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CORTE DI
GIUSTIZIA DELLA COMUNITA' EUROPEA Sez. VIII, 14 Giugno 2007, causa C‑82/06
RIFIUTI - Rifiuti pericolosi - Obbligo di elaborare e comunicare piani di
gestione dei rifiuti - Ambiente - Direttive 75/442/CEE e 91/689/CEE -
Inadempimento di uno Stato. Non avendo elaborato: il piano di gestione
dei rifiuti per la Provincia di Rimini, conformemente all’art. 7, n. 1,
della direttiva del Consiglio 15 luglio 1975, 75/442/CEE relativa ai
rifiuti, come modificata con direttiva del Consiglio 18 marzo 1991,
91/156/CEE; i piani di gestione dei rifiuti comprendenti i luoghi o impianti
adatti per lo smaltimento dei rifiuti per la Regione Lazio, conformemente
all’art. 7, n. 1, quarto trattino, della direttiva 75/442, come modificata
con direttiva 91/156; i piani di gestione dei rifiuti per le Regioni
Friuli‑Venezia Giulia e Puglia nonché per la Provincia autonoma di
Bolzano‑Alto Adige e la Provincia di Rimini, conformemente all’art. 6 della
direttiva del Consiglio 12 dicembre 1991, 91/689/CEE relativa ai rifiuti
pericolosi, la Repubblica italiana è venuta meno agli obblighi che le
incombono in forza di tali direttive. La Repubblica italiana è condannata
alle spese. CORTE DI GIUSTIZIA DELLA COMUNITA' EUROPEA Sez. VIII, 14
Giugno 2007, causa C‑82/06
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CORTE DI GIUSTIZIA
delle Comunità Europee,
«Inadempimento di uno Stato - Ambiente - Rifiuti - Rifiuti pericolosi -
Direttive 75/442/CEE e 91/689/CEE - Obbligo di elaborare e comunicare
piani di gestione dei rifiuti»
Nella causa C‑82/06,
avente ad oggetto un ricorso per inadempimento ai sensi dell’art. 226
CE, proposto l’8 febbraio 2006,
Commissione delle Comunità europee, rappresentata dalla sig.ra D.
Recchia e dal sig. M. Konstantinidis, in qualità di agenti, con
domicilio eletto in Lussemburgo,
ricorrente,
contro
Repubblica italiana, rappresentata dal sig. I.M. Braguglia, in qualità
di agente, assistito dal sig. G. Fiengo, avvocato dello Stato,
convenuta,
LA CORTE (Ottava Sezione),
composta dal sig. E. Juhász, presidente di sezione, dai sigg. J.
Malenovský (relatore) e T. von Danwitz, giudici,
avvocato generale: sig. D. Ruiz‑Jarabo Colomer
cancelliere: sig. R. Grass
vista la fase scritta del procedimento,
vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocato generale, di
giudicare la causa senza conclusioni,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
1 Con il presente ricorso, la Commissione delle Comunità europee chiede
che la Corte voglia dichiarare che, non avendo elaborato né
comunicatole:
- il piano di gestione dei rifiuti per la Provincia di Rimini,
conformemente all’art. 7, n. 1, della direttiva del Consiglio 15 luglio
1975, 75/442/CEE relativa ai rifiuti (GU L 194, pag. 39), come
modificata con direttiva del Consiglio 18 marzo 1991, 91/156/CEE (GU L
78, pag. 32; in prosieguo: la «direttiva 75/442»),
- i piani di gestione dei rifiuti comprendenti i luoghi o impianti
adatti per lo smaltimento dei rifiuti e dei rifiuti pericolosi per la
Regione Lazio, conformemente all’art. 7, n. 1, quarto trattino, della
direttiva 75/442, e
- i piani di gestione dei rifiuti per le Regioni Friuli‑Venezia Giulia e
Puglia, nonché per la Provincia autonoma di Bolzano‑Alto Adige e la
Provincia di Rimini, conformemente all’art. 6 della direttiva del
Consiglio 12 dicembre 1991, 91/689/CEE, relativa ai rifiuti pericolosi (GU
L 377, pag. 20),
la Repubblica italiana è venuta meno agli obblighi che le incombono in
forza delle dette direttive.
Contesto normativo
La direttiva 75/442
2 La direttiva 75/442 ha come obiettivo quello di assicurare lo
smaltimento e il recupero dei rifiuti come pure quello di incoraggiare
l’adozione di misure intese a limitare la produzione di rifiuti, in
particolare promuovendo tecnologie pulite e prodotti riciclabili o
riutilizzabili.
3 L’art. 6 della direttiva 75/442 è così formulato:
«Gli Stati membri stabiliscono o designano l’autorità o le autorità
competenti incaricate di porre in atto le disposizioni della presente
direttiva».
4 L’art. 7, nn. 1 e 2 della direttiva 75/442 dispone:
«1. Per realizzare gli obiettivi previsti negli articoli 3, 4 e 5, la o
le autorità competenti di cui all’articolo 6 devono elaborare quanto
prima uno o più piani di gestione dei rifiuti, che contemplino fra
l’altro:
- tipi, quantità e origine dei rifiuti da recuperare o da smaltire;
- requisiti tecnici generali;
- tutte le disposizioni speciali per rifiuti di tipo particolare;
- i luoghi o impianti adatti per lo smaltimento.
Tali piani potranno riguardare ad esempio:
- le persone fisiche o giuridiche abilitate a procedere alla gestione
dei rifiuti,
- la stima dei costi delle operazioni di ricupero e di smaltimento,
- le misure atte ad incoraggiare la razionalizzazione della raccolta,
della cernita e del trattamento dei rifiuti.
2. Eventualmente, gli Stati membri collaborano con gli altri Stati
membri interessati e la Commissione per l’elaborazione dei piani. Essi
li trasmettono alla Commissione».
5 L’art. 2, n. 1, primo comma, della direttiva 91/156 è così formulato:
«Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative,
regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente
direttiva entro non oltre il 1° aprile 1993. Essi ne informano
immediatamente la Commissione».
La direttiva 91/689
6 La direttiva 91/689, conformemente al suo art. 1, ha come obiettivo il
ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri sulla gestione
controllata dei rifiuti pericolosi.
7 A tenore dell’art. 6 della stessa direttiva:
«1. Conformemente all’articolo 7 della direttiva 75/442/CEE, le autorità
competenti elaborano, separatamente o nell’ambito dei propri piani
generali di gestione dei rifiuti, piani di gestione dei rifiuti
pericolosi e li rendono pubblici.
2. La Commissione procede ad una valutazione comparativa dei piani
suddetti, in particolare per quanto riguarda i metodi di smaltimento e
di ricupero. La Commissione tiene queste informazioni a disposizione
delle autorità competenti per gli Stati membri che ne fanno richiesta».
8 Ai sensi dell’art. 10, n. 1, della medesima direttiva:
«Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative,
regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente
direttiva anteriormente al 12 dicembre 1993. Esse ne informano
immediatamente la Commissione».
La fase precontenziosa
9 Con lettera 19 dicembre 2002, la Commissione attirava l’attenzione
delle autorità italiane sull’attuazione delle direttive 75/442 e 91/689,
e, in particolare, dell’art. 7 della direttiva 75/442 e dell’art. 6
della direttiva 91/689 e intimava alla Repubblica italiana di
trasmetterle entro il termine di due mesi:
- i piani di gestione dei rifiuti per le Regioni Emilia‑Romagna
(Province di Piacenza, Parma, Reggio Emilia, Modena, Ferrara e Rimini),
Lombardia, Lazio, Valle d’Aosta e per le Province autonome di Trento e
di Bolzano‑Alto Adige, conformemente all’art. 7, n. 1 della direttiva
75/442,
- i piani di gestione dei rifiuti comprendenti i luoghi o impianti
adatti per lo smaltimento dei rifiuti e dei rifiuti pericolosi per le
Regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria, Friuli‑Venezia Giulia, Liguria,
Marche, Molise, Toscana, Umbria, Veneto, conformemente all’art. 7, n. 1,
quarto trattino, della detta direttiva e
- i piani di gestione dei rifiuti per le Regioni Emilia‑Romagna
(Province di Piacenza, Parma, Reggio Emilia, Modena, Ferrara e Rimini),
Friuli‑Venezia Giulia, Lombardia, Lazio, Molise, Piemonte, Puglia,
Umbria, Valle d’Aosta, e per le Province autonome di Trento e Bolzano,
conformemente all’art. 6 della direttiva 91/689.
10 Non avendo ricevuto l’insieme dei piani di gestione menzionati al
punto precedente, e insoddisfatta delle spiegazioni al riguardo fornite
dalle autorità italiane, il 13 luglio 2005, la Commissione inviava alla
Repubblica italiana un parere motivato con il quale invitava
quest’ultima a prendere le disposizioni necessarie per adottare entro il
termine di due mesi e comunicarle:
- i piani di gestione dei rifiuti per le Province di Modena e di Rimini,
conformemente all’art. 7, n. 1, della direttiva 75/442,
- i piani di gestione dei rifiuti comprendenti i luoghi o impianti
adatti per lo smaltimento dei rifiuti e dei rifiuti pericolosi per la
Regione Lazio e la Provincia di Gorizia, conformemente all’art. 7, n. 1,
quarto trattino, della direttiva 75/442,
- i piani di gestione dei rifiuti per le Regioni Friuli‑Venezia Giulia e
Puglia nonché per la Provincia autonoma di Bolzano‑Alto Adige e le
Province di Modena e Rimini, conformemente all’art. 6 della direttiva
91/689.
11 Avendo ricevuto soltanto due notifiche relative ai piani di gestione
dei rifiuti delle Province di Gorizia e di Modena, la Commissione ha
deciso di proporre il presente ricorso.
Sul ricorso
Sulla ricevibilità del ricorso e la regolarità del procedimento
12 La Repubblica italiana rimprovera la Commissione di aver contestato
nella replica, cioè dopo la produzione dei piani di gestione richiesti,
la validità sostanziale di questi. I diritti della difesa non sarebbero
stati pertanto pienamente rispettati, poiché tali documenti non sono
stati contestati nel corso della fase precontenziosa del procedimento.
Di conseguenza, tali documenti dovrebbero costituire oggetto di un nuovo
e distinto procedimento d’infrazione.
13 A questo proposito, va ricordato che una parte non può, nel corso del
procedimento, modificare l’oggetto della controversia e che la
fondatezza del ricorso deve essere valutata soltanto rispetto alle
conclusioni contenute nell’atto introduttivo (v., in tal senso, sentenze
6 aprile 2000, causa C‑256/98, Commissione/Francia, Racc. pag. I‑2487,
punto 31, e 4 maggio 2006, causa C‑508/03, Commissione/Regno Unito,
Racc. pag. I‑3969, punto 61).
14 Orbene, la Corte ha già affermato a tal proposito che se il
procedimento precontenzioso ha raggiunto l’obiettivo di proteggere i
diritti dello Stato membro di cui trattasi, quest’ultimo, se nel corso
della fase precontenziosa del procedimento non ha indicato alla
Commissione che la direttiva di cui trattasi doveva considerarsi già
trasposta nel diritto interno in vigore, non può contestare alla
Commissione di aver esteso o modificato l’oggetto del ricorso come
delimitato dal detto procedimento precontenzioso. Secondo la Corte, la
Commissione può, dopo aver contestato ad uno Stato membro l’assenza di
qualsiasi trasposizione di una direttiva, precisare, nella replica, che
la trasposizione che lo Stato membro interessato ha fatto valere per la
prima volta nel controricorso è comunque inesatta o incompleta con
riferimento a determinate disposizioni della stessa direttiva. Un tale
addebito è, infatti, necessariamente compreso in quello attinente
all’assenza di qualsiasi trasposizione (sentenza 30 novembre 2006, causa
C‑32/05, Commissione/Lussemburgo, Racc. pag. I‑11323, punto 56).
15 Inoltre spetta alla Commissione esaminare i piani di gestione dei
rifiuti che le sono stati sottoposti con il controricorso presentato
dalla Repubblica italiana al fine di valutarne la conformità con il
diritto comunitario. Il semplice fatto che la Commissione contesti
nell’ambito del procedimento già intrapreso la validità di tali piani
non può, nella specie, essere assimilato ad una violazione dei diritti
della difesa, né giustificare l’introduzione di un nuovo procedimento di
infrazione.
16 Da quanto precede consegue che l’affermazione della Repubblica
italiana secondo la quale il ricorso per inadempimento della Commissione
sarebbe irricevibile o sarebbe stato proposto in violazione dei diritti
della difesa è infondata.
Sulla fondatezza del ricorso
17 In linea generale, la Repubblica italiana per contestare
l’inadempimento deduce un argomento attinente alla nozione di
«elaborazione» dei piani di gestione dei rifiuti. Nella controreplica
sostiene che l’art. 7, n. 1, della direttiva 75/442 si limita a imporre
l’«elaborazione» di un piano senza peraltro richiedere che l’atto di cui
trattasi abbia carattere definitivo. Sostiene che nella terminologia del
diritto amministrativo italiano un piano adottato, ma non ancora
approvato, ha effetti «relativamente vincolanti» dal momento che tutte
le iniziative pubbliche e private devono rapportarsi con la
pianificazione in itinere.
18 A questo proposito va constatato di primo acchito che la nozione di
piano di gestione dei rifiuti è una nozione di diritto comunitario che
esige un’interpretazione uniforme in tutti gli Stati membri.
19 Orbene, è costante giurisprudenza che le disposizioni di una
direttiva devono essere attuate con un’efficacia cogente incontestabile,
con la specificità, la precisione e la chiarezza necessarie per
garantire pienamente la certezza del diritto (v., tra altre, sentenze 27
febbraio 2003, causa C‑415/01, Commissione/Belgio, Racc. pag. I‑2081,
punto 21 e 20 novembre 2003, causa C‑296/01, Commissione/Francia, Racc.
pag. I‑13909, punto 54). Di conseguenza, una disposizione avente effetti
solo «relativamente vincolanti» non può soddisfare siffatta condizione
e, quindi, l’argomento della Repubblica italiana non può essere accolto.
20 Essendo stato disatteso tale argomento di carattere generale, occorre
dunque esaminare le censure della Commissione, secondo le quali la
Repubblica italiana non avrebbe elaborato né comunicato i piani di
gestione dei rifiuti conformemente a quanto prescritto dalle direttive
75/442 e 91/689, con riferimento a ciascuno degli enti territoriali
considerati nel ricorso.
Con riferimento alla Regione Friuli‑Venezia Giulia e alla Provincia
autonoma di Bolzano‑Alto Adige
21 Per quanto riguarda la Regione Friuli‑Venezia Giulia, la Repubblica
italiana sostiene di essersi conformata alla normativa comunitaria,
anche se l’adozione del piano di gestione dei rifiuti pericolosi è
avvenuta dopo la scadenza del termine fissato nel parere motivato. A
giustificazione del ritardo deduce la complessità tecnica
dell’elaborazione di un piano di gestione dei rifiuti.
22 Secondo la Commissione, le circostanze invocate dalla Repubblica
italiana vanno disattese poiché l’obbligo di elaborare un piano di
gestione dei rifiuti pericolosi esiste fin dall’entrata in vigore della
direttiva 91/689 e la detta Regione si sarebbe preoccupata del suo
adempimento solo dopo l’inizio del presente procedimento. Il piano
comunicato dalle autorità italiane, inoltre, sarebbe di fatto solo una
proposta di piano che, contrariamente a quanto richiesto dall’art. 6
della direttiva 91/689, si limiterebbe a enunciare i criteri che
consentono di determinare i luoghi o impianti adatti per lo smaltimento
dei rifiuti e non di designarli in modo preciso.
23 Nella controreplica, la Repubblica italiana considera che il fatto di
indicare criteri specifici per la determinazione dei luoghi di
smaltimento dei rifiuti è una tecnica di pianificazione che conduce ad
un risultato identico a quello richiesto dalla direttiva, evitando
l’aggravio del compito delle autorità preposte all’elaborazione dei
piani di gestione dei rifiuti.
24 Per quanto riguarda la Provincia autonoma di Bolzano‑Alto Adige, il
detto Stato membro sostiene che una proposta di piano di gestione dei
rifiuti è stata adottata dopo la scadenza del termine fissato nel parere
motivato. La Commissione replica che si tratta solo di una proposta di
piano non ancora approvata dalla competente autorità.
25 Si deve ricordare che, secondo la costante giurisprudenza della
Corte, l’esistenza di un inadempimento deve essere valutata in relazione
alla situazione dello Stato membro quale si presentava alla scadenza del
termine stabilito nel parere motivato e che la Corte non può tenere
conto dei mutamenti successivi (v., in particolare, sentenze 14 luglio
2005, causa C‑433/03, Commissione/Germania, Racc. pag. I‑6985, punto 32
e 16 novembre 2006, causa C‑357/05, Commissione/Spagna, Racc. pag.
I‑118*, punto 6). Nella specie, basta constatare che i piani di gestione
dei rifiuti di cui la Repubblica italiana fa menzione nel controricorso
sono stati adottati solo dopo la scadenza del termine di due mesi
fissato nel parere motivato, circostanza che il detto Stato membro non
contesta.
26 Inoltre, risulta altresì da costante giurisprudenza che uno Stato
membro non può eccepire disposizioni, prassi o situazioni del proprio
ordinamento giuridico interno per giustificare il mancato rispetto degli
obblighi e dei termini prescritti da una direttiva (v., tra l’altro,
sentenze 13 dicembre 1991, causa C‑33/90, Commissione/Italia, Racc. pag.
I‑5987, punto 24; 21 gennaio 1999, causa C‑347/97, Commissione/Belgio,
Racc. pag. I‑309, punto 15, e 25 settembre 2003, causa C‑74/02,
Commissione/Germania, Racc. pag. I‑9877, punto 18). Di conseguenza,
l’argomento dedotto dalla Repubblica italiana circa la complessità
tecnica dell’elaborazione di un piano di gestione dei rifiuti va
disatteso.
27 Del resto, se è vero che, secondo l’art. 249, terzo trattino, CE, una
direttiva vincola lo Stato membro cui è rivolta per quanto riguarda il
risultato da raggiungere, salva restando la competenza degli organi
nazionali in merito alla forma e ai mezzi, dalla giurisprudenza della
Corte risulta, tuttavia, che l’obbligo di elaborare piani di gestione
dei rifiuti rappresenta un obbligo di risultato che non può essere
adempiuto a mezzo di misure preparatorie o dirette all’elaborazione di
piani ovvero alla predisposizione di un quadro regolamentare idoneo a
realizzare tale obiettivo (sentenze 2 maggio 2002, causa C‑292/99,
Commissione/Francia, Racc. pag. I‑4097, punto 39 e 14 aprile 2005, causa
C‑163/03, Commissione/Grecia, non pubblicata nella Raccolta, punto 74).
Nella specie, come giustamente sostenuto dalla Commissione, la tecnica
utilizzata dalle autorità della Regione Friuli‑Venezia Giulia non
permette, contrariamente a quanto prescritto dalla direttiva 91/689, di
individuare i luoghi o impianti adatti per lo smaltimento dei rifiuti
pericolosi. Infatti, una mera enumerazione dei criteri di determinazione
di tali luoghi costituisce solo una cornice regolamentare che, in quanto
tale, non garantisce che il risultato richiesto venga raggiunto.
L’argomento della Repubblica italiana va pertanto disatteso.
28 Da quanto precede consegue che la Repubblica italiana non ha
elaborato i piani di gestione dei rifiuti ai sensi della direttiva
91/689 per quanto riguarda la Regione Friuli‑Venezia Giulia e la
Provincia autonoma di Bolzano‑Alto Adige e che, pertanto, la censura
della Commissione è su questo punto fondata.
Con riferimento alla Provincia di Rimini e alla Regione Puglia
29 Per quanto riguarda la Provincia di Rimini, la Repubblica italiana
sostiene che il procedimento di adozione di un nuovo piano di gestione
dei rifiuti per tale Provincia è in corso. Ciò nondimeno, le principali
disposizioni del nuovo piano provinciale già sarebbero contenute in un
piano adottato nel corso del 1996 che resta applicabile.
30 La Commissione ritiene che le disposizioni attualmente in vigore in
questa Provincia non possano essere considerate un piano di gestione dei
rifiuti ai sensi delle direttive 75/442 e 91/689 in quanto l’adozione
del piano del 1996 è anteriore alla normativa italiana che traspone tali
direttive.
31 Nella controreplica la Repubblica italiana considera che
l’affermazione della Commissione secondo la quale il piano elaborato in
attuazione della direttiva 75/442 non sarebbe idoneo a risolvere i
problemi relativi alla gestione dei rifiuti pericolosi oggetto della
direttiva 91/689 è una petizione di principio.
32 Per quanto riguarda la Regione Puglia, il detto Stato membro sostiene
che è già stato dato inizio ai passi necessari per l’elaborazione di un
piano di gestione dei rifiuti. Poiché una parte delle disposizioni di
tale piano è già in vigore sotto altre forme, la censura della
Commissione dovrebbe tutt’al più limitarsi alla «incompletezza» delle
disposizioni in vigore in tale Regione.
33 Per la Commissione, l’adozione di tali disposizioni non soddisfa in
pieno le esigenze di pianificazione previste dall’art. 6 della direttiva
91/689.
34 Occorre ricordare che la trasposizione nel diritto interno di una
direttiva non esige necessariamente una riproduzione formale e letterale
del suo contenuto in una disposizione di legge espressa e specifica e
può essere sufficiente, a seconda del suo contenuto, in un contesto
giuridico generale, ma solo a condizione che quest’ultimo garantisca
effettivamente la piena applicazione della direttiva in maniera
sufficientemente chiara e precisa (v., tra l’altro, sentenze 7 ottobre
2004, causa C‑103/02, Commissione/Italia, Racc. pag. I‑9127, punto 33;
20 ottobre 2005, causa C‑6/04, Commissione/Regno Unito, Racc. pag.
I‑9017, punti 21 e 24, nonché Commissione/Lussemburgo, cit., punto 34).
35 Tuttavia, dal momento che la Commissione ha fornito sufficienti
elementi da cui risulta la persistenza dell’inadempimento, spetta allo
Stato membro interessato contestare in modo approfondito e
particolareggiato i dati prodotti e le conseguenze che ne derivano (v.
sentenze 9 novembre 1999, causa C‑365/97, Commissione/Italia, detta «San
Rocco», Racc. pag. I‑7773, punti 84‑87; 12 luglio 2005, causa C‑304/02,
Commissione/Francia, Racc. pag. I‑6263, punto 56, e 18 luglio 2006,
causa C‑119/04, Commissione/Italia, Racc. pag. I‑6885, punto 41).
36 Nella specie, la Repubblica italiana non ha dimostrato l’esistenza di
un contesto giuridico generale tale da rendere inutile la trasposizione
delle direttive 75/442 e 91/689. Quindi, la circostanza che tale Stato
membro abbia dato inizio ad un procedimento di trasposizione di tali
direttive è tale da rendere inoperante la sua argomentazione intesa a
sostenere che la normativa nazionale esistente già soddisfa le esigenze
delle medesime direttive.
37 Del resto, la Repubblica italiana stessa riconosce l’incompletezza
delle disposizioni adottate dalla Provincia di Rimini e dalla Regione
Puglia. Orbene, secondo giurisprudenza costante, ciascuno degli Stati
membri destinatari di una direttiva ha l’obbligo di adottare,
nell’ambito del proprio ordinamento giuridico, tutti i provvedimenti
necessari per garantire la piena efficacia della direttiva,
conformemente allo scopo che essa persegue (v., tra altre, sentenze 5
dicembre 2002, causa C‑324/01, Commissione/Belgio, Racc. pag. I‑11197,
punto 18; 24 giugno 2003, causa C‑72/02, Commissione/Portogallo, Racc.
pag. I‑6597, punto 18, e 28 aprile 2005, causa C‑410/03,
Commissione/Italia, Racc. pag. I‑3507, punto 39).
38 Si deve a questo proposito ricordare che l’inadempimento di uno Stato
membro sussiste finché esso non si è conformato del tutto alla
direttiva, anche se la legislazione nazionale già consente, in gran
parte, il conseguimento delle finalità della detta direttiva (sentenza
18 marzo 1980, causa 92/79, Commissione/Italia, Racc. pag. 1115, punto
6). Azioni materiali parziali o normative regolamentari frammentarie non
possono soddisfare l’obbligo, incombente ad uno Stato membro, di
elaborare un programma globale per raggiungere taluni obiettivi
(sentenze 28 maggio 1998, causa C‑298/97, Commissione/Spagna, Racc. pag.
I‑3301, punto 16, e 4 luglio 2000, causa C‑387/97, Commissione/Grecia,
Racc. pag. I‑5047, punto 75).
39 Da quanto precede consegue che le disposizioni vigenti nella
Provincia di Rimini e nella Regione Puglia si rivelano, data la loro
incompletezza, insufficienti per soddisfare del tutto i requisiti posti
dalle direttive 75/442 e 91/689.
40 Di conseguenza, si deve constatare che la Repubblica italiana non ha
elaborato piani di gestione dei rifiuti ai sensi delle dette direttive
per quanto riguarda la Provincia di Rimini e la Regione Puglia.
Con riferimento alla Regione Lazio
41 La Repubblica italiana sostiene che la Regione Lazio ha adottato tre
piani differenti, e cioè un piano di gestione dei rifiuti, un piano
degli interventi di emergenza e un piano di individuazione dei siti
ritenuti idonei ad ospitare impianti di termovalorizzazione al fine di
conformarsi agli obblighi derivanti dalla direttiva 75/442.
42 La Commissione ritiene che questi tre documenti non consentano di
individuare i luoghi o impianti adatti allo smaltimento dei rifiuti, in
particolare per quanto riguarda rifiuti pericolosi. Inoltre, il piano di
gestione dei luoghi considerati adatti per ospitare impianti di
termovalorizzazione si applicherebbe soltanto ad una categoria di
impianti di riutilizzo di rifiuti urbani.
43 Dall’argomentazione svolta dalla Commissione risulta che i piani in
vigore nella Regione Lazio non hanno un grado di precisione sufficiente
per assicurare la piena efficacia della direttiva (v., in tal senso,
sentenza 1° aprile 2004, cause riunite C‑53/02 e C‑217/02, Commune de
Braine‑le‑Château e a., Racc. pag. I‑3251, punti 31 e 32). Tale
argomentazione non è stata contestata nella controreplica dalla
Repubblica italiana.
44 Ciò considerato, si deve constatare che la Repubblica italiana non ha
elaborato i piani di gestione dei rifiuti ai sensi della direttiva
75/442 per quanto riguarda la Regione Lazio.
45 Da tutto quanto sopra considerato consegue che la censura della
Commissione circa la mancata elaborazione dei piani di gestione dei
rifiuti è fondata per quanto riguarda ognuno degli enti territoriali da
essa menzionati nel suo ricorso. Di conseguenza, non occorre
pronunciarsi sull’altro motivo di ricorso, dalla stessa sollevato,
relativo alla mancanza di comunicazione di tali piani.
46 Ciò considerato, si deve dichiarare che, non avendo elaborato:
- il piano di gestione dei rifiuti per la Provincia di Rimini,
conformemente all’art. 7, n. 1, della direttiva 75/442,
- i piani di gestione dei rifiuti comprendenti i luoghi o impianti
adatti per lo smaltimento dei rifiuti per la Regione Lazio,
conformemente all’art. 7, n. 1, quarto trattino, della direttiva 75/442,
- i piani di gestione dei rifiuti per le Regioni Friuli‑Venezia Giulia,
Puglia nonché per la Provincia autonoma di Bolzano‑Alto Adige e per la
Provincia di Rimini, conformemente all’art. 6 della direttiva 91/689,
la Repubblica italiana è venuta meno agli obblighi che le incombono in
forza di tali direttive.
Sulle spese
47 A norma dell’art. 69, n. 2, del regolamento di procedura, la parte
soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. La
Repubblica italiana, rimasta soccombente, va condannata alle spese
conformemente alla domanda della Commissione.
Per questi motivi, la Corte (Ottava Sezione) dichiara e statuisce:
1) Non avendo elaborato:
- il piano di gestione dei rifiuti per la Provincia di Rimini,
conformemente all’art. 7, n. 1, della direttiva del Consiglio 15 luglio
1975, 75/442/CEE relativa ai rifiuti, come modificata con direttiva del
Consiglio 18 marzo 1991, 91/156/CEE,
- i piani di gestione dei rifiuti comprendenti i luoghi o impianti
adatti per lo smaltimento dei rifiuti per la Regione Lazio,
conformemente all’art. 7, n. 1, quarto trattino, della direttiva 75/442,
come modificata con direttiva 91/156,
- i piani di gestione dei rifiuti per le Regioni Friuli‑Venezia Giulia e
Puglia nonché per la Provincia autonoma di Bolzano‑Alto Adige e la
Provincia di Rimini, conformemente all’art. 6 della direttiva del
Consiglio 12 dicembre 1991, 91/689/CEE relativa ai rifiuti pericolosi,
la Repubblica italiana è venuta meno agli obblighi che le incombono in
forza di tali direttive.
2) La Repubblica italiana è condannata alle spese.
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