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TAR LOMBARDIA, Milano, 16 gennaio 2007, sentenza n. 38
 

Caccia – Cattura di richiami vivi – Regione Lombardia – Province - Autorizzazione alla cattura nel numero massimo previsto con legge regionale – Adeguata motivazione della scelta – Necessità. La scelta della Provincia di autorizzare la cattura di richiami vivi nel numero massimo possibile fissato dalla legge regionale, deve essere adeguatamente motivata, preceduta da idonea istruttoria e rapportata ad una serie di dati essenziali, quali il numero di richiami vivi detenuti dai cacciatori, di richiami vivi provenienti da allevamento, oltre che alle richieste di richiami (così la sentenza di questo TAR n. 1467/2004). Pres. Nicolosi, Est. Zucchini – LAC ONLUS (avv. Linzola) c. Provincia di Como (Avv. Piffaretti), riunito ad altro ricorso - T.A.R. LOMBARDIA, Milano, Sez. IV – 16 gennaio 2007, n. 38


 

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO


IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE DELLA LOMBARDIA

- 4^ SEZIONE -

 

T.a.r. Lombardia – sent. n. 38/2007 del 16/01/2007


ha pronunciato la seguente


SENTENZA


sul ricorso R.G. 2947/2005 proposto da ASSOCIAZIONE LEGA ABOLIZIONE DELLA CACCIA (LAC) - ONLUS, in persona del legale rappresentante pro-tempore, rappresentata e difesa dall'avv. Claudio Linzola, presso il cui studio in Milano, Via Hoepli n. 3, è elettivamente domiciliata;


c o n t r o


PROVINCIA DI COMO, in persona del Presidente pro-tempore, rappresentata e difesa dall’avv. Eugenio Piffaretti ed elettivamente domiciliata ex lege presso la Segreteria del TAR Lombarda in Milano, Via Conservatorio n. 13;


e nei confronti di
BARTESAGHI MARCO, BARCELLA ANGELA, DOMENICO FERRARO, ANTONIO VIOLETTI, CROTTA PAOLO e VIGANO’ SILVANO, tutti non costituiti in giudizio;


per l’annullamento, previa sospensiva
delle determinazioni del Dirigente del Servizio Caccia della Giunta Provinciale di Como n. 31 e n. 32 del 27.9.2005, aventi ad oggetto l’attivazione e la gestione degli impianti per la cattura di richiami vivi per la caccia da appostamento fisso nella Provincia di Como;


e


sul ricorso R.G. 2948/2005 proposto da proposto da ASSOCIAZIONE LEGA ABOLIZIONE DELLA CACCIA (LAC) - ONLUS, in persona del legale rappresentante pro-tempore, rappresentata e difesa dall'avv. Claudio Linzola, presso il cui studio in Milano, Via Hoepli n. 3, è elettivamente domiciliata;


c o n t r o


PROVINCIA DI LECCO, in persona del Presidente pro-tempore, rappresentata e difesa dall’avv. Mario Anghileri, elettivamente domiciliata in Milano, Viale Bianca Maria n. 23, presso l’avv. Ercole Romano;


e nei confronti di
SARA GIANCARLO, SARA MARCO, MAURI GIAMPIETRO, GILARDI GIOVANNI, GRASSI COSTANTE, MAGGIONI ANGELO, CORNACCHIA ANGELO, GANDOLFI SILVANO e GANDOLFI ANGELO, tutti non costituiti in giudizio;
per l’annullamento, previa sospensiva
della determinazione del Dirigente del Settore faunistico della Giunta Provinciale di Lecco n. 70 del 19.9.2005, aventi ad oggetto l’attivazione impianti per la cattura di richiami vivi per la caccia da appostamento fisso;


Visti i ricorsi con i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio della Provincia di Como e della Provincia di Lecco;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Vista l’ordinanza di riunione ed integrazione del contraddittorio della IV Sezione, n. 116 del 31.7.2006;
Visti gli atti tutti delle cause;
Uditi, all'udienza del 19 dicembre 2006 (relatore Dott. Giovanni Zucchini), i procuratori della parte ricorrente e della Provincia di Como;


FATTO


Con determinazioni dirigenziali n. 31 e n. 32 del 2005, la Provincia di Como attivava due impianti per la cattura di richiami vivi, in attuazione delle leggi della Regione Lombarda n. 26/1993 e n. 14/2005. In particolare, con tale ultima legge, la Regione autorizzava, fra le altre, la Provincia di Como all’attivazione di un numero massimo di due impianti, per la cattura di un numero massimo di richiami vivi pari ad un totale di 1.500 uccelli (tordo bottaccio, tordo sassello, merlo e cesena).


Contro le suddette determinazioni era proposto, dalla Lega per l’abolizione della caccia Onlus (d’ora innanzi denominata anche “LAC”), il primo ricorso (RG 2947/2005), con domanda di sospensiva, per i motivi che possono così sintetizzarsi:


1) eccesso di potere per difetto di istruttoria, elusione dei principi affermati nelle sentenze del TAR Lombardia, Milano, n. 719/2005, 1467/2004, 2163/2001 e nella sentenza del Consiglio di Stato n. 2091/2003. Con tale mezzo si censura la circostanza che la Provincia abbia autorizzato, senza alcuna adeguata istruttoria, la cattura di tutto il contingente massimo di uccelli previsto dalla legge regionale n. 14/2005;


2) violazione della direttiva CE 79/409, difetto di istruttoria e di motivazione, omessa considerazione delle sentenze del TAR Lombardia n. 1497/2004 e del Consiglio di Stato n. 2091/2003. Si contesta l’inosservanza della normativa comunitaria in materia di conservazione degli uccelli selvatici (direttiva del Consiglio n. 79/709/CEE), che prevede un generale divieto di cattura delle specie protette, salvo deroghe, che però non ricorrerebbero nel caso di specie;


3) seppure in via subordinata, qualora di dovesse ritenere che le determinazioni dirigenziali costituiscano atti meramente vincolati, attuativi della legge regionale n. 14/2005, si rilevano l’illegittimità costituzionale di quest’ultima, per violazione di una pluralità di norme della Carta fondamentale o l’incompatibilità della stessa con il diritto comunitario, per cui si chiede che sia sollevata questione di legittimità costituzionale della citata l.r. 14/2005.


Si costituiva in giudizio la Provincia di Como, chiedendo il rigetto del gravame.


Con il secondo dei ricorsi in epigrafe (RG 2948/2005), era impugnata, con domanda cautelare, la determinazione dirigenziale della Provincia di Lecco, con la quale erano attivati tre impianti per la cattura dei richiami vivi (il limite massimo previsto dalla l.r. 14/2005 è pari a quattro) ed autorizzata la cattura di 3.150 uccelli, a fronte di un numero massimo di 3.500 previsto dalla l.r. 14/2005. I motivi del secondo gravame ricalcano quelli del primo.


L’Amministrazione Provinciale di Lecco si costituiva nel suindicato giudizio.


Entrambi i ricorsi erano chiamati, per la discussione delle istanze di sospensione, alla camera di consiglio del 16.11.2005.


Con ordinanze n. 2827 e 2828 del 2005, le domande di sospensione erano rigettate, attesa la mancanza del requisito del periculum in mora.


Alla pubblica udienza del 12.7.2006, le cause erano entrambe trattenute in decisione.


In esito a tale udienza il Collegio, disposta preliminarmente la riunione dei gravami, ordinava per entrambi l’integrazione del contraddittorio nei confronti degli altri soggetti controinteressati, menzionati negli atti impugnati.
L’associazione ricorrente procedeva alla rituale integrazione del contraddittorio.


Alla successiva pubblica udienza del 19 dicembre 2006, la causa era trattenuta in decisione.


DIRITTO


1. Prima dell’esame dei singoli motivi dei ricorsi, il Collegio reputa opportuno riassumere nuovamente, seppure per sommi capi e come già svolto nell’ordinanza n. 116/2006, la disciplina in materia, alla luce anche della giurisprudenza di questo Tribunale e del Consiglio di Stato, oltre che della Corte di Giustizia CE.
La cattura di richiami vivi (c.d. presicci), vale a dire di uccelli utilizzati come richiamo di altri volatili nella caccia da appostamento, è consentita dalla legge n. 157/1992, art. 4, commi 3° e 4°, nonché, per la Regione Lombardia, dalla legge regionale n. 26/1993, artt. 7 e 26, che regolamentano la cattura dei richiami, ai fini della loro cessione gratuita ai cacciatori, che esercitano attività venatoria da appostamento. In materia assume, peraltro, importanza fondamentale il diritto comunitario ed in particolare la direttiva del Consiglio n. 79/409/CEE, sulla conservazione degli uccelli selvatici.
La direttiva vieta, in linea generale, l’uccisione e la cattura di uccelli selvatici (cfr. art. 5), salve le deroghe previste dall’art. 9 della direttiva medesima.
La legislazione statale e regionale in materia di cattura di richiami vivi per la caccia deve, ovviamente, essere rispettosa delle prescrizioni comunitarie ed, in particolare, delle deroghe di cui al citato art. 9. Ciò implica che le Amministrazioni regionali e provinciali, preposte all’autorizzazione alla cattura dei richiami, dovranno dare un’applicazione assai rigorosa delle suddette deroghe, costituendo la cattura degli uccelli selvatici un’eccezione rispetto al divieto di ordine generale previsto dal diritto comunitario.
Proprio sulla base di quanto sopra esposto, questo Tribunale, in più occasioni, aveva censurato le deliberazioni regionali di autorizzazione alla cattura dei richiami, ravvisando un difetto di istruttoria e di motivazione delle stesse. Sul punto preme richiamare, fra le più recenti decisioni, la sentenza della IV sezione di questo TAR n. 1467 del 19.4.2004.
Del resto, la Corte di Giustizia della Comunità Europea, con sentenza del 12.12.1996, causa C-10/96, in sede di interpretazione dell’art. 9 della direttiva 79/409, ha statuito che la <<deroga al regime di protezione instaurato dalla direttiva (…) può essere accordato solo se non esistono altre soluzioni soddisfacenti>> (punto 17 della sentenza) e fra tali soluzioni possono senz’altro annoverarsi l’allevamento e la riproduzione in cattività delle specie protette (punto 18 della sentenza).
In tale contesto normativo e giurisprudenziale, si colloca la legge regionale n. 14/2005, che, per la stagione venatoria 2005/2006, ha disciplinato il regime di deroga previsto dall’art. 9 della direttiva 79/409/CEE, ai fini della cattura di uccelli da richiamo.
La Regione ha disciplinato con legge una materia che era invece tradizionalmente oggetto di regolazione attraverso atti amministrativi regionali (deliberazioni di Giunta). Peraltro, nella legge (allegato 1 alla medesima), viene fissato il numero massimo sia di impianti di cattura autorizzabili sia di richiami vivi catturabili nella stagione venatoria.
Sulla base di tali limiti massimi, spetterà alle singole Amministrazioni provinciali l’individuazione in concreto del numero degli impianti autorizzabili e dei richiami catturabili, alla luce della già ricordata disciplina comunitaria e nazionale circa le deroghe al generale regime di divieto di cattura.
Di conseguenza, i provvedimenti autorizzatori assunti dalle Province non possono reputarsi atti vincolati, meramente attuativi della legislazione regionale, giacché quest’ultima si limita a fissare tetti massimi, spettando alla Provincia il compimento della doverosa attività istruttoria in sede di rilascio di autorizzazione all’attivazione di impianti ed alla cattura di specie tutelate.


2. Ciò premesso, passando all’esame del primo ricorso (RG 2947/2005), appaiono meritevoli di accoglimento di primi due motivi, nei quali si denuncia il difetto di istruttoria e di motivazione dei provvedimenti gravati.
La Provincia di Como, infatti, ha autorizzato l’attivazione di due impianti e la cattura di 1.500 richiami, pari entrambi al numero massimo previsto dalla legge regionale.
La scelta di adottare il limite massimo appare però priva di esauriente motivazione e frutto di un’istruttoria non adeguata.
Nelle determinazioni n. 31 e 32 del 2005, dopo avere dato atto – peraltro senza alcuna motivazione particolare – dell’attivazione di due impianti (numero massimo previsto dalla Regione), si dà altresì atto (v.si ultimo “DATO” contenuto nelle premesse), che il numero di richiami catturabili è stato fissato dalla Regione Lombardia con legge regionale n. 14/2005.
Tale ultima affermazione non appare però corretta, giacché la legge citata (giova ripeterlo), fissa solo il limite massimo, dovendo pertanto la Provincia, con idonea istruttoria, motivare adeguatamente la scelta circa il numero di richiami catturabili sul proprio territorio, che deve essere rapportato ad una serie di dati essenziali, quali il numero di richiami vivi detenuti dai cacciatori, di richiami vivi provenienti da allevamento, oltre che alle richieste di richiami (così la citata sentenza di questo TAR n. 1467/2004).
Tale istruttoria appariva quanto mai necessaria, se si pensa che le quantità massime di richiami catturabili, previste dalla l.r. 14/2005, sono senz’altro ben più elevate di quelle delle precedenti stagioni venatorie (addirittura, rispetto alla stagione 2004/2005, la quantità appare quasi raddoppiata). Proprio tale notevole incremento del numero massimo avrebbe dovuto indurre l’Amministrazione ad una istruttoria più attenta, anziché scegliere apoditticamente il nuovo tetto massimo regionale.
Si aggiunga ancora, ad ulteriore conferma della necessità di un’attenta istruttoria, che l’Istituto Nazionale della Fauna Selvatica (INFS), con propria nota del 17.6.2005, pur mostrando apprezzamento per il programma di allevamento in cattività dei richiami (sistema alternativo alla cattura e pienamente compatibile con la direttiva comunitaria 79/409), proposto dalla Regione Lombardia per il periodo 2005/2009, ha dichiarato di essere impossibilitato ad esprimere un parere motivato sulla stima delle catture necessarie per garantire l’approvvigionamento dei richiami, in assenza di dati circostanziati. Proprio l’assenza di tale parere, avrebbe dovuto indurre la Provincia di Como ad una maggiore prudenza ed ad una più attenta valutazione, prima di decidere, in maniera alquanto apodittica, di autorizzare la cattura del numero massimo possibile di uccelli.
Quanto alla nota INFS del 27.9.2005, richiamata nei provvedimenti impugnati a sostegno degli stessi, la stessa costituisce un semplice parere tecnico dell’INFS sulle caratteristiche dell’impianto, ma non attiene al numero dei richiami da catturare.


3. Anche per il ricorso RG 2948/2005, paiono da accogliere i primi due motivi, uguali a quelli del ricorso RG 2947/2005, circa il difetto di istruttoria e di motivazione.
Infatti, se è pur vero che la Provincia di Lecco ha autorizzato la cattura di 3.150 uccelli a fronte di un massimo di 3.500, è altresì vero che la rinuncia alla cattura di 350 richiami (allodole), è giustificata solo dal fatto che la Provincia non è in grado di approntare in tempo utile un impianto per la cattura delle allodole, sicché la rinuncia è solo momentanea, riservandosi l’Amministrazione di adottare un ulteriore provvedimento sul reperimento delle allodole (pag. 2 della determinazione). Da ciò si desume agevolmente come anche la Provincia di Lecco abbia deciso, sostanzialmente, di consentire la cattura del numero massimo dei richiami, anche se per ragioni meramente contingenti non è in grado di procedere alla cattura di una parte dei medesimi (pari comunque solo al 10% dei quantitativi consentiti). Tale scelta appare però priva di adeguata motivazione e frutto di un’istruttoria carente, che traspare dallo stesso tenore del provvedimento gravato. Nelle premesse di quest’ultimo, infatti, si dà atto di avere chiesto il parere dell’INFS, ma che questo non è ancora pervenuto (pag. 2, primo “ATTESO”). Orbene, nonostante l’assenza del parere, l’Amministrazione ha, comunque, proceduto, autorizzando sostanzialmente, come già esposto, la cattura di un numero di esemplari quasi pari al quantitativo massimo. Sul punto, preme richiamare le considerazioni sopra svolte al n. 3 della narrativa in diritto, circa il ricorso RG 2947/2005, con particolare riguardo alla nota INFS del 17.6.2005 ed alla circostanza che il numero massimo dei richiami catturabili nella stagione 2005/2006 nella Provincia di Lecco è notevolmente superiore a quello previsto per le passate stagioni.
A diverse conclusioni non induce la nota della Provincia del 9.11.2005, depositata in giudizio dalla resistente, trattandosi di un atto privo di contenuto provvedimentale, volto a chiarire la posizione dell’Ente, oltre che successivo al provvedimento impugnato, e come tale inidoneo ad incidere sulla legittimità di quest’ultimo, non essendo consentita una motivazione in corso di giudizio del provvedimento gravato (cfr. Consiglio di Stato, sez. V, 14.4.2006, n. 2085), senza contare che la nota non dà in alcun modo atto dello svolgimento di un’adeguata istruttoria, prodromica all’adozione della determinazione impugnata.


4. Atteso l’accoglimento, per entrambi i ricorsi, dei primi due mezzi di gravame, deve reputarsi assorbito il terzo mezzo nel quale, peraltro in via subordinata, si chiedeva al Collegio di sollevare questione di legittimità costituzionale della l.r. 14/2005.
La questione, peraltro, non sarebbe rilevante nel caso di specie, dovendosi imputare- come già detto- l’illegittimità ai provvedimenti delle Province resistenti.
Va osservato, comunque, che la problematica posta nel terzo motivo coinvolge semmai profili che attengono alla compatibilità della legge regionale n. 14/2005 con la normativa comunitaria (in specie la direttiva 79/704/CEE); con la conseguenza che ove si fosse dovuto imputare direttamente alla legge regionale la violazione dei principi fissati dalla normativa stessa (come nei contenziosi promossi avverso i provvedimenti amministrativi adottati dalla Regione negli anni precedenti e annullati con le sentenze prima citate), si sarebbe dovuto valutare l’utilizzo dello strumento della disapplicazione e non quello dell’incidente di costituzionalità (si richiama, sul punto, l’ordinanza di questa Sezione n. 16 del 21.1.2005, nel ricorso RG 3056/2003, che ha sollevato questione di interpretazione della direttiva 79/409/CEE, ai sensi dell’art. 234 del Trattato, sulla quale la Corte di Giustizia CE si è pronunciata con la recente sentenza dell’8 giugno 2006¸ causa C-60/05).


5. Sussistono, nondimeno, giustificati motivi per disporre la compensazione integrale fra le parti delle spese di lite.


P.Q.M.


Il Tribunale Amministrativo Regionale della Lombardia - 4^ sezione –definitivamente pronunciando sui ricorsi riuniti in epigrafe, li accoglie e per l’effetto annulla le impugnate determinazioni dirigenziali della Provincia di Como n. 31 e n. 32 del 29.9.2005 e la determinazione dirigenziale della Provincia di Lecco n. 70 del 19.9.2005.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità Amministrativa.


Così deciso in Milano, nella Camera di Consiglio del 19 dicembre 2006, con l'intervento dei signori:


- Maurizio Nicolosi - Presidente
- Paolo Passoni - Consigliere
- Giovanni Zucchini - Referendario - Estensore


Il Presidente

L'Estensore
 


 

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