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Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006
TAR CALABRIA, Catanzaro,
Sez. II, 4 giugno 2007, sentenza n. 675
DEMANIO MARITTIMO – Perimetrazione – Assenza di situazione di oggettiva
incertezza – Emergenze catastali – Idoneo supporto istruttorio - Circostanze che
rendono incerto il confine tra beni privati e beni demaniali – Esempi. In
assenza di situazioni di oggettiva incertezza, le emergenze catastali possono
costituire idoneo supporto istruttorio per individuare casi di illegittima
occupazione dei beni demaniali, atteso che, a termini dell’art. 950 c.c., le
mappe catastali rappresentano comunque mezzi di prova dotati di sufficiente
grado di attendibilità. La situazione di obiettiva incertezza, che impedisce il
ricorso sic et simpliciter alle mappe catastali ed obbliga
l’amministrazione all’espletamento della procedura di delimitazione in
contraddittorio di cui all’art. 32 cod. nav., può scaturire da diversi fattori
consistenti in circostanze di fatto o di diritto che rendono scarsamente
percepibile il limite della linea confinaria, creando confusione fra le
rispettive estensioni dei beni privati e di quelli demaniali. Si rammentano,
come esempi, le contestazioni dei confini effettuate sulla base dei titoli di
acquisto o delle sentenze dei tribunali, l’obsolescenza delle mappe catastali a
fronte dell’avvenuta antropizzazione del territorio o dell’assetto mutevole
delle coste originato dalla continua azione dei marosi e delle correnti (cfr.
T.A.R. Calabria Catanzaro, Sez. II, 20 giugno 2005 n. 1116), la
contraddittorietà delle risultanze catastali ed, in genere, l’emersione di seri
elementi documentali comprovanti la natura non demaniale dell’area interessata
(cfr. C.G.A. Sicilia, 25 giugno 1990 n. 205).
Pres. Romano, Est. Dell’Olio – P.M. (avv.ti Mauro e Mauro) c. Ministero dei
Trasporti e della Navigazione – Capitaneria di Porto di Vibo Valentia (Avv.
Stato) - T.A.R. CALABRIA, Catanzaro, Sez. II – 4 giugno 2007, n. 675
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REPUBBLICA
ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
N. 675 REG. DEC.
N. 693/2001 REG. RIC.
ANNO 2007
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Calabria,
Sede di Catanzaro Sezione Seconda
alla presenza dei Signori
GUIDO ROMANO Presidente
PIERINA BIANCOFIORE Giudice
CARLO DELL’OLIO Giudice est.
ha pronunciato la seguente
S E N T E N Z A
sul ricorso n. 693/2001 proposto da Pasquale MATERAZZO, rappresentato e difeso
dagli Avv.ti Albino MAURO e Giovanna MAURO, e domiciliato per legge presso la
Segreteria di questo Tribunale in mancanza di domicilio eletto in Catanzaro;
contro
il MINISTERO DEI TRASPORTI E DELLA NAVIGAZIONE – CAPITANERIA DI PORTO DI VIBO
VALENTIA MARINA, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato
e difeso dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Catanzaro, legale
domiciliataria;
per l’annullamento
dell’ingiunzione n.
16/2001 del 22 gennaio 2001 emessa dalla Capitaneria del Compartimento Marittimo
di Vibo Valentia Marina, con la quale si è intimato al ricorrente “di rimettere
in pristino stato la zona ricadente nella fascia dei trenta metri dal confine
demaniale marittimo, detenuta senza titolo, provvedendo alla demolizione delle
opere erette, con asporto del materiale di risulta, entro il termine di 30
(trenta) giorni dalla data di notifica della presente” ;
e per la condanna
dell’amministrazione intimata al risarcimento dei danni conseguenti.
VISTO il ricorso con i relativi allegati;
VISTO l’atto di costituzione in giudizio dell’amministrazione resistente;
VISTI i documenti prodotti dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
VISTI gli atti tutti della causa;
DESIGNATO relatore all’udienza pubblica del 9 maggio 2007 il Dott. Carlo
Dell’Olio;
UDITI altresì i difensori delle parti come da verbale di udienza;
RITENUTO in fatto e considerato in diritto quanto segue:
FATTO
Con il gravame in trattazione parte ricorrente impugna il provvedimento in
epigrafe emarginato, con cui le si è ingiunto di rimettere in pristino stato la
zona ricadente nella fascia dei trenta metri dal confine demaniale marittimo,
sita nel Comune di Falerna in località Cartolano (foglio di mappa 9, particella
86 parte) ed occupata da un manufatto adibito a civile abitazione, realizzato
senza l’autorizzazione prescritta dall’art. 55 del codice della navigazione.
L’ingiunzione gravata era preceduta da un sopralluogo di polizia demaniale,
all’esito del quale la Capitaneria di Porto di Vibo Valentia Marina provvedeva
ad acquisire atti e documentazione tecnica da parte dell’Ufficio del Territorio
di Catanzaro, al fine di appurare la consistenza degli sconfinamenti nella
fascia di rispetto de qua.
Parte ricorrente contesta gli accertamenti compiuti dall’autorità marittima,
ritenendo illegittimo il provvedimento ingiuntivo per il seguente motivo,
articolato in più censure: violazione di legge; eccesso di potere; travisamento
del fatto; contraddittorietà della motivazione.
Chiede altresì la condanna della controparte al risarcimento dei danni
conseguenti alla denunciata illegittimità.
L’amministrazione intimata si è costituita in giudizio con memoria, nella quale
conclude per la reiezione del ricorso.
Successivamente la medesima depositava documentazione, tra cui una relazione
amministrativa sui fatti di causa.
Anche parte ricorrente produceva documenti, tutti inerenti alla pratica di
condono edilizio del manufatto in questione.
Con ordinanza n. 437 del 7 giugno 2001, questo Tribunale accoglieva la proposta
istanza cautelare di sospensione del provvedimento impugnato “attesa l’apparente
non infondatezza del ricorso e rilevata l’esistenza di un danno grave ed
irreparabile”.
Il ricorso è stato trattenuto per la decisione all’udienza pubblica del 9 maggio
2007.
DIRITTO
1. Parte ricorrente chiede l’annullamento dell’ingiunzione in epigrafe,
lamentandone l’illegittimità sotto i profili della violazione di legge e
dell’eccesso di potere, e deducendo che la realizzata opera edilizia non solo si
collocherebbe all’interno del fondo di proprietà, ma che altresì rispetterebbe
la distanza minima dei trenta metri dal confine demaniale marittimo, prevista
dall’art. 55 cod. nav.
La questione sottoposta all’esame del Collegio richiede una rimeditazione in
ordine alla bontà delle censure quivi introdotte, vagliate positivamente nel
sommario esame condotto in sede cautelare.
2. La domanda di annullamento è infondata e non merita accoglimento.
2.1 Con una prima doglianza, parte ricorrente stigmatizza la contraddittorietà
tra motivazione e dispositivo del provvedimento impugnato, laddove nella prima
si riconosce che il fabbricato è stato edificato su terreno di privata
proprietà, mentre nel secondo si qualifica l’area d’insistenza del manufatto,
ritenuta ricadente nella fascia di rispetto demaniale, zona “detenuta senza
titolo”.
La censura non ha pregio.
Il Collegio ritiene che il riferimento alla detenzione senza titolo, pur se
improprio, non possa assurgere a sintomo di una pretesa contraddittorietà
intrinseca del provvedimento, atteso che, dal contesto delle espressioni verbali
utilizzate e dalla loro connessione logica, emerge che l’autorità amministrativa
ha inteso chiaramente sottoporre a sanzione il fenomeno della realizzazione,
senza titolo autorizzatorio, di opere edilizie nella fascia di rispetto
demaniale (di privata proprietà), e non già la diversa ipotesi dell’occupazione
abusiva di suolo demaniale.
3. Con seconda ed ultima censura, parte ricorrente denuncia l’incertezza del
posizionamento della linea di confine del demanio marittimo ed i conseguenti
vizi di violazione di legge e travisamento dei fatti, aggiungendo che anzi, in
base alla documentazione prodotta in atti, sarebbe evidente “come la distanza
del fabbricato dalla zona adibita a spiaggia, che si presume costituisca la
fascia demaniale marittima, sia maggiore dei metri trenta voluti
dall’Amministrazione Compartimentale Marittima”.
3.1 È doveroso premettere un accenno, in punto di fatto, alle seguenti
circostanze, come riportate nel corpo del gravame:
- parte ricorrente assume di essere proprietaria del fabbricato oggetto
dell’impugnata ingiunzione fin dal 1985, epoca di realizzazione dello stesso;
- tale fabbricato fu edificato senza concessione edilizia in zona destinata ad
attrezzature balneari e sottoposta a vincolo paesaggistico;
- nel dicembre 1994 parte ricorrente presentava istanza di condono edilizio al
Comune di Falerna, il quale nel successivo mese di novembre 1995 la definiva
favorevolmente, riservandosi però (osserva il Collegio sulla scorta delle
risultanze di causa) di emettere il provvedimento finale dopo aver ricevuto
ulteriore documentazione;
- al fine di ottenere il provvedimento di sanatoria, la medesima, oltre ad
esibire tutta la documentazione necessaria, “richiedeva ed otteneva tutti i
nulla-osta, paesaggistici e ambientali, previsti per l’accoglimento della
domanda di condono”.
3.2 Tanto premesso, parte ricorrente, allo scopo di corroborare la fondatezza
della censura in esame, sostiene che all’epoca dell’edificazione del manufatto
in questione “la fascia di terra che distanziava la proprietà ed il fabbricato
dalla zona demaniale marittima, era maggiore di quella attuale, e certamente
conforme alle norme edilizie, anche in materia di distanze dalla zona demaniale,
che oggi si intendono violate”. Deduce che l’aspetto geomorfologico della zona
interessata sarebbe mutato rispetto a quello esistente durante il periodo di
realizzazione dell’opera, essendosi nel tempo assottigliata la superficie di
separazione tra l’edificato ed il demanio marittimo a causa della sempre
crescente azione erosiva del mare, accentuatasi, tra l’altro, negli ultimi anni.
Conclude riservandosi “di produrre ogni documentazione, fotografica, grafica e
catastale idonea a documentare come all’epoca della realizzazione del
fabbricato, così come in epoca antecedente ed anche posteriore, la distanza del
manufatto dalla linea di separazione tra la proprietà privata e il demanio
marittimo era di gran lunga superiore a metri 30, e non si era reso necessario
richiedere la preventiva autorizzazione del Capo del Compartimento marittimo ai
sensi e per gli effetti dell’art. 55 C.N.”.
3.3 La presente doglianza, come sopra articolata, non si presenta assistita da
convincenti argomentazioni.
Il Collegio rileva innanzitutto che gli accertamenti, condotti dalla locale
Capitaneria di Porto al fine di individuare l’invasione non autorizzata di
costruzioni nella fascia di rispetto demaniale, si sono basati sulle topografie
catastali predisposte dall’Ufficio del Territorio, come riferito nella relazione
istruttoria dell’amministrazione e confermato dalle stesse risultanze di causa.
Ebbene, tale modus procedendi deve essere ritenuto condivisibile quando, come
nella fattispecie, non ricorrano elementi da cui inferire l’oggettiva incertezza
dei confini del demanio marittimo.
Analogamente, non sono ravvisabili errori nell’attività di rilievo dei
contestati abusi, giacché l’invasione della fascia di rispetto demaniale è
puntualmente evincibile dalle mappe catastali in atti.
Si precisa al riguardo che, in assenza di situazioni di oggettiva incertezza, le
emergenze catastali ben possono costituire idoneo supporto istruttorio per
individuare eventuali casi di illegittima occupazione dei beni demaniali (o dei
terreni collocati nelle fasce di rispetto), atteso che, a termini dell’art. 950
c.c., le mappe catastali rappresentano comunque mezzi di prova dotati di
sufficiente grado di attendibilità.
La situazione di obiettiva incertezza, che impedisce, ai fini della corretta
perimetrazione delle aree demaniali, il ricorso sic et simpliciter alle mappe
catastali ed obbliga l’amministrazione all’espletamento della procedura di
delimitazione in contraddittorio di cui all’art. 32 cod. nav., può scaturire da
diversi fattori consistenti in circostanze di fatto o di diritto che rendono
scarsamente percepibile il limite della linea confinaria, creando confusione fra
le rispettive estensioni dei beni privati e di quelli demaniali.
Si rammentano, come esempi, le contestazioni dei confini effettuate sulla base
dei titoli di acquisto o delle sentenze dei tribunali, l’obsolescenza delle
mappe catastali a fronte dell’avvenuta antropizzazione del territorio o
dell’assetto mutevole delle coste originato dalla continua azione dei marosi e
delle correnti (cfr. T.A.R. Calabria Catanzaro, Sez. II, 20 giugno 2005 n.
1116), la contraddittorietà delle risultanze catastali ed, in genere,
l’emersione di seri elementi documentali comprovanti la natura non demaniale
dell’area interessata (cfr. C.G.A. Sicilia, 25 giugno 1990 n. 205).
Parte ricorrente si limita solo ad evidenziare il naturale fenomeno di erosione
delle coste, ma non allega, contrariamente a quanto anticipato nell’atto
introduttivo del giudizio, alcuna valida fonte di prova (riconducibile ai
fattori sopra menzionati) dalla quale si possa dedurre l’oggettiva incertezza
dei confini del demanio e, quindi, si possano trarre dubbi sul valore probatorio
delle mappe catastali su cui sono stati esperiti gli accertamenti posti a base
della gravata ingiunzione.
Né il quadro probatorio si presenta di migliore consistenza con riferimento alla
dedotta collocazione del manufatto all’esterno della fascia di rispetto
demaniale. Anche in questo caso parte ricorrente non si spinge oltre la mera
affermazione della circostanza, senza corredarla di idonei riscontri fattuali.
3.4 Si osserva, al riguardo, che anche nel processo amministrativo vige la
regola dell’onere della prova di cui all’art. 2697 c.c., in virtù della quale
spetta al ricorrente fornire la dimostrazione dei fatti posti a fondamento della
domanda.
Più precisamente, nel giudizio di legittimità il principio dispositivo opera
sempre ed incondizionatamente qualora si tratti di materiale probatorio la cui
produzione in giudizio rientri nella piena disponibilità della parte
interessata, sicché l’eventuale mancata produzione, essendo obiettivamente
imputabile alla parte stessa, legittima il giudicante a ritenere non provato
l’assunto; viceversa, solo per i fatti affidati alla disponibilità
dell’amministrazione vale la diversa regola dell’onere del principio di prova,
in base alla quale il ricorrente è tenuto a fornire elementi di seria
consistenza, potendo il giudice disporre d’ufficio l’integrazione del corredo
probatorio presente in atti (cd. metodo acquisitivo; per una disamina della
giurisprudenza in tal senso, cfr. ex multis Consiglio di Stato, Sez. IV, 22
giugno 2006 n. 3855; T.A.R. Lazio Roma, Sez. II, 1° agosto 2006 n. 6642, e Sez.
I, 3 maggio 2006 n. 3166; T.A.R. Campania Salerno, Sez. I, 18 giugno 2002 n.
527; T.A.R. Sicilia Catania, Sez. II, 3 gennaio 2002 n. 1).
Il presente giudizio non sfugge alla regola dell’onere della prova di cui
all’art. 2697 c.c.
Infatti, è palese come nel caso di specie parte ricorrente abbia potuto
facilmente attingere alle prove dei fatti giustificativi delle proprie pretese,
non solo per sua stessa ammissione, essendosi riservata la produzione di
ulteriore materiale documentale a sostegno, ma anche per la tipologia delle
questioni trattate, concernenti in sostanza la concreta sussistenza delle
limitazioni legali al diritto di costruire, accertabile in base a strumenti
probatori (come rilievi cartografici, fotografici, perizie, titoli di proprietà,
etc.) non sottratti di per sé alla disponibilità del privato.
3.5 Infine, è inconferente la prodotta documentazione attestante l’astratta
condonabilità dell’opera, atteso che tale profilo involge il rispetto della
normativa edilizia ed i rapporti con l’amministrazione comunale, ma giammai può
influire sulla valutazione della condotta abusiva perpetrata su beni rientranti
nella tutela demaniale (cfr. T.A.R. Abruzzo Pescara, 15 gennaio 2004 n. 17).
3.6 In conclusione, parte ricorrente non riesce a dimostrare in giudizio alcuna
incertezza obiettiva della linea di confine demaniale, come rappresentata nelle
mappe catastali e recepita nei rilievi dell’autorità marittima, né, tanto meno,
riesce a suffragare l’asserita ubicazione del proprio fabbricato al di qua della
fascia di rispetto dei trenta metri.
4. Ne deriva che la contestata ingiunzione resiste alle censure di illegittimità
formulate in gravame, determinando il rigetto della proposta domanda di
annullamento.
4.1 Il mancato riconoscimento dell’illegittimità del provvedimento impugnato
comporta, altresì, la reiezione della connessa domanda di condanna
dell’amministrazione al risarcimento dei danni.
5. Pertanto, ribadite le suesposte considerazioni, il ricorso deve essere
integralmente respinto per infondatezza.
La natura della presente controversia giustifica la compensazione tra le parti
delle spese e degli onorari di giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Calabria, Sede di Catanzaro –
Sezione Seconda, definitivamente pronunciando sul ricorso n. 693/2001 meglio in
epigrafe indicato, lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità Amministrativa.
Così deciso in Catanzaro nella Camera di Consiglio del 9 maggio 2007.
IL GIUDICE EST.
IL PRESIDENTE
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Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006
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