente respinto.
Sul motivo relativo alla violazione dell'art. 95, n. 5, CE
Argomenti delle parti
46 I ricorrenti deducono, anzitutto, che nella sentenza impugnata non
sarebbe stato esaminato il motivo relativo alla violazione del Trattato
se non sotto il profilo della verifica del requisito attinente alla
sussistenza di un problema specifico e che, conseguentemente, il
Tribunale avrebbe violato il loro diritto di essere sentiti.
47 La Repubblica d'Austria aggiunge che le nuove prove scientifiche
costituiscono un elemento centrale dell'art. 95, n. 5, CE e che, anche
nell'ambito della valutazione del requisito relativo alla sussistenza di
un problema specifico dello Stato membro, la questione della coesistenza
di coltivazioni geneticamente modificate e di coltivazioni naturali,
l'insufficienza della valutazione dei rischi nonché il principio di
precauzione non avrebbero dovuto essere ignorati dal Tribunale. A suo
parere, la Commissione non avrebbe proceduto a un'analisi scientifica
completa dei rischi, né avrebbe tenuto conto del diritto di audizione
né, infine, avrebbe assolto il proprio obbligo di motivazione.
48 I ricorrenti censurano, inoltre, il punto 67 della sentenza impugnata
nella parte in cui fonda l'insussistenza, nella specie, di problemi
specifici ai sensi dell'art. 95, n. 5, CE sul fatto che non sia stata
fornita la prova che sul territorio del Land Oberösterreich fossero
presenti OGM. La sentenza impugnata si porrebbe a tal riguardo in
contraddizione con l'obbligo di attenersi ad un livello di protezione
elevato nell'emanazione, sulla base del detto art. 95, di disposizioni
in materia di salute, di sicurezza, di tutela dell'ambiente e di
protezione dei consumatori.
49 La Repubblica d'Austria aggiunge che, interpretando in modo troppo
restrittivo i requisiti relativi alla sussistenza di un problema
specifico, valutando in misura insufficiente i rischi nonché le nuove
prove scientifiche e non tenendo conto del principio di precauzione, la
Commissione e il Tribunale avrebbero inciso in modo determinante sulla
soluzione della controversia e leso i suoi interessi.
50 La Commissione replica che con la questione se il Tribunale abbia
proceduto a una congrua valutazione della presente controversia si
intende accertare se esso sia incorso in una violazione del diritto
comunitario e non in un'irregolarità procedurale per insufficiente
motivazione.
51 La Commissione precisa che la sussistenza di nuove prove scientifiche
e la protezione dell'ambiente non integrano gli estremi di un problema
specifico bensì sono collocate su un piano di parità con il medesimo,
atteso che tutti i requisiti previsti dall'art. 95, n. 5, CE sono
cumulativi. Pertanto, correttamente il Tribunale avrebbe respinto il
ricorso dopo aver rilevato che il requisito relativo alla sussistenza di
un problema specifico non ricorreva.
52 Per quanto attiene al principio di precauzione, la Commissione
sostiene che, al punto 71 della sentenza impugnata, il Tribunale ha
correttamente esposto le ragioni alla base del rigetto del motivo
relativo alla violazione del detto principio e che la Repubblica
d'Austria non ha contestato tale profilo della sentenza, quanto meno in
termini espliciti e dettagliati.
53 Sempre secondo la Commissione, le considerazioni relative alle sue
pretese omissioni nel procedimento di esame della domanda nonché gli
argomenti afferenti al principio del rispetto del diritto di difesa non
risultano utili ai fini della soluzione della questione se la sentenza
impugnata sia viziata da un errore di diritto. Per quanto attiene al
rispetto del diritto di difesa, l'argomento sviluppato al riguardo
sarebbe irricevibile in quanto non comprovato e, in ogni caso,
manifestamente infondato considerato che il diritto di difesa della
Repubblica d'Austria non sarebbe stato minimamente leso nel corso del
procedimento dinanzi al Tribunale.
54 I ricorrenti deducono, infine, che il vizio procedurale da essi
invocato si fonda su un'erronea valutazione e costituisce pertanto
parimenti un motivo relativo alla violazione del diritto comunitario. A
loro parere, il termine «specifico» non potrebbe essere considerato
sinonimo di «unico». I problemi di cui parla l'art. 95, n. 5, CE
dovrebbero essere intesi quali problemi particolari ma in nessun caso
quali problemi unici, propri ad un solo Stato membro o a una sola
regione. I ricorrenti ritengono che, non interpretando correttamente il
significato del termine «specifico», il Tribunale avrebbe
illegittimamente omesso di esaminare gli altri requisiti fissati
dall'art. 95, n. 5, CE violando conseguentemente il diritto comunitario.
55 La Commissione replica che il Tribunale non era minimamente tenuto a
esaminare in dettaglio il requisito relativo alla sussistenza di un
problema specifico e ritiene che i ricorrenti non abbiano adempiuto
l'onere probatorio loro incombente ai sensi dell'art. 95, n. 5, CE,
considerato che essi si sono limitati a fondare il loro ragionamento
sulle piccole dimensioni delle aziende agricole e sull'importanza
dell'agricoltura biologica. A parere della Commissione, la deroga alla
direttiva 2001/18 è giustificata, nell'ambito di un problema specifico,
dall'esistenza di un ecosistema particolare o eccezionale che renda
necessaria una valutazione dei rischi distinta da quella condotta ai
sensi della direttiva medesima. Orbene, la Commissione rileva che i
ricorrenti non hanno fornito la prova necessaria al riguardo.
Giudizio della Corte
56 Si deve anzitutto rilevare che la legittimità delle misure nazionali
notificate ex art. 95, n. 5, CE è strettamente connessa alla valutazione
delle prove scientifiche dedotte dallo Stato membro notificante.
57 La detta disposizione esige, in effetti, che l'introduzione di
disposizioni nazionali in deroga a una misura di armonizzazione sia
basata su nuove prove scientifiche inerenti alla protezione
dell'ambiente o dell'ambiente di lavoro, a causa di un problema
specifico di detto Stato membro insorto dopo l'adozione della misura di
armonizzazione, e che le disposizioni previste nonché i motivi della
loro adozione siano notificati alla Commissione (sentenza della Corte 21
gennaio 2003, causa C‑12/99, Germania/Commissione, cit., punto 80).
58 Trattandosi di requisiti cumulativi, essi devono essere tutti
soddisfatti a pena di rigetto delle disposizioni nazionali derogatorie
da parte della Commissione (v. sentenza 21 gennaio 2003,
Germania/Commissione, cit., punto 81).
59 Si deve rilevare, a tal riguardo, che il carattere cumulativo non è
stato contestato dalle parti nella specie.
60 Inoltre, nei rispettivi ricorsi i ricorrenti hanno contestato la
sentenza impugnata segnatamente nella parte in cui il Tribunale ha
rigettato i loro argomenti relativi alle valutazioni espresse dalla
Commissione circa il requisito dell'esistenza di un problema specifico
dello Stato membro notificante.
61 Ai punti 66 e 67 della sentenza impugnata, il Tribunale ha infatti
ritenuto che i ricorrenti non avessero fornito elementi probatori che
consentissero di dubitare della fondatezza di tali valutazioni,
essendosi limitati a sottolineare le piccole dimensioni delle aziende
agricole nonché l'importanza dell'agricoltura biologica nel Land
Oberösterreich. Il Tribunale ha aggiunto, in particolare, che i
ricorrenti non hanno invocato elementi volti a confutare le conclusioni
dell'EFSA, secondo cui la Repubblica d'Austria non avrebbe dimostrato
che il territorio del Land Oberösterreich contenesse ecosistemi
particolari o eccezionali, che necessitassero di una valutazione dei
rischi distinta da quelle condotte per l'Austria complessivamente o per
altre simili regioni europee. A parere del Tribunale, le considerazioni
svolte dai ricorrenti non erano idonee, in considerazione della loro
genericità, ad inficiare le valutazioni concrete contenute nella
decisione controversa.
62 Nella detta decisione la Commissione ha ritenuto che la Repubblica
d'Austria non avesse dimostrato la sussistenza, per il territorio del
Land Oberösterreich, di un problema specifico ai sensi dell'art. 95, n.
5, CE, sorto successivamente all'adozione della direttiva 2001/18.
63 Tale decisione faceva seguito al parere dell'EFSA, in cui era stata
constatata l'assenza di prove scientifiche che dimostrassero l'esistenza
di un problema specifico. L'EFSA aveva rilevato che non era stato
dedotto alcun elemento scientifico idoneo a comprovare l'esistenza di
ecosistemi particolari o eccezionali che necessitassero di una
valutazione dei rischi distinta da quelle condotte per l'Austria
complessivamente o per altre regioni europee simili. La detta autorità
ha concluso che la relazione Müller non forniva alcuna nuova
informazione idonea a inficiare le disposizioni della direttiva 2001/18.
64 A tal riguardo, non risulta che il Tribunale sia incorso in un errore
di diritto laddove ha ricordato che le conclusioni dell'EFSA relative
all'assenza di prove scientifiche che dimostrassero l'esistenza di un
problema specifico erano state prese in considerazione dalla
Commissione.
65 Peraltro, contrariamente a quanto sostenuto dai ricorrenti, il
Tribunale non ha erroneamente interpretato il significato del termine
«specifico» di cui all'art. 95, n. 5, CE, in quanto esso non ha
affermato che, affinché siano soddisfatti i requisiti fissati da tale
disposizione, dovesse essere dimostrata solamente l'esistenza di un
problema «unico», nozione più restrittiva di quella di problema
«specifico».
66 A tal riguardo, nella sentenza impugnata il Tribunale ha ripreso le
conclusioni della Commissione nonché quelle dell'EFSA per rilevare che
la Repubblica d'Austria non aveva fornito alcun elemento scientifico che
dimostrasse, segnatamente, l'esistenza di ecosistemi «particolari».
67 Nel testo tedesco della decisione controversa, che fa fede, viene
fatto riferimento ad un «ungewöhnliches Ökosystem» e, nel parere dell'EFSA,
redatto in lingua inglese, a «unusual ecosystems», il che esclude
qualsivoglia carattere significativo nell'utilizzazione dei termini «einzigartiges»
e «unique» rispettivamente nel testo tedesco della decisione controversa
e nel parere dell'EFSA.
68 Si deve aggiungere che, ritenendo che i ricorrenti non avessero
fornito elementi probatori che consentissero di dubitare della
fondatezza delle valutazioni relative all'assenza di prove scientifiche
idonee a dimostrare l'esistenza di un problema specifico e ritenendo,
quindi, che non ricorresse uno dei requisiti previsti dall'art. 95, n.
5, CE, non risulta neppure che il Tribunale sia incorso in un errore di
diritto al riguardo.
69 Infine, dalla giurisprudenza emerge che, in considerazione del loro
carattere cumulativo, non occorre esaminare tutti i requisiti previsti
dall'art. 95, n. 5, CE qualora si rilevi che uno di essi non è
soddisfatto (v., in tal senso, sentenza 21 gennaio 2003,
Germania/Commissione, cit., punto 88).
70 Correttamente il Tribunale ha quindi respinto il ricorso - dopo aver
rilevato che il requisito relativo all'esistenza di un problema
specifico nello Stato membro non era soddisfatto - senza accertare se
sussistessero gli altri requisiti.
71 Conseguentemente, gli argomenti dedotti dai ricorrenti in ordine al
fatto che il Tribunale si sarebbe limitato ad analizzare il requisito
relativo all'esistenza di un problema specifico dello Stato membro,
nonché quelli attinenti al diritto di essere sentiti, all'obbligo di
motivazione nonché al diritto di difesa, non sono fondati.
72 Ciò premesso, si deve ritenere che, respingendo il ricorso, il
Tribunale non ha violato l'art. 95, n. 5, CE.
73 Conseguentemente, il secondo motivo dedotto dai ricorrenti non è
fondato e i ricorsi devono essere respinti.
Sulle spese
74 A termini dell'art. 69, n. 2, del regolamento di procedura,
applicabile al procedimento di impugnazione per effetto dell'art. 118
del regolamento medesimo, la parte soccombente è condannata alle spese
se ne è stata fatta domanda. Il Land Oberösterreich e la Repubblica
d'Austria, rimasti soccombenti, devono essere pertanto condannati alle
spese, conformemente alla domanda della Commissione.
Per questi motivi, la Corte (Terza Sezione) dichiara e statuisce:
1) I ricorsi sono respinti.
2) Il Land Oberösterreich e la Repubblica d'Austria sono condannati alle
spese.
Firme
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