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TAR CAMPANIA, Napoli, Sez. VI, 30 gennaio 2007, n. 776
 


URBANISTICA - Ricostruzione successiva alla rovina dell'immobile - Natura - Attività manutentiva - Esclusione. La “ricostruzione” non contestuale alla demolizione, ma successiva alla documentata “rovina” del bene, non può qualificarsi attività “manutentiva” (sulla nozione di ristrutturazione, ex pluris, cfr. C.d.S., sez.IV, 22.5.2006, n.3006; C.d.S:, sez.V, 5.3.2001, n.1246; C.d.S., sez.IV, 28.7.2005, n.4011; TAR Abruzzo, Pescara, 30.6.2005, n.185; TAR Campania, Salerno, sez.II, 11.3.2005, n.228; e, sulla riconduzione della ricostruzione alla nozione di “nuova costruzione” piuttosto che a quella di ristrutturazione, cfr. TAR Puglia, Lecce, sez.III, 4.3.2005, n.1183). Pres Giamportone, Est. Abruzzese - A.M. (avv. Molinaro) c. Comune di Serrara Fontana (n.c.), riunito ad altro ric. - T.A.R. CAMPANIA, Napoli, Sez. V - 30 gennaio 2007, n. 776

 

URBANISTICA - D.I.A. - Comunicazione dei motivi ostativi all'accoglimento dell'istanza - Necessità - Esclusione - Ragioni. La comunicazione dei motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza va esclusa in riferimento al procedimento di D.I.A.. L'istituto di cui all'art. 10 bis della L. n. 241/90 persegue infatti finalità di potenziamento del contraddittorio tra P.A. e privati ed esercita, sotto tale profilo, una funzione analoga alla comunicazione di avvio del procedimento prevista dall’art. 7 della stessa legge 241/1990 nei procedimenti instaurati ad istanza di parte, con lo scopo di orientare l’attività della P.A., in ipotesi sfavorevole al privato, nella ricorrenza dei presupposti di legge, verso esiti differenti mediante la indotta partecipazione degli interessati. Le norme contenute nel capo II della legge n.241/90 fissano garanzie minime ed inderogabili, che tuttavia cedono il passo alle norme contenute in altre leggi regolanti specifici settori, che prevedono per questi ultimi una tutela specifica maggiore in chiave partecipativa. Nel caso della D.I.A., il D.P.R. 6 giugno 2001, n.380, prevede forme di confronto tra il privato e la P.A. assai più pregnanti di quelle assicurate dallo stesso art. 10-bis; in termini, la denuncia di inizio di attività prevede la notifica all’interessato dell’ordine motivato di non effettuare il previsto intervento (ex art. 23, comma 6), dove è già prevista la motivazione dell’ordine inibitorio e viene assicurata una forma di confronto e di tutela del privato a favore del quale viene comunque fatta “salva la facoltà di ripresentare la denuncia di inizio attività, con le modifiche o le integrazioni necessarie per renderla conforme alla normativa urbanistica ed edilizia” (cfr. TAR Veneto, sez.II. 13 settembre 2005, n.3418). Non si tratta dunque di un definitivo rigetto dell’istanza, ma di un temporaneo e modificabile ordine di inibizione dell’attività edificatoria nelle forme e secondo le modalità proposte dall’interessato nella D.I.A. Pres Giamportone, Est. Abruzzese - A.M. (avv. Molinaro) c. Comune di Serrara Fontana (n.c.), riunito ad altro ric. - T.A.R. CAMPANIA, Napoli, Sez. V - 30 gennaio 2007, n. 776

 

BENI CULTURALI E AMBIENTALI  - Autorizzazione paesaggistica - Potere di annullamento ex art. 159 D.Lgs. n. 42/2004 ante D.Lgs. n. 157/2006 - Competenza - Soprintendenza - Difetto. Fino alla entrata in vigore del decreto correttivo n.157/2006 (in G.U. 27 aprile 2006, S.O., 27 aprile 2006 n.97), deve ritenersi che la competenza ex art. 159 D.lgs. n.42/2004 spettasse al Ministero (id est, alla struttura ministeriale centrale) e non ad un ufficio periferico, identificabile, in particolare, nella Soprintendenza. Pres Giamportone, Est. Abruzzese - A.M. (avv. Molinaro) c. Comune di Serrara Fontana (n.c.), riunito ad altro ric. - T.A.R. CAMPANIA, Napoli, Sez. V - 30 gennaio 2007, n. 776


 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO


IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE

PER LA CAMPANIA

Sezione Sesta


ha pronunciato la seguente


SENTENZA


sui ricorsi riuniti
1 ) - n. 2286 del 2006 proposto da
AGRITURISTICA MILANESE, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avv.Lorenzo Bruno Molinaro, con il quale è domiciliata presso la Segreteria del TAR,


CONTRO


COMUNE DI SERRARA FONTANA, in persona del Sindaco pro tempore, non costituito in giudizio,


per l’annullamento


del provvedimento del 19.1.2006 prot. n.2006 0000687 U del 19.1.2006 con il quale il responsabile del servizio tecnico del Comune di Serrara Fontana non ha “accolto” la d.i.a. presentata dall’Avv.Ubaldo Procaccini, amministratore unico della s.r.l. Agrituristica Milanese, in data 4 marzo 2005, prot. n.2115 per la realizzazione, in Serrara Fontana, presso l’immobile ubicato alla località Monte Sant’Angelo, di opere di “manutenzione ordinaria e straordinaria”; dei provvedimenti del responsabile del servizio tecnico del 14.3.2005, prot n.2115 e dell’11.5.2005, prot. n.4599; di ogni altro atto anteriore, connesso e conseguente;


2 ) - n. 3609 del 2006 proposto da
AGRITURISTICA MILANESE, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avv.Lorenzo Bruno Molinaro, con il quale è domiciliata presso la Segreteria del TAR,


CONTRO


COMUNE DI SERRARA FONTANA, in persona del Sindaco pro tempore, non costituito in giudizio;
MINISTERO BENI E ATTIVITA’ CULTURALI, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ex lege dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato, presso i cui Uffici legalmente domicilia in Napoli alla via A.Diaz n.11
SOPRINTENDENZA BENI AMBIENTALI E ARCHITETTONICI DI NAPOLI, in persona del Soprintendente pro tempore, rappresentato e difeso ex lege dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato, presso i cui Uffici legalmente domicilia in Napoli alla via A.Diaz n.11,


per l’annullamento


ddel provvedimento dell’1.3.2006 (prot.2006 002401 U dell’1.3.2006) con il quale il responsabile del servizio tecnico del Comune di Serrara Fontana, “a completamento della nota prot, n.687 del 19.1.2006, di diniego dei lavori in relazione alla D.I.A. del 4.3.2005, prot. n.2115”, ritiene che “anche per quanto attiene ai manufatti che hanno mantenuto caratteristiche di integrità strutturale (..) deve essere richiesta l’autorizzazione ex art. 146 del D.lg.s 22.1.2004, n.42, come comunicato dall’Autorità preposta”; di tutti gli altri atti preordinati, connessi e conseguenziali comunque lesivi della posizione giuridica della ricorrente, ivi compreso, per quanto occorra, la nota n.130 dl 25.1.2006 della Soprintendenza per Beni Architettonici ed il Paesaggio per il Patrimonio Storico artistico e Demoantropologico di Napoli e Provincia.


Visti i ricorsi con i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio delle Amministrazioni resistenti;
Vista la propria Ordinanza 20.4.2006, n.1137;
Visti gli atti tutti della causa;
Relatore, alla udienza del 10 gennaio 2007, il Cons. Maria Abbruzzese;
Uditi i difensori presenti come da verbale di udienza;


Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:


F A T T O


Con il ricorso epigrafato sub 1), rispettivamente notificato e depositato in date 24.3.2006 e 5.4.2006, la società a r.l. Agrituristica Milanese impugna l’atto con il quale l’ufficio tecnico del Comune di Serrara Fontana ha espresso il proprio diniego con riferimento ad una d.i.a. presentata dalla medesima società relativa a lavori, qualificati di manutenzione ordinaria e straordinaria, ad un preesistente manufatto ubicato in Serrara Fontana località Monte Sant’Angelo (in NCEU al f.23, p.lla 258, sib 1-2-3-4).
Più puntualmente, la società aveva, con la d.i.a. presentata in data 4 marzo 2005, prot. n.2115, richiesto di realizzare: “consolidamento e ripristino delle opere murarie lesionate e fatiscenti; rifacimento e ripristino dei solai; impermeabilizzazione delle coperture; diversa distribuzione interna con nuove tramezzature in laterizi; rinnovo e adeguamento impianti igienico-sanitari, elettrico, fognario e di climatizzazione; rifacimento intonaci; ripristino infissi interni ed esterni; posa in opera di pavimenti e rivestimenti; sistemazione degli spazi esterni senza modifica delle destinazioni e dell’aspetto esteriore; pitturazione”.


Con nota 14 marzo 2005 prot. n.2115, il responsabile del servizio tecnico del Comune di Serrara Fontana aveva chiesto integrarsi la documentazione con la presentazione di copia dell’istanza di condono relativa all’immobile in questione, essendo la stessa risultata scomparsa, ed ancora, con nota dell’11.5.2005, prot. n.4599, ulteriore integrazione della depositata istanza di condono.
Trascorsi trenta giorni dall’adempimento istruttorio, i lavori iniziavano; a seguito di accertamento sui luoghi, con la nota impugnata sub a), il responsabile del servizio tecnico comunicava il diniego alla esecuzione dei lavori di cui alla D.I.A., in quanto ”Dai rilievi sui luoghi, in relazione ai grafici depositati ed allegati alla D.I.A., carenti, peraltro, di quote metriche con indicazione sia delle distanze dei manufatti che delle altezze degli stessi ed alle risultanze degli atti d’ufficio sopra richiamati ove si rilevano incongruenze dello stato dei luoghi del corpo di fabbrica “A” (corpo di fabbrica ubicato verso ovest rispetto alla stradina di accesso) rispetto ai grafici ed alla relazione per accertamenti tecnici dell’U.T.C. del 1998, il sottoscritto ritiene, per quanto attiene l’area ricompresa all’interno del corpo di fabbrica “A”, che nello spigolo Sud-Ovest vi sia una evidente modifica dello stato dei luoghi stante quanto rilevato dai grafici e rilievi metrici del’U.T.C. del 1998; relativamente, invece, gli interventi descritti nella D.I.A. del 2005, si rileva che gli stessi potrebbero essere assentiti con D.I.A., limitatamente ai manufatti che hanno caratteristiche di integrità strutturale (murature e coperture esistenti seppure in cattivo stato di conservazione), mentre per le parti ove le coperture non risultano esistenti, dovrà essere richiesto ai fini del ripristino delle stesse il prescritto Parere Paesistico e N.O. dei BB.AA. con idoneo progetto di ricostruzione filologica dei manufatti poichè allo stato, da quanto constatato sui luoghi, non si rileva con chiarezza quali fossero le altezze degli stessi né i relativi sedimi a confine con i terrapieni ubicati a Sud dei manufatti in oggetto..”.


Da qui il ricorso che deduce:


1) Violazione artt. 7 e 10 bis legge n.241/90 – Violazione del principio del giusto procedimento: gli atti non sono stati preceduti dalla comunicazione di avvio del procedimento né dalla comunicazione dei motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza; la ricorrente, ove le fosse stata consentita la partecipazione procedimentale, avrebbe fornito un utile contributo collaborativo;

 

2) Violazione del giusto procedimento. Carenza di potere. Violazione e falsa applicazione art. 23 (commi 1 e 6) D.P.R: n.380/01. Illegittimità derivata: il secondo provvedimento di sospensione dell’11.5.2006 ed il provvedimento finale di rigetto del 19.1.2006 sono stati assunti e notificati oltre il termine di trenta giorni previsto dalla legge, con consequenziale venir meno del potere del Comune di contestare al denunziante la carenza dei presupposti e dei requisiti di legge, salva l’emanazione di provvedimenti sanzionatori o repressivi, non ricorrenti nel caso di specie;

 

3) Carenza o insufficienza della motivazione – Violazione art. 3 legge n.241/90 – Omessa ponderazione della situazione contemplata – Violazione del principio del giusto procedimento . Travisamento. Difetto di istruttoria . Violazione e falsa applicazione D.P.R. n.380/01. Violazione e falsa applicazione commi 1 e 6 art. 23 D.P.R.: sono palesemente insussistenti le contestazioni dell’U.T.C. circa le incongruenze e modifiche dello stato dei luoghi del corpo di fabbrica “A” rispetto ai grafici ed alla relazione per accertamenti tecnici dell’U.T.C. del 1998; la relazione di perizia per ing. Benito Trani, in atti, ha riesaminato il verbale di sopralluogo del 1998 richiamato nell’atto impugnato ed ha concluso che, effettuata una sovrapposizione tra l’elaborato planimetrico del 1998 allegato alla relazione del T.C. e l’elaborato planimetrico allegato alla D.I.A. del 2005 effettivamente vi sono lievi incongruenze, eliminate però nei nuovi grafici allegati alla DIA in quanto le misure planimetriche riportate dal Tecnico Comunale sul grafico del 1998 come rilevate sui luoghi, sono conformi a quelle del grafico allegato alla DIA che presenta pertanto le medesime misure rilevate dal T.C. nel 1998; quanto alla porzione di fabbriche ad ovest, in gran parte crollate, le dimensioni dell’originario solaio di copertura sono state con certezza ricavate dalle indagini catastali svolte presso l’Agenzia del Territorio di Napoli, con perfetta corrispondenza tra planimetrie allegate alla DIA e planimetrie depositate presso l’Agenzia del Territorio; stante la perfetta corrispondenza planoaltimetrica con il preesistente, non è necessaria l’autorizzazione paesistica per le parti di fabbricato prive di solai di copertura, come ritenuto dal responsabile del servizio tecnico, essendo ancora in sito i perimetrali del manufatto con solaio crollato ed essendo l’altezza ricavabile delle porzioni del solaio battuto rinvenute sui luoghi; comunque ai sensi dell’art. 149 D.LG. 42/04 non è richiesta l’autorizzazione ex art. 146 D. Lvo 42/04 per gli interventi di manutenzione ordinaria, straordinaria, di consolidamento statico e di restauro conservativo che non alterino lo stato dei luoghi e l’assetto esteriore degli edifici come nel caso; per le opere in questione è pacificamente consentito l’utilizzo della DIA; l’intervento inoltre è perfettamente conforme alla normativa urbanistico-edilizia vigente;

 

4) Violazione dell’art. 3 della legge 7 agosto 1990 n.241 sotto altro aspetto: nell’atto impugnato non sono indicati il termine e l’autorità cui è possibile ricorrere.


Concludeva per l’accoglimento del ricorso e dell’istanza cautelare.


Il Comune di Serrara Fontana non si costituiva in giudizio.


Con Ordinanza 20 aprile 2006, n.1137 l’adito TAR respingeva la proposta istanza cautelare.


Con il successivo ricorso epigrafato sub 2), la società impugnava l’atto con il quale, recependo analogo avviso della Soprintendenza ai BB.AA.CC., il Comune di Serrara Fontana comunicava la necessità di previa autorizzazione paesaggistica anche per le parti di fabbricato che avessero mantenuto caratteristiche di integrità strutturale.
Da qui il ricorso che deduce, in via principale 1) l’illegittimità derivata del provvedimento per tutti i motivi già sollevati con il ricorso n.2286/2006 e, comunque per:

 

2) Carenza assoluta di potere – Incompetenza – Violazione del decreto legislativo 8 gennaio 2004, n.3, recante ”Riorganizzazione del Ministero per i Beni e le attività culturali ai sensi dell’articolo 1 della legge 6 luglio 2002, n.137” – Violazione del decreto del Presidenza della Repubblica 10 giugno 2004, n.173 (Regolamento recante norme di organizzazione del Ministero per i Beni e le Attività culturali) – Violazione del decreto del Ministero per i Beni e le attività culturali del 24 settembre 2004 (G.U. n.271 del 18.11.2004): dal complesso normativo epigrafato, può dedursi che il provvedimento adottato dalla Soprintendenza il 25.1.206 prot, n.1630 e fatto proprio dal Comune, è stato assunto da organo divenuto carente di potere o comunque incompetente a seguito del nuovo impianto attuativo del riassetto organizzativo del Ministero per i beni e le attività culturali realizzato dal legislatore delegato, essendo tale potere incardinato in capo al Ministero ma non già anche agli organi periferici che tuttavia vengono individuati essenzialmente nelle direzione regionali e giammai nelle soprintendenze;

 

3) Violazione artt. 7 a 10 bis legge n.241/90- Violazione del principio del giusto procedimento: gli atti impugnati non sono stati preceduti da comunicazione di avvio del procedimento né da comunicazione dei motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza;

 

4) Carenza o insufficienza della motivazione – Violazione art. 3 legge n.241/90 – Omessa ponderazione della situazione contemplata – Violazione del principio del giusto procedimento. Travisamento. Difetto di istruttoria – Violazione e falsa applicazione D.P.R. n.380/2001. Violazione e falsa applicazione commi 1 e 6 art. 23 D.P.R. n.380/01. Violazione e falsa applicazione dell’art. 149 del D.L.gs.n.42/04: le opere richiamate nella nota della Soprintendenza (rifacimenti di infisse e coperture, esecuzione di intonaci e attintature, riprese murarie) non richiedono alcuna autorizzazione paesaggistica non alterando lo stato dei luoghi né l’assetto esteriore del fabbricato.


Concludeva per l’accoglimento del ricorso.


Si costituiva la Soprintendenza con atto di stile.


All’esito della pubblica udienza del 10 gennaio 2007, il Collegio riservava la decisione di entrambi i ricorsi in camera di consiglio.


DIRITTO


I. Va preliminarmente disposta la riunione dei due ricorsi all’esame per evidente connessione oggettiva e soggettiva, trattandosi di atti relativi alla medesima vicenda procedimentale.


II. Deve essere anzitutto disattesa l’istanza di rinvio presentata dal difensore della società ricorrente e motivata (e documentata) con la prospettazione di un concorrente impegno professionale presso altra Autorità giurisdizionale.


II.1) In proposito, il Collegio richiama anzitutto la copiosa giurisprudenza formatasi nel processo penale, sia relativamente alla necessità di tempestiva comunicazione dell’impedimento (e tale non è stata la richiesta che ne occupa, formulata solo nel corso dell’udienza del 10 gennaio 2007), sia relativamente alla documentazione dell’assolutezza del detto impedimento (che pure nel caso sembra mancare, attesa la possibilità, non esclusa in atti, di avvalersi, per l’uno o l’altro impegno professionale, di sostituti).
II.2) Sotto altro profilo, non può sottacersi che la facoltà di rinvio nella trattazione della causa è potere da esercitare con prudentissima discrezione, atteso l’obbligo ricadente sullo Stato – e, per esso, sui suoi giudici - di sollecita definizione dei procedimenti giurisdizionali, l’inadempimento del quale, com’è noto, espone lo Stato a responsabilità patrimoniale.


III. I ricorsi che ne occupano riguardano l’attività provvedimentale posta in essere dal Comune di Serrara Fontana in relazione ad una D.I.A. presentata dalla società ricorrente relativa ad opere da eseguirsi su fabbriche preesistenti.
Il ricorso n.2286/2006 attiene in particolare ad un provvedimento con il quale il Comune ha denegato la possibilità di far corso all’intervento richiesto, qualificato dalla società come di manutenzione ordinaria e straordinaria, stanti rilevate difformità tra le planimetrie allegate alla D.I.A. e lo stato dei luoghi; in ogni caso, il Comune ha escluso la possibilità di utilizzare lo strumento della D.I.A. per le parti dei fabbricati “ove le coperture non risultano esistenti”, non essendo chiaro quali fossero le altezze degli stessi né i relativi sedimi a confine con i terrapieni ubicati a Sud dei manufatti in oggetto”.
Con il successivo ricorso n.3609/2006 viene invece impugnato un ulteriore atto del Comune che, recependo quanto rappresentato dalla Soprintendenza ai BB.AA., ad integrazione del precedente provvedimento di “non accoglimento” della D.I.A., ha imposto, anche per le parti di fabbricati con caratteristiche di integrità strutturale, il previo rilascio del parere paesaggistico.


IV. Ad avviso di questo Collegio occorre previamente risolvere la questione della qualificazione giuridica dell’intervento proposto, dalla cui soluzione può evincersi il relativo trattamento giuridico.
IV.1) Orbene, al di là della nominalistica individuazione contenuta nella istanza (D.I.A. del 4.3.2005), emerge con evidenza come la sostanziale “ricostruzione” di parti di manufatto crollate, nel che si concreta gran parte dell’intervento richiesto, non possa qualificarsi manutenzione ordinaria o straordinaria, implicando, per l’appunto, la “riedificazione” di parti di fabbrica che, al momento della presentazione dell’istanza, non erano (più) esistenti in sito.
Ora, è ben noto che finanche la contestuale “demolizione e fedele ricostruzione” non possa qualificarsi “manutenzione”, al più rientrando nella diversa ipotesi della “ristrutturazione”, per la quale, ai fini che ne occupano, la D.I.A. potrebbe essere ammessa, a fini edilizi, solo ove la “ricostruzione” fosse “fedele” e cioè esattamente corrispondente al preesistente stato di fatto; dal che discende che la “ricostruzione” non contestuale alla demolizione, ma successiva alla documentata “rovina” del bene, non può in ogni caso, per quanto rileva in questa sede, qualificarsi attività “manutentiva” (sulla nozione di ristrutturazione, ex pluris, cfr. C.d.S., sez.IV, 22.5.2006, n.3006; C.d.S:, sez.V, 5.3.2001, n.1246; C.d.S., sez.IV, 28.7.2005, n.4011; TAR Abruzzo, Pescara, 30.6.2005, n.185; TAR Campania, Salerno, sez.II, 11.3.2005, n.228; e, sulla riconduzione della ricostruzione alla nozione di “nuova costruzione” piuttosto che a quella di ristrutturazione, cfr. TAR Puglia, Lecce, sez.III, 4.3.2005, n.1183); quanto ai fini paesaggistico-ambientali, la diversa qualificazione dell’intervento, imporrebbe in ogni caso, l’intervento dell’Autorità preposta alla tutela paesaggistica, con l’emanazione di relativo parere (arg.ex art.149, lett.a) D.Lgs.42/2004).
Orbene, il provvedimento impugnato del 19.1.2006 (oggetto del ricorso n.2286/2006), per un verso rappresenta una difformità dello stato di fatto rispetto a quello rappresentato nelle planimetrie allegate alla D.I.A. ed alla precedente relazione U.T.C. del 1998 richiamata in atti; contestazione rispetto alla quale è irrilevante una successiva produzione documentale che riporti formalmente i grafici allegati alla D.I.A. alla situazione rappresentata nei grafici del 1998, posto che rimarrebbe insoluta e irrisolta la contestata difformità rispetto allo “stato di fatto” rilevato sui luoghi; il che, a tacer d’altro, escluderebbe la natura “fedele” ricostruzione del preesistente, giacché, al più, ricondurrebbe l’esistente a quanto accertato in epoca precedente; circostanza tutt’altro che irrilevante in ragione del fatto che si tratta di interventi su fabbriche oggetto di istanze di condono non ancora definite e per le quali, come dedotto nel provvedimento impugnato, non sono indicate le quote metriche con indicazione delle distanze dei manufatti e delle relative altezze.
Per altro verso, il provvedimento, del tutto correttamente, in ragione della diversa qualificazione sostanziale dell’intervento, impone il previo rilascio del parere paesaggistico per opere solo nominalisticamente qualificate di manutenzione ma, in realtà, di sostanziale “ricostruzione per quanto sopra detto.


V. Tanto premesso, il ricorso n.2286/2006 è infondato.
V.1) Il primo motivo di ricorso intende attaccare il provvedimento impugnato sul rilievo che non sarebbero state rispettate le formalità procedimentali (comunicazione di avvio del procedimento e comunicazione dei motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza).
Il motivo è infondato.
Questa Sezione ha già avuto modo di esprimere sul punto il proprio convincimento (cfr., ex pluris, TAR Campania, Napoli, sez.VI, n.5487/2006), nella quale escludeva motivatamente per il procedimento di D.I.A., instaurato su istanza di parte, la necessità di entrambi gli oneri procedimentali richiesti.
Osservava in quella sede il TAR che l’istituto introdotto dall’art.10-bis L.241/90 persegue con evidenza finalità di potenziamento del contraddittorio tra P.A. e privati ed esercita, sotto tale profilo, una funzione analoga alla comunicazione di avvio del procedimento prevista dall’art. 7 della stessa legge 241/1990 nei procedimenti instaurati ad istanza di parte, con lo scopo di orientare l’attività della P.A., in ipotesi sfavorevole al privato, nella ricorrenza dei presupposti di legge, verso esiti differenti mediante la indotta partecipazione degli interessati.
Orbene, l’istituto della denuncia di inizio attività, regolato dagli artt. 22 e 23 del T.U. n.380/2001, mostra evidenti profili di incompatibilità con le nuove norme di ordine generale dettate sul tema.
Mette conto in proposito osservare che la norma contenuta nel richiamato art.10-bis ha, giusta l’indicazione normativa, portata generale (con esclusione ex lege solo per le procedure concorsuali ed i procedimenti in materia previdenziale e assistenziale sorti a seguito di istanza di parte e gestiti dagli enti previdenziali), configurandosi un profilo assorbente d’invalidità del provvedimento finale, laddove l’Amministrazione ometta di effettuare la comunicazione de qua.
Ma le norme contenute nel capo II della legge n.241/90 fissano garanzie minime ed inderogabili, che cedono il passo alle norme contenute in altre leggi regolanti specifici settori, che prevedono per questi ultimi una tutela specifica maggiore in chiave partecipativa.
Nel caso della D.I.A., il D.P.R. 6 giugno 2001, n.380, prevede indubbiamente forme di confronto tra il privato e la P.A. assai più pregnanti di quelle assicurate dallo stesso art. 10-bis; in termini, la denuncia di inizio di attività prevede la notifica all’interessato dell’ordine motivato di non effettuare il previsto intervento (ex art. 23, comma 6), dove è già prevista la motivazione dell’ordine inibitorio e viene assicurata una forma di confronto e di tutela del privato a favore del quale viene comunque fatta “salva la facoltà di ripresentare la denuncia di inizio attività, con le modifiche o le integrazioni necessarie per renderla conforme alla normativa urbanistica ed edilizia” (cfr. TAR Veneto, sez.II. 13 settembre 2005, n.3418).
Non si tratta dunque di un definitivo rigetto dell’istanza, ma di un temporaneo e modificabile ordine di inibizione dell’attività edificatoria nelle forme e secondo le modalità proposte dall’interessato nella D.I.A.
A ciò è da aggiungersi che il termine normativamente previsto per l’esercizio del potere inibitorio da parte dell’Amministrazione non risulta sospeso o prorogato per effetto della comunicazione di preavviso di “rigetto”; il che conforta la conclusione che l’ordine inibitorio si inserisce esso stesso nel confronto dialogico tra Amministrazione e privato al fine della corretta conformazione dei rispettivi oneri e facoltà e sostituisce, per quanto rileva in questa sede, la diversa e generale sollecitazione alla partecipazione procedimentale.
Avveduta ed attenta giurisprudenza ha segnalato inoltre che la dedotta violazione dell’art. 10-bis della legge n.241/90 può ritenersi comunque superabile atteso che parte ricorrente ha avuto modo in più occasioni, come è peraltro accaduto nel caso di specie (in sede di sopralluogo, in particolare), di conoscere tempestivamente ed eventualmente confutare le ragioni ostative al rilascio del provvedimento richiesto (TAR Veneto, sez.II, 13 settembre 2005, n.3430).
Né può sottacersi che, trattandosi di procedimento instaurato dalla parte privata, lo stesso è sottoposto alla responsabile collaborazione della stessa anche in punto di completezza e precisione degli allegati documentali.
Risulta pertanto del tutto infondata la dedotta violazione dell’art 10-bis della L.241/90.
A maggior ragione, è priva di pregio la doglianza relativa alla mancata comunicazione di avvio del procedimento, essendo la parte pienamente consapevole della pendenza del procedimento medesimo cui ha dato causa e partecipato.


V.2) Con il secondo motivo di ricorso, la società ricorrente deduce l’illegittimità della disposta inibizione stante l’intervenuto decorso del termine di trenta giorni per procedervi, decorrenti, a tutto voler concedere, dall’adempimento dell’ultima richiesta di integrazione istruttoria.
Il motivo non ha alcun pregio.
L’art. 23 c. D.P.R. 380/2001 esclude l’efficacia (l’operatività ex lege) della D.I.A., nel caso di tratti di interventi effettuandi su aree vincolate, prima del rilascio del parere favorevole dell’Autorità preposta al vincolo.
Ne discende che, stante l’inefficacia ex lege della D.I.A., il Comune di Serrara Fontana ha del tutto tempestivamente (non correndo il termine decadenziale invocato) inibito l’esecuzione dei lavori; tra l’altro, proprio in ragione della corretta qualificazione dell’intervento insuscettibile di definizione a mezzo di D.I.A. per quanto sopra esposto.


V.3) Con il terzo motivo di ricorso, la società censura il supporto motivazionale del provvedimento, in particolare deducendo l’insussistenza delle contestate difformità e dell’obbligo di previo parere paesaggistico.
Sul punto giova richiamare quanto sopra esposto al punto IV) che precede.
Il motivo è quindi infondato.


V.4) Con il quarto motivo, la ricorrente deduce l’illegittimità dell’atto che non conterrebbe il termine e l’indicazione dell’Autorità a cui ricorrere.
La giurisprudenza ha sul punto esaurientemente esplicitato, che l’omessa indicazione del termine e dell’Autorità cui ricorrere non valgono ad inficiare la legittimità del provvedimento, incidendo, se del caso, su profili del tutto diversi di irregolarità, e rilevano solo ove risulti in concreto vulnerato il diritto di difesa del destinatario dell’atto, in caso di palese incertezza sulle modalità di impugnazione dell’atto stesso.
Situazione palesemente insussistente nella specie, stante la tempestiva e completa impugnazione svolta dalla società.


V.5) Il ricorso n.2286/2006 va dunque respinto in quanto infondato.


VI. Il ricorso n.3609/2006 riguarda, come sopra detto, un successivo atto del Comune di Serrara Fontana che, sul presupposto di una nota della Soprintendenza per i Beni Architettonici ed il paesaggio, patrimonio Storico, artistico e Demoantropologico di Napoli e Provincia, ha integrato il provvedimento di diniego di DIA comunicando, anche per quanto attiene ai manufatti che hanno mantenuto caratteristiche di integrità strutturale (murature e coperture esistenti seppur in cattivo stato di conservazione), la necessità di previa autorizzazione ex art. 146 del D.Lgs. 22.1.2004, n.42.
VI.1) Stante la consequenzialità dell’atto comunale rispetto all’atto soprintendentizio, giova esaminare dapprima le censure riferite alla richiamata nota n.1630 del 25.1.2006, con la quale la Soprintendenza ha appunto assunto la necessità di previa autorizzazione.
Sul punto, è senz’altro pregiudiziale la dedotta censura di carenza assoluta di potere e/o incompetenza svolta nel secondo motivo di ricorso.
Orbene, questa Sezione ha già avuto modo di chiarire con perspicua motivazione, dalla quale non ritiene discostarsi, la fondatezza del motivo (cfr. TAR Campania, sez.VI, n.9442 del 2006).
Invero, occorre focalizzare l’attenzione sul dato normativo cardine costituito dall’art. 159 del D.lgs nr.42/2004 (cd. “codice Urbani”) nella sua originaria versione, disciplinante quoad tempus la fattispecie in esame, in quanto afferente ad un provvedimento pronunciato il 25.1.2006.
La norma citata richiama più volte la Soprintendenza quale organo di riferimento della procedura, ma, allorquando sancisce il potere di annullamento, non lo attribuisce a quell’ufficio, ma al “Ministero”.
Tale dato lessicale è, ad avviso di questo Tribunale, fortemente significativo sul piano della competenza ed in linea con gli altri referenti normativi che si andranno a richiamare.
In primo luogo, vale rimarcare la sede ove tale disciplina è posta: quella di una vera e propria codificazione dei beni culturali e del paesaggio, ove quindi massima si deve ritenere l’attenzione, anche terminologica, nella cura espositiva,
La previsione di un potere solo ministeriale di annullamento è poi razionalmente collimante con il diverso ruolo che la soprintendenza è chiamata a svolgere nel procedimento ordinario di rilascio della autorizzazione di cui all’art. 146 dello stesso Codice: in breve, in questa norma fondante il procedimento autorizzatorio, la Soprintendenza, da soggetto controllante, diviene compartecipe della procedura, chiamata a rendere un “parere”, senza che residui, in capo ad essa, il predetto potere di annullamento.
Sarebbe dunque alquanto singolare che, dopo aver, nelle due disposizioni summenzionate, richiamato in modo puntuale la soprintendenza ogni qual volta ha inteso farlo, solo per l’attribuzione di un potere peculiare ed oramai recessivo rispetto alla costruzione del sistema autorizzatorio paesaggistico e del suo controllo, il legislatore avrebbe poi utilizzato una formula generica, come tale potenzialmente ricomprensiva, oltre che della struttura centrale, anche di un ufficio sempre richiamato, negli snodi normativi salienti, nominativamente.
Peraltro, il D.lgs. n.157/2006, nel dettare disposizioni “correttive ed integrative” del D.lgs. n.42/2004, ha in particolare riscritto proprio le norme in tema di rilascio della autorizzazione paesaggistica (art. 146) ed in ordine alla autorizzazione n via transitoria (art. 159), in particolare sostituendo il potere di annullamento riferito al Ministero con la dizione seguente: “La soprintendenza, se ritiene l’autorizzazione non conforme alle prescrizioni di tutela del paesaggio…può annullarla”.
E’evidente, dunque, che il consapevole distinguo terminologico manifesta che il legislatore ha inteso mutare la competenza caducatoria degli stessi, sicché non può, in ogni caso, considerarsi fungibile il termine “ministero” con quello di “soprintendenza” nel peculiare contesto diacronico della codificazione in esame.
In ultima analisi, fino alla entrata in vigore del decreto correttivo n.157/2006 (in G.U. 27 aprile 2006, S.O., 27 aprile 2006 n.97), deve ritenersi che la competenza ex art. 159 D.lgs. n.42/2004 spettasse al Ministero (id est, alla struttura ministeriale centrale) e non ad un ufficio periferico, identificabile, in particolare, nella Soprintendenza.
Ne discende, per quanto rileva in questa sede, che la Soprintendenza si è malamente ingerita nella vicenda de qua non ricadendo sulla stessa – ratione temporis - alcuna competenza in merito alle autorizzazioni paesaggistiche.
VI.2) L’illegittimità della nota soprintendentizia non può non rifluire sul provvedimento comunale impugnato, che trae da quella l’unico presupposto risultandone meramente consecutivo e consequenziale.
Ne discende che il venire meno del presupposto motivazionale inficia lo stesso provvedimento comunale che ne viene caducato.
VI.3) Il ricorso n.3609 va dunque accolto per l’assorbente profilo disaminato.


VII. Le spese dei giudizi riuniti possono compensarsi sussistendo giusti motivi.


P.Q.M.


Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania - Sezione VI, definitivamente pronunciando sui ricorsi riuniti di cui in epigrafe, così provvede: 1 ) – respinge il ricorso n. 2286/2006; accoglie, per quanto in motivazione, il ricorso n. 3609/2006.
Compensa le spese dei giudizi riuniti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.


Così deciso in Napoli, nella camera di consiglio del 10 gennaio 2007, con l’intervento dei Magistrati:
Filippo Giamportone - Presidente
Maria Abbruzzese - Componente est.
Ida Raiola - Componente
 


 

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