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TAR LOMBARDIA, Milano, Sez. IV, 7 settembre 2007, sentenza n. 5773
VIA - ENERGIA - Costruzione ed esercizio di impianti di potenza superiore a 300 MW termici - L. 55/2002 - Autorizzazione unica - Esito positivo della VIA - Condizione essenziale - Autonoma impugnazione del decreto di VIA favorevole - Possibilità. In materia di costruzione e l'esercizio degli impianti di energia elettrica di potenza superiore a 300 MW termici, se è vero che la valutazione di impatto ambientale si inserisce in procedimento che culmina nell’autorizzazione unica, ai sensi dell’art.1, comma 2, del d.l. n.7/2002, convertito nella legge n.55/2002, è altrettanto vero che l’esito positivo della V.I.A., rappresenta condizione essenziale per il rilascio della suddetta autorizzazione (la predetta norma precisa tra l’altro che “l’esito positivo della VIA costituisce parte integrante e condizione necessaria del procedimento autorizzatorio”). Pertanto, il carattere lesivo del giudizio positivo di compatibilità ambientale opera immediatamente, in quanto solo l’adozione del decreto di VIA favorevole al progetto consente il rilascio dell’autorizzazione finale, con la conseguenza che il decreto stesso è autonomamente impugnabile, assieme agli atti preparatori o altrimenti connessi (TAR Piemonte, II, 15/4/2005, n.1028; Cons.Stato, VI, 9/6/2005, n.3043). Pres. Nicolosi, Est. Bellucci - Provincia di Lodi (avv. Mariotti) c. Ministero dell’Ambiente e della tutela del territorio e altri (Avv. Stato) e Regione Lombardia (avv. Cederle), riunito ad altro ric. - T.A.R. LOMBARDIA, Milano, Sez. IV - 7 settembre 2007, n. 5773
VIA - ENERGIA - Impianti di potenza superiore a 300 MW termici - L. 55/2002 -
Art. 1, c. 3 - Autorizzazione unica - Obbligo di acquisire il parere del comune
e della provincia nel cui territorio ricadono le opere - Non attiene al distinto
procedimento di VIA L’obbligo di chiedere il parere del Comune e della
Provincia nel cui territorio ricadono le opere (per la realizzazione di impianti
di produzione di energia elettrica di potenza superiore a 300 MW termici) è
riferito dall’art.1, comma 3, della legge n.55/2002 all’autorizzazione unica, e
non alla procedura di VIA, la quale soggiace a regole di partecipazione sue
proprie (legge n.349/1986 e dal DPCM n.377/1988), che prevedono la facoltà di
partecipazione al procedimento degli interessati ad esito della pubblicazione
dell’istanza di pronuncia di compatibilità ambientale, nonchè la facoltà, e non
l’obbligo, di ricorrere alla Conferenza di servizi ex artt. 14 e seguenti della
legge n.241/1990. Né è prospettabile al riguardo l’obbligo di intesa con la
Regione, in quanto il medesimo è previsto dall’art.1, comma 2, della legge
n.55/2002 ai diversi fini dell’autorizzazione unica finale ivi definita. Pres.
Nicolosi, Est. Bellucci - Provincia di Lodi (avv. Mariotti) c. Ministero
dell’Ambiente e della tutela del territorio e altri (Avv. Stato) e Regione
Lombardia (avv. Cederle), riunito ad altro ric. - T.A.R. LOMBARDIA, Milano,
Sez. IV - 7 settembre 2007, n. 5773
INQUINAMENTO ATMOSFERICO - BAT - Discrezionalità tecnica dell’amministrazione
- Censurabilità - Limiti. La scelta amministrativa in ordine alla necessità
di utilizzo della migliore tecnologia disponibile, in assenza di norme cogenti
sul punto, incide su aspetti di discrezionalità tecnica non censurabili, se non
sotto il profilo dell’eccesso di potere per manifesta illogicità o travisamento
(TAR Lazio, Roma, I, 31/5/2004, n.5117; TAR Puglia, Bari, I, 21/1/2004, n.171).
Pres. Nicolosi, Est. Bellucci - Provincia di Lodi (avv. Mariotti) c. Ministero
dell’Ambiente e della tutela del territorio e altri (Avv. Stato) e Regione
Lombardia (avv. Cederle), riunito ad altro ric. - T.A.R. LOMBARDIA, Milano,
Sez. IV - 7 settembre 2007, n. 5773
VIA - Incidenza sui valori ambientali e interesse all’esecuzione dell’opera -
Giudizio comparativo - Discrezionalità amministrativa - Sindacato
giurisdizionale - Limiti. Il concetto di valutazione di impatto ambientale
presuppone che l’opera da valutare abbia un’incidenza sui valori ambientali,
modificandoli in misura più o meno rilevante. Si tratta quindi di stabilire se
le alterazioni conseguenti alla sua realizzazione possano reputarsi accettabili
alla stregua di un giudizio comparativo, focalizzato da un lato sulla necessità
di salvaguardare preminenti valori ambientali, dall’altro sull’interesse
pubblico sotteso all’esecuzione dell’opera. In tale contesto rilevano
determinazioni ampiamente discrezionali, tecniche e amministrative, sindacabili
dal giudice amministrativo entro limiti ristretti, ovvero in relazione
all’eventuale emersione delle figure sintomatiche di illegittimità costituite
dall’illogicità manifesta e dalla contraddittorietà (TAR Puglia, Bari, I,
21/1/2004, n.171; TAR Lazio, Roma, I, 31/5/2004, n.5117; Cons.Stato, VI,
5/1/2004, n.1). Pres. Nicolosi, Est. Bellucci - Provincia di Lodi (avv. Mariotti)
c. Ministero dell’Ambiente e della tutela del territorio e altri (Avv. Stato) e
Regione Lombardia (avv. Cederle), riunito ad altro ric. - T.A.R. LOMBARDIA,
Milano, Sez. IV - 7 settembre 2007, n. 5773
ENERGIA - Impianti di potenza superiore a 30 MW termici - Autorizzazione
unica - Amministrazione procedente - Obbligo di acquisire il parere motivato del
comune e della provincia interessati - Estensione ad altri enti - Esclusione -
Ragioni. Stante l’univoco disposto dell’art. 1, c. 3 della L. n. 55/2002, in
tema di autorizzazione unica per la realizzazione e l’esercizio di impianti di
energia elettrica di potenza superiore a 300 MW termici, l’amministrazione
procedente è tenuta ad acquisire il parere motivato solo del comune e della
provincia nel cui territorio ricadono le opere, non invece di altri enti, i
quali possono comunque avvalersi della facoltà di intervenire al procedimento,
attraverso la presentazione di osservazioni o l’intervento nella Conferenza di
Servizi (art. 1, c. 2 L. 55/2002; artt. 9 e 10 L. n. 241/1990). Il
coinvolgimento specifico di tutti gli altri enti potenzialmente coinvolti dalle
emissioni della centrale allargherebbe infatti a dismisura la platea dei
soggetti partecipanti, introducendo profili di incertezza, ben potendo anche
enti territoriali situati a notevole distanza dal sito in cui sorge l’opera
reclamare conseguenze di tipo ambientale in relazione alle eventuali emissioni
ritenute insalubri, in contraddizione con i profili di concentrazione e
celerità, ritenuti primari dalla legge n.55/2002 ai fini dell’istruttoria dello
specifico procedimento autorizzatorio previsto (TAR Piemonte, II, 15/4/2005,
n.1028; TAR Lazio, Roma, II, 23/8/2005, n.6267; Cons.Stato, VI, 11/2/2004,
n.458). Tale assetto di coinvolgimento delle amministrazioni locali tiene conto
della necessaria celerità con cui, allo scopo specificato dall’art.1, comma 1,
della legge n.55/2002 “di evitare il pericolo di interruzione di fornitura di
energia elettrica su tutto il territorio nazionale e di garantire la necessaria
copertura del fabbisogno nazionale”, le funzioni amministrative concernenti la
costruzione di impianti di energia elettrica di particolare rilievo devono
essere svolte: il previsto “obbligo di richiedere il parere motivato del Comune
e della Provincia nel cui territorio ricadono le opere” e la necessità del
conseguimento di un’intesa con la Regione assicurano peculiare ma sufficiente
coinvolgimento degli enti locali, giustificato dalla specialità del procedimento
de quo, in linea con gli artt.5, 97, 117 e 118 della Costituzione (Corte
Costituzionale, 13/1/2004, n.6). Pres. Nicolosi, Est. Bellucci - Provincia di
Lodi (avv. Mariotti) c. Ministero dell’Ambiente e della tutela del territorio e
altri (Avv. Stato) e Regione Lombardia (avv. Cederle), riunito ad altro ric. -
T.A.R. LOMBARDIA, Milano, Sez. IV - 7 settembre 2007, n. 5773
INQUINAMENTO - Autorizzazione Integrata ambientale - D.Lgs. n. 59/2005 - Art.
17 - Disciplina transitoria. L’art.17 del d.lgs. n.59/2005 prevede un regime
transitorio speciale per i procedimenti iniziati al momento della sua entrata in
vigore, imponendo alle autorità competenti di concludere l’iter procedurale
attenendosi ai principi ed alle regole di sollecita adozione del provvedimento
conclusivo fissate nello stesso art.17, senza necessità di convocare apposita
conferenza di servizi ai sensi dell’art.5 del d.lgs. n.59/2005. Pres. Nicolosi,
Est. Bellucci - Provincia di Lodi (avv. Mariotti) c. Ministero dell’Ambiente e
della tutela del territorio e altri (Avv. Stato) e Regione Lombardia (avv.
Cederle), riunito ad altro ric. - T.A.R. LOMBARDIA, Milano, Sez. IV - 7
settembre 2007, n. 5773
ENERGIA - Impianti di energia elettrica di potenza superiore a 300 MW termici
- Art. 1, c. 1 L. 55/2002 - Termine del 31/12/2003 - Superamento per effetto
dell’art. 1 sexies, c. 8 della L. n. 290/2003. L’eventuale inosservanza del
termine del 31/12/2003, di cui al primo comma dell’art. 1 della L. 55/2002,
riguardando l’assoggettamento al regime dell’autorizzazione unica, non è
suscettibile di inficiare la valutazione di impatto ambientale, facente parte di
diverso procedimento, ma semmai, l’autorizzazione finale introdotta dalla l. n.
55/2002. Tuttavia, la questione è stata superata con l’art. 1 sexies, c. 8 della
L. n. 290/2003, di conversione del d.l. n. 239/2003, dalla quale è desumibile
“la volontà del legislatore nazionale di stabilizzare definitivamente la
soluzione, che era invece solo transitoria, del d.l. n.7/2002 e della legge di
conversione n.55/2002” (Corte Costituzionale, 13/1/2004, n.6). Pres. Nicolosi,
Est. Bellucci - Provincia di Lodi (avv. Mariotti) c. Ministero dell’Ambiente e
della tutela del territorio e altri (Avv. Stato) e Regione Lombardia (avv.
Cederle), riunito ad altro ric. - T.A.R. LOMBARDIA, Milano, Sez. IV - 7
settembre 2007, n. 5773
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA LOMBARDIA
Sezione Quarta
Sent. n. 5773/2007 del 07/09/2007
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sui ricorsi riuniti
I
n.2221/2005, proposto dalla Provincia di Lodi, in persona del Presidente in carica, rappresentata e difesa dall’avvocato Giovanni Mariotti, ed elettivamente domiciliata presso il suo studio in Milano, Largo Schuster, n.1;
contro
il Ministero dell’Ambiente e della
tutela del territorio, il Ministero delle attività produttive ed il Ministero
per i beni e le attività culturali, in persona del rispettivo Ministro pro
tempore, rappresentati e difesi dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di
Milano, e domiciliati per legge presso gli uffici della stessa in Milano, via
Freguglia n.1;
la Regione Lombardia, in persona del Presidente pro tempore, rappresentata e
difesa dall’avvocato Marco Cederle dell’Avvocatura regionale, presso la cui sede
in Milano, via Fabio Filzi, n.22, è elettivamente domiciliata;
e nei confronti di
Energia s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore,
rappresentata e difesa dagli avvocati Pier Giuseppe Torrani, Domenico Ielo e
Marta Spaini, ed elettivamente domiciliata presso il loro studio in Milano,
corso Magenta, n.63;
e con l’intervento ad adiuvandum del
Comune di Casalpusterlengo, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e
difeso dall’avvocato Giovanni Mariotti, ed elettivamente domiciliato presso il
suo studio in Milano, Largo Schuster, n.1;
per l’annullamento
degli atti relativi alla realizzazione, da parte di Energia s.p.a., di una
centrale termoelettrica a ciclo combinato, e cioè:
del decreto (parere favorevole) n.492 del 21/4/2005, adottato dal Ministero
dell’Ambiente di concerto col Ministero per i beni e le attività culturali,
sulla compatibilità ambientale; della nota del Ministero per le Attività
produttive n.14705 del 26/5/2005; degli atti presupposti, connessi e
consequenziali, comprendenti i resoconti ed i verbali della Conferenza dei
Servizi, il parere favorevole della Commissione per le valutazioni di impatto
ambientale n.269 del 21/10/2004; il parere del Ministero per i beni e le
attività culturali del 18/11/2004; gli atti della Soprintendenza per i beni
architettonici ed il paesaggio per le province di Milano, Lodi, Lecco, Bergamo,
Como, Pavia, Sondrio e Varese; il parere della Direzione generale per i beni
architettonici e paesaggistici e della Direzione generale per i beni
archeologici;
nonchè sui motivi aggiunti, proposti altresì contro il Ministero della Salute,
il Ministero dell’Interno, il Ministero delle Comunicazioni, il Ministero della
Difesa, in persona del rispettivo Ministro in carica, rappresentati e difesi
dall’Avvocatura dello Stato, e domiciliati per legge presso la sede della stessa
in Milano, via Freguglia, n.1,
per l’annullamento
della deliberazione della Regione Lombardia n.VIII/00155 del 14/6/2005,
avente ad oggetto il parere previsto per il rilascio dell’autorizzazione unica
per il progetto di nuova centrale termoelettrica e opere connesse; del decreto
del Ministero dell’Ambiente n.DSA/DEC/2005/00852 datato 3/8/2005, avente ad
oggetto l’autorizzazione integrata ambientale; del decreto del Ministero delle
Attività produttive n.55/02/05 del 4/8/2005, avente ad oggetto l’autorizzazione
resa ai sensi del d.l. n.7/2002 convertito nella legge n.55/2002; degli atti
connessi comprendenti il parere favorevole del Comando provinciale dei Vigili
del fuoco di cui alla nota n.4158 del 27/6/2005, i resoconti ed i verbali della
Conferenza di Servizi del 15/6/2005 e dell’8/7/2005 ed il relativo procedimento;
II
n.2654/2005, proposto dalla Provincia di Lodi, in persona del Presidente in
carica, rappresentata e difesa dall’avvocato Giovanni Mariotti, ed elettivamente
domiciliata presso il suo studio in Milano, Largo Schuster, n.1;
contro
il Ministero dell’Ambiente e della
tutela del territorio, il Ministero delle attività produttive, il Ministero per
i beni e le attività culturali, il Ministero della salute, il Ministero
dell’Interno, il Ministero delle Comunicazioni ed il Ministero della Difesa, in
persona del rispettivo Ministro pro tempore, rappresentati e difesi
dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Milano, e domiciliati per legge
presso gli uffici della stessa in Milano, via Freguglia n.1;
la Regione Lombardia, in persona del Presidente pro tempore, rappresentata e
difesa dall’avvocato Marco Cederle dell’Avvocatura regionale, presso la cui sede
in Milano, via Fabio Filzi, n.22, è elettivamente domiciliata;
e nei confronti di
Energia s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore,
rappresentata e difesa dagli avvocati Pier Giuseppe Torrani, Domenico Ielo e
Marta Spaini, ed elettivamente domiciliata presso il loro studio in Milano,
corso Magenta, n.63;
e con l’intervento ad adiuvandum dei
Comuni di Casalpusterlengo, Terranova dei Passerini, Turano Lodigiano e
Bertonico, in persona del rispettivo Sindaco pro tempore, rappresentati e difesi
dall’avvocato Giovanni Mariotti, ed elettivamente domiciliati presso il suo
studio in Milano, Largo Schuster, n.1;
per l’annullamento
degli atti relativi alla realizzazione, da parte di Energia s.p.a., di una
centrale termoelettrica a ciclo combinato, e cioè dei seguenti atti:
deliberazione della giunta regionale della Lombardia n.VIII/000155 del 14/6/2005
avente ad oggetto il parere previsto per il rilascio dell’autorizzazione unica
del progetto di nuova centrale termoelettrica e opere connesse; decreto del
Ministero dell’Ambiente n. DSA/DEC/2005/00852 del 3/8/2005 avente ad oggetto
l’autorizzazione integrata ambientale; decreto del Ministero delle Attività
produttive n.55/02/05 del 4/8/2005 avente ad oggetto l’autorizzazione resa ai
sensi del d.l. n.7/2002 convertito nella legge n.55/2002; atti connessi al
procedimento comprendenti: il parere favorevole del Comando provinciale dei
vigili del fuoco di cui alla nota n.4158 del 27/6/2005 comunicato nel corso
della seconda Conferenza di servizio; i resoconti ed i verbali della Conferenza
di servizi del 15/6/2005 e dell’8/7/2005 ed il procedimento relativo; il decreto
(parere favorevole) n.492 del 21/4/2005, adottato dal Ministero dell’Ambiente di
concerto col Ministero per i beni e le attività culturali, sulla compatibilità
ambientale;
Visti i ricorsi con i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio delle Amministrazioni intimate;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Energia s.p.a.;
Visti i motivi aggiunti relativi al primo ricorso, depositati in giudizio in
data 7/10/2005;
Visti gli atti di intervento ad adiuvandum;
Viste le memorie depositate dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti gli atti tutti della causa;
Uditi, alla pubblica udienza del 10 luglio 2007, relatore il Primo Referendario
Gianluca Bellucci, l’avvocato Giovanni Mariotti per la ricorrente e per i Comuni
che hanno presentato atto di intervento, l’avvocato dello Stato Caridi per le
Amministrazioni intimate, l’avvocato Marco Cederle per la Regione Lombardia, gli
avvocati Domenico Ielo e Marta Spaini per Energia s.p.a.;
Ritenuto in fatto e in diritto quanto segue:
FATTO
Energia s.p.a., in data 23/6/2003, ha presentato domanda di autorizzazione unica
per la realizzazione di una centrale termoelettrica, secondo la procedura
prevista dalla legge n.55/2002, a ciclo combinato, con potenza elettrica di 750
MW, alimentata a metano, ed opere connesse costituite da un elettrodotto 380 KV
lungo 650 metri e da un gasdotto lungo 6,6 chilometri.
La centrale è destinata a ricadere nei comuni di Bertonico e Turano Lodigiano,
l’elettrodotto connesso interesserà i comuni di Turano Lodigiano e
Casalpusterlengo, mentre il tracciato del metanodotto interesserà i comuni di
Bertonico e Turano Lodigiano.
La società istante ha altresì chiesto al Ministero per i beni e le attività
culturali, in data 30/6/2003, la pronuncia sulla compatibilità ambientale
dell’impianto, ai sensi dell’art.6 della legge n.349/1986.
La Direzione generale per i beni architettonici e paesaggistici, chiesto con
nota del 21/7/2003 il parere alle competenti Soprintendenze, nella Conferenza di
Servizi del 4/9/2003 ha chiesto un approfondimento del SIA sulle scelte
concernenti la situazione vincolistica, le alternative alla localizzazione e le
opere di compensazione ambientale.
Il Ministero dell’Ambiente, in data 30/12/2003, ha chiesto alla società Energia
un approfondimento del progetto, cui ha fatto seguito, il 7/4/2004 e il
6/7/2004, il deposito di documenti da parte della stessa e la ripubblicazione
dell’avviso di deposito del progetto.
Ad esito della nota della Direzione generale del 3/8/2004 la Soprintendenza per
i beni architettonici delle province della Lombardia ha espresso il proprio
parere in data 13/10/2004.
La Direzione generale per i beni architettonici ha espresso parere l’11/11/2004.
Il 15/11/2004 la Regione Lombardia è stata sollecitata a rendere il parere di
competenza ai sensi dell’art.6 della legge n.349/1986.
La Direzione generale per i beni architettonici, in data 18/11/2004, ha dato
parere favorevole recependo il parere della Soprintendenza, sotto la condizione
dell’osservanza delle misure di mitigazione indicate nello SIA e
subordinatamente all’esame di alcune condizioni.
Il procedimento di valutazione di impatto ambientale ha avuto come esito il
decreto n.492 del 21/4/2005, con il quale il Ministero dell’Ambiente, di
concerto col Ministero per i beni culturali, si è pronunciato favorevolmente
sulla compatibilità ambientale del progetto di Energia s.p.a..
Avverso tale provvedimento e gli atti connessi la ricorrente è insorta
deducendo, con il ricorso n.2221/2005:
1) violazione della legge n.55/2002 per difetto dei presupposti; errata
applicazione; violazione dell’art.1, comma 2, della legge n.55/2002; violazione
dell’art.3 del d.lgs.n.59/2005; mancato rispetto dei principi di qualità
ambientale e salute in violazione dell’art.174 del Trattato istitutivo della
Comunità europea;
2) insufficiente coinvolgimento delle Regioni, della Provincia e dei Comuni
nella V.I.A.; violazione del procedimento; errata applicazione dell’art.1, comma
2, della legge n.55/2002, dell’art.14 della legge n.241/1990 e degli artt.5, 97,
117 e 118 della Costituzione; violazione dell’intesa con la Regione e del Piano
energetico regionale; difetto di istruttoria ed eccesso di potere;
3) violazione dell’art.1, comma 3, della legge n.55/2002; violazione del giusto
procedimento; difetto di motivazione; violazione dell’art.97 della Costituzione;
difetto di istruttoria, carenza dei presupposti, incompetenza; violazione
dell’art.14 ter, comma 5, della legge n.241/1990; violazione del piano
energetico regionale;
4) violazione dell’art.1, comma 1, della legge n.443/2001; mancato coordinamento
con le altre opere pubbliche di interesse nazionale; difetto di istruttoria
sulla localizzazione dell’impianto e sulla scelta di siti alternativi;
violazione delle norme sulle distanze;
5) violazione della legge n.241/1990 e degli artt.1, 3, 17, 18 e 19 del d.lgs.n.190/2002;
mancata considerazione dello sviluppo sostenibile; violazione dell’art.1,
lettera “g”, della legge n.239/2004; eccesso e sviamento di potere; violazione
degli artt.19 e 21 del d.lgs.n.334/1999; violazione del D.M. 19/3/2001 e del
D.M. Ambiente 9/8/2000;
6) carenza di istruttoria sulla qualità dell’aria; violazione del diritto alla
salute e del D.M. n.60/2002; violazione del D.P.R. n.203/1988 e del
d.lgs.n.351/1999;
7) difetto di istruttoria per mancato coordinamento con la L.R. n.26/2003;
violazione della legge n.36/1994; carenza della valutazione di impatto
ambientale per i requisiti di cui all’art.6 del d.lgs.n.349/1986 e dell’art.1
della legge n.55/2002;
8) errata applicazione della legge n.36/2001 e del D.P.C.M. 8/7/2003; carenza
dei presupposti;
9) violazione dell’art.1, commi 36 e 37, della legge n.239/2004; difetto di
istruttoria e omessa valutazione di adeguate misure di impatto ambientale.
Successivamente al decreto ministeriale di compatibilità ambientale, la Regione
ha espresso parere favorevole in data 14/6/2005 e si sono tenute le Conferenze
di Servizi del 15/6/2005 e dell’8/7/2005 (documenti n.21 e n.22 depositati in
giudizio dalla ricorrente); prima di quest’ultima il Comune di Terranova dei
Passerini ha presentato deliberazione consiliare datata 24/6/2005 di richiesta
di riapertura dell’istruttoria.
Nel corso della Conferenza dell’8/7/2005 è stato presentato il parere favorevole
dei Vigili del Fuoco, condizionato all’osservanza delle prescrizioni dettate dal
Comando provinciale con nota n.4158 del 27/6/2005, nel quale si evidenziava che
la documentazione tecnica di Energia s.p.a. non rispondeva a quanto previsto
dalla circolare del 4/6/2002, non contemplando un progetto riguardante gli
aspetti antincendio.
Nella stessa Conferenza la Provincia di Lodi ha palesato carenze di istruttoria
del procedimento circa la criticità ambientale per alcuni parametri dell’aria.
La ricorrente ha ribadito al Ministero la contrarietà all’impianto contestando
varie violazioni procedurali ed ha chiesto, senza esito, una nuova convocazione
della Conferenza dei Servizi.
Sono seguiti il decreto del Ministero dell’Ambiente datato 3/8/2005, avente ad
oggetto l’autorizzazione integrata ambientale, ed il decreto del Ministero delle
attività produttive datato 4/8/2005, di autorizzazione ai sensi del
d.l.n.7/2002, convertito nella legge n.55/2002.
Avverso le suddette autorizzazioni e gli atti connessi la ricorrente ha proposto
i seguenti motivi aggiunti:
10) errore e difetto di motivazione; violazione del programma energetico
regionale e dell’accordo Stato Regioni sull’utilizzo delle migliori tecnologie
disponibili e sui criteri previsti dal PER per il parere regionale; violazione
di legge e difetto di istruttoria e motivazione; eccesso e sviamento di potere;
nullità derivata della A.I.A. e dell’autorizzazione; violazione dell’art.3 del
d.lgs.n.59/2005; difetto di motivazione;
11) illegittimità del parere regionale e della Conferenza di servizio sulla
possibilità di cogenerazione e cessione del calore; violazione dei criteri del
PER della Lombardia e della Conferenza unificata Stato Regioni del 5/9/2002;
difetto di motivazione e di istruttoria; mancata indagine sull’utilizzo della
migliore tecnologia disponibile; violazione dell’accordo di riqualificazione
dell’area ex Sarni e dell’accordo di programma ex legge regionale n.30/1994,
nonché del recupero dell’area; difetto di valutazione e motivazione di AIA ed
autorizzazione; violazione dell’art.3 del d.lgs.n.59/2005; eccesso e sviamento
di potere; difetto di istruttoria e motivazione;
12) difetto di istruttoria del parere regionale circa lo studio dell’assetto
idrogeologico del territorio ai sensi del decreto della giunta regionale
n.V/22502/92 e del R.D. n.1775/1993; violazione della legge n.55/2002; vizio del
procedimento; difetto di istruttoria di AIA e dell’autorizzazione ministeriale;
13) parere regionale: mancata valutazione unitaria degli impianti presenti e di
quelli autorizzati sul territorio regionale in riferimento al PER ed alla
potenza autorizzabile sul territorio; illegittimità derivata di AIA e decreto di
autorizzazione n.55/02/05; carenza di istruttoria e difetto di motivazione;
sviamento ed eccesso di potere; violazione dell’art.1, comma 1, della legge
n.443/2001; mancato coordinamento con le altre opere pubbliche di interesse
nazionale; difetto di istruttoria sulla localizzazione dell’impianto e sulla
scelta di siti alternativi; in via subordinata: illegittimità del PER ove non
consentisse la valutazione del territorio in relazione agli impianti
autorizzati;
14) parere regionale, VIA ed AIA: carenza di istruttoria sulla qualità
dell’aria; violazione del D.M. n.60/2002, del D.P.R.n.203/1988 e dell’art.15
della legge n.183/1987; violazione degli artt.216 e 217 del R.D.n.1265/1934
sulla scelta della localizzazione dell’impianto; violazione dell’art.104 del
D.P.R.n.616/1977 circa le funzioni attribuite alla Provincia di prevenzione
dell’inquinamento; violazione del principio di prevenzione e dell’art.97 della
Costituzione; violazione del D.P.R.n.203/1988 e del d.lgs.n.351/1999;
illegittimità costituzionale per violazione degli artt.32 e 41 della
Costituzione; violazione dell’art.1 del d.l.n.7/2002, convertito nella legge
n.55/2002; richiesta di CTU;
15) parere regionale, AIA e decreto di autorizzazione finale: violazione di
attività istruttoria nella Conferenza di servizi e nel procedimento;
snaturamento della funzione istruttoria della stessa e violazione degli artt.3,
7, 14 della legge n.241/1990; violazione del procedimento; errata applicazione
dell’art.1, commi 2 e 3, della legge n.55/2002, dell’art.14 della legge
n.241/1990 e degli artt.5, 97, 117 e 118 della Costituzione; mancata
partecipazione degli enti interessati; violazione della L.R.n.86/1983;
violazione delle attribuzioni dell’Ente Parco; violazione del PER; difetto di
motivazione; eccesso di potere; violazione del procedimento previsto dagli
artt.3 e 5 del d.lgs.n.59/2005; sviamento di potere; violazione del
procedimento; illegittimità dell’autorizzazione; difetto di motivazione;
16) sulla mancata considerazione unitaria e delle reciproche correlazioni tra le
prescrizioni rese in sede di V.I.A., di parere della Regione Lombardia e
dell’autorizzazione dei vigili del fuoco e dell’AIA; carenza di istruttoria;
violazione dell’art.14 della legge n.241/1990; mancata considerazione unitaria
delle prescrizioni rese in sede di V.I.A., di parere regionale e di
autorizzazione del CCPP dei vigili del fuoco;
17) parere del Comando dei vigili del fuoco; carenza di istruttoria; eccesso di
potere;
18) difetto di istruttoria per mancato coordinamento con la L.R.n.26/2003;
violazione della legge n.36/1994; carenza della valutazione di autorizzazione di
impatto ambientale; insufficiente motivazione quanto all’impatto sull’attività
agricola della zona ed all’incidenza sulle aree protette; carente istruttoria
quanto agli effetti connessi al potenziamento dell’elettrodotto; mancata
considerazione dello sviluppo sostenibile; violazione dell’art.1, lettera “g”,
della legge n.239/2004; eccesso e sviamento di potere; violazione degli artt.19
e 21 del d.lgs.n.334/1999; violazione del D.M. 19/3/2001 e del D.M. Ambiente del
9/8/2000;
19) parere regionale, AIA ed autorizzazione: violazione dell’art.1, commi 36 e
37, della legge n.239/2004; difetto di istruttoria, omessa valutazione di
adeguate misure di impatto ambientale; carenza di istruttoria; difetto di
motivazione; sviamento di potere.
Si sono costituiti in giudizio i Ministeri intimati, la Regione Lombardia ed
Energia s.p.a..
Il Comune di Casalpusterlengo ha presentato atto di intervento ad adiuvandum.
La ricorrente ha puntualizzato le doglianze con memorie difensive.
Con ordinanza n.101, resa nella Camera di consiglio del 13 gennaio 2006, è stata
respinta l’istanza cautelare introdotta col ricorso n.2221/2005.
La deducente, con impugnativa n.2654/2005, è insorta avverso gli atti gravati
con motivi aggiunti, riproponendo le censure dedotte con i motivi medesimi.
Si sono costituite in giudizio le Amministrazioni evocate in giudizio con il
suddetto ricorso, nonché la controinteressata Energia s.p.a..
I Comuni di Casalpusterlengo, Bertonico, Terranova dei Passerini e Turano
Lodigiano hanno presentato atti di intervento ad adiuvandum in relazione al
citato ricorso n.2654/2005.
Con ordinanza n.102, resa nella Camera di consiglio del 13 gennaio 2006, è stata
respinta l’istanza cautelare introdotta con detto gravame.
All’udienza del 10 luglio 2007 le cause sono state poste in decisione.
DIRITTO
In via preliminare può procedersi alla riunione, per ragioni di connessione, dei
ricorsi indicati in epigrafe.
Occorre innanzitutto soffermarsi sulla istanza di rinvio della trattazione delle
cause ad altra udienza, formulata dalla ricorrente con nota depositata in
giudizio il 5/6/2007 sull’assunto che la sopravvenuta decisione della
Commissione europea, in data 15/5/2007, avente ad oggetto la verifica del piano
nazionale di assegnazione delle quote e la riscontrata necessità di modifica del
medesimo, influirebbe sulle quote da assegnare e sull’impianto de quo.
L’istanza non può essere accolta.
La predetta decisione riguarda non solo le imprese che vogliono affacciarsi sul
mercato con nuovi impianti, ma, in eguale misura, gli impianti già esistenti.
Diversamente opinando si introdurrebbe una misura discriminatoria a danno delle
prime e distorsiva della libera concorrenza.
La richiamata decisione, pertanto, pur avendo influenza sull’attività
pianificatoria nazionale, non può ripercuotersi di per sé su attività già
assentite ma non ancora avviate.
Né risulta che l’Amministrazione stia predisponendo atti di ritiro delle
autorizzazioni rilasciate (nessuna indicazione proviene al riguardo dai
documenti depositati in giudizio dalla ricorrente in data 10/7/2007).
Il Collegio preliminarmente rileva che le censure dedotte con motivi aggiunti
relativi all’impugnativa n.2221/2005 sono state riproposte con il ricorso
n.2654/2005.
Tuttavia, ai sensi dell’art.21, comma 1, della legge n.1034/1971, nel testo
novellato dalla legge n.205/2000, le determinazioni connesse all’oggetto del
ricorso pendente vanno impugnate con motivi aggiunti.
Ne consegue che, essendo i motivi aggiunti l’appropriata sede di trattazione
delle doglianze proposte avverso atti connessi a quelli gravati in via
principale, il ricorso autonomo che ribadisca i contenuti degli stessi deve
essere dichiarato inammissibile per violazione del principio del ne bis in idem
(TAR Lombardia, Milano, III, 16/11/2005, n.4044; TAR Lombardia, Milano, IV,
14/3/2007, n.424).
Ciò comporta l’inammissibilità del ricorso n.2654/2005.
Per la stessa ragione anche gli atti di intervento ad adiuvandum presentati in
relazione a tale impugnativa devono ritenersi inammissibili, in quanto nel
processo amministrativo l’intervento ad adiuvandum è necessariamente accessorio
al ricorso principale, seguendone la sorte (ex multis: Cons.Stato, IV, 8/9/1987,
n.533; TAR Lazio, Roma, III, 16/11/2006, n.12512).
Si ritiene quindi di prescindere, per quanto concerne il secondo ricorso, dal
giudizio sulla posizione sostanziale degli intervenienti, alla quale fa
riferimento la controinteressata nell’eccepire l’inammissibilità dei predetti
atti di intervento.
E’ stata eccepita l’inammissibilità della prima impugnativa, per il rilievo che
la stessa avrebbe ad oggetto atti endoprocedimentali.
L’assunto non è condivisibile.
Il ricorso n.2221/2005 ha ad oggetto il decreto ministeriale sulla compatibilità
ambientale del progetto, emesso ai sensi dell’art.6 della legge n.349/1986, e
gli atti connessi.
Se è vero che la valutazione di impatto ambientale si inserisce in procedimento
che culmina nell’autorizzazione unica, ai sensi dell’art.1, comma 2, del d.l.
n.7/2002, convertito nella legge n.55/2002, è altrettanto vero che l’esito
positivo della V.I.A., rilevante nel caso di specie, rappresenta condizione
essenziale per il rilascio della suddetta autorizzazione (la predetta norma
precisa tra l’altro che “l’esito positivo della VIA costituisce parte integrante
e condizione necessaria del procedimento autorizzatorio”). Pertanto, il
carattere lesivo del giudizio positivo di compatibilità ambientale opera
immediatamente, in quanto solo l’adozione del decreto di VIA favorevole al
progetto consente il rilascio dell’autorizzazione finale, con la conseguenza che
il decreto stesso è autonomamente impugnabile, assieme agli atti preparatori o
altrimenti connessi (TAR Piemonte, II, 15/4/2005, n.1028; Cons.Stato, VI,
9/6/2005, n.3043).
Occorre inoltre considerare che, stante la connessione tra pronuncia di
compatibilità ambientale ed autorizzazioni finali, la presentazione dei motivi
aggiunti avverso quest’ultime consente la deduzione di censure anche avverso
atti endoprocedimentali la cui illegittimità sia suscettibile di ripercuotersi
sui provvedimenti conclusivi.
Si è ulteriormente obiettato che il ricorso sarebbe inammissibile in relazione
alla deduzione di vizi di merito ed alla carenza della causa petendi, stante la
mancanza di norme che sorreggano le censure sollevate con l’impugnativa.
Il rilievo è infondato.
I motivi di ricorso sono incentrati su violazioni di legge (con indicazione
delle norme asseritamente violate), su carenza di motivazione (con conseguente
inosservanza dell’art.3 della legge n.241/1990) e su profili che, secondo la
prospettazione dell’esponente, essendo sintomatici di carenza di istruttoria,
oppure di illogicità o erroneità dell’azione amministrativa, costituirebbero
possibile motivo di illegittimità per eccesso di potere o per violazione di
norme procedimentali.
Preliminarmente il Collegio osserva altresì, in relazione al primo ricorso, che
il Comune di Casalpusterlengo, con l’atto di intervento ad adiuvandum, ha fatto
valere un interesse qualificato e differenziato (tale Ente, infatti, si trova a
ridosso dell’area in cui sorgerà la centrale e sul suo territorio ricade parte
del tracciato dell’elettrodotto –vedi verbale della Conferenza di Servizi del
4/9/2003, costituente il documento n.2 depositato in giudizio da Energia
s.p.a.-), ovvero l’interesse alla salvaguardia della salute dei propri abitanti.
Orbene, tale posizione avrebbe dovuto essere azionata direttamente mediante
proposizione di ricorso entro il termine decadenziale previsto dall’art.21,
comma 1, della legge n.1034/1971, giacchè il Comune di Casalpusterlengo non ha
fatto valere, come è tipico dell’intervento, un mero interesse di fatto, ma un
interesse legittimo (Cons.Stato, IV, 6/9/2006, n.5151; TAR Lazio, Roma, I,
6/6/2006, n.4303).
Ne discende che il predetto atto di intervento, proposto da soggetto
cointeressato, è inammissibile.
Entrando nel merito dell’impugnativa si osserva quanto segue.
Con il primo motivo l’esponente deduce che, essendo decorso il termine previsto
dall’art.1, comma 1, della legge n.55/2002, non può trovare applicazione nel
caso di specie la disciplina sull’autorizzazione unica, e che, qualora tale
disciplina rilevasse, avrebbe dovuto essere adottato procedimento di rilascio
dell’autorizzazione integrata ambientale, ai sensi del d.lgs.n.59/2005.
Il rilievo non può essere accolto.
L’impugnato giudizio positivo di compatibilità ambientale si è svolto secondo la
procedura prevista dalla legge n.349/1986 e dal D.P.C.M. 10/8/1988, n.377,
stante il disposto dell’art.1, comma 2, della legge n.55/2002, il quale prevede
che il suddetto giudizio sia separatamente esperito secondo la disciplina sua
propria.
L’eventuale inosservanza del termine del 31/12/2003, contemplato al comma 1,
riguardando l’assoggettamento al regime dell’autorizzazione unica, non è
suscettibile di inficiare la valutazione di impatto ambientale, facente parte di
diverso procedimento, ma, semmai, l’autorizzazione finale introdotta dalla legge
n.55/2002, non impugnata con il ricorso ma successivamente, con motivi aggiunti.
La questione è stata tuttavia superata con l’art.1 sexies, comma 8, della legge
27/10/2003, n.290 (di conversione del d.l. n.239/2003), dalla quale è desumibile
“la volontà del legislatore nazionale di stabilizzare definitivamente la
soluzione, che era invece solo transitoria, del d.l. n.7/2002 e della legge di
conversione n.55/2002” (Corte Costituzionale, 13/1/2004, n.6).
Privo di pregio è il riferimento, introdotto col motivo in questione, al d.lgs.
n.59/2005. Quest’ultimo non incide sulla contestata valutazione di impatto
ambientale, ma sull’autorizzazione finale ivi prevista, la quale peraltro
usufruisce del regime acceleratorio contemplato dall’art.17 del citato d.lgs.
n.59/2005, teso a salvaguardare gli atti del procedimento di VIA compiuti prima
della sua entrata in vigore, sia qualora il procedimento medesimo sia ancora in
corso, sia qualora, come nel caso di specie, il procedimento di verifica
positiva della compatibilità ambientale venga concluso prima dell’entrata in
vigore del d.lgs.n.59/2005.
Con il secondo rilievo la ricorrente lamenta l’insufficiente coinvolgimento
nella VIA di Regione (il cui parere non è stato acquisito), Provincia e Comuni,
nonché l’inosservanza del piano energetico regionale.
La censura è infondata.
Come visto, ai sensi dell’art.1, comma 2, della legge n.55/2002 il procedimento
di valutazione di impatto ambientale è disciplinato da proprie regole
procedurali, costituite dalla legge n.349/1986 e dal DPCM n.377/1988.
Ne deriva che valgono per essa distinte regole di partecipazione al
procedimento, il cui rispetto è assicurato dalla pubblicità, nelle forme
previste dal legislatore, dell’intenzione di realizzare l’opera e dal deposito
dei relativi documenti tecnici.
Orbene, tale partecipazione nel caso di specie è avvenuta, visto che
dall’impugnato decreto del Ministero dell’Ambiente, adottato di concerto col
Ministro dei beni culturali il 21/4/2005 (documento n.4 depositato in giudizio
dalla controinteressata), risulta che la Regione Lombardia, ancorché sollecitata
in data 15/11/2004, non ha fatto pervenire il proprio parere, che i Comuni di
Lodi, Bertonico, Turano Lodigiano e la locale Sezione dell’Associazione WWF
hanno espresso osservazioni, e che è stata data adeguata pubblicità
all’iniziativa, mettendo qualunque interessato in condizione di partecipare al
procedimento de quo.
Peraltro il Ministero delle Attività produttive, nella Conferenza di servizi del
4/9/2003, ha comunicato alle amministrazioni presenti (Regione Lombardia,
Provincia di Lodi, Comuni di Bertonico, Turano e Casalpusterlengo) la
possibilità di presentare osservazioni ai fini del procedimento di valutazione
ambientale, precisando l’avvenuta pubblicazione dell’avviso di attivazione del
procedimento stesso ed indicando la documentazione depositata ad esso relativa
(vedi la nota del Ministero dell’Ambiente datata 3/9/2003, costituente allegato
3 A al documento n.1 depositato in giudizio dall’Avvocatura, richiamato nel
verbale della predetta Conferenza costituente a sua volta il documento n.2
depositato da Energia s.p.a.).
Non trova pertanto applicazione, nel caso del giudizio di compatibilità
ambientale, la necessità, prevista dall’art.1, comma 3, della legge n.55/2002 ai
diversi fini dell’autorizzazione unica ivi introdotta, del parere del Comune e
della Provincia nel cui territorio ricadono le opere.
E’ vero che l’art.6, comma 4, della legge n.349/1986 prevede che il Ministro
dell’Ambiente si pronuncia sulla compatibilità ambientale “sentita la regione
interessata” e che la Regione Lombardia non ha invece espresso alcun preventivo
parere. Tuttavia occorre considerare che quest’ultima, ancorché sollecitata dal
Ministero in data 15/11/2004 (ovvero oltre cinque mesi prima dell’adozione
dell’impugnato decreto di compatibilità ambientale), non si è pronunciata,
dimostrando in tal modo di non avere obiezioni da sollevare. Il sentire la
Regione interessata, previsto dalla predetta norma, si è quindi risolto nella
richiesta di parere rivolta dall’amministrazione statale, cui ha fatto seguita
la mancanza di qualsiasi esplicita osservazione della Regione stessa, protratta
nel tempo.
Né è prospettabile al riguardo l’obbligo di intesa con la Regione, in quanto il
medesimo è previsto dall’art.1, comma 2, della legge n.55/2002 ai diversi fini
dell’autorizzazione unica finale ivi definita.
Ciò posto, non rilevando nella fattispecie la richiesta di un’intesa, un nulla
osta o un vero e proprio assenso della Regione, ma, semmai, la richiesta di un
parere o un’osservazione della stessa, non può trovare applicazione l’art.14,
comma 2, della legge n.241/1990, il quale prevede la Conferenza di Servizi come
strumento per superare la mancata acquisizione di vere e proprie manifestazioni
di volontà, “intese, concerti, nulla osta o assensi di altre Pubbliche
amministrazioni”, e non di atti consultivi.
Peraltro, una partecipazione consultiva della Regione nella fase preliminare del
procedimento de quo vi è stata, giacchè un suo rappresentante è intervenuto in
via interlocutoria nella Conferenza di Servizi del 4/9/2003 ed ha collaborato
all’attività istruttoria integrando il gruppo istruttore della Commissione VIA
che si è occupata del progetto in questione (pagina 44, punto 7.1 della
relazione della Commissione VIA dell’ottobre 2004, costituente allegato n.1 al
documento n.2 depositato in giudizio dall’Avvocatura dello Stato; pagina 1 della
determinazione espressa dalla predetta Commissione, costituente allegato 2 al
suddetto documento; pagina 4 della nota del Ministero dell’Ambiente datata
30/12/2003, prot.n. via/2003/15082, costituente l’allegato 5 al predetto
documento n.2).
Non rileva, ai fini della VIA, il piano energetico regionale, il quale, essendo
estraneo ai parametri di raffronto per la verifica di compatibilità ambientale
previsti dalla normativa sulla valutazione di impatto ambientale, incide invece
sull’autorizzazione finale.
Tuttavia, con nota del 30/12/2003 il Ministero dell’Ambiente ha chiesto alla
proponente chiarimenti e documentazione integrativa, al fine di dimostrare la
compatibilità con i criteri di valutazione di cui all’accordo tra Governo,
Regioni, Province, Comuni e Comunità montane del 5/9/2002 costituente parte
integrante del PER (si veda l’allegato n.5 al documento n.2 depositato in
giudizio dall’Avvocatura e l’appendice 5.3 del PER identificato come documento
n.7 depositato in giudizio dalla ricorrente), ed a conclusione dell’istruttoria
ha dato atto degli elementi di ravvisata coerenza complessiva con i suddetti
criteri (pagina 5 dell’impugnato decreto datato 21/4/2005), i quali non rilevano
come tassativi requisiti di ammissione del progetto, l’inosservanza di uno solo
dei quali sia ostativa alla stessa, ma costituiscono parametri orientativi che
l’amministrazione deve nel loro insieme valutare ai fini della determinazione
finale sul progetto proposto.
Con la terza doglianza l’istante deduce che nel contestato decreto di
compatibilità ambientale non risulta il coinvolgimento della Provincia di Lodi,
del Comune di Turano Lodigiano e dei Comuni interessati dalle emissioni che
saranno provocate dall’impianto, e che il Ministero non ha indicato le ragioni
per cui ha disatteso le osservazioni pervenute, né ha rimesso la decisione alla
Conferenza unificata di cui all’art.8 del d.lgs. n.281/1997, ai sensi
dell’art.14 ter della legge n.241/1990; l’istante ribadisce che è stato violato
il piano energetico regionale, precisando la necessità di confrontare tutti i
progetti presentati e di utilizzare i criteri valutativi costituiti dalla
prossimità alle linee di collegamento e dal parametro della migliore tecnologia
disponibile.
Il rilievo è infondato.
Come visto, l’obbligo di chiedere il parere del Comune e della Provincia nel cui
territorio ricadono le opere è riferito dall’art.1, comma 3, della legge
n.55/2002 all’autorizzazione unica, e non alla procedura di VIA, la quale
soggiace a regole di partecipazione sue proprie, che prevedono la facoltà di
partecipazione al procedimento degli interessati ad esito della pubblicazione
dell’istanza di pronuncia di compatibilità ambientale, facoltà che nel caso di
specie è stata assicurata, attraverso le dovute forme di pubblicità, dal
Ministero, nonchè la facoltà, e non l’obbligo, di ricorrere alla Conferenza di
servizi ex artt.14 e seguenti della legge n.241/1990.
Ciò premesso, di fronte alle problematiche riguardanti la qualità dell’aria,
sollevate dal Comune di Lodi, all’opposizione a partecipare a qualsiasi
confronto, deliberata dai comuni di Bertonico e Turano Lodigiano, alla lamentata
esclusione dalla VIA del progetto di sviluppo dell’area ex Sarni, espressa dal
WWF, il Ministero dell’Ambiente con l’atto impugnato ha dato puntuale contezza
delle ragioni che presiedono alla valutazione positiva, ed ha assicurato la
maggiore aderenza possibile del progetto ad esigenze di salvaguardia ambientale
dettando prescrizioni a presidio della qualità dell’aria (implicitamente
rispondendo alle obiezioni del Comune di Lodi, oltre che alle dichiarate
opposizioni dei predetti Enti), dell’ambiente idrico, del suolo, della
vegetazione e dell’impatto acustico.
Nè la normativa sulla VIA contempla, a superamento di pareri contrari espressi,
la necessità di convocare una Conferenza dei Servizi.
Peraltro, come visto, nel corso della Conferenza di Servizi del 4/9/2003 il
Ministero delle Attività Produttive, dando lettura della nota del Ministero
dell’Ambiente datata 3/9/2003, ha precisato alle Amministrazioni presenti (tra
le quali la Provincia di Lodi, la Regione Lombardia ed i Comuni di Bertonico,
Turano Lodigiano e Casalpusterlengo) l’avvio del procedimento VIA, le forme di
pubblicazione dell’attivazione del procedimento stesso e l’invito a presentare
le proprie valutazioni ai fini della VIA, garantendo alle stesse una possibilità
di partecipazione ulteriore rispetto a quella assicurata dalla pubblicità
esperita su quotidiani (vedasi il verbale della predetta Conferenza depositato
in giudizio, come documento n.2, dalla controinteressata, nonché l’allegato 3 al
documento n.1 depositato in giudizio dall’Avvocatura dello Stato), e tuttavia la
provincia non ha espresso le proprie osservazioni ai fini della determinazione
di compatibilità ambientale prevista dall’art.6 della legge n.349/1986, a
differenza dei Comuni di Lodi, Bertonico, Turano Lodigiano e della Sezione Alto
Lodigiano del WWF (pagina 27 dell’impugnato decreto ministeriale datato
21/4/2005).
Per quanto attiene ai criteri indicati nel PER, il Collegio, pur ribadendo che
il medesimo è riferito al rilascio delle autorizzazioni e non alla VIA, osserva
che il decreto positivo di valutazione ambientale, alla pagina 5, evidenzia che
“la localizzazione della centrale…prende l’avvio dalle considerazioni
localizzative presenti nel piano energetico regionale, che attribuisce all’area
3 (Lodigiano) una priorità elevata per l’insediamento di nuove grandi centrali
termoelettriche” e che il sito scelto ricade ad una rilevante distanza (compresa
tra i 20 ed i 30 chilometri) dalle altre centrali esistenti.
Il progetto in questione, sotto i profili della compatibilità con gli strumenti
di pianificazione (vedasi le pagine 8 e seguenti della relazione istruttoria
datata ottobre 2004 della Commissione per le valutazioni dell’impatto ambientale
presso il Ministero dell’Ambiente, costituente l’allegato n.1 al documento n.2
depositato in giudizio dall’Avvocatura dello Stato) e con le esigenze di
fabbisogno energetico (pagina 7 della predetta relazione e pagina 5
dell’impugnato decreto del Ministero dell’Ambiente), del grado di innovazione
tecnologica con particolare riferimento al rendimento energetico ed al livello
di emissioni dell’impianto (punto 2.1 di detto decreto), utilizzo delle migliori
tecnologie (pagina 2 della nota del Ministero dell’Ambiente del 30/12/2003
–allegato n.5 al documento n.2 depositato dall’Avvocatura dello Stato-) e
utilizzo dell’energia termica cogenerata (pagina 5 del decreto), appare
nell’insieme coerente con la finalità del PER di conciliare le esigenze di
soddisfacimento del fabbisogno energetico con i criteri di massima efficienza ed
efficacia dei nuovi impianti.
Con il quarto motivo l’istante deduce la mancata indicazione, nello studio di
impatto ambientale, delle alternative al progetto, lamenta l’inosservanza della
legge n.443/2001 e che le localizzazioni alternative prese in esame concernono
solo le province di Lodi e Cremona, fa riferimento al parere della
Soprintendenza di Milano, Bergamo, Pavia, Sondrio, Varese, Lecco, Como, Lodi
(secondo cui l’insediamento de quo sarebbe penalizzante per il territorio) ed
evidenzia la mancanza di adeguata motivazione circa l’inosservanza della
distanza a tutela della fascia di rispetto ex art.142, comma “c”, del
d.lgs.n.42/2004 e delle zone vincolate.
Il rilievo non ha fondamento.
La pagina 13 della citata relazione istruttoria dell’ottobre 2004 (allegato n.1
al documento n.2 depositato in giudizio dall’Avvocatura dello Stato) precisa che
“il proponente ha preso in esame due alternative per la configurazione
dell’impianto: architettura due turbine a gas più due turbine e vapore e
architettura due turbine a gas più una turbina a vapore, scegliendo
quest’ultima”, mentre la pagina 12 dà atto della valutazione, da parte di
Energia s.p.a., per l’individuazione di siti alternativi, delle province di Lodi
e Cremona, precisando che la scelta della società interessata trova
giustificazione nelle “considerazioni localizzative presenti nel piano
energetico regionale, che attribuisce all’area 3 (lodigiano) una priorità
elevata per l’insediamento di nuove grandi centrali termoelettriche”, e che
lascia quindi una marginale possibilità di scelta circa le localizzazioni
alternative.
Quanto al parere espresso in data 13/10/2004 dalla Soprintendenza, il Collegio
osserva che le perplessità dalla stessa sollevate sono state recepite nel parere
espresso dal Ministero per i beni culturali in data 18/11/2004 (allegato n.3 al
documento n.2 depositato in giudizio dall’Avvocatura dello Stato), il quale ne
ha tenuto conto dettando prescrizioni a tutela del paesaggio e della fascia di
rispetto del colatore Valguercia ex art.142, comma “c”, del d.lgs.n.42/2004,
prescrizioni che sono poi state esplicitamente confermate al punto 3 del decreto
di compatibilità ambientale.
Rileva in particolare, al riguardo, il prescritto adeguamento progettuale, con
creazione di zone di verde qualificato e allontanamento dei manufatti dalla
predetta fascia di rispetto.
Nessun pregio assume il riferimento, da parte della ricorrente, alla legge
n.443/2001, giacchè l’applicazione della stessa riguarda opere espressamente
individuate dal Governo nel documento di programmazione economico finanziaria,
alle quali non risulta appartenere l’impianto in questione; inoltre, le finalità
di riequilibrio socio economico tra aree, cui si richiama genericamente la
deducente, riguarda l’atto con il quale il Governo o, in sede di prima
applicazione, il CIPE, è chiamato a qualificare l’opera come strategica, e non
la valutazione di impatto ambientale.
Non depone in senso contrario l’art.1, comma 7, lettera “i”, della legge
n.239/2004 (richiamato dalla deducente in memoria difensiva), in quanto tale
norma si limita a prevedere, nel quadro della ripartizione delle competenze tra
enti pubblici, la possibilità per lo Stato di individuare come infrastrutture
strategiche gli impianti di generazione di energia.
Con il quinto motivo la ricorrente deduce che l’applicazione analogica
dell’art.18 del d.lgs.n.190/2002 obbliga ad analizzare tutte le interferenze
dell’opera progettata con l’ambiente ed a considerare l’alternativa zero;
aggiunge che gli effetti prodotti dall’intervento non sono stati considerati
nell’ottica dello sviluppo sostenibile; lamenta che non si sono valutati tutti
gli interessi coinvolti; osserva altresì che non sono state valutate le opere
connesse alla centrale, la scarsa capacità della zona di disperdere inquinanti e
la presenza vicina di altre attività a rischio, tra cui quelle di industrie
pericolose, che non è stato richiesto il certificato di prevenzione incendi e
che il PER avrebbe dovuto considerare che già esiste nella provincia di Lodi la
centrale di Tavazzano.
Il motivo non è condivisibile.
Il citato d.lgs.n.190/2002 non può trovare applicazione nel caso di specie,
riguardando il diverso caso delle infrastrutture e degli insediamenti produttivi
strategici e di interesse nazionale.
Valgono invece, per il caso in esame, la legge n.349/1986 e il DPCM n.377/1988,
espressamente richiamate nell’art.1, comma 2, della legge n.55/2002.
Peraltro, le ragioni della mancata adozione dell’alternativa zero risultano
dalla pagina 7 della relazione istruttoria del Ministero dell’Ambiente, laddove
si precisa che la Lombardia è in una situazione largamente deficitaria, rispetto
al fabbisogno, nella produzione di energia elettrica (per il 2010 si prevede un
deficit energetico del 10% del fabbisogno, mentre la situazione al 2001 vede un
deficit del 35%), cosicché l’abbandono del progetto non sarebbe in linea con
l’obiettivo, prefissato dalla Regione, di ridurre la dipendenza energetica (TAR
Puglia, Bari, I, n.171/2004).
L’impugnato decreto, inoltre, precisa le possibili interferenze dell’opera con
tutte le componenti ambientali (aria, acqua, suolo e sottosuolo, vegetazione ed
ecosistemi, situazione acustica) ed introduce prescrizioni onde minimizzare
l’impatto con tali componenti, analizza le possibili interferenze con due vicine
industrie escludendo che incidenti che le riguardino possano coinvolgere la
centrale (la distanza tra il perimetro della zona di attenzione riguardante la
società Coneda Chimica ed il perimetro del sito di Energia s.p.a. è di 200
metri, mentre la distanza dal perimetro della zona di attenzione della società
Sovegas è di oltre 700 metri: pagine 9 e 10), specifica che l’impianto è esterno
alle tre zone di rischio degli stabilimenti Sasol s.p.a. e Sovegas s.p.a.
(pagina 5), tiene conto dei vincoli paesaggistici e a canale che vengono
interessati dall’intervento (pagina 4), presuppone una situazione
tranquillizzante in ordine al verificato impatto sulla salute (pagine 42 e 43
della relazione istruttoria), analizza l’impatto del metanodotto e
dell’elettrodotto connessi alla centrale (si vedano le pagine 10 e 11, che fanno
seguito alle considerazioni espresse nella relazione istruttoria alle pagine 18
e 19, e la prescrizione di cui al punto 1.2 del decreto), dà atto che lo studio
dell’impatto paesaggistico è stato presentato da Energia s.p.a. secondo le
indicazioni metodologiche contenute nelle “linee guida per l’esame paesistico
dei progetti” e che saranno approntati accorgimenti idonei a prevenire contrasti
con il paesaggio circostante (pagine 20 e 21), considera e vaglia le possibili
interferenze con il parco (la cui distanza minima dal sito è di 3,5 chilometri)
e con proposti siti di importanza comunitaria (la cui distanza minima è di 4
chilometri) escludendo la sussistenza di un’incidenza significativa delle opere
in questione (pagine 4 e 20), in linea con la legge n.349/1986 e con il DPCM
n.377/1988, ed evidenzia che le altre centrali esistenti più vicine sono a
distanza rilevante dall’impianto de quo (tra i 20 ed i 30 chilometri; in
particolare la centrale di Tavazzano dista 22 chilometri –pagina 5-).
Quanto alla certificazione di prevenzione di incendi, occorre osservare che la
stessa ha rilevanza ai fini dell’autorizzazione unica finale, la quale è stata
infatti rilasciata con la condizione della presentazione di progetto antincendi
e degli adempimenti necessari all’ottenimento del certificato di prevenzione di
incendi.
In ordine alla dedotta carenza del PER, si rileva che la ricorrente non ha
dimostrato che il funzionamento degli impianti autorizzati, unito a quello
dell’impianto in questione, porterebbe a superare “il valore complessivo
ammissibile per l’intera regione”, né, allo stato, risulta alcun documento
idoneo a fornire una prova al riguardo.
Con la sesta censura l’istante sostiene che lo studio di impatto ambientale
utilizza dati obsoleti, risalenti al periodo 1999/2002, non considera il piano
regionale per la qualità dell’aria e i finora riscontrati episodi di superamento
degli standard di qualità dell’aria; aggiunge che sono stati considerati i
valori di cui al D.M. 12/7/1990, e non quelli indicati dalla Regione, dal D.M.
n.60/2002 e dal d.lgs.n.183/2004; reputa inadeguato lo studio della dispersione
degli inquinanti (modello ISC3) adottato ai fini della VIA.
Il motivo è infondato.
Il rilevamento della qualità dell’aria è stato effettuato, nel triennio
2000/2002, con sei centraline esistenti nella provincia di Lodi gestite
dall’ARPA, relativamente ad anidride solforosa e biossido di azoto, nel 2001 e
2002 con la centralina di Lodi per il monossido di carbonio e il PM10, nel 2002
con la centralina di Abbadia Cerreto per l’ozono, a cui si aggiungono campagne
di rilevamento delle varie sostanze inquinanti con mezzo mobile svolte dalla
Provincia di Lodi nel 2000 a Casalpusterlengo e nel biennio 1999/2000 ad Ossago,
e da Energia s.p.a. nel maggio 2003 nei Comuni di Terranova Passerini e Turano
(si vedano le pagine 22 e seguenti della relazione istruttoria della Commissione
per le valutazioni di impatto ambientale presso il Ministero dell’Ambiente).
Orbene, il numero di analisi condotte, la loro tempistica ed il numero di
inquinanti presenti nell’aria accertati lasciano desumere una sufficiente
valutazione dei dati attuali.
In tale contesto, che vede superamenti dei valori limiti per l’ozono, il PM10 e,
in minor misura, per il biossido di azoto, senza oltrepassare il limite di
allarme, pur essendo modesta la prevista incidenza dell’opera sui livelli dei
suddetti inquinanti l’amministrazione ha ritenuto necessario l’approntamento, a
carico del proponente, di strumenti per i monitoraggi delle concentrazioni degli
inquinanti atmosferici da eseguire durante la fase di esercizio della centrale
(punti 2.4 e 2.5 del decreto). Tale misura, la soluzione di elevare il camino a
100 metri di altezza, anziché all’altezza originariamente progettata di 80
metri, ed i bassi limiti di emissione imposti per ossido di azoto e monossido di
carbonio (punto 2.1 del decreto), cui si aggiunge la misura di compensazione,
proposta da Energia s.p.a., consistente nella realizzazione di 50 ettari di
foresta planiziale (-pagina 20 della citata relazione istruttoria dell’ottobre
2004- misura recepita alla pagina 17 della successiva autorizzazione unica del
4/8/2005), appaiono nell’insieme ragionevoli rispetto allo scopo di conciliare
l’evidente necessità di nuovi impianti di produzione energetica con le esigenze
di salvaguardia ambientale proprie di una zona che presenta aspetti problematici
per concentrazioni di ozono e polveri.
I valori limite di riferimento per le emissioni inquinanti di impianti
industriali, imposti dal D.M. 12/7/1990 e dalla deliberazione della giunta
regionale n.VII/17989 del 28/6/2004, non hanno trovato nel caso di specie
isolata e meccanica applicazione ai fini della valutazione dell’ammissibilità
dell’intervento proposto, in quanto l’amministrazione non si è limitata a
verificarne l’osservanza, ma ha tenuto conto dei vigenti valori limite di
qualità dell’aria dell’ambiente sui quali le emissioni dell’impianto, ancorchè
rispettose del D.M. 12/7/1990 e della delibera del 28/6/2004, possono influire,
sia pure in modo non significativo (pagina 32 della citata relazione
istruttoria).
Invero, benché la possibile emissione di polveri da parte dell’impianto sia tale
da non modificare significativamente i livelli di polveri attualmente presenti
nella zona, benché l’effetto di formazione di ozono al suolo derivante dalla
centrale sia ritenuto poco significativo (pagina 16 del provvedimento positivo
di valutazione ambientale), e benché le emissioni di ossido di azoto e monossido
di carbonio siano limitate alla misura minima possibile (pagina 28), e comunque
al di sotto dei limiti posti in via generale dall’ordinamento (vedasi il citato
D.M. e la predetta deliberazione della giunta regionale) il provvedimento
impugnato prescrive controlli costanti della qualità delle emissioni e
monitoraggi della qualità dell’aria durante le fasi di avvio, di esercizio e di
arresto dell’impianto (punti 2.4 e seguenti).
Quanto allo studio ISC3 contestato dalla deducente, si rileva che lo stesso
rientra nell’elenco dei modelli consigliati dall’Istituto Superiore della Sanità
(pagina 27 della relazione istruttoria dell’ottobre 2004 e pagina 12 del verbale
della Commissione per le valutazioni di impatto ambientale –allegato n.2 al
documento n.2 depositato in giudizio dall’Avvocatura dello Stato-), e quindi non
è frutto di scelta arbitraria dell’amministrazione procedente; inoltre,
quest’ultima ha anche valutato, attraverso il modello “WinDimula 2”, diverso dal
sistema ISC3 e più adatto alla trattazione delle calme di vento, la diffusione
degli inquinanti in atmosfera in situazioni di calma di vento (pagine 32 e 33
della menzionata relazione e pagina 15 del verbale della predetta Commissione),
concludendo che i valori stimati col modello di studio alternativo “non si
discostano significativamente da quanto calcolato, a livello annuale, con
ISC-ST32”.
Invero, poichè il concetto di valutazione di impatto ambientale presuppone che
l’opera da valutare abbia comunque un’incidenza sui valori ambientali,
modificandoli in misura più o meno rilevante, si è trattato di stabilire se le
alterazioni conseguenti alla sua realizzazione potessero reputarsi accettabili
alla stregua di un giudizio comparativo, focalizzato da un lato sulla necessità
di salvaguardare preminenti valori ambientali, dall’altro sull’interesse
pubblico sotteso all’esecuzione dell’opera.
In tale contesto, che nel caso di specie ha visto l’introduzione, ad
integrazione dell’assenso rilasciato, di prescrizioni tese a garantire la
compatibilità ambientale dell’opera progettata, rilevano determinazioni
ampiamente discrezionali, tecniche e amministrative, sindacabili dal giudice
amministrativo entro limiti ristretti, ovvero in relazione all’eventuale
emersione delle figure sintomatiche di illegittimità costituite dall’illogicità
manifesta e dalla contraddittorietà, figure che, per quanto sopra esposto, nel
caso di specie risultano insussistenti (TAR Puglia, Bari, I, 21/1/2004, n.171;
TAR Lazio, Roma, I, 31/5/2004, n.5117; Cons.Stato, VI, 5/1/2004, n.1).
Con la settima censura la ricorrente deduce la mancanza di coordinamento col
programma di tutela e uso delle acque e col piano di gestione del bacino
idrografico; lamenta l’omessa considerazione degli scarichi dell’impianto, degli
effetti del rilascio di vapori e degli attraversamenti degli elettrodotti, i
quali potrebbero creare alterazioni alle aree sensibili.
Il motivo non è condivisibile.
Le pagine 14 e 15 della relazione istruttoria danno puntuale contezza
dell’impatto dell’opera in questione sui prelievi e sugli scarichi idrici,
prevedendo l’utilizzo di un pozzo esistente o di un pozzo di nuova costruzione,
nonché sistemi di trattamento e scarico delle acque distinti a seconda della
tipologia delle stesse (acque meteoriche, nere, di processo, calde, oleose,
acide o caustiche, chimicamente inquinate o contaminate), con utilizzo, per le
acque inquinate, di un sistema di trattamento proprio della centrale.
Alle pagine 18, 19, 29 e 30 del decreto VIA la salvaguardia del patrimonio
idrico e le esigenze di approntamento di un’adeguata rete fognaria sono
assicurate attraverso il recepimento delle risultanze istruttorie e
l’introduzione di puntuali prescrizioni, mentre l’impatto irrilevante del vapore
acqueo prodotto dalla centrale è rappresentato alla pagina 13 del decreto
medesimo.
Peraltro, il sito interessato dall’intervento non presenta caratteristiche di
pericolosità idraulica, essendo esterno alle perimetrazione del progetto di
P.A.I. dell’Autorità di bacino del fiume Po (come risulta dalla pagina 18
dell’impugnato decreto del Ministero dell’Ambiente).
Le interferenze ambientali dell’elettrodotto trovano invece puntuale analisi
alle pagine 19 e 42 della relazione istruttoria, anche sotto il profilo della
mancanza di effetti significativi delle radiazioni derivanti dai raccordi aerei,
cui fanno riscontro le pagine 10, 22 e 23 del decreto di compatibilità
ambientale.
Con l’ottava doglianza la ricorrente lamenta il difetto di un’analisi degli
effetti da esposizione a campi magnetici e l’omessa verifica della distanza
della centrale progettata (soprattutto per elettrodotto e gasdotto) rispetto ad
edifici esistenti o futuri.
Il rilievo non può essere accolto.
Per quanto riguarda il primo aspetto della censura, valgono le considerazioni
sopra espresse dal Collegio in relazione agli effetti dell’elettrodotto.
Per quanto attiene al profilo incentrato sul carente controllo delle distanze,
occorre osservare che le pagine 3-59, 3-60, 3-69 e 138 dello studio di impatto
ambientale (documento n.10 depositato in giudizio da Energia s.p.a.), indicano
la localizzazione del metanodotto, dell’elettrodotto nonchè i parametri di
rispetto degli obiettivi di qualità del campo magnetico generato cui ci si è
ispirati nella progettazione dell’elettrodotto stesso, evidenziando il rispetto
delle distanze di sicurezza (pagina 3-59 del predetto studio) e dei limiti di
valore di campo elettromagnetico generato dall’elettrodotto previsti dalla
normativa vigente (DPCM 8/7/2003 e legge n.36/2001), mentre le pagine 3-66 e
3-67 dello studio danno contezza della corretta localizzazione della centrale e
la pagina 6 della menzionata relazione istruttoria specifica le distanze tra la
centrale stessa ed altri edifici.
L’istruttoria sul punto risulta pertanto esaurientemente espletata.
La nona censura è incentrata sulla mancata previsione di adeguate misure
compensative o di impatto ambientale che devono essere adottate dalla società
proprietaria del nuovo impianto.
Il motivo è infondato.
Il contributo economico compensativo del mancato uso alternativo del territorio
e dell’impatto logistico dei cantieri è previsto dall’art.1, comma 36, della
legge n.239/2004, la quale costituisce norma precettiva, che obbliga a
corrispondere il contributo de quo una volta che è entrata in funzione la
centrale, trattandosi di corrispettivo ragguagliato ad ogni MWh di energia
prodotta. Pertanto, l’obbligo del contributo fa carico ex lege ad Energia
s.p.a., indipendentemente da qualsiasi statuizione espressa sul punto dal
provvedimento di valutazione ambientale.
In ogni caso, come già visto, quest’ultimo ha introdotto varie prescrizioni
preordinate a contenere al minimo l’impatto derivante dalla nuova struttura
(vedasi, in particolare, quelle dettate dal Ministero per i beni e le attività
culturali con nota del 18/11/2004, recepite al punto 3 del giudizio positivo di
compatibilità ambientale).
Il ricorso principale risulta quindi infondato.
Con la decima censura, introdotta con motivi aggiunti, la Provincia di Lodi
sostiene che la Regione, nell’esprimere il proprio parere sull’autorizzazione
unica, avrebbe dovuto analizzare i criteri di valutazione previsti nell’accordo
di cui alla Conferenza unificata tra Stato e Regioni del 5/9/2002 e nel piano
energetico regionale, verificando tra l’altro la coerenza dell’impianto con le
esigenze di fabbisogno energetico e sviluppo produttivo, l’innovazione
tecnologica, l’utilizzo delle migliori tecnologie, il massimo utilizzo
dell’energia termica cogenerata, la diffusione del teleriscaldamento, la
prossimità delle linee di collegamento ed il fabbisogno energetico della zona;
aggiunge che non è stata utilizzata la migliore tecnologia per l’abbattimento
del NOx.
Il rilievo non è fondato.
La Regione, in sede di parere previsto dall’art.1 della legge n.55/2002 ai fini
dell’autorizzazione unica, ha dato contezza degli elementi progettuali coerenti
con il programma energetico regionale (finalità di riduzione del deficit
energetico, limite di potenza, idoneità dell’area in questione, utilizzo delle
migliori tecnologie disponibili, coerenza dell’intervento con le reti di
distribuzione dell’energia elettrica e il gas, possibilità di cessione del
calore in cogenerazione, alimentazione a metano in linea con lo scopo di
minimizzare il rapporto tra produzione energetica ed emissioni inquinanti,
utilizzo di sito industriale già esistente).
Risulta pertanto che il progetto de quo, nei suoi vari aspetti, recepisce le
esigenze pubbliche sottese ai criteri dettati nel PER.
Tali criteri, invero, assumono valenza di parametri orientativi
nell’individuazione del progetto, da considerare nel loro insieme, e non
identificano rigidi e vincolanti requisiti, il mancato rispetto di uno dei quali
precluda l’assentibilità dell’iniziativa.
Ciò posto, la motivazione del parere regionale, esplicitata alla stregua dei
predetti criteri, appare nell’insieme dare contezza del contemperamento,
ravvisato nel progetto in questione, tra esigenze di tutela del territorio e
obiettivo di riduzione del deficit energetico, evidenziando gli aspetti della
proposta di Energia s.p.a. che risultano recepire i principi del PER e
dell’accordo di reindustrializzazione dell’area stipulato nel 1998
(deliberazione della giunta regionale n.VII/155 del 14/6/2005 –documento n.12
depositato in giudizio dalla ricorrente-).
Invero la costruzione della centrale risponde anche agli scopi ivi predefiniti
di favorire l’insediamento di nuove attività produttive (vedi il testo del
predetto accordo, costituente il documento n.29 depositato in giudizio
dall’esponente) e di riutilizzo prioritario di siti industriali già esistenti
(vedi la pagina 30 del paragrafo 5.3 dell’appendice 5 del Programma energetico
regionale del marzo 2003 –documento n.7 depositato contestualmente al ricorso-).
Quanto al profilo della necessità di utilizzo della migliore tecnologia
disponibile, la quale (identificata dalla ricorrente nella conversione
catalitica per l’abbattimento del NOx, denominata SCR) non sarebbe stata
adottata nel caso in questione, occorre osservare che mentre la pagina 5
dell’autorizzazione integrata ambientale precisa che “la produzione di ossidi di
azoto, pur significativa (e comunque inferiore a quella tipica delle altre
tipologie di CTE), è limitata ai valori minimi consentiti dalle migliori
tecnologie disponibili nell’ambito del processo di combustione del gas, in
particolare utilizzando la tecnologia DLN”, la successiva pagina 7 spiega le
ragioni che sconsigliano l’uso di abbattitori catalitici. Tali ragioni trovano
riscontro nella relazione tecnica trasmessa dall’Istituto superiore di Sanità in
data 14/1/2004 (documento n.18 depositato in giudizio dall’Avvocatura dello
Stato il 25/6/2007), secondo cui il sistema SCR propugnato dalla ricorrente
“possiede una maggiore efficienza nell’abbattimento degli ossidi di azoto ma
induce l’emissione di ammoniaca e di particolato primario”. Pertanto, la scelta
di ridurre al minimo, al livello più basso oggi imposto in ambito nazionale,
attraverso il prescritto limite di 30 mg./Nm3, l’emissione di ossidi di azoto
sia mediante bruciatori a bassa formazione di tali inquinanti, sia mediante
innalzamento del camino ad un’altezza di 100 metri e sia mediante il previsto
uso come combustibile del solo metano, appare immune da profili di erroneità ed
illogicità.
Invero, la predetta scelta incide su aspetti di discrezionalità tecnica non
censurabili, in assenza di norme cogenti sul punto, se non sotto il profilo
dell’eccesso di potere per manifesta illogicità o travisamento, nella
fattispecie insussistente (TAR Lazio, Roma, I, 31/5/2004, n.5117; TAR Puglia,
Bari, I, 21/1/2004, n.171).
Peraltro, l’art.3 delle prescrizioni dettate con l’impugnata autorizzazione
integrata ambientale raccomanda, in via cautelativa, “la predisposizione
dell’impianto per la successiva eventuale installazione di abbattitori
catalitici degli ossidi di azoto”, dimostrando una compiuta ponderazione delle
opzioni tecniche alternative praticabili.
Rileva altresì sotto il profilo della scelta della migliore tecnologia
disponibile il rendimento elettrico offerto dall’impianto, che, secondo quanto
risulta alla pagina 7 dell’autorizzazione integrata ambientale del 3/8/2005, “si
colloca intorno ai valori più alti ad oggi raggiungibili con impianti di questa
tipologia”, in linea con l’art.3 del d.lgs.n.59/2005.
Con l’undicesimo rilievo l’istante sostiene che non è stato osservato il
criterio, stabilito dalla Conferenza unificata Stato Regioni del 5/9/2002 e nel
PER, del massimo utilizzo possibile dell’energia termica cogenerata, mancando
utenze di calore significative.
La censura non è condivisibile.
Il criterio in questione, al pari degli altri prestabiliti dal PER, non integra
di per sé un requisito di ammissione del progetto, ma identifica uno degli
aspetti del progetto da valutare, assieme agli altri, ai fini della formulazione
di un apprezzamento globale positivo o negativo dell’iniziativa proposta.
Nel caso di specie, come visto in relazione alla precedente doglianza, la
Regione ha dato contezza del percorso logico seguito ai fini della propria
pronuncia favorevole, alla luce della riscontrata osservanza di larga parte dei
criteri del PER. Rileva infatti non la pedissequa aderenza ad ogni singolo
criterio, ma un percorso argomentativo dell’amministrazione che faccia leva su
una sintesi conclusiva del confronto del progetto con quei criteri, talchè se il
grado di aderenza complessiva, ancorché sia stato disatteso un qualche singolo
parametro, è soddisfacente in relazione all’obiettivo pubblico del
contemperamento di ragioni di tutela del territorio e ragioni di efficiente
produzione energetica, il parere favorevole risulta giustificato.
Nel caso di specie la Regione, oltre ad evidenziare un quadro progettuale
nell’insieme omogeneo rispetto ai principi del PER, precisa che non sono escluse
“possibilità di cessione di calore in cogenerazione ad altre utenze”,
coerentemente con quanto indicato alla pagina 5 del decreto di valutazione di
impatto ambientale (“la centrale è progettata per la cessione di calore a fini
civili ed industriali fino a 50 MWt;…la ditta Sasol, ubicata nel comparto Sud
dell’area ex Sarni, ha inviato una lettera di interesse all’acquisizione di
calore cogenerato dalla centrale in progetto”).
Né può dirsi che il criterio in questione attenga alla migliore tecnologia
disponibile, in quanto, a fronte dell’idoneità dell’impianto a cedere energia
termica, il perfezionamento di accordi tesi all’effettiva attivazione di utenze
attiene non alle caratteristiche tecniche ma alla gestione dell’impianto.
Con il dodicesimo motivo l’esponente lamenta l’omesso approfondimento
dell’impatto idrogeologico dell’impianto, con conseguente carenza di
istruttoria, stante la richiesta della Regione di depositare lo studio di
impatto idrogeologico della centrale sul territorio.
Il rilievo non può essere accolto.
Valgono al riguardo le considerazioni espresse dal Collegio in relazione al
settimo motivo di gravame: il decreto ministeriale di valutazione di impatto
ambientale, alle pagine 18, 19, 29 e 30, ha dato ampia contezza dell’analisi
delle possibili interferenze idrogeologiche.
Alle indicazioni espresse in sede di VIA, recepite nell’autorizzazione integrata
ambientale e nell’autorizzazione unica, si aggiungono le puntuali prescrizioni
per l’approvvigionamento idrico contenute alla pagina 14 di quest’ultima
(documento n.36 depositato in giudizio dalla ricorrente), laddove è confermata
la prescrizione regionale che impone ad Energia s.p.a. di presentare la
documentazione tecnica che definisca l’assetto idrogeologico della zona
interessata dai nuovi pozzi.
Orbene, il fatto che in sede di VIA sia stato accertato che “il sito di progetto
non presenta caratteristiche di pericolosità idraulica” e che è compatibile con
l’ambiente idrico la realizzazione di nuovo pozzo rispondente a determinate
caratteristiche (di profondità entro i 40 metri dal piano di campagna, al di
fuori dell’orizzonte argilloso, con portata di emungimento non superiore a 10
l/s, ecc.), ed il fatto che la Regione richieda documentazione tecnica
integrativa in un già definito contesto ambientale che ammette prelievi di acqua
da parte della centrale, consentono il rilascio dell’autorizzazione unica
accompagnata dalla prescrizione relativa allo studio idrogeologico, in coerenza
con l’art.1, comma 3, della legge n.55/2002, secondo cui tale autorizzazione può
indicare le prescrizioni a carico del proponente per il coordinamento e la
salvaguardia del sistema elettrico nazionale e la tutela ambientale.
Con la tredicesima censura la ricorrente deduce la violazione della legge
n.443/2001, valorizza il parere della Soprintendenza, datato 13/10/2004, secondo
cui l’intervento de quo sarebbe penalizzante per il territorio, sostiene che non
è stato garantito un ragionevole equilibrio tra le aree 2 e 3, aggiunge che
probabilmente con il nuovo impianto sarà superato il fabbisogno stabilito dal
piano energetico per l’area 3 e lamenta la carenza di istruttoria sotto vari
profili.
Il motivo è infondato.
L’opera in questione non rientra nell’ambito di applicazione della legge
n.443/2001, come già evidenziato nella trattazione della quarta doglianza, alla
quale si rinvia anche in relazione al citato parere della Soprintendenza del
13/10/2004.
La localizzazione dell’opera in questione e la sua potenza sono in linea con le
previsioni del PER (punto 4.4.3.5), secondo cui “la quota ulteriore da fornire
mediante la realizzazione di nuove centrali termoelettriche è…stimata in 1300
MW, elevabili in caso di mancata realizzazione di una delle nuove centrali già
autorizzate. La potenza realizzabile sarà distribuita sul territorio tenendo
conto delle seguenti indicazioni:…la fascia individuata come area 3 potrà
ospitare una potenza aggiuntiva tra 800 e 1200 MW; la fascia individuata come
area 2 potrà ospitare una potenza aggiuntiva tra 400 e 1200 MW, ma con un
livello di priorità inferiore a quello dell’area 3”.
La priorità ed il limite di potenza previsti per il sito in questione (area 3)
risultano, infatti, rispettati nel caso di specie.
Con il quattordicesimo motivo l’istante deduce la carenza di istruttoria sulla
qualità dell’aria, la mancata considerazione del parere dell’ARPA di Lodi,
l’inadeguatezza dello studio sugli inquinanti dell’aria prodotto da Energia
s.p.a., l’inosservanza del principio di precauzione, l’omessa introduzione, da
parte di Regione e Ministero dell’Ambiente, di limiti ai picchi di inquinanti
prodotti dall’impianto, in sintonia con il D.M. n.60/2002 e con il piano di
risanamento della qualità dell’aria, ed eccepisce l’incostituzionalità, per
violazione degli artt.32 e 41 della Costituzione, dell’art.1 della legge
n.55/2002.
La censura è infondata.
Valgono al riguardo le considerazioni espresse in sede di trattazione del sesto
motivo di ricorso, le quali hanno evidenziato la correttezza dell’istruttoria
condotta sul punto ai fini della VIA.
Coerentemente con gli accertamenti effettuati e le prescrizioni dettate in sede
di giudizio di compatibilità ambientale, l’autorizzazione unica ex legge
n.55/2002 (pagine 10, 15, 16 e 17) e l’autorizzazione integrata ambientale ex
art.17 del d.lgs. n.59/2005 (alle pagine 2, 3, 5, 7, 9, 11, 12 e 13) impongono
rigidi limiti per il contenimento delle emissioni inquinanti, monitoraggi sulla
qualità dell’aria e delle emissioni della centrale durante il suo esercizio, un
adeguamento dell’impianto alle migliori tecnologie entro il 2008 ai fini di
un’ulteriore riduzione delle emissioni di NOx (nella prospettiva di una
possibile revisione delle quote adesso prescritte), la creazione di una fascia
tampone a bosco per il miglioramento della qualità dell’aria.
La tutela preventiva dell’interesse pubblico ambientale alla salubrità dell’aria
si è concretato nelle predette statuizioni amministrative, le quali
rappresentano profili intensi di discrezionalità tecnico amministrativa sul
piano dell’apprezzamento e della comparazione degli interessi coinvolti,
sindacabili dal giudice amministrativo solo per manifesta illogicità o erroneità
non sussistente nel caso di specie (Cons.Stato, V, 5/3/2001, n.1207).
Inoltre, come ulteriore profilo di salvaguardia della qualità dell’aria recepito
negli atti impugnati, occorre considerare che, a fronte della deliberazione
della giunta regionale n.VII/17989 del 28/6/2004 (documento n.17 depositato in
giudizio dall’Avvocatura dello Stato il 25/6/2007), che introduce limiti di
emissione per impianti del tipo di quello in argomento pari a 30 mg./Nm3 per gli
ossidi di azoto, e pari a 50 mg./Nm3 per il monossido di carbonio, in sede di
valutazione di compatibilità ambientale il Ministero dell’Ambiente ha confermato
il predetto limite per gli ossidi di azoto, ed ha imposto il più restrittivo
limite di 40 mg./Nm3 per il monossido di carbonio, mentre la Regione,
nell’esprimere parere favorevole sull’intesa ex legge n.55/2002 con delibera
della giunta n.VIII/155 del 14/6/2005, ha abbassato il limite previsto per il
monossido di carbonio a 30 mg./Nm3, e infine il Ministero dell’Ambiente, con
l’autorizzazione integrata ambientale (pagina 15), ha confermato i restrittivi
limiti da ultimo stabiliti nella misura di 30 mg./Nm3 per i due inquinanti.
Pertanto le problematiche evidenziate dall’ARPA con nota del 4/6/2004
corrispondono a quelle valutate nel corso della successiva istruttoria condotta
dalla Commissione ministeriale per le valutazioni di impatto ambientale, dalla
Regione e dal Ministero, ed hanno trovato risposta nell’articolato regime di
prescrizioni introdotte con le autorizzazioni finali.
In tale contesto, avendo l’amministrazione stabilito prescrizioni e misure
idonee a contemperare l’interesse al soddisfacimento del fabbisogno energetico e
l’interesse alla salubrità dell’ambiente, nell’ambito dell’ampia discrezionalità
consentita dall’art.1 della legge n.55/2002, è irrilevante ai fini della
decisione della causa la questione di illegittimità costituzionale sollevata,
peraltro in modo apodittico, dalla ricorrente.
La questione appare anche manifestamente infondata, visto che l’art.1, comma 1,
della legge n.55/2002, al fine di ovviare al pericolo di interruzione di
fornitura di energia elettrica, tiene conto da un lato dell’interesse pubblico
sotteso alla costruzione e all’esercizio di impianti di energia elettrica,
dall’altro, valorizzando le risultanze del distinto procedimento di VIA, della
necessità di salvaguardare preminenti interessi ambientali, contemperando il
principio della libera iniziativa economica funzionale alla sicurezza del
sistema elettrico nazionale con le esigenze della salubrità dell’ambiente.
Con il quindicesimo rilievo l’esponente osserva che nella Conferenza di Servizi
istruttoria non è stata assicurata la partecipazione di tutti gli enti
interessati, costituiti anche dai Comuni nel cui territorio ricadono le opere
connesse alla centrale, dai Comuni che saranno coinvolti dalle emissioni
dell’impianto e dal Consorzio Parco Adda Sud; lamenta la carenza di motivazione
in cui sarebbero incorsi Regione, Ministero dell’Ambiente e Ministero delle
Attività produttive, e aggiunge che la Regione, il Ministero dell’Ambiente ed il
Ministero delle Attività produttive non hanno dato riscontro alle considerazioni
dell’ARPA di Lodi e della Provincia di Lodi; sostiene che l’autorizzazione
integrata deve essere preceduta dalla Conferenza di Servizi ai sensi dell’art.5
del d.lgs. n.59/2005, che non è stata utilizzata la migliore tecnologia
disponibile e che non è stata data motivazione circa il mancato accoglimento
delle osservazioni della Provincia di Lodi; la deducente lamenta inoltre
l’errata applicazione degli artt.5, 97, 117 e 118 della Costituzione.
Il motivo non può essere condiviso.
Premesso che la centrale ed il relativo metanodotto ricadono sul territorio dei
comuni di Bertonico e Turano Lodigiano, e che l’elettrodotto riguarda i comuni
di Turano Lodigiano e Casalpusterlengo (vedasi la relazione istruttoria della
Commissione presso il Ministero dell’Ambiente alla pagina 7), si rileva che tali
enti, unitamente alla provincia di Lodi, sono intervenuti nelle Conferenze di
Servizi del 15/6/2005 e 8/7/2005 (documenti nn.21 e 23 depositati in giudizio
dalla ricorrente), e durante quest’ultima hanno espresso la propria contrarietà
alla realizzazione della centrale in argomento, in linea con l’art.1, comma 3,
della legge n.55/2002, laddove statuisce “l’obbligo di richiedere il parere
motivato del comune e della provincia nel cui territorio ricadono le opere…”.
Pertanto, stante l’univoco disposto della suddetta norma, l’amministrazione
procedente non era tenuta ad acquisire anche il parere del Parco Adda Sud, e
degli altri comuni. Quest’ultimi, comunque, avrebbero potuto avvalersi della
facoltà di intervenire al procedimento, attraverso la presentazione di
osservazioni o l’intervento nella Conferenza di Servizi, senza che rilevi per
essi alcun obbligo al riguardo, secondo quanto prevede l’art.1, comma 2, prima
parte, della predetta legge.
Il Collegio ritiene quindi, alla luce del menzionato art.1, comma 3, che le
amministrazioni locali interessate, di cui è richiesta inderogabilmente la
convocazione e la partecipazione alle conferenze di servizio indette, siano
soltanto i comuni e la provincia nel cui territorio ricadono le opere.
Il coinvolgimento specifico di tutti gli altri enti potenzialmente coinvolti
dalle emissioni della centrale allargherebbe a dismisura la platea dei soggetti
partecipanti, introducendo profili di incertezza, ben potendo anche enti
territoriali situati a notevole distanza dal sito in cui sorge l’opera reclamare
conseguenze di tipo ambientale in relazione alle eventuali emissioni ritenute
insalubri, in contraddizione con i profili di concentrazione e celerità,
ritenuti primari dalla legge n.55/2002 ai fini dell’istruttoria dello specifico
procedimento autorizzatorio previsto (TAR Piemonte, II, 15/4/2005, n.1028; TAR
Lazio, Roma, II, 23/8/2005, n.6267; Cons.Stato, VI, 11/2/2004, n.458). Nulla
esclude che tali soggetti possano comunque partecipare volontariamente al
procedimento ai sensi degli artt.9 e 10 della legge n.241/1990.
Tale assetto di coinvolgimento delle amministrazioni locali tiene conto della
necessaria celerità con cui, allo scopo specificato dall’art.1, comma 1, della
legge n.55/2002 “di evitare il pericolo di interruzione di fornitura di energia
elettrica su tutto il territorio nazionale e di garantire la necessaria
copertura del fabbisogno nazionale”, le funzioni amministrative concernenti la
costruzione di impianti di energia elettrica di particolare rilievo devono
essere svolte: il previsto “obbligo di richiedere il parere motivato del Comune
e della Provincia nel cui territorio ricadono le opere” e la necessità del
conseguimento di un’intesa con la Regione assicurano peculiare ma sufficiente
coinvolgimento degli enti locali, giustificato dalla specialità del procedimento
de quo, in linea con gli artt.5, 97, 117 e 118 della Costituzione (Corte
Costituzionale, 13/1/2004, n.6).
Non rileva la circostanza, evidenziata con la censura in esame, che la prima
Conferenza di Servizi (del 15/6/2005) sia stata indetta dopo il decreto di
compatibilità ambientale.
Invero, come già visto, il procedimento teso al rilascio dell’autorizzazione ex
legge n.55/2002 soggiace, stante l’art.1, comma 2, secondo paragrafo, della
legge stessa, a regole procedurali autonome rispetto a quelle valevoli per la
determinazione sull’impatto ambientale, al cui procedimento la ricorrente ha
avuto a suo tempo la possibilità di partecipare.
Né rileva la circostanza che la Regione abbia espresso il proprio parere prima
della suddetta Conferenza di Servizi. Ciò in quanto il parere favorevole,
deliberato dalla giunta regionale con atto n.VIII/155 del 14/6/2005 e
riguardante l’intesa che, in virtù dell’art.1, comma 2, primo paragrafo, della
legge n.55/2002, la regione interessata è chiamata a decidere, è stato
comunicato in tutti i suoi contenuti nella Conferenza del 15/6/2005, come
risulta dal verbale di quest’ultima, laddove dà atto della comunicazione e del
deposito della deliberazione regionale agli atti della conferenza.
Nemmeno è condivisibile la tesi della carenza di motivazione.
La Regione, nella premessa della deliberazione n.VIII/155 del 14/6/2005,
puntualizza le ragioni giustificanti la realizzazione dell’intervento, e, al
tempo stesso, al fine di assicurare il contemperamento delle esigenze di
produzione energetica con quelle ambientali, propone articolate prescrizioni
sulle questioni geologiche, idriche, della qualità dell’aria, dell’inquinamento
acustico, e riguardanti la riqualificazione e l’inserimento ambientale
(documento n.12 depositato in giudizio dalla ricorrente), prescrizioni che sono
state recepite dall’art.2 dell’autorizzazione unica del 4/8/2005, coerentemente
con l’art.1, comma 3, primo periodo, della legge n.55/2002, il quale demanda al
suddetto permesso l’indicazione delle prescrizioni e degli obblighi di
informativa posti a carico del soggetto proponente “per garantire il
coordinamento e la salvaguardia del sistema elettrico nazionale e la tutela
ambientale”.
Quest’ultima e l’autorizzazione integrata ambientale datata 3/8/2005 danno
dettagliata contezza dell’iter logico seguito ai fini della determinazione
finale, evidenziando i pro e i contro dell’installazione della centrale e
precisando le prescrizioni tese ad ovviare agli aspetti problematici accertati
nel corso dell’istruttoria.
In ordine al lamentato difetto di motivazione sotto il profilo dell’omessa
spiegazione del discostamento dalle osservazioni presentate dalla Provincia di
Lodi nella Conferenza di servizi dell’8/7/2005, incentrate sull’attuale
criticità ambientale per alcuni parametri di qualità dell’aria, sul mancato
invito del rappresentante del Parco Adda Sud, sul mancato interpello della
Provincia di Lodi da parte della Regione circa le linee di sviluppo della zona
in questione, e su una non meglio precisata carenza documentale nell’istruttoria
regionale, nonchè sulla richiesta della stessa Provincia di analizzare l’impatto
ambientale con modelli di studio diversi, il Collegio osserva quanto segue.
Il pregresso reiterato superamento dei limiti fissati per alcuni parametri di
qualità dell’aria è stato considerato dall’amministrazione già nella precedente
fase della valutazione di impatto ambientale, la quale è culminata in
provvedimento positivo integrato da prescrizioni che tengono conto della attuale
situazione di criticità dell’ambiente atmosferico per alcuni inquinanti. Tali
prescrizioni hanno trovato conferma e integrazione sia con il decreto di
autorizzazione unica del 4/8/2005 (pagine 10 e 17), il quale prevede anche la
realizzazione di foresta di 50 ettari, proposta da Energia s.p.a. nello studio
di impatto ambientale, e contempla limiti di emissione dell’impianto ancor più
restrittivi di quelli previsti nel decreto positivo di compatibilità ambientale
(confronta la pagina 15 della prima con la pagina 28 del secondo), sia con il
decreto di autorizzazione integrata ambientale del 3/8/2005 (artt.1 e seguenti).
Quest’ultimo, inoltre, alla pagina 7 dà contezza delle controdeduzioni del
Ministero ad obiezioni sollevate dalla ricorrente e da altri comuni, mentre il
decreto autorizzatorio del 4/8/2005 alla pagina 3 precisa le ragioni della
mancata convocazione del Parco Adda Sud (sulla quale peraltro il Collegio si è
già soffermato), alla pagina 7 replica che le dedotte argomentazioni sulla
criticità ambientale non aggiungono nulla di nuovo all’esito dell’istruttoria
condotta dall’amministrazione in quanto non dimostrano l’incidenza dell’impianto
sulle prospettate criticità, e alle pagine 7-8 precisa che la Regione ha
facoltà, e non obbligo, di interpellare gli enti territoriali, come risulta
dall’art.1, comma 2, ultimo paragrafo della legge n.55/2002.
Pertanto, gli atti relativi al procedimento VIA ex legge n.349/1986,
all’autorizzazione unica ex legge n.55/2002 ed alla autorizzazione integrata
ambientale ex d.lgs. n.59/2005 danno nell’insieme contezza delle interferenze
dell’opera su tutte le componenti dell’ambiente, evidenziano gli aspetti
problematici e introducono prescrizioni tese a rispondere alle criticità
rilevate, palesando nel loro insieme le ragioni per cui vengono disattese le
obiezioni della Provincia di Lodi.
Quanto ai modelli di studio proposti dalla ricorrente, il Collegio, nel
richiamare il giudizio esposto nella trattazione della sesta censura, ribadisce
che già nel procedimento di valutazione ambientale è stato precisato che lo
studio delle ricadute di inquinanti dell’aria provenienti dall’impianto nella
fase di esercizio si basa sul modello ISC3-ST, la cui scelta risulta legittima
per il fatto che esso rientra nell’elenco dei modelli consigliati dall’Istituto
superiore di Sanità (pagina 27 della relazione istruttoria datata ottobre 2004
del Ministero dell’Ambiente, costituente l’allegato n.1 al documento n.2
depositato in giudizio dall’Avvocatura dello Stato) e che la sua applicazione è
stata seguita dall’utilizzo di un sistema di analisi di diversa tipologia le cui
risultanze non hanno smentito le precedenti conclusioni (pagina 33 della
relazione istruttoria menzionata).
Parimenti non condivisibile è il profilo della censura in esame incentrato sulla
mancata convocazione della conferenza di servizi ai fini del rilascio
dell’autorizzazione integrata ambientale, ai sensi dell’art.5 del d.lgs.
n.59/2005.
Si osserva al riguardo che l’art.17 del d.lgs. n.59/2005 prevede un regime
transitorio speciale per i procedimenti che, come quello in questione, sono già
iniziati al momento dell’entrata in vigore della suddetta normativa, imponendo
alle autorità competenti di concludere l’iter procedurale attenendosi ai
principi ed alle regole di sollecita adozione del provvedimento conclusivo
fissate nello stesso art.17, senza necessità di convocare apposita conferenza di
servizi ai sensi dell’art.5 del d.lgs. n.59/2005.
La correttezza dell’istruttoria condotta ai fini del rilascio
dell’autorizzazione integrata ambientale risulta dalle approfondite ed
articolate considerazioni e prescrizioni espresse ai fini della presupposta VIA,
fatte proprie dall’autorizzazione stessa, dalle ulteriore analisi di cui è dato
atto nella relazione preistruttoria del 7/7/2005 e richiamate
nell’autorizzazione de qua, dalle considerazioni in essa contenute sull’impiego
della migliore tecnologia disponibile (pagina 7), dai rigidi limiti di emissione
ivi dettati (art.2), dalla prescrizione cautelativa di predisposizione
dell’impianto ad abbattitori catalitici degli ossidi di azoto (art.3, comma 2).
Quanto alla mancata predisposizione preventiva di un piano di monitoraggio
conforme alle specifiche contenute nell’art.7, comma 6, del d.lgs. n.59/2005, il
Ministero precisa alla pagina 8 dell’autorizzazione integrata ambientale che ciò
è dipeso, ricadendo il procedimento nella fase di transizione tra la legge
n.55/2002 ed il d.lgs. n.59/2005, dall’avvenuta presentazione del progetto al
livello di dettaglio previsto dalla prima legge, ed offre una ragionevole
soluzione con gli artt.5 e 6 del provvedimento, i quali prescrivono
l’approntamento di un piano di monitoraggio e controllo in linea con l’art.7,
comma 6, del d.lgs.n.59/2005, che deve essere predisposto dal richiedente almeno
dodici mesi prima della comunicazione di inizio attività.
Con il sedicesimo motivo la ricorrente deduce che manca una qualsiasi indagine
di verifica del rispetto delle prescrizioni imposte; osserva inoltre che,
contrariamente a quanto assicurato nella prima conferenza di servizi, non sono
state svolte valutazioni comparative circa le prescrizioni del Ministero
dell’Ambiente e della Regione, e che la valutazione comparativa è mancata anche
riguardo alle prescrizioni del Comando provinciale dei vigili del fuoco.
Il rilievo è infondato.
Entrambe le autorizzazioni impugnate con i motivi aggiunti espongono le
prescrizioni che, ai fini dell’insediamento e dell’esercizio della centrale, la
società proponente deve osservare.
La mancanza di una analisi comparativa di dette prescrizioni non rappresenta di
per sé ragione di illegittimità, giacchè non risulta alcun profilo di
contraddizione o incompatibilità tra le stesse (con la sola eccezione della
necessità di autorizzazione ad escavare e di concessione di derivazione, cui fa
riferimento la Regione con deliberazione n.VIII/155 del 14/6/2005, le quali sono
state però assorbite dall’autorizzazione unica ex legge n.55/2002, sia pure con
prescrizioni), tale da richiedere modifiche o coordinamenti, ma, semmai, attiene
al merito, alla mera opportunità della contestata scelta di non redigere un
quadro comparativo dei vari precetti amministrativi introdotti.
Peraltro, l’insieme degli stessi risulta ben chiaro e comprensibile, visto che è
puntualmente riprodotto nelle autorizzazioni impugnate.
Quanto alla dedotta mancanza di indagini, va considerato che le stesse attengono
alla fase della realizzazione dell’intervento, ovvero al corretto esercizio
delle iniziative assentite, e non alla legittimità dei permessi rilasciati.
La diciassettesima doglianza è incentrata sull’illegittimità, per carenza di
istruttoria ed eccesso di potere, del parere del comando provinciale dei vigili
del fuoco, il quale è positivo nonostante dia atto dell’incompletezza della
documentazione prodotta dalla società proponente.
Il rilievo non può essere accolto.
Il predetto parere dà atto che la predetta documentazione non indica
esplicitamente tutte le attività incluse nel D.M. 16/2/1982, precisa che per
l’attività della centrale è stata effettuata la valutazione antincendi a livello
di analisi preliminare di sicurezza con previsione di impianti di protezione e
spegnimento, non accompagnata da elaborati grafici in scala opportuna per
individuare la distribuzione di fabbricati, impianti, apparecchiature, accessi,
vie di fuga, elementi di protezione, aggiunge che per la rete di trasporto del
metano gli elaborati grafici descrivono il rispetto del D.M. 24/11/1984 ma non
le distanze di sicurezza, ed evidenzia che per altre attività vi è stata
un’analisi preliminare di sicurezza molto sintetica.
In sostanza si tratta di integrazioni documentali cui Energia s.p.a. è chiamata
ai fini della esauriente dimostrazione del rispetto della normativa antincendio
nel dettaglio dei profili progettuali di tutte le attività previste, e che
giustificano espresse prescrizioni condizionanti il parere favorevole.
L’amministrazione procedente ha valorizzato tali precetti recependoli come
condizioni dell’autorizzazione unica (art.2, pagina 17), cosicchè non è
possibile l’installazione e l’avvio della centrale senza il dimostrato rispetto
degli stessi ed il conseguimento del certificato di prevenzione incendi.
Con il diciottesimo motivo la ricorrente lamenta l’approssimativo studio degli
effetti dell’opera sull’ambiente, evidenziando la mancanza di istruttoria
riferita al piano di tutela dell’aria e dell’acqua, agli effetti
sull’agricoltura ed agli attraversamenti dell’elettrodotto.
Il rilevo non è condivisibile.
Valgono sul punto le considerazioni di infondatezza espresse in relazione al
quinto, sesto, settimo e ottavo motivo del ricorso principale.
Invero, le risultanze della positiva conclusione del procedimento di valutazione
di impatto ambientale, avvenuta prima dell’entrata in vigore del d.lgs.
n.59/2005, sono fatte salve dall’art.17, comma 2, dello stesso. Ed in effetti la
contestata autorizzazione integrata conferma le prescrizioni del pregresso
giudizio di incompatibilità ambientale, integrandolo con ulteriori motivazioni.
Per quanto riguarda il possibile impatto dell’opera sull’agricoltura, l’analisi
delle interferenze dell’impianto sul clima, sull’aria (rispetto alla quale
peraltro sono stati introdotti rigidi limiti di emissione, è stata prescritta
una più elevata altezza del camino e sono stati previsti ulteriori monitoraggi)
e sull’acqua escludono cambiamenti dannosi per la stessa (vedi la più volte
citata relazione istruttoria dell’ottobre 2004).
La diciannovesima censura è incentrata sulla mancata previsione di misure
compensative, sulla incongrua localizzazione prevista per l’intervento di
riqualificazione consistente nel piantare una foresta planiziale e sulla
circostanza che le misure compensative che la Regione può promuovere tra
proponente ed enti locali sono di impossibile attuazione, visto che
l’autorizzazione è già stata rilasciata.
Il motivo è infondato.
Per quanto riguarda le misure compensative, si rimanda al giudizio espresso dal
Collegio in sede di trattazione del nono motivo di ricorso, mentre in ordine
alla prevista piantagione (pagina 17 dell’autorizzazione unica) la scelta di
ubicarla in aree adiacenti alla centrale appare del tutto ragionevole.
Invero, è indimostrata la tesi della ricorrente secondo cui le maggiori ricadute
di inquinanti si avrebbero solo ad alcuni chilometri di distanza dalla centrale,
a differenza dei benefici effetti della prevista foresta che invece (sembra
potersi desumere dall’apodittico ragionamento della ricorrente) ricadrebbero
solo nelle aree in cui questa è localizzata.
In conclusione, il ricorso n.2221/2005 ed i relativi motivi aggiunti devono
essere respinti, l’atto di intervento ad esso riferito deve essere dichiarato
inammissibile, mentre il ricorso n.2654/2005 va dichiarato inammissibile stante
il principio del ne bis in idem.
Sussistono, tuttavia, giusti motivi per compensare tra le parti le spese di
giudizio, compresi gli onorari difensivi.
P.Q.M.
il Tribunale Amministrativo Regionale della Lombardia, Quarta Sezione,
definitivamente pronunciando sul ricorso n.2221/2005 ed i relativi motivi
aggiunti, nonché sul ricorso n.2654/2005, li riunisce e così dispone:
-quanto al ricorso n.2221/2005, respinge l’impugnativa principale ed i relativi
motivi aggiunti, e dichiara inammissibile l’atto di intervento ad adiuvandum;
-quanto al ricorso n.2654/2005, lo dichiara inammissibile.
Compensa tra le parti le spese di giudizio, compresi gli onorari difensivi.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso, in Milano, nelle Camere di Consiglio del 10 e dell’11 luglio 2007,
con l’intervento dei Magistrati:
Maurizio Nicolosi - Presidente
Paolo Passoni - Consigliere
Gianluca Bellucci - Primo Referendario est.
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