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TAR PUGLIA, Lecce, Sez. I, 13 agosto 2007, sentenza n. 3068
PUBBLICA AMMINISTRAZIONE - Procedimento amministrativo - Conferenza di
servizi decisoria - Dissenso manifestato dalla Regione - Ente titolare di
competenze in materia di salute e governo del territorio - Art. 117 c. 3 Cost -
Remissione della decisione alla Conferenza Stato-Regioni - Necessità - Art. 14
quater, c. 3 L. 241/1990. Il dissenso manifestato dalla Regione in sede di
conferenza di servizi decisoria, provenendo da un’amministrazione sicuramente
titolare di competenzein materia di salute e di governo del territorio (art.
117, comma 3, Cost.), determina la necessità di rimettere la decisione alla
Conferenza Stato-Regioni, ai sensi dell’art. 14 quater, comma 3, della L. 241/90
(fattispecie intervenuta in seno al procedimento inerente il terminale di
rigassificazione da ubicare nel porto di Brindisi). Pres. Ravalli, Est. Manca -
Provincia di Brindisi (avv.ti Giampietro e Durano) c. Ministero dell’Ambiente e
della Tutela del territorio e altri (Avv. Stato) e altro (n.c.) - T.A.R.
PUGLIA, Lecce, Sez. I - 13 agosto 2007, n. 3068
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA PUGLIA
SEZIONE PRIMA DI LECCE
N. 3068/2007
Reg. Dec.
N. 1772
Reg. Ric.
ANNO 2005
Composto dai Signori Magistrati:
Aldo Ravalli Presidente
Enrico d’Arpe Componente
Ettore Manca Componente - relatore
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso n. 1772/05 presentato dalla:
- la Provincia di Brindisi, in persona del Presidente pro tempore, rappresentata
e difesa dagli Avv.ti Franco Giampietro e Lorenzo Durano ed elettivamente
domiciliata in Lecce, presso lo studio dell’Avv. Giovanni Pellegrino, alla via
Augusto Imperatore 16;
contro
- la Conferenza di Servizi decisoria tenutasi presso il Ministero dell’Ambiente
e della Tutela del Territorio in data 20.6.05, convocata con nota prot. n.
11714/Q.d.V./DI del 9.6.05, ex art. 14, comma 2, l. 241/90, in persona del l.r.
pro tempore, non costituita;
- il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio, in persona del
Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Distrettuale dello
Stato di Lecce, presso cui è per legge domiciliato;
- il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio – Direzione per la
gestione dei rifiuti e per le bonifiche, in persona del Direttore Generale pro
tempore, non costituito;
- il Ministero della Salute, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato
e difeso dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Lecce, presso cui è per
legge domiciliato;
- il Ministero delle Attività Produttive, ora Ministero dello Sviluppo
Economico, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso
dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Lecce, presso cui è per legge
domiciliato;
e nei confronti
- Brindisi LNG S.p.a., in persona del l.r. pro tempore, rappresentata e
difesa dagli Avv.ti Ernesto Sticchi Damiani, Aristide Police e Gian Luca Rabitti
ed elettivamente domiciliata in Lecce, presso lo studio del primo, alla via 95°
Rgt. Fanteria 9;
per l’annullamento
- in parte qua del verbale della Conferenza di servizi tenutasi a Roma,
presso il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio, in data
20.6.05, convocata con nota prot. n. 11714/Q.d.V./DI del 9.6.05, avente il
seguente oggetto: “Legge 426/98: Sito di interesse nazionale di Brindisi”;
- di ogni altro atto connesso, presupposto e/o consequenziale.
Visto il ricorso con i relativi allegati.
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Brindisi LNG S.p.a. e dei
Ministeri intimati.
Visti gli atti della causa.
Designato alla pubblica udienza del 4 aprile 2007 il relatore dr. Ettore Manca e
uditi gli Avv.ti Durano, Libertini per l’Avvocatura dello Stato, Sticchi Damiani
e Matteo in sostituzione di Police e Rabitti.
Osservato quanto segue.
fatto e diritto
1.- Dal ricorso e dagli altri atti della causa, fra i quali la sentenza n.
4671/06 con la quale questa Sezione già, come dopo scriveremo, almeno in parte
esaminava la vicenda in oggetto, risulta che:
- il terminale di rigassificazione di Gas Naturale Liquefatto (GNL) da ubicare
nel porto di Brindisi veniva inserito nell’ambito delle infrastrutture
strategiche con deliberazione CIPE n. 121 del 21.12.01, emanata ai sensi della
legge 21.12.01, n. 443 -cd. “Legge Obiettivo”-, nonché tra le infrastrutture di
interesse comune europeo con decisione del Consiglio dell’Energia del 25.11.02;
- esso, in specie localizzato in località Capo Bianco, doveva essere costituito,
come da progetto, da un nuovo molo riservato al GNL per l’ormeggio di metaniere,
da due serbatoi di stoccaggio fuori terra e dal sistema di vaporizzazione (era
inoltre previsto il suo collegamento a due gasdotti per il trasporto del GNL
vaporizzato ad utenze locali e alla rete di trasporto);
- la realizzazione dell’impianto di rigassificazione comportava, inoltre, la
preventiva esecuzione di opere portuali e, in particolare:
a) della colmata in zona “Capo Bianco” (consistente nel riempimento di una parte
di mare con sedimenti dragati ed altro materiale);
b) del pontile nel porto esterno, zona “Capo Bianco”;
c) di un molo di sotto flutto tra le isole Pedagne.
1.1 Il relativo procedimento si svolgeva in applicazione dell’art. 8 della legge
24.11.00, n. 340, il quale prevede, all’esito dell’iter amministrativo, un unico
atto di autorizzazione alla costruzione e all’esercizio dell’impianto e delle
opere annesse, consistente in un decreto del Ministro delle Attività Produttive
emesso di concerto con il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio
e d’intesa con la Regione interessata (“Art. 8: Utilizzo di siti industriali
per la sicurezza e l’approvvigionamento strategico dell’energia.
1. L’uso o il riutilizzo di siti
industriali per l’installazione di impianti destinati al miglioramento del
quadro di approvvigionamento strategico dell’energia, della sicurezza e
dell’affidabilità del sistema, nonchè della flessibilità e della
diversificazione dell’offerta, è soggetto ad autorizzazione del Ministero
dell’industria, del commercio e dell’artigianato, di concerto con il Ministero
dell’ambiente, d’intesa con la regione interessata. Ai fini della procedura di
cui al presente articolo, per impianti si intendono i rigassificatori di gas
naturale liquido. Il soggetto richiedente l’autorizzazione deve allegare alla
richiesta di autorizzazione un progetto preliminare.
2. Il Ministero dell’industria, del commercio e dell’artigianato svolge
l’istruttoria nominando il responsabile unico del procedimento che convoca la
conferenza di servizi di cui alla legge 7 agosto 1990, n. 241, come modificata
dalla presente legge. L’istruttoria si conclude in ogni caso nel termine di
centottanta giorni dalla data di presentazione della richiesta.
3. Il soggetto richiedente l’autorizzazione, contemporaneamente alla
presentazione del progetto preliminare di cui al comma 1, presenta al Ministero
dell’ambiente uno studio di impatto ambientale attestante la conformità del
progetto medesimo alla vigente normativa in materia di ambiente. Il Ministero
dell’ambiente nel termine di sessanta giorni concede il nulla osta alla
prosecuzione del procedimento, ove ne sussistano i presupposti.
4. Qualora l’esito della conferenza di servizi comporti la variazione dello
strumento urbanistico, la determinazione costituisce proposta di variante sulla
quale, tenuto conto delle osservazioni, delle proposte e delle opposizioni
formulate dagli aventi titolo ai sensi della legge 17 agosto 1942, n. 1150, si
pronuncia definitivamente entro novanta giorni il consiglio comunale. Decorso
inutilmente tale termine, la determinazione della conferenza di servizi equivale
ad approvazione della variazione dello strumento urbanistico.
5. Nei casi disciplinati dal presente articolo, il procedimento si conclude con
un unico provvedimento di autorizzazione per la costruzione e l’esercizio degli
impianti e delle opere annesse, adottato con decreto del Ministro
dell’industria, del commercio e dell’artigianato, di concerto con il Ministro
dell’ambiente, d’intesa con la regione interessata. In assenza del nulla osta di
cui al comma 3, la decisione è rimessa al Consiglio dei Ministri che provvede ai
sensi dell’art. 14- quater, comma 3, della legge 7 agosto 1990, n. 241, come
sostituito dall’art. 12 della presente legge”).
1.2 Nel caso in esame l’autorizzazione ministeriale veniva rilasciata con
decreto del M.A.P. n. 17032 del 21.1.03, emanato, come già scritto, di concerto
con il Ministro dell’Ambiente e d’intesa con la Regione Puglia: tanto, previa
acquisizione dei pareri favorevoli e dei nulla osta delle diverse
Amministrazioni competenti.
1.3 Nell’ambito della procedura autorizzatoria, in specie, il Ministero
dell’Ambiente e della Tutela del Territorio aveva rilasciato il n.o. di cui al
comma 3 dell’art. 8 citato con nota prot. n. 12385/VIA del 14.11.02.
1.4 Come evidenziato nella citata sentenza n. 4671/06, le cui motivazioni qui
sostanzialmente si richiamano, nel nulla osta in questione si evidenziava che:
- la realizzazione dell’impianto sarebbe ricaduta all’interno di un sito di
bonifica di interesse nazionale, ai sensi della legge 426/98, del D.M. 468/2001
nonché di un decreto di perimetrazione del Ministero datato 10.1.2000;
- la bonifica dell’area “Capo Bianco” doveva essere effettuata secondo le
modalità operative previste dal D.M. 471/99;
- in una conferenza di servizi convocata dal Ministero dell’Ambiente il
3.10.2002 era stata approvata la prima fase del Piano di campionamento per la
caratterizzazione dei sedimenti marini nella zona di “Capo Bianco”, Piano
presentato dalla società interessata a realizzare il progetto: data la
situazione di potenziale inquinamento del sito, infatti, si rendeva doveroso
valutare la compatibilità dell’intervento assentito con i profili di eventuale
criticità ambientale.
1.5 Il Ministero dell’Ambiente, peraltro, nel ritenere non assoggettabili a
V.I.A le opere portuali in argomento -in quanto già incluse nel Piano regolatore
portuale precedentemente autorizzato-, subordinava la concessione del nulla osta
al rispetto, in particolare, della prescrizione che l’eventuale utilizzo dei
sedimenti dragati per la realizzazione della colmata avvenisse solo a valle
delle attività previste dal Piano di caratterizzazione, una volta accertato il
possibile riuso.
1.6 Nel parallelo procedimento volto alla bonifica dell’area “Capo Bianco”,
peraltro, il Ministero dell’Ambiente, con la conferenza di servizi decisoria
datata 20.4.2004 -la quale recepiva le conclusioni di una conferenza istruttoria
del 30.3.2004-, stabiliva che “prima della realizzazione delle opere previste è
necessario procedere alla messa in sicurezza di emergenza e alla bonifica dei
fondali interessati dalla contaminazione e quindi presentare il progetto
preliminare di bonifica dell’area interessata”. Inoltre, il progetto per la
realizzazione della colmata trasmesso dalla società Brindisi LNG era ritenuto
idoneo a contenere sedimenti marini provenienti da attività di dragaggio “a
condizione che vengano ottemperate le prescrizioni formulate dalla conferenza
dei servizi istruttoria del 30.3.2004 sopra riportate”.
1.7 Il 4 giugno del 2004 la società Brindisi LNG trasmetteva dunque alla
Provincia la documentazione relativa a “interventi di messa in sicurezza di
emergenza”.
1.8 Il 15 luglio 2004 l’ente Provincia di Brindisi rappresentava al Ministero
dell’Ambiente di avere ricevuto il predetto documento e di ritenere che il
medesimo, in realtà, dovesse essere considerato un progetto di bonifica che
esigeva, in quanto tale, prima della sua realizzazione, l’approvazione e
autorizzazione del Ministero, ai sensi dell’art 15 del D.M. 471/99.
1.9 Il 22 luglio 2004 la conferenza di servizi istruttoria tenutasi presso il
Ministero dell’Ambiente prendeva atto del documento trasmesso dalla Brindisi LNG
relativo agli interventi di messa in sicurezza che si intendevano realizzare e
raccomandava all’azienda “che tutte le operazioni di raccolta e trasferimento
dei materiali (sia dei sedimenti dragati che dell’acqua associata al fango di
dragaggio) devono avvenire in modo da non comportare rilasci per l’ambiente
circostante”.
1.10 Il successivo 22 settembre 2004 la conferenza di servizi decisoria svoltasi
presso il Ministero dell’Ambiente deliberava di prendere atto della
documentazione relativa agli interventi di messa in sicurezza di emergenza
eseguiti in zona “Capo Bianco” trasmessa dalla società Brindisi LNG con nota n.
MI 14 del 04.06.2004 -ed acquisita dal Ministero al prot. n. 10119/QdV/DI del
10.06.2004-, nonché della dichiarazione del rappresentante dell’azienda secondo
la quale gli interventi in parola erano già stati ultimati e le loro risultanze
erano contenute nel documento consegnato in data 22.07.2004 con nota prot. 132
del 21.07.2004 (acquisita dal Ministero dell’Ambiente e della Tutela del
Territorio al prot. n. 13234/QdV/DI del 23.7.2004).
1.11 La ricorrente Provincia di Brindisi chiedeva dunque l’annullamento dei
provvedimenti concernenti gli esiti delle due ultime conferenze di servizi
passate in rassegna, deducendo i seguenti vizi:
A. Eccesso di potere per carenza di istruttoria e difetto assoluto di motivazione.
B. Violazione di legge (art. 17, commi 8 e 14, del D.lgs n. 22/97 e artt. 2, 7 e 15 ed allegato 3, del D.M. 471/99). Eccesso di potere sotto svariati profili.
1.12 Con motivi aggiunti notificati il 22 febbraio 2005, la Provincia di
Brindisi impugnava inoltre le ulteriori conferenze di servizi istruttoria e
decisoria rispettivamente tenutesi il 16 dicembre e il 29 dicembre 2004.
1.13 La prima conferenza di servizi veniva in specie censurata con riguardo al
primo punto all’ordine del giorno: “Relazione relativa agli interventi di messa
in sicurezza di emergenza eseguiti - Area a mare in zona Capo Bianco”; la
seconda con riguardo alle argomentazioni di cui al secondo punto all’ordine del
giorno, relativo “alla presa d’atto degli interventi di messa in sicurezza di
emergenza di un’area marina in zona Capo Bianco attuati dalla società GNL
Brindisi”.
1.14 In particolare, nella conferenza di servizi del 16.12.2004, tenutasi presso
l’Ufficio territoriale di Governo di Brindisi, si leggeva, al primo punto
dell’ordine del giorno, che il rappresentante legale della società Brindisi LNG
“illustra i risultati delle attività di messa in sicurezza di emergenza di
cui la conferenza dei servizi decisoria del 22.09.2004 aveva preso atto. Tali
attività hanno riguardato la rimozione dei sedimenti contaminati ed il loro
invio a discarica”.
Successivamente, si riferiva che “i partecipanti alla conferenza prendono atto
che gli interventi di messa in sicurezza di emergenza posti in essere dalla
società Brindisi LNG sono stati effettuati secondo il progetto di “messa in
sicurezza di emergenza di un’area a mare in zona Capo Bianco di Brindisi” e che
i controlli effettuati dagli organi di controllo al termine delle operazioni di
asportazione dei sedimenti hanno accertato valori di arsenico inferiori a quelli
definiti da ICRAM per il sito di Brindisi”.
1.15 Nella conferenza di servizi qualificata come decisoria del 29.12.2004, al
secondo punto dell’ordine del giorno, si richiamavano quindi gli esiti della
conferenza di servizi istruttoria del 16.12.2004 e si sottolineava che le
operazioni realizzate secondo quanto previsto nel progetto di messa in sicurezza
di emergenza … di cui la conferenza di servizi decisoria del 22.09.2004 aveva
preso atto, erano consistiti nella rimozione dei sedimenti contaminati e nel
loro invio a discarica.
1.16 I motivi aggiunti, oltre ad includere un profilo di illegittimità derivata
delle conferenze di servizi del 16 e 29 dicembre 2004, ricalcavano in buona
sostanza, per quanto riguarda gli aspetti di illegittimità autonoma, le medesime
censure di illegittimità sviluppate nel contesto del ricorso introduttivo.
2.- A fronte dei fatti per come prima delineati, e delle censure svolte
dall’ente locale appena richiamate, il T.a.r. respingeva infine il ricorso per
le considerazioni che di seguito si riportano:
- “Con il primo motivo di ricorso la Provincia di Brindisi si duole
dell’acritico recepimento, operato in sede di conferenza di servizi decisoria
del 22.9.2004, delle conclusioni che il legale rappresentante della società
Brindisi LNG ha trasmesso al Ministero dell’ambiente il 22.7.2004 allo scopo di
avvalorare la legittimità ed esaustività degli interventi di messa in sicurezza
di emergenza nella zona capo Bianco del Porto di Brindisi.
La censura riguarda proprio la ritenuta possibilità di equiparare –come mostra
di fare la Brindisi LNG - interventi di messa in sicurezza di emergenza ad
operazioni di vera e propria bonifica, le quali avrebbero richiesto una
preventiva autorizzazione ai sensi dell’art 15 del D.M. 471/99, nonché di
considerare esaurita la procedura di bonifica in assenza della benché minima
attività istruttoria sulla adeguatezza delle misure adottate.
Ciò sarebbe tanto più grave se si considera che, in realtà, la Brindisi LNG ha
effettuato interventi di messa in sicurezza emergenziale a valle di indagini
tecniche parziali che hanno condotto alla disamina ed alla caratterizzazione, ad
es. dei soli sedimenti marini, in luogo della complessiva valutazione del sito
oggetto di ripristino ambientale, disattendendosi la procedura di bonifica e
ripristino ambientale disciplinata dal DM 471/99 più volte evocato.
E, ancora, a detta della ricorrente, la messa in sicurezza di emergenza, ben
lungi dall’aver conseguito il risultato divisato dalle norme, ha fatto
registrare conclusivamente concentrazioni di arsenico in alcuni campioni che
dimostrerebbero, una volta di più, la sua non equiparabilità alla bonifica vera
e propria.
Anche sotto tale profilo, dunque, gli esiti della conferenza di servizi del
22.9.2004 sarebbero viziati da illegittimità.
Con il secondo motivo di ricorso la Provincia ricorrente lamenta la violazione
delle norme che disciplinano il procedimento di bonifica.
In termini generali, la censura concerne il fatto che le misure adottate dalla
società resistente, rappresentando nella sostanza un intervento di bonifica
definitivo, avrebbero dovuto essere precedute dal preventivo assenso del
Ministero competente in ogni loro segmento (caratterizzazione, progetto
preliminare di bonifica, progetto definitivo di bonifica).
In definitiva la società Brindisi LNG avrebbe dovuto adottare effettivamente
misure di emergenza per contenere il rilevato inquinamento per poi procedere
egualmente a bonifica ambientale perché ciò avrebbe consentito finanche la
verifica, dopo un periodo congruo di monitoraggio, del perseguimento degli
obiettivi di bonifica che, invece, è stata disattesa.
La questione posta all’esame del Collegio concerne, dal punto di vista fattuale,
la realizzazione degli interventi di messa in sicurezza di emergenza preliminari
alla esecuzione delle opere portuali indispensabili alla installazione del
rigassificatore all’interno del porto di Brindisi.
Sul piano giuridico, si contendono il campo essenzialmente due tesi: quella
–sostenuta dalla ricorrente Provincia di Brindisi- secondo la quale le misure di
sicurezza emergenziali adottate dalla società Brindisi LNG, titolare della
autorizzazione alla realizzazione dell’opera in argomento, costituiscono solo la
prima fase del procedimento di bonifica disciplinato dal D.M. 471/99, con la
conseguente necessità di dare corso alle ulteriori scansioni procedimentali
previste dalla normativa di settore; e quella, di segno opposto, e di natura
sostanzialista, a dire della quale, invece, qualora le misure emergenziali
abbiano prodotto un risultato apprezzabile sul terreno della eliminazione dei
fattori di contaminazione di un sito, esse stesse possano qualificarsi come
equipollenti ad una vera e propria bonifica, la cui necessità potrebbe pertanto
escludersi.
A tal proposito, il Collegio ritiene necessario spendere alcune preliminari
considerazioni sul procedimento culminato nella emanazione del decreto
ministeriale di autorizzazione alla installazione e all’esercizio dell’impianto
di rigassificazione del quale si discute.
Il quadro normativo di riferimento è costituito, anzitutto, dalla legge 21
dicembre 2001, n. 443, la quale contiene la “Delega al governo in materia di
infrastrutture ed insediamenti produttivi strategici ed altri interventi per il
rilancio delle attività produttive”.
L’art. 1 del dettato normativo in questione afferma che “Il Governo, nel
rispetto delle attribuzioni costituzionali delle regioni, individua le
infrastrutture pubbliche e private e gli insediamenti produttivi strategici e di
preminente interesse nazionale da realizzare per la modernizzazione e lo
sviluppo del paese. L’individuazione è operata, a mezzo di un programma
predisposto dal Ministro delle Infrastrutture e dei trasporti, d’intesa con i
Ministri competenti e le regioni o province autonome interessate e inserito,
previo parere del CIPE e previa intesa della conferenza unificata di cui
all’articolo 8 del D.lgs. 28 agosto 1997, n. 281, nel documento di
programmazione economico-finanziaria”.
Il Governo, peraltro, procede alla individuazione di cui sopra secondo finalità
di riequilibrio socio-economico fra le aree del territorio nazionale, nonché a
fini di garanzia della sicurezza strategica e di contenimento dei costi
dell’approvvigionamento energetico del paese.
Altro aspetto saliente nell’esercizio della delega è stabilito dal comma 2 del
citato art. 1, a mente del quale “Il governo è delegato ad emanare, nel rispetto
delle attribuzioni costituzionali delle regioni, entro dodici mesi dalla data di
entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi volti a
definire un quadro normativo finalizzato alla celere realizzazione delle
infrastrutture e degli insediamenti individuati ai sensi del comma 1, a tal fine
riformando le procedure per la valutazione di impatto ambientale …”.
All’attuazione della delega di cui sopra il Governo ha provveduto, tra l’altro,
con il varo del Decreto Legislativo 20 agosto 2002, n. 190, che dedica una
apposita previsione alle infrastrutture strategiche nel settore energetico
(l’art 13).
Con successiva deliberazione n. 121 del 21 dicembre 2001 il CIPE ha incluso il
terminale di rigassificazione fra le infrastrutture strategiche nel settore del
gas naturale, ai sensi, appunto, della legge 443/2001, tenendo conto, tra
l’altro, di una proposta di decisione del Parlamento europeo e del Consiglio, la
quale inserisce tra le infrastrutture energetiche di interesse comune europeo la
realizzazione di un terminale di GNL sulla costa adriatica meridionale.
Il conseguente procedimento autorizzativo avviato in favore della società
richiedente Brindisi LNG ha seguito la corsia legislativa preferenziale
contenuta nella legge di semplificazione 24.11.2000, n. 340, il cui art. 8,
comma 3, prevede che il soggetto richiedente l’autorizzazione,
contemporaneamente al progetto preliminare “presenta al Ministero dell’ambiente
uno studio di impatto ambientale attestante la conformità del progetto medesimo
alla vigente normativa in materia di ambiente”.
Senonché, il progetto della Brindisi LNG ricade all’interno di un sito di
bonifica di interesse nazionale, ai sensi della legge 426/1998, la cui
perimetrazione, individuata con decreto 10 gennaio 2000, comprende l’area sui
cui andrà ad insistere la colmata di Capo Bianco.
Ciò esige l’effettuazione di una bonifica da eseguire secondo le modalità
operative previste dal D.M. 471/99.
Da siffatto contesto normativo si evince che, in materia di insediamenti
strategici di preminente interesse nazionale -tra i quali appunto, l’impianto di
rigassificazione-, risulta preponderante l’ottica della semplificazione
procedimentale, cioè la necessità di avvalersi di strumenti e di modalità
operative che permettano la celere realizzazione degli impianti in discorso.
In secondo luogo, deve pure ritenersi che la semplificazione procedimentale
privilegiata dal legislatore possa finanche tradursi in uno snellimento delle
procedure poste a tutela e a salvaguardia degli interessi ambientali, i quali,
pur non cedevoli rispetto all’esigenza di realizzare impianti produttivi di
capitale importanza per la modernizzazione del paese, sono sufficientemente
tutelati –così ritiene il legislatore- con la sola presentazione di uno studio
di impatto ambientale che ne sottolinei aspetti di criticità per l’ambiente.
E’ del pari evidente che, in questa chiave di lettura, non è consentito un
aggravio procedimentale che risulti non funzionale alla tutela effettiva di
interessi confluiti nel complesso procedimento autorizzativo.
Sono dunque queste le coordinate interpretative della fattispecie concreta posta
all’esame del Collegio, in cui si tratta di valutare se alla esecuzione di
misure di sicurezza emergenziali debba, come già detto, necessariamente seguire
la procedura di bonifica ambientale disciplinata dal D.M. 471/99.
La risposta non può che essere, per quanto osservato, nel caso specifico,
negativa.
Infatti, la tipologia di intervento emergenziale messo in atto dalla società
controinteressata si è tradotta nella elaborazione di un piano di
caratterizzazione dei sedimenti marini resosi necessario per la ubicazione
stessa delle opere di colmata in area Capo Bianco, nella stesura di un ulteriore
caratterizzazione di dettaglio volta a circoscrivere l’area di intervento e
nella conseguente asportazione di tutto il sedimento contaminato, fino allo
strato roccioso, con riduzione della concentrazione di sostanze inquinanti entro
limiti accettabili e validazione di tale esito da parte dell’ARPA Puglia -
Dipartimento di Brindisi.
Peraltro, i risultati delle operazioni di messa in sicurezza di emergenza
vengono compiutamente descritti nella relazione tecnica finale predisposta dalla
Brindisi LNG, dalla cui lettura si evince che le complessive operazioni poste in
essere sono risultate corrette sotto tutti i profili ambientali previsti in
quanto: a) non hanno determinato rilasci incontrollati di sedimenti
nell’ambiente marino; b) non hanno prodotto spargimento di materiale nella fase
di caricamento sui mezzi per l’avvio allo smaltimento; c) non hanno determinato
propagazione dell’inquinamento dal momento che l’acqua, aspirata con i
sedimenti, drenata dai sacchi di raccolta e recuperata transitoriamente in
cisterne a bordo, è risultata sempre esente da contaminazione di As, che avrebbe
potuto eventualmente essere rilasciato dai sedimenti asportati.
Aggiungasi che l’intervento di messa in sicurezza di emergenza, per le
profondità di intervento realizzate, ha comportato lo scoprimento in tutta
l’area interessata del sottostante strato di roccia, la qual cosa risulta
confermata anche dai verbali di sopralluogo e constatazione della Provincia e
dell’ARPA Dipartimento di Brindisi.
Del resto, i risultati della attività emergenziale posta in essere dalla società
Brindisi LNG sono conformi alla metodologia di indagine suggerita dall’Istituto
Centrale per la Ricerca Scientifica Applicata al Mare (ICRAM).
L’analisi del relativo piano predisposto per la caratterizzazione delle aree del
porto di Brindisi destinate al banchinamento conferma che l’obiettivo principale
risulta conseguito, essendosi scongiurato il pericolo relativo alla sussistenza
di sorgenti di inquinamento presenti sulla costa, non appropriatamente indagate
e/o esplorate.
Alla luce di questi risultati, deve ritenersi che possa trovare applicazione la
norma di cui all’art. 2 del D.M. 471/99 per effetto della quale un sito si
considera non inquinato o bonificato quando: a) siano state eliminate le fonti
di inquinamento o; b) le sostanze inquinanti non superino più i valori limite di
accettabilità.
L’aspetto centrale della questione risiede, in ogni caso, nella possibilità di
ritenere che, indipendentemente dal nomen impiegato, gli interventi emergenziali
di sicurezza ambientale possano produrre gli stessi effetti di una vera e
propria bonifica alla quale, in ipotesi, vanno equiparati.
Sotto tale profilo, occorre osservare che la bonifica è data dall’insieme degli
interventi atti ad eliminare le fonti di inquinamento e le sostanze inquinanti o
a ridurre le concentrazioni delle sostanze inquinanti presenti nel suolo, nel
sottosuolo, nelle acque superficiali o nelle acque sotterranee ad un livello
uguale o inferiore ai valori di concentrazione limite accettabili stabiliti dal
presente regolamento (art. 2, lettera e), del D.M. 471/99).
Entro siffatto paradigma normativo si colloca l’insieme delle operazioni
emergenziali poste in essere dalla società Brindisi LNG, i cui risultati,
analiticamente descritti nella nota tecnica relativa alle attività di messa in
sicurezza di emergenza, sono stati verificati e validati dall’ARPA, come già si
è ricordato prima.
Sotto tale profilo occorre osservare che la stessa difesa dei ministeri
coinvolti a vario titolo nel contesto del procedimento autorizzativo concernente
la realizzazione del rigassificatore argomenta condivisibilmente nel senso di
ritenere che, pur essendo vero che gli interventi di messa in sicurezza
d’urgenza non hanno, in linea di principio, carattere sostitutivo rispetto alla
bonifica vera e propria, ciò deve assumersi solo quando le misure indifferibili
richieste da situazioni di inquinamento ambientale di un sito non permettano di
ridurre entro limiti di accettabilità (che si identificano nei valori tabellari)
il fenomeno di inquinamento in atto, ovvero di circoscrivere adeguatamente le
sorgenti di inquinamento.
Quando, invece, le operazioni di messa in sicurezza emergenziale permettono di
scongiurare il pericolo che sussistano fonti di inquinamento presenti nell’area
interessata rimaste inesplorate, il risultato della equiparazione alla bonifica
vera e propria è conforme alla disciplina di settore.
Si è anche detto che quest’ultima appare la interpretazione più ragionevole
anche in considerazione del divieto generale di aggravio del procedimento,
sancito dall’art. 1, ultimo comma, legge 7 agosto 1990, n. 241.
Ovvia conseguenza di siffatta chiave interpretativa della materia appare la
necessità di procedere -preliminarmente alla esecuzione delle opere portuali in
esame- alla caratterizzazione dei soli elementi ambientali -nella specie, i soli
sedimenti marini- a rischio concreto e attuale di inquinamento, senza estendere
la portata delle operazioni in modo tale da ricomprendervi qualunque matrice
ambientale inclusa nel cd. modello concettuale di “sito”.
L’insieme di queste ragioni milita a favore del respingimento delle censure
sviluppate in sede di proposizione di motivi aggiunti, sostanzialmente identiche
a quanto esposto dalla ricorrente Provincia nell’ambito dell’atto introduttivo
del presente giudizio.
Il ricorso va, conclusivamente, respinto” (T.a.r. Lecce, I, 27.9.06, n. 4671,
cit.).
3.- Successivamente allo svolgimento delle Conferenze di Servizi del 22 luglio e
22 settembre 2004, nonché a quelle del 16 e 29 dicembre dello stesso anno,
conferenze i cui esiti venivano, come appena scritto, censurati avanti a questo
T.a.r. con il ricorso n. 2428/04 -ed i motivi aggiunti del 22.2.05-, respinto
con la sentenza n. 4671/06 più volte citata, l’iter amministrativo proseguiva
con i seguenti atti:
- il 6.6.05 la Brindisi LNG comunicava l’avvio delle procedure rivolte alla
ripetizione delle indagini di caratterizzazione dell’arenile a est del
molo-canale ex Enichem e trasmetteva il piano di caratterizzazione relativo ad
un tratto di arenile necessario alla costruzione di un passaggio verso l’area in
concessione alla stessa società.
- il giorno seguente la società presentava, a seguito delle osservazioni di
Provincia e Comune di Brindisi, il documento di integrazione della relazione
tecnica sui campioni di sedimento marino prelevati lungo l’area di riporto in
località Capo Bianco compresa tra il terminale GNL e la nuova area POL.
- dopo ulteriori osservazioni critiche degli enti locali si svolgeva, il
20.6.05, una nuova Conferenza di Servizi, la quale assumeva varie decisioni, e
in specie:
• in relazione al punto 2 dell’o.d.g. (“Aree a mare in zona Capo Bianco”), si
prendeva atto della circostanza che gli interventi di messa in sicurezza
d’emergenza effettuati dalla LNG nell’area marina di Capo Bianco non
evidenziavano valori di arsenico superiori a quelli di intervento stabiliti da
ICRAM per il sito di Brindisi e, pertanto, disponeva la restituzione dell’area
agli usi legittimi;
• in relazione al punto 11 dell’o.d.g. (“Area di riporto compresa tra quella
destinata al terminal GNL e la nuova area POL”), deliberava, ritenuto che i
chiarimenti forniti da Brindisi LNG rispondessero sostanzialmente alle
osservazioni di Provincia e Comune, di restituire agli usi legittimi anche
l’area in parola;
• in relazione al punto 12 dell’o.d.g. (“Arenile”), prendeva atto della nota con
cui la società comunicava l’avvio delle procedure per dar seguito alla
ripetizione delle indagini di caratterizzazione dell’arenile a est del molo
canale ex Enichem, con prelievi ed analisi dei campioni sino a 7 metri di
profondità.
• in relazione al punto 13 dell’o.d.g. (“Area di Passaggio”), infine, la C.d.S.
deliberava, sia pure a determinate condizioni, di approvare il Piano di
Caratterizzazione relativo ad un tratto di arenile di estensione pari a 600 mq.
per la costruzione di un passaggio verso l’area in concessione alla società
Brindisi LNG.
4.- Gli atti esiti della Conferenza del 20 giugno 2005 venivano quindi impugnati
con il ricorso in esame, per i seguenti motivi:
A. Illegittimità derivata (Eccesso di potere per carenza di istruttoria e
difetto assoluto di motivazione. Violazione di legge. Contraddittorietà).
B. Eccesso di potere per difetto assoluto di motivazione. Contraddittorietà.
Violazione di legge (art. 3, comma 1, l. 241/90).
C. Violazione di legge. Incompetenza. Inosservanza dell’art. 14 quater l.
241/90.
5.- Tanto esposto, debbono anzitutto esaminarsi, e disattendersi, le eccezioni
di inammissibilità del ricorso formulate dalla controinteressata.
5.1 In ordine alla necessità della notifica dell’atto d’impugnazione anche
all’ente regionale, in primo luogo, il Collegio rileva che la Conferenza di
Servizi, anche dopo la legge 15 maggio 1997 n. 127 e il d.P.R. 24 novembre 2000
n. 340, non ha natura di organo collegiale ma costituisce una modalità di
semplificazione dell’azione amministrativa, finalizzata, nella sua accezione
decisoria, alla più celere formazione di atti complessi, ossia di atti per la
cui formazione è necessario il concorso di volontà di più amministrazioni:
indipendentemente dalla sottoscrizione del relativo verbale, dunque, la
deliberazione assunta, a maggioranza, peraltro come diremo secondo una procedura
non conforme alle previsioni dell’art. 14 quater l. 241/90, non poteva essere
imputata alla Regione dissenziente e, quindi, comportare la necessità di
notificare anche ad essa il ricorso in oggetto.
5.2 Il contenuto dell’atto impugnato, poi, per il suo carattere dichiaratamente
deliberativo e decisorio, lo rendeva concretamente e direttamente lesivo,
giustificandone dunque l’immediata impugnabilità.
5.3 L’annullamento delle deliberazioni censurate, ancora, per gli effetti
caducanti che può determinare su quelle successive, induce il Collegio a
reputare sussistente l’interesse al ricorso indipendentemente dall’impugnazione
di quest’ultime.
5.4 In questa materia, infine, le pp.aa. sono titolari di poteri ampiamente
discrezionali che, in disparte gli esiti delle precedenti conferenze di servizi,
rendono non applicabile quanto al vizio di incompetenza di cui dopo si scriverà
la previsione dell’art. 21 octies l. 241/90.
6.- Esaminando, quindi, il merito del ricorso, ed in specie i rilievi di ordine
procedurale formulati dalla Provincia di Brindisi -ai quali deve attribuirsi
carattere “assorbente”, richiamato invece quanto esposto con la sentenza n.
4671/06 in ordine alle censure di illegittimità derivata in primo luogo
formulate dalla ricorrente, le quali vanno dunque respinte-, in specie relativi
alle modalità con le quali venivano assunte le deliberazioni prima indicate ai
punti nn. 2, 11, 12 e 13, dell’o.d.g. -oggetto, appunto, d’impugnazione-, il
Collegio rileva che:
• deve anzitutto ritenersi la Provincia legittimata a proporre tale ordine di
censure, essendo portatrice di interessi, ad esempio in materia ambientale (cfr.
art. 19 t.u. 267/00), direttamente coinvolti dal procedimento in parola,
rispetto ai quali, quindi, va senza dubbio ammessa la possibilità di far valere
ogni ipotesi di violazione di legge che abbia, come in questo caso, riflessi
sulla loro gestione e/o tutela.
• la Conferenza di Servizi del 20 giugno 2005 assumeva le decisioni di cui si è
fin qui scritto solo a maggioranza -con i voti favorevoli dei Ministeri
dell’Ambiente e della Tutela del Territorio, delle Attività Produttive e della
Salute- e nonostante il dissenso espresso dall’Amministrazione Regionale.
• l’art. 14 quater, comma 3, della legge 241/90 invece, prevede, sul punto, che
<<Se il motivato dissenso è espresso in C.d.S., ndr da un’amministrazione
preposta alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, del patrimonio
storico-artistico o alla tutela della salute e della pubblica incolumità, la
decisione è rimessa dall’amministrazione procedente, entro dieci giorni: … b)
alla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province
autonome di Trento e di Bolzano, di seguito denominata “Conferenza Stato-regioni”,
in caso di dissenso tra un’amministrazione statale e una regionale o tra più
amministrazioni regionali …>>.
• nel caso in esame, appunto, il dissenso proveniva da un’Amministrazione, la
Regione Puglia, sicuramente titolare di competenze, ai sensi dell’art. 117,
comma 3, Cost., in materia di salute e di governo del territorio, e determinava,
dunque, la necessità di rimettere la decisione alla Conferenza Stato -Regioni.
• l’applicabilità degli ordinari meccanismi decisionali previsti, per il caso di
contrasto Stato – Regioni all’interno della C.d.S., dall’art. 14 quater l.
241/90, d’altronde, non risultava esclusa dalla normativa di settore all’epoca
vigente -richiamata peraltro dalla stessa controinteressata-, la quale, oltre a
menzionare la legge sul procedimento amministrativo, prescriveva espressamente,
quanto all’autorizzazione del progetto d’intervento sul sito inquinato, l’intesa
fra i Ministeri competenti e la Regione territorialmente competente, così
ulteriormente rafforzando l’idea di un concreto coinvolgimento della stessa in
sede deliberativa, coinvolgimento tale da rendere necessario, nel caso di
disaccordo, il ricorso alla Conferenza Stato – Regioni.
• attesa dunque la necessità, in questa materia, di letture del sistema
normativo che siano le più rispettose delle attribuzioni delle diverse Autorità
interessate, e, nello specifico e soprattutto, di quelle riconducibili agli enti
territoriali in quanto esponenziali degli interessi complessivi delle comunità
locali, deve dunque ritenersi che, in assenza di una chiara deroga al meccanismo
decisionale fissato dalla legge generale sul procedimento amministrativo,
quest’ultima fosse sul punto ordinariamente applicabile, sicchè, ai sensi
dell’art. 14 quater citato, la decisione andava, nel caso in esame, rimessa alla
Conferenza: in questi termini il ricorso è dunque fondato e merita di essere
accolto.
7.- Sussistono giusti motivi, attesa la complessità delle questioni trattate,
per compensare fra le parte le spese di questo giudizio.
p.q.m.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia, Sezione Prima di Lecce,
accoglie nei sensi indicati in motivazione il ricorso n. 1772/05 indicato in
epigrafe e, per l’effetto, annulla l’atto impugnato.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità Amministrativa.
Così deciso in Lecce, all’udienza del 4 aprile 2007.
Aldo Ravalli - Presidente
Ettore Manca – Relatore
Pubblicata mediante deposito
in Segreteria il 13 Agosto 2007
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