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TAR LOMBARDIA, Milano, Sez. I, 19 aprile 2007, sentenza n. 1913
 

INQUINAMENTO – RIFIUTI – Art. 17 D.Lgs. n. 22/97 – Inquinamento cagionato negli anni ’60 da una società successivamente estinta per incorporazione – Responsabilità - Individuazione. Il fenomeno della fusione per incorporazione di una società in un'altra determina una successione inter vivos a titolo universale per cui, ai sensi dell'art. 2504 bis c.c., la società incorporante acquista i diritti e gli obblighi di quella incorporata; in particolare, la successione nei rapporti attivi e passivi dei quali era titolare la società incorporata si verifica al momento dell'estinzione di quest'ultima ed è, a sua volta, contestualmente determinata dalla produzione degli effetti dell'atto di fusione. Con specifico riferimento agli obblighi di bonifica di cui all’art. 17 del d.lgs. n. 22/97, tuttavia, questi non possono considerarsi sussistenti in capo alla società, successivamente incorporata, che esercitava la propria attività in un periodo (nella specie, gli anni ’60) in cui non era stata ancora emanata la disciplina di cui al decreto Ronchi, né ne esisteva una analoga. La tesi della giurisprudenza che, riportandosi al concetto di reato permanente, afferma che la normativa di cui all’art. 17 cit. si applica a qualunque situazione di inquinamento in atto al momento dell'entrata in vigore del d.lgs. n. 22/97, indipendentemente dal momento in cui possa essere avvenuto il fatto generatore dell'attuale situazione patologica, può trovare applicazione a condizione che il soggetto che ha posto in essere la condotta all’epoca in cui non vigeva ancora il d.lgs. n. 22/97 sia lo stesso che opera al momento del verificarsi dell’inquinamento successivamente all’entrata in vigore di tale normativa, ma non quando l’inquinatore si è estinto, atteso che, altrimenti, si verrebbe arbitrariamente a scomporre la fattispecie dell’illecito, la cui porzione imputabile consisterebbe nel solo evento, che, isolatamente considerato, non può, invece, dar luogo ad alcuna responsabilità. D’altra parte, il principio dell’irretroattività, oltre ad essere sancito dall’art. 11 delle disposizioni preliminari al codice civile, che ammette deroghe solo per espresse previsioni tassative, ritrova piena vigenza nella materia in questione anche per la doverosa applicazione nel nostro ordinamento della direttiva n. 2004/35/CE sul danno ambientale, con la quale è stato dettagliatamente disciplinato il principio “chi inquina paga” e che, all’art. 17, dispone l’irretroattività delle disposizioni della direttiva medesima ed in particolare la non applicabilità delle stesse “al danno in relazione al quale sono passati più di 30 anni dall’emissione, evento o incidente che l’ha causato”. Pres. Piacentini, Est. Quadri – E. s.p.a. (avv.ti Ribolzi e Invernizzo) c. Comune di Melegnano (avv. Borasi), riunito ad altri ric. - T.A.R. LOMBARDIA, Milano, Sez. I – 19 aprile 2007, n. 1913

 

INQUINAMENTO - RIFIUTI - Attività ispettiva diretta alla verifica del rispetto dei limiti massimi di inquinamento - Contraddittorio con le parti interessate - Principio di diritto vivente - Imparzialità dell'azione amministrativa.  L’onere di effettuare gli accertamenti in contraddittorio con le parti interessate, anche nel caso di attività ispettiva o di vigilanza dirette alla verifica del rispetto dei limiti massimi di inquinamento previsti dalla normativa vigente, risponde ad evidenti ragioni di trasparenza e pubblicità, principi del diritto vivente cui l’amministrazione deve uniformarsi in ogni momento della propria azione, oltre che all'interesse pubblico all’imparzialità dell'azione amministrativa. Pres. Piacentini, Est. Quadri – E. s.p.a. (avv.ti Ribolzi e Invernizzo) c. Comune di Melegnano (avv. Borasi), riunito ad altri ric. - T.A.R. LOMBARDIA, Milano, Sez. I – 19 aprile 2007, n. 1913
 

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO


IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA LOMBARDIA

- PRIMA SEZIONE -

 

Sentenza n. 1913 depositata il 19.4.2007


ha pronunciato la seguente


SENTENZA


sul ricorso n. 704/2003 proposto da
EDISON S.P.A.,
rappresentata e difesa dagli avv.ti Cesare Ribolzi e Roberto Invernizzi ed elettivamente domiciliata presso il loro studio in Milano, via Ariosto n.30;


contro


COMUNE DI MELEGNANO,
costituitosi in giudizio, rappresentato e difeso dall’avv. Francesco Borasi ed elettivamente domiciliato presso il suo studio in Milano, via Visconti di Modrone n.6;


e nei confronti di


PROVINCIA DI MILANO,
non costituitasi in giudizio;


REGIONE LOMBARDIA,
costituitasi in giudizio, rappresentata e difesa dall’avv. Marco Cederle ed elettivamente domiciliata presso la sede dell’avvocatura regionale in Milano, via F. Filzi n. 22;


AGENZIA REGIONALE PROTEZIONE AMBIENTE LOMBARDIA-ARPA,
non costituitasi in giudizio;


A.S.L. PROVINCIA MILANO 2,
non costituitasi in giudizio;


MERCURI VITTORIO,
non costituitosi in giudizio;


COMUNE DI CERRO AL LAMBRO,
non costituitosi in giudizio;


per l’annullamento
della nota del comune di Melegnano 13 gennaio 2003, prot. U.T. 124 Tc/IB/aam, che diffida Edison a “provvedere ai sensi dell’art. 17, comma 2, del d.lgs. 22/97, agli interventi di messa in sicurezza, bonifica e ripristino ambientale delle aree inquinate”; dei pareri della conferenza di servizi e del verbale conclusivo; delle risultanze delle indagini svolte dalla provincia e dagli altri enti territoriali competenti; della relazione dell’A.R.P.A. del 15.4.2002; delle indagini preliminari svolte dallo Studio Reich S.a.s. di Milano nell’ottobre 2002; del piano di indagine sulla falda, nonché di ogni ulteriore provvedimento presupposto, connesso e/o consequenziale; e per il risarcimento dei danni subiti;
con ricorsi per motivi aggiunti, per l’annullamento, oltre che dei suddetti atti, della nota prot. n. 1370 del 12.5.2004, del decreto sindacale n. 97 del 6.5.2004; dei decreti del dirigente dell’unità organizzativa gestione rifiuti della regione Lombardia n. 22652 del 19.12.2003 e n. 22762 del 22.12.2003; della relazione ARPA prot. n. 56581 del 29.4.2004; della nota comunale prot. U.T. 3855 del 30.12.2004, della nota regionale prot. Q.1.2004.00.04626 del 6.2.2004 e dell’allegata sintesi dell’incontro del gruppo di lavoro; del verbale della conferenza di servizi dell’11.10.2004; della nota regionale prot. Q1.2004.0019298 del 25.5.2004 e dell’allegata sintesi dell’incontro del gruppo di lavoro; della nota provinciale prot. 136608/5795/01 del 14.7.2004; dell’ordinanza sindacale n. 278 del 25.11.2004; della nota dello Studio Reich prot. 328/01.4 del 2.4.2004; del piano di caratterizzazione ambientale del 9.6.2004, unitamente all’integrazione dell’11.1.2005; del rapporto conclusivo del 23.9.2004; dell’ordinanza del sindaco di Melegnano 20.4.2005, n. 96; dell’ordine comunale n. 242 del 10.11.2005, prot. 3235; dell’atto comunale del 10.11.2005, prot. 3236, nella parte in cui annulla solo per incompetenza l’ordinanza n. 96 del 20.4.2005;


sul ricorso n. 2821/2005 proposto da
EDISON S.P.A.,
rappresentata e difesa dagli avv.ti Cesare Ribolzi e Roberto Invernizzi ed elettivamente domiciliata presso il loro studio in Milano, via Ariosto n.30;


contro


COMUNE DI CERRO AL LAMBRO,
costituitosi in giudizio, rappresentato e difeso dall’avv. Caterina Solimini ed elettivamente domiciliato presso il suo studio in Milano, viale Regina Margherita n.43;


e nei confronti di
COMUNE DI MELEGNANO,
non costituitosi in giudizio;


PROVINCIA DI MILANO,
non costituitasi in giudizio;


REGIONE LOMBARDIA,
costituitasi in giudizio, rappresentata e difesa dall’avv. Marco Cederle ed elettivamente domiciliata presso la sede dell’avvocatura regionale in Milano, via F. Filzi n. 22;


AGENZIA REGIONALE PROTEZIONE AMBIENTE LOMBARDIA-ARPA,
non costituitasi in giudizio;


A.S.L. PROVINCIA MILANO 2,
non costituitasi in giudizio;


BONESCHI NATALE,
non costituitosi in giudizio;


LICHELLI CESARE,
non costituitosi in giudizio;


per l’annullamento
dell’ordinanza del Sindaco del comune di Cerro al Lambro in data 13 giugno 2005, n. 8/05, nonché di ogni altro atto presupposto, con particolare riferimento alla nota dell’ARPA del 18.4.2002 – prot. n. 3689 del 24.4.2002 - ; il decreto regionale 19.12.2003, n. 022652; la nota prot. n. 9461 del 7.11.2003; i verbali degli incontri tenutisi presso gli uffici regionali l’8.1.2002 e il 22.5.2003; la nota del consorzio vigilanza igiene e profilassi di Melegnano ed uniti del 17.11.1978; l’indagine del consorzio sanitario di zona del 22.11.1978; e per il risarcimento dei danni subiti;
con ricorso per motivi aggiunti, per l’annullamento, oltre che dei suddetti atti, dell’ordine comunale 22.2.2006, n. 1 ed atti connessi;


sul ricorso n. 245/2006 proposto da
EDISON S.P.A.,
rappresentata e difesa dagli avv.ti Cesare Ribolzi e Roberto Invernizzi ed elettivamente domiciliata presso il loro studio in Milano, via Ariosto n.30;


contro


COMUNE DI MELEGNANO,
non costituitosi in giudizio;


e nei confronti di


PROVINCIA DI MILANO,
non costituitasi in giudizio;


REGIONE LOMBARDIA,
costituitasi in giudizio, rappresentata e difesa dall’avv. Marco Cederle ed elettivamente domiciliata presso la sede dell’avvocatura regionale in Milano, via F. Filzi n. 22;


AGENZIA REGIONALE PROTEZIONE AMBIENTE LOMBARDIA-ARPA,
non costituitasi in giudizio;


A.S.L. PROVINCIA MILANO 2,
non costituitasi in giudizio;


COMUNE DI CERRO AL LAMBRO,
non costituitosi in giudizio;


MERCURI VITTORIO,
non costituitosi in giudizio;


per l’annullamento
dell’ordinanza del comune di Melegnano in data 10 novembre 2005, n. 242, nonché di ogni altro atto presupposto.


Visti i ricorsi con i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio della regione Lombardia e dei comuni intimati;
Visti i ricorsi per motivi aggiunti;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti gli atti tutti delle cause;
Udito il primo ref. Elena Quadri, designato relatore per l’udienza del 22.11.2006;
Uditi i difensori delle parti;


Ritenuto in fatto ed in diritto quanto segue:


FATTO


Con i gravami all’esame la società ricorrente impugna i provvedimenti indicati in epigrafe, con i quali è stata diffidata dalle amministrazioni comunali intimate alla bonifica del sito gravemente inquinato sino agli anni ‘60 dall’Industria Chimica Saronio S.p.A., ricadente in parte nel comune di Melegnano ed in parte in quello di Cerro al Lambro, nonchè le è stata ordinata la redazione di un piano di caratterizzazione, il tutto nella qualità di successore a titolo universale della società responsabile dell’inquinamento.


A sostegno del primo gravame (n. 704/2003) la ricorrente deduce i seguenti motivi di diritto:


1. Violazione di legge ed eccesso di potere; travisamento dei presupposti di fatto e di diritto; falsa applicazione e violazione degli artt. 17 del d.lgs. n. 22/97, del d.m. n. 471/99, delle LL.RR. n. 62/85 e 94/80, della legge n. 349/86; violazione dell’art. 11 delle preleggi; sviamento, atteso che la ricorrente, per il principio generale dell’irretroattività della legge, vigente nell’intero ambito comunitario, non potrebbe essere ritenuta responsabile ai sensi della normativa succitata per condotte poste in essere prima dell’entrata in vigore di tale normativa.


2. Violazione di legge ed eccesso di potere; travisamento dei presupposti di fatto e di diritto; difetto di istruttoria; falsa applicazione e violazione degli artt. 17 del d.lgs. n. 22/97 e 8 del d.m. n. 471/99, delle LL.RR. n. 62/85 e 94/80, della legge n. 241/90, della legge n. 349/86; sviamento; carenza di istruttoria e di motivazione, in quanto dall’esame degli atti impugnati non si evincerebbe né il superamento dei limiti di inquinamento previsti ai sensi del d.m. 471/99, né il nesso di causalità che permetta l’imputazione alla ricorrente di tale superamento.


3. Violazione di legge ed eccesso di potere; travisamento dei presupposti di fatto e di diritto; falsa applicazione e violazione degli artt. 17 del d.lgs. n. 22/97, 8 del d.m. n. 471/99, delle LL.RR. n. 62/85 e 94/80, della legge n. 241/90, della legge n. 349/86; sviamento, atteso che la ricorrente non sarebbe responsabile del presunto inquinamento, né proprietaria dell’area in questione.


4. Violazione di legge ed eccesso di potere; travisamento dei presupposti di fatto e di diritto; falsa applicazione e violazione degli artt. 17 del d.lgs. n. 22/97, 8 del d.m. n. 471/99, della L.R. n. 62/85 e dell’art. 31 bis della L.R. 94/80, della legge n. 241/90, della legge n. 349/86; sviamento, in quanto le operazioni di bonifica potrebbero essere esperite solo da chi abbia la concreta disponibilità dell’area, circostanza che non si verificherebbe in capo alla ricorrente.


5. Violazione di legge ed eccesso di potere; travisamento dei presupposti di fatto e di diritto; violazione dell’art. 7 della legge 7.8.1990, n. 241; sviamento; manifesta ingiustizia; irragionevolezza, atteso che non sarebbe stata data alcuna comunicazione di avvio del procedimento alla ricorrente, impedendole di parteciparvi attivamente.


6. Violazione di legge ed eccesso di potere; travisamento dei presupposti di fatto e di diritto; falsa applicazione e violazione degli artt. 17 del d.lgs. n. 22/97, del d.m. n. 471/99, delle L.L.R.R. n. 62/85 e 94/80, della legge n. 241/90, della legge n. 349/86; sviamento, atteso che l’amministrazione avrebbe imputato erroneamente alla ricorrente responsabilità sia ai sensi dell’art. 17 che ai sensi dell’art. 18 del d.lgs. 22/97, senza che ne sussistessero i presupposti.


7. Violazione di legge ed eccesso di potere; irragionevolezza, manifesta ingiustizia, ulteriori profili di travisamento e violazione degli artt. 1 della legge n. 241/90 e 17 del d.lgs. n. 22/97, del d.m. n. 471/99, delle L.L.R.R. n. 62/85 e 94/80, in quanto l’amministrazione avrebbe ordinato illegittimamente il compimento contestuale di tre diverse attività – messa in sicurezza d’emergenza, bonifica e ripristino ambientale - che invece presupporrebbero differenti tempi e modi di intervento.


8. Violazione di legge ed eccesso di potere; falsa applicazione e violazione dell’art. 107 del d.lgs. n. 267/2000; dell’art. 17 del d.lgs. n. 22/97, del d.m. n. 471/99, delle L.L.R.R. n. 62/85 e 94/80, della legge n. 241/90 e della legge n. 349/86; incompetenza, atteso che l’atto impugnato in via principale sarebbe di competenza regionale, data l’estensione sovracomunale del presunto stato di compromissione dell’area e comunque sarebbe stato adottato illegittimamente dal sindaco e non dal dirigente responsabile del settore.


La ricorrente ha formulato, altresì, generica istanza di risarcimento del danno subito.


Con successivi ricorsi per motivi aggiunti la ricorrente ha dedotto diversi profili di violazione di legge e di eccesso di potere, fra i quali:


1. la contraddittorietà intrinseca dell’operato dell’amministrazione, che avrebbe emesso l’ordine di bonifica nonostante avesse riconosciuto che la situazione di emergenza sanitaria era stata già risolta;
2. avrebbe sovvertito l’ordine procedimentale emanando l’ordinanza prima di accertare l’effettiva compromissione dell’area;
3. avrebbe illogicamente consentito insediamenti di tipo residenziale e persino la realizzazione di un parco pubblico sulle aree ora ritenute potenzialmente inquinate;
4. avrebbe omesso di considerare la potenziale influenza di altri operatori economici sull’inquinamento in questione;
5. avrebbe omesso la dovuta istruttoria;
6. in relazione ai campionamenti, avrebbe omesso di comunicare alla ricorrente l’avviso del giorno, dell’ora e del luogo ove gli stessi sarebbero stati effettuati, dovendosi applicare alla fattispecie l’art. 223 c.p.p..


Si è costituito il comune di Melegnano, eccependo in via preliminare l’inammissibilità del gravame per carenza di interesse – essendo stata impugnata in via principale una mera diffida o comunicazione di avvio di procedimento – e chiedendo la reiezione del gravame per infondatezza nel merito.


Si è costituita l’amministrazione regionale, che ha chiesto la reiezione del gravame per infondatezza nel merito.


A sostegno del secondo gravame (n.2821/2005), proposto avverso l’ordinanza del Sindaco del comune di Cerro al Lambro del 13 giugno 2005, n. 8/05, la ricorrente deduce i seguenti motivi di diritto:
1. Violazione di legge ed eccesso di potere; travisamento dei presupposti di fatto e di diritto; falsa applicazione e violazione degli artt. 17 del d.lgs. n. 22/97, del d.m. n. 471/99, delle LL.RR. n. 62/85 e 94/80, della legge n. 349/86; dell’art. 11 delle preleggi; della direttiva 2004/35/CE; della legge n. 241/90; degli artt. 3, 41 e 97 della Costituzione; sviamento, atteso che la ricorrente, per il principio generale dell’irretroattività della legge, vigente nell’intero ambito comunitario, non potrebbe essere ritenuta responsabile ai sensi della normativa succitata per condotte poste in essere prima dell’entrata in vigore di tale normativa.


2. Violazione di legge ed eccesso di potere; violazione del d.lgs. n. 22/97, del d.m. n. 471/99, delle LL.RR. n. 62/85 e 94/80, della legge n. 349/86; della direttiva 2004/35/CE; dell’art. 174, c. 2, del Trattato CE; della legge n. 241/90; degli artt. 3 e 97 Cost.; plurimi profili di difetto di istruttoria; eccesso di potere per manifesta ingiustizia, in quanto il provvedimento impugnato si fonderebbe su atti istruttori insufficienti ad individuare il responsabile dell’inquinamento.


3. Violazione di legge ed eccesso di potere; violazione del d.lgs. n. 22/97, del d.m. n. 471/99, delle LL.RR. n. 62/85 e 94/80, della legge n. 349/86; della direttiva 2004/35/CE; dell’art. 174, c. 2, del Trattato CE; della legge n. 241/90; degli artt. 3 e 97 Cost.; plurimi profili di difetto di istruttoria; eccesso di potere per manifesta ingiustizia e intrinseca contraddittorietà, atteso che il comune avrebbe compiuto un’indagine priva di approfondimento per l’individuazione del responsabile dell’inquinamento, dopo aver, oltretutto, consentito insediamenti di tipo residenziale e persino la realizzazione di un parco pubblico sulle aree ora ritenute potenzialmente inquinate;


4. Violazione di legge ed eccesso di potere; violazione del d.lgs. n. 22/97, del d.m. n. 471/99, delle LL.RR. n. 62/85 e 94/80, della legge n. 349/86; della direttiva 2004/35/CE; dell’art. 174, c. 2, del Trattato CE; della legge n. 241/90; degli artt. 3 e 97 Cost.; plurimi profili di difetto di istruttoria; eccesso di potere per manifesta ingiustizia, in quanto l’amministrazione avrebbe omesso di considerare la contaminazione di aree poste a monte di quella dove operava la Saronio e, dunque, la possibile responsabilità di altri soggetti per la contaminazione medesima.


5. Violazione di legge ed eccesso di potere; violazione del d.lgs. n. 22/97, del d.m. n. 471/99, delle LL.RR. n. 62/85 e 94/80, della legge n. 349/86; della direttiva 2004/35/CE; dell’art. 174, c. 2, del Trattato CE; della legge n. 241/90; degli artt. 3 e 97 Cost.; plurimi profili di difetto di istruttoria; eccesso di potere per manifesta ingiustizia, atteso che la ricorrente sarebbe estranea al presunto inquinamento.


6. Violazione di legge ed eccesso di potere; violazione del d.lgs. n. 22/97, del d.m. n. 471/99, delle LL.RR. n. 62/85 e 94/80, della legge n. 349/86; della direttiva 2004/35/CE; dell’art. 174, c. 2, del Trattato CE; della legge n. 241/90; degli artt. 3 e 97 Cost.; eccesso di potere per manifesta ingiustizia, carenza di istruttoria, disparità di trattamento, violazione dei principi di trasparenza e pubblicità, perché l’amministrazione, in relazione ai campionamenti, avrebbe omesso di comunicare alla ricorrente l’avviso del giorno, dell’ora e del luogo ove gli stessi sarebbero stati effettuati, ai sensi dell’art. 223 del c.p.p..


7. Violazione di legge ed eccesso di potere; violazione del d.lgs. n. 22/97, del d.m. n. 471/99, delle LL.RR. n. 62/85 e 94/80, della legge n. 349/86; della direttiva 2004/35/CE; dell’art. 174, c. 2, del Trattato CE; della legge n. 241/90; degli artt. 3 e 97 Cost.; eccesso di potere per manifesta ingiustizia e per sviamento, atteso che l’amministrazione non avrebbe potuto emanare il provvedimento relativo alla sola redazione del piano di caratterizzazione.


8. Incompetenza ed eccesso di potere per intrinseca contraddittorietà, perché l’amministrazione avrebbe ordinato di presentare al comune il piano di caratterizzazione dell’area in questione, di portata sovracomunale, che avrebbe, invece, dovuto essere presentato alla regione.


9. Incompetenza, atteso che il provvedimento impugnato sarebbe stato emesso dal sindaco e non dal dirigente responsabile del settore.


10. L’amministrazione avrebbe errato ordinando la redazione del piano di caratterizzazione alla ricorrente, che non avrebbe la disponibilità dell’area.


11. L’amministrazione avrebbe emesso la comunicazione dell’avvio del procedimento solo nel dicembre 2003, quando il procedimento era stato già avviato da tempo, come si evincerebbe dagli atti istruttori richiamati nel provvedimento impugnato, impedendone la partecipazione alla ricorrente medesima.


12. Contraddittorietà intrinseca dell’operato dell’amministrazione, che avrebbe emesso l’ordine nonostante avesse riconosciuto che la situazione di emergenza sanitaria era stata già risolta.


13. Difetto di istruttoria in relazione alla mancata considerazione della possibilità di inquinamento delle aree derivante dalle opere di bonifica e messa in sicurezza poste in essere senza impermeabilizzazioni da parte di soggetti terzi fino agli anni ’90.


14. L’amministrazione avrebbe emesso l’ordine prima di accertare l’effettiva compromissione dell’area ed il soggetto responsabile della stessa.


15. L’amministrazione illogicamente avrebbe consentito insediamenti di tipo residenziale e consentito la realizzazione di un parco pubblico su aree ora ritenute potenzialmente inquinate.


16. L’amministrazione avrebbe omesso di considerare le osservazioni espresse dalla ricorrente nelle memorie istruttorie depositate nell’ambito del procedimento.


La ricorrente ha formulato, altresì, generica istanza di risarcimento del danno subito.


Con successivo ricorso per motivi aggiunti la ricorrente ha dedotto gli stessi motivi avverso il successivo provvedimento del febbraio 2006, riadottato dal comune in seguito all’annullamento in via di autotutela di quello impugnato con il ricorso principale.


Si sono costituiti il comune di Cerro al Lambro e l’amministrazione regionale, che hanno chiesto la reiezione del gravame per infondatezza nel merito.


A sostegno del terzo gravame (n.245/2006), proposto avverso l’ordinanza del comune di Melegnano in data 10 novembre 2005, n. 242, la ricorrente deduce, sostanzialmente, gli stessi motivi di gravame dedotti nei precedenti giudizi.


Si sono costituiti il comune di Melegnano e l’amministrazione regionale, chiedendo la reiezione del gravame per infondatezza nel merito.


Successivamente le parti hanno presentato memorie a conferma delle rispettive conclusioni.


Con ordinanza n. 91/2006 la sezione ha disposto la riunione dei tre ricorsi, ordinando adempimenti istruttori.


Alla pubblica udienza del 22.11.2006, i gravami sono stati, quindi, trattenuti per la decisione.


DIRITTO


I ricorsi all’esame sono stati proposti, sostanzialmente, avverso provvedimenti afferenti la bonifica e la redazione del piano di caratterizzazione del sito ove svolgeva la propria attività l’Industria Chimica Saronio S.p.a.- che ha cessato di operare sin dagli anni ’60 – che sono stati adottati dai comuni di Melegnano e di Cerro al Lambro sulla base di indagini istruttorie esperite dall’A.R.P.A. e da altri soggetti a seguito delle quali sarebbe emerso un rilevante quantitativo di ammine aromatiche, agenti inquinanti potenzialmente cancerogeni.


Tali provvedimenti sono stati emessi ai sensi dell’art. 17 del d.lgs. n. 22/97 nei confronti della Edison S.p.a., odierna ricorrente, ritenuta responsabile dell’inquinamento a titolo di successore universale della Saronio.


La ricorrente, mediante la proposizione di numerose censure che si ripetono nella redazione dei tre ricorsi, si duole, sostanzialmente:


1. Dell’errata applicazione della normativa invocata dall’amministrazione a sostegno dei provvedimenti adottati – art. 17 del d.lgs. n. 22/97 e del d.m. n. 471/99 – atteso che, all’epoca della commissione dei comportamenti che avrebbero dato luogo all’assunto inquinamento, tale normativa non era ancora vigente. L’attività dell’Industria Chimica Saronio, cui è stato imputato l’inquinamento, sarebbe, infatti, pacificamente cessata sin dalla seconda metà degli anni ’60, né potrebbe estendersi retroattivamente l’applicazione della normativa invocata a tale attività, sia per il principio sancito in via generale dall’art. 11 delle disposizioni preliminari al codice civile – che ammette deroghe solo per espresse previsioni tassative - che per la doverosa applicazione anche nel nostro ordinamento della direttiva comunitaria sul danno ambientale – la n. 2004/35/CE –, con la quale è stato dettagliatamente disciplinato il principio “chi inquina paga” e che, all’art. 17, dispone l’irretroattività delle disposizioni della direttiva medesima.


2. Dell’errata individuazione della Edison S.p.a. quale responsabile dell’inquinamento a titolo di successore universale di Industrie Chimiche Saronio S.p.a. a seguito di molteplici atti di fusione e trasformazione societaria, in quanto tale circostanza non risulterebbe veritiera. Inoltre, in nessun caso nel patrimonio del successore a titolo universale potrebbero essere ricompresi obblighi che non sussistevano in quello del dante causa – nella specie, le obbligazioni di bonifica, ripristino e messa in sicurezza dei siti inquinati sorte a carico dell’inquinatore a titolo di responsabilità oggettiva solo in seguito all’entrata in vigore del d.lgs. n. 22/97 e del d.m. n. 471/99, non sussistendo una normativa analoga all’epoca nella quale operava la Saronio -.


3. Della carente attività istruttoria posta in essere dall’amministrazione, sia in merito alle insufficienti risultanze degli accertamenti – che non avrebbero evidenziato il superamento dei limiti massimi consentiti dal d.m. n. 471/99 - che in relazione all’individuazione del responsabile dell’inquinamento.


4. Della mancata partecipazione della ricorrente alle attività istruttorie e soprattutto a quelle di campionamento, dovuta all’omessa comunicazione dell’avvio delle stesse da parte dell’amministrazione.


Per la difesa delle amministrazioni intimate, al contrario, le doglianze formulate sarebbero del tutto inconferenti, attesa la piena legittimità dell’operato delle amministrazioni comunali a fronte di un grave fenomeno di inquinamento come quello di specie che persiste tutt’ora, posto in evidenza da un’accurata istruttoria alla quale la ricorrente è stata messa in grado di partecipare e del quale potrebbe rispondere solo la ricorrente medesima, nella sua qualità di successore a titolo universale della Saronio.


In via preliminare devono essere dichiarati inammissibili il ricorso principale n. 704/03 ed i motivi aggiunti notificati il 18.4.2003, perché aventi ad oggetto atti endoprocedimentali, per i quali non sussiste alcun interesse concreto ed attuale della società ricorrente all’impugnazione, non avendo provocato alcuna lesione della sua sfera giuridica. Si tratta infatti dell’impugnazione di una nota del comune di Melegnano che si sostanzia in una mera comunicazione di avvio del procedimento, superata, peraltro, dall’emanazione delle successive ordinanze comunali oggetto di impugnazione con gli ulteriori motivi aggiunti, della relazione dell’Arpa, dei pareri e dei verbali redatti nel corso di conferenze di servizi non decisorie e di altri atti endoprocedimentali, che non sono impugnabili autonomamente se non quando producano una immediata lesività che va accertata con riferimento al concreto ed attuale pregiudizio che l'atto arreca all'interesse sostanziale dedotto in giudizio e non già con riguardo alla possibile futura incidenza dell'atto sulla sfera giuridica del ricorrente. Ne deriva l’inammissibilità dell’ impugnazione proposta avverso tali atti, privi di reale efficacia lesiva (cfr T.A.R. Lombardia, sez. II, 7.4.2005, n. 754; T.A.R. Campania, sez. I, 6 dicembre 2002, n. 7855).
Parimenti inammissibili per carenza di interesse devono ritenersi gli ulteriori motivi aggiunti – sempre nel ricorso n. 704/03 - notificati il 26.5.2005, perché aventi ad oggetto l’ordinanza del sindaco di Melegnano n. 96 del 20.4.2005 che è stata revocata in via di autotutela dall’amministrazione comunale con provvedimento prot. n. 3236 del 10.11.2005, così come il ricorso principale n. 2821/05, proposto avverso l’ordinanza del sindaco di Cerro al Lambro del 13 giugno 2005, n. 8/05, che è stata revocata in via di autotutela dall’amministrazione comunale con ordinanza n. 3 del 21.2.2006.
Gli ulteriori motivi aggiunti, sia quelli proposti nel ricorso n. 704/03, notificati l’8.7.2004, il 30.7.2004, il 9.2.2005, il 25.2.2005 e il 14.12.2005, che quelli proposti nel ricorso n. 2821/05, notificati il 29.3.2006, presentati avverso atti di rilevanza esterna a contenuto provvedimentale, possono essere considerati come autonomo ricorso.
La giurisprudenza è, infatti, costante nel ritenere che, in base al principio di conservazione degli atti giuridici, i motivi aggiunti ritualmente notificati alla controparte siano equivalenti al ricorso principale (cfr. per tutte Cons. Stato, sez. V, 16 ottobre 2001, n. 5471). A seguito della declaratoria di inammissibilità del ricorso introduttivo del giudizio, dunque, i motivi aggiunti, che, nel sistema delineato dalla legge n. 205/2000 costituiscono un nuovo ricorso, accessorio nella forma, ma autonomo nella sostanza (cfr. Cons. Stato, 6 luglio 2002, n. 3717; T.A.R. Emilia Romagna Bologna, 28 maggio 2003, n. 657; T.A.R. Lombardia, sez. II, 7.4.2005, n. 754) devono essere considerati, a tutti gli effetti, autonomo ricorso principale.
Pure inammissibile deve dichiararsi il terzo ricorso (n. 245/06) per il principio del ne bis in idem, perché avente ad oggetto un provvedimento – l’ordinanza del comune di Melegnano in data 10 novembre 2005, n. 242 - che era stata già impugnato dal ricorrente con i motivi aggiunti al primo ricorso (n. 704/03) notificati il 14.12.2005, adducendo, peraltro, le medesime censure.


Passando, quindi, all’esame del merito dei ricorsi non dichiarati inammissibili, con gli stessi la società ricorrente si duole, innanzitutto, dell’errata applicazione della normativa invocata dall’amministrazione a sostegno dei provvedimenti adottati – art. 17 del d.lgs. n. 22/97 e del d.m. n. 471/99 – in considerazione dell’irretroattività della stessa, assumendo, inoltre, la propria estraneità rispetto al fenomeno di inquinamento imputatole dall’amministrazione.


In proposito il collegio osserva innanzitutto che, dalla documentazione versata in atti, emerge inequivocabilmente la qualità di successore a titolo universale della ricorrente rispetto alla Saronio in virtù di successivi atti societari di fusione e di trasformazione. E infatti:
1) Industria Chimica Saronio S.p.a. è stata fusa per incorporazione in Acna S.p.a. con atto Repertorio n. 52355 e Raccolta n. 20097 redatto in data 5 settembre 1963 dal notaio Guasti di Milano;
2) Acna S.p.a. è stata fusa per incorporazione in Montedipe S.p.a. con atto Repertorio n. 36029 e Raccolta n. 5787 redatto in data 30 dicembre 1987 dal notaio Casali di Milano;
3) Montedipe S.p.a. ha variato la propria denominazione in Compart S.p.a. con verbale di assemblea straordinaria Repertorio n. 39218 e Raccolta n. 2336 redatto in data 8 settembre 1989 dal notaio De Vincenzo di Milano;
4) Compart S.p.a. ha variato la propria denominazione in Montecatini S.p.a. con verbale di assemblea straordinaria Repertorio n. 51640 e Raccolta n. 7484 redatto in data 31 gennaio 1991 dal notaio Casali di Milano;
5) Montecatini S.p.a. è stata fusa per incorporazione in Edison S.p.a. con atto Repertorio n. 17727 e Raccolta n. 5409 redatto in data 25 novembre 2003 dal notaio Marchetti di Milano.


E’ noto, infatti, che il fenomeno della fusione per incorporazione di una società in un'altra determini una successione inter vivos a titolo universale per cui, ai sensi dell'art. 2504 bis c.c., la società incorporante acquista i diritti e gli obblighi di quella incorporata; in particolare, la successione nei rapporti attivi e passivi dei quali era titolare la società incorporata si verifica al momento dell'estinzione di quest'ultima ed è, a sua volta, contestualmente determinata dalla produzione degli effetti dell'atto di fusione.
Deve, però, parimenti osservarsi che, nella fattispecie in questione, le obbligazioni di bonifica del sito ove esercitava la propria attività la società Saronio fino agli anni ‘60 risultanti dall’applicazione dell’art. 17 del d.lgs. 5 febbraio 1997, n. 22 nei confronti dell’inquinatore non potevano configurarsi come sussistenti in alcun modo nel patrimonio della Saronio medesima, non essendo ancora stata emanata la relativa disciplina normativa, né sussistendone una analoga. Tale assunto risulta, del resto, confermato dal fatto che solo nel 2003 le amministrazioni intimate hanno emesso il primo atto che in qualche modo parla di responsabilità ai sensi dell’art. 17 succitato.
Si ritiene, inoltre, che nella fattispecie all’esame non possa fornire alcun ausilio quella giurisprudenza che, riportandosi al concetto di reato permanente, afferma che la normativa di cui al c.d. decreto Ronchi si applica a qualunque situazione di inquinamento in atto al momento dell'entrata in vigore del decreto legislativo, indipendentemente dal momento in cui possa essere avvenuto il fatto o i fatti generatori dell'attuale situazione patologica, dando luogo l'inquinamento ad una situazione di illecito a carattere permanente formata sia dalla condotta che dall’evento che perdura fino a che non ne vengano rimosse le cause ed i parametri ambientali alterati siano riportati entro i limiti normativamente ritenuti accettabili.
Tale tesi, infatti, a parere del collegio, può ritenersi valida a condizione che il soggetto che ha posto in essere la condotta all’epoca in cui non vigeva ancora il d.lgs. n. 22/97 sia lo stesso che opera al momento del verificarsi dell’inquinamento successivamente all’entrata in vigore di tale normativa, ma non, come nella fattispecie in questione, nella quale l’inquinatore si è estinto, atteso che, ragionando in questo senso, si verrebbe arbitrariamente a scomporre la fattispecie dell’illecito, la cui porzione imputabile consisterebbe nel solo evento, che, isolatamente considerato, non può, invece, dar luogo ad alcuna responsabilità.
La società Edison, infatti, non è il soggetto che ha posto in essere la condotta inquinante e non ne può, dunque, rispondere, neanche a titolo di responsabilità oggettiva, che presuppone, comunque, il compimento della condotta, anche se in assenza dell’elemento soggettivo del dolo o della colpa.
E’ stato, inoltre, affermato in giurisprudenza - in una fattispecie diversa da quella in questione ma analogamente ritenuta dall’amministrazione assoggettabile alla disciplina del decreto Ronchi - che anche a voler ritenere assimilabile l’attività di trasporto dei rifiuti a soggetto, risultato, poi, in posizione irregolare quanto alle necessarie autorizzazioni, a quella di abbandono dei rifiuti stessi (che è la fattispecie specificamente disciplinata dall’art. 14 del d. l.vo n. 22/1997), il fatto generatore della responsabilità configurata da tale norma si era verificato ed esaurito ben prima della sua entrata in vigore, onde l’imposizione dell’obbligo solidale di rimozione dei rifiuti e bonifica del sito in applicazione di questa, ha violato, nei confronti della ricorrente in primo grado, il principio di irretroattività della legge, sancito dall’art. 11 delle disposizioni preliminari al codice civile, derogabile (ove consentito) solo in presenza di espressa previsione del legislatore, che, nella specie, manca (Cons. Stato, sez. VI, n. 709/2004).
Inoltre, il principio dell’irretroattività, come asserito da autorevole dottrina, oltre ad essere sancito dall’art. 11 delle disposizioni preliminari al codice civile, che ammette deroghe solo per espresse previsioni tassative, ritrova piena vigenza nella materia in questione anche per la doverosa applicazione nel nostro ordinamento della direttiva comunitaria sul danno ambientale – la n. 2004/35/CE –, con la quale è stato dettagliatamente disciplinato il principio “chi inquina paga” e che, all’art. 17, dispone l’irretroattività delle disposizioni della direttiva medesima ed in particolare la non applicabilità delle stesse “al danno in relazione al quale sono passati più di 30 anni dall’emissione, evento o incidente che l’ha causato”.


Le censure succitate devono, dunque, ritenersi fondate.


Riguardo, poi, all’assunta carenza di istruttoria procedimentale, deve, innanzitutto precisarsi che dai motivi di gravame traspare con evidenza la contestazione in merito al superamento dei limiti massimi di inquinamento previsti dalla normativa vigente, nonché al nesso di causalità che legherebbe tale supposto inquinamento alla responsabilità della ricorrente mediante l’imputazione alla Saronio – nei ricorsi si parla, infatti, di omesso accertamento della potenziale influenza di altri operatori economici sull’inquinamento in questione, censura supportata anche dal pacifico rilevamento di campioni inquinati in area estranea dall’influenza della Saronio e posta a monte della stessa. Di conseguenza, indipendentemente dalla fondatezza o meno di tali censure ma contrariamente a quanto assunto dalle difese avversarie, il collegio ritiene che risultino messi in dubbio gli stessi presupposti di fatto sui quali si fondano i provvedimenti comunali impugnati, soprattutto le risultanze degli accertamenti effettuati nel 2004.
Risulta, quindi, fondata anche la doglianza dedotta circa la mancata partecipazione della ricorrente alle procedure istruttorie di campionamento poste in essere dall’A.R.P.A. in violazione del contraddittorio, in quanto le analisi sono state eseguite, come non contestato dall’amministrazione, senza previo avviso alla ricorrente, che non è stata posta in grado di presenziarvi.


Indipendentemente dall’adesione o meno alla tesi della diretta applicazione alla fattispecie in questione dell’art. 223 disp. att. c.p.p. (d.lgs. 28.7.1989, n. 271), per il quale qualora, nel corso di attività ispettive o di vigilanza previste da leggi o decreti, si debbano eseguire analisi di campioni per le quali non è prevista la revisione, l’organo procedente debba anche oralmente dare avviso all’interessato dell’ora e del luogo di effettuazione delle analisi, in funzione del diritto del medesimo di presenziare alla stessa, di persona o tramite persona di fiducia da lui designata, eventualmente con l’assistenza di un consulente tecnico (cfr. T.A.R. Lombardia, sez. I, 11 novembre 2003, n. 4982), il collegio è dell’avviso che l’onere di effettuare gli accertamenti in contraddittorio con le parti interessate risponda ad evidenti ragioni di trasparenza e pubblicità, principi del diritto vivente cui l’amministrazione deve uniformarsi in ogni momento della propria azione, oltre che all'interesse pubblico all’imparzialità dell'azione amministrativa.


In conclusione, assorbendosi gli ulteriori motivi di gravame ed alla luce delle suesposte considerazioni, il collegio dichiara inammissibili il ricorso principale n. 704/03, i ricorsi per motivi aggiunti notificati il 18.4.2003, il ricorso principale n. 2821/05 e il ricorso n. 242/06. Accoglie gli ulteriori ricorsi per motivi aggiunti (quelli nel ricorso n. 704/03, rispettivamente notificati l’8.7.2004, il 30.7.2004, il 9.2.2005, il 25.2.2005 e il 14.12.2005 e quelli nel ricorso n. 2821/05, notificati il 29.3.2006) e, per l’effetto, annulla i provvedimenti con gli stessi impugnati.


In considerazione della complessità della controversia sussistono giusti motivi per disporre l’integrale compensazione fra le parti delle spese di giudizio.


P.Q.M.


Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia – prima sezione – dichiara inammissibili il ricorso principale n. 704/03, i ricorsi per motivi aggiunti notificati il18.4.2003, il ricorso principale n. 2821/05 e il ricorso n. 242/06. Accoglie gli ulteriori ricorsi per motivi aggiunti (quelli nel ricorso n. 704/03, rispettivamente notificati l’8.7.2004, il 30.7.2004, il 9.2.2005, il 25.2.2005 e il 14.12.2005 e quelli nel ricorso n. 2821/05, notificati il 29.3.2006) e, per l’effetto, annulla i provvedimenti con gli stessi impugnati.
Spese compensate.


La presente sentenza sarà eseguita dall’amministrazione ed è depositata presso la segreteria del Tribunale che provvederà a darne comunicazione alle parti.


Così deciso, in Milano, il 22.11.2006, dal Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia, in Camera di Consiglio, con l’intervento dei Signori:


Piermaria Piacentini Presidente
Elena Quadri giudice est.
Alessandro Cacciari giudice
 


 

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