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T.A.R. CAMPANIA Napoli, Sez. III, 12 aprile 2007 (11/01/2007), n. 3452



URBANISTICA E EDILIZIA - Localizzazione di opere pubbliche o di pubblica utilità - Disposizioni a contenuto espropriativo e disposizioni urbanistiche - Differenze ed effetti - Durata.
Le aree oggetto di localizzazione di opere pubbliche o di pubblica utilità, sono assoggettate dal piano a vincolo preordinato all’esproprio che ha la durata di cinque anni, ed in tale termine può essere emanato il provvedimento che comporta la dichiarazione di pubblica utilità delle opere (art. 9 D.P.R. 8.6.2001, n. 327). Pres. De Maio, Est. Cernese, Societa’ “Santella S.r.l. (Avv.ti Polito e Santella) c. Comune di Palma Campania (NA) (avv. Rispoli). T.A.R. CAMPANIA Napoli, Sez. III, 12 aprile 2007 (11/01/2007), n. 3452

URBANISTICA E EDILIZIA - Piani particolareggiati - Piani di lottizzazione - Termine decennale di efficacia - Disposizioni di contenuto espropriativo - Prescrizioni urbanistiche - Operatività. Il termine decennale di efficacia previsto per i piani particolareggiati dall’art. 16 della L. 17 agosto 942, n. 1150, ma applicabile anche ai piani di lottizzazione, si applica solo alle disposizioni di contenuto espropriativo e non anche alle prescrizioni urbanistiche di piano che rimangono pienamente operanti e vincolanti senza limiti di tempo fino all’approvazione di un nuovo piano attuativo (C. di S., Sez. IV, 28 luglio 2005, n. 4018). Pres. De Maio, Est. Cernese, Societa’ “Santella S.r.l. (Avv.ti Polito e Santella) c. Comune di Palma Campania (NA) (avv. Rispoli). T.A.R. CAMPANIA Napoli, Sez. III, 12 aprile 2007 (11/01/2007), n. 3452

URBANISTICA E EDILIZIA - ESPROPRIAZIONE - P.I.P. natura di atto amministrativo a contenuto plurimo e scindibile - Annullamento da parte del giudice amministrativo di un P.I.P. - Posizioni soggettive dei proprietari dei fondi espropriati - Effetti - Dichiarazione di pubblica utilità. L’annullamento da parte del giudice amministrativo di un P.I.P. investe un atto amministrativo di contenuto plurimo scindibile, nella parte in cui incide sulle posizioni soggettive dei proprietari dei fondi espropriati in attuazione del piano medesimo. Pertanto la posizione del proprietario estraneo al relativo giudizio non è incisa dagli effetti di detto annullamento, il quale non tocca il suo diritto all’indennità e la sua legittimazione ad opporsi contro la stima di essa in sede amministrativa (Cass,. Civ. Sez I, 12 aprile 1990, n. 3123. Inoltre, la dichiarazione di pubblica utilità - che è implicita nell’approvazione del P.I.P. - non è un atto collettivo, ma va inquadrato nella categoria degli atti plurimi, ossia di quelli che riguardano una pluralità di soggetti individuabili in relazione alla titolarità dei vari beni vincolati e considerati “uti singuli”. Da ciò consegue che il giudicato di annullamento produce effetti ripristinatori della pienezza del diritto di proprietà, già affievolito, solo per il ricorrente e non si estenda ai proprietari rimasti estranei al giudizio dinanzi al giudice amministrativo (Cass. Civ. Sez. I, 16 aprile 2004, n. 7253). Pres. De Maio, Est. Cernese, Societa’ “Santella S.r.l. (Avv.ti Polito e Santella) c. Comune di Palma Campania (NA) (avv. Rispoli). T.A.R. CAMPANIA Napoli, Sez. III, 12 aprile 2007 (11/01/2007), n. 3452

PROCEDURE E VARIE - Ricorso per opposizione di terzo - Limiti - Rapporto di presupposizione/consequenzialità immediata - Caducazione automatica - Presupposti. Con l’introduzione del rimedio costituito dal ricorso per opposizione di terzo, si impone una considerazione in termini estremamente restrittivi della rilevanza del nesso di presupposizione fra provvedimenti facenti parti della medesima sequenza procedimentale, proprio per tale ragione legittimanti la caducazione automatica, in modo tale che, pur non giungendo a negare del tutto l’incidenza di quest’ultimo istituto di matrice giurisprudenziale, se ne è ridotta drasticamente l’area di operatività. In tale situazione può consentirsi alla non necessità di impugnazione dell’atto finale, quando sia stato già impugnato quello preparatorio, unicamente quando tra i due atti vi sia un rapporto di presupposizione/consequenzialità immediata, diretta e necessaria, nel senso che l’atto successivo si pone quale inevitabile conseguenza di quello precedente, perché non vi sono nuove ed autonome valutazioni di interessi, né del destinatario dell’atto presupposto, né di altri soggetti. Diversamente, quando l’atto finale, pur partecipando della medesima sequenza procedimentale in cui si colloca l’atto preparatorio, non ne costituisce conseguenza inevitabile perché la sua adozione implica nuove ed ulteriori valutazioni di interessi, l’immediata impugnazione dell’atto preparatorio non fa venir meno la necessità di impugnare l’atto finale, pena l’improcedibilità del primo ricorso (C.f.r.: C. di S., sez. V, 6 luglio 2002, n. 3717). Pres. De Maio, Est. Cernese, Societa’ “Santella S.r.l. (Avv.ti Polito e Santella) c. Comune di Palma Campania (NA) (avv. Rispoli). T.A.R. CAMPANIA Napoli, Sez. III, 12 aprile 2007 (11/01/2007), n. 3452

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO


IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA CAMPANIA - SEDE DI NAPOLI
- SESTA SEZIONE DI NAPOLI -


composto dai Magistrati:

dr. UGO DE MAIO Presidente
dr. VINCENZO CERNESE Consigliere Estensore
dr. ALFREDO STORTO Referendario

ha pronunciato la seguente


SENTENZA


sul ricorso n. 939/2005 R.G. proposto dalla:  SOCIETA’ “SANTELLA S.R.L.”, in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dagli Avv. ti Leonardo Polito e Carla Anna Santella ed elettivamente domiciliata presso lo studio dell’Avv. Carlo Formisano in Napoli, alla Via M. Schipa, n. 44;


contro


il COMUNE DI PALMA CAMPANIA (NA), in persona del legale rappresentante pro-tempore, rappresentato e difeso dall’Avv. Luigi Rispoli ed elettivamente domiciliato presso il suo studio in Napoli, alla P. zza Trieste e Trento, n. 48;


per l’annullamento


1) del diniego di concessione edilizia del 18 novembre 2004 - prot. n. 18789 - richiesta dalla Società ricorrente al Comune di Palma Campania in data 28 febbraio 2003, prot. n. 2945, per la costruzione, sul suolo riportato nel N.C.T. del Comune di Palma Campania al foglio 9 distinto con le particelle 127 e 1000, di un opificio industriale per la lavorazione, produzione, trasformazione e commercializzazione di frutta fresca e secca, di ortaggi e loro derivati da effettuarsi nella zona P.I.P., in località Gorga del Comune di Palma Campania;

2) di ogni altro atto o provvedimento precedente, preordinato, connesso e collegato, ancorché interno.

Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’intimato Comune;
Viste le memorie presentate dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti gli atti tutti della causa;
Uditi - Relatore alla pubblica udienza dell’11 gennaio 2007 il dr. Vincenzo Cernese - i difensori delle parti come da verbale di udienza;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto:


FATTO


Con ricorso notificato il 21.1.2005 e depositato il 3.2.2005 la “Società Santella S.r.l.”, in persona del legale rappresentante, ha impugnato, innanzi a questo Tribunale, il provvedimento del 18.11.2004 in epigrafe con cui il Comune di Palma Campania (NA), a fronte di una sua documentata domanda del 28 febbraio 2003 finalizzata a conseguire, in vista dell’espansione della propria attività di trasformazione e commercializzazione di prodotti agricoli, una concessione edilizia per la costruzione un opificio industriale, tecnologicamente avanzato, su suolo di sua proprietà, in località “Gorga”, denegava la predetta richiesta per la circostanza di ricadere l’area oggetto di intervento edilizio nella sua interezza nella zona omogenea “D4” (Industriale di espansione) del predetto Comune ed essere sottoposta al Piano per Insediamenti Produttivi (P.I.P.) di cui all’art. 28 della legge n. 219/1981 approvato dalla competente Amministrazione.

All’uopo la Società ricorrente ha dedotto profili di violazione di legge (art. 57 T.U.; artt. 27 L. 22.10.1971, n. 17; L. 17.8.1942, n. 1150; 28 L. 15.5.198, n. 219; D.L. vo 30.3.996, n. 76; L.R. 20.3.1982, n. 14; artt. 42 e 97 Cost.) e di eccesso di potere sotto vari profili; dolendosi, in particolare, per la carenza d’istruttoria ed il difetto di motivazione, a cagione dalla mancata considerazione da parte del Comune di Palma Campania della conformità della progettata opera, oggetto della richiesta di concessione edilizia, alle prescrizioni urbanistiche previste nel vigente P.R.G., atteso che le aree sulle quali dovrebbe sorgere ricadrebbero in zona “D 4” - Industriale di espansione, per la quale sarebbe stato adottato - con delibera consiliare n. 28 del 12.6.1986 - ed approvato - con decreto sindacale del 23.3.1992 - un Piano per gli Insediamenti Produttivi scaduto nell’anno 1992 per la decorrenza del termine decennale, senza la riadozione dello stesso e senza che fosse stata disposta la reiterazione dei vincoli dallo stessi previsti, mentre il decreto di occupazione n. 9955 del 27.6.2002 delle predette aree sarebbe stato annullato, sempre per decorso del termine decennale di efficacia con la sentenza n. 7892 del 17.10.2002 - richiamata dalla stessa Amministrazione nell’impugnato provvedimento di diniego - del T.A.R. Campania, Napoli, sez. V, in parziale accoglimento del ricorso n. 8332/02 proposto dalla “Santella S.r.l.”.

Inoltre lamenta come l’attività provvedimentale posta in essere dall’Amministrazione successivamente ed in esecuzione alla citata sentenza n. 7892 <<allo scopo di riadattare le scelte di pianificazione urbanistica rimaste inattuale>> non avrebbe tenuto conto del preciso obbligo comportamentale imposto al Comune di Palma Campania di riadottare le scelte di pianificazione urbanistica rimaste inattuate (posto che la dichiarazione implicita di pubblica utilità potrebbe scaturire unicamente da un nuovo piano o da una sua variante da approvare con la stessa procedura), con la conseguenza che, nella specie, elusiva dell’ordine giudiziale si presenterebbero le attività di seguito elencate:

- l’atto di cui alla deliberazione consiliare n. 56 del 27.12.2002 con la quale sarebbe stata dichiarata, ai sensi della legge urbanistica fondamentale, la pubblica finalità ed il pubblico interesse alla riadozione del P.I.P. in località Gorga (deliberazione impugnata con ricorso n. 2335/03 R.G.);

- l’atto di avviso del 3.11.2003, notificato in data 5.11.2003, unitamente e quello di cui al decreto di occupazione temporanea e di urgenza n. 15977 del 22.10.2003, entrambi (unitamente ai provvedimenti di immissione nel possesso) ritualmente impugnati innanzi a questo Tribunale (ricorso n. 13836/2003) e l’efficacia dei quali sarebbe stata sospesa in sede cautelare nella Camera di Consiglio dell’8.1.2004 con le ordinanze nn. 64 e 65/2004.

Sottolinea, sul punto, come, proprio la considerazione di una siffatta evenienza, avrebbe indotto l’Amministrazione resistente a depositare all’udienza del 18.3.2004 la deliberazione di Giunta Municipale n 48 del 16.3.2004 con la quale, nell’esercizio dei poteri di autotutela, avrebbe proposto al Consiglio l’adozione del provvedimento di reiterazione del vincolo preordinato all’espropriazione per causa di pubblica utilità finalizzata al completamento delle opere contemplate nel P.I.P., conformemente alla destinazione urbanistica impressa alle aree interessate; deposito, a seguito del quale il T.A.R. Campania, V Sezione, con sentenza n. 8618 del 18 marzo 2004 avrebbe dichiarata cessata la materia del contendere, al tempo stesso rappresentando la necessità di procedere ad una decisione congiunta delle censure proposte con i menzionati ricorsi n. 2334 e n. 2335 del 2003, rivolti avverso i provvedimenti dichiarativi di pubblica utilità: ipotesi, questa, mai avveratasi. Inoltre anche il decreto di occupazione temporanea e di urgenza n. 7492 del 29.10.2004, la deliberazione di Giunta Municipale n. 48 del 16.3.2004, la deliberazione di Giunta Municipale n. 48 del 6.3.2004 di predisposizione del vincolo preordinato all’esproprio delle aree occorrenti per il completamento delle opere previste dal P.I.P. in località Gorga, la delibera consiliare n. 18 del 25.5.2004 e quella n. 45 del 17.9.2004 sarebbero stati tutti impugnati innanzi al T.A.R. Campania con ricorso tuttora pendente innanzi alla Quinta Sezione.

Si duole, la Società ricorrente, per l’illegittimo atteggiamento della P.A. resistente che, male interpretando il precetto contenuto nella più volte citata sentenza n. 7892, avrebbe perseverato nell’errore di “rinnovare” la dichiarazione di pubblica utilità con la delibera impugnata che, non contenendo una nuova valutazione dell’attualità dell’interesse pubblico, in funzione di un riesame completo dell’assetto urbanistico dell’area industriale, soltanto nella forma, ma non anche nella sostanza, si discosterebbe dalla deliberazione consiliare n. 56 del 27.12.2002, costituendo nient’altro che una illegittima proroga dei termini (per la giurisprudenza consentita solo per cause di forza maggiore o per altre ragioni indipendenti dalla volontà dell’Amministrazione). Ad avviso diparte ricorrente, scaduti i vincoli preordinati all’esproprio, sarebbe ammessa la loro reiterazione unicamente mediante atti specifici ed adeguatamente motivati, da rinvenirsi unicamente in un nuovo strumento urbanistico ovvero in una sua variante, altrimenti finendosi con il vulnerare i principi costituzionali in tema di rispetto della proprietà privata.

Perviene in tal modo alla conclusione che la realizzazione del proposto opificio industriale ben potrebbe essere assentita dalla P.A. stante la compatibilità dell’intervento con la destinazione urbanistica del suolo e la realizzazione da parte dell’Ente di tutte le opere di urbanizzazione finalizzate all’attuazione del piano particolareggiato, la cui motivazione (anche laddove lo strumento urbanistico subordini l’edificazione, in una zona a vocazione industriale, ad un piano di siffatta specie), secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale non potrebbe essere adottato ad esclusivo fondamento del diniego di concessione edilizia, se l’area risultasse adeguatamente edificata ed urbanizzata, come nella specie..

L’intimata Amministrazione comunale si è costituita in giudizio, sostenendo l’infondatezza del ricorso, all’uopo analiticamente controdeducendo alle avverse censure.

Alla pubblica udienza dell’11 gennaio 2007 il ricorso è stato ritenuto in decisione.


DIRITTO


Con il ricorso in epigrafe è stata impugnato, chiedendone l’annullamento, di un provvedimento di diniego di concessione edilizia per la costruzione di un opificio industriale per la lavorazione, produzione, trasformazione e commercializzazione di frutta fresca e secca, di ortaggi e loro derivati, da realizzarsi nella zona P.I.P. in località “Gorga” del Comune di Palma Campania (NA), << Considerato che:

- (……….) All’interno della suddetta zona sono legittimati all’edificazione solo i soggetti - imprenditori che siano risultati attributari dei lotti ivi compresi all’esito delle assegnazioni previste in esecuzione del bando pubblico approvato con deliberazione consiliare n. 6 del 15.2.2001, e della successiva procedura concorsuale conclusasi con l’approvazione della graduatoria definitiva degli aventi titolo da parte della Giunta Comunale con la deliberazione n. 222 del 23.10.2001;

- la società istante non ha partecipato alla suddetta procedura concorsuale e come tale non risulta in possesso del titolo previsto dalla vigente normativa per la zona di cui trattasi che la legittima ad avanzare richiesta di edificazione;

- che gli atti della medesima procedura di assegnazione dei lotti non sono stati caducati dalla sentenza del T.A.R. Campania - Napoli n. 7892/2002 >>.

Il ricorso è infondato.

Giova prendere le mosse dalla seconda parte della motivazione che assiste l’impugnato provvedimento, laddove (sull’implicito presupposto dell’annullamento solo parziale del P.I.P. con la sentenza) si avverte della sopravvivenza della procedura di assegnazione dei lotti al disposto annullamento, con la conseguenza che, non avendo la Società istante partecipato alla procedura concorsuale, non ha nessun titolo per conseguire il permesso di costruire.


Ed, infatti - come riferito dalla stessa Società ricorrente - la sentenza n. 7892 del 17.10.1992 resa dalla Quinta Sezione del T.A.R. Campania accoglieva solo in parte il ricorso n. 8332/2002 proposto dalla “Santella S.r.l.” limitando l’annullamento agli atti relativi all’occupazione d’urgenza e agli atti consequenziali, mentre dichiarava inammissibile l’impugnativa contro gli atti relativi all’approvazione del P.I.P. e delle opere di urbanizzazione (in particolare, la delibera di Giunta n. 172 del 4.6.2002, concernente l’occupazione dei suoli per l’assegnazione dei lotti e l’approvazione del piano particellare di esproprio, nonché la delibera consiliare n. 6 del 15.2.2001, recante l’approvazione del bando per l’assegnazione dei lotti): atti in relazione ai quali - per avere oramai prodotti i loro effetti - è risultato carente l’interesse concreto ed attuale alla impugnativa da parte della Società ricorrente la quale, d’altronde, non avendo gravato il capo di sentenza che dichiara l’inammissibilità, ha dimostrato di avervi prestato piena acquiescenza.

Invece, con riferimento alla restante parte della citata sentenza n. 7892, nella quale risulta (sia pure in parte) accolto il ricorso e sulla quale la società ricorrente dimostra di appuntare tutta la sua attenzione, si legge << con la scadenza dei dieci anni di efficacia del piano, viene meno la dichiarazione di pubblica utilità ed è perciò preclusa la potestà di disporre dei suoli compresi nel piano, salvo che l’Amministrazione non addivenga, con le forme e le modalità previste dall’ordinamento, ad una rinnovazione delle scelte di pianificazione urbanistica rimaste inattuate >>.

A tal punto per una migliore comprensione di quanto, nella fattispecie, avveratosi, è opportuno riferire del contenuto complesso che caratterizza qualunque piano urbanistico (generale o di attuazione, comune o speciale ecc.) previsto dall’art. 7 della legge n. 1150 del 942, modificato dall’art. 1 della legge 19.11.1968, n. 1187, ritenuto riconducibile (anche se con eccessiva semplificazione) a previsioni, sia di localizzazione (di opere pubbliche o di pubblica utilità) che di zonizzazione; complessità che, a maggior ragione, si accentua per il carattere “speciale”, rivestito da alcuni piani di attuazione, quali il Piano per l’Edilizia Popolare ed Economica (P.E.E.P.) o il P.I.P. in questione, la cui naturale vocazione ad esproprio generalizzato, per la funzione di strumento di politica economica che (al di là del precipuo ruolo di zonizzazione e localizzazione), è chiamato ad assolvere, in ragione della sua idoneità all’incremento di ricchezza per l’intero sistema produttivo locale, rende di indubbio interesse pianificatorio anche le attività successive alla intervenuta espropriazione rivolte all’assegnazione dei suoli espropriati agli aventi titolo, all’evidente scopo di garantire la realizzazione delle predette finalità.

In particolare, relativamente alle aree oggetto di localizzazione di opere pubbliche o di pubblica utilità, esse sono assoggettate dal piano a vincolo preordinato all’esproprio che ha la durata di cinque anni, ed in tale termine può essere emanato il provvedimento che comporta la dichiarazione di pubblica utilità delle opere (art. 9 D.P.R. 8.6.2001, n. 327).

Per quanto riguarda, invece, le zonizzazioni lo strumento urbanistico deve contenere, a titolo esemplificativo: la divisione in zone del territorio comunale, con la precisazione di quelle destinate all’espansione dell’aggregato urbano e con determinazione di vincoli e dei caratteri da osservare in ciascuna di esse, con particolare riferimento alle zone di pregio artistico, storico, ambientale e paesistico; la ricognizione del patrimonio edilizio da recuperare, con individuazione delle zone degradate in cui si rendono necessari opportuni interventi di conservazione, risanamento e ricostruzione (la cui esecuzione avverrà attraverso piani di recupero), infine, ma non per ultima, la definizione delle norme per l’attuazione del piano medesimo.

Dando modo di operare corretta applicazioni di siffatti concetti il Consiglio di Stato ha affermato che: << Il termine decennale di efficacia previsto per i piani particolareggiati dall’art. 16 della L. 17 agosto 942, n. 1150, ma applicabile anche ai piani di lottizzazione, si applica solo alle disposizioni di contenuto espropriativo e non anche alle prescrizioni urbanistiche di piano che rimangono pienamente operanti e vincolanti senza limiti di tempo fino all’approvazione di un nuovo piano attuativo >> (C. di S., Sez. IV, 28 luglio 2005, n. 4018).

Ne segue che, indubbiamente, le prescrizioni urbanistiche e le relative norme di attuazione dettate dal P.I.P., nella fattispecie, non sono state stravolte dall’annullamento conseguito dalla ricorrente e, pertanto, quest’ultima non ha titolo alcuno per avanzare pretese di sorta all’edificazione, in quanto l’annullamento disposto dal Tribunale ha colpito esclusivamente il vincolo preordinato all’espropriazione, ma non ha reso senz’altro “bianche” o non pianificate le aree, assoggettandole al regime di cui all’art. 9 del D.P.R. n. 380/2001.

Orbene, sempre tenendo a mente la corretta distinzione, nell’ambito del contenuto (complesso) del P.I.P., tra norme che, conformemente ai vincoli preordinati all’esproprio previsti nel P.R.G., dispongono la pubblica utilità indifferibilità ed urgenza di opere pubbliche o di pubblica utilità (al punto da legittimare l’immediata occupazione delle aree interessate) e norme di conformazione del territorio, la circostanza della decadenza dei vincoli di localizzazione preordinati all’esproprio o della dichiarazione di pubblica utilità (come nel caso dei P.I.P., trascorso i termine decennale dalla loro approvazione) - ritenuta decisiva dalla ricorrente - se esclude che la suddetta area, allo stato, possa essere occupata o espropriata, non fa venir meno il vincolo di conformazione derivante dalla zonizzazione unitamente alla restante disciplina di Piano, con la conseguenza che non possono rilasciarsi liberamente permessi di costruire, come, al contrario, vorrebbe la Società ricorrente, erroneamente ritenendo che, con la decadenza della dichiarazione di pubblica utilità implicita nell’approvazione del P.I.P. sia venuto meno l’unico elemento ostativo al rilascio del permesso in parola.

Pertanto, in tale situazione quanto argomentato in gravame secondo cui l’Amministrazione con l’ulteriore attività provvedimentale posta in essere successivamente alla emanazione della sentenza n. 7892 citata (piuttosto che addivenire, in esecuzione della stessa, << con le forme e le modalità previste dall’ordinamento ad una rinnovazione delle scelte di pianificazione urbanistica rimaste inattuate >>, null’altro avrebbe fatto (o tentato di fare) che riproporre il P.I.P. (con la dichiarazione di pubblica utilità indifferibilità ed urgenza implicita) obliterando che: << la dichiarazione implicita di pubblica utilità potrebbe scaturire unicamente da un nuovo piano o da una sua variante, da approvare con la stessa procedura >>, si rivela del tutto ultroneo ed irrilevante. Così come pure, limitatamente agli effetti rivendicati dalla ricorrente, del tutto inutile si rivela l’attività processuale volta a sindacare tutti gli atti amministrativi con cui si sarebbe reiterato illegittimamente la dichiarazione di pubblica utilità.

Invero, quanto dedotto dalla ricorrente, mostra di non considerare che, nella fattispecie, le previsioni del P.I.P. relative alla modalità per l’assegnazione dei lotti sono restate in piedi e, sempre in relazione a quelle previsioni, nulla tolgono le - pur attente e documentate - argomentazioni della ricorrente in ordine alla circostanza che alla scadenza dei dieci anni di efficacia del piano, viene meno la dichiarazione di pubblica utilità ed è perciò preclusa la potestà di disporre l’occupazione dei suoli compresi nel piano (salvo che l’Amministrazione addivenga, con le forme e le modalità previste dall’ordinamento, ad una rinnovazione delle scelte di pianificazione urbanistica rimaste inattuate).

Il discorso portato avanti sul piano sostanziale circa la corretta distinzione nell’ambito del contenuto (complesso) di un piano urbanistico e del P.I.P., secondo il suo sviluppo logico conduce ad operare una corretta considerazione, questa volta sul piano processuale, dei limiti soggettivi ed oggettivi del giudicato amministrativo.

Sul punto, nella fattispecie, deve rilevarsi come, pure a seguito delle ulteriori sentenze conseguite dalla ricorrente in ordine alla caducazione degli atti deliberativi adottati dal Comune per la riproposizione del P.I.P. in località Gorga, sono rimasti intatti (anche perché non annullati dal Tribunale con la prima sentenza n. 7892/2002, non impugnata sul punto) gli atti ed i provvedimenti della procedura concorsuale diretta all’assegnazione dei lotti edificabili, come pure gli atti ed i provvedimenti diretti a consentire l’edificazione nel rispetto delle prescrizioni urbanistiche dettate dal medesimo P.I.P.

Tali atti amministrativi, dunque, continuano ad esplicare piena efficacia, anche perché nella vicenda processuale inerente l’annullamento dei provvedimenti approvativi del P.I.P. non risultano coinvolti dalla ricorrente i soggetti partecipanti alla procedura d’assegnazione dei lotti edificabili, divenuti, poi, destinatari dei relativi permessi di costruire, sicché la ricorrente medesima, per effetto delle sentenze invocate, continua a non avere alcun titolo alla edificazione, potendo, tutt’al più conseguire, ove ne ricorrano i presupposti, il controvalore economico del bene che le è stato sottratto, sotto forma di risarcimento del danno.

Sotto il profilo dei suddetti limiti oggettivi, il giudicato formatosi tra le parti ed invocato dalla ricorrente a sostegno della propria richiesta, nel caso di specie, ha ad oggetto esclusivamente il vincolo preordinato all’esproprio scaturente, come tale (dichiarazione di pubblica utilità), dagli atti approvativi dello strumento esecutivo (P.I.P.), ma è tale da non minimamente rimettere in discussione l’impianto urbanistico che con lo stesso piano (peraltro in conformità del P.R.G.) è stato introdotto e regolamentato negli aspetti attuativi.

Ciò, d’altra parte, risulta non solo conforme all’efficacia sostanziale del giudicato civile o amministrativo sancita dall’art. 2909 cod. civ. (secondo il quale il giudicato fa stato solo fra le parti che hanno partecipato al giudizio), ma anche ai principi che disciplinano la valenza e gli effetti propri degli atti amministrativi in funzione della loro natura. Al riguardo, la giurisprudenza, nell’attribuire al P.I.P. natura di atto amministrativo a contenuto plurimo e scindibile ha avuto modo di affermare che: << L’annullamento da parte del giudice amministrativo di un P.I.P. investe un atto amministrativo di contenuto plurimo scindibile, nella parte in cui incide sulle posizioni soggettive dei proprietari dei fondi espropriati in attuazione del piano medesimo. Pertanto la posizione del proprietario estraneo al relativo giudizio non è incisa dagli effetti di detto annullamento, il quale non tocca il suo diritto all’indennità e la sua legittimazione ad opporsi contro la stima di essa in sede amministrativa >> (Cass,. Civ. Sez I, 12 aprile 1990, n. 3123); ed, ancora, che : << La dichiarazione di pubblica utilità - che è implicita nell’approvazione del P.I.P. - non è un atto collettivo, ma va inquadrato nella categoria degli atti plurimi, ossia di quelli che riguardano una pluralità di soggetti individuabili in relazione alla titolarità dei vari beni vincolati e considerati “uti singuli”. Da ciò consegue che il giudicato di annullamento produce effetti ripristinatori della pienezza del diritto di proprietà, già affievolito, solo per il ricorrente e non si estenda ai proprietari rimasti estranei al giudizio dinanzi al giudice amministrativo >> (Cass. Civ. Sez. I, 16 aprile 2004, n. 7253).

Risulta per tal modo confermato che, stavolta sotto il profilo dei limiti soggettivi del giudicato, che le sentenze amministrative invocate dalla ricorrente non possono interferire con la posizione e, quindi, con gli atti riguardanti soggetti non coinvolti nei relativi giudizi, con la ulteriore conseguenza che, non avendo la ricorrente partecipato alla procedura concorsuale per l’assegnazione dei lotti (circostanza, questa implicitamente ammessa anche dalla stessa ricorrente che, sul punto, si è limitata a produrre in giudizio una richiesta di prelazione datata 8.1.2001, anteriore al bando pubblico approvato con deliberazione consiliare n. 6 del 15.2.2001 per l’assegnazione di tre lotti nell’area P.I.P. del Comune di Palma Campania), e non avendone neppure ottenuto l’annullamento dei relativi provvedimenti (con la stessa sentenza che ora invoca), non può rivendicare il riconoscimento di un eventuale diritto di edificare, altrimenti venendosi a ledere la posizione di quei soggetti che, per l’appunto, sono rimasti estranei al contenzioso da essa promosso contro il Comune e che, invece, hanno direttamente preso parte alla procedura concorsuale diretta all’assegnazione dei lotti edificabili e dei quali essi ne sono anche i potenziali destinatari.

Ad avviso della ricorrente - rilevato nella memoria depositata in data 22.12.2006 - l‘annullamento dell’atto presupposto comporta l’automatica caducazione dell’atto successivo, soprattutto quando i provvedimenti consequenziali hanno carattere esecutivo degli atti presupposti annullati, ovvero fanno parte di un unico procedimento amministrativo e tra gli atti presupposti (dichiarazione p.u.i.u.) e quelli consequenziali (decreto di occupazione, immissione in possesso, assegnazione) c’è un collegamento tale da far ritenere che gli atti successivi sono in uno stretto rapporto di derivazione dai precedenti.

Un siffatto ordine di idee non è condivisibile.

In proposito basterà rilevare come, alla stregua della più recente giurisprudenza del Consiglio di Stato, considerata anche l’introduzione del rimedio costituito dal ricorso per opposizione di terzo, si impone una considerazione in termini estremamente restrittivi della rilevanza del nesso di presupposizione fra provvedimenti facenti parti della medesima sequenza procedimentale, proprio per tale ragione legittimanti la caducazione automatica, in modo tale che, pur non giungendo a negare del tutto l’incidenza di quest’ultimo istituto di matrice giurisprudenziale, se ne è ridotta drasticamente l’area di operatività. In tale situazione può consentirsi alla non necessità di impugnazione dell’atto finale, quando sia stato già impugnato quello preparatorio, unicamente quando tra i due atti vi sia un rapporto di presupposizione/consequenzialità immediata, diretta e necessaria, nel senso che l’atto successivo si pone quale inevitabile conseguenza di quello precedente, perché non vi sono nuove ed autonome valutazioni di interessi, né del destinatario dell’atto presupposto, né di altri soggetti. Diversamente, quando l’atto finale, pur partecipando della medesima sequenza procedimentale in cui si colloca l’atto preparatorio, non ne costituisce conseguenza inevitabile perché la sua adozione implica nuove ed ulteriori valutazioni di interessi, l’immediata impugnazione dell’atto preparatorio non fa venir meno la necessità di impugnare l’atto finale, pena l’improcedibilità del primo ricorso (C.f.r.: C. di S., sez. V, 6 luglio 2002, n. 3717). Ed è proprio in tale ultima evenienza che si versa nel caso di specie.

Sicché la ricorrente avrebbe avuto l’onere di impugnare il provvedimento di assegnazione delle aree, il ché non è avvenuto.

Conclusivamente, non risultando la ricorrente assegnataria dei lotti messi a concorso dal Comune resistente ed atteso che l’impugnato provvedimento di diniego di concessione edilizia non difetta di adeguata e congrua motivazione in ordine alla riscontrata difformità del progettato intervento rispetto alle previsioni del vigente strumento urbanistico generale, il ricorso è infondato e, pertanto, va respinto.

Sussistono, comunque, giusti motivi per compensare fra le parti le spese giudiziali.


P.Q.M.


Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania, Terza Sezione, definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe (n. 939/2005 R.G.) proposto dalla “Santella S.r.l.”, lo respinge.

Compensa fra le parti le spese, le competenze e gli onorari di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Così deciso in Napoli, nella Camera di Consiglio dell’11 gennaio 2007.


UGO DE MAIO Presidente                                               VINCENZO CERNESE Consigliere Estensore



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