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Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006

 

TAR CAMPANIA - Napoli, Sez. IV, 31 Ottobre 2007, n. 15615

 

URBANISTICA E EDILIZIA - Vincolo cimiteriale - Natura e finalità - Attività edificatoria dei privati in prossimità dei cimiteri - Vincolo di inedificabilità assoluta - Orientamenti giurisprudenziali. In tema di vincolo cimiteriale, le finalità perseguite dalla normativa (oggi art. 28 l. 1 agosto 2002 n. 166) sono di superiore rilievo pubblicistico e rivolte essenzialmente a garantire la futura espansione del cimitero, a garantire il decoro di un luogo di culto nonché, non da ultimo, assicurare una cintura sanitaria attorno a luoghi per loro natura insalubri (in merito al divieto di costruire nuovi edifici “vincolo di inedificabilità assoluta” C.d.S. sez. IV 12.03.2007 n.1185, C.d.S., sez. V, 12 novembre 1999, n. 1871; CdS, sez. II, parere 28 febbraio 1996, n. 3031/95; Tar Lombardia - Milano, 11 luglio 1997 n. 1253; Tar Toscana, I sezione, 29 settembre 1994, n. 471). Trattasi, di una limitazione legale della proprietà a carattere assoluto, direttamente incidente sul bene e non suscettibile di deroghe di fatto, siccome riconducibile a previsione generale, concernente tutti i cittadini, in quanto proprietari di beni che si trovino in una determinata situazione, e perciò individuabili a priori (Cass. Civ. sez. I, 29.11.2006 n.25364). La natura assoluta del vincolo non si pone in contraddizione logica con la possibilità che nell’area indicata insistano delle preesistenze, e/o che ad esse vengano assegnate destinazioni compatibili con la esistenza del vincolo (Cass. Civ. sez. I, 16.07.1997, n.6510), ma essa mira essenzialmente ad impedire l’ulteriore addensamento edilizio dell’area giudicato ex lege incompatibile con le prioritarie esigenze di tutela igienico-sanitaria, e di tutela del culto sottese alla imposizione del vincolo. (In giurisprudenza contra: l’orientamento secondo cui la fascia di rispetto cimiteriale: “non comporta ex se un'inedificabilità assoluta ma è l'Autorità preposta alla tutela del vincolo che, in sede di formulazione del parere, deve specificare i motivi ostativi alla realizzazione del singolo manufatto e ciò in quanto la presenza di alcuni edifici all'interno della zona di rispetto cimiteriale non concreta di per sé una violazione della distanza minima, posto che questa è fissata dall'art. 338 del T.U. 27 luglio 1934 n. 1265, in relazione ai centri abitati, e non ai fabbricati sparsi che non possono ricondursi ai primi.” (così: TAR Trentino Alto Adige - Trento, sent. n. 64 del 2 aprile 1997; in termini: CdS, sez. IV sent. n. 775 del 16 settembre 1993; TAR Trentino Alto Adige - Trento, sent. n. 336 del 1 agosto 1994. Nel senso che la distanza minima, oltre la quale deve essere collocato il cimitero, fissata dall'art. 338 della legge citata, si riferisce ai centri abitati e che, pertanto, la presenza di alcuni edifici all'interno della zona di rispetto non concreta di per sé una violazione di tale distanza, cfr. C.d.S. n 775/93Tar Emilia - Romagna - Bologna, I sez. 27 settembre 1997, n. 622; Tar Marche 12 agosto 1997, n. 677; Tar Campania - Napoli, 9 giugno 1997, n. 1503)). Pres. Pasanisi, Est. Ianigro - Stefanelli (avv.ti Capone e De Fazio) c. Comune di Napoli (avv.ti Tarallo, Accattatis Chalons D’Oranges, Andreottola, Carpentieri, Crimaldi, Cuomo, Furnari, Pizza, Pulcini, Ricci, e Romano). TAR CAMPANIA Napoli, Sez. IV, 31 ottobre 2007, n. 15615

URBANISTICA E EDILIZIA - Trasformazione di edificio preesistente - Demolizione radicale e ricostruzione - Qualificazione dell’intervento - Ricostruzione - Piena conformità di sagoma, volume, e superficie, tra il vecchio ed il nuovo manufatto - Concetto di “recupero del volume preesistente” - Concetto della “ristrutturazione edilizia” - Concetto di “nuova edificazione”- D.p.r, 380/2001 mod. dall'art. 1 del d.lgs. n. 301/2002 - Giurisprudenza . La trasformazione di un edificio preesistente, finalizzata al suo recupero funzionale, può essere compiuta anche attraverso la demolizione radicale e la ricostruzione di parti rilevanti del manufatto, specie quando ciò risulti più conveniente sotto il profilo tecnico od economico, anche nelle ipotesi di totale demolizione e ricostruzione dell'edificio, purché il nuovo edificio corrisponda pienamente a quello preesistente. (Al riguardo, la giurisprudenza, impone la piena conformità di sagoma, volume, e superficie, tra il vecchio ed il nuovo manufatto. Nello specifico contesto del recupero del patrimonio edilizio esistente, la demolizione rappresenta lo strumento necessario per la realizzazione del risultato finale, costituito dal pieno ripristino del manufatto. Tale orientamento resta confermato anche in seguito alla modifica del d.p.r, 380/2001 introdotta dall'art. 1 del d.lgs. 27 dicembre 2002 n. 301, che ha fatto venir meno il vincolo della “fedele ricostruzione”, così estendendosi ulteriormente il concetto della ristrutturazione edilizia. Tale innovazione non fa comunque venir meno i limiti che condizionano le caratteristiche della ristrutturazione e consentono di distinguerla dall'intervento di nuova costruzione: vale a dire la necessità che la ricostruzione corrisponda, quanto meno nel volume e nella sagoma, al fabbricato demolito, C.d.S. sez. V 30.08.2006 n. 5061; C.d.S. sez. IV, 28.07. 2005 n. 4011). Pres. Pasanisi, Est. Ianigro - Stefanelli (avv.ti Capone e De Fazio) c. Comune di Napoli (avv.ti Tarallo, Accattatis Chalons D’Oranges, Andreottola, Carpentieri, Crimaldi, Cuomo, Furnari, Pizza, Pulcini, Ricci, e Romano). TAR CAMPANIA Napoli, Sez. IV, 31 ottobre 2007, n. 15615

 


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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

 

IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA CAMPANIA
Sede di Napoli, Sezione Quarta

n. 15615/07 Reg. Sent.


composto dai Magistrati:

Leonardo Pasanisi Presidente
Renata Emma Ianigro Componente, rel.est.
Rosa Perna Componente

ha pronunciato la seguente


S E N T E N Z A


sul ricorso n.2397/2007 proposto da:

STEFANELLI PASQUALE, rappresentato e difeso, giusta mandato in calce al ricorso, dagli avv.ti Ivana Capone e Maria De Fazio, ed elettivamente domiciliato in Napoli p.za D’Annunzio n.15;


CONTRO


COMUNE DI NAPOLI in persona del Sindaco p.t. rappresentato e difeso dagli avv.ti Giuseppe Tarallo, Barbara Accattatis Chalons D’Oranges, Antonio Andreottola, Eleonora Carpentieri, Bruno Crimaldi, Annalisa Cuomo, Anna Ivana Furnari, Giacomo Pizza, Anna Pulcini, Bruno Ricci, e Gabriele Romano giusta mandato a margine dell’atto di costituzione, ed elettivamente domiciliato in Napoli p.zo S.Giacomo presso l’Avvocatura Municipale;


per l’annullamento


della disposizione dirigenziale n. 15 del 15.01.2007 con cui il Comune di Napoli ha respinto la richiesta di permesso di costruire per la ricostruzione di parte del fabbricato rurale denominato Masseria San Giuseppe in via Claudio angolo piazzale D’Annunzio;

Visto il ricorso con i relativi allegati;

visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Napoli con la produzione allegata;

viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;

visti gli atti tutti di causa;

alla udienza pubblica del 31.10.2007 relatore la dott.ssa R.E.Ianigro;

udite le parti come da verbale di udienza;


Ritenuto in fatto


Con ricorso iscritto al n. 2397/2007, Stefanelli Pasquale impugnava, chiedendone l’annullamento, il provvedimento del 15.001.2007 con cui il Comune di Napoli respingeva la richiesta di permesso di costruire inoltrata per la ricostruzione di parte del fabbricato rurale denominato Masseria San Giuseppe sita in via Claudio angolo piazzale D’Annunzio, poiché l’intervento non è autorizzabile in quanto il fabbricato progettato ricade nella fascia di 200 metri prescritta a norma dell’art. 28 comma 1 lettera a) della legge n. 166 dell’1.08.2002 e relativa al vincolo di inedificabilità del cimitero di Fuorigrotta.

A sostegno del ricorso deduceva i seguenti motivi di diritto:

1) Eccesso di potere per irragionevolezza e contraddittorietà, difetto di istruttoria e di motivazione, apoditticità, irrilevanza, pretestuosità della motivazione per ingiustizia manifesta;

L’immobile oggetto di riedificazione è stato demolito nel 1979 dal Comune di Napoli per motivi di sicurezza, ed il comportamento del Comune di Napoli concretizzatosi nell’occupazione e demolizione dell’immobile in oggetto in data 10.04.1979 con le ordinanze n.n. 255/1979 e 423/1979, che, notificate al ricorrente solo in data 3.11.1979, sono state annullate dal T.a.r, Campania con sentenze n.n. 435/1984 e 446/1984. L’immobile pertanto è stato illegittimamente demolito dal Comune di Napoli, e, poiché risultava edificato sin dal 1775 come da acquisto fattone dal padre del ricorrente in data 4.04.1922, e quindi prima della entrata in vigore dell’art. 338 del t.u. 27.07.1934, non può trovare applicazione nella specie l’art. 28 della legge n. 166/2002 comma 1 lettera a) che limita il divieto di edificare intorno ai cimiteri ai “nuovi edifici”.

Inoltre l’art. 28 cit. al penultimo comma, per dare esecuzione ad un’opera pubblica o all’attuazione di un intervento urbanistico, se non vi ostano ragioni igienico-sanitarie, prevede che sia autorizzabile l’ampliamento di edifici preesistenti o la costruzione di nuovi edifici qualora il Consiglio Comunale, previo parere favorevole della competente Asl, abbia consentito la riduzione della zona di rispetto cimiteriale tenendo conto degli elementi ambientali di pregio dell’area. Nella specie il Consiglio Comunale di Napoli, nell’approvare il piano regolatore cimiteriale, con delibera n. 35 dell’1.03.2005 ha approvato l’emendamento n. 25 all’art. 32 delle norme di attuazione del piano regolatore cimiteriale della Città di Napoli prevedendo ivi la riduzione a 50 metri della estensione del vincolo cimiteriale “in considerazione delle condizioni dell’edificato al contorno dello stesso cimitero”. Da tale enunciato non si rileva che la riduzione a 50 metri del vincolo cimiteriale si riferisca alla edificazione di cimiteri ex novo o in ampliamento o per la realizzazione di opere pubbliche, sicchè la volontà del Comune era quella di ridurre la fascia di rispetto con conseguente esclusione dell’immobile del ricorrente dalla fascia di rispetto.

2) Violazione e falsa applicazione dell’art. 338 del testo unico delle leggi sanitarie 27.07.1934 n.1265 novellato dall’art. 28 della legge n.166/2002, eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione sotto ulteriore profilo, sviamento di potere;

La distanza tra il fabbricato oggetto della richiesta di costruzione ed il cimitero di Fuorigrotta, posto al di là della via Terracina (ove evidentemente il cimitero non potrà mai espandersi) risulta addirittura superiore a 100 metri dal punto più prossimo del cimitero ( come da progetto e dai rilievi tecnici allegati), sicchè, la fattispecie in esame rientra, senz’altro, nelle ipotesi possibili di autorizzazione a costruire.

Peraltro, in considerazione della accertata preesistenza del fabbricato illegittimamente demolito dal Comune di Napoli, l’amministrazione, invece di denegare il provvedimento, avrebbe potuto fare applicazione dell’art. 28 della legge n. 166/2002. Tale disposizione all’ultimo comma consente, all’interno della zona di rispetto, limitatamente agli edifici esistenti, interventi di recupero ovvero interventi funzionali all’utilizzo dell’edificio stesso, tra cui l’ampliamento nella percentuale massima del 10% ed i cambi di destinazione d’uso, oltre a quelli previsti dalle lettere a) b), c) e d) del primo comma dell’articolo 31 della legge n. 457/1978 che alla lettera d) include tra gli interventi di ristrutturazione edilizia, quelli rivolti a trasformare gli organismi edilizi mediante un insieme sistematico di opere che possono portare ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente.

Non corrisponde al vero la motivazione riportata nell’atto di diniego, secondo cui l’emendamento citato non determinerebbe riduzione del vincolo cimiteriale trattandosi di materia disciplinata direttamente dalla legge, poiché lo stesso articolo 28 cit. demanda ai Consigli Comunali la possibilità di apportare, in deroga al disposto legislativo, una riduzione del vincolo cimiteriale.

3) Difetto di istruttoria, difetto di motivazione, errore nei presupposti, violazione e falsa applicazione dell’art. 31 della legge 457/1978 e art. 3 del d.p.r. 380/2001, nonché sotto ulteriore profilo della legge 166/2002;

L’art. 28 della legge n. 166/2002 consente all’interno della zona di rispetto cimiteriale, per gli edifici esistenti, la esecuzione di interventi di recupero ovvero funzionali all’utilizzo dell’edificio stesso tra cui l’ampliamento nella misura massima del 10%, i cambi di destinazione d’uso nonché gli interventi di cui alle lettere a) b) c) e d) del primo comma dell’art. 31 della legge n. 457/1978. E’ da rilevare che la suindicata legge n. 166/2002 anziché richiamare il d.p.r. n. 380/2001, richiama la legge 5.08.1978 n.457, il che non è irrilevante giacchè il testo unico all’articolo 3 aggiunge una lettera “e” per gli interventi di nuova costruzione. Appare chiaro quindi che l’amministrazione comunale nel diniego impugnato non ha neppure preso in considerazione l’esistenza della normativa in oggetto, applicando in modo generico, nonché completamente illogico e semplicistico l’art. 28 comma 1 della legge n. 166/2002.

L’area oggetto dell’intervento ricade in zona Bb della variante al Prg, centro storico, zona orientale, zona nord occidentale. Il progetto prevede un intervento di ristrutturazione edilizia a parità di volume per la realizzazione di un piccolo edificio per civile abitazione, da ritenersi conforme alla disciplina urbanistica vigente nella zona, poiché ivi è consentita la ristrutturazione edilizia degli edifici esistenti a parità di volume. L’intervento è configurabile quale ipotesi di demolizione e ricostruzione poiché la demolizione operatane nel 1979 dal Comune di Napoli è stata dichiarata illegittima dal T.a.r. Napoli con le sentenze n.n. 435 e 446/1984, ed il Comune ha ricostruito solo una parte dell’edificio. Sicchè il ricorrente, non appena ha riottenuto giudizialmente il possesso del bene con sentenza del Tribunale Civile di Napoli n.10653/2001 ha provveduto a presentare la domanda di ricostruzione in oggetto. Nella fattispecie, peraltro, l’art. 11 comma 5 della variante generale consente la ricostruzione del volume originario per gli interventi di restauro e risanamento conservativo da eseguirsi a parità di superficie e volume preesistenti: “di ripristino filologico, rivolti a costruire l’intero manufatto o parti di esso, eventualmente demolito o crollato, purchè sia possibile attraverso fonti iconografiche, cartografiche, fotografiche e catastali, documentarne la consistenza certa”.

Sulla base di tali motivi instava quindi per l’accoglimento del ricorso e l’annullamento del provvedimento impugnato.

Il Comune di Napoli si costituiva per resistere al ricorso deducendo in primo luogo che l’immobile oggetto di causa è stato demolito per motivi di sicurezza in esecuzione della ordinanza sindacale n.225/1979 impugnata innanzi al Tar con ricorso dichiarato perento con decreto n. 627/2004. Diversamente da quanto sostenuto in ricorso le sentenze Tar Napoli n.n. 435 e 446/1984 hanno annullato per vizio di eccesso di potere le ordinanze n. 432/1979 con cui si ingiungeva la eliminazione dei pozzi neri, e la n. 25571979 con cui si ordinava di eseguire “ad horas” tutte le opere necessarie per scongiurare pericoli per la pubblica e privata incolumità viste le condizioni di dissesto in cui versava l’immobile. Il ricorrente ha ottenuto un congruo risarcimento danni con sentenza n. 10653/2001 dal Tribunale Civile di Napoli quale danno dipendente dalla demolizione e mancata ricostruzione di parte del complesso della Masseria San Giuseppe. L’intervento oggetto di richiesta di permesso di costruire non può qualificarsi quale ristrutturazione di un fabbricato preesistente poiché avviene a parità di volumetria ma non di sagoma rispetto a quello preesistente. Diversamente la ristrutturazione di cui all’art. 31 lett. d) della legge n. 457/1978 postula un sostanziale collegamento tra la nuova edificazione e quella preesistente sicchè non è sufficiente il mero mantenimento della volumetria complessiva. Pertanto l’intervento si configura come nuova costruzione non consentita dall’art. 28 della legge n. 166/2002.

La materia dell’estensione del vincolo cimiteriale è disciplinata direttamente dalla legge e precisamente dall’art. 338 del d.p.r. 1265/1934 come novellato dall’art. 28 della legge n. 166/2002, e l’emendamento approvato dal Consiglio Comunale costituisce esercizio della facoltà prevista dal comma 5 dell’articolo sopra citato. Detta delibera non ha determinato alcuna riduzione del vincolo cimiteriale, trattandosi di materia disciplinata direttamente dalla legge e non suscettibile, pertanto, di deroghe, da parte di altra disposizione normativa se non di pari o superiore rango. Il comma 5 cit. prevede in via eccezionale una deroga al limite di 200 metri solo per la edificazione ex novo o in ampliamento di cimiteri. Anche la deroga prevista dal comma 6 è utilizzabile solo al fine di realizzare opere pubbliche o per l’attuazione di un intervento urbanistico. Sulla base di tali argomentazioni il Comune concludeva per il rigetto del ricorso siccome infondato.

Alla udienza pubblica del 31.10.2007 il ricorso veniva discusso e ritenuto per la decisione


Considerato in diritto


1. Il ricorso è infondato e va rigettato secondo quanto di seguito precisato.

Nel presente giudizio risulta impugnato il provvedimento del 15.01.2007 con cui il Comune di Napoli ha respinto la istanza di rilascio di permesso di costruire per la ricostruzione di parte del fabbricato rurale denominato Masseria San Giuseppe in via Claudio angolo piazzale D’Annunzio in Napoli.

Le ragioni poste a base del diniego attengono la non autorizzabilità dell’intervento in quanto situato nella fascia di 200 metri prescritta dall’art. comma 1 lettera a) della legge n. 166 dell’1.08.2002 quale vincolo di inedificabilità del cimitero di Fuorigrotta.

Le censure sollevate con il ricorso sono incentrate essenzialmente sulla non ostatività dell’addotto vincolo cimiteriale per la riduzione dagli originari 200 metri a 50 metri della fascia di rispetto del cimitero di Fuorigrotta intervenuta per effetto della delibera n. 35 dell’1.03.2005 con cui il Consiglio Comunale di Napoli, nell’approvare il piano regolatore cimiteriale, modificava l’art. 32 delle n.t.a.. Sicchè, sotto tale profilo, l’intervento sarebbe assentibile in quanto l’edificio oggetto di ricostruzione è situato al di fuori della fascia di rispetto, come ridotta dal Consiglio Comunale di Napoli, e precisamente ad una distanza superiore a 100 metri dal punto più prossimo del cimitero.

Il ricorrente censura altresì l’omessa valutazione da parte dell’amministrazione comunale dell’assentibilità del progetto quale ricostruzione di una Masseria preesistente alla costruzione del Cimitero di Fuorigrotta, ed in parte demolita dal Comune, dato che il divieto legale di edificazione si applica solo alle “nuove costruzioni”, inoltre, per le costruzioni preesistenti situate all’interno della fascia di rispetto cimiteriale, l’intervento è assentibile ai sensi dell’art. 28 ultimo comma della legge n. 166/2002.

Le censure formulate a sostegno del ricorso sono destituite di fondamento e non meritano pertanto accoglimento alla luce delle osservazioni che seguono.

2. Rilievo preliminare, ai fini della presente decisione, riveste il regime di inedificabilità del sito interessato dall’intervento edilizio oggetto di domanda.

Al riguardo occorre in primo luogo inquadrare la normativa applicabile nella fattispecie, anche alla luce delle modifiche apportate dalla legge n.188/2002 al regime giuridico delle zone di rispetto cimiteriali.

Come noto, la individuazione di fasce di rispetto intorno ai cimiteri risale all’art. 338 del testo unico delle leggi sanitarie n.1265/1934 che, nella sua formulazione originaria, al primo comma, stabiliva che i cimiteri devono essere collocati alla distanza di almeno duecento metri dai centri abitati, e poneva, al contempo, il divieto di costruire intorno agli stessi nuovi edifici e di ampliare quelli esistenti “entro il raggio di duecento metri”. Al Prefetto era attribuito il potere di consentire la costruzione e l’ampliamento di cimiteri a distanza inferiore ai duecento metri dai centri abitati quando, a causa di speciali condizioni, non era consentito provvedere altrimenti. Ed ancora, su motivata richiesta del Consiglio Comunale, in assenza di ragioni igieniche ostative, lo stesso Prefetto poteva ridurre l’ampiezza della zona di rispetto, delimitandone il perimetro in relazione alla situazione dei luoghi, entro il limite di 100 metri per i Comuni con popolazione superiore ai 20.000 abitanti, e di 50 metri per gli altri Comuni.

A sua volta, il regolamento governativo di polizia mortuaria approvato con d.p.r. 10.09.1990 n. 285, nel disciplinare i piani regolatori cimiteriali comunali, all’art. 57 ribadisce che i cimiteri devono essere isolati dall’abitato mediante la zona di rispetto prevista dall’art. 338 del testo unico delle leggi sanitarie approvato con r.d. 1265/1934 e succ. mod.

Tal norma, al comma 2, imponeva il divieto di costruire nuovi edifici o di ampliare quelli preesistenti “entro la fascia di rispetto”. Al comma 3 ribadiva che, nell’ampliamento dei cimiteri esistenti, la fascia di rispetto non può essere inferiore a 100 metri dai centri abitati nei comuni con popolazione superiore ai 20.000 abitanti, ed a 50 metri per gli altri Comuni.

I commi 3 e 4 del predetto art. 57 del d.p.r. n. 285 cit. sono stati successivamente abrogati per effetto dell’art. 28 della legge 1.08.2002 n. 166, recante disposizioni in materia di infrastrutture e di trasporti. Ivi è stata in parte rimodulata la disciplina statale sulle zone limitrofe ad aree cimiteriali attraverso la sostituzione dei commi 1, 4,5,6,e 7 dell’art. 338 r.d. 1265/1934.

2.1. Tale essendo il quadro normativo di riferimento, occorre preliminarmente evidenziare, per quanto rileva in questa sede, che la normativa statale in materia, si articola attraverso disposizioni avente una duplice valenza, in primo luogo, nel porre limiti all’attività edificatoria dei privati nelle aree circostanti il perimetro dei cimiteri, ed inoltre, nel garantire la osservanza da parte delle amministrazioni preposte di determinate distanze dai centri abitati atte a delineare una fascia di rispetto nella costruzione di nuovi cimiteri e/o nell’ampliamento di quelli esistenti, o per altri interventi di pubblico interesse.

Con riferimento alla delimitazione delle fasce di rispetto cimiteriali, si è visto che, a fronte della determinazione ex lege di una distanza dei cimiteri dai centri abitati di 200 metri, è stato previsto il potere eccezionale, prima in capo al Prefetto, e poi al Consiglio Comunale, di ridurre detto limite sino a 50 metri, in funzione dell’ampliamento dei cimiteri esistenti e/o della costruzione di nuovi cimiteri, oppure in presenza di determinate circostanze di rilievo pubblicistico, più dettagliatamente definite con le modifiche apportate all’art. 338 r.d. 1265/1934 con l’art. 28 della legge n. 188/2002 (ossia per dare esecuzione ad un’opera pubblica o all’attuazione di un intervento urbanistico).

2.2 Per ciò che concerne, più specificatamente, l’attività edificatoria dei privati in prossimità dei cimiteri, la disciplina in esame ha subito una sostanziale modifica in quanto, il divieto di costruire e di ampliare edifici preesistenti “intorno ai cimiteri” così definito nella fascia di 200 metri dalla formulazione originaria dell’art. 338 r.d. 1265 cit. ha subito una prima modifica nella disciplina di cui all’art. 57 comma 3 del regolamento di polizia mortuaria approvato con d.p.r.285/1990. In particolare, il divieto di edificare come disciplinato dall’art. 57 cit, prima delle modifiche apportate all’art. 338 cit. con la legge n. 188/2002, era imposto esplicitamente “entro la fascia di rispetto” e riguardava sia nuovi edifici sia l’ampliamento di quelli preesistenti.

Con le modifiche apportate dall’art. 28 della legge n. 188 cit. il limite all’edificabilità privata è stato comunque fissato in 200 metri dal perimetro dell’impianto cimiteriale, posto che il primo comma dell’art. 338 r.d. m. 1265 cit. nella nuova formulazione stabilisce espressamente che “È vietato costruire intorno ai cimiteri nuovi edifici entro il raggio di 200 metri dal perimetro dell'impianto cimiteriale, quale risultante dagli strumenti urbanistici vigenti nel comune o, in difetto di essi, comunque quale esistente in fatto, salve le deroghe ed eccezioni previste dalla legge”.

Dalla lettura di siffatta norma si ricava, in primo luogo, che il limite all’edificabilità privata non è più ancorato alla “fascia di rispetto” (che può variare in relazione alle determinazioni adottate dall’Autorità Comunale), ma è legislativamente fissata in ogni caso entro il limite di 200 metri da calcolarsi dal perimetro dell’impianto cimiteriale.

Il regime vincolistico così delineato con riferimento all’attività edilizia dei privati appare più che in linea con la ratio delle deroghe ed eccezioni al limite dei 200 metri previste dalla legge medesima che sono ammesse in funzione dell’ampliamento dei cimiteri esistenti o della costruzione di nuovi cimiteri (comma 4), nonché nei casi in cui l’amministrazione comunale debba dare esecuzione ad un’opera pubblica o all’attuazione di un intervento urbanistico. Trattasi in entrambi i casi di eccezioni giustificate da esigenze pubblicistiche correlate alla stessa edilizia cimiteriale, oppure ad altri interventi pubblici purchè compatibili con le concorrenti ragioni di tutela della zona (comma 5). Sulla chiara limitazione della deroga in oggetto alle sole “opere pubbliche e di interesse pubblico” indicate dall’art. 28 comma 5 legge n.1898 cit. si è espresso altresì di recente il Consiglio di Stato con la sentenza sez. V 29.03.2006 n. 1593. Pertanto non vi è motivo di dubitare della ragionevolezza di una interpretazione che svincola l’ambito di operatività del vincolo cimiteriale di inedificabilità dalla delimitazione “in concreto” delle fasce di rispetto da parte del Comune, avuto proprio riguardo al rilievo preminente di carattere igienico-sanitario del vincolo di tutela cimiteriale che può ammettere deroghe solo in presenza di concorrenti ragioni pubblicistiche, sempre compatibilmente con le esigenze sottese all’esistenza del vincolo.

2.3. A ciò si aggiunga la indubbia natura “assoluta” del vincolo di inedificabilità cimiteriale. Al riguardo il Collegio non condivide l’orientamento di una parte della giurisprudenza secondo cui la fascia di rispetto cimiteriale: “non comporta ex se un'inedificabilità assoluta ma è l'Autorità preposta alla tutela del vincolo che, in sede di formulazione del parere, deve specificare i motivi ostativi alla realizzazione del singolo manufatto e ciò in quanto la presenza di alcuni edifici all'interno della zona di rispetto cimiteriale non concreta di per sé una violazione della distanza minima, posto che questa è fissata dall'art. 338 del T.U. 27 luglio 1934 n. 1265, in relazione ai centri abitati, e non ai fabbricati sparsi che non possono ricondursi ai primi.” (così: TAR Trentino Alto Adige - Trento, sent. n. 64 del 2 aprile 1997; in termini: CdS, sez. IV sent. n. 775 del 16 settembre 1993; TAR Trentino Alto Adige - Trento, sent. n. 336 del 1 agosto 1994. Nel senso che la distanza minima, oltre la quale deve essere collocato il cimitero, fissata dall'art. 338 della legge citata, si riferisce ai centri abitati e che, pertanto, la presenza di alcuni edifici all'interno della zona di rispetto non concreta di per sé una violazione di tale distanza, cfr. C.d.S. n 775/93Tar Emilia - Romagna - Bologna, I sez. 27 settembre 1997, n. 622; Tar Marche 12 agosto 1997, n. 677; Tar Campania - Napoli, 9 giugno 1997, n. 1503).

Il Collegio condivide l’orientamento della giurisprudenza secondo cui il divieto di costruire nuovi edifici, di cui alla normativa sopra citata, integri un vincolo di inedificabilità assoluta (così: C.d.S. sez. IV 12.03.2007 n.1185, C.d.S., sez. V, 12 novembre 1999, n. 1871; CdS, sez. II, parere 28 febbraio 1996, n. 3031/95; Tar Lombardia - Milano, 11 luglio 1997 n. 1253; Tar Toscana, I sezione, 29 settembre 1994, n. 471). Ciò in quanto le finalità perseguite dalla normativa (cfr. attualmente art. 28 l. 1 agosto 2002 n. 166) in tema di vincolo cimiteriale sono di superiore rilievo pubblicistico e rivolte essenzialmente a garantire la futura espansione del cimitero, a garantire il decoro di un luogo di culto nonché, non da ultimo, assicurare una cintura sanitaria attorno a luoghi per loro natura insalubri. Trattasi, quindi, di una limitazione legale della proprietà a carattere assoluto, direttamente incidente sul bene e non suscettibile di deroghe di fatto, siccome riconducibile a previsione generale, concernente tutti i cittadini, in quanto proprietari di beni che si trovino in una determinata situazione, e perciò individuabili a priori (cfr Cass. Civ. sez. I, 29.11.2006 n.25364). La natura assoluta del vincolo non si pone in contraddizione logica con la possibilità che nell’area indicata insistano delle preesistenze, e/o che ad esse vengano assegnate destinazioni compatibili con la esistenza del vincolo (Cass. Civ. sez. I, 16.07.1997, n.6510), ma essa mira essenzialmente ad impedire l’ulteriore addensamento edilizio dell’area giudicato ex lege incompatibile con le prioritarie esigenze di tutela igienico-sanitaria, e di tutela del culto sottese alla imposizione del vincolo.

3. Assume il ricorrente che il divieto ad edificare, come previsto dall’art. 28 della legge n. 188 cit., riguarda solo i nuovi edifici e non anche quelli preesistenti, rispetto ai quali la norma pone una specifica normativa di dettaglio, contenuta nell’ultimo comma della stessa norma.

Deduce il ricorrente che, in presenza di intervento di ricostruzione di un edificio preesistente alla costruzione del cimitero di Fuorigrotta ed in parte demolito dal Comune, dovrebbe trovare applicazione la disciplina di zona che consente, per gli edifici ricadenti in zona B - agglomerati di recente formazione, sottozona Bb - espansione recente, la ristrutturazione degli edifici esistenti. Ciò in quanto, l’art. 11 comma 5 della variante generale, ammette la ricostruzione del volume originario attraverso interventi di restauro e risanamento conservativo, a parità di superficie e volume, e precisamente di “ripristino filologico, rivolto a ricostruire l’intero manufatto o parti di esso, eventualmente demolito o crollato, purchè sia possibile attraverso fonti iconografiche, cartografiche, fotografiche e catastali, documentarne la consistenza certa”.

Al riguardo, ad avviso del Collegio, non può censurarsi la qualificazione operata dall’amministrazione quale intervento di “nuova edificazione”, posto che la ricostruzione invocata dal ricorrente è stata impostata negli elaborati progettuali in atti solo sul concetto di recupero del volume preesistente e non anche sulla riproduzione della superficie e della sagoma originaria del fabbricato. Sicchè rispetto ad una preesistente Masseria, ossia un fabbricato di tipica architettura rurale, il progetto - come allegato in atti e rilevabile ictu oculi - prevede la realizzazione di un edificio su tre livelli per un totale di nove appartamenti oltre al piano interrato destinato a garage, il che non può certamente ascriversi alla categoria della ristrutturazione edilizia né agli interventi di recupero del patrimonio edilizio preesistente. Ed infatti, la trasformazione dell'edificio preesistente, finalizzata al suo recupero funzionale, può essere compiuta anche attraverso la demolizione radicale e la ricostruzione di parti rilevanti del manufatto, specie quando ciò risulti più conveniente sotto il profilo tecnico od economico, anche nelle ipotesi di totale demolizione e ricostruzione dell'edificio, purchè il nuovo edificio corrisponda pienamente a quello preesistente. Al riguardo, la giurisprudenza segue da sempre un orientamento rigoroso, imponendo la piena conformità di sagoma, volume, e superficie, tra il vecchio ed il nuovo manufatto. Nello specifico contesto del recupero del patrimonio edilizio esistente, quindi, la demolizione rappresenta lo strumento necessario per la realizzazione del risultato finale, costituito dal pieno ripristino del manufatto. Tale orientamento resta confermato anche in seguito alla modifica del d.p.r, 380/2001 introdotta dall'art. 1 del d.lgs. 27 dicembre 2002 n. 301, che ha fatto venir meno il vincolo della “fedele ricostruzione”, così estendendosi ulteriormente il concetto della ristrutturazione edilizia. La giurisprudenza ha chiarito che tale innovazione non fa comunque venir meno i limiti che condizionano le caratteristiche della ristrutturazione e consentono di distinguerla dall'intervento di nuova costruzione: vale a dire la necessità che la ricostruzione corrisponda, quanto meno nel volume e nella sagoma, al fabbricato demolito (C.d.S. sez. V 30.08.2006 n. 5061; C.d.S. sez. IV, 28.07. 2005 n. 4011). Pertanto anche sotto tale profilo il ricorso si appalesa infondato, avendo l’amministrazione correttamente qualificato l’intervento in progetto come “nuova edificazione” applicando nella fattispecie la disciplina legale prevista per le nuove costruzioni entro il limite dei 200 metri dal perimetro dell’impianto cimiteriale.

Da ultimo, quanto alle spese processuali, ricorrono giusti motivi, vista la complessità delle questioni trattate, per disporne la integrale compensazione tra le parti.


P.Q.M.


Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania, Quarta Sezione di Napoli, definitivamente decidendo sul ricorso n.2397/2007 proposto da Stefanelli Pasquale nei confronti del Comune di Napoli, in persona del Sindaco p.t., così provvede:

- respinge il ricorso;
- spese compensate;

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità Amministrativa.

Così deciso in Napoli , nella Camera di Consiglio del 31 Ottobre 2007.


Il Presidente                                       Il relatore
(dott. Leonardo Pasanisi)                    (dott.ssa Renata Emma Ianigro)


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