AmbienteDiritto.it 

Legislazione  Giurisprudenza

 


 AmbienteDiritto.it - Rivista giuridica - Electronic Law Review - Tutti i diritti sono riservati - Copyright © - AmbienteDiritto.it

Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006

 

T.A.R. CAMPANIA, NAPOLI Sez. II, 23 aprile 2007 (15/03/2007) n. 4217



URBANISTICA E EDILIZIA - Permesso di costruire - Cd. opere precarie, funzionali - Disciplina - Artt. 3 e 10 del d.p.r. 380/2001.
Ai sensi del combinato disposto degli artt. 3 e 10 del d.p.r. 380/2001, è richiesto il permesso di costruire per tutte le attività qualificabili come interventi di nuova costruzione che comportano la trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio. Tanto, però, deve ritenersi necessario solo in riferimento alle ipotesi di trasformazioni potenzialmente durevoli e non già nel caso di costruzioni provvisorie. Restano, invece, sottratte al regime autorizzatorio le opere cd. precarie, funzionali cioè ad esigenze contingenti e temporalmente circoscritte, cessate le quali sono destinate ad essere rimosse. Pres. D'Alessandro, Est. Maiello, Somma (avv. Torrese) c. Comune di Pimonte (avv. Sciotto). TAR CAMPANIA, Napoli, Sez. II, 23 aprile 2007 (15/03/2007) n. 4217

URBANISTICA E EDILIZIA - P.R.G. - Deroga allo strumento urbanistico - Clausola di “precarieta” di un’opera - Esclusione - Profilo cd. Funzionale - Oggettiva destinazione impressa al manufatto - Permesso di costruire. E’ escluso dall’ordinamento la possibilità di apporre una clausola di “precarieta” ad un titolo autorizzatorio operante in deroga allo strumento urbanistico vigente ed alle sue previsioni. Diversamente opinando, anche la realizzazione di un consistente fabbricato potrebbe paradossalmente ottenere la qualificazione di opera precaria per il solo fatto che il relativo titolo di legittimazione venga rilasciato sotto l’irrituale condizione di un successivo riesame da condurre alla stregua dell’esito (peraltro del tutto incerto) del procedimento di approvazione di uno strumento urbanistico in itinere. Sicché, neppure valgono, a reggere il permesso di costruire oggetto di gravame le prescrizioni - ancorchè favorevoli - del P.R.G. in itinere. Pres. D'Alessandro, Est. Maiello, Somma (avv. Torrese) c. Comune di Pimonte (avv. Sciotto). TAR CAMPANIA, Napoli, Sez. II, 23 aprile 2007 (15/03/2007) n. 4217  

URBANISTICA E EDILIZIA - Opere precarie - Requisito della temporaneità - Criterio oggettivo - Fini specifici e cronologicamente delimitabili - Giurisprudenza. In tema di opere precarie, il requisito della temporaneità va apprezzato con criterio oggettivo avuto riguardo all’oggetto della costruzione nei suoi obiettivi dati tecnici e deve, dunque, ricollegarsi alla sua destinazione materiale, che ne evidenzi un uso realmente precario o temporaneo, per fini specifici e cronologicamente delimitabili (cfr. Consiglio Stato, sez. V, 24 febbraio 2003, n. 986; Consiglio di Stato, Sez. V, n°5828 del 30 ottobre 2000; Consiglio Stato, sez. V, 24 febbraio 1996, n. 226; CdS Sez. V 23.1.1995; Cass. Sez. III 28.1.1997; Cass. Sez. III 4.10.1996). Pres. D'Alessandro, Est. Maiello, Somma (avv. Torrese) c. Comune di Pimonte (avv. Sciotto). TAR CAMPANIA, Napoli, Sez. II, 23 aprile 2007 (15/03/2007) n. 4217

URBANISTICA E EDILIZIA - Iter PRG - Adozione del piano regolatore - Natura - Fattispecie complessa - Approvazione regionale - Efficacia - Cd. misure di salvaguardia - Termini. La delibera di adozione del piano regolatore si atteggia come elemento di una fattispecie complessa che si perfeziona solo con l'atto di approvazione regionale, cui consegue la piena efficacia delle prescrizioni urbanistiche volte a disciplinare l’uso del territorio. (cfr. Tar Campania, Seconda Sezione n°713 del 25.1.2007). E’ evidente, dunque, che eventuali prescrizioni favorevoli compendiate nella delibera di adozione del P.R.G., in quanto radicalmente prive di efficacia, non potrebbero giammai reggere determinazioni volitive dell’Amministrazione ad esse conformi. Prima di tale momento, è possibile assegnare alla delibera di adozione del P.R.G. una ridotta efficacia imperativa diretta e propria, che si risolve (in una prospettiva radicalmente diversa) nell’impedire interventi edilizi ed urbanistici contrastanti con esso. Ciò avviene per effetto dell’obbligatoria applicazione delle cd. misure di salvaguardia la cui efficacia, sotto il profilo temporale, resta circoscritta ad un periodo di tre anni elevabile a cinque anni per i piani tempestivamente inoltrati per l'approvazione. Pres. D'Alessandro, Est. Maiello, Somma (avv. Torrese) c. Comune di Pimonte (avv. Sciotto). TAR CAMPANIA, Napoli, Sez. II, 23 aprile 2007 (15/03/2007) n. 4217

URBANISTICA E EDILIZIA - PROCEDURE E VARIE - Rilascio di un titolo autorizzatorio di natura edilizia - Posizione legittimante all’impugnativa - Elementi. In materia edilizia, a seguito del rilascio di un titolo autorizzatorio di natura edilizia, la posizione legittimante all’impugnativa sussiste in capo a coloro che si trovino in una situazione di stabile collegamento giuridico con il terreno oggetto dell'intervento costruttivo autorizzato e che facciano valere un interesse giuridicamente protetto di natura urbanistica, quale è quello della osservanza delle prescrizioni regolatrici dell'edificazione. Pertanto, non occorre procedere ad alcuna ulteriore indagine al fine di accertare, in concreto, se i lavori assentiti dall'atto impugnato comportino o meno un effettivo pregiudizio per il soggetto che propone l'impugnazione; infatti l'esistenza della posizione legittimante abilita il soggetto ad agire per il rispetto delle norme urbanistiche che assume violate, a prescindere da qualsivoglia esame sul tipo di lesione che i lavori in concreto potrebbero arrecare (cfr. ad es. Consiglio Stato sez. V, 18 settembre 1998, n. 1289, Tar Campania, Seconda Sezione n°713 del 25.1.2007). Pres. D'Alessandro, Est. Maiello, Somma (avv. Torrese) c. Comune di Pimonte (avv. Sciotto). TAR CAMPANIA, Napoli, Sez. II, 23 aprile 2007 (15/03/2007) n. 4217

URBANISTICA E EDILIZIA - BENI CULTURALI E AMBIENTALI - Rilascio del permesso di costruire - Assenza della preventiva autorizzazione paesaggistico - ambientale, ex art. 146 del d. lgs. 42/2004 - Illegittimità - Interventi di manutenzione ordinaria, straordinaria, di consolidamento statico e di restauro conservativo - Esenzione - Art. 149 c. 1 lett. A) d. lgs. 42/2004 - Limite di applicabilità. E’ illegittimo il rilascio del permesso di costruire, quando non risulta preceduto dall’acquisizione della indispensabile autorizzazione paesaggistico - ambientale, ex art. 146 del d. lgs. 42/2004, che conferisce all'autorizzazione la dignità giuridica di atto autonomo e presupposto di legittimità del permesso di costruire o degli altri titoli legittimanti l'intervento edilizio. Né è possibile invocare l’esenzione di cui all’art. 149 comma 1 lett. A) del suindicato testo normativo, nella parte in cui prevede che non è comunque richiesta l'autorizzazione per gli interventi di manutenzione ordinaria, straordinaria, di consolidamento statico e di restauro conservativo che non alterino lo stato dei luoghi e l'aspetto esteriore degli edifici, quando le opere per natura, tipologia, forme e dimensioni, comportano un’apprezzabile e durevole trasformazione dello stato dei luoghi e, come tali, risultano manifestamente incompatibili con la suindicata deroga. Pres. D'Alessandro, Est. Maiello, Somma (avv. Torrese) c. Comune di Pimonte (avv. Sciotto). TAR CAMPANIA, Napoli, Sez. II, 23 aprile 2007 (15/03/2007) n. 4217

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO


n. 4217/07 Reg. Sent.


IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA CAMPANIA - SEDE DI NAPOLI
- Sezione Seconda DI NAPOLI -


composto dai Signori Magistrati:


dr. CARLO d’ALESSANDRO                       Presidente
dr. ANNA PAPPALARDO                           Consigliere
dr. UMBERTO MAIELLO       Primo Ref. ,    Relatore


ha pronunciato la seguente


SENTENZA


sul ricorso n. 1560/2005 proposto da Andrea SOMMA, rappresentato e difeso dall’Avv. Luigi Torrese ed elettivamente domiciliato presso lo studio del medesimo difensore in Napoli alla via Ugo Niutta n°36;


contro


il COMUNE di PIMONTE, in persona del rappresentante legale pro - tempore, rappresentato e difeso dall’Avv. Carmela Sciotto, con la quale elettivamente domicilia in Napoli al viale Gramsci n°16 presso lo studio dell’Avv. Antonio Messina;
GARGIULO GENNARO, rappresentato e difeso dall’Avv. Sergio Mascolo ed elettivamente domiciliato in Napoli alla via Mariano D’Ayala n°14 ( studio Franco);
GARGLIULO GIOVANNI, GARGIULO FILOMENA, non costituiti in giudizio;


per l’annullamento previa sospensiva


- del permesso di costruire “temporaneo” n°27 del 7.9.2004 rilasciato a Gargiulo Giovanni, Gargiulo Ferdinando, Gargiulo Gennaro e Gargiulo Filomena, avente ad oggetto l’autorizzazione ad eseguire lavori di delocalizzazione del contenitore per la raccolta del vetro di risulta a servizio dell’attività artigianale svolta dalla società “La tecnica del vetro s.n.c. di Gargiulo Gennaro & f.lli” con l’intesa che la natura di provvisorietà del provvedimento cadrà nel momento in cui il P.R.G. diverrà vigente, con effetto diverso a seconda delle determinazioni finali che la Regione Campania assumerà in sede di approvazione;
- di ogni altro atto amministrativo, ivi compresa la delibera consiliare n°38 del 18.12.2003 recante “esame delle osservazioni al P.R.G. adottato in data 25.1.2002”;
Visto il ricorso ed i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Amministrazione intimata e del controinteressato Gargiulo Gennaro;
Udito all’udienza del 15.3.2007 il relatore Primo Referendario dr. UMBERTO MAIELLO
Uditi altresì per le parti gli avvocati come da verbale di udienza;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto;


FATTO


Con il gravame in epigrafe, il ricorrente impugna il permesso di costruire, rilasciato ai controinteressati Gargiulo Giovanni, Gargiulo Ferdinando, Gargiulo Gennaro e Gargiulo Filomena, avente ad oggetto l’autorizzazione ad eseguire lavori di delocalizzazione del contenitore per la raccolta del vetro di risulta a servizio dell’attività artigianale svolta dalla società “La tecnica del vetro s.n.c. di Gargiulo Gennaro & f.lli”


Mette conto evidenziare che il precitato titolo abilitativo è stato rilasciato in via “temporanea” con l’intesa che la “natura precaria” del provvedimento cadrà nel momento in cui il P.R.G. diverrà vigente a seconda delle determinazioni finali che la Regione Campania assumerà in sede di approvazione.


Avverso il precitato atto, il ricorrente, con il gravame in epigrafe, ha articolato le seguenti censure:


1) violazione e falsa applicazione degli artt. 9, 12 e 14 del d.p.r. 380/2001 - eccesso di potere - sviamento - carenza di presupposti - carenza d’istruttoria - violazione dei principi di correttezza amministrativa;
L’Amministrazione avrebbe illegittimamente rilasciato un permesso di costruire “in precario” con validità ed efficacia estese ad un periodo di tempo non predeterminato ed in deroga alla vigente normativa urbanistica;


2) Violazione e falsa applicazione dell’art. 12 comma 3 del d.p.r. 380/2001; eccesso di potere sotto diversi profili - mancata considerazione dell’illegittimità, ed in via subordinata, dell’effettiva valenza della delibera consiliare n°38 del 18.12.2003;
L’autorizzazione risulterebbe in contrasto anche con il P.R.G. adottato ed in contrasto con esso, atteso che la delibera suindicata esprimerebbe solo un parere e non risulterebbe ancora recepita nello strumento urbanistico;


3) violazione e/o falsa applicazione dell’art. 146 del d. lgs. 42/2004, eccesso di potere sotto diversi profili;
Mancherebbe l’autorizzazione paesaggistica;


4) Violazione e/o falsa applicazione C.d.S. e norme comunali in tema di distanze dalla strada comunale;
Non risulterebbe rispettata la zona di rispetto stradale.


Resistono in giudizio il Comune di Pimonte ed il controinteressato Gargiulo Gennaro.


Con ordinanza assunta all’udienza del 6.7.2006 il Collegio ha disposto l’integrazione del contraddittorio, incombente al quale il ricorrente ha ritualmente ottemperato.


All’udienza del 15.3.2007 il ricorso è stato trattenuto in decisione.


DIRITTO


Il ricorso è fondato e va, pertanto, accolto.


Va, anzitutto, disattesa l’eccezione formulata, in rito, dalle parti resistenti, secondo cui il ricorso sarebbe inammissibile per carenza di interesse.


Di contro, è sufficiente osservare, in aderenza ad un diffuso orientamento giurisprudenziale, più volte fatto proprio dalla Sezione (cfr. per un precedente concernente le medesime parti Tar Campania, Seconda Sezione n°713 del 25.1.2007) che, a seguito del rilascio di un titolo autorizzatorio di natura edilizia, la posizione legittimante all’impugnativa sussiste in capo a coloro che si trovino in una situazione di stabile collegamento giuridico con il terreno oggetto dell'intervento costruttivo autorizzato e che facciano valere un interesse giuridicamente protetto di natura urbanistica, quale è quello della osservanza delle prescrizioni regolatrici dell'edificazione. Pertanto non occorre procedere ad alcuna ulteriore indagine al fine di accertare, in concreto, se i lavori assentiti dall'atto impugnato comportino o meno un effettivo pregiudizio per il soggetto che propone l'impugnazione; infatti l'esistenza della posizione legittimante abilita il soggetto ad agire per il rispetto delle norme urbanistiche che assume violate, a prescindere da qualsivoglia esame sul tipo di lesione che i lavori in concreto potrebbero arrecare (cfr. ad es. Consiglio Stato sez. V, 18 settembre 1998, n. 1289).


In definitiva, la posizione differenziata in cui versa il ricorrente Somma Andrea, quale proprietario frontista ( di un immobile sito in Pimonte alla via Gelso n°6) rispetto al fondo interessato dal contestato intervento edilizio, vale, di per se stessa, ad accreditarne la legittimazione.


Del pari, priva di pregio appare l’ulteriore eccezione di improcedibilità incentrata sul fatto che l’opera sarebbe oramai ultimata: di contro, è agevole osservare che la caducazione del relativo titolo abilitativo renderebbe il manufatto in questione illecito, con conseguente astratta predicabilità - oltre che di strumenti di tutela risarcitoria, ove sussistano in concreto gli specifici presupposti costitutivi - anche di interventi di natura ripristinatoria, sicchè alcun dubbio residua sulla persistenza dell’interesse ad agire che regge il gravame in epigrafe.


Nel merito, vale premettere che con il provvedimento oggetto di gravame è stata autorizzata l’esecuzione di lavori di delocalizzazione del contenitore per la raccolta del vetro di risulta a servizio dell’attività artigianale svolta dalla società “La tecnica del vetro s.n.c. di Gargiulo Gennaro & f.lli”.

 
Orbene, rileva, anzitutto, il Collegio che l’intervento edilizio assentito si caratterizza per evidenti innovazioni rispetto all’originario stato dei luoghi e, pertanto, non è possibile assegnare ad esso una portata meramente conservativa.


Segnatamente, il progetto prevedeva la sostituzione e lo spostamento del suddetto contenitore previa realizzazione, da un lato, di uno sbancamento necessario per creare l’incasso in cui posizionare la nuova struttura in ferro di dimensioni pari a 5.00 x 2.00 ed un’altezza di 1.00 e, dall’altro, di nuova muratura perimetrale su tre lati per un’altezza di mt. 2,80.


Il nuovo vano destinato alla raccolta del vetro di risulta è stato, dunque, eseguito mediante la realizzazione di un nuovo manufatto, che, come si evince anche dalla documentazione fotografica in atti, ha determinato un'alterazione evidente dell'originaria fisionomia e consistenza fisica dei luoghi.


In definitiva, non può essere revocata in dubbio la rilevanza edilizia dell’intervento effettuato, al quale è conseguito un quid novi, che ha sensibilmente alterato, in parte qua, la struttura originaria del preesistente fabbricato, con conseguente superamento delle finalità meramente conservative o protettive o di stretta funzionalità cui restano soggette le cd. attività edilizie minori.


Costituisce, poi, un dato incontrovertibile il dedotto contrasto, sotto più profili, dell’avversato titolo abilitativo con il regime urbanistico ed edilizio di riferimento, con conseguente violazione dell’art. 12 comma 1° del d.p.r. 380/2001.


Ed, invero, il suddetto titolo, nella misura in cui asseconda un’impropria destinazione industriale dell’area, si rivela, anzitutto, in contrasto con la destinazione urbanistica di zona prescritta dal vigente strumento urbanistico ( p.d.f.) che qualifica l’area in questione come zona B5, residenziale di completamento.


Né appare condivisibile la benevola valutazione sulla precarietà delle opere svolta dall’Amministrazione resistente.


Com’è noto, ai sensi del combinato disposto degli artt. 3 e 10 del d.p.r. 380/2001, è richiesto il permesso di costruire per tutte le attività qualificabili come interventi di nuova costruzione che comportano la trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio.


Tanto, però, deve ritenersi necessario solo in riferimento alle ipotesi di trasformazioni potenzialmente durevoli e non già nel caso di costruzioni provvisorie.


Restano, invece, sottratte al regime autorizzatorio le opere cd. precarie, funzionali cioè ad esigenze contingenti e temporalmente circoscritte, cessate le quali sono destinate ad essere rimosse.


Non è, invece, prevista dall’ordinamento la possibilità di apporre una clausola di “precarieta” ad un titolo autorizzatorio operante in deroga allo strumento urbanistico vigente ed alle sue previsioni.


Orbene, avuto riguardo al caso di specie, appare di evidenza intuitiva come l’intervento edilizio assentito dal Comune resistente non possa essere ascritto alla tipologia degli interventi precari: in tal senso depongono, anzitutto, le divisate modalità costruttive dell’opera che riflettono con assoluta evidenza come la stessa risulti stabilmente assicurata al suolo.


Tale conclusione appare, poi, vieppiù avvalorata dal profilo cd. funzionale, vale a dire dalla concreta ed oggettiva destinazione impressa al manufatto.


Com’è noto, il requisito della temporaneità va apprezzato con criterio oggettivo avuto riguardo all’oggetto della costruzione nei suoi obiettivi dati tecnici e deve, dunque, ricollegarsi alla sua destinazione materiale, che ne evidenzi un uso realmente precario o temporaneo, per fini specifici e cronologicamente delimitabili ( cfr. Consiglio Stato, sez. V, 24 febbraio 2003, n. 986; Consiglio di Stato, Sez. V, n°5828 del 30 ottobre 2000; Consiglio Stato, sez. V, 24 febbraio 1996, n. 226; CdS Sez. V 23.1.1995; Cass. Sez. III 28.1.1997; Cass. Sez. III 4.10.1996).


Tale evidentemente non è un manufatto stabilmente inserito nel ciclo produttivo di un’attività imprenditoriale.


Sul punto, decisamente fuorviante è la prospettiva utilizzata dal Comune di Pimonte che ha ancorato la propria valutazione sulla precarietà dell’opera all’introduzione di apposita condizione risolutiva legata ai successivi sviluppi del procedimento di variante del locale regime urbanistico.


E’ rimasta in tal modo tradita la ratio della disposizione normativa che collega il riconoscimento della precarietà dell’opera alle tipiche connotazioni funzionali che qualificano la stessa, tali da accreditare - su un piano oggettivo - un’utilizzazione circoscritta nel tempo.


Di contro, la stessa divisata necessità di apporre una condizione di efficacia riflette l’astratta attitudine della struttura in argomento ad un uso prolungato nel tempo, che viene ad essere temporalmente circoscritto, non già in ragione dell’ontologica vocazione funzionale dell’opera, come richiesto dalla normativa di settore, bensì per effetto di clausole autoritative introdotte in via eteronoma dall’Amministrazione e che operano sul diverso piano giuridico formale.


In altri termini, l’impostazione del Comune resistente prescinde del tutto dalla dimensione concreta dell’opera ed investe un profilo esterno ad essa, che, viceversa, dovrebbe restare assolutamente neutro in quanto astrattamente sovrapponibile ad ogni tipologia di intervento edilizio.


Ed, invero, diversamente opinando, anche la realizzazione di un consistente fabbricato potrebbe paradossalmente ottenere la qualificazione di opera precaria per il solo fatto che il relativo titolo di legittimazione venga rilasciato sotto l’irrituale condizione di un successivo riesame da condurre alla stregua dell’esito ( peraltro del tutto incerto) del procedimento di approvazione di uno strumento urbanistico in itinere.


Quanto a tale ultimo aspetto, non valgono, infine, a reggere il permesso di costruire oggetto di gravame le prescrizioni - ancorchè favorevoli - del suddetto P.R.G. in itinere.


Questa Sezione ha di recente evidenziato in una controversia tra le medesime parti connessa alla vicenda oggi in esame ( cfr. Tar Campania, Seconda Sezione n°713 del 25.1.2007) che la delibera di adozione del piano regolatore si atteggia come elemento di una fattispecie complessa che si perfeziona solo con l'atto di approvazione regionale, cui consegue la piena efficacia delle prescrizioni urbanistiche volte a disciplinare l’uso del territorio.


E’ evidente, dunque, che eventuali prescrizioni favorevoli compendiate nella delibera di adozione del P.R.G., in quanto radicalmente prive di efficacia, non potrebbero giammai reggere determinazioni volitive dell’Amministrazione ad esse conformi.


Prima di tale momento, è possibile assegnare alla delibera di adozione del P.R.G. una ridotta efficacia imperativa diretta e propria, che si risolve ( in una prospettiva radicalmente diversa) nell’impedire interventi edilizi ed urbanistici contrastanti con esso.


Ciò avviene per effetto dell’obbligatoria applicazione delle cd. misure di salvaguardia la cui efficacia, sotto il profilo temporale, resta circoscritta ad un periodo di tre anni elevabile a cinque anni per i piani tempestivamente inoltrati per l'approvazione.


Senza contare che l’intervento autorizzato dal Comune di Pimonte appare in radicale contrasto anche con la delibera consiliare di adozione del P.R.G. nell’ambito della quale, ad oggi, l’area di sedime viene qualificata come zona F2p ovvero destinata a verde e sport di progetto.


Né assume rilievo la circostanza che, con successiva delibera consiliare n°38 del 18.12.2003 il Comune di Pimonte ha espresso parere favorevole in merito all’osservazione avanzata dalle parti controinteressate e volta ad ottenere la riclassificazione della zona de qua come zona D.


Ed, invero, siffatto atto non sostituisce il pregresso deliberato ma esprime una mera valutazione che non immuta la destinazione già impressa all’area in questione, (zona F2p ovvero destinata a verde e sport di progetto ); eventuali variazioni potranno eventualmente intervenire solo in sede di approvazione del P.R.G.


No può poi essere obliterato, sotto diverso profilo, che il suddetto progetto edilizio insiste su un’area ricadente nel P.U.T. di cui alla legge regionale della Campania n°35/1987, classificata come zona territoriale n°4 - riqualificazione insediativa ed ambientale di primo grado.


Di contro, il rilascio del permesso di costruire non risulta preceduto dall’acquisizione della indispensabile autorizzazione paesaggistico - ambientale, in palese violazione dell’art. 146 del d. lgs. 42/2004, che conferisce all'autorizzazione in questione la dignità giuridica di atto autonomo e presupposto di legittimità del permesso di costruire o degli altri titoli legittimanti l'intervento edilizio.


Né è possibile invocare l’esenzione di cui all’art. 149 comma 1 lett. A) del suindicato testo normativo, nella parte in cui prevede che non è comunque richiesta l'autorizzazione per gli interventi di manutenzione ordinaria, straordinaria, di consolidamento statico e di restauro conservativo che non alterino lo stato dei luoghi e l'aspetto esteriore degli edifici.


In disparte quanto sopra osservato sulla categoria edilizia applicabile alla fattispecie in esame, deve rilevarsi che le opere in contestazione per natura, tipologia, forme e dimensioni, comportano un’apprezzabile e durevole trasformazione dello stato dei luoghi e, come tali, risultano manifestamente incompatibili con la suindicata deroga.


Conclusivamente, ribadite le svolte considerazioni, il ricorso va accolto con assorbimento degli ulteriori motivi di gravame e, per l’effetto, s’impone l’annullamento del permesso di costruire impugnato.


Le spese seguono la soccombenza e, per l’effetto, tanto il Comune resistente quanto il controinteressato costituito, Gargiulo Gennaro, vanno condannati al rimborso, in favore della parte ricorrente, delle spese processuali, liquidate complessivamente in € 2.000 ( duemila), di cui € 1.000 a carico del Comune resisetnte ed € 1.000 a carico di Gargiulo Gennaro.


L’Amministrazione soccombente resta, altresì, tenuta al rimborso del contributo unificato.


P.Q.M.


Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania, sede di Napoli, Sezione Seconda, definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo accoglie e, per l’effetto, annulla l’atto impugnato.


Spese come da motivazione.


Ordina che la presente decisione venga eseguita dall’autorità amministrativa.


Così deciso in Napoli nella Camera di Consiglio del 15.3.2007.


Il Primo Ref. Estensore


Il Presidente


AmbienteDiritto.it - Rivista giuridica - Electronic Law Review - Tutti i diritti sono riservati - Copyright © - AmbienteDiritto.it

Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006

 

 Vedi altre: SENTENZE PER ESTESO


Ritorna alle MASSIME della sentenza  -  Approfondisci con altre massime: GIURISPRUDENZA  -  Ricerca in: LEGISLAZIONE  -  Ricerca in: DOTTRINA

www.AmbienteDiritto.it