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Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006


TAR EMILIA ROMAGNA, Parma, Sez. I, 4 dicembre 2007, sentenza n. 618


ASSOCIAZIONI E COMITATI - Legittimazione ad impugnare atti amministrativi a tutela dell’ambiente - Condizioni - Salvaguardia dei beni di interesse storico-artistico - Rientra nel novero degli interessi ambientali.
Il giudice amministrativo può riconoscere ad associazioni locali la legittimazione ad impugnare atti amministrativi a tutela dell'ambiente purchè dette associazioni, indipendentemente dalla loro natura giuridica, perseguano statutariamente e in modo non occasionale obiettivi di tutela ambientale, abbiano un adeguato grado di rappresentatività e stabilità e presentino un'area di afferenza ricollegabile alla zona in cui è situato il bene a fruizione collettiva che si assume pregiudicato, condizioni che - ove tutte sussistenti - le fanno assurgere ad enti esponenziali in via continuativa di "interessi diffusi" radicati nel territorio (v., per tutte, Cons. Stato, Sez. V, 14 giugno 2007 n. 3191); al novero degli interessi "lato sensu" ambientali, peraltro, va ascritta anche la salvaguardia di beni e complessi monumentali di interesse storico-artistico,tutelati in passato dalla legge n. 1089 del 1939 (v. Cons. Stato, Sez. V,5 novembre 1999 n. 1841), e ora dal d.lgs. n. 42 del 2004. Pres. Papiano, Est. Caso - Associazione “Monumenta” (avv. Allegri) c. Comune di Parma (avv. Cugurra), Ministero per i bene e le Atitvità Culturali (Avv. Stato) , Direttore Generale del Comune di Parma e altri (nn.cc.) - TAR EMILIA ROMAGNA, Parma, Sez. I - 4 dicembre 2007, n. 618

ASSOCIAZIONI E COMITATI - Formazione sociale - Momento costitutivo - Esistenza di provvedimenti già adottati dall’amministrazione in ordine al bene oggetto di previsioni statutarie di tutela - Preclusione dell’intervento a tutela dello specifico bene - Esclusione.
Una volta sorta una data formazione sociale non le si può poi precludere di intervenire a tutela degli interessi connessi alla sua attività per il solo fatto che, in relazione a quel determinato caso, l'Amministrazione pubblica abbia già in precedenza assunto una qualche decisione che incide negativamente sull'interesse perseguito, anche quando la formazione sociale sia nata in coincidenza con i fatti che vuole censurare, purchè essa naturalmente non sia di carattere temporaneo, ovvero con scopo specifico e limitato. Pres. Papiano, Est. Caso - Associazione “Monumenta” (avv. Allegri) c. Comune di Parma (avv. Cugurra), Ministero per i bene e le Atitvità Culturali (Avv. Stato) , Direttore Generale del Comune di Parma e altri (nn.cc.) - TAR EMILIA ROMAGNA, Parma, Sez. I - 4 dicembre 2007, n. 618

BENI CULTURALI E AMBIENTALI - Complessi monumentali di appartenenza pubblica - Attribuzione in uso a privati - Limiti - Art. 117 D.Lgs. n. 42/2004 - Fattispecie.
Per gli "istituti e luoghi della cultura" di appartenenza pubblica, che costituiscono una categoria a sè stante nell'ambito dei "beni culturali", non è consentita l'attribuzione in uso a terzi soggetti per lo svolgimento di attività che, ferma restando l'accessibilità da parte della generalità degli individui, abbiano il solo limite (in negativo) della non compromissione dell'integrità del bene e dei valori storico-artistici di cui lo stesso è espressione - concessione in uso prevista invece per le restanti tipologie di beni -, in quanto l'esplicita previsione dei c.d. "servizi aggiuntivi", escludendo implicitamente ogni altra modalità di impiego, identifica in modo tassativo le ulteriori attività compatibili con la natura del bene e conferma la necessità di un uso che, per la parte principale, si caratterizzi per essere preordinato a finalità di interesse pubblico, per essere coerente con il valore culturale oggetto di tutela e per essere strumentale al pieno godimento di quest’ultimo da parte della collettività, in modo da preservare l'identità storico-artistica del bene e renderne partecipe la comunità attraverso la concreta adibizione ad una funzione che rispecchi la natura del bene, in ciò realizzandosi - come prescritto dalle legge (art. 101, comma 3, d.lgs. n. 42/2004) - la destinazione alla "pubblica fruizione" e l'espletamento di un "servizio pubblico". (Nella specie, è stato ritenuto che la riqualificazione di un complesso monumentale, nel prevedere la destinazione di parte della superficie complessiva ad uso privato, per l'adibizione ad attività alberghiera, ad esercizi commerciali e ad uffici, non rispondesse alla fondamentale esigenza di una destinazione d'uso coerente con il valore culturale protetto e strumentale al suo pieno godimento da parte della collettività, non assolvendo pertanto a quella funzione di "servizio pubblico" prescritta per i "complessi monumentali" di appartenenza pubblica; nè che tale destinazione fosse riconducibile alla tipologia dei "servizi aggiuntivi" di cui all'art. 117 del d.lgs. n. 42 del 2004). Pres. Papiano, Est. Caso - Associazione “Monumenta” (avv. Allegri) c. Comune di Parma (avv. Cugurra), Ministero per i bene e le Atitvità Culturali (Avv. Stato) , Direttore Generale del Comune di Parma e altri (nn.cc.) - TAR EMILIA ROMAGNA, Parma, Sez. I - 4 dicembre 2007, n. 618

 

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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

N. 00618/2007 REG. SEN.

N. 00358/2004 REG. RIC.

 

 

IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO PER LA EMILIA-ROMAGNA

Sezione staccata di Parma (Sezione Prima)


ha pronunciato la seguente


S E N T E N Z A


sul ricorso n. 358 del 2004 proposto da “Monumenta - Associazione per la salvaguardia del patrimonio storico e monumentale di Parma e Provincia”, in persona del Presidente legale rappresentante, difesa e rappresentata dall’avv. Arrigo Allegri e presso lo stesso elettivamente domiciliata in Parma, via Repubblica n. 5, nonché proposto da Allegri Arrigo, in proprio, con domicilio eletto presso il suo studio in Parma, via Repubblica n. 5;


contro


il Comune di Parma, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dall’avv. Giorgio Cugurra e presso lo stesso elettivamente domiciliato in Parma, via Mistrali n. 4;
il Ministero per i Beni e le Attività culturali, la Direzione regionale per i Beni culturali e paesaggistici dell’Emilia-Romagna e la Soprintendenza per i Beni architettonici e per il Paesaggio di Bologna, in persona dei rispettivi legali rappresentanti p.t., difesi e rappresentati dall’Avvocatura distrettuale dello Stato di Bologna, domiciliataria “ex lege”;
il Direttore generale del Comune di Parma, il Segretario generale del Comune di Parma, il Dirigente del Settore Patrimonio del Comune di Parma, il Dirigente dell’Ufficio Contratti del Comune di Parma, il Direttore del Settore Lavori pubblici del Comune di Parma, la Provincia di Parma, l’Università degli Studi di Parma, il Dipartimento Beni culturali e dello Spettacolo dell’Università degli Studi di Parma, il Comitato Tecnico scientifico per i Beni architettonici e paesaggistici, il Capo Dipartimento Beni culturali e paesaggistici, il Direttore generale per i Beni architettonici e paesaggistici, non costituiti in giudizio;


nei confronti di
di Impresa Pizzarotti & C. S.p.A., in persona del legale rappresentante p.t., in proprio e quale capogruppo dell’a.t.i. comprendente anche l’impresa Foglia & C. S.r.l., difesa e rappresentata dall’avv. Franco Bassi e presso lo stesso elettivamente domiciliata in Parma, via Petrarca n. 20;
di Piccinini Alberto, rappresentato e difeso dall’avv. Marco Zanlari e presso lo stesso elettivamente domiciliato in Parma, via Goito n. 16;
di Foglia & C. S.r.l., Bonatti S.p.A., Cooperativa Cattolica Costruzioni Edili - Reggio Emilia, Bagliani Domenico, Stancanelli Giuseppe, Caselli Stefano, Tini Oriano, Garzillo Elio, Quintavalle Carlo Arturo Ottaviano, Calzona Arturo, Taddei Carlotta, Babboni Stefania, Negri Roberto, non costituiti in giudizio;


per l'annullamento
della variante al p.o.c. del centro storico, adottata dal Consiglio comunale di Parma con atto n. 20 del 30 giugno 2003 (deliberazione n. 148/59);
del bando di project - financing in data 30 giugno 2003;
della deliberazione giuntale n. 536/36 del 6 maggio 2004;
delle deliberazioni di nomina della Commissione giudicatrice del project - financing;
di ogni altro provvedimento connesso, compreso il programma triennale oo.pp. 2003/2005;


– quanto ai “motivi aggiunti” depositati il 29 ottobre 2004 – del parere n. 6902 in data 30 luglio 2004, reso dal Soprintendente regionale arch. Garzillo;
– quanto ai “motivi aggiunti” depositati il 20 maggio 2005 – della deliberazione giuntale n. 522/37 in data 28 aprile 2005, avente ad oggetto l’individuazione del promotore e l’indizione di licitazione privata;
– quanto ai “motivi aggiunti” depositati il 28 ottobre 2005 – della deliberazione giuntale n. 995/66 in data 3 agosto 2005 (decisione di completare la fase istruttoria del project - financing per l’Ospedale Vecchio attraverso la redazione di un documento di analisi storico critica del monumento), della nota del geom. Oriano Tini in data 17 agosto 2005 (designazione dei professionisti e docenti incaricati e comunicazione a strutture operative), della nota interna in data 26 agosto 2005 (comunicazione dei nominativi), della determinazione dirigenziale dell’ing. Giampaolo Monteverdi in data 10 ottobre 2005 (nomina degli incaricati, approvazione del disciplinare di incarico e della convenzione con l’Università degli Studi di Parma), del decreto rettorale di approvazione della convenzione, della deliberazione del Consiglio di Dipartimento del 19 settembre 2005 (approvazione dell’incarico al prof. Quintavalle per la redazione del documento di analisi storico critica);
– quanto ai “motivi aggiunti” depositati il 26 luglio 2006 – “in parte qua” del parere del Comitato Tecnico scientifico per i Beni architettonici e paesaggistici di cui al verbale n. 7 del 2 maggio 2006;
– quanto ai “motivi aggiunti” depositati il 29 dicembre 2006 – del parere del Comitato Tecnico scientifico per i Beni architettonici e paesaggistici di cui al verbale n. 13 del 3 ottobre 2006;
– quanto ai “motivi aggiunti” depositati il 17 marzo 2007 – della deliberazione giuntale n. 223/14 del 19 febbraio 2007, avente ad oggetto l’individuazione del promotore e l’indizione di licitazione privata.


Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visti i “motivi aggiunti” depositati il 29 ottobre 2004, il 1° aprile 2005, il 6 aprile 2005, il 20 maggio 2005, il 9 giugno 2005, il 28 ottobre 2005, il 26 luglio 2006, il 29 dicembre 2006, il 17 marzo 2007;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Parma, del Ministero per i Beni e le Attività culturali, della Direzione regionale per i Beni culturali e paesaggistici dell’Emilia-Romagna, della Soprintendenza per i Beni architettonici e per il Paesaggio di Bologna, di Impresa Pizzarotti & C. S.p.A., di Piccinini Alberto;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti gli atti tutti della causa;
Nominato relatore il dott. Italo Caso;
Uditi, per le parti, all’udienza pubblica del 6 novembre 2007 i difensori come specificato nel verbale;


Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:


FATTO e DIRITTO


Al fine di destinare il complesso immobiliare del c.d. «Ospedale Vecchio» a sede operativa di un progetto culturale incentrato sui temi dei media e della comunicazione denominato “Cittadella della Carta e del Cinema”, il Consiglio comunale di Parma disponeva una variante al piano operativo comunale - centro storico, e avviava l’iter di realizzazione dei relativi lavori a mezzo dello strumento operativo del project - financing, per il quale veniva prescelta la proposta dell’a.t.i. Pizzarotti - Foglia. Avvero tali atti (atto n. 20 del 30 giugno 2003 –deliberazione consiliare n. 148/59; bando di project - financing in data 30 giugno 2003; deliberazione giuntale n. 536/36 del 6 maggio 2004; deliberazioni di nomina della Commissione giudicatrice del project - financing; programma triennale oo.pp. 2003/2005) hanno proposto impugnativa i ricorrenti – l’una in qualità di associazione che si assume portatrice di interessi diffusi e l’altro in qualità di cittadino proprietario di un alloggio in zona –, censurando sotto molteplici profili la variante urbanistica (in contrasto con la disciplina locale e con la natura demaniale del bene, anche per essere quest’ultimo soggetto a vincolo storico-artistico), il bando (in contrasto con il principio per cui il complesso monumentale è suscettibile solo di restauro scientifico e non di ristrutturazione), la scelta del progetto dell’a.t.i. Pizzarotti - Foglia (in contrasto con la necessaria pubblica fruizione del complesso monumentale, ma anche viziata da un’inadeguata considerazione della rilevanza storico-artistica del bene e da un insufficiente apprezzamento degli interessi pubblici coinvolti), l’ammissione del progetto dell’a.t.i. Pizzarotti - Foglia (in contrasto con le norme di gara che prevedevano l’uso in concessione dell’area e non il diritto di superficie), il programma triennale oo.pp. 2003/2005 (in contrasto con le varie norme che tutelano il bene vincolato e ne impediscono la distruzione o la destinazione ad usi incompatibili con la sua natura). Di qui la richiesta di annullamento degli atti impugnati.


Si sono costituiti in giudizio il Comune di Parma e l’Impresa Pizzarotti & C. S.p.A., resistendo al gravame.


Con “motivi aggiunti” depositati il 29 ottobre 2004 i ricorrenti impugnavano successivamente il parere n. 6902 in data 30 luglio 2004, reso dal Soprintendente regionale arch. Garzillo. L’assenso al parziale utilizzo privato del complesso monumentale sarebbe viziato da incompetenza dell’ufficio che si è pronunciato, da inadeguata istruttoria e insufficiente motivazione, da sviamento di potere, dalla violazione delle norme che tutelano il bene e ne impongono la pubblica fruizione.


A seguito di ciò si sono costituiti in giudizio il Ministero per i Beni e le Attività culturali, la Direzione regionale per i Beni culturali e paesaggistici dell’Emilia-Romagna e la Soprintendenza per i Beni architettonici e per il Paesaggio di Bologna, tutti a mezzo dell’Avvocatura dello Stato, resistendo al gravame.


Con “motivi aggiunti” depositati il 1° aprile 2005 i ricorrenti lamentavano ancora l’inidoneità e l’incompletezza del progetto presentato dall’a.t.i. Pizzarotti - Foglia, per difettare la necessaria analisi “storico critica” e per prefigurare l’elaborato una vera e propria ristrutturazione del complesso immobiliare in luogo del suo mero restauro. Imputavano poi al responsabile del procedimento (geom. Tini) il mancato possesso del diploma di laurea in architettura e dell’abilitazione professionale, mentre la Commissione giudicatrice avrebbe con la sua condotta integrato il vizio di sviamento, oltre ad avere operato con componenti solo in parte muniti della necessaria qualificazione professionale, e senza una corretta valutazione della tipologia di intervento prevista dal progetto, anche perché incompatibile per più ragioni con la normativa di settore, con conseguente illegittimità dei vari atti della serie procedimentale.


Con “motivi aggiunti” depositati il 6 aprile 2005 i ricorrenti chiedevano una consulenza o una verificazione tecnica relativamente alla circostanza che il progetto dell’a.t.i. Pizzarotti - Foglia destinasse originariamente all’Archivio di Stato solo mq. 862, situazione di fatto che, se corrispondente al vero, avrebbe imposto l’esclusione del medesimo progetto, perché in contrasto con la prescritta superficie minima di mq. 1.000.


Con “motivi aggiunti” depositati il 20 maggio 2005 i ricorrenti impugnavano la sopraggiunta deliberazione giuntale n. 522/37 in data 28 aprile 2005, avente ad oggetto l’individuazione del promotore e l’indizione di licitazione privata. Oltre a far valere l’invalidità derivata dalle censure già proposte, deducevano l’omessa valutazione da parte della Commissione giudicatrice delle modifiche progettuali “medio tempore” intervenute, la mancanza del necessario titolo professionale in capo al Responsabile del procedimento, la carenza di motivazione circa l’asserita sussistenza dell’interesse pubblico all’esecuzione del progetto dell’a.t.i. Pizzarotti - Foglia, l’omessa effettuazione della prescritta analisi “storico critica”, la previsione di una ristrutturazione in luogo di un restauro, l’indebita realizzazione di una struttura per depositi da destinare all’Archivio di Stato.


Si è costituito in giudizio il dott. Alberto Piccinini, opponendosi all’accoglimento della domanda giudiziale.
L’istanza cautelare dei ricorrenti veniva accolta dalla Sezione alla Camera di Consiglio del 7 giugno 2005 (ord. n. 181/2005).


Con “motivi aggiunti” depositati il 9 giugno 2005 i ricorrenti censuravano ancora la mancata pubblicizzazione del bando in ambito comunitario.


Con “motivi aggiunti” depositati il 28 ottobre 2005 i ricorrenti impugnavano nuovi atti, e cioè la deliberazione giuntale n. 995/66 in data 3 agosto 2005 (decisione di completare la fase istruttoria del project - financing per l’Ospedale Vecchio attraverso la redazione di un documento di analisi storico critica del monumento), la nota del geom. Oriano Tini in data 17 agosto 2005 (designazione dei professionisti e docenti incaricati e comunicazione a strutture operative), la nota interna in data 26 agosto 2005 (comunicazione dei nominativi), la determinazione dirigenziale dell’ing. Giampaolo Monteverdi in data 10 ottobre 2005 (nomina degli incaricati, approvazione del disciplinare di incarico e della convenzione con l’Università degli Studi di Parma), il decreto rettorale di approvazione della convenzione, la deliberazione del Consiglio di Dipartimento del 19 settembre 2005 (approvazione dell’incarico al prof. Quintavalle per la redazione del documento di analisi storico critica). Deducevano la sostanziale inosservanza della pronuncia cautelare di questa Sezione – sia per permanere la parziale destinazione ad uso privato e la ristrutturazione del bene, sia per integrare lo studio promosso un’inadeguata valutazione di tutte le necessarie implicazioni di ordine architettonico, storico e archeologico –, l’insussistenza in capo al Responsabile del procedimento del necessario titolo professionale, l’indebita assunzione da parte dell’Amministrazione comunale della spesa per l’IRAP relativa all’incarico professionale delle dott.sse Taddei e Babboni, l’incompetenza del Responsabile del procedimento circa la scelta dei professionisti nonché la carente indicazione dei criteri a tale scopo seguiti, l’incompatibilità del prof. Quintavalle relativamente all’incarico conferitogli per essersi egli già in precedenza pubblicamente pronunciato in favore del progetto, l’erroneità “in parte qua” del disciplinare di incarico.


L’istanza cautelare dei ricorrenti veniva respinta dalla Sezione alla Camera di Consiglio in data 8 novembre 2005 (ord. n. 310/2005).


Con “motivi aggiunti” depositati il 26 luglio 2006 i ricorrenti impugnavano “in parte qua” il parere del Comitato Tecnico scientifico per i Beni architettonici e paesaggistici di cui al verbale n. 7 del 2 maggio 2006. Imputavano, in particolare, all’organo tecnico l’omesso compiuto esame del documento di analisi “storico critica”, la contraddittorietà con il precedente parere quanto al contestato impiego del project - financing, la mancata considerazione che la legge richiede la pubblica fruizione del bene e quindi ne vieta usi privatistici, l’inosservanza della pronuncia cautelare di questa Sezione, l’ammissione all’istruttoria di un progetto non fatto proprio preventivamente dall’Amministrazione comunale, la mancata convocazione dell’associazione ricorrente e l’omesso vaglio di un suo scritto.


Con “motivi aggiunti” depositati il 29 dicembre 2006 i ricorrenti impugnavano il parere del Comitato Tecnico scientifico per i Beni architettonici e paesaggistici di cui al verbale n. 13 del 3 ottobre 2006. Lamentavano la violazione della norma che riserva il complesso monumentale alla pubblica fruizione, l’inosservanza della pronuncia cautelare di questa Sezione, la contraddittorietà con il precedente parere quanto al contestato impiego del project - financing, la mancata convocazione dell’associazione ricorrente e l’omesso vaglio di un suo scritto, l’ammissione all’istruttoria di un progetto non fatto proprio preventivamente dall’Amministrazione comunale, l’inadeguatezza e l’incompletezza dell’analisi “storico critica” effettuata nonché l’indebita anticipata determinazione delle destinazioni finali.


Con “motivi aggiunti” depositati il 17 marzo 2007, infine, i ricorrenti impugnavano la deliberazione giuntale n. 223/14 del 19 febbraio 2007, avente ad oggetto l’individuazione del promotore e l’indizione di licitazione privata. Deducevano l’indebita privatizzazione del 43,9% dell’intera superficie del complesso monumentale (funzioni alberghiere e ricettive, commerciali, ad uffici semi-pubblici, a parcheggio interrato), la violazione del bando laddove la parte destinata ad hotel è stata individuata dal progetto nella zona nord-ovest, l’inosservanza della disposizione del bando che prevedeva il restauro dell’intero compendio immobiliare – nessuna parte esclusa –, l’incompletezza e l’erroneità sotto più profili dell’analisi “storico critica”, l’inesistenza di una reale utilità dell’Amministrazione comunale ad avvalersi del project - financing ed in particolare del progetto nella circostanza presentato – anche per il significativo pregiudizio che ne subirebbe il complesso monumentale –, l’incompatibilità giuridica dello strumento del project - financing rispetto ad un bene culturale, l’illogico protrarsi della prima fase del project - financing per oltre tre anni e il non corretto procedere del relativo “iter” con l’emergere di più elementi rivelatori del vizio di sviamento di potere, l’inosservanza della pronuncia cautelare di questa Sezione, l’elaborazione del terzo progetto da parte di un’a.t.i. comprendente una società oramai fallita, l’omessa pronuncia del Consiglio comunale in ordine ad un progetto preliminare avente natura di “atto di indirizzo nel campo della cultura”.


L’istanza cautelare dei ricorrenti veniva accolta dalla Sezione alla Camera di Consiglio del 3 aprile 2007 (ord. n. 78/2007), ma poi respinta dal giudice d’appello, che riformava la pronuncia di primo grado (Cons. Stato, Sez. V, ord. 12 giugno 2007 n. 2928).


All’udienza del 6 novembre 2007, ascoltati i rappresentanti delle parti, la causa è passata in decisione.


Preliminare ad ogni altra è la questione relativa alla legittimazione attiva dei ricorrenti, cui le controparti imputano di avere esercitato una mera azione popolare, come tale inammissibile.


Quanto all’associazione “Monumenta”, il Collegio ritiene di dover richiamare quell’orientamento giurisprudenziale secondo cui il giudice amministrativo può riconoscere ad associazioni locali la legittimazione ad impugnare atti amministrativi a tutela dell’ambiente purché dette associazioni, indipendentemente dalla loro natura giuridica, perseguano statutariamente e in modo non occasionale obiettivi di tutela ambientale, abbiano un adeguato grado di rappresentatività e stabilità e presentino un’area di afferenza ricollegabile alla zona in cui è situato il bene a fruizione collettiva che si assume pregiudicato, condizioni che – ove tutte sussistenti – le fanno assurgere ad enti esponenziali in via continuativa di “interessi diffusi” radicati nel territorio (v., per tutte, Cons. Stato, Sez. V, 14 giugno 2007 n. 3191); al novero degli interessi “lato sensu” ambientali, peraltro, va ascritta anche la salvaguardia di beni e complessi monumentali di interesse storico-artistico, tutelati in passato dalla legge n. 1089 del 1939 (v. Cons. Stato, Sez. V, 5 novembre 1999 n. 1841), e ora dal d.lgs. n. 42 del 2004. Venendo quindi all’associazione ricorrente, inducono a riconoscerle la legittimazione attiva lo scopo statutario (“… L’Associazione persegue la valorizzazione e la tutela dei beni con valenza storica, artistica, culturale e paesaggistica, anche con la promozione di manifestazioni, convegni, mostre, contatti e intese con Autorità, Organismi locali e nazionali e proprietari degli stessi beni … L’impegno dell’Associazione è volto a perseguire le finalità suindicate, oltre che in modo propositivo, anche contestando od impugnando in sede amministrativa o giurisdizionale interventi che ritenga illegittimi ed incompatibili e/o dannosi per le strutture “protette” …”), l’area territoriale di riferimento della sua attività (patrimonio storico e monumentale di Parma e provincia), la stabilità dell’ente (articolato in una pluralità di organi ed aperto senza limiti all’adesione di soggetti interessati, il tutto in vista di una duratura attività), il livello di rappresentatività (pur con soli cinque soci fondatori, risulta ora composta da oltre duecento soci, con un terzo di questi già associato all’epoca di costituzione dell’associazione), l’attività svolta (organizzazione di convegni in sede locale, partecipazione ad iniziative di altre istituzioni, iniziative varie di interesse culturale); se ne evince, quindi, la non occasionalità della funzione di tutela di quegli stessi interessi alla cui protezione mira con il presente ricorso, in rappresentanza di un significativo numero di componenti della comunità locale. Né osta a tale conclusione l’obiezione per cui l’associazione si è costituita quando era già in corso il procedimento preordinato alla riqualificazione del complesso monumentale in questione, giacché – ad avviso del Collegio – una volta sorta una data formazione sociale non le si può poi precludere di intervenire a tutela degli interessi connessi alla sua attività per il solo fatto che, in relazione a quel determinato caso, l’Amministrazione pubblica abbia già in precedenza assunto una qualche decisione che incide negativamente sull’interesse perseguito, anche quando la formazione sociale sia nata in coincidenza con i fatti che vuole censurare, purché essa naturalmente non sia di carattere temporaneo, ovvero con scopo specifico e limitato; la circostanza, poi, che l’art. 2 dello statuto richiami la vicenda oggetto dell’attuale controversia (“… Precipuamente, fin da ora, è impegnata a seguire il programmato intervento per l’Ospedale Vecchio …”) evidenzia sì la consapevolezza dei soci fondatori circa il verificarsi di situazioni meritevoli di immediata attenzione, ma senza circoscrivere a tale aspetto un’azione associativa che è espressamente indirizzata ad un ampio settore di interventi, coma la condotta successiva ha del resto dimostrato.


Va invece dichiarato privo di legittimazione a ricorrere l’avv. Arrigo Allegri, che ha agito “uti singulus”. Il suo resta un interesse di fatto, non scaturendo dalla mera proprietà di un’unità immobiliare nei pressi del complesso monumentale dell’«Ospedale Vecchio» una situazione soggettiva giuridicamente protetta rispetto a misure che, ove pure compromettessero il pregio storico-artistico del bene, non inciderebbero comunque in alcun modo sul valore e sull’utilizzo della proprietà del privato o sulle condizioni di vita di chi vi risiede. Né altri elementi significativi sono stati addotti per differenziare la posizione del ricorrente da quella della comunità locale, cui va indistintamente ricondotto l’interesse alla salvaguardia del patrimonio storico e monumentale della zona.


Altra eccezione è fondata sulla tardività dell’impugnativa di atti (variante al p.o.c. del centro storico e avviso pubblico relativo al project - financing) che sono stati censurati congiuntamente alla deliberazione giuntale di recepimento delle risultanze dei lavori della Commissione esaminatrice, e che si assume invece dovessero essere immediatamente impugnate, perché autonomamente lesive. In realtà, prima della effettiva scelta di una determinata proposta progettuale il pregiudizio si presentava futuro ed eventuale, in quanto legato sia all’accertamento della sussistenza di soggetti privati interessati ad acquisire la veste di “promotori”, sia alla verifica della reale idoneità della loro offerta; onde correttamente si è adito il giudice amministrativo quando il pregiudizio potenziale è divenuto certo.


Nel merito, occorre muovere dal quadro normativo di riferimento, quale risultante dal d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42 (“Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell’articolo 10 della L. 6 luglio 2002, n. 137”). Limitando naturalmente l’indagine alle norme che assumono rilievo ai fini della risoluzione della controversia, il Collegio rileva che, nel regolare la “fruizione” e la “valorizzazione” dei “beni culturali”, il d.lgs. n. 42 definisce come “istituti e luoghi della cultura” i “musei, le biblioteche e gli archivi, le aree e i parchi archeologici, i complessi monumentali” (art. 101, comma 1), precisando in particolare che per «complesso monumentale» si intende un “insieme formato da una pluralità di fabbricati edificati anche in epoche diverse, che con il tempo hanno acquisito, come insieme, una autonoma rilevanza artistica, storica o etnoantropologica” (art. 101, comma 2) e stabilendo altresì che, se appartenenti a soggetti pubblici, essi sono “destinati alla pubblica fruizione ed espletano un servizio pubblico” (art. 101, comma 3), mentre se “appartengono a soggetti privati e sono aperti al pubblico espletano un servizio privato di utilità sociale” (art. 101, comma 4); dispone che lo “Stato, le regioni, gli altri enti pubblici territoriali ed ogni altro ente ed istituto pubblico, assicurano la fruizione dei beni presenti negli istituti e nei luoghi indicati all’articolo 101, nel rispetto dei princìpi fondamentali fissati dal presente codice” (art. 102, comma 1), che nel “rispetto dei princìpi richiamati al comma 1, la legislazione regionale disciplina la fruizione dei beni presenti negli istituti e nei luoghi della cultura non appartenenti allo Stato o dei quali lo Stato abbia trasferito la disponibilità sulla base della normativa vigente” (art. 102, comma 2), che la “fruizione dei beni culturali pubblici al di fuori degli istituti e dei luoghi di cui all’articolo 101 è assicurata, secondo le disposizioni del presente Titolo, compatibilmente con lo svolgimento degli scopi istituzionali cui detti beni sono destinati” (art. 102, comma 3); consente la concessione dell’uso dei “beni culturali” a singoli richiedenti, purché ne siano garantite la “conservazione e la fruizione pubblica” nonché la “compatibilità della destinazione d’uso con il carattere storico-artistico del bene” (art. 106); regola l’attività di valorizzazione dei beni culturali di appartenenza pubblica e di proprietà privata (art. 111 e segg.); stabilisce che negli “istituti e nei luoghi della cultura indicati all’articolo 101 possono essere istituiti servizi di assistenza culturale e di ospitalità per il pubblico” (art. 117, comma 1), con la precisazione che vi rientrano: a) il servizio editoriale e di vendita riguardante i cataloghi e i sussidi catalografici, audiovisivi e informatici, ogni altro materiale informativo, e le riproduzioni di beni culturali; b) i servizi riguardanti beni librari e archivistici per la fornitura di riproduzioni e il recapito del prestito bibliotecario; c) la gestione di raccolte discografiche, di diapoteche e biblioteche museali; d) la gestione dei punti vendita e l’utilizzazione commerciale delle riproduzioni dei beni; e) i servizi di accoglienza, ivi inclusi quelli di assistenza e di intrattenimento per l’infanzia, i servizi di informazione, di guida e assistenza didattica, i centri di incontro; f) i servizi di caffetteria, di ristorazione, di guardaroba; g) l’organizzazione di mostre e manifestazioni culturali, nonché di iniziative promozionali (art. 117, comma 2), e che detti servizi possono essere gestiti in forma integrata con i servizi di pulizia, di vigilanza e di biglietteria (art. 117, comma 3), mentre la loro gestione è svolta direttamente dalle Amministrazioni o indirettamente a mezzo di concessione a terzi (art. 117, comma 4, e art. 115).


Se ne desume, in conclusione, che per gli “istituti e luoghi della cultura” di appartenenza pubblica, che costituiscono una categoria a sé stante nell’ambito dei “beni culturali”, non è consentita l’attribuzione in uso a terzi soggetti per lo svolgimento di attività che, ferma restando l’accessibilità da parte della generalità degli individui, abbiano il solo limite (in negativo) della non compromissione dell’integrità del bene e dei valori storico-artistici di cui lo stesso è espressione – concessione in uso prevista invece per le restanti tipologie di beni –, in quanto l’esplicita previsione dei c.d. “servizi aggiuntivi”, escludendo implicitamente ogni altra modalità di impiego, identifica in modo tassativo le ulteriori attività compatibili con la natura del bene e conferma ancora una volta la necessità di un uso che, per la parte principale, si caratterizzi per essere preordinato a finalità di interesse pubblico, per essere coerente con il valore culturale oggetto di tutela e per essere strumentale al pieno godimento di quest’ultimo da parte della collettività, in modo da preservare l’identità storico-artistica del bene e renderne partecipe la comunità attraverso la concreta adibizione ad una funzione che rispecchi la natura del bene, in ciò realizzandosi – come prescritto dalle legge (art. 101, comma 3, d.lgs. n. 42/2004) – la destinazione alla “pubblica fruizione” e l’espletamento di un “servizio pubblico”.


Ciò posto, emerge nella fattispecie che la riqualificazione del complesso monumentale del c.d. «Ospedale Vecchio», quale si evince dal progetto elaborato dall’a.t.i. Pizzarotti - Foglia e fatto proprio dall’Amministrazione comunale, prevede la destinazione di circa il 44% della superficie complessiva ad uso privato, per l’adibizione ad attività alberghiera, ad esercizi commerciali e ad uffici. Si tratta, come è evidente, di un impiego del bene che, per non rispondere alla fondamentale esigenza di una destinazione d’uso coerente con il valore culturale protetto e strumentale al suo pieno godimento da parte della collettività, non assolve quella funzione di “servizio pubblico” prescritta per i «complessi monumentali» di appartenenza pubblica, ma che non appare costituire neppure una destinazione riconducibile alla tipologia dei “servizi aggiuntivi” di cui all’art. 117 del d.lgs. n. 42 del 2004, malgrado l’opposta tesi formulata dalle difese delle controparti, le quali insistono sulla complementarietà di simili attività rispetto alla destinazione principale del bene, futura sede della c.d. “Cittadella della Carta e del Cinema”. In realtà, ad esaminare la casistica di cui all’art. 117, comma 2, risulta evidente come la struttura ricettivo-alberghiera esuli del tutto dai servizi ivi considerati, o comunque si presenti ipotetico, e neppure verosimile, il suo esclusivo impiego per esigenze legate alle finalità pubbliche insite nel bene tutelato, mentre la previsione di locali di gestione privata da utilizzare come “uffici pubblici o semipubblici”, per la genericità di una simile classificazione, rende indimostrato il collegamento con la destinazione principale del complesso monumentale; quanto, poi, alle attività commerciali, la “relazione illustrativa” del progetto preliminare ne delinea in modo esemplificativo l’adibizione a carto-librerie scientifiche, a gallerie d’arte, antiquariato, modernariato, a ristorazione, precisando che saranno posti vincoli legati alla necessità di rispettare, anche quanto all’arredo, le caratteristiche storico-architettoniche della struttura, e che, nell’ottica di una riproposizione delle botteghe già realizzate alla metà del Settecento, verranno “… escluse determinate categorie merceologiche ritenute incompatibili con l’edificio storico …” (pag. 10), dal che si evince – ad avviso del Collegio – che, lungi dall’integrare servizi accessori alla destinazione principale del bene, quali tassativamente elencati nell’art. 117 e connotati da una funzione servente degli obiettivi di interesse pubblico insiti in quella destinazione, gli esercizi commerciali “de quibus” si risolvono in attività private completamente autonome e distinte, prive di un nesso di interdipendenza, o comunque di un collegamento operativo, con le funzioni espletate dal gestore pubblico nel complesso monumentale.


Di qui la fondatezza della doglianza in tal senso formulata dall’Associazione “Monumenta” e, assorbite le restanti censure, l’annullamento “in parte qua” degli atti impugnati.


Le spese di giudizio possono essere compensate, sussistendone giusti motivi in relazione alla complessità delle questioni trattate.


P.Q.M.


Il Tribunale Amministrativo Regionale per l’Emilia-Romagna, Sezione di Parma, pronunciando sul ricorso in epigrafe, così provvede;
- accoglie nei sensi di cui in motivazione la domanda giudiziale proposta dall’Associazione “Monumenta” e, per effetto, annulla “in parte qua” gli atti impugnati;
- dichiara il difetto di legittimazione attiva di Allegri Arrigo, uti singulus.
Spese compensate.


Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità Amministrativa.


Così deciso in Parma, nella Camera di Consiglio del 6 novembre 2007, con l’intervento dei signori:


Luigi Papiano, Presidente
Umberto Giovannini, Consigliere
Italo Caso, Consigliere, Estensore

L'ESTENSORE

IL PRESIDENTE

IL SEGRETARIO

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 04/12/2007
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
IL DIRIGENTE
 

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