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TAR NAPOLI, Sez. VIII, 02 Aprile 2007, (12/03/2007), Sentenza n. 3042
URBANISTICA E EDILIZIA - Chiusura di un vano scale con strutture in alluminio
anodizzato e vetri infissi stabilmente nei muri portanti - Permesso di costruire
- Necessità - Trasformazione non limitata nel tempo - Aumento della superficie
utile - Modifica della sagoma dell'edificio. La chiusura di un vano scale
con strutture in alluminio anodizzato e vetri infissi stabilmente nei muri
portanti, non rientra nell'ambito delle opere interne, in quanto siffatta
chiusura comporta la modifica della sagoma dell'edificio e l'aumento delle
superfici utili (conforme T.A.R. Lazio, sez. II, 17 luglio 1986 , n. 1156).
Infatti, normalmente, l'installazione di pannelli in vetro ed alluminio, quando
comporta un trasformazione non limitata nel tempo e la realizzazione di un nuovo
locale autonomamente utilizzabile, determina l’aumento della superficie utile e
la modifica della sagoma dell'edificio stesso. Sicché, la regolarità di tale
manufatto è subordinata allora al previo rilascio del titolo concessorio (T.A.R.
Campania Napoli, sez. IV, 28 febbraio 2006, n. 2451). (Pres. Speranza, est.
Sabatino, Ric. Di Tella (avv. Criscuolo) c. Comune di Aversa (avv. Nerone).
TAR NAPOLI, Sez. VIII, 02 Aprile 2007, (12/03/2007), Sentenza n. 3042
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA CAMPANIA – SEDE DI NAPOLI
- OTTAVA SEZIONE DI NAPOLI -
Reg.
Sen. n. 3042/07
composto dai Signori Magistrati:
Evasio Speranza Presidente
Luigi Domenico Nappi Consigliere
Diego Sabatino Primo Referendario relatore
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso 6709/2005 proposto da Francesco Di Tella, domiciliato ex lege
presso la Segreteria del T.A.R., unitamente al procuratore avv. Ernesto
Criscuolo, che lo rappresenta e difende in virtù di mandato a margine del
ricorso introduttivo
contro
Comune di Aversa, in persona del sindaco legale rappresentante pro tempore,
elettivamente domiciliato in Napoli, via Cesario Console 3, presso lo studio del
procuratore avv. Giuseppe Nerone, che lo rappresenta e difende in virtù di
mandato a margine della comparsa di costituzione e risposta
nonché
Nicola Marrella, non costituito
per l’annullamento, previa sospensione,
a. dell’ordinanza di demolizione di opere abusive prot. 26709 del 14 lulgio
2005, emessa dal responsabile del settore urbanistica del Comune di Aversa;
b. del precedente verbale della polizia municipale di Aversa n. 26 del giorno 8
giugno 2005;
Letto il ricorso ed i relativi allegati, e tutti gli atti di causa;
Data per letta la relazione del primo referendario Diego Sabatino nella udienza
pubblica del 12 marzo 2007;
Uditi altresì i difensori, come da verbale d’udienza;
Ritenuto in fatto
Con ricorso iscritto al n. 6709/2005, la parte ricorrente impugnava i
provvedimenti indicati, con i quali era stata disposta la demolizione di alcune
opere abusive realizzate, ed in particolare di un capannone con struttura in
ferro e di una costruzione in alluminio e vetri. A sostegno delle sue doglianze,
evidenziava come i provvedimenti emanati si fondassero su una errata
rappresentazione dei fatti e, ritenendo illegittimo il comportamento
dell’Amministrazione, instava per l’annullamento degli atti impugnati con
vittoria di spese processuali.
Si costituiva la parte resistente, Comune di Aversa, chiedendo di dichiarare
inammissibile o, in via gradata, rigettare il ricorso.
All’udienza del 26 ottobre 2005, l’istanza cautelare veniva parzialmente accolta
con ordinanza n. 3051/2005.
All’udienza del 12 marzo 2007, il ricorso è stato discusso ed assunto in
decisione, previo deposito di atto di rilascio di concessione in sanatoria.
Considerato in diritto
1. Il ricorso va dichiarato in parte improcedibile ed in parte infondato.
2. In via preliminare, occorre dare conto del profilo fattuale della vicenda, al
fine di delimitare l’ambito cognitivo del Collegio.
Nell’atto impugnato, le opere edilizie abusive vengono così descritte: a)
“realizzazione di manufatto, “capannone”, struttura in ferro, copertura in
lamiera, lungo mt 5,00 largo mt. 5,50 alto mt. 2,20”; b) “da vecchia data,
chiusura vano scala, al primo e secondo piano, con struttura in alluminio e
vetri, poggiante su muretto alto mt. 0,80, ricavandone, per ciascun piano, un
vano di mt. 2,40 x mt. 2,40 alto mt. 2,95”.
L’opera di cui al punto a) appare del tutto conforme con quella descritta nella
relazione tecnica allegata alla richiesta di costruire in sanatoria, richiesta
accolta con il rilascio del permesso n. 006 del 2007, allegato agli atti.
Deve quindi ritenersi che, in relazione al capannone con struttura in ferro, che
nel permesso di costruire viene descritto come “tettoia del tipo aperto”, sia
cessata la materia del contendere.
In relazione all’opera di cui al punto b), ossia la chiusura di un vano scala
con una struttura in alluminio e vetri, manca l’esibizione di qualsiasi titolo
abilitativo, per cui non è possibile ritenere che la questione iniziale sia
stata superata dagli eventi maturati nel corso del processo. Viene invero
allegato un decreto di rinvio a giudizio, che, non contemplando la detta opera,
comporterebbe, a giudizio del ricorrente, la considerazione della liceità
dell’opera. Ma, in disparte la considerazione che si tratta di un atto del
Pubblico ministero, e non di un giudicato, va sottolineato che la vicenda penale
e quella amministrativa sottendono logiche diverse e non possono essere
artatamente sovrapposte.
La vicenda della legittimità della chiusura del vano scale è allora questione
ancora sotto scrutinio, per cui vanno esaminati i singoli profili del ricorso,
limitatamene a tale opera.
3. Con il primo motivo di diritto, viene dedotta inesistenza dell’atto per
errata e falsa individuazione sulla quale è destinato a produrre effetti. In
disparte le questioni sulla qualificazione del vizio e sulla modalità di
individuazione del fatto, la censura si accentra sulla dimostrazione della
vetustà dell’opera, la cui realizzazione risalirebbe addirittura ad un progetto
di variante del 1971. Si tratterebbe allora di un manufatto considerato in un
progetto già autorizzato, con conseguente erroneità della rappresentazione di
fatto.
3. 1. L’assunto non ha riscontro in atti.
L’osservazione degli atti progettuali allegati evidenzia, al contrario di quanto
asserito in memoria, le difformità tra il progetto presentato e le opere
realizzate. Si può osservare come il progetto rappresenti, di fronte, il vano
scala come una struttura aperta, unicamente con dei pilastri agli angoli, senza
evidenziare alcun tipo di finestratura. Al contrario le foto realizzate ed
allegato dallo stesso ricorrente evidenziano non solo la chiusura delle luci con
finestre in alluminio anodizzato con stipiti infissi nelle mura, ma anche il
restringimento delle stesse luci rispetto al disegno del 1971.
Vi è peraltro da osservare che il prospetto allegato pare addirittura riferirsi
ad una opera diversa (o quanto meno ad un angolo progettuale diverso), tant’è
che nel grafico la rampa di scale è posta a fianco alle finestre preesistenti,
mentre le foto allegate evidenziano come la rampa di scale sia posta a fianco di
balconi.
In complesso, la produzione di parte, tra foto e grafici, non solo non è in
grado di dimostrare che l’opera fosse stata già realizzata sin dal 1971 con
progetto regolarmente assentito, ma pare postulare l’esistenza di una
rappresentazione dei fatti quanto meno confusa.
La prova della congruenza delle opere con il progetto autorizzato è allora del
tutto mancata. Deve quindi ritenersi da un lato, che le dette opere non siano
stata previste nella variante alla concessione edilizia data con provvedimento
n. 61 del 14 giugno 1971; dall’altro, che le opere siano sicuramente successive
a detta data. È allora legittima la pretesa della pubblica amministrazione di
procedere agli accertamenti sanzionatori de qua, poichè, va affermato
incidentalmente, la circostanza che l’illecito penale si sia eventualmente
prescritto per il decorso del termine triennale o comunque non sia stato
perseguito non rende improcedibile l’azione sanzionatoria amministrativa, che è
imprescrittibile ed ha riguardo alla fattispecie oggettivamente realizzata.
4. Con il secondo motivo di diritto, si evidenzia nullità ed invalidità
dell’atto per mancanza della comunicazione del procedimento nonché di
motivazione ed errata individuazione dell’illecito consequenziale. Anche in
questo caso messe in disparte le questioni sulla qualificazione dell’atto e del
suo vizio, le censure prodotte possono essere sintetizzate nella mancanza
dell’atto di avvio procedimentale, da un lato, e sull’affidamento creatosi nel
ricorrente per il lungo tempo trascorso, dall’altro.
4. 1. Entrambe le censure non hanno pregio.
4. 2. Nel primo caso, si osservi come l’emissione dell’ordinanza, peraltro atto
dovuto, è stata preceduta da accertamenti tecnici operati anche tramite la
polizia giudiziaria e sfociati addirittura in un sequestro penale. Appare
pertanto del tutto palese che il ricorrente abbia avuto la concreta conoscenza
dell’azione amministrativa in corso, congiunta a quella penale.
4. 3. In relazione al secondo profilo, va osservato che la tutela
dell’affidamento è concepibile quando coesistono, da un lato, un comportamento
inerte dell’amministrazione, e dall’altro, e soprattutto, una aspettativa
legittima del privato. Nel caso in esame, nessuno dei due presupposti è
sussistente: da un lato, l’amministrazione non può dirsi inerte o tollerante,
atteso che, come si è sopra visto, non aveva alcuna conoscenza dell’intervenuta
chiusura di una area che, in sede progettuale, era rappresentata come aperta;
dall’altro, il ricorrente aveva invece espressamente dato vita ad una opera
abusiva, per cui, in presenza di un fatto doloso, deve sicuramente escludersi la
presenza di un affidamento tutelabile.
5. Con il terzo motivo di ricorso, si duole di nullità ed invalidità dell’atto
per inesistenza dei presupposti. Sempre con la solita cautela sulla
qualificazione del vizio, il ricorrente evidenzia come la fattispecie in
questione non necessiti di concessione edilizia, non comportando aumento di
volumetria.
5. 1. La censura non ha alcun fondamento.
L’opera realizzata, ossia la chiusura di un vano scale con strutture in
alluminio anodizzato e vetri infissi stabilmente nei muri portanti, non rientra
nell'ambito delle opere interne, in quanto siffatta chiusura comporta la
modifica della sagoma dell'edificio e l'aumento delle superfici utili (conforme
T.A.R. Lazio, sez. II, 17 luglio 1986 , n. 1156). Infatti, normalmente,
l'installazione di pannelli in vetro ed alluminio, quando comporta un
trasformazione non limitata nel tempo e la realizzazione di un nuovo locale
autonomamente utilizzabile, determina l’aumento della superficie utile e la
modifica della sagoma dell'edificio stesso. La regolarità di tale manufatto è
subordinata allora al previo rilascio del titolo concessorio (T.A.R. Campania
Napoli, sez. IV, 28 febbraio 2006, n. 2451).
La censura va quindi respinta.
6. Con il quarto motivo di diritto, viene infine evidenziata la natura precaria
delle opere, ritenute non inamovibili, e quindi non soggette a concessione.
6. 1. La censura non ha pregio.
Dalla documentazione fotografica, si evince espressamente come gli infissi siano
stati saldamente ancorati alla struttura e, peraltro, i vani in cui le finestre
sono posti sono notevolmente diversi, e più piccoli, rispetto a quelli indicati
nel progetto di variante del 1971. La prospettazione della parte è quindi
sfornita, in fatto, di qualsiasi elemento di supporto.
7. Il ricorso va quindi respinto in relazione alla chiusura del vano scala, al
primo e secondo piano, con struttura in alluminio e vetri, per il quale deve
ritenersi correttamente esercitato il potere sanzionatorio amministrativo.
8. Le spese processuali vanno poste a carico della parte soccombente e si
liquidano come in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania, ottava sezione di Napoli,
definitivamente pronunciando, disattesa e respinta ogni diversa istanza,
domanda, deduzione ed eccezione, così provvede:
1. Dichiara in parte improcedibile il ricorso n. 6709/2005 per cessazione della
materia del contendere ed in parte lo respinge;
2. Condanna Francesco Di Tella a rifondere al Comune di Aversa le spese del
presente giudizio, che liquida in complessivi €. 1.500,00 (euro
millecinquecento) oltre I.V.A., C.N.A.P. e rimborso spese generali, come per
legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Napoli, nella camera di consiglio del 12 marzo 2007.
Evasio Speranza Presidente
Diego Sabatino Estensore
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