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TAR LIGURIA, Sez. I, 1 agosto 2007, sentenza n. 1426
 

ASSOCIAZIONI E COMITATI - Associazioni riconosciute ex art. 13, L. n. 349/1986 - Legittimazione a ricorrere avverso atti a contenuto urbanistico - Sussistenza - Presupposti. Costituisce jus receptum quello per cui le associazioni ambientaliste individuate ai sensi dell'art. 13, l. n. 349 del 1986 (significativamente ancora in vigore dopo la riforma del d.lgs. 152\2006, al pari dell’art. 18 comma 5 che riconosce espressamente la legittimazione stessa), sono legittimate ad agire in giudizio avverso qualsiasi provvedimento che leda in modo diretto e immediato l’interesse ambientale; esse sono pertanto legittimate ad impugnare anche atti a contenuto urbanistico purché idonei a pregiudicare il bene dell'ambiente come definito in termini normativi (cfr. ad es. Consiglio Stato, sez. IV, 9 novembre 2004, n. 7246), anche se lo specifico bene oggetto del provvedimento impugnato non sia stato sottoposto ad uno specifico vincolo (ad esempio, paesistico, archeologico, idrogeologico) (cfr. TAR Liguria, n. 354/2003, Consiglio Stato sez. V, 1 dicembre 1999, n. 2030). In ogni caso, in ordine all’accertamento della sussistenza della vantata legittimazione, deve ritenersi esclusa l'operatività di ogni automatismo e l'indagine sull'esistenza delle condizioni dell'azione deve essere sempre effettuata caso per caso, non solo con riferimento all’accertamento della includibilità delle associazioni ricorrenti nel novero dell'art. 13 della legge n. 349 de11986, ma anche in relazione alla individuazione dell'ambito in cui riconoscere la tutela giudiziale, seppur con la prudenza richiesta dalla necessità di non creare spazi alla giustiziabilità di interessi non motivati con solidi e concreti riferimenti alla realtà sostanziale sottostante; conseguentemente, la medesima legittimazione va concretamente verificata alla luce delle caratteristiche della fattispecie concreta e delle censure dedotte, attraverso le quali deve essere fatto valere un interesse comunque connesso alle finalità di tutela del bene ambientale. Quindi, se per un verso occorre che il provvedimento impugnato sia in grado di ledere l’interesse ambientale azionato, per un altro verso occorre altresì che il vizio dedotto se accolto consenta un’utilità alla parte ricorrente direttamente rapportata alla sua posizione legittimante, ossia un’utilità che sia in correlazione con l’interesse all’ambiente. Pres. Prosperi, Est. Ponte - V.A.S. (avv. Granara) c. Comune di Levanto (avv. Quaglia) - T.A.R. LIGURIA, Sez. I - 1 agosto 2007, n. 1426

BENI CULTURALI E AMBIENTALI - Valore ambiente - Tutela costituzionale - Conseguenze in termini di individuazione di standard di tutela uniformi sull’intero territorio nazionale, incidenti sulle competenze legislative regionali. L’ambiente è un valore trasversale costituzionalmente protetto, in funzione del quale lo Stato può dettare standard di tutela uniformi sull'intero territorio nazionale, anche incidenti sulle competenze legislative che secondo il rinovellato art. 117 cost. spettino alle regioni e alle province autonome su materie (governo del territorio, tutela della salute) per le quali quel valore costituzionale assume rilievo (cfr. ad es. Corte costituzionale n. 227 del 2003 e n. 259 del 2004). Pres. Prosperi, Est. Ponte - V.A.S. (avv. Granara) c. Comune di Levanto (avv. Quaglia) - T.A.R. LIGURIA, Sez. I - 1 agosto 2007, n. 1426

 

 

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO


IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA LIGURIA

(SEZIONE PRIMA)


N. 01426/2007 REG. SEN.

N. 00222/2007 REG. RIC.


ha pronunciato la seguente


SENTENZA


Sul ricorso numero di registro generale 222 del 2007, proposto da:
Onlus Associazione Verdi Ambiente e Societa' - V.A.S., rappresentato e difeso dall'avv. Daniele Granara, con domicilio eletto presso Daniele Granara in Genova, via Bartolomeo Bosco 31/4;


contro


Comune di Levanto, rappresentato e difeso dall'avv. Alberto Quaglia, con domicilio eletto presso Mario Alberto Quaglia in Genova, via Roma 3/9; Regione Liguria; Provincia di La Spezia, rappresentato e difeso dagli avv. Piero Barbieri, Veronica Allegri, con domicilio eletto presso Piero Barbieri in , c/o Segreteria Tar;


nei confronti di
Levanto Waterfront Srl, Levante Sviluppo Srl, rappresentati e difesi dall'avv. Luigi Cocchi, con domicilio eletto presso Luigi Cocchi in Genova, via Macaggi 21/5 - 8;


per l'annullamento
del permesso di costruire n. 100 del 28/12/2006 avente ad oggetto recupero del ex viadotto ferroviario Lotto 1, lotto 1B in località Vallesanta, sui terreni censiti a catasto al Foglio 23 mappali 66,67,86,100,101,218, già 57/b come risulta dal progetto definitivo che prevede la realizzazione di un parco urbano lineare attrezzato e pista ciclabile, con sottostanti spazi da utilizzare per attività legate alla nautica e alla zona del porto, attività artigianali, commerciali e posteggi, nonchè allargamento della strada per Vallesanta, nonchè per l'annullamento, previa sospensione di ogni atto preparatorio, presupposto inerente, conseguente e/o comunque connesso ed in particolare:
- della relazione istruttoria del Capo Settore III Lavori Pubblici, Urbanistica Edilizia Pubblica e Privata del 15/12/2004;
- della sconosciuta nota della regione Liguria- Dipartimento Pianificazione Territoriale Paesistica e Ambientale- Settore Valutazione d'impatto ambientale, prot. n.637-75835 del 07/06/2004, richiamata nella predetta relazione istruttoria;
dello sconosciuto provvedimento prot. n.11127/2418 del 31/07/2006 di rilascio di autorizzaione paesistico ambientale ai sensi dell'art. 159 del D.lgs. 42/04 richiamatao nel permesso di costruire impugnato.

Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Levanto;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Provincia di La Spezia;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Levanto Waterfront Srl;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Levante Sviluppo Srl;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 12/07/2007 il dott. Davide Ponte e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;


Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:


FATTO


Con il gravame introduttivo del giudizio l’associazione odierna ricorrente, nella qualità di associazione riconosciuta dal Ministero dell’ambiente, esponeva di essere venuta a conoscenza del rilascio del permesso di costruire di cui in epigrafe.


All'atto impugnato si muovevano pertanto le seguenti censure:
- violazione degli artt. 10 ss. T.u. edilizia, 146 e 159 d.lgs. 42\2004, 3 l. 241\90 e del d.m. 3\8\59 e s.m.i., eccesso di potere per difetto di presupposto, di istruttoria e di motivazione, contraddittorietà e illogicità, per difetto di motivazione sulla compatibilità paesaggistica;
- analoghe censure e violazione degli artt. 2 comma 4 lett c), 10, 11 e 13 ss all. 3 n. 10 J l.r. 38\98, per mancanza della necessaria v.i.a. o almeno verifica screening, nonché violazione del principio di precauzione;
- analoghe censure per il mancato perfezionamento degli accordi con l’altra amministrazione comunale interessata di fatto dall’intervento per le opere idrauliche sul torrente Vallesanta in comune di Bonassola;
- analoghe censure ed eccesso di potere per perplessità, stante le carenze istruttorie;
- analoghe censure e violazione del PTCP, laddove viene a smentire il necessario carattere diffuso;
- analoghe censure nonché violazione degli artt. 2 b) e 16 n.t.a. piano di bacino stralcio, che vieta nuove costruzioni ovvero per carenza delle necessarie indagini tecniche;
- violazione dell’art. 10 c. 1 l. 353\2000 ed analoghi profili di eccesso di potere essendo la zona interessata area percorsa dal fuoco;
- violazione art. 10 ss t.u. edilizia, sviamento ed analoghi profili di eccesso di potere essendo coinvolte aree demaniali marittime sottratte alla disponibilità del comune;
- violazione dell’art. 120 d.lgs. 267\2000 sviamento ed analoghi profili di eccesso di potere, per mancanza dei presupposti della società di trasformazione urbana.


Il Comune di Levanto e la società controinteressata, costituitisi in giudizio, chiedevano la declaratoria di inammissibilità ed il rigetto del gravame.


Con ordinanza collegiale del 22\3\2007 questo Tribunale amministrativo regionale disponeva la acquisizione in via istruttoria di documenti e chiarimenti.


Acquisiti tali elementi istruttori, alla pubblica udienza del 12\7\2007 la causa passava in decisione.


DIRITTO


In via preliminare è stata eccepita l’inammissibilità del gravame per mancata impugnativa di atti presupposti quali la conferenza di servizi e l’approvazione dei piani urbanistici. L’eccezione appare prima facie infondata, essendo impugnato l’atto conclusivo del procedimento (anche ai sensi dell’art. 14 ter comma 6 bis l. 241\90) sulla scorta del quale si può fondare la realizzazione delle opere contestate, e fatta salva la verifica dell’ammissibilità delle singole censure nella parte in cui dovessero coinvolgere atti dotati di definitività non tempestivamente impugnati.


Analoga conclusione involge l’eccezione relativa alla natura delle censure sollevabili dall’associazione ambientale: in proposito, e fatta salva la verifica in merito alle singole censure, costituisce jus receptum quello per cui le associazioni ambientaliste individuate ai sensi dell'art. 13, l. n. 349 del 1986 (significativamente ancora in vigore dopo la riforma del d.lgs. 152\2006, al pari dell’art. 18 comma 5 che riconosce espressamente la legittimazione stessa), sono legittimate ad agire in giudizio avverso qualsiasi provvedimento che leda in modo diretto e immediato l’interesse ambientale; esse sono pertanto legittimate ad impugnare anche atti a contenuto urbanistico purché idonei a pregiudicare il bene dell'ambiente come definito in termini normativi (cfr. ad es. Consiglio Stato, sez. IV, 9 novembre 2004, n. 7246). Questo tribunale (cfr. ad es. sentenza n. 354 del 2003) ha avuto modo di precisare che le associazioni individuate in applicazione dell'art. 13 sopra citato sono legittimate ad impugnare dinanzi al giudice amministrativo ogni provvedimento autoritativo che incida sull'ambiente, anche se lo specifico bene oggetto del provvedimento impugnato non sia stato sottoposto ad uno specifico vincolo (ad esempio, paesistico, archeologico, idrogeologico) (cfr. altresì in materia Consiglio Stato sez. V, 1 dicembre 1999, n. 2030). In proposito assume preminente considerazione l’orientamento consolidato espresso dalla Corte Costituzionale in ordine all’art. 117 comma 2 lett s), a tenore del quale l'ambiente è invece un valore "trasversale" costituzionalmente protetto, in funzione del quale lo Stato può dettare standard di tutela uniformi sull'intero territorio nazionale, anche incidenti sulle competenze legislative che secondo il rinovellato art. 117 cost. spettino alle regioni e alle province autonome su materie (governo del territorio, tutela della salute) per le quali quel valore costituzionale assume rilievo (cfr. ad es. Corte costituzionale n. 227 del 2003 e n. 259 del 2004). Né in materia può prescindersi dalla disciplina comunitaria che, a partire dalla prima comunicazione della Commissione in materia di ambiente (22 luglio 1971) sino agli artt. 2 e 230 del Trattato nonché 1 e 3 della Costituzione dell’Unione europea.

Va pertanto ribadito che in ogni caso, in ordine all’accertamento della sussistenza della vantata legittimazione, deve ritenersi esclusa l'operatività di ogni automatismo e l'indagine sull'esistenza delle condizioni dell'azione deve essere sempre effettuata caso per caso, non solo con riferimento all’accertamento della includibilità delle associazioni ricorrenti nel novero dell'art. 13 della legge n. 349 de11986, ma anche in relazione alla individuazione dell'ambito in cui riconoscere la tutela giudiziale, seppur con la prudenza richiesta dalla necessità di non creare spazi alla giustiziabilità di interessi non motivati con solidi e concreti riferimenti alla realtà sostanziale sottostante; conseguentemente, la medesima legittimazione va concretamente verificata alla luce delle caratteristiche della fattispecie concreta e delle censure dedotte, attraverso le quali deve essere fatto valere un interesse comunque connesso alle finalità di tutela del bene ambientale; a titolo di esempio, è ben possibile che la violazione di norma di azione poste a fondamento dell’attività amministrativa, in ambito urbanistico ovvero di realizzazione di opere pubbliche, finisca con l’incidere su di un interesse ambientale e paesistico sotteso alle finalità perseguite dalle associazioni riconosciute; analogamente, appare altrettanto evidente il nesso già individuato fra legittimazione dei privati residenti in ambito urbanistico ed ambientale, sancito ormai ex lege ai sensi dell’art. 146 cit..

Quindi, se per un verso occorre che il provvedimento impugnato sia in grado di ledere l’interesse ambientale azionato, per un altro verso occorre altresì che il vizio dedotto se accolto consenta un’utilità alla parte ricorrente direttamente rapportata alla sua posizione legittimante, ossia un’utilità che sia in correlazione con l’interesse all’ambiente (cfr. ad es. Consiglio di Stato sez. IV 16 dicembre 2003 n. 8234); al riguardo, la prevalente opinione dottrinale ha avuto modo di evidenziare l’ammissibilità di censure che, in caso di accoglimento, finiscano con l’innescare una riedizione dell’iter procedurale implicante la rivalutazione del profilo specificamente ambientale.


Nel caso di specie se per un verso l’intervento involge un’area sottoposta a vincolo, per un altro assume rilievo dirimente la generale rilevanza della tutela ambientale, propria di tutto il territorio e non solo di quello vincolato; in tale ottica la tutela ambientale viene quindi posta a fondamento di numerose delle censure dedotte in termini di violazione della normativa dettata a tutela del bene ambiente così inteso, ed a prescindere dalla sussistenza di un vincolo, come ormai reso evidente dallo stesso tenore dell’art. 117 comma 2 lett s) Cost, che distingue fra tutela ambientale e dei beni culturali (fra cui il paesaggio).


Passando all’analisi del merito il ricorso appare infondato.
Con i primi ordini di rilievi, che per analogia di vizi e di carattere funzionale degli aspetti censurati possono essere esaminati congiuntamente, parte ricorrente lamenta il difetto di motivazione in ordine alla compatibilità paesaggistica.


L’analisi della documentazione prodotta e l’esito della disposta istruttoria evidenziano come l’approvazione del progetto in esame sia stata preceduta da adeguata istruttoria in materia, attraverso l’acquisizione dei necessari passaggi, nonché sia accompagnata da idonea motivazione. In specie quest’ultima non deve ricercarsi unicamente nel provvedimento conclusivo, essendo sufficiente che dagli atti del procedimento emerga la sussistenza di quella necessaria approfondita ed esaustiva analisi dell’impatto sui caratteri sottesi al vincolo sussistente in zona. In proposito, i pareri favorevoli resi in merito alla compatibilità paesaggistica in sede di piano attuativo, per un verso, non sono stati compiutamente contestati da parte ricorrente e, per un altro verso, risultano contenere una adeguata analisi nei limiti del sindacato ammissibile nella presente sede giurisdizionale, senza che la valutazione possa trasmodare nella condivisibilità o meno delle scelte di merito. Più in dettaglio, comunque, l’accertata coincidenza fra p.u.o. e progetto definitivo sul punto (cfr. relazione istruttoria) giustifica il riferimento contenuto nel parere della commissione edilizia integrata anche alle valutazioni svolte in sede di approvazione dello strumento urbanistico attuativo.


A conferma della adeguatezza dell’analisi assume altresì rilievo la formulazione di una serie di prescrizioni fatte proprie in sede di progetti confluiti nell’approvazione finale di cui al titolo in questione.

Le censure appaiono pertanto infondate, anche in considerazione dell’assenza nel ricorso dell’indicazione di specifici elementi oggetto di mancata o carente analisi, essendosi il gravame limitato ad una generale censura di omessa valutazione, che invece risulta essere stata svolta.


Le considerazioni appena svolte possono essere estese alla dedotta violazione del PTCP: invero, se da un lato le valutazioni svolte dagli organi competenti appaiono adeguatamente darsi carico dell’impatto sulle previsioni di piano territoriale paesistico, senza che nella presente sede sia possibile scendere a sindacarne la condivisibilità o meno nel merito, dall’altro lato, a fronte della valutazione provinciale la censura appare formulata in termini generici, senza la specifica indicazione degli elementi violati. Nello specifico poi l’intervento appare assumere un carattere di riqualificazione e di riorganizzazione nell’ottica perseguita dal ptcp, fatte salve tutte le possibili contestazioni sul merito delle singole scelte in termini di bellezza, non certo di adeguatezza rispetto al vincolo ed alla riorganizzazione dell’esistente, che peraltro neppure la Soprintendenza potrebbe svolgere in sede tutoria.


Con un altro gruppo di censure parte ricorrente contesta la mancata sottoposizione a v.i.a. ovvero a verifica di screening.
Peraltro, già in linea generale la formulazione perplessa e alternativa della censura ne rende evidente la sua genericità, mancando l’analisi specifica dei singoli aspetti che avrebbero imposto o l’una o l’altra procedura. In linea specifica poi l’analisi degli atti approvati e l’esito dell’istruttoria evidenziano come l’intervento non abbia ad oggetto opere costiere e lavori marittimi o comunque relativi alla difesa del mare ma unicamente la riorganizzazione della parte a terra, in specie attraverso il recupero dell’ex viadotto ferroviario e la realizzazione di interventi aventi carattere e funzione prettamente urbanistica. A quest’ultimo proposito, la ritardata entrata in vigore della disciplina in tema di v.a.s. (di cui alla parte seconda del d.lgs. 152\2006) esclude la sindacabilità degli ulteriori aspetti paventati nel caso di specie, né in contrario avviso assume rilievo nel caso di specie l’origine e la cogenza comunitaria della relativa normativa in considerazione della mancata impugnazione dei provvedimenti urbanistici presupposti al titolo edilizio contestato.


Del tutto generico appare poi il richiamo al principio di precauzione, sia per la natura dell’intervento e la sua non sottoposizione a v.i.a., sia per la mancata indicazione di quali particolari elementi ambientali verrebbero ad essere in astratto incisi negativamente dall’intervento.


Parimenti infondata è altresì la censura relativa al mancato assenso del comune di Bonassola: le acquisizioni istruttorie hanno consentito di reperire l’intervenuto assenso comunale, sia in sede conferenziale sia successivamente a titolo di conferma, alla realizzazione dell’intervento anche nelle parti coinvolgenti il torrente Vallesanta.
Analogo esito negativo involge l’ulteriore generica censura con cui parte ricorrente lamenta carenze progettuali: premessa l’inammissibilità di censure ricollegabili alle scelte di carattere urbanistico contenuto nel piano attuativo non impugnato, se da un canto la genericità non può certo ritenersi superata per relationem attraverso il richiamo ad una relazione tecnica di parte invocata nel testo del motivo di gravame, da un altro canto l’analisi degli atti del procedimento e degli elementi acquisiti nel corso del processo evidenziano lo svolgimento di un’istruttoria procedimentale sui punti in questione. Analoghe considerazioni vanno parimenti svolte per la generica censura di carenze sotto il profilo delle indagini idrogeologiche: queste ultime risultano essere state svolte in relazione alla natura ed alla consistenza dell’intervento. Peraltro, sul punto assume rilievo dirimente l’esito dell’istruttoria svolta, e non contestata sul punto, laddove emerge l’esclusione dell’area in questione dalla zona P3 invocata da parte ricorrente.


Parimenti infondata appare la censura relativa alla normativa sugli incendi boschivi, atteso che dagli atti emerge come l’area interessata sia estranea a quella percorsa dal fuoco e sui cui è intervenuta una precedente sentenza di questa sezione (n. 225 del 2003).


Analogamente infondata è la censura relativa al coinvolgimento anche di aree demaniali marittime sottratte alla disponibilità del comune: infatti, la documentazione acquisita in via istruttoria evidenzia come sia intervenuto nel corso del procedimento l’assenso di tutti i soggetti interessati; da ciò, oltre che dalla circostanza che il precedente concessionario è socio della stessa controinteressata nonché dalle intese stipulate fra gli stessi soggetti, confermano la sussistenza di accordi in base ai quali la società controinteressata, titolare del permesso di costruire, ha ottenuto la disponibilità anche di tali porzioni di area.


Infine, del pari infondata è la dedotta violazione della normativa in tema di società di trasformazione urbana: la norma invocata (art. 120 t.e. enti locali) attribuisce una facoltà all’amministrazione comunale, escludendo qualsiasi obbligo o vincolo sulla via da scegliere per l’attuazione degli strumenti urbanistici generali; tale strada non risulta essere stata percorsa nel caso di specie pertanto la censura, così come dedotta, è infondata.


Alla luce delle considerazioni che precedono il ricorso in esame appare infondato e, pertanto, va respinto.


Sussistono giusti motivi, anche a fronte del rigetto delle eccezioni preliminari, per compensare interamente tra le parti spese ed onorari del giudizio


P.Q.M.


Il Tribunale amministrativo regionale per la Liguria, sez. int. I, definitivamente pronunciando, respinge il ricorso di cui in epigrafe.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.


Così deciso in Genova nella camera di consiglio del giorno 12/07/2007 con l'intervento dei signori:


Raffaele Prosperi, Presidente FF
Davide Ponte, Consigliere, Estensore
Pierpaolo Grauso, Referendario

L'ESTENSORE

IL PRESIDENTE

IL SEGRETARIO

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 01/08/2007
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
IL DIRIGENTE
 


 

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