AmbienteDiritto.it 

Legislazione  Giurisprudenza

 


Tutti i diritti sono riservati - Copyright © - AmbienteDiritto.it

 

Segnalata da Augusto Atturo

 

TAR LOMBARDIA, Brescia, Sez. I, 6 luglio 2007, sentenza n. 595
 

CACCIA - Tutela degli uccelli migratori - Interesse di rilievo nazionale e sovranazionale - L. n. 157/1992 e dir. n. 79/409/CEE. La tutela degli uccelli migratori, benché affidata alle autorità amministrative locali riguarda interessi di rilievo nazionale e sovranazionale, come si ricava dalla legge n. 157/1992 (il cui art. 1, c. 1 qualifica la fauna selvatica come patrimonio indisponibile dello Stato da tutelare “nell'interesse della comunità nazionale ed internazionale”) e dalla direttiva n. 79/409/CEE - cui la legge n. 157 citata dà recepimento - la quale fissa il principio della rilevanza comunitaria della protezione che deve essere assicurata dai singoli Stati alle specie migratrici. Pres. Scognamiglio, Est. Pedron - LAC (avv.ti Linzola e Savoldi) c. Provincia di Brescia (avv.ti Bugatti, Poli e Donati) - T.A.R. LOMBARDIA, Brescia, Sez. I - 6 luglio 2007, n. 595


CACCIA - Dir. 79/409/CEE - Individuazioni di ZPS - Livello di protezione - Evoluzione - Sopravvenienza di nuovi studi.
La direttiva n. 79/409/CEE impone agli Stati di individuare apposite zone di protezione speciale (ZPS) anche con riferimento ai luoghi in cui si trovano le stazioni lungo le rotte di migrazione. Il livello di protezione garantito dal diritto comunitario non è tuttavia stabilito in modo definitivo ma si evolve e può essere incrementato in relazione ai nuovi studi in materia (cfr. artt. 10, 14, 15 e 16 della direttiva citata) Pres. Scognamiglio, Est. Pedron - LAC (avv.ti Linzola e Savoldi) c. Provincia di Brescia (avv.ti Bugatti, Poli e Donati) - T.A.R. LOMBARDIA, Brescia, Sez. I - 6 luglio 2007, n. 595

CACCIA - Zone di protezione lungo le rotte di migrazioni - Individuazione - Termine di cui alla L. 157/92 - Acquisizione di nuovi dati scientifici - Adeguamenti della prima mappatura - Obbligo.
Benché l’art. 1 comma 5 della legge 157/1992 fissi un termine di 4 mesi per l’individuazione da parte delle regioni delle zone di protezione lungo le rotte di migrazione, termine ribadito dall’art. 21 comma 2 della medesima legge, si deve ritenere che anche dopo la prima mappatura vi sia in ogni tempo l’obbligo di introdurre adeguamenti qualora vengano acquisiti nuovi dati scientifici dai quali emerga l’esigenza di estendere la protezione. Pres. Scognamiglio, Est. Pedron - LAC (avv.ti Linzola e Savoldi) c. Provincia di Brescia (avv.ti Bugatti, Poli e Donati) - T.A.R. LOMBARDIA, Brescia, Sez. I - 6 luglio 2007, n. 595

CACCIA - ZPS - Valichi montani - Piani faunistico-venatori provinciali - L.R. Lombardia n. 26/1993, mod. dalla L.R. 19/2006 e 5/2007 - Cancellazione del termine finale - Coordinamento normativo.
Dopo la cancellazione del termine finale dei piani faunistico-venatori provinciali disposta dall’art. 14 comma 3 della LR Lombardia 26/1993, come modificato dall’art. 1 comma 1 lett. c) della LR 8 agosto 2006 n. 19, l’efficacia delle previsioni ha durata illimitata “fino alla loro modifica secondo le esigenze”. Poiché i valichi protetti devono tuttora essere inseriti nei piani, mentre le ZPS non vi rientrano più dopo la modifica dell’art. 14 comma 3 lett. a) della LR 26/1993 introdotta dall’art. 5 comma 1 della LR Lombardia 27 febbraio 2007 n. 5, si pone un problema di coordinamento normativo. In proposito occorre considerare che i valichi protetti sono assimilabili alle zone di protezione previste dalla direttiva 79/409/CEE, in quanto fanno parte dell’unitario disegno di tutela delle specie migratorie delineato dal diritto comunitario. Ne consegue che la durata illimitata dei piani faunistico-venatori provinciali non può risolversi in un limite all’introduzione di modifiche all’elenco dei valichi rese necessarie dall’acquisizione di nuovi dati scientifici. Pres. Scognamiglio, Est. Pedron - LAC (avv.ti Linzola e Savoldi) c. Provincia di Brescia (avv.ti Bugatti, Poli e Donati) - T.A.R. LOMBARDIA, Brescia, Sez. I - 6 luglio 2007, n. 595

CACCIA - Zone di protezione lungo le rotte di migrazione - Aggiornamento dei valichi montani - Istanza di ampliamento della misure di tutela - Soggetti abilitati - Associazioni ambientaliste - Rientrano - Contributo scientificamente qualificato - Necessità.
L’intervento dell’INFS non esaurisce la categoria delle cause di avvio della procedura di aggiornamento dei valichi. Secondo la giurisprudenza comunitaria l’individuazione delle zone di protezione non può essere affidata alle scelte discrezionali dell’amministrazione ma costituisce l’esito di accertamenti tecnici sulle caratteristiche oggettive del territorio, con la conseguenza che necessariamente “una zona determinata, qualora soddisfi i criteri per essere classificata ZPS, deve essere oggetto di misure di conservazione speciale idonee ad assicurare, in particolare, la sopravvivenza e la riproduzione delle specie di uccelli menzionate all'allegato I di tale direttiva” (C.Giust. VI Sez. 7.12.2000 C-374/98 Commissione/Francia punto 26). Tra i soggetti abilitati a proporre istanze di ampliamento delle zone di protezione o delle altre misure di tutela rientrano anche le associazioni ambientaliste riconosciute dagli Stati, a condizione che siano in grado di raccogliere dati scientifici seri e obiettivi (C.Giust. VI Sez. 7.12.2000 C-374/98 Commissione/Francia punti 23, 24, 29). D’altra parte le procedure amministrative fissate nelle norme interne non possono costituire un ostacolo al conseguimento degli obiettivi di tutela dell’avifauna individuati dal diritto comunitario, come si può desumere in via analogica dalla giurisprudenza intervenuta sul concetto di piccola quantità nel prelievo venatorio (C.Giust. II Sez. 8.6.2006 C-60/05 WWF Italia punti 28 e 29). Pertanto gli Stati o gli enti pubblici interni ai quali sia attribuita la competenza in materia non possono rifiutare il contributo scientificamente qualificato di soggetti che promuovono una migliore applicazione delle direttive comunitarie. Pres. Scognamiglio, Est. Pedron - LAC (avv.ti Linzola e Savoldi) c. Provincia di Brescia (avv.ti Bugatti, Poli e Donati) - T.A.R. LOMBARDIA, Brescia, Sez. I - 6 luglio 2007, n. 595
 

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO


IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA LOMBARDIA

SEZIONE STACCATA DI BRESCIA (SEZIONE PRIMA)

N. 00595/2007 REG. SEN.

N. 00428/2007 REG. RIC.



ha pronunciato la seguente


SENTENZA


Sul ricorso numero di registro generale 428 del 2007, proposto da:


ASSOCIAZIONE LEGA PER L'ABOLIZIONE DELLA CACCIA (LAC) ONLUS, rappresentata e difesa dagli avv. Claudio Linzola e Luisella Savoldi, con domicilio eletto presso quest’ultima in Brescia via Moro 31;


contro


PROVINCIA DI BRESCIA, rappresentata e difesa dagli avv. Katiuscia Bugatti, Magda Poli e Gisella Donati, con domicilio eletto presso quest’ultima in Brescia piazza Paolo VI 16;


per l'annullamento
- ovvero la declaratoria di illegittimità del silenzio formatosi sull’istanza del 21 dicembre 2006 indirizzata alla Provincia per l’aggiornamento del piano faunistico-venatorio provinciale e l’inserimento di ulteriori valichi protetti ai sensi dell’art. 21 comma 3 della legge 11 febbraio 1992 n. 157 e dell’art. 43 comma 3 della LR 16 agosto 1993 n. 26;
- (in via subordinata) della nota dell’assessore a Caccia Pesca e Sport prot. n. 0019735/07 del 12 febbraio 2007, nella quale sono formulate alcune osservazioni sulla predetta istanza;


Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Provincia di Brescia;
Viste le memorie difensive;
Visti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 14 giugno 2007 il dott. Mauro Pedron;
Uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;


Considerato quanto segue:


FATTO e DIRITTO


1. La ricorrente Associazione Lega per l’Abolizione della Caccia (LAC) ha rivolto una diffida alla Provincia il 21 dicembre 2006 chiedendo l’inserimento nel piano faunistico-venatorio provinciale del divieto di caccia agli uccelli migratori per 8 ulteriori valichi montani ai sensi dell’art. 21 comma 3 della legge 11 febbraio 1992 n. 157 e dell’art. 43 comma 3 della LR 16 agosto 1993 n. 26. Attualmente il piano individua come valichi protetti soltanto 9 località (previsione inserita ancora nel 1996). I nuovi valichi indicati dalla LAC nella diffida sono i seguenti: Foppella di Colle S. Zeno, Giogo Maniva, Valico di Capovalle, Passo di Crocedomini, Passo del Vivione, Giogo della Presolana, Passata della Crocetta, Passo Zeno.


2. In seguito all’istanza la Provincia non ha attivato alcuna procedura di modifica del piano faunistico-venatorio ma si è limitata a formulare alcune osservazioni negative con una nota dell’assessore a Caccia Pesca e Sport del 12 febbraio 2007.


3. La LAC ha conseguentemente presentato ricorso ex art. 21 bis della legge 6 dicembre 1971 n. 1034 con atto notificato il 6 aprile 2007 e depositato il 13 aprile 2007. Il ricorso qualifica come risposta apparente la nota dell’assessore e quindi come silenzio-inadempimento la posizione assunta dalla Provincia sulla richiesta di revisione del piano faunistico-venatorio. In via subordinata è proposto un ordinario ricorso impugnatorio contro la suddetta nota per diversi motivi così sintetizzabili: a) incompetenza perché solo la giunta e il consiglio provinciale sarebbero legittimati a esprimersi sulla congruità del piano faunistico-venatorio avendo rispettivamente in base all’art. 14 comma 2 della LR 26/1993 il potere di proporre e di approvare le modifiche; b) sviamento, in quanto dalle considerazione dell’assessore emergerebbe il timore di un’eccessiva estensione del divieto di caccia nei territori al di sopra dei 600 metri; c) irragionevolezza e difetto di motivazione perché non viene contestato che quantomeno il Giogo Maniva sia un “apprezzabile passo di avifauna migratoria” come tale sede di una stazione di inanellamento.


4. La Provincia si è costituita in giudizio eccependo l’inammissibilità e la tardività del ricorso e chiedendone la reiezione. L’inammissibilità deriverebbe dalla circostanza che le due azioni proposte (declaratoria sul silenzio e annullamento) sarebbero eterogenee, dalla mancanza di un obbligo a carico della Provincia di iniziare e concludere un procedimento su istanza della LAC, e dal carattere non provvedimentale della nota dell’assessore. La tardività sarebbe collegata al fatto che la LAC aveva già presentato un’analoga istanza nel 2001 alla quale la Provincia aveva risposto negativamente con una nota dell’assessore a Caccia Pesca e Sport del 19 settembre 2001 a suo tempo non impugnata.


5. Per inquadrare il presente ricorso nel contesto normativo si osserva che la tutela degli uccelli migratori benché affidata alle autorità amministrative locali riguarda interessi di rilievo nazionale e sopranazionale. In via generale l’art. 1 comma 1 della legge 157/1992 qualifica la fauna selvatica come patrimonio indisponibile dello Stato da tutelare “nell'interesse della comunità nazionale ed internazionale”. La legge 157/1992 costituisce recepimento della direttiva 2 aprile 1979 n. 79/409/CEE (“Direttiva del Consiglio concernente la conservazione degli uccelli selvatici”). A proposito della fauna avicola il terzo considerando di tale direttiva fissa il principio della rilevanza comunitaria della protezione che deve essere assicurata dai singoli Stati alle specie migratrici (“considerando che gran parte delle specie di uccelli viventi naturalmente allo stato selvatico nel territorio europeo degli Stati membri appartengono alle specie migratrici; che dette specie costituiscono un patrimonio comune e che l'efficace protezione degli uccelli è un problema ambientale tipicamente transnazionale, che implica responsabilità comuni”). Per la tutela delle specie migratrici l’art. 4 par. 1 e 2 della direttiva 79/409/CEE impone agli Stati di individuare apposite zone di protezione speciale (ZPS) anche con riferimento ai luoghi in cui si trovano le stazioni lungo le rotte di migrazione. Il livello di protezione garantito dal diritto comunitario non è stabilito in modo definitivo ma si evolve e può essere incrementato in relazione ai nuovi studi in materia. L’art. 10 della direttiva 79/409/CEE prevede che gli Stati favoriscano le ricerche e i lavori necessari per la protezione, la gestione e l'utilizzazione della popolazione di tutte le specie di uccelli selvatici, con specifica attenzione alle materie dell’allegato 5. Tra queste ultime rientrano il “censimento e descrizione ecologica delle zone di particolare importanza per le specie migratrici durante le migrazioni, lo svernamento e la nidificazione” (punto b) e il “censimento dei dati sul livello di popolazione degli uccelli migratori” (punto c). Queste disposizioni possono essere messe in relazione con l’art. 14 della direttiva 79/409/CEE, il quale stabilisce che “gli Stati membri possono prendere misure di protezione più rigorose di quelle previste dalla presente direttiva”. È infine individuata dalla stessa direttiva 79/409/CEE (art. 15, 16 e 17) una procedura per introdurre a livello comunitario le modifiche conseguenti al progresso scientifico e tecnico attraverso la consulenza di un apposito comitato tecnico.


6. Al fine di consentire il raggiungimento degli obiettivi comunitari l’art. 1 comma 5 della legge 157/1992 affida alle regioni il compito di istituire lungo le rotte di migrazione dell'avifauna segnalate dall'Istituto nazionale per la fauna selvatica (INFS) specifiche zone di protezione finalizzate al mantenimento e alla sistemazione degli habitat naturali, sia di quelli interni a tali zone sia di quelli a esse limitrofi. In caso di inerzia è previsto l’intervento sostitutivo dello Stato. L’art. 21 comma 2 della legge 157/1992 ribadisce l’obbligo per le regioni di istituire le zone di protezione lungo le rotte di migrazione dell'avifauna, e il successivo comma 3 vieta la caccia su tutti i valichi montani interessati dalle rotte di migrazione per una distanza di mille metri dagli stessi. A livello regionale queste prescrizioni sono state tradotte nella LR 26/1993, la quale all’art. 1 comma 4 prevede la creazione di zone di protezione lungo le rotte di migrazione dell'avifauna segnalate dall’INFS, e all’art. 43 comma 3 vieta la caccia sui valichi montani interessati dalle rotte di migrazione per una distanza di mille metri dagli stessi. Quest’ultima norma precisa che i valichi sono individuati dalle province sentito l'INFS e devono essere indicati nei piani faunistico-venatori regionali e provinciali di cui ai precedenti art. 12 e 14 nonché nei calendari venatori.


7. Benché l’art. 1 comma 5 della legge 157/1992 fissi un termine di 4 mesi per l’individuazione da parte delle regioni delle zone di protezione lungo le rotte di migrazione, termine ribadito dall’art. 21 comma 2 della medesima legge, si deve ritenere che anche dopo la prima mappatura vi sia in ogni tempo l’obbligo di introdurre adeguamenti qualora vengano acquisiti nuovi dati scientifici dai quali emerga l’esigenza di estendere la protezione. Questa soluzione interpretativa è coerente con il principio di tutela efficace e tempestiva, che pur essendo stato approfondito dalla giurisprudenza comunitaria a proposito del prelievo venatorio in deroga (C.Giust. II Sez. 8.6.2006 C-60/05 WWF Italia punti 45, 46, 47) può essere applicato in ogni caso in cui gli obiettivi ambientali siano messi a rischio dal ritardo nell’intervento dell’autorità preposta alla regolazione.


8. Dopo la cancellazione del termine finale dei piani faunistico-venatori provinciali disposta dall’art. 14 comma 3 della LR 26/1993, come modificato dall’art. 1 comma 1 lett. c) della LR 8 agosto 2006 n. 19, l’efficacia delle previsioni ha durata illimitata “fino alla loro modifica secondo le esigenze”. Poiché i valichi protetti devono tuttora essere inseriti nei piani, mentre le ZPS non vi rientrano più dopo la modifica dell’art. 14 comma 3 lett. a) della LR 26/1993 introdotta dall’art. 5 comma 1 della LR 27 febbraio 2007 n. 5, si pone un problema di coordinamento normativo. In proposito occorre considerare che i valichi protetti sono assimilabili alle zone di protezione previste dalla direttiva 79/409/CEE, in quanto fanno parte dell’unitario disegno di tutela delle specie migratorie delineato dal diritto comunitario. Ne consegue che la durata illimitata dei piani faunistico-venatori provinciali non può risolversi in un limite all’introduzione di modifiche all’elenco dei valichi rese necessarie dall’acquisizione di nuovi dati scientifici. Come si è visto sopra al punto 7 la modifica deve intervenire tempestivamente per evitare che siano vanificate le protezioni garantite dalle direttive comunitarie.


9. I dati scientifici circa l’individuazione delle ZPS provengono dall’INFS, che per espressa previsione normativa (art. 1 comma 4 della LR 26/1993) ha competenza tecnica in materia. Lo stesso vale in base all’art. 43 comma 3 della LR 26/1993 per i valichi protetti. L’espressione “sentito l’INFS” contenuta in quest’ultima norma deve essere intesa, tenuto conto delle considerazioni svolte sopra al punto 8, non come la previsione di un parere acquisito su iniziativa provinciale ma, coerentemente con l’art. 1 comma 4 della stessa LR 26/1993, come l’obbligo delle province di individuare i valichi protetti adeguandosi alle indicazioni tecniche dell’INFS, siano esse richieste d’ufficio dall’amministrazione oppure indirizzate all’amministrazione nella forma della segnalazione. Rientrano quindi tra le “esigenze” che provocano l’obbligo di adeguare l’elenco dei valichi tutte le segnalazioni formulate dall’INFS o allo stesso riconducibili.


10. L’intervento dell’INFS non esaurisce peraltro la categoria delle cause di avvio della procedura di aggiornamento dei valichi. Secondo la giurisprudenza comunitaria l’individuazione delle zone di protezione non può essere affidata alle scelte discrezionali dell’amministrazione ma costituisce l’esito di accertamenti tecnici sulle caratteristiche oggettive del territorio, con la conseguenza che necessariamente “una zona determinata, qualora soddisfi i criteri per essere classificata ZPS, deve essere oggetto di misure di conservazione speciale idonee ad assicurare, in particolare, la sopravvivenza e la riproduzione delle specie di uccelli menzionate all'allegato I di tale direttiva” (C.Giust. VI Sez. 7.12.2000 C-374/98 Commissione/Francia punto 26). Tra i soggetti abilitati a proporre istanze di ampliamento delle zone di protezione o delle altre misure di tutela rientrano anche le associazioni ambientaliste riconosciute dagli Stati, a condizione che siano in grado di raccogliere dati scientifici seri e obiettivi (C.Giust. VI Sez. 7.12.2000 C-374/98 Commissione/Francia punti 23, 24, 29). D’altra parte le procedure amministrative fissate nelle norme interne non possono costituire un ostacolo al conseguimento degli obiettivi di tutela dell’avifauna individuati dal diritto comunitario, come si può desumere in via analogica dalla giurisprudenza intervenuta sul concetto di piccola quantità nel prelievo venatorio (C.Giust. II Sez. 8.6.2006 C-60/05 WWF Italia punti 28 e 29). Pertanto gli Stati o gli enti pubblici interni ai quali sia attribuita la competenza in materia non possono rifiutare il contributo scientificamente qualificato di soggetti che promuovono una migliore applicazione delle direttive comunitarie.


11. Passando ora al caso concreto occorre esaminare in primo luogo il problema della legittimazione della LAC a richiedere la modifica del piano faunistico-venatorio provinciale. Formalmente questa associazione dispone del necessario riconoscimento da parte dello Stato, in quanto ricade tra quelle individuate con decreto ministeriale ai sensi dell’art. 13 della legge 8 luglio 1986 n. 349 e conseguentemente in base al successivo art. 18 commi 4 e 5 ha acquisito il diritto di denunciare fatti lesivi di beni ambientali e di ricorrere anche nella sede giurisdizionale amministrativa contro atti illegittimi riguardanti valori ambientali.


12. Affinché la richiesta della LAC comporti l’obbligo della Provincia di attivarsi ex art. 2 della legge 7 agosto 1990 n. 241 è tuttavia necessario che le indicazioni fornite siano basate su studi scientifici attendibili, come si è precisato sopra ai punti 9 e 10. Anche sotto questo profilo la LAC dispone di requisiti sufficienti, in quanto ha sottoposto alla Provincia considerazioni tecniche accurate. La prima è una nota dell’INFS del 20 ottobre 2005 nella quale sono presi in considerazione due valichi (Colle S. Zeno e Giogo Maniva). Per quanto riguarda Colle S. Zeno l’INFS dichiara di non possedere specifiche informazioni ma relativamente a Giogo Maniva evidenzia che questo passo, dove è attiva dal 2000 una stazione di monitoraggio, è “indubbiamente di rilevanza per la migrazione nell’ambito della Provincia di Brescia”. Questa dichiarazione è idonea a imporre l’aggiornamento del piano faunistico-venatorio perché proviene dallo stesso organo tecnico a cui è riconosciuto il potere di individuare le zone di protezione e i valichi protetti. Anche gli altri due elementi forniti dalla LAC pur non essendo riconducibili direttamente all’INFS possono essere considerati rilevanti per l’individuazione delle rotte di migrazione. Il primo consiste nella DGR 7/15128 del 21 novembre 2003, con la quale la giunta regionale ha elaborato una proposta di modifica del piano faunistico-venatorio regionale individuando tra l’altro alcuni valichi di particolare importanza nel territorio della Provincia di Brescia. La proposta non ha avuto seguito, in quanto non è mai stata fatta propria dal consiglio regionale, ma l’analisi del territorio e i dati sulle migrazioni raccolti dagli uffici regionali costituiscono un punto di riferimento certamente significativo anche per la Provincia, che in questa materia può intervenire in forma autonoma e non per il mero recepimento del piano regionale. L’ulteriore elemento a sostegno della diffida della LAC è rappresentato dallo studio di alcuni docenti e ricercatori universitari pubblicato nel 2000 sulla rivista “The Ring”, che individua nel territorio provinciale 14 valichi interessati dalle rotte migratorie in una fascia di altezza compresa tra i 700 e i 2000 metri.


13. La documentazione tecnica e scientifica allegata dalla LAC rende irrilevante la circostanza che la Provincia si fosse già pronunciata negativamente nel 2001 su una diffida con cui la stessa LAC e altre associazioni ambientaliste avevano formulato un’analoga richiesta di adeguamento dell’elenco dei valichi. Come si è visto sopra al punto 5 la tutela riconosciuta dal diritto comunitario è strettamente conseguente agli sviluppi negli studi sugli uccelli migratori e sulle rotte di migrazione. L’approfondimento scientifico consente quindi di portare all’attenzione delle autorità sulla base di nuove evidenze anche situazioni già esaminate in precedenza. Per lo stesso motivo è irrilevante la mancata impugnazione del piano faunistico-venatorio provinciale approvato nel 1996.


14. Sulla base degli elementi forniti dalla LAC la Provincia era tenuta a iniziare il procedimento di revisione del piano (eventualmente sollecitando l’intervento di tutti i soggetti interessati in modo da acquisire ogni contributo disponibile ed evitare così di riaprire a distanza ravvicinata la procedura). La risposta dell’assessore non entra invece nel merito delle questioni tecniche poste dalla diffida e anzi introduce un argomento di discrezionalità amministrativa nella parte in cui accenna al rischio di un’eccessiva contrazione del prelievo venatorio nei territori al di sopra dei 600 metri. La prospettiva di una revisione del piano faunistico-venatorio è chiaramente esclusa in quanto sono considerate sufficienti le modifiche già introdotte. Questo atteggiamento negativo deve essere qualificato come silenzio rispetto a un’istanza qualificata e dunque appare corretta la proposizione di un ricorso ex art. 21 bis della legge 1034/1971. Si osserva peraltro che anche la domanda di annullamento proposta in via subordinata sarebbe accoglibile perché dal quadro normativo delineato sopra ai punti 5-7 emerge l’obbligo per l’amministrazione di decidere sulla tutela dell’avifauna solo dopo aver svolto un adeguato approfondimento istruttorio, cosa che nello specifico è mancata. Si osserva inoltre che in base all’art. 9 della direttiva 79/409/CEE la caccia, benché tollerata per piccole quantità di uccelli, non è un interesse che consenta di derogare all’obbligo di istituzione delle ZPS previsto dall’art. 4 della medesima direttiva.


15. La circostanza che sia stata proposta una doppia domanda non rende inammissibile il ricorso, in quanto la conversione del rito del silenzio in rito ordinario è ammessa dalla giurisprudenza (CS VI Sez. 27.10.2006 n. 6439). Del resto bisogna considerare che ora l’art. 2 comma 5 della legge 241/1990 (nel testo introdotto dall’art. 3 comma 6-bis del DL 14 marzo 2005 n. 35) consente al giudice amministrativo chiamato a pronunciarsi sul silenzio di conoscere anche della fondatezza dell’istanza, il che estende il petitum e la causa pretendi di queste azioni fino a farli coincidere con quelli dei ricorsi ordinari. Non vi sono quindi motivi per ritenere che l’azione sul silenzio e quella impugnatoria abbiano natura incompatibile e richiedano forme processuali separate.


16. In definitiva il ricorso deve essere dichiarato ammissibile e fondato. Poiché l’individuazione dei valichi protetti richiede valutazioni tecniche da eseguire in sede amministrativa la pronuncia si limita ad accertare il carattere ingiustificato del silenzio e l’obbligo della Provincia di avviare e concludere la procedura di revisione del piano faunistico-venatorio sulla base della documentazione prodotta dalla LAC. Per l’inizio della procedura è considerato congruo il termine di 30 giorni dalla comunicazione della presente sentenza. La conclusione deve intervenire prima dell’apertura della prossima stagione venatoria, salvi gli approfondimenti tecnici e scientifici strettamente necessari. La complessità di alcune questioni consente di compensare integralmente le spese di giudizio tra le parti.


P.Q.M.


il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia Sezione staccata di Brescia, definitivamente pronunciando, dichiara illegittimo il silenzio della Provincia e accerta l’obbligo di provvedere come precisato in motivazione.
Le spese sono integralmente compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.


Così deciso in Brescia nella camera di consiglio del giorno 14 giugno 2007 con l'intervento dei signori:
Roberto Scognamiglio, Presidente
Mauro Pedron, Referendario, Estensore
Stefano Tenca, Referendario

L'ESTENSORE

IL PRESIDENTE

IL SEGRETARIO

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 06/07/2007
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
IL DIRIGENTE

 


 

 AmbienteDiritto.it - Rivista giuridica - Electronic Law Review - Tutti i diritti sono riservati - Copyright © - AmbienteDiritto.it

Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006


 Vedi altre: SENTENZE PER ESTESO


Ritorna alle MASSIME della sentenza  -  Approfondisci con altre massime: GIURISPRUDENZA  -  Ricerca in: LEGISLAZIONE  -  Ricerca in: DOTTRINA

www.AmbienteDiritto.it