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TAR LIGURIA, Sez. I, 30 gennaio 2007, sentenza n. 109
ACQUA - Impianti di depurazione - Realizzazione - Controversie - Proprietari
degli immobili siti nella zona in cui è ubicato l’impianto - Legittimazione -
Sussistenza. I proprietari degli immobili siti nella zona in cui è ubicato
un impianto di depurazione e i residenti nella stessa, sono in linea di
principio legittimati a impugnare il provvedimento che ne autorizza la
realizzazione. Tale legittimazione, infatti, può ben collegarsi alla circostanza
che le prescrizioni dettate dall’autorità competente, la localizzazione del
manufatto, ovvero le modalità esecutive dello stesso, siano ritenute inidonee a
salvaguardare l’ambiente e/o la salute di chi vive nelle vicinanze, sì da poter
riconoscere al confinante, o a chi vive e lavora in prossimità dell’impianto, un
interesse qualificato e differenziato a ricorrere per denunciare la presunta
illegittimità delle scelte effettuate dall’amministrazione (T.A.R. Liguria, Sez.
I^, 28 maggio 2002 n. 588). Pres. Vivenzio, Est. Bianchi - A.C. e altri (avv.ti
Massa e Saguato) c. Comune di Carasco (avv. Granara) - T.A.R. LIGURIA, Sez. I
- 30 gennaio 2007, n. 109
ACQUA - Impianti di depurazione - Adeguamento di un impianto esistente -
Normativa sulla distanza dalle abitazioni - Applicabilità - Esclusione. Al
mero adeguamento di un impianto di depurazione esistente, resosi necessario per
garantire il rispetto degli standard richiesti dalle norme sotto il profilo
della depurazione delle acque reflue urbane nonchè della salvaguardia
dell’ambiente e della salute, non può ragionevolmente essere applicata la
normativa sulle distanze dalle abitazioni di cui alla deliberazione 04.02.1977
del Comitato dei Ministri, prevista per gli impianti realizzati e localizzati ex
novo. Pres. Vivenzio, Est. Bianchi - A.C. e altri (avv.ti Massa e Saguato) c.
Comune di Carasco (avv. Granara) - T.A.R. LIGURIA, Sez. I - 30 gennaio 2007,
n. 109
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA LIGURIA
(SEZIONE PRIMA)
N. 00109/2007 REG. SEN.
N. 01129/2003 REG. RIC.
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
Sul ricorso numero di registro generale 1129 del 2003, proposto da:
Canepa Andreino,, Bacigalupo Marco, Morando Marisa, Martini Francesca,, Barbieri
Nicola, Dallanegra Graziella,, Bevilacqua Samantha, Tiscornia Luisa, Bevilacqua
Fabio,, Bianchetti Fausto, Tenise Willy, Cassinelli Tita,, Brignardello Carlo,
Bianchetti Bruno, Sivori Carlo,, Cassinelli Aldo, De Ferrari Mariangela, Curotto
Rinaldo,, Cereghino Caterina, Borzone Guido, Borzone Paolo,, Chentre Gallo
Rosanna, Cassinelli Maurizio,, Costa Bruna, Olmo Lorenza, Garbarino Angelo,,
Esposito Domenico, Ugolini Laura, Barbieri Rino,, Frugone Rosa, Cavicchi Luigi,,
Gandolfo Romolo, Invernaro Rina, Borzone Silvana,, Mangiante Claudio, Remezzano
Rosella, Frugone Adriano,, Mangini Onorina, Podesta' Massimo, Borzone Marco,,
Niccoli Enrico, Bruzzone Patrizia, Malaspina Bruno,, Olcese Marcella, Bianchetti
Tito, Tiscornia Augusta,, Podesta' Bruno, Piva Giorgio, Piva Elisa,, Sivori
Roberto, Frandi Olivia, Beronio Aurelia,, Solari Carla, Canepa Paolo, Gentiluomo
Angela,, Vaccaro Enrico, Libra Nicoletta, Raffo Maurizio, rappresentati e difesi
dagli Avv.ti Francesco Massa, Luca Saguato, con domicilio eletto presso l’Avv.
Francesco Massa in Genova, Via Corsica 21/18-20;
contro
Comune di Carasco, in persona del Sindaco in carica, rappresentato e difeso
dall'Avv. Daniele Granara, con domicilio eletto presso l’Avv. Daniele Granara in
Genova, Via Porta D'Archi, 10/27-28; Provincia di Genova, in persona del
Presidente in carica, non costituito in giudizio;
nei confronti di
Siemec Spa, in persona del legale rappresentante in carica;
per l'annullamento
previa sospensione dell'efficacia,
della deliberazione di Giunta comunale 24 maggio 2003 n. 118, pubblicata a far
data dal 13 giugno 2003, avente ad oggetto approvazione del progetto esecutivo
dei lavori di potenziamento dell'impianto di depurazione sito in località
Rivarola, nonchè per l'annullamento di ogni altro atto presupposto, preparatorio
e connesso ed in particolare delle deliberazioni di Giunta comunale 28 agosto
2001 n. 240 e 15 ottobre 2002 n. 240, aventi ad oggetto rispettivamente
approvazione del progetto preliminare e del progetto definitivo dei lavori di
potenziamento del suddetto depuratore.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Carasco;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 19/10/2006 il dott. Antonio Bianchi e
uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO
I ricorrenti sono tutti residenti in, o proprietari di, immobili posti nelle
immediate vicinanze del depuratore comunale sito in Carasco, località Rivarola.
Con gli atti impugnati indicati in epigrafe il Comune di Carasco ha approvato
rispettivamente il progetto preliminare, definitivo, e da ultimo, esecutivo
(così rendendo attuale l’interesse all’impugnativa dei ricorrenti, che non sono
proprietari espropriandi), di un intervento di ristrutturazione del depuratore
comportante il suo potenziamento.
Ritenendo illegittime tali determinazioni gli istanti, con il ricorso in
epigrafe, hanno adito questo T.A.R. chiedendone l’annullamento per i seguenti
motivi:
1. Violazione dell’art. 16 Legge 11 febbraio 1994 n. 109 e degli artt. 18 e 21
D.P.R. 21 dicembre 1999 n. 554. Difetto di istruttoria.
Secondo l’art. 16 della Legge n. 109/94 la progettazione delle opere pubbliche,
nelle varie fasi previste, deve essere intesa ad assicurare, tra l’altro, la
“conformità alle norme ambientali ed urbanistiche”.
A tale riguardo il regolamento attuativo della Legge n. 109/94 (D.P.R. n.
554/99, artt, 18 e 21), prevede che fin dalla fase iniziale (progetto
preliminare) debba essere predisposto uno studio di prefattibilità ambientale.
Orbene nel caso di specie in nessuno dei livelli progettuali approvati è
presente un siffatto studio.
Nulla dice la “relazione tecnico descrittivo ed illustrativo” in data 21 agosto
2001 che è parte del progetto preliminare, mentre la “relazione tecnico
descrittivo ed illustrativa” del progetto definitivo in data 11 ottobre 2002
reca un paragrafo (4.11, inserimento ambientale), nel quale, dopo una elementare
descrizione delle opere in progetto, si afferma che “vista la particolare natura
delle opere e tenuto conto del modesto pregio ambientale del territorio, non
occorre prevedere uno studio circa l’inserimento delle opere in questione atteso
che essere si configurano come manufatti di modesta consistenza che vengono
previsti quasi completamente interrati”.
Né a porre rimedio alle precedenti carenze documentali potrebbe valere la
“relazione di compatibilità ambientale” che è parte del progetto definitivo e di
quello esecutivo, secondo la quale “l’assetto del territorio non viene
modificato in quanto la destinazione d’uso del sito rimane inalterata”.
2. Violazione della deliberazione 4 febbraio 1977 del Comitato dei ministri per
la tutela delle acque dall’inquinamento, allegato 4, punto 1.2. Violazione delle
distanze minime dell’impianto dalle abitazioni. Difetto di presupposto.
La deliberazione indicata in epigrafe contiene, all’allegato 4, le norme
tecniche generali per la regolamentazione dell’installazione e dell’esercizio
degli impianti di fognatura e depurazione.
Tali norme prevedono la necessitò di una fascia di rispetto che in ogni caso
“non potrà essere inferiore ai 100 metri”.
Quanto agli impianti esistenti ubicati a distanza inferiore, “devono essere
adottati idonei accorgimenti sostitutivi quali barriere di alberi, pannelli di
sbarramento o, al limite, ricovero degli impianti in spazi chiusi”.
Nel caso di specie, gli impianti progettati in ampliamento del depuratore
esistente sono, tra l’altro, ubicati a meno di 50 metri da due fabbricati, nei
quali risiedono ….. famiglie e ciò è, di per sé, motivo di illegittimità degli
atti impugnati.
In presenza di un depuratore situato a distanza di gran lunga inferiore a quella
minima dalle abitazioni esistenti, infatti, il Comune avrebbe dovuto in primo
luogo esaminare la possibilità di ricollocazione, e, solo in caso di accertata
imp0ossibilità, creare gli accorgimenti sostitutivi prescritti, ma certo non
avrebbe potuto approvare l’ampliamento delle strutture ed il potenziamento
dell’impianto, riducendo ulteriormente la distanza dalle abitazioni ed
aumentando gli effetti nocivi (odori e rumori) derivati dal suo funzionamento.
Da ciò i vizi tutti rubricati, avendo gli atti impugnati completamente
trascurato di valutare il fondamentale aspetto della distanza degli impianti
dalle abitazioni esistenti ed avendo così violato le norme rubricate.
3. Violazione e falsa applicazione dell’art. 1, comma 5, Legge n. 1/1978.
Mancata adozione di variante urbanistica. Violazione e falsa applicazione
dell’art. 14, commi 1 e 8, nonché dell’art. 16, comma 1, Legge n. 109/1994.
Difetto di istruttoria. Difetto di presupposto.
I provvedimenti impugnati dono illegittimi anche per violazione delle ulteriori
norme rubricate.
a) Quando l’opera pubblica ricade su aree non destinate a servizi pubblici
ovvero ricade su area a vincolo urbanistico decaduto l’approvazione del progetto
deve avvenire ai sensi dell’art. 1, comma 5, Legge n. 1/1978 e così occorre
altresì provvedere alla adozione di variante dello strumento urbanistico
generale, con conseguente trasmissione alla Regione per l’approvazione.
Al contrario nel caso di specie da un lato non vi è stata neppure
l’indispensabile verifica di conformità del progetto approvato ala vigente
disciplina urbanistica locale dall’altro lato risulta che una parte dell’area di
intervento sia compresa in zona ZL3, da acquisire ai fini pubblici ai sensi del
piano particolareggiato approvato con deliberazione del Consiglio Comunale 3
agosto 1990 n. 33, ma mai acquisita e quindi non più acquisibile per decadenza
della relativa previsione.
Il (parziale) contrasto dell’intervento in progetto con gli strumenti
urbanistici in vigore determina anche la violazione delle norme della Legge
quadro sui lavori pubblici che impongono la conformità delle opere approvate
agli strumenti urbanistici.
4. Violazione dell’art. 1 Legge 3 gennaio 1978 n. 1. Incompetenza.
Ai sensi della norma rubricata, in vigore dell’epoca dell’approvazione di tutti
gli atti impugnati, compete al Consiglio Comunale l’approvazione dei progetti
preliminari di opera pubblica, mentre rientra nella competenza della Giunta
l’approvazione dei progetti definitivo ed esecutivo.
Sussistono allora i vizi rubricati con particolare riguardo alla deliberazione
di approvazione del progetto preliminare, assunta, come le altre deliberazioni
impugnate, dalla Giunta Comunale anziché dal Consiglio Comunale.
5. Con specifico riguardo alla deliberazione di Giunta Comunale 24 maggio 2003
n. 118 di approvazione del progetto esecutivo: violazione degli artt. 14 e 15
delle Norme di Attuazione del piano di bacino stralcio sul rischio idrogeologico
dei torrenti Entella e Sturla approvato con deliberazione del Consiglio
Provinciale 29 gennaio 2003 n. 3. Difetto di istruttoria.
Il piano di bacino dei torrenti Entella e Sturla approvato dalla provincia di
Genova nel gennaio del corrente anno include l’area ove ricade il progettato
ampliamento del depuratore di Rivarola in fascia di riassetto fluviale RF ed in
fascia di inondabilità A.
La disciplina di entrambe le zone vieta, a motivo dell’accertato rischio
idraulico, la realizzazione di interventi di nuova edificazione nonché la
realizzazione di nuove infrastrutture e l’ampliamento di quelle esistenti (art.
14 N.A. e 15 N.A.).
La deliberazione impugnata non dà minimamente conto dell’avvenuta valutazione di
tale specifica disciplina di settore, area 06 - Suolo, in data 23 maggio 2002,
evidentemente inidoneo ad attestare la conformità del progetto ad una disciplina
idraulica all’epoca non ancora approvata.
6. Segue: violazione dell’art. 8 e dell’art. 15 Legge 26 ottobre 1995 n. 447.
Violazione della deliberazione di Giunta Regionale 28 maggio 1999 n. 534.
Difetto di istruttoria.
Ai sensi delle norme rubricate i progetti riguardanti opere relative ad
infrastrutture che sono fonte di rumori devono essere corredati da una
documentazione di impatto acustico.
Orbene, tra gli atti progettuali approvati manca la documentazione di impatto
acustico.
7. Violazione e falsa applicazione dell’art. 26 Legge Regionale n. 9/1993.
Difetto di presupposto. Travisamento di fatto. Illegittimità propria e derivata.
Contraddittorietà. Violazione della deliberazione 4 febbraio 1977 del Comitato
dei Ministri per la tutela delle acque dall’inquinamento, allegato 4, punto 1.3.
In ogni caso i provvedimenti impugnati sono illegittimi per la illegittimità
derivata dalla illegittimità che affligge la citata nota provinciale 23 maggio
2002 (che deve intendersi esplicitamente impugnata).
In ogni caso gli atti comunali impugnati sono illegittimi in quanto il progetto
comporta l’ampliamento del depuratore esistente in avvicinamento al Torrente
Entella.
Come si legge a pag. 12 della relazione tecnico-illustrativa allegata al
progetto definitivo, verrà realizzato “il nuovo locale di servizio (…) più
grande dell’attuale locale di ricovero del quadro elettrico ma posto a ridosso
dell’impianto e dal lato del fiume”.
Ciò contrasta insanabilmente con la prescrizione imposta dalla nota 23 maggio
2003, secondo la quale le opere in progetto non avrebbero dovuto diminuire “la
distanza dal corso d’acqua del fabbricato esistente”.
Infine i provvedimenti impugnati sono illegittimi in quanto, nell’approvare
lavori di sostanziale ampliamento del depuratore localizzato in fascia di
inondabilità A ed a meno di dieci metri dal torrente Entella, non hanno previsto
nemmeno la necessaria protezione dell’impianto mediante strutture adeguate.
8. Violazione dell’art. 13 Legge 25 giugno 1865 n. 2359.
Contrariamente a quanto prescritto dalla norma rubricata non sono stati indicati
i termini per l’inizio e l’ultimazione dei lavori.
9. Violazione e falsa applicazione degli artt. 6 e 7 Legge n. 241/1990. Mancata
comunicazione di avvio del procedimento.
I provvedimenti impugnati sono infine illegittimi in quanto non sono stati
preceduti dalla comunicazione di avvio del procedimento che avrebbe dovuto
essere inviata a tutti i residenti o proprietari di immobili entro la fascia di
rispetto di mt. 100 delle opere di ampliamento del depuratore.
Si è costituito in giudizio il Comune di Carasco, intimato, il quale, con più
memorie nei termini, ha eccepito l’inammissibilità del gravame e ne ha
contestato la fondatezza nel merito, chiedendone il rigetto.
Alla pubblica udienza del 19 ottobre 2006, il ricorso è stato posto in
decisione.
DIRITTO
1. Va preliminarmente esaminata l’eccezione di difetto di interesse ad agire dei
ricorrenti, sollevata dalla difesa del Comune resistente sul presupposto che
l’obiettivo unico ed esclusivo dell’intervento in contestazione è quello di
adeguare il depuratore esistente alla vigente normativa di sicurezza ambientale,
con conseguente beneficio per i ricorrenti stessi.
Il rilievo non può essere condiviso.
Ed invero, come già precisato dalla giurisprudenza di questo Tribunale, i
proprietari degli immobili siti nella zona in cui è ubicato un impianto di
depurazione e i residenti nella stessa, sono in linea di principio legittimati a
impugnare il provvedimento che ne autorizza la realizzazione.
Tale legittimazione, infatti, può ben collegarsi alla circostanza che le
prescrizioni dettate dall’autorità competente, la localizzazione del manufatto,
ovvero le modalità esecutive dello stesso, siano ritenute inidonee a
salvaguardare l’ambiente e/o la salute di chi vive nelle vicinanze, sì da poter
riconoscere al confinante, o a chi vive e lavora in prossimità dell’impianto, un
interesse qualificato e differenziato a ricorrere per denunciare la presunta
illegittimità delle scelte effettuate dall’amministrazione (T.A.R. Liguria, Sez.
I^, 28 maggio 2002 n. 588).
2. Nel merito il ricorso è infondato.
2.1 Con il primo motivo viene dedotta l’illegittimità dei provvedimenti
impugnati per la mancanza di uno studio adeguato di fattibilità ambientale.
La censura non è fondata.
Vero è, infatti, che il progetto preliminare contiene al riguardo uno scarno
paragrafo (4.11) in ragione del fatto che “l’impatto ambientale dell’impianto
adeguato non sarà dissimile all’impatto dell’impianto esistente” configurandosi
le opere “come manufatti di modesta consistenza che vengono previsti quasi
completamente interrati”.
E’ altrettanto vero, però, che sia il progetto definitivo che quello esecutivo
contengono una specifica relazione di compatibilità ambientale, che ha
analiticamente esaminato gli aspetti inerenti:
-la depurazione attuale, dimensionata per 1.500 abitanti;
-lo stato attuale dell’area;
-la localizzazione dell’impianto, che “costituisce un potenziamento ed
adeguamento di quello esistente”;
-gli effetti indotti dall’impianto e gli strumenti per neutralizzare gli
impatti, in relazione:
a) all’assetto del territorio, in cui le opere necessarie all’adeguamento
dell’impianto saranno correttamente inserite;
b) al valore naturalistico e ricreativo, con “un miglioramento della qualità
delle acque del fiume nel quale confluirà lo scarico finale”;
c) all’inquinamento del terreno, che sarà eliminato con lo smaltimento, a mezzo
del trasporto in discarica, dei rifiuti solidi (grigliati, grassi, sabbie) e
soprattutto dei fanghi di risulta del processo;
d) agli odori, dettagliatamente studiati, al fine di ridurli rispetto a quelli
odierni, con accorgimenti alla fonte quali “la rimozione molto frequente del
grigliato e dei grassi, l’allontanamento delle sabbie dal dissabbiatore ed il
loro immediato lavaggio, l’isolamento degli edifici di grigliatura/stacciatura e
di disidratazione meccanica”;
e) ai rumori, per i quali sono previsti sistemi di insonorizzazione tali da
ottenere il rispetto dei valori più restrittivi di cui alla Tabella C del
D.P.C.M. 14 novembre 1997;
f) all’aerosol e ai rischi infettivi, rigorosamente esclusi con la previsione
per tutte le fasi depurative di strutture chiuse che isolano completamente gli
impianti dall’ambiente esterno;
g) all’igiene degli operatori, secondo le disposizioni, i pareri e le
prescrizioni della competente A.S.L.;
h) all’analisi della sicurezza, con il rispetto di tutte le normative di settore
(antinfortunistiche, di prevenzione e di sicurezza);
i) all’estetica, che resterà inalterata, poiché “l’edificio dell’impianto di
depurazione risulterà sulla stessa linea di quello attuale e quindi senza
variazione dell’impatto visivo dalle aree esterne”;
l) al valore culturale ecologico, con la cura dell’estetica interna di
giardinaggio e di pulizia dei locali;
m) alla viabilità, comodamente assicurata da un breve strada che consente
l’accesso all’impianto dalla viabilità ordinaria comunale;
a-gli effetti sul corpo ricettore, in ordine ai quali “il controllo del processo
depurativo consentirà di ricondurre entro i limiti di legge le concentrazioni
delle diverse sostanze inquinanti presenti nella fognatura urbana”.
La predetta relazione di compatibilità ambientale, che costituisce un
approfondito studio organico d’insieme dell’intervento progettato, esamina
altresì la situazione dell’attuale depuratore che, ove non fosse adeguato “oltre
a non rispettare le norme vigenti in materia di depurazione delle acque
comporterebbe sotto il profilo ambientale un impoverimento delle risorse dovuto
al progressivo inquinamento delle acque costiere ad opera di uno scarico di
sostanze inquinanti non trattenute dal modesto impianto attualmente in
funzione”.
La relazione esclude anche “alternative parziali non giustificate da specifici
ed approfonditi studi sull’impatto di uno scarico a mare depurativo ad un
livello inferiore a quello di riferimento (tabella 1 - D.Lgs. n. 152/99)” e
conclude che “sotto l’aspetto dell’impatto sull’ambiente e di quello potenziale
igienico-sanitario la realizzazione dei lavori in progetto comporteranno non
soltanto un miglioramento rispetto alla situazione attuale ma un vero e proprio
adeguamento agli standard richiesti dalla norme sia nella depurazione delle
acque reflue urbane che sotto il profilo della salvaguardia per l’ambiente in
generale e per gli abitanti delle aree limitrofe all’impianto in particolare”.
Ne consegue pertanto che la contestata progettazione, riguardata nel suo
insieme, contiene uno specifico ed adeguato studio di fattibilità ambientale
contrariamente a quanto dedotto dai ricorrenti.
3. Con il secondo mezzo di gravame viene dedotta l’illegittimità dei
provvedimenti impugnati, per il mancato rispetto della distanza minima di 100
metri dalle abitazioni circostanti, prevista dalla deliberazione 04.02.1977 del
Comitato dei Ministri.
La censura non può essere condivisa.
Ed invero, i progetti impugnati non prevedono la realizzazione di un nuovo
impianto di depurazione, ma il mero adeguamento di quello esistente localizzato
nel sito sin dal 1980.
Tale adeguamento, come già evidenziato, si è reso necessario per garantire il
rispetto degli “standard richiesti dalle norme sia nella depurazione delle acque
reflue urbane che sotto il profilo della salvaguardia per l’ambiente in generale
e per gli abitanti delle aree limitrofe all’impianto in particolare”.
Sotto il profilo strutturale, poi, l’intervento è previsto in gran parte
interrato e si sostanzia in un incremento percentuale volumetrico rispetto ai
400 mc. già esistenti del 17,5%, pari a mc. 70.
Ne consegue che sia in termini relativi (incremento del 17,5%) che assoluti
(realizzazione di 70 mc.), l’intervento stesso si configura come un modesto
adeguamento del depuratore preesistente, a cui non può ragionevolmente essere
applicata l’invocata normativa sulle distanze dalle abitazioni, prevista per gli
impianti realizzati e localizzati ex novo.
Del resto, anche sotto il profilo strettamente edilizio, gli interventi non
dotati di una specifica autonomia, in quanto in senso lato pertinenziali, non
rientrano nel concetto di nuova costruzione quando comportino la realizzazione
di un volume inferiore al 20% del volume dell’edificio principale a cui
accedono.
E nel caso di specie, come già precisato, il contestato adeguamento non solo non
costituisce un corpo edilizio autonomo (sia sotto il profilo strutturale che
funzionale), ma non supera neppure il 20% del volume principale a cui accede, e
quindi non può ragionevolmente essere considerato un nuovo impianto a cui
applicare la normativa invocata dai ricorrenti.
4. Il terzo mezzo di gravame è infondato.
Ed invero l’intervento ricade nella zona Z.L.3 di espansione abitativa di cui al
Piano Particolareggiato di iniziativa pubblica, approvato con Deliberazioni del
Consiglio Comunale n. 59 del 30.12.1989 e n. 33 del 03.08.1990, ed attuato con
convenzione urbanistica stipulata dal Comune in data 25.06.1992, Rep. n. 18.246.
E’ pertanto evidente la conformità del contestato intervento urbanizzativo di
adeguamento di impianto esistente con la disciplina della zona Z.L.3 di
espansione abitativa, che proprio tale esigenza ha generato.
Ne consegue che nella specie non occorreva adottare una specifica variante
urbanistica ai sensi della Legge 1/1978, come viceversa dedotto dagli istanti.
5. Con il quarto motivo, i ricorrenti lamentano la violazione dell’art. 1 della
Legge 3 gennaio 1978 n. 1, in quanto, a loro dire, competeva al Consiglio
Comunale e non alla Giunta l’approvazione del progetto preliminare dell’opera
pubblica.
La doglianza non ha pregio.
Infatti, ai sensi dell’art. 42 del D. Lgs. 18 agosto 2000 n. 267, “il Consiglio
è l’organo di indirizzo e di controllo politico-amministrativo”, cui competono,
tra gli altri, i seguenti atti fondamentali:
“b) programmi, relazioni revisionali e programmatiche piani finanziari,
programmi triennali ed elenco annuale dei lavori pubblici, bilanci annuali e
pluriennali e relative variazioni, rendiconto, piani territoriali ed
urbanistici, programmi annuali e pluriennali per la loro attuazione, eventuali
deroghe ad essi, pareri da rendere per dette materie”.
L’opera di adeguamento del depuratore è stata inserita nel programma triennale
delle opere pubbliche 2001-2003 approvato dal Consiglio Comunale, con
deliberazione n. 3 del 24.02.2001, ai sensi dell’art. 14, comma 4, della Legge
n. 109/1994 e del D.M. 21 giugno 2000, in allegato al bilancio di previsione
2001.
Con tale approvazione il Consiglio ha quindi esaurito la sua competenza, non
rientrando certo l’approvazione delle successive fasi progettuali ed esecutive
nei suoi specifici poteri.
6. Con il quinto motivo di ricorso si deduce, con specifico riguardo alla
Deliberazione della Giunta Comunale n. 118 del 24.04.2003 di approvazione del
progetto esecutivo, la violazione delle Norme di Attuazione del Piano di Bacino
stralcio sul rischio idrogeologico dell’Entella e del torrente Sturla approvato
con Deliberazione del Consiglio Provinciale 29.01.2003 n. 3.
La censura non è fondata.
Ed invero, l’intervento risulta assistito dal parere rilasciato dal Direttore
della competente Area 6-difesa del Suolo, Opere Ambientali e Piani di Bacino
della provincia di Genova con atto prot. n. 45565 del 23.05.2002.
In detto parere si osserva che gli interventi in oggetto, “data la tipologia,
possono configurarsi come ampliamento di manufatto esistente, giustificato da
specifiche esigenze di adeguamento igienico sanitario e tecnologico, e che
pertanto i lavori di ristrutturazione, potenziamento e adeguamento del
depuratore in località Rivarola, nel Comune di Carasco, non necessitano di
rilascio di deroga alle distanze da parte della scrivente Area, a condizione che
l’ampliamento non risulti superiore al 20% del volume esistente e non diminuisca
la distanza dal corso d’acqua del fabbricato esistente”.
Nello stesso inoltre, dopo aver evidenziato che “l’intervento a progetto rientra
nella perimetrazione delle aree storicamente inondate ai sensi della D.G.R.
2615/98 e s.m.i. e nella perimetrazione delle aree inondabili (fascia A), nonché
nella fascia di riassetto fluviale così indicate dal Piano di Bacino Stralcio
per il Rischio Idrogeologico del Torrente Entella e Sturla” e che “l’intervento
è mirato a rispondere ad adempimenti di legge in materia ambientale”, si
conclude che “i lavori in oggetto non risultano, ad oggi, in contrasto con la
normativa vigente”.
Il progetto esecutivo approvato, come già evidenziato, si è adeguato a tali
prescrizioni, in quanto:
a) l’incremento volumetrico dell’impianto non supera il 20% della consistenza
del depuratore esistente, raggiungendo solo la percentuale del 17,5% (Cfr.
Tavola 1/E e relazione tecnica di calcolo - Tavola 1/B del progetto esecutivo);
b) non vi è alcuna diminuzione della distanza del fabbricato esistente dal corso
d’acqua, come dimostrano, tra gli elaborati del progetto esecutivo, le Tavola
7/C (rilievo planimetrico dello stato di fatto) e 7/E (planimetria di progetto).
Ne consegue l’inconducenza della dedotta censura.
7. Con il sesto motivo, viene dedotta la violazione degli artt. 8 e 15 della
Legge 26 ottobre 1995 n. 447 e della D.G.R. 28 maggio 1999 n. 534, perché
mancherebbe idonea documentazione previsionale dell’impatto acustico.
La doglianza è priva di fondamento.
Ed invero la relazione di compatibilità ambientale allegata al progetto
esecutivo sub 1/C, contiene uno specifico paragrafo (5.2.5) in cui viene
diffusamente trattato l’aspetto dei rumori alla luce delle disposizioni del
D.P.C.M. 14 novembre 1997, garantendone il rispetto addirittura negli standard
più restrittivi.
Ciò trova poi conferma nella relazione integrativa di inserimento ambientale in
data 26.09.2002, che ha riportato in allegato 2 un’indagine fonometrica svolta
nei giorni 17 e 18 settembre 2003, articolata in relazione alle abitazioni più
vicine.
La relazione, all’esito della campagna di rilevazione svolta sui livelli
attuali, è pervenuta alla conclusione che “l’impianto adeguato, nel suo
complesso, sarà caratterizzato da un’emissione sonora inferiore a quella
attuale”.
8. Col settimo motivo di ricorso, si deduce la violazione dell’art. 26 della
Legge Regionale n. 9/1993, e della Deliberazione del Comitato dei Ministri per
la tutela delle acque dall’inquinamento, poiché contrariamente al parere
rilasciato dalla provincia di Genova, l’opera avrebbe richiesto l’autorizzazione
in deroga dalla distanza dal fiume Entella, e l’intervento comporterebbe un
ampliamento del depuratore esistente in avvicinamento al corso d’acqua.
La censura è infondata.
In primo luogo, l’art. 26 della Legge Regionale 28 gennaio 1993 n. 9 detta il
regime transitorio “sino all’approvazione dei piani di bacino”.
Essendo stato adottato e approvato il Piano di Bacino Stralcio per il rischio
idrogeologico dell’Entella, come da Deliberazione del Consiglio Provinciale n. 3
del 20.01.2003, è evidente che a tale disciplina occorre riferirsi, venendo meno
il regime transitorio.
E tale disciplina, rimasta inalterata fin dalla sua precedente adozione, è stata
puntualmente osservata, come espresso nel richiamato parere prot. 45565 del
23.05.2002 del Direttore dell’Area 06-Difesa del Suolo e Piani di Bacino della
provincia di Genova.
Inoltre, non vi è alcun ampliamento, neanche minimo, del depuratore in
avvicinamento al fiume Entella.
Se si osservano infatti, comparandole, la Tavola 7/C del progetto esecutivo
recante “rilievo planimetrico dello stato di fatto” e la Tavola 7/E, recante
“planimetria di progetto”, si rileva che il nuovo “locale compressori e quadro
elettrico”, citato dai ricorrenti e indicato nella planimetria di progetto con
il n. 10 è esattamente previsto laddove oggi è ubicato l’apparato di
“disinfezione finale” indicata con il n. 5 dello stato di fatto attuale, sulla
medesima linea di fronte, senza alcun avanzamento verso il fiume.
9. Con l’ottavo motivo, si assume la violazione dell’art. 13 della Legge 25
giugno 1865 n. 2359, perché negli atti impugnati non sarebbero stati indicati i
termini per l’inizio e l’ultimazione dei lavori.
La doglianza non ha pregio, attenendo la norma invocata ad un procedimento
espropriativo che nella fattispecie non sussiste, essendo stata la modesta area
necessaria ai lavori di adeguamento ceduta al Comune dal Geom. Armando Rosi.
In ogni caso, nel contratto (elaborato 3/B del progetto esecutivo), nel
capitolato speciale d’appalto e segnatamente all’art. 5.10, rubricato “consegna
dei lavori - programma operativo dei lavori - inizio e termine per l’esecuzione
- consegne parziali - sospensione, (elaborato 3/A) e nel cronoprogramma
(elaborato 5), sono chiaramente indicati tali termini, e quindi la censura si
appalesa destituita di fondamento.
10. Il nono ed ultimo motivo è parimenti infondato, atteso che nella specie non
è “stata autorizzata la realizzazione di un depuratore in deroga alla fascia di
rispetto nella quale sorgono le abitazioni dei ricorrenti”, come dedotto in
ricorso, ma approvato il mero adeguamento del depuratore già esistente in loco
sin dal 1980 per renderlo conforme alla normativa di settore, con evidente
beneficio per la generale salubrità dell’ambiente.
11. Per le ragioni esposte il ricorso è infondato, e come tale va respinto.
Sussistono tuttavia giusti motivi, per disporre l’integrale compensazione tra le
parti delle spese di giudizio.
P.Q.M.
il Tribunale Amministrativo Regionale della Liguria, Sezione Prima, respinge il
ricorso in epigrafe.
Spese compensate
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Genova nella camera di consiglio del giorno 19/10/2006 con
l'intervento dei signori:
Renato Vivenzio, Presidente
Antonio Bianchi, Consigliere, Estensore
Davide Ponte, Primo Referendario
L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
IL SEGRETARIO
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 30/01/2007
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
IL DIRIGENTE
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