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Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006
TAR EMILIA ROMAGNA, Parma,
Sez. I, 4 dicembre 2007, sentenza n. 618
ASSOCIAZIONI E COMITATI - Legittimazione ad impugnare atti amministrativi a
tutela dell’ambiente - Condizioni - Salvaguardia dei beni di interesse
storico-artistico - Rientra nel novero degli interessi ambientali. Il
giudice amministrativo può riconoscere ad associazioni locali la legittimazione
ad impugnare atti amministrativi a tutela dell'ambiente purchè dette
associazioni, indipendentemente dalla loro natura giuridica, perseguano
statutariamente e in modo non occasionale obiettivi di tutela ambientale,
abbiano un adeguato grado di rappresentatività e stabilità e presentino un'area
di afferenza ricollegabile alla zona in cui è situato il bene a fruizione
collettiva che si assume pregiudicato, condizioni che - ove tutte sussistenti -
le fanno assurgere ad enti esponenziali in via continuativa di "interessi
diffusi" radicati nel territorio (v., per tutte, Cons. Stato, Sez. V, 14 giugno
2007 n. 3191); al novero degli interessi "lato sensu" ambientali, peraltro, va
ascritta anche la salvaguardia di beni e complessi monumentali di interesse
storico-artistico,tutelati in passato dalla legge n. 1089 del 1939 (v. Cons.
Stato, Sez. V,5 novembre 1999 n. 1841), e ora dal d.lgs. n. 42 del 2004. Pres.
Papiano, Est. Caso - Associazione “Monumenta” (avv. Allegri) c. Comune di Parma
(avv. Cugurra), Ministero per i bene e le Atitvità Culturali (Avv. Stato) ,
Direttore Generale del Comune di Parma e altri (nn.cc.) -
TAR EMILIA ROMAGNA, Parma, Sez. I - 4 dicembre 2007, n. 618
ASSOCIAZIONI E COMITATI - Formazione sociale - Momento costitutivo - Esistenza
di provvedimenti già adottati dall’amministrazione in ordine al bene oggetto di
previsioni statutarie di tutela - Preclusione dell’intervento a tutela dello
specifico bene - Esclusione. Una volta sorta una data formazione sociale non
le si può poi precludere di intervenire a tutela degli interessi connessi alla
sua attività per il solo fatto che, in relazione a quel determinato caso,
l'Amministrazione pubblica abbia già in precedenza assunto una qualche decisione
che incide negativamente sull'interesse perseguito, anche quando la formazione
sociale sia nata in coincidenza con i fatti che vuole censurare, purchè essa
naturalmente non sia di carattere temporaneo, ovvero con scopo specifico e
limitato. Pres. Papiano, Est. Caso - Associazione “Monumenta” (avv. Allegri) c.
Comune di Parma (avv. Cugurra), Ministero per i bene e le Atitvità Culturali
(Avv. Stato) , Direttore Generale del Comune di Parma e altri (nn.cc.) -
TAR EMILIA ROMAGNA, Parma, Sez. I - 4 dicembre 2007, n. 618
BENI CULTURALI E AMBIENTALI - Complessi monumentali di appartenenza pubblica -
Attribuzione in uso a privati - Limiti - Art. 117 D.Lgs. n. 42/2004 -
Fattispecie. Per gli "istituti e luoghi della cultura" di appartenenza
pubblica, che costituiscono una categoria a sè stante nell'ambito dei "beni
culturali", non è consentita l'attribuzione in uso a terzi soggetti per lo
svolgimento di attività che, ferma restando l'accessibilità da parte della
generalità degli individui, abbiano il solo limite (in negativo) della non
compromissione dell'integrità del bene e dei valori storico-artistici di cui lo
stesso è espressione - concessione in uso prevista invece per le restanti
tipologie di beni -, in quanto l'esplicita previsione dei c.d. "servizi
aggiuntivi", escludendo implicitamente ogni altra modalità di impiego,
identifica in modo tassativo le ulteriori attività compatibili con la natura del
bene e conferma la necessità di un uso che, per la parte principale, si
caratterizzi per essere preordinato a finalità di interesse pubblico, per essere
coerente con il valore culturale oggetto di tutela e per essere strumentale al
pieno godimento di quest’ultimo da parte della collettività, in modo da
preservare l'identità storico-artistica del bene e renderne partecipe la
comunità attraverso la concreta adibizione ad una funzione che rispecchi la
natura del bene, in ciò realizzandosi - come prescritto dalle legge (art. 101,
comma 3, d.lgs. n. 42/2004) - la destinazione alla "pubblica fruizione" e
l'espletamento di un "servizio pubblico". (Nella specie, è stato ritenuto
che la riqualificazione di un complesso monumentale, nel prevedere la
destinazione di parte della superficie complessiva ad uso privato, per l'adibizione
ad attività alberghiera, ad esercizi commerciali e ad uffici, non rispondesse
alla fondamentale esigenza di una destinazione d'uso coerente con il valore
culturale protetto e strumentale al suo pieno godimento da parte della
collettività, non assolvendo pertanto a quella funzione di "servizio pubblico"
prescritta per i "complessi monumentali" di appartenenza pubblica; nè che
tale destinazione fosse riconducibile alla tipologia dei "servizi aggiuntivi" di cui
all'art. 117 del d.lgs. n. 42 del 2004). Pres. Papiano, Est. Caso - Associazione
“Monumenta” (avv. Allegri) c. Comune di Parma (avv. Cugurra), Ministero per i
bene e le Atitvità Culturali (Avv. Stato) , Direttore Generale del Comune di
Parma e altri (nn.cc.) -
TAR EMILIA ROMAGNA, Parma, Sez. I - 4 dicembre 2007, n. 618
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REPUBBLICA
ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
N. 00618/2007 REG. SEN.
N. 00358/2004 REG. RIC.
IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO PER LA EMILIA-ROMAGNA
Sezione staccata di Parma (Sezione Prima)
ha pronunciato la seguente
S E N T E N Z A
sul ricorso n. 358 del 2004 proposto da “Monumenta - Associazione per la
salvaguardia del patrimonio storico e monumentale di Parma e Provincia”, in
persona del Presidente legale rappresentante, difesa e rappresentata dall’avv.
Arrigo Allegri e presso lo stesso elettivamente domiciliata in Parma, via
Repubblica n. 5, nonché proposto da Allegri Arrigo, in proprio, con domicilio
eletto presso il suo studio in Parma, via Repubblica n. 5;
contro
il Comune di Parma, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso
dall’avv. Giorgio Cugurra e presso lo stesso elettivamente domiciliato in Parma,
via Mistrali n. 4;
il Ministero per i Beni e le Attività culturali, la Direzione regionale per i
Beni culturali e paesaggistici dell’Emilia-Romagna e la Soprintendenza per i
Beni architettonici e per il Paesaggio di Bologna, in persona dei rispettivi
legali rappresentanti p.t., difesi e rappresentati dall’Avvocatura distrettuale
dello Stato di Bologna, domiciliataria “ex lege”;
il Direttore generale del Comune di Parma, il Segretario generale del Comune di
Parma, il Dirigente del Settore Patrimonio del Comune di Parma, il Dirigente
dell’Ufficio Contratti del Comune di Parma, il Direttore del Settore Lavori
pubblici del Comune di Parma, la Provincia di Parma, l’Università degli Studi di
Parma, il Dipartimento Beni culturali e dello Spettacolo dell’Università degli
Studi di Parma, il Comitato Tecnico scientifico per i Beni architettonici e
paesaggistici, il Capo Dipartimento Beni culturali e paesaggistici, il Direttore
generale per i Beni architettonici e paesaggistici, non costituiti in giudizio;
nei confronti di
di Impresa Pizzarotti & C. S.p.A., in persona del legale rappresentante p.t., in
proprio e quale capogruppo dell’a.t.i. comprendente anche l’impresa Foglia & C.
S.r.l., difesa e rappresentata dall’avv. Franco Bassi e presso lo stesso
elettivamente domiciliata in Parma, via Petrarca n. 20;
di Piccinini Alberto, rappresentato e difeso dall’avv. Marco Zanlari e presso lo
stesso elettivamente domiciliato in Parma, via Goito n. 16;
di Foglia & C. S.r.l., Bonatti S.p.A., Cooperativa Cattolica Costruzioni Edili -
Reggio Emilia, Bagliani Domenico, Stancanelli Giuseppe, Caselli Stefano, Tini
Oriano, Garzillo Elio, Quintavalle Carlo Arturo Ottaviano, Calzona Arturo,
Taddei Carlotta, Babboni Stefania, Negri Roberto, non costituiti in giudizio;
per l'annullamento
della variante al
p.o.c. del centro storico, adottata dal Consiglio comunale di Parma con atto n.
20 del 30 giugno 2003 (deliberazione n. 148/59);
del bando di project - financing in data 30 giugno 2003;
della deliberazione giuntale n. 536/36 del 6 maggio 2004;
delle deliberazioni di nomina della Commissione giudicatrice del project -
financing;
di ogni altro provvedimento connesso, compreso il programma triennale oo.pp.
2003/2005;
– quanto ai “motivi aggiunti” depositati il 29 ottobre 2004 – del parere n. 6902
in data 30 luglio 2004, reso dal Soprintendente regionale arch. Garzillo;
– quanto ai “motivi aggiunti” depositati il 20 maggio 2005 – della deliberazione
giuntale n. 522/37 in data 28 aprile 2005, avente ad oggetto l’individuazione
del promotore e l’indizione di licitazione privata;
– quanto ai “motivi aggiunti” depositati il 28 ottobre 2005 – della
deliberazione giuntale n. 995/66 in data 3 agosto 2005 (decisione di completare
la fase istruttoria del project - financing per l’Ospedale Vecchio attraverso la
redazione di un documento di analisi storico critica del monumento), della nota
del geom. Oriano Tini in data 17 agosto 2005 (designazione dei professionisti e
docenti incaricati e comunicazione a strutture operative), della nota interna in
data 26 agosto 2005 (comunicazione dei nominativi), della determinazione
dirigenziale dell’ing. Giampaolo Monteverdi in data 10 ottobre 2005 (nomina
degli incaricati, approvazione del disciplinare di incarico e della convenzione
con l’Università degli Studi di Parma), del decreto rettorale di approvazione
della convenzione, della deliberazione del Consiglio di Dipartimento del 19
settembre 2005 (approvazione dell’incarico al prof. Quintavalle per la redazione
del documento di analisi storico critica);
– quanto ai “motivi aggiunti” depositati il 26 luglio 2006 – “in parte qua” del
parere del Comitato Tecnico scientifico per i Beni architettonici e
paesaggistici di cui al verbale n. 7 del 2 maggio 2006;
– quanto ai “motivi aggiunti” depositati il 29 dicembre 2006 – del parere del
Comitato Tecnico scientifico per i Beni architettonici e paesaggistici di cui al
verbale n. 13 del 3 ottobre 2006;
– quanto ai “motivi aggiunti” depositati il 17 marzo 2007 – della deliberazione
giuntale n. 223/14 del 19 febbraio 2007, avente ad oggetto l’individuazione del
promotore e l’indizione di licitazione privata.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visti i “motivi aggiunti” depositati il 29 ottobre 2004, il 1° aprile 2005, il 6
aprile 2005, il 20 maggio 2005, il 9 giugno 2005, il 28 ottobre 2005, il 26
luglio 2006, il 29 dicembre 2006, il 17 marzo 2007;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Parma, del Ministero
per i Beni e le Attività culturali, della Direzione regionale per i Beni
culturali e paesaggistici dell’Emilia-Romagna, della Soprintendenza per i Beni
architettonici e per il Paesaggio di Bologna, di Impresa Pizzarotti & C. S.p.A.,
di Piccinini Alberto;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti gli atti tutti della causa;
Nominato relatore il dott. Italo Caso;
Uditi, per le parti, all’udienza pubblica del 6 novembre 2007 i difensori come
specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO e DIRITTO
Al fine di destinare il complesso immobiliare del c.d. «Ospedale Vecchio» a sede
operativa di un progetto culturale incentrato sui temi dei media e della
comunicazione denominato “Cittadella della Carta e del Cinema”, il Consiglio
comunale di Parma disponeva una variante al piano operativo comunale - centro
storico, e avviava l’iter di realizzazione dei relativi lavori a mezzo dello
strumento operativo del project - financing, per il quale veniva prescelta la
proposta dell’a.t.i. Pizzarotti - Foglia. Avvero tali atti (atto n. 20 del 30
giugno 2003 –deliberazione consiliare n. 148/59; bando di project - financing in
data 30 giugno 2003; deliberazione giuntale n. 536/36 del 6 maggio 2004;
deliberazioni di nomina della Commissione giudicatrice del project - financing;
programma triennale oo.pp. 2003/2005) hanno proposto impugnativa i ricorrenti –
l’una in qualità di associazione che si assume portatrice di interessi diffusi e
l’altro in qualità di cittadino proprietario di un alloggio in zona –,
censurando sotto molteplici profili la variante urbanistica (in contrasto con la
disciplina locale e con la natura demaniale del bene, anche per essere
quest’ultimo soggetto a vincolo storico-artistico), il bando (in contrasto con
il principio per cui il complesso monumentale è suscettibile solo di restauro
scientifico e non di ristrutturazione), la scelta del progetto dell’a.t.i.
Pizzarotti - Foglia (in contrasto con la necessaria pubblica fruizione del
complesso monumentale, ma anche viziata da un’inadeguata considerazione della
rilevanza storico-artistica del bene e da un insufficiente apprezzamento degli
interessi pubblici coinvolti), l’ammissione del progetto dell’a.t.i. Pizzarotti
- Foglia (in contrasto con le norme di gara che prevedevano l’uso in concessione
dell’area e non il diritto di superficie), il programma triennale oo.pp.
2003/2005 (in contrasto con le varie norme che tutelano il bene vincolato e ne
impediscono la distruzione o la destinazione ad usi incompatibili con la sua
natura). Di qui la richiesta di annullamento degli atti impugnati.
Si sono costituiti in giudizio il Comune di Parma e l’Impresa Pizzarotti & C.
S.p.A., resistendo al gravame.
Con “motivi aggiunti” depositati il 29 ottobre 2004 i ricorrenti impugnavano
successivamente il parere n. 6902 in data 30 luglio 2004, reso dal
Soprintendente regionale arch. Garzillo. L’assenso al parziale utilizzo privato
del complesso monumentale sarebbe viziato da incompetenza dell’ufficio che si è
pronunciato, da inadeguata istruttoria e insufficiente motivazione, da sviamento
di potere, dalla violazione delle norme che tutelano il bene e ne impongono la
pubblica fruizione.
A seguito di ciò si sono costituiti in giudizio il Ministero per i Beni e le
Attività culturali, la Direzione regionale per i Beni culturali e paesaggistici
dell’Emilia-Romagna e la Soprintendenza per i Beni architettonici e per il
Paesaggio di Bologna, tutti a mezzo dell’Avvocatura dello Stato, resistendo al
gravame.
Con “motivi aggiunti” depositati il 1° aprile 2005 i ricorrenti lamentavano
ancora l’inidoneità e l’incompletezza del progetto presentato dall’a.t.i.
Pizzarotti - Foglia, per difettare la necessaria analisi “storico critica” e per
prefigurare l’elaborato una vera e propria ristrutturazione del complesso
immobiliare in luogo del suo mero restauro. Imputavano poi al responsabile del
procedimento (geom. Tini) il mancato possesso del diploma di laurea in
architettura e dell’abilitazione professionale, mentre la Commissione
giudicatrice avrebbe con la sua condotta integrato il vizio di sviamento, oltre
ad avere operato con componenti solo in parte muniti della necessaria
qualificazione professionale, e senza una corretta valutazione della tipologia
di intervento prevista dal progetto, anche perché incompatibile per più ragioni
con la normativa di settore, con conseguente illegittimità dei vari atti della
serie procedimentale.
Con “motivi aggiunti” depositati il 6 aprile 2005 i ricorrenti chiedevano una
consulenza o una verificazione tecnica relativamente alla circostanza che il
progetto dell’a.t.i. Pizzarotti - Foglia destinasse originariamente all’Archivio
di Stato solo mq. 862, situazione di fatto che, se corrispondente al vero,
avrebbe imposto l’esclusione del medesimo progetto, perché in contrasto con la
prescritta superficie minima di mq. 1.000.
Con “motivi aggiunti” depositati il 20 maggio 2005 i ricorrenti impugnavano la
sopraggiunta deliberazione giuntale n. 522/37 in data 28 aprile 2005, avente ad
oggetto l’individuazione del promotore e l’indizione di licitazione privata.
Oltre a far valere l’invalidità derivata dalle censure già proposte, deducevano
l’omessa valutazione da parte della Commissione giudicatrice delle modifiche
progettuali “medio tempore” intervenute, la mancanza del necessario titolo
professionale in capo al Responsabile del procedimento, la carenza di
motivazione circa l’asserita sussistenza dell’interesse pubblico all’esecuzione
del progetto dell’a.t.i. Pizzarotti - Foglia, l’omessa effettuazione della
prescritta analisi “storico critica”, la previsione di una ristrutturazione in
luogo di un restauro, l’indebita realizzazione di una struttura per depositi da
destinare all’Archivio di Stato.
Si è costituito in giudizio il dott. Alberto Piccinini, opponendosi
all’accoglimento della domanda giudiziale.
L’istanza cautelare dei ricorrenti veniva accolta dalla Sezione alla Camera di
Consiglio del 7 giugno 2005 (ord. n. 181/2005).
Con “motivi aggiunti” depositati il 9 giugno 2005 i ricorrenti censuravano
ancora la mancata pubblicizzazione del bando in ambito comunitario.
Con “motivi aggiunti” depositati il 28 ottobre 2005 i ricorrenti impugnavano
nuovi atti, e cioè la deliberazione giuntale n. 995/66 in data 3 agosto 2005
(decisione di completare la fase istruttoria del project - financing per
l’Ospedale Vecchio attraverso la redazione di un documento di analisi storico
critica del monumento), la nota del geom. Oriano Tini in data 17 agosto 2005
(designazione dei professionisti e docenti incaricati e comunicazione a
strutture operative), la nota interna in data 26 agosto 2005 (comunicazione dei
nominativi), la determinazione dirigenziale dell’ing. Giampaolo Monteverdi in
data 10 ottobre 2005 (nomina degli incaricati, approvazione del disciplinare di
incarico e della convenzione con l’Università degli Studi di Parma), il decreto
rettorale di approvazione della convenzione, la deliberazione del Consiglio di
Dipartimento del 19 settembre 2005 (approvazione dell’incarico al prof.
Quintavalle per la redazione del documento di analisi storico critica).
Deducevano la sostanziale inosservanza della pronuncia cautelare di questa
Sezione – sia per permanere la parziale destinazione ad uso privato e la
ristrutturazione del bene, sia per integrare lo studio promosso un’inadeguata
valutazione di tutte le necessarie implicazioni di ordine architettonico,
storico e archeologico –, l’insussistenza in capo al Responsabile del
procedimento del necessario titolo professionale, l’indebita assunzione da parte
dell’Amministrazione comunale della spesa per l’IRAP relativa all’incarico
professionale delle dott.sse Taddei e Babboni, l’incompetenza del Responsabile
del procedimento circa la scelta dei professionisti nonché la carente
indicazione dei criteri a tale scopo seguiti, l’incompatibilità del prof.
Quintavalle relativamente all’incarico conferitogli per essersi egli già in
precedenza pubblicamente pronunciato in favore del progetto, l’erroneità “in
parte qua” del disciplinare di incarico.
L’istanza cautelare dei ricorrenti veniva respinta dalla Sezione alla Camera di
Consiglio in data 8 novembre 2005 (ord. n. 310/2005).
Con “motivi aggiunti” depositati il 26 luglio 2006 i ricorrenti impugnavano “in
parte qua” il parere del Comitato Tecnico scientifico per i Beni architettonici
e paesaggistici di cui al verbale n. 7 del 2 maggio 2006. Imputavano, in
particolare, all’organo tecnico l’omesso compiuto esame del documento di analisi
“storico critica”, la contraddittorietà con il precedente parere quanto al
contestato impiego del project - financing, la mancata considerazione che la
legge richiede la pubblica fruizione del bene e quindi ne vieta usi
privatistici, l’inosservanza della pronuncia cautelare di questa Sezione,
l’ammissione all’istruttoria di un progetto non fatto proprio preventivamente
dall’Amministrazione comunale, la mancata convocazione dell’associazione
ricorrente e l’omesso vaglio di un suo scritto.
Con “motivi aggiunti” depositati il 29 dicembre 2006 i ricorrenti impugnavano il
parere del Comitato Tecnico scientifico per i Beni architettonici e
paesaggistici di cui al verbale n. 13 del 3 ottobre 2006. Lamentavano la
violazione della norma che riserva il complesso monumentale alla pubblica
fruizione, l’inosservanza della pronuncia cautelare di questa Sezione, la
contraddittorietà con il precedente parere quanto al contestato impiego del
project - financing, la mancata convocazione dell’associazione ricorrente e
l’omesso vaglio di un suo scritto, l’ammissione all’istruttoria di un progetto
non fatto proprio preventivamente dall’Amministrazione comunale, l’inadeguatezza
e l’incompletezza dell’analisi “storico critica” effettuata nonché l’indebita
anticipata determinazione delle destinazioni finali.
Con “motivi aggiunti” depositati il 17 marzo 2007, infine, i ricorrenti
impugnavano la deliberazione giuntale n. 223/14 del 19 febbraio 2007, avente ad
oggetto l’individuazione del promotore e l’indizione di licitazione privata.
Deducevano l’indebita privatizzazione del 43,9% dell’intera superficie del
complesso monumentale (funzioni alberghiere e ricettive, commerciali, ad uffici
semi-pubblici, a parcheggio interrato), la violazione del bando laddove la parte
destinata ad hotel è stata individuata dal progetto nella zona nord-ovest,
l’inosservanza della disposizione del bando che prevedeva il restauro
dell’intero compendio immobiliare – nessuna parte esclusa –, l’incompletezza e
l’erroneità sotto più profili dell’analisi “storico critica”, l’inesistenza di
una reale utilità dell’Amministrazione comunale ad avvalersi del project -
financing ed in particolare del progetto nella circostanza presentato – anche
per il significativo pregiudizio che ne subirebbe il complesso monumentale –,
l’incompatibilità giuridica dello strumento del project - financing rispetto ad
un bene culturale, l’illogico protrarsi della prima fase del project - financing
per oltre tre anni e il non corretto procedere del relativo “iter” con
l’emergere di più elementi rivelatori del vizio di sviamento di potere,
l’inosservanza della pronuncia cautelare di questa Sezione, l’elaborazione del
terzo progetto da parte di un’a.t.i. comprendente una società oramai fallita,
l’omessa pronuncia del Consiglio comunale in ordine ad un progetto preliminare
avente natura di “atto di indirizzo nel campo della cultura”.
L’istanza cautelare dei ricorrenti veniva accolta dalla Sezione alla Camera di
Consiglio del 3 aprile 2007 (ord. n. 78/2007), ma poi respinta dal giudice
d’appello, che riformava la pronuncia di primo grado (Cons. Stato, Sez. V, ord.
12 giugno 2007 n. 2928).
All’udienza del 6 novembre 2007, ascoltati i rappresentanti delle parti, la
causa è passata in decisione.
Preliminare ad ogni altra è la questione relativa alla legittimazione attiva dei
ricorrenti, cui le controparti imputano di avere esercitato una mera azione
popolare, come tale inammissibile.
Quanto all’associazione “Monumenta”, il Collegio ritiene di dover richiamare
quell’orientamento giurisprudenziale secondo cui il giudice amministrativo può
riconoscere ad associazioni locali la legittimazione ad impugnare atti
amministrativi a tutela dell’ambiente purché dette associazioni,
indipendentemente dalla loro natura giuridica, perseguano statutariamente e in
modo non occasionale obiettivi di tutela ambientale, abbiano un adeguato grado
di rappresentatività e stabilità e presentino un’area di afferenza ricollegabile
alla zona in cui è situato il bene a fruizione collettiva che si assume
pregiudicato, condizioni che – ove tutte sussistenti – le fanno assurgere ad
enti esponenziali in via continuativa di “interessi diffusi” radicati nel
territorio (v., per tutte, Cons. Stato, Sez. V, 14 giugno 2007 n. 3191); al
novero degli interessi “lato sensu” ambientali, peraltro, va ascritta anche la
salvaguardia di beni e complessi monumentali di interesse storico-artistico,
tutelati in passato dalla legge n. 1089 del 1939 (v. Cons. Stato, Sez. V, 5
novembre 1999 n. 1841), e ora dal d.lgs. n. 42 del 2004. Venendo quindi
all’associazione ricorrente, inducono a riconoscerle la legittimazione attiva lo
scopo statutario (“… L’Associazione persegue la valorizzazione e la tutela dei
beni con valenza storica, artistica, culturale e paesaggistica, anche con la
promozione di manifestazioni, convegni, mostre, contatti e intese con Autorità,
Organismi locali e nazionali e proprietari degli stessi beni … L’impegno
dell’Associazione è volto a perseguire le finalità suindicate, oltre che in modo
propositivo, anche contestando od impugnando in sede amministrativa o
giurisdizionale interventi che ritenga illegittimi ed incompatibili e/o dannosi
per le strutture “protette” …”), l’area territoriale di riferimento della sua
attività (patrimonio storico e monumentale di Parma e provincia), la stabilità
dell’ente (articolato in una pluralità di organi ed aperto senza limiti
all’adesione di soggetti interessati, il tutto in vista di una duratura
attività), il livello di rappresentatività (pur con soli cinque soci fondatori,
risulta ora composta da oltre duecento soci, con un terzo di questi già
associato all’epoca di costituzione dell’associazione), l’attività svolta
(organizzazione di convegni in sede locale, partecipazione ad iniziative di
altre istituzioni, iniziative varie di interesse culturale); se ne evince,
quindi, la non occasionalità della funzione di tutela di quegli stessi interessi
alla cui protezione mira con il presente ricorso, in rappresentanza di un
significativo numero di componenti della comunità locale. Né osta a tale
conclusione l’obiezione per cui l’associazione si è costituita quando era già in
corso il procedimento preordinato alla riqualificazione del complesso
monumentale in questione, giacché – ad avviso del Collegio – una volta sorta una
data formazione sociale non le si può poi precludere di intervenire a tutela
degli interessi connessi alla sua attività per il solo fatto che, in relazione a
quel determinato caso, l’Amministrazione pubblica abbia già in precedenza
assunto una qualche decisione che incide negativamente sull’interesse
perseguito, anche quando la formazione sociale sia nata in coincidenza con i
fatti che vuole censurare, purché essa naturalmente non sia di carattere
temporaneo, ovvero con scopo specifico e limitato; la circostanza, poi, che
l’art. 2 dello statuto richiami la vicenda oggetto dell’attuale controversia (“…
Precipuamente, fin da ora, è impegnata a seguire il programmato intervento per
l’Ospedale Vecchio …”) evidenzia sì la consapevolezza dei soci fondatori circa
il verificarsi di situazioni meritevoli di immediata attenzione, ma senza
circoscrivere a tale aspetto un’azione associativa che è espressamente
indirizzata ad un ampio settore di interventi, coma la condotta successiva ha
del resto dimostrato.
Va invece dichiarato privo di legittimazione a ricorrere l’avv. Arrigo Allegri,
che ha agito “uti singulus”. Il suo resta un interesse di fatto, non scaturendo
dalla mera proprietà di un’unità immobiliare nei pressi del complesso
monumentale dell’«Ospedale Vecchio» una situazione soggettiva giuridicamente
protetta rispetto a misure che, ove pure compromettessero il pregio
storico-artistico del bene, non inciderebbero comunque in alcun modo sul valore
e sull’utilizzo della proprietà del privato o sulle condizioni di vita di chi vi
risiede. Né altri elementi significativi sono stati addotti per differenziare la
posizione del ricorrente da quella della comunità locale, cui va indistintamente
ricondotto l’interesse alla salvaguardia del patrimonio storico e monumentale
della zona.
Altra eccezione è fondata sulla tardività dell’impugnativa di atti (variante al
p.o.c. del centro storico e avviso pubblico relativo al project - financing) che
sono stati censurati congiuntamente alla deliberazione giuntale di recepimento
delle risultanze dei lavori della Commissione esaminatrice, e che si assume
invece dovessero essere immediatamente impugnate, perché autonomamente lesive.
In realtà, prima della effettiva scelta di una determinata proposta progettuale
il pregiudizio si presentava futuro ed eventuale, in quanto legato sia
all’accertamento della sussistenza di soggetti privati interessati ad acquisire
la veste di “promotori”, sia alla verifica della reale idoneità della loro
offerta; onde correttamente si è adito il giudice amministrativo quando il
pregiudizio potenziale è divenuto certo.
Nel merito, occorre muovere dal quadro normativo di riferimento, quale
risultante dal d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42 (“Codice dei beni culturali e del
paesaggio, ai sensi dell’articolo 10 della L. 6 luglio 2002, n. 137”). Limitando
naturalmente l’indagine alle norme che assumono rilievo ai fini della
risoluzione della controversia, il Collegio rileva che, nel regolare la
“fruizione” e la “valorizzazione” dei “beni culturali”, il d.lgs. n. 42
definisce come “istituti e luoghi della cultura” i “musei, le biblioteche e gli
archivi, le aree e i parchi archeologici, i complessi monumentali” (art. 101,
comma 1), precisando in particolare che per «complesso monumentale» si intende
un “insieme formato da una pluralità di fabbricati edificati anche in epoche
diverse, che con il tempo hanno acquisito, come insieme, una autonoma rilevanza
artistica, storica o etnoantropologica” (art. 101, comma 2) e stabilendo altresì
che, se appartenenti a soggetti pubblici, essi sono “destinati alla pubblica
fruizione ed espletano un servizio pubblico” (art. 101, comma 3), mentre se
“appartengono a soggetti privati e sono aperti al pubblico espletano un servizio
privato di utilità sociale” (art. 101, comma 4); dispone che lo “Stato, le
regioni, gli altri enti pubblici territoriali ed ogni altro ente ed istituto
pubblico, assicurano la fruizione dei beni presenti negli istituti e nei luoghi
indicati all’articolo 101, nel rispetto dei princìpi fondamentali fissati dal
presente codice” (art. 102, comma 1), che nel “rispetto dei princìpi richiamati
al comma 1, la legislazione regionale disciplina la fruizione dei beni presenti
negli istituti e nei luoghi della cultura non appartenenti allo Stato o dei
quali lo Stato abbia trasferito la disponibilità sulla base della normativa
vigente” (art. 102, comma 2), che la “fruizione dei beni culturali pubblici al
di fuori degli istituti e dei luoghi di cui all’articolo 101 è assicurata,
secondo le disposizioni del presente Titolo, compatibilmente con lo svolgimento
degli scopi istituzionali cui detti beni sono destinati” (art. 102, comma 3);
consente la concessione dell’uso dei “beni culturali” a singoli richiedenti,
purché ne siano garantite la “conservazione e la fruizione pubblica” nonché la
“compatibilità della destinazione d’uso con il carattere storico-artistico del
bene” (art. 106); regola l’attività di valorizzazione dei beni culturali di
appartenenza pubblica e di proprietà privata (art. 111 e segg.); stabilisce che
negli “istituti e nei luoghi della cultura indicati all’articolo 101 possono
essere istituiti servizi di assistenza culturale e di ospitalità per il
pubblico” (art. 117, comma 1), con la precisazione che vi rientrano: a) il
servizio editoriale e di vendita riguardante i cataloghi e i sussidi
catalografici, audiovisivi e informatici, ogni altro materiale informativo, e le
riproduzioni di beni culturali; b) i servizi riguardanti beni librari e
archivistici per la fornitura di riproduzioni e il recapito del prestito
bibliotecario; c) la gestione di raccolte discografiche, di diapoteche e
biblioteche museali; d) la gestione dei punti vendita e l’utilizzazione
commerciale delle riproduzioni dei beni; e) i servizi di accoglienza, ivi
inclusi quelli di assistenza e di intrattenimento per l’infanzia, i servizi di
informazione, di guida e assistenza didattica, i centri di incontro; f) i
servizi di caffetteria, di ristorazione, di guardaroba; g) l’organizzazione di
mostre e manifestazioni culturali, nonché di iniziative promozionali (art. 117,
comma 2), e che detti servizi possono essere gestiti in forma integrata con i
servizi di pulizia, di vigilanza e di biglietteria (art. 117, comma 3), mentre
la loro gestione è svolta direttamente dalle Amministrazioni o indirettamente a
mezzo di concessione a terzi (art. 117, comma 4, e art. 115).
Se ne desume, in conclusione, che per gli “istituti e luoghi della cultura” di
appartenenza pubblica, che costituiscono una categoria a sé stante nell’ambito
dei “beni culturali”, non è consentita l’attribuzione in uso a terzi soggetti
per lo svolgimento di attività che, ferma restando l’accessibilità da parte
della generalità degli individui, abbiano il solo limite (in negativo) della non
compromissione dell’integrità del bene e dei valori storico-artistici di cui lo
stesso è espressione – concessione in uso prevista invece per le restanti
tipologie di beni –, in quanto l’esplicita previsione dei c.d. “servizi
aggiuntivi”, escludendo implicitamente ogni altra modalità di impiego,
identifica in modo tassativo le ulteriori attività compatibili con la natura del
bene e conferma ancora una volta la necessità di un uso che, per la parte
principale, si caratterizzi per essere preordinato a finalità di interesse
pubblico, per essere coerente con il valore culturale oggetto di tutela e per
essere strumentale al pieno godimento di quest’ultimo da parte della
collettività, in modo da preservare l’identità storico-artistica del bene e
renderne partecipe la comunità attraverso la concreta adibizione ad una funzione
che rispecchi la natura del bene, in ciò realizzandosi – come prescritto dalle
legge (art. 101, comma 3, d.lgs. n. 42/2004) – la destinazione alla “pubblica
fruizione” e l’espletamento di un “servizio pubblico”.
Ciò posto, emerge nella fattispecie che la riqualificazione del complesso
monumentale del c.d. «Ospedale Vecchio», quale si evince dal progetto elaborato
dall’a.t.i. Pizzarotti - Foglia e fatto proprio dall’Amministrazione comunale,
prevede la destinazione di circa il 44% della superficie complessiva ad uso
privato, per l’adibizione ad attività alberghiera, ad esercizi commerciali e ad
uffici. Si tratta, come è evidente, di un impiego del bene che, per non
rispondere alla fondamentale esigenza di una destinazione d’uso coerente con il
valore culturale protetto e strumentale al suo pieno godimento da parte della
collettività, non assolve quella funzione di “servizio pubblico” prescritta per
i «complessi monumentali» di appartenenza pubblica, ma che non appare costituire
neppure una destinazione riconducibile alla tipologia dei “servizi aggiuntivi”
di cui all’art. 117 del d.lgs. n. 42 del 2004, malgrado l’opposta tesi formulata
dalle difese delle controparti, le quali insistono sulla complementarietà di
simili attività rispetto alla destinazione principale del bene, futura sede
della c.d. “Cittadella della Carta e del Cinema”. In realtà, ad esaminare la
casistica di cui all’art. 117, comma 2, risulta evidente come la struttura
ricettivo-alberghiera esuli del tutto dai servizi ivi considerati, o comunque si
presenti ipotetico, e neppure verosimile, il suo esclusivo impiego per esigenze
legate alle finalità pubbliche insite nel bene tutelato, mentre la previsione di
locali di gestione privata da utilizzare come “uffici pubblici o semipubblici”,
per la genericità di una simile classificazione, rende indimostrato il
collegamento con la destinazione principale del complesso monumentale; quanto,
poi, alle attività commerciali, la “relazione illustrativa” del progetto
preliminare ne delinea in modo esemplificativo l’adibizione a carto-librerie
scientifiche, a gallerie d’arte, antiquariato, modernariato, a ristorazione,
precisando che saranno posti vincoli legati alla necessità di rispettare, anche
quanto all’arredo, le caratteristiche storico-architettoniche della struttura, e
che, nell’ottica di una riproposizione delle botteghe già realizzate alla metà
del Settecento, verranno “… escluse determinate categorie merceologiche ritenute
incompatibili con l’edificio storico …” (pag. 10), dal che si evince – ad avviso
del Collegio – che, lungi dall’integrare servizi accessori alla destinazione
principale del bene, quali tassativamente elencati nell’art. 117 e connotati da
una funzione servente degli obiettivi di interesse pubblico insiti in quella
destinazione, gli esercizi commerciali “de quibus” si risolvono in attività
private completamente autonome e distinte, prive di un nesso di interdipendenza,
o comunque di un collegamento operativo, con le funzioni espletate dal gestore
pubblico nel complesso monumentale.
Di qui la fondatezza della doglianza in tal senso formulata dall’Associazione
“Monumenta” e, assorbite le restanti censure, l’annullamento “in parte qua”
degli atti impugnati.
Le spese di giudizio possono essere compensate, sussistendone giusti motivi in
relazione alla complessità delle questioni trattate.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per l’Emilia-Romagna, Sezione di Parma,
pronunciando sul ricorso in epigrafe, così provvede;
- accoglie nei sensi di cui in motivazione la domanda giudiziale proposta
dall’Associazione “Monumenta” e, per effetto, annulla “in parte qua” gli atti
impugnati;
- dichiara il difetto di legittimazione attiva di Allegri Arrigo, uti singulus.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità Amministrativa.
Così deciso in Parma, nella Camera di Consiglio del 6 novembre 2007, con
l’intervento dei signori:
Luigi Papiano, Presidente
Umberto Giovannini, Consigliere
Italo Caso, Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
IL SEGRETARIO
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 04/12/2007
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
IL DIRIGENTE
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