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TAR PUGLIA, Lecce, Sez. I, 22 febbraio 2007, sentenza n. 617
 

ENERGIA ELETTRICA - INQUINAMENTO ATMOSFERICO - Centrali termoelettriche - Autorizzazione all’esercizio e fissazione dei limiti di emissione - Potestà legislativa statale - Provincia - Accordo transattivo - Ambito oggettuale sottratto alla competenza provinciale - Conseguenze - Fattispecie: “Polo brindisino”. La definizione della disciplina di esercizio delle centrali termoelettriche e dei relativi limiti di emissione rientra fra le materie di potestà legislativa statale; del pari, rientrano nell’ambito delle competenze statali i profili della gestione amministrativa (con riferimento alla materia delle autorizzazioni e della fissazione di limiti di emissione) ed essi risultano, pertanto, sottratti in toto alla disponibilità da parte dei livelli di governo comunale e provinciale, residuando in capo alla provincia solo limitati poteri - essenzialmente, in sede di controllo (cfr. articoli 29, comma 2, lett. g) ed 83, comma 1, lett. o) del d.lgs. 112 del 1998, nonché l’art. 1 del d.l. 7 del 2002; cfr. inoltre la sent. Cort. Cost. n. 6/2004, quanto alla compatibilità del citato riparto di competenze con il nuovo tit. V della Cost.). Ne deriva l’impossibilità per l’Ente locale di includere in un accordo transattivo un ambito oggettuale (quello della fissazione dei limiti di emissione delle centrali termoelettriche) sottratto alla propria sfera di competenza. Un eventuale accordo in tal senso andrebbe incontro alla conseguenza (di ordine civilistico) della radicale nullità per impossibilità dell’oggetto (artt. 1418, c. 2 c.c.), in relazione alla previsione di cui all’art. 1966 c.c., secondo cui per transigere le parti devono avere la capacità di disporre dei diritti che formano oggetto della composizione di interessi cui essa è finalizzata; nonché alla conseguenza (di ordine pubblicistico) del surrettizio quanto inammissibile ampliamento delle sfere di competenza dei vari livelli di governo, in violazione del principio di legalità in ordine alla definizione delle sfere di competenza delle amministrazioni pubbliche (fattispecie in materia di determinazione dei limiti delle emissioni massiche di una centrale termoelettrica nell’ambito del cd. “polo brindisino”). Pres. Ravalli, Est. Contessa - E.P. s.p.a. (avv. Sticchi Damiani) c. Provincia di Brindisi (avv.ti Durano, Giampietro e Portaluri) - T.A.R. PUGLIA, Lecce, sez. I - 22 febbraio 2007, n. 617


PUBBLICA AMMINISTRAZIONE - Riparto di attribuzione tra organi - Artt. 42 e 48 del d.lgs. n. 267/2000 - Convenzioni tra soggetti pubblici - Competenza consiliare - Strumenti convenzionali con soggetti privati - Competenza residuale della giunta. In base ai generali principi in tema di riparto di attribuzione fra gli organi (anche) provinciali rinvenibili agli articoli 42 e 48 del d.lgs. 267/2000, spettano alla competenza consiliare le convenzioni concluse tra soggetti pubblici, mentre sono correttamente attribuite alla competenza residuale della giunta le diverse ipotesi di strumenti convenzionali con soggetti privati riconducibili alla figura degli accordi ex art. 11, l. n. 241 del 1990 Pres. Ravalli, Est. Contessa - E.P. s.p.a. (avv. Sticchi Damiani) c. Provincia di Brindisi (avv.ti Durano, Giampietro e Portaluri) - T.A.R. PUGLIA, Lecce, sez. I - 22 febbraio 2007, n. 617

 

 

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO


IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA PUGLIA

LECCE

PRIMA SEZIONE


Registro Dec: 617/2007

Registro Generale: 216/05


nelle persone dei Signori:


ALDO RAVALLI Presidente
ETTORE MANCA Componente
CLAUDIO CONTESSA Componente, relatore


ha pronunciato la seguente


SENTENZA


Visto il ricorso 216/2005 proposto da:
ENEL PRODUZIONE S.p.A.
(in persona del legale rapp.te p.t.)
rappresentata e difesa da:
AVV. ERNESTO STICCHI DAMIANI
con domicilio eletto in LECCE
VIA 95° RGT. FANTERIA, N. 9
presso
AVV. ERNESTO STICCHI DAMIANI


contro


PROVINCIA DI BRINDISI
(in persona del Presidente p.t.)
rappresentata e difesa da:
AVV. LORENZO DURANO
AVV. FRANCO GIAMPIETRO
AVV. PIERLUIGI PORTALURI
con domicilio eletto in LECCE
VIA P. IMBRIANI, 24

presso
AVV. PIERLUIGI PORTALURI


nonché nei confronti di:
EDIPOWER S.p.A.
(non costituita)


per l’annullamento, nei limiti dell’interesse:
• della delibera 24 novembre 2004 n° 52/24 del Consiglio Provinciale di Brindisi, avente ad oggetto: “Convenzione tra Provincia di Brindisi, Comune di Brindisi, Enel Produzione S.p.A. e Edipower S.p.A. - Diniego di recepimento delle deliberazioni Giunta Provinciale n° 309 del 22 Ottobre 2002 e n° 3 dell’11 Febbraio 2003 - Determinazioni per attivazione delle procedure di recesso dalle convenzioni 25 Ottobre 2002 con Enel Produzione S.p.A. e 17 Febbraio 2003 con Edipower S.p.A.”;

Visti gli atti e i documenti depositati con il ricorso;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di:
PROVINCIA DI BRINDISI
Visti gli atti tutti della causa;


Considerando che con il ricorso sono dedotti i seguenti motivi:


1. Erronea presupposizione in fatto - Illogicità manifesta - Violazione del principio di proporzionalità - Incompetenza - Violazione dei principi di tutela del legittimo affidamento e di buona fede - Violazione dei principi generali in materia di autotutela - Difetto di motivazione - Violazione dell’art. 11 della l. 241/1990 - Sviamento di potere;


2. Erronea presupposizione - Violazione, falsa ed erronea interpretazione ed applicazione degli artt. 42 e 48 del d.lgs. n. 267/2000 - Violazione, falsa ed erronea interpretazione ed applicazione del d.P.C.M. 27/12/1988 - Violazione del d.l. 7/2/2002, n. 7, conv. in l. 9/4/2002, n 55 - Carenza motivazionale sotto ulteriore profilo;


3. Violazione degli artt. 7 e ss. della l.241/90 - Violazione del giusto procedimento.


Data per letta all’udienza pubblica del giorno 6 dicembre 2006 la relazione del Referendario Claudio Contessa e uditi, altresì, l’avvocato Matteo (in sostituzione dell’avv. Sticchi Damiani, per la ricorrente), nonché gli avvocati Durano e Portaluri (per la Provincia di Brindisi);


Considerando in fatto ed in diritto quanto segue:


FATTO


La società ricorrente riferisce che, già nel periodo 1967-1977 veniva realizzata la centrale termoelettrica di ‘Brindisi Nord’, mentre con decreto dell’(allora) Ministero dell’Industria, del Commercio e dell’Artigianato (ora: Ministero per lo Sviluppo economico), l’Enel veniva autorizzata la alla costruzione e all’esercizio di una centrale termoelettrica denominata ‘Brindisi Sud’.


I limiti massimi di emissione cui sarebbe stata assoggettata all’attività di entrambe le centrali termoelettriche coincidevano (giusta i decreti ministeriali di autorizzazione alla costruzione ed esercizio dei progetti di adeguamento ambientale medio tempore conclusi con riferimento agli impianti in parola) con quelli previsti dall’Allegato 3) al D.M. 12 luglio 1990 (recante ‘Linee guida per il contenimento delle emissioni inquinanti degli impianti industriali’).


In data 12 novembre 1996, il comune di Brindisi, alla Provincia di Brindisi e l’Enel S.p.A. stipulavano una convenzione al fine di disciplinare i rapporti reciproci tra le parti, con particolare riferimento agli oneri socio-economici assunti dalla società nei confronti degli enti locali, in ragione della presenza sul territorio delle due centrali di Brindisi Sud e Brindisi Nord.


In tale occasione, le parti firmatarie della convenzione inserivano nell’atto un’apposita previsione (‘clausola integrativa’) con cui si prevedeva di recepire pienamente, quanto alle modalità di funzionamento delle due centrali, i contenuti di un accordo stipulato in data 25 luglio 1996 tra l’Enel, i Ministeri competenti, l’ENI e la SNAM.


A tal fine l’accordo in questione veniva allegato alla convenzione per formarne parte integrante (Allegato 1).


Dall’esame dell’accordo in questione (rubricato ‘Modalità di esercizio delle centrali del polo brindisino’) emerge che esso fosse volto a stabilire (fra l’altro) le modalità ed i limiti di esercizio dei due impianti, attraverso una descrizione analitica delle fonti di alimentazione, nonché la scansione temporale relativa all’evoluzione dell’utilizzo di tali fonti.


Risulta agli atti che, negli anni successivi, l’evoluzione normativa statale in tema di produzione ed approvvigionamento elettrico abbia determinato l’obbligo, per l’ex monopolista del settore, di cedere entro la fine del 2002 parte della propria capacità produttiva.


A tanto ha provveduto il d.P.C.M. 4 agosto 1999 (‘Piano per le cessioni degli impianti dell’ENEL S.p.A.’) il quale per un verso ha imposto la cessione a terzi della centrale di Brindisi Nord (l’impianto risulta oggi della società Edipower, S.p.A. che l’ha rilevato dalla società Eurogen S.p.A.) e per altro verso ha stabilito le modalità di esercizio e la tecnologia da utilizzare per l’impianto in questione.


Nel frattempo (2002-2003), il quadro normativo nazionale in tema di modalità di esercizio (e relativi limiti) in tema di centrali elettriche aveva subito una decisa evoluzione.


Al riguardo si ritiene in particolare di rammentare il decreto-legge 7 febbraio 2002, n. 7 (conv., con modificazioni, in legge 9 aprile 2002, n. 55, recante ‘Misure urgenti per garantire la sicurezza del sistema elettrico nazionale’) con cui si è confermato che, anche all’indomani del nuovo Tit. V Cost., resta in capo allo Stato la potestà legislativa in ordine alla disciplina dell’autorizzazione ed esercizio di impianti di energia elettrica di maggiori dimensioni (ossia, superiori a 300 MW termici).


Ancora, viene in rilievo il decreto-legge 29 agosto 2003, n. 239 (conv., con modificazioni, dalla legge 27 ottobre 2003, n. 290, recante ‘Disposizioni urgenti per la sicurezza del sistema elettrico nazionale e per il recupero di potenza di energia elettrica. Deleghe al Governo in materia di remunerazione della capacità produttiva di energia elettrica e di espropriazione per pubblica utilità’), con il quale si è consentito di autorizzare l’esercizio temporaneo delle centrali termoelettriche di maggiore potenza, anche in deroga ai valori limite di emissione in atmosfera e di qualità dell’aria fissati nei rispettivi provvedimenti di autorizzazione, ovvero derivanti, rispettivamente, dal d.P.R. 24 maggio 1988, n. 203 (‘Attuazione delle direttive CEE numeri 80/779, 82/884, 84/360 e 85/203 concernenti norme in materia di qualità dell'aria, relativamente a specifici agenti inquinanti, e di inquinamento prodotto dagli impianti industriali’), nonché dal D.M. 2 aprile 2002, n. 60 (‘Recepimento della direttiva 1999/30/CE del 22 aprile 1999 del Consiglio concernente i valori limite di qualità dell'aria ambiente per il biossido di zolfo, il biossido di azoto, gli ossidi di azoto, le particelle e il piombo e della direttiva 2000/69/CE relativa ai valori limite di qualità dell'aria ambiente per il benzene ed il monossido di carbonio’).


Il mutamento del quadro normativo in parola, nonché la variazione dello stato di fatto circa le modalità di approvvigionamento degli impianti, hanno persuaso la Provincia di Brindisi, il Comune di Brindisi e l’ENEL della necessità di sostituire la ‘Convenzione unica’ del novembre 1996 con due nuove convenzioni: una per l’impianto di Brindisi Nord (nel frattempo trasferito ad altro gestore) e l’altra per l’impianto di Brindisi Sud (ossia, l’impianto all’origine dei fatti di causa, gestito dall’odierna ricorrente).


Con riferimento alle vicende del presente ricorso, la fase in questione si è tradotta nella predisposizione di una nuova convenzione, che il Comune di Brindisi ha proceduto ad approvare, per quanto di propria competenza, con delibera in data 18 ottobre 2002.


Per quanto concerne la Provincia di Brindisi, essa ha proceduto ad approvare lo schema convenzionale di cui sopra con delibera di Giunta n. 309 del 22 ottobre 2002.


Ai fini che qui rilevano giova osservare che lo schema di convenzione di cui sopra ha disposto in modo espresso di ‘annullare e sostituire integralmente’ la convenzione del novembre 1996 con il nuovo testo.


Nell’atto in parola, si chiariva che il suo effetto non fosse quello di realizzare nuovi rapporti giuridici in ordine all’esercizio delle centrali di cui è causa, quanto piuttosto quello di operare una mera ricognizione di norme di legge operanti in subjecta materia, idonee a disciplinare il rapporto fra il Gestore ed i soggetti pubblici di riferimento (come è dato leggere nelle premesse della richiamata delibera di G.P. 309 del 2002: “sostanzialmente, non si tratta di atto, secondo l’accezione negoziale, che realizza nuovi rapporti, ma di un atto ricognitorio delle situazioni che si sono create per effetto di normative di rango generale e superiore”).


La nuova convenzione chiariva, poi (art. 2), che “l’esercizio degli impianti avverrà nel pieno rispetto della vigente normativa in materia di emissioni in aria e in acqua, emissioni acustiche e produzioni di rifiuti, attraverso le più idonee misure di prevenzione e tutela dell’ambiente”, con specifiche prescrizioni in tema di controlli sull’utilizzo dei combustibili e di smaltimento dei rifiuti solidi della combustione.


La delibera in questione prevedeva espressamente (articolo 1) che “il presente atto annulla e sostituisce integralmente la convenzione del 12/11/1996, che cessa di produrre i suoi effetti dalla data di sottoscrizione dell’atto medesimo”.


A seguito dell’adozione della delibera di approvazione dello schema, quindi, veniva stipulata (25 ottobre 2002) la Convenzione tra il Comune di Brindisi, la Provincia di Brindisi e la società ‘Enel produzione’.


In data 24 novembre 2004, tuttavia, il Consiglio provinciale adottava l’impugnata deliberazione n. 52/24, avente ad oggetto “Convenzione tra Provincia di BR, Comune di BR, Enel produzione S.p.A. ed Edipower S.p.A. - Diniego di recepimento deliberazioni G.P. n. 309 del 22/10/2002 e n. 3 del 11/2/2003 - Determinazioni per attivazione delle procedure di recesso delle convenzioni 25.10.2002 con Enel Produzione S.p.A. e 17.2.2003 con Edipower S.p.A.”.


In tale occasione il Consiglio Provinciale di Brindisi deliberava:
• di esprimere il diniego di recepimento delle deliberazioni della Giunta Provinciale di Brindisi n° 309 del 22 Ottobre 2002 e n° 3 dell’11 Febbraio 2003 relative, rispettivamente, all’approvazione delle convenzioni con Enel Produzione S.p.A. ed Edipower S.p.A., nonché dell’operato del Presidente della Provincia che in esecuzione delle predette deliberazioni di Giunta ha sottoscritto le convenzioni 25 Ottobre 2002 (con Enel Produzione S.p.A.) e 17 Febbraio 2003 (con Edipower S.p.A.);


• di impegnare la Giunta Provinciale ad annullare per incompetenza le proprie deliberazioni n° 309 del 22 Ottobre 2002 e n° 3 dell’11 Febbraio 2003 ed attivare le conseguenti azioni e procedure per il recesso dalle convenzioni indicate al punto precedente, nonché ogni eventuale azione cautelare inibitoria;


• di impegnare l’Amministrazione ad adottare atti e provvedimenti conseguenti idonei ad inibire l’esercizio delle Centrali Termoelettriche di Enel Produzione S.p.A. ed Edipower S.p.A. in condizioni di superamento dei limiti delle emissioni massiche in atmosfera, delle quantità di carbone da utilizzare e della potenza di esercizio previsti dalla convenzione sottoscritta nel 1996 e recepiti nel D.P.R. 23 Aprile 1998 di approvazione del Piano di disinquinamento e risanamento del territorio della Provincia di Brindisi (…);


• di fornire direttive ai propri organi ed ai propri Dirigenti perché adeguino i propri comportamenti alle decisioni ed agli indirizzi innanzi assunti, astenendosi dall’adottare provvedimenti di competenza della Provincia che consentano l’esercizio delle predette Centrali con limiti di emissioni massiche, delle quantità di carbone da utilizzare e della potenza di esercizio superiori a quelli previsti dalla convenzione sottoscritta nel 1996 e recepiti nel D.P.R. 23 Aprile 1998 di approvazione del Piano di disinquinamento e risanamento del territorio della Provincia di Brindisi (…);


• di dare mandato al Presidente ed alla Giunta di attivare tutte le iniziative possibili, anche unitamente ai Comuni di Brindisi, S. Pietro Vernotico, Cellino S. Marco e Torchiarolo, perché si giunga alla stipula di nuovi accordi con l’Enel Produzione S.p.A. e con l’Edipower S.p.A. che impongano limiti di emissioni massiche, delle quantità di carbone da utilizzare e della potenza di esercizio non superiori a quelli previsti dalla convenzione sottoscritta nel 1996 e recepiti nel D.P.R. 23 Aprile 1998 di approvazione del Piano di disinquinamento e risanamento del territorio della Provincia di Brindisi”.


La delibera consiliare in parola veniva impugnata dall’Enel produzione, che ne censurava l’illegittimità sotto tre articolati profili.


Si costituiva in giudizio la Provincia di Brindisi, la quale chiedeva che il ricorso fosse dichiarato inammissibile e, nel merito, integralmente respinto.


All’udienza pubblica del 6 dicembre 2006 i Procuratori delle parti costituite rassegnavano le proprie conclusioni ed il ricorso veniva trattenuto in decisione.


DIRITTO


1. Va in primo luogo esaminata l’eccezione di inammissibilità sollevata dalla Difesa della Provincia di Brindisi nell’ambito della memoria in data 25 novembre 2006.
Afferma al riguardo l’Ente convenuto che l’inammissibilità del ricorso in epigrafe deriverebbe dalla circostanza che con esso l’Enel Produzione ha impugnato un mero atto di indirizzo politico, come tale privo di rilevanza esterna.
In particolare l’atto in questione, lungi dal presentare un’autonoma valenza provvedimentale, si caratterizzerebbe per un contenuto plurimo (in particolare: manifestazione di dissenso nei confronti delle deliberazioni di Giunta con cui erano state approvate le convenzioni con l’Enel; impegno della Giunta ad annullare le deliberazioni in parola), comunque non idoneo ad assumere una valenza autonomamente ed immediatamente lesiva.
L’eccezione non può essere condivisa.
Ed infatti, l’esame del contenuto del provvedimento impugnato ne rivela il carattere provvedimentale ed immediatamente lesivo, tale da incidere in modo pregiudizievole sulla sfera giuridica della società ricorrente.
In particolare, depone in tal senso la considerazione secondo cui con il provvedimento impugnato la Giunta provinciale:


a. ha espresso il proprio diniego di recepimento della delibera di Giunta n. 309/02 con cui era stato approvato lo schema di convenzione relativo alla centrale di Brindisi Sud;


b. ha impegnato la Giunta provinciale ad annullare per incompetenza la deliberazione di cui sopra;


c. ha rivolto ai dirigenti provinciali apposite direttive finalizzate ad adeguare i propri comportamenti alle decisioni ed agli indirizzi assunti, in tal modo vincolando con efficacia immediata l’azione amministrativa gestionale ed esercitando la spendita del potere a tal fine spettante al Consiglio provinciale.


Ne consegue che, sotto i richiamati profili, l’eccezione di inammissibilità non possa trovare accoglimento.


2. Quanto al merito del ricorso, il Collegio ritiene in primo luogo di esaminare l’argomentazione svolta dalla Provincia di Brindisi con la memoria in data 25 novembre 2006 in ordine alla qualificazione giuridica da riconoscere tanto alla convenzione in data 12 novembre 1996, quanto alla successiva convenzione in data 25 ottobre 2002 (entrambe richiamate in premessa).
Al riguardo, la Difesa dell’Ente convenuto dissente dall’opinione espressa da questo Tribunale con la sentenza n. 4090/06, con la quale si è disposto l’annullamento della delibera odiernamente impugnata per quanto di interesse della società Edipower S.p.A.
Nella specie, il Collegio ha espresso l’avviso secondo cui le richiamate convenzioni siano da ascrivere alla categoria degli accordi di cui all’art. 11 della l. 241 del 1990, configurandosi, in particolare, quali accordi di carattere procedimentale (ovvero, ‘integrativi’, secondo la terminologia di cui all’art. 7 della l. 15 del 2005) volti a determinare il contenuto discrezionale dei provvedimenti che il Comune e la Provincia avrebbero adottato in materia.
La Provincia di Brindisi dissente da tale impostazione, ritenendo invece che la convenzione del 1996 sarebbe da qualificare come mera specificazione di un precedente accordo dell’agosto 1989, stipulato fra le parti al fine di porre termine in maniera transattiva un contenzioso in atto relativo al medesimo ‘polo energetico’.
Del resto, la stessa convenzione del 1996 (anch’essa di carattere lato sensu ‘transattivo’) avrebbe a propria volta inteso ridefinire gli impegni già assunti nel 1989 al fine di concludere un’ulteriore vicenda contenziosa sorta fra il Comune di Lecce e l’Enel.
La conseguenza di tale configurazione consisterebbe in ciò, che “il contenuto della convenzione non [possa] essere ‘superato’ dai provvedimenti che autorizzano l’esercizio delle singole centrali, posto che opera su un piano diverso, sancendo limiti ulteriori, rispetto a quelli previsti dalla legge, che non riguardano specificamente la singola centrale, ma il polo energetico nel suo complesso” (memoria cit., pag. 10).
L’ulteriore conseguenza sarebbe, quindi, nel senso che gli impegni assunti in sede di convenzione sarebbero rimasti invariati pur nel mutare del quadro normativo di riferimento, atteso il carattere ‘ulteriore’ che essi rivestono rispetto alle prescrizioni normative esistenti nella materia in parola.
In definitiva, i limiti ulteriori in tale occasione fissati (in caso di annullamento della convenzione del 2002) rimarrebbero efficaci nonostante il mutamento nello scenario normativo e l’adozione di diversi provvedimenti autorizzativi, basati sui nuovi presupposti.
L’argomento, nel suo complesso, non può essere condiviso.
Al riguardo, il Collegio osserva che la corretta qualificazione giuridica dell’atto convenzionale stipulato nel 1996 quale accordo procedimentale ex art. 11, l. 241, ovvero quale mero accordo transattivo (per altro, di ‘specificazione’ di un precedente accordo del 1989) debba fondarsi non già sull’esame delle vicende che hanno portato alla sua stipula, bensì sull’esame obiettivo del suo contenuto.
Impostati in tal modo i termini della questione, non assume alcuna rilevanza ai fini della qualificazione giuridica della ‘convenzione’ del 1996 il fatto che essa sia maturata nell’ambito di una complessa vicenda contenziosa intercorsa fra la Provincia, il Comune e l’Enel e che con la sua stipula le parti abbiano inteso porre termine a tale contenzioso.
Al contrario, unico aspetto rilevante ai fini della ridetta qualificazione è che la ‘convenzione’ in parola si caratterizzasse per determinare il contenuto discrezionale dei (per altro, limitati) poteri pubblicistici spettanti alla Provincia ed al Comune nella materia dell’autorizzazione e dell’esercizio delle centrali esistenti nell’ambito del ‘polo energetico’.
Come già si è osservato nell’ambito della sentenza n. 4090/06, i poteri in tale materia spettanti al Comune ed alla Provincia non attengono né possono attenere in alcun modo alla disciplina dell’esercizio delle centrali termoelettriche ed ai relativi limiti di emissione.
Ed infatti, per quanto concerne i profili normativi, la definizione di tali ambiti rientra certamente fra le materie di potestà legislativa statale, mentre per quanto concerne i profili della gestione amministrativa (con riferimento alla materia delle autorizzazioni e dell’imposizione puntuale di limiti di emissione), essi rientrano, del pari, nell’ambito delle competenze statali e risultano, pertanto, sottratti in toto alla disponibilità da parte dei livelli di governo comunale e provinciale.
Due le conseguenze di quanto detto.
In primo luogo si osserva che non può condividersi l’approccio sistematico volto ad individuare nella convenzione del 1996 un mero accordo di carattere transattivo (dovendosi piuttosto, sotto tale aspetto, riconfermare puntualmente la sua ascrizione al novero degli accordi procedimentali - ovvero integrativi - di cui all’art. 11 della l. 241 del 1990).
In secondo luogo si osserva che, anche nella denegata ipotesi in cui si ammettesse il carattere transattivo della richiamata convenzione, ciò non potrebbe in alcun modo implicare la possibilità per l’Ente locale di includere nell’accordo transattivo un ambito oggettuale (quello della fissazione dei limiti di emissione delle centrali termoelettriche) in tutto sottratto alla sfera di competenze provinciale.
Ed infatti, laddove si ammettesse che una siffatta transazione possa incidere su ambiti oggettuali non coincidenti con l’ambito ordinario di esplicazione di poteri dell’Ente che vi fa ricorso (comportando la fissazione di ‘limiti ulteriori rispetto a quelli previsti dalla legge’, secondo la prospettazione della Provincia), si determinerebbero due conseguenze inammissibili sotto il profilo sistematico.
La prima conseguenza (di ordine civilistico) consisterebbe nella radicale nullità dell’accordo transattivo eventualmente concluso, per impossibilità dell’oggetto (art. 1418, secondo comma, cod. civ.), in relazione alla previsione di cui all’art. 1966, cod. civ., secondo cui per transigere le parti devono avere la capacità di disporre dei diritti che formano oggetto della composizione di interessi cui essa è finalizzata.
La seconda conseguenza (di ordine pubblicistico) consisterebbe in un surrettizio quanto inammissibile ampliamento delle sfere di competenza dei vari livelli di governo, in violazione del principio di legalità in ordine alla definizione delle sfere di competenza delle amministrazioni pubbliche.
Né a diverse conclusioni può giungersi sulla base dell’osservazione (formulata dalla Difesa provinciale con la richiamata memoria in data 25 novembre 2006 - pag. 20, ss.-) secondo cui, nel corso degli anni, “gli organi ministeriali hanno sempre tenuto conto del contenuto della convenzione riconoscendone esplicitamente l’efficacia e la vigenza”.
Ed infatti, anche a voler condividere la prospettazione di parte secondo cui i decreti ministeriali avrebbero tenuto conto delle previsioni di cui alla convenzione del 1996, tale circostanza di fatto non potrebbe comunque valere a conferire alla convenzione in parola una valenza che essa non aveva, né poteva avere: quella di disciplinare, con effetto cogente per il soggetto gestore, i limiti di emissione relativi al polo energetico di Brindisi.


3. Con il primo, articolato motivo di ricorso, la società ricorrente afferma in primo luogo che il provvedimento impugnato sia viziato per erronea presupposizione in fatto, illogicità manifesta ed incompetenza in quanto, nell’adottarlo, la Provincia avrebbe preso le mosse da un presupposto erroneo e sarebbe, pertanto, giunta a conseguenze radicalmente viziate.
In particolare, l’errore della Provincia consisterebbe nell’aver fondato il provvedimento impugnato sull’erroneo presupposto secondo cui l’eventuale annullamento dell’atto di approvazione della convenzione del 2002 determinerebbe ipso facto la reviviscenza del contenuto obbligatorio - e dei limiti di emissione - propri della convenzione del 1996.
Ed infatti, anche laddove la nuova convenzione (e gli atti ad essa connessi) venissero annullati in sede giurisdizionale, la convenzione del 1996 non potrebbe comunque regolare la fattispecie per la duplice ragione che: a) essa non ha, né potrebbe comunque avere il potere di incidere sul settore delle modalità di funzionamento delle centrali termoelettriche di potenza superiore a 300 MW (quali quella di Brindisi Sud) e b) il suo contenuto sostanziale risulta, in ogni caso, superato dalla successiva evoluzione normativa e fattuale in materia, la quale ha reso interamente inapplicabile in parte qua la convenzione del 1996.
Il motivo è fondato e meritevole di accoglimento.
Come già esposto al punto 2. della presenta pronuncia, deve osservarsi che, effettivamente, sia del tutto non condivisibile il presupposto (trasfuso nella delibera impugnata) secondo cui alla convenzione del 1996 potrebbe essere riconosciuto un qualche rilievo in ordine alla disciplina delle modalità di funzionamento della centrale termoelettrica di Brindisi Sud.
Ed infatti, nell’adottare la delibera impugnata, appare che la Provincia non abbia tenuto in adeguata considerazione il fatto che le potestà amministrative in subjecta materia (con particolare riguardo al rilascio delle autorizzazioni ed alla fissazione dei limiti di emissione, secondo le pertinenti disposizioni di legge) spettano unicamente alle amministrazioni dello Stato, residuando in capo alla Provincia solo limitati poteri - essenzialmente, in sede di controllo - (si richiamano, al riguardo, gli articoli 29, comma 2, lett. g) ed 83, comma 1, lett. o) del d.lgs. 112 del 1998, nonché l’art. 1 del d.l. 7 del 2002).
Ai limitati fini che qui rilevano, si osserva che l’approccio in questione (con particolare riguardo alla sua compatibilità con il nuovo Tit. V, Cost. in ordine al riparto di competenze amministrative fra Stato ed autonomie funzionali) è stato recentemente confermato dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 6 del 2004.
In tale occasione, la Consulta ha ritenuto, in particolare, che il mantenimento delle competenze amministrative statali nella materia ‘produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia’ possa senz’altro giustificarsi, anche all’indomani della riforma costituzionale del 2001, alla luce del principio di ‘assunzione in sussidiarietà’, già delineato dalla Corte con la sentenza n. 303 del 2003.
In base a quanto detto (nonché in base ai motivi esposti al precedente punto 1., che qui si hanno per espressamente richiamati) il Collegio ritiene che non possa trovare accoglimento alcun argomento volto a ritenere che la fattispecie di causa possa essere disciplinata, quanto ai limiti e modalità di funzionamento della centrale, dalla più volte citata convenzione del 1996.
Deve, pertanto, affermarsi che, attesa la carenza in capo alla Provincia di qualunque potestà autoritativa in ordine alla definizione dei richiamati limiti e modalità, l’oggetto possibile della convenzione in questione (così come della successiva convenzione dell’ottobre 2002, del pari configurabile quale accordo ex art. 11, l. 241 del 1990 -) non possa che consistere nella determinazione del contenuto dei (limitati) poteri pubblicistici spettanti alla Provincia nel settore delle centrali termoelettriche.
Ancora, deve affermarsi che, per quanto concerne la determinazione dei limiti e modalità in parola, il contenuto della convenzione del 1996 non potesse che avere carattere meramente ricognitivo circa la situazione di fatto e di diritto disciplinata dai provvedimenti ministeriali al tempo vigenti.
Ne consegue che nei confronti della convenzione in questione, l’adozione dei successivi atti ministeriali di autorizzazione sortisse un effetto di etrointegrazione, con l’ulteriore conseguenza che, anche in ipotesi di caducazione della nuova convenzione, la fattispecie non potrebbe comunque essere disciplinata dalla previgente convenzione, bensì dagli atti e provvedimenti di fonte statale medio tempore intervenuti nella materia.
In buona sostanza, dal momento che la Provincia non disponeva nel 1996 alcun potere di determinazione dei limiti delle emissioni massiche (così come non ne disponeva nel 2002 e non ne dispone alo stato attuale) e dal momento che tale potere è stato, invece, correttamente esercitato dallo Stato attraverso i numerosi decreti ministeriali che hanno autorizzato l’attività nell’impianto di Brindisi Nord, determinando nell’ambito dell’intero ‘polo brindisino’ limiti complessivi di emissione superiori a quelli indicati nel 1996 (es.: decreti numm. 5/2002 e 11/2003), la conseguenza è nel senso che la Provincia non possa in alcun modo censurare gli atti (fra cui la convenzione dell’ottobre 2002) che costituiscano presupposto ovvero esito del legittimo esercizio di prerogative statali, in quanto tali sottratte alla disponibilità dell’Ente-Provincia.
Solo per incidens si osserva che, sotto il profilo sostanziale, le determinazioni assunte in tema di emissioni massiche dal Ministero delle Attività Produttive (ora: Ministero per lo Sviluppo Economico) in occasione dell’autorizzazione all’esercizio della centrale di Brindisi Nord (con superamento dei complessivi ‘valori di polo’ di cui alla convenzione del 1996) risulta di certo conforme a legge, avuto riguardo alle previsioni di cui al d.l. 29 agosto 2003, n. 239, il quale ha consentito di autorizzare l’esercizio temporaneo di centrali termoelettriche di potenza termica superiore a 300 MW anche in deroga ai valori-limite di emissione in atmosfera e qualità dell’aria fissati nei provvedimenti di autorizzazione, prevedendo quali unici limiti quelli (in vero, meno rigorosi) di cui al D.M. 12 luglio 1990, relativi ad impianti di potenza nominale più limitata.
In conclusione, il richiesto annullamento della convenzione in data 25 ottobre del 2002 (o, comunque, la sua caducazione), quand’anche venisse disposto, non potrebbe arrecare alcuna utilità concreta alla Provincia, atteso che esso non potrebbe comunque determinare la reviviscenza del contenuto della convenzione in data 12 novembre 1996 (convenzione che - lo si ripete - era stata medio tempore annullata e sostituita integralmente all’atto della stipula della nuova convenzione).
In ogni caso, la richiesta di annullamento in parola si basa su argomenti giuridici non condivisibili ed incide su materie sottratte alla sfera di competenza provinciale.


4. Del pari, risultano fondati gli ulteriori motivi di doglianza articolati nell’ambito del primo motivo di ricorso.
In primo luogo si osserva che, se effettivamente l’obiettivo perseguito palam dall’Amministrazione provinciale attraverso l’adozione della delibera impugnata era quello di “ripristinare l’efficacia e la validità della convenzione sottoscritta nel 1996”, una volta che si sia chiarito che la convenzione in questione non potrebbe comunque, allo stato, disciplinare sotto il profilo sostanziale le condizioni di esercizio dell’attività di produzione, ne consegue la sostanziale inidoneità degli strumenti operativi all’uopo previsti.
In particolare, l’obiettivo in questione non potrebbe in alcun modo essere perseguito con lo strumento del diniego di recepimento dell’operato della Giunta e del Presidente.
Ciò in quanto per un verso il mancato recepimento da parte del Consiglio delle determinazioni adottate nel 2002 dai due Organi provinciali non potrebbe in alcun modo far rivivere (per i motivi esaminati al punto precedente) il contenuto dispositivo della convenzione del 1996 (rectius: non potrebbe conferire ex post alla convenzione in parola un contenuto disciplinare in ordine ai limiti di emissione che esso non poteva avere neppure all’atto della sua adozione).
Per altro verso, appare più che dubbia la collocazione sistematica di un’asserita attività di recepimento in capo al Consiglio nei confronti dell’operato nella specie posto in essere dalla Giunta e dal Presidente (si rinvia, sul punto, a quanto si esporrà infra in merito al profilo della competenza del Consiglio ovvero della Giunta in subjecta materia).
Ancora, la parte dispositiva del provvedimento impugnato risulta illegittima per la parte in cui (terzo trattino) con esso si delibera “di impegnare l’Amministrazione ad adottare atti e provvedimenti conseguenti idonei ad inibire l’esercizio delle Centrali Termoelettriche di Enel produzione S.p.A. ed Edipower S.p.A. in condizioni di superamento dei limiti delle emissioni massiche in atmosfera, delle quantità di carbone da utilizzare e della potenza di esercizio previsti dalla Convenzione sottoscritta nel 1996 (…)”.
Ed infatti, una volta chiarito (si veda al riguardo quanto esposto al punto precedente) che la convenzione del 1996 non poteva costituire sotto alcun profilo parametro di legittimità circa le condizioni di esercizio dell’attività di impresa di cui è causa (tanto meno, a seguito del suo superamento in punto di fatto e di diritto a causa della successiva evoluzione normativa), ne consegue con tanto maggiore evidenza che la medesima convenzione non possa neppure costituire un criterio orientativo dell’attività dei dirigenti provinciali in tema di adozione di atti di inibizione all’esercizio dell’attività.
Considerazioni del tutto analoghe valgono per quanto concerne il quarto punto della parte dispositiva del provvedimento, con il quale si delibera di fornire direttive ai Dirigenti ed agli organi regionali, affinché “[si astengano] dall’adottare provvedimenti di competenza della Provincia che consentano l’esercizio delle predette Centrali con limiti di emissioni (…) superiori a quelli previsti dalla Convenzione sottoscritta nel 1996”.


5. Con il secondo motivo di ricorso, la società ricorrente lamenta che l’impugnata delibera consiliare risulti viziata per erronea presupposizione, nonché per violazione e falsa applicazione degli artt. 42 e 48 del d.lgs. 267 del 2000 per aver ritenuto che la Giunta non fosse competente ad approvare lo schema di convenzione del 2002, così come a dare mandato al Presidente per la sottoscrizione della convenzione in nome e per conto della Provincia di Brindisi.
Il motivo è fondato e meritevole di accoglimento.
Ed infatti - come correttamente osservato dalla difesa della ricorrente - pure all’esito dell’operazione logica e sistematica svolta nei punti precedenti e volta a delimitare la portata effettiva della convenzione del 2002 (convenzione i cui effetti risultano limitati, come si è detto, alla mera ricognizione dello status normativo ed autorizzativo delineato dai competenti organi statali), deve comunque osservarsi che ogni residua competenza provinciale in materia resti devoluta, quanto ai compiti deliberativi, non al Consiglio bensì alla Giunta.
E’ ben noto, infatti, che in base ai generali principi in tema di riparto di attribuzioni fra gli Organi (anche) provinciali rinvenibili agli articoli 42 e 48 del d.lgs. 267 del 2000, i compiti dei Consigli siano limitati a quelli enumerati al comma 2 dell’art. 42, mentre spettano alla Giunta i compiti deliberativi di carattere residuale di cui al successivo art. 48.
Ora, dall’esame della prima fra le disposizioni in parola, risulta che fra competenze di attribuzione dei Consigli non ne sia rinvenibile alcuna riconducibile all’attività di ricognizione svolta con la convenzione dell’ottobre 2002.
In particolare, se è vero che il comma 2, lett. c) dell’art 42 contempla una competenza consiliare in tema di ‘convenzioni’, è pur vero che la norma fa puntuale quanto inequivoco riferimento alle sole convenzioni concluse fra soggetti pubblici (in particolare: alle convenzioni tra Comuni e a quelle tra Comuni e Province), mentre la norma non fa menzione alcuna alle diverse ipotesi di strumenti convenzionali con soggetti privati riconducibili alla figura degli accordi ex art. 11, l. 241 del 1990.
Ne consegue che nella materia sostanziale su cui è andata ad incidere la delibera di Giunta n. 309 del 2002, di approvazione del nuovo schema convenzionale, sussiste di certo l’attribuzione residuale della Giunta di cui è menzione all’art. 48 del Testo Unico n. 267 del 2000, con l’ulteriore conseguenza che la delibera impugnata risulti illegittima per la parte in cui ha impegnato la Giunta provinciale ad ‘annullare per incompetenza’ la deliberazione precedentemente adottata.
Quanto, poi, all’ulteriore prescrizione contenuta nel terzo punto della delibera impugnata (ossia, con riferimento alla parte in cui si impegna la Giunta ad attivare ‘le azioni e procedure per il recesso dalle convenzioni indicate’), si osserva quanto segue.
In primo luogo, la prescrizione in parola, nel presupporre la competenza giuntale all’adozione di un atto di recesso dalla convenzione del 2002, appare in evidente contrasto logico e sistematico con l’assunto (declinato immediatamente prima) secondo cui la Giunta risulterebbe priva di competenza in subjecta materia.
In secondo luogo, una volta ricondotta la figura della convenzione stipulata nell’ottobre 2002 nel novero degli ‘accordi’ di cui all’art. 11 della l. 241 del 1990, ne consegue che l’esercizio della facoltà di recesso sarà possibile solo nei casi e condizioni espressamente contemplati dalla disposizione di riferimento (in particolare: dal comma 4 dell’art. 11, secondo cui l’Amministrazione interessata può recedere dall’accordo unicamente “per sopravvenuti motivi di pubblico interesse”).
Ora, dall’esame della delibera impugnata, emerge che il Consiglio provinciale sia stato mosso alla sua adozione dall’intento di ripristinare il vigore di una convenzione di alcuni anni precedente, mentre non viene menzionato alcun sopravvenuto motivo di pubblico interesse che, solo, avrebbe potuto supportare il valido esercizio della facoltà di recesso.
Ancora, risulta fondato il motivo di ricorso (del pari, articolato nell’ambito del secondo motivo) con cui la società ricorrente lamenta l’erroneità della delibera impugnata per la parte in cui ritiene che l’adozione della convenzione del 2002 sia avvenuta in modo non conforme con quanto stabilito dall’art. 9, allegato IV del d.P.C.M. 27 dicembre 1988 (in tema di ‘Norme tecniche per la redazione degli studi di impatto ambientale e la formulazione del giudizio di compatibilità di cui all'art. 6, L. 8 luglio 1986, n. 349, adottate ai sensi dell'art. 3 del D.P.C.M. 10 agosto 1988, n. 377’).
Al riguardo, risulta dirimente l’osservazione (correttamente formulata dalla Difesa della società ricorrente) secondo cui, tanto al momento dell’adozione della delibera di Giunta n. 309 del 2002, quanto al momento della stipula della convenzione (ottobre 2002), le previsioni di cui al richiamato d.P.C.M. risultassero sospese negli effetti, mercè la previsione di cui all’art 1, comma 5 del d.l. 7 febbraio 2002, n. 7 (la norma in parola, come modificata dalle legge di conversione n. 55 del 2002 stabilisce che “fino al 31/12/2003 è sospesa l’efficacia dell’allegato IV del Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 27/12/1988 (…)”).


6. Da ultimo, il Collegio non può che rilevare la fondatezza anche del terzo motivo di ricorso fondato sul mancato rispetto, nel caso di specie, dell’obbligo di comunicazione di avvio del procedimento ex art. 7, l. 241 del 1990.
Ed infatti, atteso il carattere certamente provvedimentale dell’atto impugnato (sul punto, cfr. retro, punto 1), la sua immediata idoneità ad incidere in modo pregiudizievole sulla sfera giuridica della ricorrente, nonché l’agevole individuabilità del soggetto nei cui confronti la delibera impugnata era destinata a sortire i propri effetti, la conseguenza è che gravasse nella specie in capo alla Provincia di Brindisi l’obbligo di dare alla società ricorrente la comunicazione di avvio di cui all’art. 7, cit.
Non avendo l’Amministrazione provinciale operato nel senso indicato, essa ha realizzato un error in procedendo, idoneo a riverberarsi negativamente sul provvedimento oggetto del presente ricorso.


In base a quanto esposto, il ricorso in epigrafe deve essere accolto, con conseguente annullamento dell’atto impugnato..


Le spese di lite seguono la soccombenza e vengono liquidate in dispositivo.


P.Q.M.


Il Tribunale Amministrativo Regionale della Puglia, I Sezione di Lecce, definitivamente pronunciando sul ricorso N.R.G. 216/05
LO ACCOGLIE e per l’effetto
ANNULLA il provvedimento impugnato
CONDANNA la Provincia di Brindisi alla rifusione delle spese di lite, che liquida in complessivi euro 3.000 (tremila), oltre I.V.A. e C.P.A., come per legge;
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità Amministrativa.


Così deciso in Lecce, nella Camera di Consiglio del 6 dicembre 2006.


Aldo Ravalli - Presidente
Claudio Contessa - Estensore


Pubblicata mediante deposito
in Segreteria il 22 Febbraio 2007
 


 

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