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TAR CAMPANIA,
Napoli, Sez. VI, 30 gennaio 2007, n. 776
URBANISTICA - Ricostruzione successiva alla rovina dell'immobile - Natura -
Attività manutentiva - Esclusione. La “ricostruzione” non contestuale alla
demolizione, ma successiva alla documentata “rovina” del bene, non può
qualificarsi attività “manutentiva” (sulla nozione di ristrutturazione, ex
pluris, cfr. C.d.S., sez.IV, 22.5.2006, n.3006; C.d.S:, sez.V, 5.3.2001, n.1246;
C.d.S., sez.IV, 28.7.2005, n.4011; TAR Abruzzo, Pescara, 30.6.2005, n.185; TAR
Campania, Salerno, sez.II, 11.3.2005, n.228; e, sulla riconduzione della
ricostruzione alla nozione di “nuova costruzione” piuttosto che a quella di
ristrutturazione, cfr. TAR Puglia, Lecce, sez.III, 4.3.2005, n.1183). Pres
Giamportone, Est. Abruzzese - A.M. (avv. Molinaro) c. Comune di Serrara Fontana
(n.c.), riunito ad altro ric. - T.A.R. CAMPANIA, Napoli, Sez. V - 30 gennaio
2007, n. 776
URBANISTICA - D.I.A. - Comunicazione dei motivi ostativi all'accoglimento dell'istanza - Necessità - Esclusione - Ragioni. La comunicazione dei motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza va esclusa in riferimento al procedimento di D.I.A.. L'istituto di cui all'art. 10 bis della L. n. 241/90 persegue infatti finalità di potenziamento del contraddittorio tra P.A. e privati ed esercita, sotto tale profilo, una funzione analoga alla comunicazione di avvio del procedimento prevista dall’art. 7 della stessa legge 241/1990 nei procedimenti instaurati ad istanza di parte, con lo scopo di orientare l’attività della P.A., in ipotesi sfavorevole al privato, nella ricorrenza dei presupposti di legge, verso esiti differenti mediante la indotta partecipazione degli interessati. Le norme contenute nel capo II della legge n.241/90 fissano garanzie minime ed inderogabili, che tuttavia cedono il passo alle norme contenute in altre leggi regolanti specifici settori, che prevedono per questi ultimi una tutela specifica maggiore in chiave partecipativa. Nel caso della D.I.A., il D.P.R. 6 giugno 2001, n.380, prevede forme di confronto tra il privato e la P.A. assai più pregnanti di quelle assicurate dallo stesso art. 10-bis; in termini, la denuncia di inizio di attività prevede la notifica all’interessato dell’ordine motivato di non effettuare il previsto intervento (ex art. 23, comma 6), dove è già prevista la motivazione dell’ordine inibitorio e viene assicurata una forma di confronto e di tutela del privato a favore del quale viene comunque fatta “salva la facoltà di ripresentare la denuncia di inizio attività, con le modifiche o le integrazioni necessarie per renderla conforme alla normativa urbanistica ed edilizia” (cfr. TAR Veneto, sez.II. 13 settembre 2005, n.3418). Non si tratta dunque di un definitivo rigetto dell’istanza, ma di un temporaneo e modificabile ordine di inibizione dell’attività edificatoria nelle forme e secondo le modalità proposte dall’interessato nella D.I.A. Pres Giamportone, Est. Abruzzese - A.M. (avv. Molinaro) c. Comune di Serrara Fontana (n.c.), riunito ad altro ric. - T.A.R. CAMPANIA, Napoli, Sez. V - 30 gennaio 2007, n. 776
BENI CULTURALI E AMBIENTALI - Autorizzazione paesaggistica - Potere di annullamento ex art. 159 D.Lgs. n. 42/2004 ante D.Lgs. n. 157/2006 - Competenza - Soprintendenza - Difetto. Fino alla entrata in vigore del decreto correttivo n.157/2006 (in G.U. 27 aprile 2006, S.O., 27 aprile 2006 n.97), deve ritenersi che la competenza ex art. 159 D.lgs. n.42/2004 spettasse al Ministero (id est, alla struttura ministeriale centrale) e non ad un ufficio periferico, identificabile, in particolare, nella Soprintendenza. Pres Giamportone, Est. Abruzzese - A.M. (avv. Molinaro) c. Comune di Serrara Fontana (n.c.), riunito ad altro ric. - T.A.R. CAMPANIA, Napoli, Sez. V - 30 gennaio 2007, n. 776
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL
TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE
PER LA CAMPANIA
Sezione Sesta
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sui ricorsi riuniti
1 ) - n. 2286 del 2006 proposto da
AGRITURISTICA MILANESE, in persona del legale rappresentante pro tempore,
rappresentata e difesa dall’avv.Lorenzo Bruno Molinaro, con il quale è
domiciliata presso la Segreteria del TAR,
CONTRO
COMUNE DI SERRARA FONTANA, in persona del Sindaco pro tempore, non costituito in
giudizio,
per l’annullamento
del provvedimento del 19.1.2006 prot. n.2006 0000687 U del 19.1.2006 con il
quale il responsabile del servizio tecnico del Comune di Serrara Fontana non ha
“accolto” la d.i.a. presentata dall’Avv.Ubaldo Procaccini, amministratore unico
della s.r.l. Agrituristica Milanese, in data 4 marzo 2005, prot. n.2115 per la
realizzazione, in Serrara Fontana, presso l’immobile ubicato alla località Monte
Sant’Angelo, di opere di “manutenzione ordinaria e straordinaria”; dei
provvedimenti del responsabile del servizio tecnico del 14.3.2005, prot n.2115 e
dell’11.5.2005, prot. n.4599; di ogni altro atto anteriore, connesso e
conseguente;
2 ) - n. 3609 del 2006 proposto da
AGRITURISTICA MILANESE, in persona del legale rappresentante pro tempore,
rappresentata e difesa dall’avv.Lorenzo Bruno Molinaro, con il quale è
domiciliata presso la Segreteria del TAR,
CONTRO
COMUNE DI SERRARA FONTANA, in persona del Sindaco pro tempore, non costituito in
giudizio;
MINISTERO BENI E ATTIVITA’ CULTURALI, in persona del Ministro pro tempore,
rappresentato e difeso ex lege dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato, presso
i cui Uffici legalmente domicilia in Napoli alla via A.Diaz n.11
SOPRINTENDENZA BENI AMBIENTALI E ARCHITETTONICI DI NAPOLI, in persona del
Soprintendente pro tempore, rappresentato e difeso ex lege dall’Avvocatura
Distrettuale dello Stato, presso i cui Uffici legalmente domicilia in Napoli
alla via A.Diaz n.11,
per l’annullamento
ddel provvedimento dell’1.3.2006 (prot.2006 002401 U dell’1.3.2006) con il
quale il responsabile del servizio tecnico del Comune di Serrara Fontana, “a
completamento della nota prot, n.687 del 19.1.2006, di diniego dei lavori in
relazione alla D.I.A. del 4.3.2005, prot. n.2115”, ritiene che “anche per quanto
attiene ai manufatti che hanno mantenuto caratteristiche di integrità
strutturale (..) deve essere richiesta l’autorizzazione ex art. 146 del D.lg.s
22.1.2004, n.42, come comunicato dall’Autorità preposta”; di tutti gli altri
atti preordinati, connessi e conseguenziali comunque lesivi della posizione
giuridica della ricorrente, ivi compreso, per quanto occorra, la nota n.130 dl
25.1.2006 della Soprintendenza per Beni Architettonici ed il Paesaggio per il
Patrimonio Storico artistico e Demoantropologico di Napoli e Provincia.
Visti i ricorsi con i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio delle Amministrazioni resistenti;
Vista la propria Ordinanza 20.4.2006, n.1137;
Visti gli atti tutti della causa;
Relatore, alla udienza del 10 gennaio 2007, il Cons. Maria Abbruzzese;
Uditi i difensori presenti come da verbale di udienza;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:
F A T T O
Con il ricorso epigrafato sub 1), rispettivamente notificato e depositato in
date 24.3.2006 e 5.4.2006, la società a r.l. Agrituristica Milanese impugna
l’atto con il quale l’ufficio tecnico del Comune di Serrara Fontana ha espresso
il proprio diniego con riferimento ad una d.i.a. presentata dalla medesima
società relativa a lavori, qualificati di manutenzione ordinaria e
straordinaria, ad un preesistente manufatto ubicato in Serrara Fontana località
Monte Sant’Angelo (in NCEU al f.23, p.lla 258, sib 1-2-3-4).
Più puntualmente, la società aveva, con la d.i.a. presentata in data 4 marzo
2005, prot. n.2115, richiesto di realizzare: “consolidamento e ripristino delle
opere murarie lesionate e fatiscenti; rifacimento e ripristino dei solai;
impermeabilizzazione delle coperture; diversa distribuzione interna con nuove
tramezzature in laterizi; rinnovo e adeguamento impianti igienico-sanitari,
elettrico, fognario e di climatizzazione; rifacimento intonaci; ripristino
infissi interni ed esterni; posa in opera di pavimenti e rivestimenti;
sistemazione degli spazi esterni senza modifica delle destinazioni e
dell’aspetto esteriore; pitturazione”.
Con nota 14 marzo 2005 prot. n.2115, il responsabile del servizio tecnico del
Comune di Serrara Fontana aveva chiesto integrarsi la documentazione con la
presentazione di copia dell’istanza di condono relativa all’immobile in
questione, essendo la stessa risultata scomparsa, ed ancora, con nota
dell’11.5.2005, prot. n.4599, ulteriore integrazione della depositata istanza di
condono.
Trascorsi trenta giorni dall’adempimento istruttorio, i lavori iniziavano; a
seguito di accertamento sui luoghi, con la nota impugnata sub a), il
responsabile del servizio tecnico comunicava il diniego alla esecuzione dei
lavori di cui alla D.I.A., in quanto ”Dai rilievi sui luoghi, in relazione ai
grafici depositati ed allegati alla D.I.A., carenti, peraltro, di quote metriche
con indicazione sia delle distanze dei manufatti che delle altezze degli stessi
ed alle risultanze degli atti d’ufficio sopra richiamati ove si rilevano
incongruenze dello stato dei luoghi del corpo di fabbrica “A” (corpo di fabbrica
ubicato verso ovest rispetto alla stradina di accesso) rispetto ai grafici ed
alla relazione per accertamenti tecnici dell’U.T.C. del 1998, il sottoscritto
ritiene, per quanto attiene l’area ricompresa all’interno del corpo di fabbrica
“A”, che nello spigolo Sud-Ovest vi sia una evidente modifica dello stato dei
luoghi stante quanto rilevato dai grafici e rilievi metrici del’U.T.C. del 1998;
relativamente, invece, gli interventi descritti nella D.I.A. del 2005, si rileva
che gli stessi potrebbero essere assentiti con D.I.A., limitatamente ai
manufatti che hanno caratteristiche di integrità strutturale (murature e
coperture esistenti seppure in cattivo stato di conservazione), mentre per le
parti ove le coperture non risultano esistenti, dovrà essere richiesto ai fini
del ripristino delle stesse il prescritto Parere Paesistico e N.O. dei BB.AA.
con idoneo progetto di ricostruzione filologica dei manufatti poichè allo stato,
da quanto constatato sui luoghi, non si rileva con chiarezza quali fossero le
altezze degli stessi né i relativi sedimi a confine con i terrapieni ubicati a
Sud dei manufatti in oggetto..”.
Da qui il ricorso che deduce:
1) Violazione artt. 7 e 10 bis legge n.241/90 – Violazione del principio del
giusto procedimento: gli atti non sono stati preceduti dalla comunicazione di
avvio del procedimento né dalla comunicazione dei motivi ostativi
all’accoglimento dell’istanza; la ricorrente, ove le fosse stata consentita la
partecipazione procedimentale, avrebbe fornito un utile contributo
collaborativo;
2) Violazione del giusto procedimento. Carenza di potere. Violazione e falsa applicazione art. 23 (commi 1 e 6) D.P.R: n.380/01. Illegittimità derivata: il secondo provvedimento di sospensione dell’11.5.2006 ed il provvedimento finale di rigetto del 19.1.2006 sono stati assunti e notificati oltre il termine di trenta giorni previsto dalla legge, con consequenziale venir meno del potere del Comune di contestare al denunziante la carenza dei presupposti e dei requisiti di legge, salva l’emanazione di provvedimenti sanzionatori o repressivi, non ricorrenti nel caso di specie;
3) Carenza o insufficienza della motivazione – Violazione art. 3 legge n.241/90 – Omessa ponderazione della situazione contemplata – Violazione del principio del giusto procedimento . Travisamento. Difetto di istruttoria . Violazione e falsa applicazione D.P.R. n.380/01. Violazione e falsa applicazione commi 1 e 6 art. 23 D.P.R.: sono palesemente insussistenti le contestazioni dell’U.T.C. circa le incongruenze e modifiche dello stato dei luoghi del corpo di fabbrica “A” rispetto ai grafici ed alla relazione per accertamenti tecnici dell’U.T.C. del 1998; la relazione di perizia per ing. Benito Trani, in atti, ha riesaminato il verbale di sopralluogo del 1998 richiamato nell’atto impugnato ed ha concluso che, effettuata una sovrapposizione tra l’elaborato planimetrico del 1998 allegato alla relazione del T.C. e l’elaborato planimetrico allegato alla D.I.A. del 2005 effettivamente vi sono lievi incongruenze, eliminate però nei nuovi grafici allegati alla DIA in quanto le misure planimetriche riportate dal Tecnico Comunale sul grafico del 1998 come rilevate sui luoghi, sono conformi a quelle del grafico allegato alla DIA che presenta pertanto le medesime misure rilevate dal T.C. nel 1998; quanto alla porzione di fabbriche ad ovest, in gran parte crollate, le dimensioni dell’originario solaio di copertura sono state con certezza ricavate dalle indagini catastali svolte presso l’Agenzia del Territorio di Napoli, con perfetta corrispondenza tra planimetrie allegate alla DIA e planimetrie depositate presso l’Agenzia del Territorio; stante la perfetta corrispondenza planoaltimetrica con il preesistente, non è necessaria l’autorizzazione paesistica per le parti di fabbricato prive di solai di copertura, come ritenuto dal responsabile del servizio tecnico, essendo ancora in sito i perimetrali del manufatto con solaio crollato ed essendo l’altezza ricavabile delle porzioni del solaio battuto rinvenute sui luoghi; comunque ai sensi dell’art. 149 D.LG. 42/04 non è richiesta l’autorizzazione ex art. 146 D. Lvo 42/04 per gli interventi di manutenzione ordinaria, straordinaria, di consolidamento statico e di restauro conservativo che non alterino lo stato dei luoghi e l’assetto esteriore degli edifici come nel caso; per le opere in questione è pacificamente consentito l’utilizzo della DIA; l’intervento inoltre è perfettamente conforme alla normativa urbanistico-edilizia vigente;
4) Violazione dell’art. 3 della legge 7 agosto 1990 n.241 sotto altro aspetto: nell’atto impugnato non sono indicati il termine e l’autorità cui è possibile ricorrere.
Concludeva per l’accoglimento del ricorso e dell’istanza cautelare.
Il Comune di Serrara Fontana non si costituiva in giudizio.
Con Ordinanza 20 aprile 2006, n.1137 l’adito TAR respingeva la proposta istanza
cautelare.
Con il successivo ricorso epigrafato sub 2), la società impugnava l’atto con il
quale, recependo analogo avviso della Soprintendenza ai BB.AA.CC., il Comune di
Serrara Fontana comunicava la necessità di previa autorizzazione paesaggistica
anche per le parti di fabbricato che avessero mantenuto caratteristiche di
integrità strutturale.
Da qui il ricorso che deduce, in via principale 1) l’illegittimità derivata del
provvedimento per tutti i motivi già sollevati con il ricorso n.2286/2006 e,
comunque per:
2) Carenza assoluta di potere – Incompetenza – Violazione del decreto legislativo 8 gennaio 2004, n.3, recante ”Riorganizzazione del Ministero per i Beni e le attività culturali ai sensi dell’articolo 1 della legge 6 luglio 2002, n.137” – Violazione del decreto del Presidenza della Repubblica 10 giugno 2004, n.173 (Regolamento recante norme di organizzazione del Ministero per i Beni e le Attività culturali) – Violazione del decreto del Ministero per i Beni e le attività culturali del 24 settembre 2004 (G.U. n.271 del 18.11.2004): dal complesso normativo epigrafato, può dedursi che il provvedimento adottato dalla Soprintendenza il 25.1.206 prot, n.1630 e fatto proprio dal Comune, è stato assunto da organo divenuto carente di potere o comunque incompetente a seguito del nuovo impianto attuativo del riassetto organizzativo del Ministero per i beni e le attività culturali realizzato dal legislatore delegato, essendo tale potere incardinato in capo al Ministero ma non già anche agli organi periferici che tuttavia vengono individuati essenzialmente nelle direzione regionali e giammai nelle soprintendenze;
3) Violazione artt. 7 a 10 bis legge n.241/90- Violazione del principio del giusto procedimento: gli atti impugnati non sono stati preceduti da comunicazione di avvio del procedimento né da comunicazione dei motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza;
4) Carenza o insufficienza della motivazione – Violazione art. 3 legge n.241/90 – Omessa ponderazione della situazione contemplata – Violazione del principio del giusto procedimento. Travisamento. Difetto di istruttoria – Violazione e falsa applicazione D.P.R. n.380/2001. Violazione e falsa applicazione commi 1 e 6 art. 23 D.P.R. n.380/01. Violazione e falsa applicazione dell’art. 149 del D.L.gs.n.42/04: le opere richiamate nella nota della Soprintendenza (rifacimenti di infisse e coperture, esecuzione di intonaci e attintature, riprese murarie) non richiedono alcuna autorizzazione paesaggistica non alterando lo stato dei luoghi né l’assetto esteriore del fabbricato.
Concludeva per l’accoglimento del ricorso.
Si costituiva la Soprintendenza con atto di stile.
All’esito della pubblica udienza del 10 gennaio 2007, il Collegio riservava la
decisione di entrambi i ricorsi in camera di consiglio.
DIRITTO
I. Va preliminarmente disposta la riunione dei due ricorsi all’esame per
evidente connessione oggettiva e soggettiva, trattandosi di atti relativi alla
medesima vicenda procedimentale.
II. Deve essere anzitutto disattesa l’istanza di rinvio presentata dal difensore
della società ricorrente e motivata (e documentata) con la prospettazione di un
concorrente impegno professionale presso altra Autorità giurisdizionale.
II.1) In proposito, il Collegio richiama anzitutto la copiosa giurisprudenza
formatasi nel processo penale, sia relativamente alla necessità di tempestiva
comunicazione dell’impedimento (e tale non è stata la richiesta che ne occupa,
formulata solo nel corso dell’udienza del 10 gennaio 2007), sia relativamente
alla documentazione dell’assolutezza del detto impedimento (che pure nel caso
sembra mancare, attesa la possibilità, non esclusa in atti, di avvalersi, per
l’uno o l’altro impegno professionale, di sostituti).
II.2) Sotto altro profilo, non può sottacersi che la facoltà di rinvio nella
trattazione della causa è potere da esercitare con prudentissima discrezione,
atteso l’obbligo ricadente sullo Stato – e, per esso, sui suoi giudici - di
sollecita definizione dei procedimenti giurisdizionali, l’inadempimento del
quale, com’è noto, espone lo Stato a responsabilità patrimoniale.
III. I ricorsi che ne occupano riguardano l’attività provvedimentale posta in
essere dal Comune di Serrara Fontana in relazione ad una D.I.A. presentata dalla
società ricorrente relativa ad opere da eseguirsi su fabbriche preesistenti.
Il ricorso n.2286/2006 attiene in particolare ad un provvedimento con il quale
il Comune ha denegato la possibilità di far corso all’intervento richiesto,
qualificato dalla società come di manutenzione ordinaria e straordinaria, stanti
rilevate difformità tra le planimetrie allegate alla D.I.A. e lo stato dei
luoghi; in ogni caso, il Comune ha escluso la possibilità di utilizzare lo
strumento della D.I.A. per le parti dei fabbricati “ove le coperture non
risultano esistenti”, non essendo chiaro quali fossero le altezze degli stessi
né i relativi sedimi a confine con i terrapieni ubicati a Sud dei manufatti in
oggetto”.
Con il successivo ricorso n.3609/2006 viene invece impugnato un ulteriore atto
del Comune che, recependo quanto rappresentato dalla Soprintendenza ai BB.AA.,
ad integrazione del precedente provvedimento di “non accoglimento” della D.I.A.,
ha imposto, anche per le parti di fabbricati con caratteristiche di integrità
strutturale, il previo rilascio del parere paesaggistico.
IV. Ad avviso di questo Collegio occorre previamente risolvere la questione
della qualificazione giuridica dell’intervento proposto, dalla cui soluzione può
evincersi il relativo trattamento giuridico.
IV.1) Orbene, al di là della nominalistica individuazione contenuta nella
istanza (D.I.A. del 4.3.2005), emerge con evidenza come la sostanziale
“ricostruzione” di parti di manufatto crollate, nel che si concreta gran parte
dell’intervento richiesto, non possa qualificarsi manutenzione ordinaria o
straordinaria, implicando, per l’appunto, la “riedificazione” di parti di
fabbrica che, al momento della presentazione dell’istanza, non erano (più)
esistenti in sito.
Ora, è ben noto che finanche la contestuale “demolizione e fedele ricostruzione”
non possa qualificarsi “manutenzione”, al più rientrando nella diversa ipotesi
della “ristrutturazione”, per la quale, ai fini che ne occupano, la D.I.A.
potrebbe essere ammessa, a fini edilizi, solo ove la “ricostruzione” fosse
“fedele” e cioè esattamente corrispondente al preesistente stato di fatto; dal
che discende che la “ricostruzione” non contestuale alla demolizione, ma
successiva alla documentata “rovina” del bene, non può in ogni caso, per quanto
rileva in questa sede, qualificarsi attività “manutentiva” (sulla nozione di
ristrutturazione, ex pluris, cfr. C.d.S., sez.IV, 22.5.2006, n.3006; C.d.S:,
sez.V, 5.3.2001, n.1246; C.d.S., sez.IV, 28.7.2005, n.4011; TAR Abruzzo,
Pescara, 30.6.2005, n.185; TAR Campania, Salerno, sez.II, 11.3.2005, n.228; e,
sulla riconduzione della ricostruzione alla nozione di “nuova costruzione”
piuttosto che a quella di ristrutturazione, cfr. TAR Puglia, Lecce, sez.III,
4.3.2005, n.1183); quanto ai fini paesaggistico-ambientali, la diversa
qualificazione dell’intervento, imporrebbe in ogni caso, l’intervento
dell’Autorità preposta alla tutela paesaggistica, con l’emanazione di relativo
parere (arg.ex art.149, lett.a) D.Lgs.42/2004).
Orbene, il provvedimento impugnato del 19.1.2006 (oggetto del ricorso
n.2286/2006), per un verso rappresenta una difformità dello stato di fatto
rispetto a quello rappresentato nelle planimetrie allegate alla D.I.A. ed alla
precedente relazione U.T.C. del 1998 richiamata in atti; contestazione rispetto
alla quale è irrilevante una successiva produzione documentale che riporti
formalmente i grafici allegati alla D.I.A. alla situazione rappresentata nei
grafici del 1998, posto che rimarrebbe insoluta e irrisolta la contestata
difformità rispetto allo “stato di fatto” rilevato sui luoghi; il che, a tacer
d’altro, escluderebbe la natura “fedele” ricostruzione del preesistente,
giacché, al più, ricondurrebbe l’esistente a quanto accertato in epoca
precedente; circostanza tutt’altro che irrilevante in ragione del fatto che si
tratta di interventi su fabbriche oggetto di istanze di condono non ancora
definite e per le quali, come dedotto nel provvedimento impugnato, non sono
indicate le quote metriche con indicazione delle distanze dei manufatti e delle
relative altezze.
Per altro verso, il provvedimento, del tutto correttamente, in ragione della
diversa qualificazione sostanziale dell’intervento, impone il previo rilascio
del parere paesaggistico per opere solo nominalisticamente qualificate di
manutenzione ma, in realtà, di sostanziale “ricostruzione per quanto sopra
detto.
V. Tanto premesso, il ricorso n.2286/2006 è infondato.
V.1) Il primo motivo di ricorso intende attaccare il provvedimento impugnato sul
rilievo che non sarebbero state rispettate le formalità procedimentali
(comunicazione di avvio del procedimento e comunicazione dei motivi ostativi
all’accoglimento dell’istanza).
Il motivo è infondato.
Questa Sezione ha già avuto modo di esprimere sul punto il proprio convincimento
(cfr., ex pluris, TAR Campania, Napoli, sez.VI, n.5487/2006), nella quale
escludeva motivatamente per il procedimento di D.I.A., instaurato su istanza di
parte, la necessità di entrambi gli oneri procedimentali richiesti.
Osservava in quella sede il TAR che l’istituto introdotto dall’art.10-bis
L.241/90 persegue con evidenza finalità di potenziamento del contraddittorio tra
P.A. e privati ed esercita, sotto tale profilo, una funzione analoga alla
comunicazione di avvio del procedimento prevista dall’art. 7 della stessa legge
241/1990 nei procedimenti instaurati ad istanza di parte, con lo scopo di
orientare l’attività della P.A., in ipotesi sfavorevole al privato, nella
ricorrenza dei presupposti di legge, verso esiti differenti mediante la indotta
partecipazione degli interessati.
Orbene, l’istituto della denuncia di inizio attività, regolato dagli artt. 22 e
23 del T.U. n.380/2001, mostra evidenti profili di incompatibilità con le nuove
norme di ordine generale dettate sul tema.
Mette conto in proposito osservare che la norma contenuta nel richiamato
art.10-bis ha, giusta l’indicazione normativa, portata generale (con esclusione
ex lege solo per le procedure concorsuali ed i procedimenti in materia
previdenziale e assistenziale sorti a seguito di istanza di parte e gestiti
dagli enti previdenziali), configurandosi un profilo assorbente d’invalidità del
provvedimento finale, laddove l’Amministrazione ometta di effettuare la
comunicazione de qua.
Ma le norme contenute nel capo II della legge n.241/90 fissano garanzie minime
ed inderogabili, che cedono il passo alle norme contenute in altre leggi
regolanti specifici settori, che prevedono per questi ultimi una tutela
specifica maggiore in chiave partecipativa.
Nel caso della D.I.A., il D.P.R. 6 giugno 2001, n.380, prevede indubbiamente
forme di confronto tra il privato e la P.A. assai più pregnanti di quelle
assicurate dallo stesso art. 10-bis; in termini, la denuncia di inizio di
attività prevede la notifica all’interessato dell’ordine motivato di non
effettuare il previsto intervento (ex art. 23, comma 6), dove è già prevista la
motivazione dell’ordine inibitorio e viene assicurata una forma di confronto e
di tutela del privato a favore del quale viene comunque fatta “salva la facoltà
di ripresentare la denuncia di inizio attività, con le modifiche o le
integrazioni necessarie per renderla conforme alla normativa urbanistica ed
edilizia” (cfr. TAR Veneto, sez.II. 13 settembre 2005, n.3418).
Non si tratta dunque di un definitivo rigetto dell’istanza, ma di un temporaneo
e modificabile ordine di inibizione dell’attività edificatoria nelle forme e
secondo le modalità proposte dall’interessato nella D.I.A.
A ciò è da aggiungersi che il termine normativamente previsto per l’esercizio
del potere inibitorio da parte dell’Amministrazione non risulta sospeso o
prorogato per effetto della comunicazione di preavviso di “rigetto”; il che
conforta la conclusione che l’ordine inibitorio si inserisce esso stesso nel
confronto dialogico tra Amministrazione e privato al fine della corretta
conformazione dei rispettivi oneri e facoltà e sostituisce, per quanto rileva in
questa sede, la diversa e generale sollecitazione alla partecipazione
procedimentale.
Avveduta ed attenta giurisprudenza ha segnalato inoltre che la dedotta
violazione dell’art. 10-bis della legge n.241/90 può ritenersi comunque
superabile atteso che parte ricorrente ha avuto modo in più occasioni, come è
peraltro accaduto nel caso di specie (in sede di sopralluogo, in particolare),
di conoscere tempestivamente ed eventualmente confutare le ragioni ostative al
rilascio del provvedimento richiesto (TAR Veneto, sez.II, 13 settembre 2005,
n.3430).
Né può sottacersi che, trattandosi di procedimento instaurato dalla parte
privata, lo stesso è sottoposto alla responsabile collaborazione della stessa
anche in punto di completezza e precisione degli allegati documentali.
Risulta pertanto del tutto infondata la dedotta violazione dell’art 10-bis della
L.241/90.
A maggior ragione, è priva di pregio la doglianza relativa alla mancata
comunicazione di avvio del procedimento, essendo la parte pienamente consapevole
della pendenza del procedimento medesimo cui ha dato causa e partecipato.
V.2) Con il secondo motivo di ricorso, la società ricorrente deduce
l’illegittimità della disposta inibizione stante l’intervenuto decorso del
termine di trenta giorni per procedervi, decorrenti, a tutto voler concedere,
dall’adempimento dell’ultima richiesta di integrazione istruttoria.
Il motivo non ha alcun pregio.
L’art. 23 c. D.P.R. 380/2001 esclude l’efficacia (l’operatività ex lege) della
D.I.A., nel caso di tratti di interventi effettuandi su aree vincolate, prima
del rilascio del parere favorevole dell’Autorità preposta al vincolo.
Ne discende che, stante l’inefficacia ex lege della D.I.A., il Comune di Serrara
Fontana ha del tutto tempestivamente (non correndo il termine decadenziale
invocato) inibito l’esecuzione dei lavori; tra l’altro, proprio in ragione della
corretta qualificazione dell’intervento insuscettibile di definizione a mezzo di
D.I.A. per quanto sopra esposto.
V.3) Con il terzo motivo di ricorso, la società censura il supporto
motivazionale del provvedimento, in particolare deducendo l’insussistenza delle
contestate difformità e dell’obbligo di previo parere paesaggistico.
Sul punto giova richiamare quanto sopra esposto al punto IV) che precede.
Il motivo è quindi infondato.
V.4) Con il quarto motivo, la ricorrente deduce l’illegittimità dell’atto che
non conterrebbe il termine e l’indicazione dell’Autorità a cui ricorrere.
La giurisprudenza ha sul punto esaurientemente esplicitato, che l’omessa
indicazione del termine e dell’Autorità cui ricorrere non valgono ad inficiare
la legittimità del provvedimento, incidendo, se del caso, su profili del tutto
diversi di irregolarità, e rilevano solo ove risulti in concreto vulnerato il
diritto di difesa del destinatario dell’atto, in caso di palese incertezza sulle
modalità di impugnazione dell’atto stesso.
Situazione palesemente insussistente nella specie, stante la tempestiva e
completa impugnazione svolta dalla società.
V.5) Il ricorso n.2286/2006 va dunque respinto in quanto infondato.
VI. Il ricorso n.3609/2006 riguarda, come sopra detto, un successivo atto del
Comune di Serrara Fontana che, sul presupposto di una nota della Soprintendenza
per i Beni Architettonici ed il paesaggio, patrimonio Storico, artistico e
Demoantropologico di Napoli e Provincia, ha integrato il provvedimento di
diniego di DIA comunicando, anche per quanto attiene ai manufatti che hanno
mantenuto caratteristiche di integrità strutturale (murature e coperture
esistenti seppur in cattivo stato di conservazione), la necessità di previa
autorizzazione ex art. 146 del D.Lgs. 22.1.2004, n.42.
VI.1) Stante la consequenzialità dell’atto comunale rispetto all’atto
soprintendentizio, giova esaminare dapprima le censure riferite alla richiamata
nota n.1630 del 25.1.2006, con la quale la Soprintendenza ha appunto assunto la
necessità di previa autorizzazione.
Sul punto, è senz’altro pregiudiziale la dedotta censura di carenza assoluta di
potere e/o incompetenza svolta nel secondo motivo di ricorso.
Orbene, questa Sezione ha già avuto modo di chiarire con perspicua motivazione,
dalla quale non ritiene discostarsi, la fondatezza del motivo (cfr. TAR
Campania, sez.VI, n.9442 del 2006).
Invero, occorre focalizzare l’attenzione sul dato normativo cardine costituito
dall’art. 159 del D.lgs nr.42/2004 (cd. “codice Urbani”) nella sua originaria
versione, disciplinante quoad tempus la fattispecie in esame, in quanto
afferente ad un provvedimento pronunciato il 25.1.2006.
La norma citata richiama più volte la Soprintendenza quale organo di riferimento
della procedura, ma, allorquando sancisce il potere di annullamento, non lo
attribuisce a quell’ufficio, ma al “Ministero”.
Tale dato lessicale è, ad avviso di questo Tribunale, fortemente significativo
sul piano della competenza ed in linea con gli altri referenti normativi che si
andranno a richiamare.
In primo luogo, vale rimarcare la sede ove tale disciplina è posta: quella di
una vera e propria codificazione dei beni culturali e del paesaggio, ove quindi
massima si deve ritenere l’attenzione, anche terminologica, nella cura
espositiva,
La previsione di un potere solo ministeriale di annullamento è poi razionalmente
collimante con il diverso ruolo che la soprintendenza è chiamata a svolgere nel
procedimento ordinario di rilascio della autorizzazione di cui all’art. 146
dello stesso Codice: in breve, in questa norma fondante il procedimento
autorizzatorio, la Soprintendenza, da soggetto controllante, diviene
compartecipe della procedura, chiamata a rendere un “parere”, senza che residui,
in capo ad essa, il predetto potere di annullamento.
Sarebbe dunque alquanto singolare che, dopo aver, nelle due disposizioni
summenzionate, richiamato in modo puntuale la soprintendenza ogni qual volta ha
inteso farlo, solo per l’attribuzione di un potere peculiare ed oramai recessivo
rispetto alla costruzione del sistema autorizzatorio paesaggistico e del suo
controllo, il legislatore avrebbe poi utilizzato una formula generica, come tale
potenzialmente ricomprensiva, oltre che della struttura centrale, anche di un
ufficio sempre richiamato, negli snodi normativi salienti, nominativamente.
Peraltro, il D.lgs. n.157/2006, nel dettare disposizioni “correttive ed
integrative” del D.lgs. n.42/2004, ha in particolare riscritto proprio le norme
in tema di rilascio della autorizzazione paesaggistica (art. 146) ed in ordine
alla autorizzazione n via transitoria (art. 159), in particolare sostituendo il
potere di annullamento riferito al Ministero con la dizione seguente: “La
soprintendenza, se ritiene l’autorizzazione non conforme alle prescrizioni di
tutela del paesaggio…può annullarla”.
E’evidente, dunque, che il consapevole distinguo terminologico manifesta che il
legislatore ha inteso mutare la competenza caducatoria degli stessi, sicché non
può, in ogni caso, considerarsi fungibile il termine “ministero” con quello di
“soprintendenza” nel peculiare contesto diacronico della codificazione in esame.
In ultima analisi, fino alla entrata in vigore del decreto correttivo n.157/2006
(in G.U. 27 aprile 2006, S.O., 27 aprile 2006 n.97), deve ritenersi che la
competenza ex art. 159 D.lgs. n.42/2004 spettasse al Ministero (id est, alla
struttura ministeriale centrale) e non ad un ufficio periferico, identificabile,
in particolare, nella Soprintendenza.
Ne discende, per quanto rileva in questa sede, che la Soprintendenza si è
malamente ingerita nella vicenda de qua non ricadendo sulla stessa – ratione
temporis - alcuna competenza in merito alle autorizzazioni paesaggistiche.
VI.2) L’illegittimità della nota soprintendentizia non può non rifluire sul
provvedimento comunale impugnato, che trae da quella l’unico presupposto
risultandone meramente consecutivo e consequenziale.
Ne discende che il venire meno del presupposto motivazionale inficia lo stesso
provvedimento comunale che ne viene caducato.
VI.3) Il ricorso n.3609 va dunque accolto per l’assorbente profilo disaminato.
VII. Le spese dei giudizi riuniti possono compensarsi sussistendo giusti motivi.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania - Sezione VI,
definitivamente pronunciando sui ricorsi riuniti di cui in epigrafe, così
provvede: 1 ) – respinge il ricorso n. 2286/2006; accoglie, per quanto in
motivazione, il ricorso n. 3609/2006.
Compensa le spese dei giudizi riuniti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.
Così deciso in Napoli, nella camera di consiglio del 10 gennaio 2007, con
l’intervento dei Magistrati:
Filippo Giamportone - Presidente
Maria Abbruzzese - Componente est.
Ida Raiola - Componente
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