AmbienteDiritto.it - Rivista giuridica - Electronic Law Review - Tutti i diritti sono riservati - Copyright © - AmbienteDiritto.it
Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006
TAR EMILIA ROMAGNA, Bologna,
Sez. I, 26 novembre 2007, sentenza n. 3365
VIA - Autorizzazione integrata ambientale - Concetto e natura dell’AIA -
Differenza rispetto alla VIA - Autonoma impugnabilità - Fondamento.
L'autorizzazione integrata ambientale è, secondo la definizione di cui all’art 2
lett. l) del D.Lgs. 18 febbraio 2005 n. 59 "il provvedimento che autorizza
l'esercizio di un impianto o di parte di esso a determinate condizioni che
devono garantire che l'impianto sia conforme ai requisiti del presente decreto";
detto provvedimento si inquadra tra le "misure intese ad evitare oppure, qualora
non sia possibile, ridurre le emissioni (delle attività industriali inquinanti
normativamente individuate) nell'aria, nell'acqua e nel suolo, comprese le
misure relative ai rifiuti e per conseguire un livello elevato di protezione
dell'ambiente nel suo complesso" (cfr. art.1 comma 1 del citato D.Lgs. n.
59/2005, nonché art. 1 comma 2 L.R. Emilia Romagna 11 ottobre 2004 n. 21,
intitolata "Disciplina della prevenzione e riduzione integrate
dell'inquinamento"). Si tratta, dunque, di un provvedimento che (sostituendosi,
tra l'altro, a tutte le preesistenti autorizzazioni ambientali di cui
all’allegato 2 al citato decreto legislativo) incide specificamente sugli
aspetti gestionali dell'impianto, mentre la procedura di VIA investe più
propriamente i profili localizzativi e strutturali. Perciò, se anche nel caso di
specie l'esito positivo della valutazione di impatto ambientale costituisce
presupposto dell’AIA impugnata, quest'ultima non può essere configurata come
atto strettamente consequenziale rispetto alla prima, ma anzi, in quanto
produttiva di propri specifici effetti, può essere autonomamente impugnata (a
prescindere dall'impugnazione della VIA) da chi intenda agire contro pregiudizi
direttamente derivanti dalla predetta autorizzazione. Pres. Piscitello, Est.
Testori - W.W.F. e altri (avv.ti Ceruti e Minotti) c. Provincia di Modena
(avv.ti Zannini e Giampietro) e Comune di Modena (avv.ti Maritan, Villani e
Maini) -
T.A.R. EMILIA ROMAGNA, Bologna, Sez. I - 26 novembre 2007, n. 3365
INQUINAMENTO - AIA - Art. 2, D.Lgs. n. 59/2005 - Impianto - Attività connesse -
Identità di sito e identità di gestore. Ai fini del rilascio dell’AIA, un
impianto (nella specie, impianto di incenerimento) va valutato nella sua
complessità ed unitarietà, comprendendo anche le attività che si configurino
come accessorie, secondo quanto precisato dall’art. 2, lett. c) del D.Lgs. n.
59/2005 (che così definisce l’impianto: “l'unità tecnica permanente in cui sono
svolte una o più attività elencate nell'allegato I e qualsiasi altra attività
accessoria, che siano tecnicamente connesse con le attività svolte nel luogo
suddetto e possano influire sulle emissioni e sull'inquinamento"), nel rispetto,
peraltro, dei limiti dettati dall’art. 2, lett. l) del medesimo decreto
legislativo relativamente all’identità di sito e di gestore ("Un'autorizzazione
integrata ambientale può valere per uno o più impianti o parti di essi, che
siano localizzati sullo stesso sito e gestiti dal medesimo gestore"). Per
applicare correttamente la disciplina, può farsi riferimento alla circolare del
Ministero dell’Ambiente 13 luglio 2004, emanata in vigenza del D.Lgs. n.
372/1999, poi abrogato dal D.Lgs. n. 59/2005; la circolare conserva tuttavia
attualità, atteso che la normativa sopravvenuta non ha introdotto novità,
quantomento in ordine alla definizione di “attività connessa” e di “sito”.
Applicando tali principi, non può ravvisarsi identità di sito in relazione ad
aree geograficamente distinte (nella specie, distanti alcuni chilometri), né è
sufficiente l’identità del sito se ad essa non si accompagni l’identità del
gestore (nella specie, una srl e una spa, facenti parte del medesimo gruppo
societario, individuabili come soggetti giuridici distinti); diverso è il caso
dell’impianto che svolge attività connessa a quella principale (nella specie,
impianto di trattamento fisico-chimico connesso ad un termovalorizzatore), in
cui all’identità del sito si accompagni l’identità del gestore, in relazione al
quale la considerazione unitaria ex art. 2 D.Lgs. n. 59/2005 va operata ex ante.
Pres. Piscitello, Est. Testori - W.W.F. e altri (avv.ti Ceruti e Minotti) c.
Provincia di Modena (avv.ti Zannini e Giampietro) e Comune di Modena (avv.ti
Maritan, Villani e Maini) -
T.A.R. EMILIA ROMAGNA, Bologna, Sez. I - 26 novembre 2007, n. 3365
www.AmbienteDiritto.it
REPUBBLICA
ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Registro Sentenze: 3365/2007
Registro Generale: 491/2007
IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO PER L'EMILIA-ROMAGNA
BOLOGNA
SEZIONE I
nelle persone dei Signori
CALOGERO PISCITELLO Presidente
CARLO TESTORI Consigliere, relatore
SERGIO FINA Consigliere
ha pronunciato la seguente
S E N T E N Z A
sul ricorso n. 491/2007 proposto da:
- W.W.F. - ONLUS in persona del Presidente e legale rappresentante p.t., arch.
Fulco Pratesi;
- ITALIA NOSTRA - ONLUS in persona del Presidente e legale rappresentante p.t.,
dott. Giovanni Losavio;
- COMITATO MODENA SALUTE AMBIENTE in persona del Presidente e legale
rappresentante p.t., sig. Silvano Guerzoni;
- ACCARDO CATERINA, ANDERLINI MAURO, BARALDI DANIELE, CIONI GIANNI, CIONI LISA,
CORRADINI LUCIANO, DI BONA SIMONA, FERRARI ENRICO, FERRETTI PAOLA, GHELFI
MIRELLA, GOLDONI ALFONSO, GOLDONI LINO, GOLDONI RENATO, LUPPI IGINIO, MAGNONI
CARLO, MARINELLI GIORGIO, MESCHIARI NADIA, MICHELINI BRUNA, PARENTI VALENTINA,
PEZZETTI ROMANO, POPPI CARLO, RASPA PIERINO PIETRO, RIGHI GIOVANNA, RIGHI LAURA,
SALVE MARIA GISELDA, SANGUETTI MASSIMO, SCHIAVI ALBERTO, VACCARI PAOLA,
VENTURELLI ANNA, VERGANTI CECILIA, VERONESI LORELLA
tutti rappresentati e difesi da:
CERUTI AVV. MATTEO
MINOTTI AVV. FRANCESCA
con domicilio eletto in BOLOGNA
GALLERIA MARCONI N.2
presso
MINOTTI AVV. FRANCESCA
contro
PROVINCIA DI MODENA
rappresentata e difesa da:
ZANNINI AVV. ROBERTA
GIAMPIETRO AVV. PASQUALE
con domicilio eletto in BOLOGNA
VIA MURRI 9
presso
TIRAPANI AVV. STEFANO
-
COMUNE DI MODENA
rappresentato e difeso da:
MARITAN AVV. RAFFAELLA
VILLANI AVV. VINCENZO
MAINI AVV. STEFANO
con domicilio eletto in BOLOGNA
VIA CASTIGLIONE 4
presso
MARITAN AVV. RAFFAELLA
e nei confronti di:
HERA SPA
rappresentata e difesa da:
CARULLO AVV. ANTONIO
con domicilio eletto in BOLOGNA
STRADA MAGGIORE 47
presso
CARULLO AVV. ANTONIO
-
AZIENDA U.S.L. DI MODENA n.c.
ARPA - AGENZIA REG.LE PREVENZIONE AMBIENTE E. R. n.c.
per l'annullamento,
previa sospensione,
della
determinazione n. 74 del 2/2/2007, con avviso pubblicato sul BURER del
28/2/2007, con cui il Dirigente del Servizio gestione integrata sistemi
ambientali della Provincia di Modena ha rilasciato ad HERA s.p.a.
l'autoriz-zazione integrata ambientale per l'impianto di termovalorizzazione di
rifiuti urbani, speciali non pericolosi, rifiuti sanitari non pericolosi e
pericolosi a solo rischio infettivo con capacità superiore a 3 tonnellate
all'ora sito in Comune di Modena via Cavazza n. 45; nonché di ogni altro atto
presupposto, collegato, inerente, conseguente e derivato, ivi compresi: il
parere favorevole al rilascio dell’AIA espresso dal Sindaco di Modena e, ove
occorrer possa, le determinazioni assunte dalla conferenza di servizi, le
richieste di integrazioni istruttorie, nonché i pareri favorevoli espressi da
ARPA ed AUSL.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio della Provincia di Modena, del
Co-mune di Modena e di HERA s.p.a.;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti gli atti tutti della causa;
Relatore il Cons. Carlo Testori;
Uditi alla pubblica udienza del 25 ottobre 2007 i difensori delle parti,
pre-senti come da verbale;
Considerato in fatto ed in diritto quanto segue:
FATTO
Hera s.p.a. gestisce in Comune di Modena, via Cavazza n. 45, un impianto di
termovalorizzazione di rifiuti urbani, speciali non pericolosi, rifiuti sanitari
non pericolosi e pericolosi a solo rischio infettivo con capacità superiore a 3
tonnellate all'ora, originariamente costituito da tre linee e autorizzato allo
smaltimento di 140.000 t/anno di rifiuti. Con deliberazione n. 429 del
26/10/2004 la Giunta provinciale di Modena ha positivamente concluso la
procedura di VIA relativa ad un progetto di adeguamento funzionale dell'impianto
in questione che ne prevedeva la configurazione su quattro li-nee (una nuova e
tre ristrutturate) per una potenzialità di trattamento massi-ma autorizzabile di
240.000 t/anno di rifiuti. In data 30/5/2006 Hera s.p.a. ha presentato allo
Sportello Unico del Comune di Modena domanda intesa ad ottenere il rilascio
dell'autorizzazione integrata ambientale (AIA) per la ge-stione del predetto
impianto secondo la nuova configurazione prevista; la Provincia di Modena, quale
autorità competente al rilascio dell'autorizzazio-ne richiesta, ha avviato la
procedura d'esame, convocando apposita confe-renza di servizi; a conclusione
dell'iter procedimentale il Dirigente del Ser-vizio gestione integrata sistemi
ambientali ha adottato la determinazione n. 74 del 2/2/2007 con cui ha
rilasciato l'autorizzazione integrata ambientale richiesta da Hera s.p.a.,
dettando specifiche prescrizioni e articolando le fasi di realizzazione ed
attivazione dell'impianto nella nuova configurazione sulla base di un
dettagliato cronoprogramma che, in conclusione, prevede dal 30/11/2009 il
funzionamento a regime delle sole linee 3 (già esistente e ri-strutturata) e 4
(nuova).
Tale determinazione è stata impugnata davanti a questo Tribunale dalle
as-sociazioni WWF e Italia Nostra, dal Comitato Modena Salute Ambiente e da 31
cittadini qualificatisi come residenti e proprietari di immobili nelle
im-mediate vicinanze dell'impianto in questione e nelle aree di ricaduta degli
inquinanti emessi, che hanno presentato il ricorso in epigrafe prospettando vizi
di violazione di legge ed eccesso di potere sotto molteplici profili.
Si sono costituiti in giudizio la Provincia di Modena, il Comune di Modena ed
Hera s.p.a. che hanno formulato eccezioni in ordine, soprattutto, alla
le-gittimazione ad agire dei ricorrenti ed hanno, comunque, chiesto la reiezione
del gravame perché infondato.
Per la trattazione della causa nel merito è stata fissata la pubblica udienza
del 25 ottobre 2007, in vista della quale hanno depositato memorie e documenti
le parti ricorrenti ed Hera s.p.a.; la causa è quindi passata in decisione.
DIRITTO
1) Vanno innanzitutto esaminate le eccezioni di inammissibilità del ricorso
formulate, in particolare, da Hera s.p.a. con riferimento innanzitutto alla
le-gittimazione ad agire dei ricorrenti, rispetto ai quali vanno tenute distinte
le posizioni di: a) WWF - Associazione Italiana per il World Wide Fund for
Nature – Onlus e Italia Nostra - Onlus; b) Comitato Modena Salute Ambien-te; c)
i 31 cittadini firmatari del ricorso. In proposito si osserva quanto segue:
a) la legittimazione ad agire di WWF e Italia Nostra va riconosciuta perché tali
associazioni sono state individuate dall’art. 1 del D.M. Ambiente 20/2/1987, in
attuazione dell’art. 13 della legge 8 luglio 1986 n. 349, tra quelle di
protezione ambientale che, a norma dell’art. 18 comma 5 della me-desima legge
"possono……ricorrere in sede di giurisdizione amministrativa per l'annullamento
di atti illegittimi"; tale disposizione ha trovato poi con-ferma nell’art. 17
comma 46 della legge 15 maggio 1997 n. 127, che recita: "Le associazioni di
protezione ambientale a carattere nazionale, individuate dal decreto del
ministro dell'Ambiente 20 febbraio 1987, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n.
48 del 27 febbraio 1987, come modificato dal decreto del ministro dell'Ambiente
17 febbraio 1995, pubblicato nella Gazzetta Uffi-ciale n. 98 del 28 aprile 1995,
possono, nei casi previsti dall'articolo 18 della legge 8 luglio 1986, n. 349,
impugnare davanti al giudice amministrativo gli atti di competenza delle
regioni, delle province e dei comuni"; va infine sottolineato che detta speciale
legittimazione riguarda, secondo la prevalente giurisprudenza (cfr. Consiglio di
Stato, Sez. IV, 14 aprile 2006 n. 2151; TAR Bologna, Sez. I, 6 luglio 2007 n.
1618) le associazioni ambientalistiche nazionali formalmente riconosciute e non
le loro strutture territoriali: e in questo caso il ricorso è stato
correttamente proposto dalle due associazioni nazionali, in persona dei
rispettivi presidenti e legali rappresentanti;
b) quanto alla legittimazione ad agire del Comitato Modena Salute Ambiente è
particolarmente utile il richiamo alla recente sentenza della Quinta Sezione del
Consiglio di Stato 23 aprile 2007 n. 1830 che, nell'affrontare il tema della
legittimazione di associazioni ambientaliste costituite a livello locale, ha
puntualizzato:
• che la "giurisprudenza tradizionale formatasi in materia ha, invero, in modo
pressoché uniforme, riconosciuto che possono essere considerati legittimati ad
impugnare i provvedimenti amministrativi eventualmente lesivi dell’ambiente le
sole associazioni protezionistiche espressamente individuate con D.M., ai sensi
del combinato disposto degli artt. 13 e 18 della L. n. 349 del 1986…";
• che la "giurisprudenza più avanzata…, invece, afferma che il giudice
amministrativo può riconoscere, caso per caso, la legittimazione ad im-pugnare
atti amministrativi a tutela dell’ambiente ad associazioni locali
(indipendentemente dalla loro natura giuridica), purchè a) perseguano
statutariamente in modo non occasionale obiettivi di tutela ambientale, b)
abbiano un adeguato grado di rappresentatività e stabilità e c) un’area di
afferenza ricollegabile alla zona in cui è situato il bene a fruizione
collettiva che si assume leso, anche se non ricomprese nell’elenco delle
associazioni a carattere nazionale individuate dal Ministero dell’Ambiente ai
sensi dell’art. 13 della Legge 8.7.1986, n. 349, poiché tale norma ha creato un
ulteriore criterio di legittimazione che si è aggiunto e non sostituito a quelli
in precedenza elaborati dalla giuri-sprudenza per l’azionabilità dei c.d.
“interessi diffusi” in materia am-bientale";
• che in ogni caso "Non basta…il mero scopo associativo a rendere diffe-renziato
un interesse diffuso o adespota, facente capo alla popolazione nel suo
complesso, quale l’interesse alla salvaguardia dell’ambiente, specie quando tale
scopo associativo si risolva,…, senza mediazione al-cuna di altre finalità,
nell’utilizzazione di tutti i mezzi leciti per non con-sentire la realizzazione
di un determinato progetto e, quindi, in definitiva, nella stessa finalità di
proporre l’azione giurisdizionale"; e che la "giurisprudenza di merito ha, al
riguardo, più volte chiarito che un semplice Comitato di cittadini
caratterizzato da una forma associativa temporanea, volta alla protezione degli
interessi dei soggetti che ne sono parte, non ha legittimazione a ricorrere
avverso gli atti di localizzazione di impianti per il trattamento e lo
smaltimento di rifiuti, essendo privo – oltre che del riconoscimento
ministeriale di cui all’art. 13 L. n. 349 del 1986 – del carattere di ente
esponenziale in via stabile e continuativa di interessi diffusi radicati sul
territorio".
È documentato in giudizio che il Comitato Modena Salute Ambiente è stato
costituito in Modena il 5/9/2005 con lo scopo di promuovere (art. 2 punto 3
dello Statuto) "la partecipazione dei propri associati alla vita della comunità
locale, con particolare riferimento agli aspetti di tutela e di rispetto
dell'ambiente, alla salvaguardia della salute pubblica, alle politiche di
smaltimento dei rifiuti", facendo anche ricorso (art. 2 cit. punto 6) a
"provvedimenti giudiziari a tutela dei cittadini, singoli o as-sociati, a tutela
del loro diritto alla salute e a tutela dell'ambiente". È al-tresì documentato
che il predetto Comitato è iscritto nel registro provin-ciale delle associazioni
di promozione sociale di cui alle leggi regionali n. 34/2002 e n. 3/1999 ed è,
tra l'altro, intervenuto nell'iter procedimentale conclusosi con il rilascio
dell'autorizzazione impugnata. Quanto sopra porta il Collegio a ritenere che il
Comitato in questione presenta le caratteristiche (precedentemente richiamate
sub a), b) c), a cui la giuri-sprudenza "più avanzata" (secondo la definizione
della citata sentenza del Consiglio di Stato) subordina il riconoscimento della
legittimazione ad agire nella materia di cui si tratta; ed i medesimi elementi
inducono, per converso, ad escludere che il Comitato Modena Salute Ambiente sia
stato costituito al precipuo scopo di contrastare la realizzazione del pro-getto
di potenziamento dell'impianto di cui si controverte nel presente giudizio,
caratterizzandosi, in sostanza, come una aggregazione tempo-ranea, volta alla
protezione degli specifici interessi dei soggetti che ne fanno parte. Su tali
basi va dunque riconosciuta la legittimazione ad agire anche del Comitato
predetto;
c) restano i 31 privati cittadini che hanno agito in giudizio qualificandosi
come "residenti e proprietari di immobili nelle immediate vicinanze
dell'impianto di incenerimento di rifiuti in esame e nelle aree di ricaduta
degli inquinanti emessi", i quali deriverebbero la loro legittimazione dal
paventato "degrado ambientale ed igienico-sanitario del territorio con-seguente
al potenziamento dell'impianto e all'esercizio del medesimo ed il conseguente
deprezzamento del valore dei propri immobili". Anche a questo proposito è
puntuale il riferimento alla citata decisione n. 1830/2007 della Quinta Sezione
del Consiglio di Stato, in cui si richiama l'orientamento giurisprudenziale
secondo cui "la mera vicinanza di un’abitazione ad una discarica non legittima
il proprietario frontista ad insorgere avverso il provvedimento di approvazione
dell’opera (cfr. Cons. St., sez. V, 16.4.2003, n. 1948), essendo al riguardo
necessaria la prova del danno che da questo egli riceve nella sua sfera
giuridica o per il fatto che la localizzazione dell’impianto riduce il valore
economico del fondo situato nelle sue vicinanze, o perché le prescrizioni
dettate dall’autorità competente in ordine alle modalità di gestione
dell’impianto sono inidonee a salvaguardare la salute di chi vive nelle sue
vicinanze"; nel caso in esame si rileva:
• che a conforto della prospettata incidenza negativa del potenziamen-to
dell'impianto nei termini autorizzati con il provvedimento impu-gnato è stata
allegata al ricorso una relazione asseverata concernente le distanze delle
proprietà e residenze dei ricorrenti dall'impianto e la stimata riduzione del
valore di mercato degli immobili in questione;
• che tale relazione risulta, ad avviso del Collegio, idonea ad eviden-ziare un
profilo di concreto pregiudizio che i soggetti interessati po-trebbero subire
per effetto dell'esecuzione del provvedimento impu-gnato;
• che detto documento, peraltro, riguarda solo 16 dei 31 privati ricor-renti,
tutti residenti in Modena: si tratta dei sigg. Accardo Caterina, Cioni Gianni,
Cioni Lisa, Corradini Luciano, Ferretti Paola, Ghelfi Mirella, Goldoni Lino,
Goldoni Renato, Luppi Iginio, Pezzetti Ro-mano, Righi Giovanna, Righi Laura,
Salve Maria Giselda, Sanguetti Massimo, Venturelli Anna, Veronesi Lorella;
• che per i restanti 15 ricorrenti, alcuni dei quali neppure residenti in Comune
di Modena, la documentazione (anagrafica, catastale e car-tografica) prodotta
non è sufficiente a dar conto dell'esistenza di una posizione differenziata e
qualificata idonea a legittimarli ad agire nel presente giudizio; ne consegue la
parziale inammissibilità del ricorso, nella sola parte relativa all'azione
proposta dai sigg. Anderlini Mauro, Baraldi Daniele, Di Bona Simona, Ferrari
Enrico, Goldoni Alfonso, Magnoni Carlo, Marinelli Giorgio, Meschiari Nadia,
Michelini Bruna, Parenti Valentina, Poppi Carlo, Raspa Pierino Pietro, Schiavi
Alberto, Vaccari Paola, Verganti Cecilia.
2) Sotto un diverso profilo Hera s.p.a. ha sostenuto che il ricorso è
inammis-sibile perché non è stata tempestivamente impugnata la deliberazione n.
429 del 26/10/2004 con cui la Giunta provinciale di Modena ha positivamente
concluso la procedura di VIA relativa al progetto di adeguamento funzionale
dell'impianto di via Cavazza. La tesi non può essere condivisa;
l'autorizza-zione integrata ambientale è, secondo la definizione di cui all’art
2 lett. l) del D.Lgs. 18 febbraio 2005 n. 59 (recante "Attuazione integrale
della direttiva 96/61/CE relativa alla prevenzione e riduzione integrate
dell'inquinamento") "il provvedimento che autorizza l'esercizio di un impianto o
di parte di esso a determinate condizioni che devono garantire che l'impianto
sia conforme ai requisiti del presente decreto"; detto provvedimento si inquadra
tra le "misure intese ad evitare oppure, qualora non sia possibile, ridurre le
emissioni (delle attività industriali inquinanti normativamente individuate)
nell'aria, nell'acqua e nel suolo, comprese le misure relative ai rifiuti e per
conseguire un livello elevato di protezione dell'ambiente nel suo complesso"
(cfr. art.1 comma 1 del citato D.Lgs. n. 59/2005, nonché art. 1 comma 2 L.R.
Emilia Romagna 11 ottobre 2004 n. 21, intitolata "Disciplina della prevenzione e
riduzione integrate dell'inquinamento"). Si tratta, dunque, di un provvedimento
che (sostituendosi, tra l'altro, a tutte le preesistenti auto-rizzazioni
ambientali di cui all’allegato 2 al citato decreto legislativo) incide
specificamente sugli aspetti gestionali dell'impianto, mentre la procedura di
VIA investe più propriamente i profili localizzativi e strutturali. Perciò, se
anche nel caso di specie l'esito positivo della valutazione di impatto
ambien-tale costituisce presupposto dell’AIA impugnata, quest'ultima non può
essere configurata come atto strettamente conseguenziale rispetto alla prima, ma
anzi, in quanto produttiva di propri specifici effetti, può essere
autonoma-mente impugnata (a prescindere dall'impugnazione della VIA) da chi
intenda agire contro pregiudizi direttamente derivanti dalla predetta
autorizzazione. Ciò è quanto si verifica nel presente giudizio: di qui
l'ammissibilità del ricorso in esame.
3) Le numerose censure formulate dalle parti ricorrenti possono essere
schematicamente distinte in due gruppi: da un lato quelle relative a pretesi
vizi procedimentali, dall'altro quelle che attengono a profili più strettamente
tecnici; appartengono al primo gruppo le censure rubricate ai nn. 1-8, tra le
quali il Collegio ritiene fondata e decisiva quella (n. 8) con cui,
testualmente, si deduce la "violazione dell’art. 2 del D.Lgs. 133/2005 e
dell’art. 2 del D.lgs. 59/2005 in relazione all'omessa considerazione
dell'impianto di ince-nerimento in termini di sito". In sintesi con detto motivo
di ricorso si sostie-ne:
• che la procedura di AIA relativa all'impianto di cui si controverte doveva
essere estesa a tutte le attività comunque connesse o accessorie all'impianto
medesimo e dunque doveva coinvolgere altresì:
o un impianto di trattamento chimico fisico rifiuti liquidi (gestito da Hera
s.p.a.) e un impianto di depurazione biologica rifiuti li-quidi e reflui civili
(gestito da Hera Modena s.r.l.), entrambi og-getto di distinte domande di
autorizzazione integrata ambientale, ubicati nel medesimo sito di via Cavazza;
o ulteriori attività tecnicamente connesse all'incenerimento (stoc-caggio di
rifiuti in fossa; demineralizzazione acque, recupero e-nergetico, utilities)
svolte sempre nello stesso sito;
o un impianto di inertizzazione delle ceneri e delle polveri dell'in-ceneritore
posto nell'area impiantistica di via Caruso, nonché la discarica esercitata
nella medesima località e l’impianto per il re-cupero parziale delle scorie
pesanti (entrata in esercizio prevista entro settembre 2007);
• che la esclusione di tali impianti ed attività dalla procedura di AIA
con-clusasi con il provvedimento impugnato determina l'illegittimità dell'iter
procedimentale seguito e dell’AIA infine rilasciata.
L’art. 2 del D.Lgs. 11 maggio 2005 n. 133 (recante " Attuazione della diret-tiva
2000/76/CE, in materia di incenerimento dei rifiuti") fornisce la se-guente
definizione:
"d) impianto di incenerimento: qualsiasi unità e attrezzatura tecnica, fissa o
mobile, destinata al trattamento termico di rifiuti ai fini dello smaltimento,
con o senza recupero del calore prodotto dalla combustione. Sono compresi in
questa definizione l'incenerimento mediante ossidazione dei rifiuti, nonché
altri processi di trattamento termico, quali ad esempio la pirolisi, la
gassificazione ed il processo al plasma, a condizione che le sostanze risultanti
dal trattamento siano successivamente incenerite. La definizione include il sito
e l'intero impianto di incenerimento, compresi le linee di incenerimento, la
ricezione dei rifiuti in ingresso allo stabilimento e lo stoccaggio, le
installazioni di pretrattamento in loco, i sistemi di alimentazione dei rifiuti,
del combustibile ausiliario e dell'aria di combustione, i generatori di calore,
le apparecchiature di trattamento, movimentazione e stoccaggio in loco delle
acque reflue e dei rifiuti risultanti dal processo di incenerimento, le
apparecchiature di trattamento degli effluenti gassosi, i camini, i dispositivi
ed i sistemi di controllo delle varie operazioni e di registrazione e
moni-toraggio delle condizioni di incenerimento".
L’art. 2 lett. c) del D.Lgs. n. 59/2005 fornisce la seguente definizione di
"impianto: l'unità tecnica permanente in cui sono svolte una o più attività
elencate nell'allegato I e qualsiasi altra attività accessoria, che siano
tecni-camente connesse con le attività svolte nel luogo suddetto e possano
influire sulle emissioni e sull'inquinamento".
Per valutare la fondatezza o meno della censura occorre, altresì, richiamare il
già citato art. 2 lett. l) del D.Lgs. n. 59/2005 che, nel fornire la definizione
di autorizzazione integrata ambientale (riportata al precedente punto 2),
precisa: "Un'autorizzazione integrata ambientale può valere per uno o più
impianti o parti di essi, che siano localizzati sullo stesso sito e gestiti dal
medesimo gestore".
Premessi i dati normativi appena citati, si deve puntualizzare quanto segue:
• non è in discussione che l'impianto di via Cavazza oggetto dell’AIA im-pugnata
sia qualificabile come impianto di incenerimento ai sensi dell’art. 2 del D.Lgs.
n. 133/2005; in tale nozione vanno considerati uni-tariamente il sito e
l’insieme delle attrezzature destinate allo svolgimento delle attività
funzionali allo smaltimento dei rifiuti;
• ai fini del rilascio dell’AIA un impianto di tal genere va valutato anche
tenendo conto delle attività che si configurino come accessorie (secondo quanto
precisato dall’art. 2 lett. l) del D.Lgs. n. 59/2005), in quanto "sia-no
tecnicamente connesse…… e possano influire sulle emissioni e sull'inquinamento";
• l'autorizzazione integrata ambientale al potenziamento dell'impianto di cui si
discute doveva dunque "coprire" l’impianto medesimo nella sua complessità e
unitarietà - in conformità con le nozioni precedentemente richiamate -, nel
rispetto peraltro dei limiti dettati dall’art. 2 lett. l) del D.Lgs. n. 59/2005
relativamente all'identità di sito e di gestore.
Per applicare correttamente la disciplina vigente alla fattispecie in esame è
particolarmente utile il richiamo (peraltro operato anche dalle parti) alla
cir-colare del Ministero dell'Ambiente 13 luglio 2004, interpretativa in materia
di prevenzione e riduzione integrate dell'inquinamento. Detta circolare è sta-ta
emanata in vigenza del D.Lgs. 4 agosto 1999 n. 372 (recante "Attuazione della
direttiva 96/61/CE relativa alla prevenzione e riduzione integrate
dell'inquinamento"), abrogato dal D.Lgs. n. 59/2005 (art. 19), ma conserva
tuttora attualità, atteso che la normativa sopravvenuta non ha introdotto
no-vità nella disciplina della materia con riferimento ai profili che
interessano nel presente giudizio. In particolare, si ritiene opportuno
richiamare due de-finizioni contenute nella circolare in questione, che
riguardano:
• il concetto di "attività connessa", da intendersi come attività:
"a) svolta dallo stesso gestore;
b) svolta nello stesso sito dell'attività principale o in un sito contiguo e
direttamente connesso al sito dell'attività principale per mezzo di
infra-strutture tecnologiche funzionali alla conduzione dell'attività
principale;
c) le cui modalità di svolgimento hanno qualche implicazione tecnica con le
modalità di svolgimento dell'attività principale";
• il concetto di "sito", da intendersi (con riferimento alla normativa
am-bientale e, in particolare, alla definizione di cui all’art. 2 punto t) del
re-golamento (CE) del Parlamento europeo e del Consiglio n. 761/2001 del 19
marzo 2001) come "tutto il terreno, in una zona geografica precisa, sotto il
controllo gestionale di un'organizzazione che comprenda attività, prodotti e
servizi. Esso include qualsiasi infrastruttura, impianto e materiali".
Alla luce di quanto sopra il Collegio ritiene di formulare le seguenti
conclusioni:
a) la procedura concernente la domanda di AIA presentata da Hera s.p.a. per
l'impianto di via Cavazza non poteva riguardare anche la distinta area
im-piantistica di via Caruso, mancando il requisito della localizzazione "sullo
stesso sito" a cui fa riferimento l’art. 2 lett. l) del D.Lgs. n. 59/2005;
acco-gliendo il concetto di "sito" come definito nella citata circolare
ministeriale 13/7/2004, non può ravvisarsi identità di sito in relazione ad aree
geografi-camente diverse ed anzi (secondo quanto affermato nella memoria di
costi-tuzione della Provincia di Modena a pag. 26 e non contestato) distanti tra
loro alcuni chilometri;
b) quanto agli impianti presenti in via Cavazza, la procedura di cui si discute
non doveva necessariamente interessare anche quello di depurazione biolo-gica
rifiuti liquidi e reflui civili gestito da Hera Modena s.r.l., perché in que-sto
caso all'identità del sito non si accompagna l'identità del gestore; infatti,
anche se si riconosce che Hera Modena s.r.l. fa parte del gruppo Hera al pari di
Hera s.p.a., risulta però indubbio che si tratta di due società diverse e dunque
di due soggetti giuridici distinti, a cui fanno capo distinte attività e
responsabilità gestionali; per superare tale profilo occorrerebbe riferire la
no-zione di "gestore" all'intero gruppo a cui appartenga il soggetto titolare di
un impianto in cui si svolgono attività connesse a quella (principale) soggetta
ad autorizzazione integrata ambientale, ma tale conclusione appare eccessiva e
dunque non applicabile, nel caso di specie, ad Hera Modena s.r.l. (che è,
oltretutto, soggetto estraneo al presente giudizio);
c) diverso è il caso dell'impianto di trattamento chimico fisico rifiuti
liquidi, anche esso presente in via Cavazza: all'identità del sito si accompagna
l'i-dentità del gestore (Hera s.p.a.) rispetto all'impianto principale; la
Provincia di Modena afferma però che non sussiste un rapporto di stretta
connessione tra i due impianti, posto che quello di trattamento chimico fisico
rifiuti li-quidi "svolge anche un'autonoma attività di depurazione di rifiuti
liquidi, conferiti da terzi, tramite autobotte"; analoghe argomentazioni svolge
Hera s.p.a., escludendo altresì che l'attività dell'impianto in questione
presenti le caratteristiche di attività connessa, secondo la definizione
contenuta nella circolare ministeriale 13/7/2004; le difese delle controparti
non sono però convincenti perché smentite da una pluralità di elementi; in
particolare:
• nella definizione di "impianto di incenerimento" fornita dall’art. 2 lett. d)
del D.Lgs. n. 133/2005 sono espressamente comprese anche "le appa-recchiature di
trattamento, movimentazione e stoccaggio in loco delle acque reflue e dei
rifiuti risultanti dal processo di incenerimento";
• tra la documentazione depositata dalle parti ricorrenti in data 3/10/2007
figura una nota di ARPA - Sezione provinciale di Modena in data 31/8/2007,
relativa a esalazioni provenienti dall'area di via Cavazza, in cui si legge:
"L'impianto di trattamento chimico fisico risulta prevalen-temente a servizio
dell'inceneritore dei rifiuti solidi urbani, del quale tratta le acque di
spegnimento delle scorie e le acque di lavaggio dei fumi…";
• nella memoria depositata dalle parti ricorrenti 12/10/2007 si richiamano
puntualmente gli scritti difensivi di Hera (memoria depositata il 23/5/2007 pag.
35) e della Provincia di Modena (memoria depositata il 22/5/2007 pag. 33) che,
nel controdedurre al motivo di ricorso rubricato al n. 11, così si esprimono,
rispettivamente, in merito ai reflui in uscita dell'impianto di
termovalorizzazione:
- "Essi passano da un impianto all'altro di un medesimo gestore in un medesimo
sito, alla stregua di un residuo liquido che, prodotto nel corso di una
lavorazione sia inviato ad un impianto di trattamento prima dello scarico";
- "tali reflui… vengono direttamente convogliati, senza soluzione di continuità,
mediante "tubazione dedicata"… non in un corpo ricettore ma nell'impianto
chimico fisico…".
Quanto sopra è, ad avviso del Collegio, sufficiente per affermare che l'impianto
di trattamento chimico fisico in questione, da un lato, svolge attività connessa
a quella principale del termovalorizzatore di via Cavazza (ex C.M. 13/7/2004),
dall'altro si configura come parte integrante dell'impianto di in-cenerimento
(ex art. 2 lett. d) D.Lgs. n. 133/2005), risultando irrilevante lo svolgimento
di attività di depurazione di rifiuti conferiti da terzi, a fronte del
prevalente rapporto di servizio in favore dell'impianto Hera di cui si
contro-verte in questa sede. In tale quadro è fondata la censura secondo cui la
pro-cedura di AIA avrebbe dovuto interessare, oltre all'impianto di
termovalo-rizzazione strettamente inteso, anche l'impianto di trattamento
chimico fisico presente nel medesimo sito e direttamente connesso al primo; la
diversa (e riduttiva) scelta operata dall'Amministrazione competente contrasta
dunque con la disciplina vigente in tema di prevenzione e riduzione integrate
dell'inquinamento, invocata dalle parti ricorrenti, né a tale carenza si può
efficacemente opporre che, ai fini della valutazione degli effetti cumulativi
degli impianti in questione, è stato predisposto un piano di monitoraggio
complessivo, perché - come evidenziato dalle parti ricorrenti - ciò si traduce
(contraddittoriamente) in una considerazione unitaria del sito operata ex post
(in fase di monitoraggio) e non ex ante ( in fase istruttoria), come doveva
essere; ciò determina l'illegittimità del procedimento in questione e,
conse-guentemente, del provvedimento finale di rilascio dell'autorizzazione
inte-grata ambientale.
4) Per le ragioni illustrate il ricorso merita accoglimento, restando assorbite
le ulteriori censure dedotte, che peraltro attengono a profili destinati ad
essere rimessi in gioco in una prospettiva di corretto rifacimento della
procedura; il provvedimento impugnato va conseguentemente annullato.
La complessità della vicenda e la particolarità delle questioni trattate
giusti-ficano l'integrale compensazione delle spese del giudizio tra le parti.
P. Q. M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per l’Emilia Romagna – Bologna, Sezione
Prima:
a) dichiara la parziale inammissibilità del ricorso, nella sola parte relativa
all'azione proposta dai sigg. Anderlini Mauro, Baraldi Daniele, Di Bona Si-mona,
Ferrari Enrico, Goldoni Alfonso, Magnoni Carlo, Marinelli Giorgio, Meschiari
Nadia, Michelini Bruna, Parenti Valentina, Poppi Carlo, Raspa Pierino Pietro,
Schiavi Alberto, Vaccari Paola, Verganti Cecilia;
b) accoglie l'azione impugnatoria proposta dalle altre parti ricorrenti e
con-seguentemente annulla il provvedimento impugnato;
c) compensa tra le parti le spese del giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Bologna nella Camera di Consiglio del 25 ottobre 2007.
f.to - Presidente (C. Piscitello)
f.to - Cons. Rel. Est. (C. Testori)
Depositata in Segreteria in data 26.11.2007
Bologna li 26.11.2007
Il Segretario
f.to Luciana Berenga
AmbienteDiritto.it - Rivista giuridica - Electronic Law Review - Tutti i diritti sono riservati - Copyright © - AmbienteDiritto.it
Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006
Vedi
altre:
SENTENZE PER ESTESO
Ritorna alle
MASSIME della sentenza - Approfondisci
con altre massime:
GIURISPRUDENZA -
Ricerca in:
LEGISLAZIONE
- Ricerca
in:
DOTTRINA
www.AmbienteDiritto.it