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TAR MOLISE, 9 febbraio 2007, sentenza n. 92
 

Caccia - Provincia - Provvedimenti limitativi della pratica venatoria per motivi di tutela della fauna - Legittimità - Art. 51 L.R. Emilia Romagna n. 8/94. L’art. 51 della L.R. Emilia Romagna 15.2.1994, n. 8 autorizza la Provincia ad intervenire con provvedimenti limitativi della pratica venatoria per motivi di tutela della fauna. Sicchè è legittima la delibera che individui, sul territorio provinciale, dei limiti parziali - quanto a modalità - nell’esercizio della caccia e segnatamente nell’utilizzo di richiami vivi. Pres. Giaccardi, Est. Marra - Associazione nazionale libera caccia (avv.ti Trotta e Marcovecchio) c. Provincia di Parma (avv.ti Conti e Fatica) - T.A.R. MOLISE - 9 febbraio 2007, n. 92

 

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO


IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE

PER IL MOLISE

CAMPOBASSO

SEZIONE UNICA

 


Registro Sentenze: 92/2007

Registro Generale: 218/2005


nelle persone dei Signori

 

GIORGIO GIACCARDI Presidente
ORAZIO CILIBERTI Cons.
ANTONIO MASSIMO MARRA Ref. , relatore

ha pronunciato la seguente


SENTENZA


nella Camera di Consiglio del 24 Gennaio 2007

Visto il ricorso 218/2005 proposto da:
ASSOCIAZIONE NAZIONALE LIBERA CACCIA
rappresentata e difesa da:
TROTTA AVV.ROMEO
MARCOVECCHIO AVV.MARIAROSARIA
con domicilio eletto in CAMPOBASSO
VIA ROMA,43
presso
TROTTA AVV.ROMEO
 

contro


PROVINCIA DI PARMA
rappresentata e difesa da:
CONTI AVV.GIORGIO
FATICA AVV.ALESSANDRO
con domicilio eletto in CAMPOBASSO
VIA P. DI PIEMONTE, 6
presso
FATICA AVV.ALESSANDRO


per l'annullamento,
della delibera 3.2.2005, n. 95 con cui la Giunta Provinciale di Parma ha disposto di vietare su tutto il territorio provinciale - a partire dalla stagione venatoria 2005-2006 - l’uso di richiami vivi, ad eccezione degli esemplari di anatra germinata, per i quali la legge non prevede l’obbligo di inanellamento.
Visti gli atti e i documenti depositati con il ricorso;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di:

ASSOCIAZIONE NAZIONALE LIBERA CACCIA

Udito il relatore dott. Antonio Massimo Marra e uditi altresì per le parti l’Avv. Trotta per l’Associazione ricorrente e l’Avv. Fatica per l’Amministrazione provinciale resistente.


Ritenuto in fatto e diritto quanto segue


FATTO


Con ricorso notificato il 14.5.2005, tempestivamente depositato, l’Associazione Nazionale Libera Caccia ha impugnato la delibera 3.2.2005, n. 95, con cui la Giunta provinciale di Parma ha vietato l’uso di richiami vivi sull’intero territorio provinciale - ad eccezione degli esemplari di anatra germinata per i quali la legge non prevede l’obbligo d’inanellamento - a far data dalla stagione venatoria 2005/2006.
Il suddetto divieto è stato disposto sul rilievo che la normativa di riferimento sarebbe stata ispirata essenzialmente alla preservazione della fauna selvatica (cfr. L. 11.2.1992, n. 157 e L.r.Emilia Romagna 15.2.1994 n. 8).
A sostegno dell’introdotta impugnativa l’Associazione interessata ha dedotto: violazione degli artt. 4 e 7 della L.11.2.1992, n. 157; violazione degli artt. 55 e 62 della L. r. Emilia Romagna 15.2.1994 n. 8; violazione della delibera della Giunta Reg. Emilia Romagna 28.7.2003 , n. 1518, incompetenza, oltre che eccesso di potere per travisamento dei fatti per sviamento motivazione illogica e contraddittoria; falsa applicazione dei principi generali di buon andamento e del criterio di efficacia.
La Provincia di Parma si è costituita in giudizio, resistendo all’impugnativa e svolgendo successivamente la propria difesa con memoria depositata nell’imminenza dell’udienza di discussione.
Anche la ricorrente ha prodotto memoria, insistendo nelle svolte conclusioni.
All’udienza del 24.1.2007 la causa è stata trattenuta a sentenza.


DIRITTO


L’infondatezza delle censure avanzate nel ricorso esime il Collegio dall’esame dell’eccezione preliminare.
Come emerge da quanto brevemente suesposto in fatto l’Associazione ricorrente lamenta sotto più profili l’illegittimità della delibera provinciale in questa sede impugnata sia con riferimento all’asserita impossibilità per la Giunta provinciale di sostituirsi al Legislatore regionale, sia all’irragionevolezza di un divieto allegatamente non sorretto da obiettive esigenze e contrastante con i principi generali che governano l’esercizio dell’attività venatoria con l’uso di richiami vivi.
La Provincia di Parma osserva, anzitutto, che la delibera impugnata avrebbe inteso dare puntuale applicazione ai principi ispiratori della normativa vigente, intesa fondamentalmente alla tutela e alla preservazione della fauna selvatica.
All’indicata conclusione dovrebbe, inoltre, pervenirsi anche considerando: 1) che il titolo stesso delle normative richiamate (L. 157/92 e L.r. 8/1994) costituirebbe indizio eloquente in tal senso prevedendo “ Disposizioni per la protezione della fauna selvatica”; 2) che l’art. 1 della L. 157/92, nel definire la fauna selvatica come “patrimonio indisponibile dello stato e tutelata nell’interesse della comunità nazionale e internazionale, stabilisce altresì che l’esercizio dell’attività venatoria è consentito, purchè non contrasti con l’esigenza di conservazione della fauna selvatica”; 3) che l’art. 1 della citata normativa regionale finalizza, poi, l’attività regionale alla gestione, protezione, raggiungimento, mantenimento dell’equilibrio faunistico ed ecologico nel territorio regionale e ne regolamenta il prelievo venatorio curando di creare le condizioni per salvaguardare le specie tutelate.
Ad avviso dell’Amministrazione dovrebbe dunque tenersi in debito conto che, la pratica venatoria utilizzante i richiami vivi non solo è scarsamente utilizzata, ma è anche ammessa - a causa dell’allegata dannosità degli esemplari di animali - solo entro rigidi limiti, trovando in ogni caso un invalicabile limite là dove l’attività venatoria contrasti con la prevalente esigenza di conservazione della fauna selvatica (arg. art. 1 della L. 157/92).
Detto ordine di idee deve essere pienamente condiviso.
Osserva, preliminarmente, il Collegio che risulta incontestata in punto di fatto la circostanza che l’impugnata delibera provinciale non sbarra il passo all’esercizio dell’attività venatoria, ma semplicemente lo limita nelle sue modalità e, segnatamente, nell’utilizzo di richiami vivi.
Si tratta, dunque, di una misura ampiamente giustificata dalle condizioni di vita degli uccelli in cattività da annoverare certamente tra i divieti parziali - quanto a modalità - di esercizio dell’attività venatoria stessa (cfr. Ord. 172/05 emessa, dal TAR Emilia Romagna - Parma, nella Camera di consiglio del 7.6.2005).
Del tutto coerentemente, quindi, la Giunta Provinciale di Parma, esercitando il potere attribuitogli dall’art. 51 della L.r. 15.2.1994, n. 8 è intervenuta con una misura che, nel prendere di mira principalmente la difesa della fauna selvatica, ha disposto il contestato divieto, che peraltro interferisce esclusivamente sulle modalità di esercizio della vista attività.
Tutto ciò, mentre consente di disattendere il rilievo opposto dall’Associazione deducente circa l’asserita illegittimità del provvedimento per incompetenza della Provincia di sostituirsi al Legislatore regionale, consente parimenti di superare l’ulteriore profilo d’illegittimità relativo all’allegato vizio di eccesso di potere per sviamento dalla causa tipica.
Come puntualmente rilevato dalla difesa dell’ente provinciale, l’art. 51 della citata L.r. n. 8/94 autorizza, infatti, la Provincia ad intervenire con provvedimenti limitativi della pratica venatoria per motivi di tutela della fauna.
Stabilisce, invero, detta norma che: “la Provincia può vietare o ridurre la caccia in tutto il territorio di competenza o in parte di esso per periodi stabiliti a determinate specie di fauna selvatica per motivate ragioni connesse alla gestione faunistica o per sopravvenute particolari condizioni ambientali, stagionali o climatiche o per malattie o altre calamità”.
D’altro canto, la normativa di riferimento nel porre degli obiettivi all’attività regionale inerente alla gestione, protezione e del mantenimento dell’equilibrio faunistico non trascura di precisare che, l’individuazione delle condizioni per la salvaguardia delle specie tutelate debba avvenire con il concorso delle province.
Ne deriva che la decisione dell’Amministrazione provinciale di vietare - ad eccezione degli esemplari di anatra germinata - l’uso dei richiami vivi sull’intero territorio provinciale appare ragionevole ed in sintonia con il surriferito quadro normativo.
Dalle svolte considerazioni discende che il ricorso deve essere respinto.
Le spese di giudizio possono restare, peraltro, integralmente compensate tra le parti.


P.Q.M.


il Tribunale Amministrativo Regionale per il Molise - Sezione Unica di Campobasso - definitivamente pronunciando, respinge il ricorso in epigrafe. Spese compensate.
La presente sentenza sarà eseguita dalla Amministrazione ed è depositata presso la Segreteria del Tribunale che provvederà a darne comunicazione alle parti.


CAMPOBASSO, li 24 Gennaio 2007

Giorgio Giaccardi Presidente
Antonio Massimo Marra Relatore
 


 

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